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venerdì 30 giugno 2023

I Prossimi Cento Anni: una Storia in tre Scenari

Guardando indietro a come si vedeva il futuro mezzo secolo fa, è sorprendente vedere come le cose siano cambiate. Quando la conquista dello spazio sembrava essere la via ovvia per il futuro, nessuno avrebbe immaginato che, oggi, si sarebbe discusso delle probabilità di sopravvivenza dell'umanità, e che molti di noi l'avrebbero giudicata basse. 

Eppure, anche se il futuro rimane oscuro, segue ancora le leggi dell'universo. E una di queste leggi è che le civiltà esistono perché hanno una scorta di energia. Nessuna energia, nessuna civiltà. Quindi, l'elemento chiave del futuro è l'energia; l'idea che fosse economica e abbondante fece nascere negli anni '50 il sogno della conquista dello spazio. Oggi, l'idea che non sarà né l'una né l'altra cosa fa sorgere prospettive di sventura. 

Quindi, permettetemi di provare una semplice "analisi di scenario" di ciò che potrebbe accadere in futuro nel prossimo secolo o giù di lì in termini di scelte che determineranno l'infrastruttura energetica che potrebbe supportare una civiltà complessa (se ce ne sarà una che sopravviverà). Siamo in un momento di transizione e le scelte che verranno fatte nei prossimi anni (non decenni) determineranno il futuro dell'umanità. 

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Scenario #0: crollo . Lo chiamo "non scenario" nel senso che presuppone che non si faccia nulla o, comunque, troppo poco e troppo tardi. In questo caso le persone rimangono bloccate nei loro vecchi paradigmi, le risorse che tenevano in vita la società non vengono sostituite e diventa impossibile mantenere un grado di complessità paragonabile a quello attuale. Nel giro di qualche decennio, gli esseri umani torneranno a un'economia che potremmo descrivere come "medievale", se siamo fortunati. Ma potremmo anche tornare al livello di cacciatori e raccoglitori o addirittura, semplicemente, estinguerci. Personalmente, vedo questo scenario come il più probabile, ma non un esito obbligato della situazione attuale.

Scenario n. 1: attaccarsi ai combustibili fossili . Qui si ripetono gli eventi che hanno portato ad arginare il declino della produzione petrolifera nei primi due decenni del XX secolo. È stato fatto riversando grandi quantità di risorse nel "fracking" dei depositi di tight oil (petrolio di scisto). Ha prodotto una risurrezione temporanea dell'industria petrolifera negli Stati Uniti, portando la produzione a livelli mai visti prima, anche se con enormi costi economici e ambientali. La stessa politica potrebbe essere continuata con sforzi rinnovati, per esempio, sfruttando depositi di tight oil al di fuori degli Stati Uniti, sabbie bituminose, o magari ricavando combustibili sintetici dal carbone. Ciò potrebbe mantenere la produzione di combustibili fossili a livelli simili a quelli attuali. Permetterebbe di mantenere in vita gli apparati militari dei principali stati, e almeno alcune delle attuali organizzazioni e strutture sociali. Ma il costo sarebbe enorme, e implicherebbe ridurre alla fame la maggior parte della popolazione mondiale, oltre a danni inimmaginabili all'ecosistema. Questa strategia potrebbe mantenere una parvenza dell'attuale civiltà in corso per alcuni decenni, poco più della fine del secolo. Poi, siamo allo scenario zero.

Scenario n. 2: passaggio al nucleareSostenere una società complessa sull'energia nucleare può essere forse possibile, ma è complicato da diversi fattori. Tra questi ci sono le limitate risorse di uranio, la necessità di risorse minerali rare per gli impianti ei problemi strategici coinvolti nella diffusione delle tecnologie nucleari e della conoscenza della lavorazione dell'uranio in tutto il mondo. A causa delle quantità limitate di uranio minerale, è ben noto che la tecnologia esistente dei reattori ad acqua leggera non sarebbe in grado di soddisfare l'attuale domanda globale di energia per più di qualche decennio, nel migliore dei casi per un secolo circa. Quindi il risultato sarebbe di nuovo lo scenario n. 0. La fornitura di carburante potrebbe essere notevolmente aumentata passando all'impegnativo compito di "creare" nuovi combustibili dal torio o dall'uranio non fissile. Se ciò fosse possibile, una civiltà complessa potrebbe continuare ad esistere per diversi secoli, o anche di più. In tutti i casi, una guerra che prendesse di mira le centrali nucleari manderebbe rapidamente una civiltà nucleare allo scenario zero.

Scenario #3: L'Era Solare . In questo caso si assiste alla continuazione del trend in atto che vede in rapida espansione le tecnologie per le energie rinnovabili, principalmente solare fotovoltaico ed eolico. Se questa espansione continua, può rendere obsoleti sia i combustibili fossili che l'energia nucleare. Le tecnologie rinnovabili hanno un buon ritorno energetico sugli investimenti energetici (EROEI) e scarso fabbisogno di minerali rari. Le rinnovabili non sono un problema strategico, non hanno un interesse militare diretto e possono essere utilizzate ovunque. Gli impianti possono essere riciclati e ci si aspetta che siano in grado di supportare una società complessa; anche se in una forma che, oggi, possiamo solo a malapena immaginare. Un'infrastruttura basata sull'energia solare è anche naturalmente costretta a raggiungere un certo grado di stabilità a causa del limitato flusso di energia solare disponibile. Quindi, una civiltà basata sul sole potrebbe raggiungere uno stato stabile che potrebbe durare almeno quanto hanno fatto le società agricole in passato, migliaia di anni o anche di più.

Scenari combinati #1, #2, #3: feudalizzazione.I tre scenari di cui sopra si basano sull'idea che la civiltà umana rimanga ragionevolmente "globale". In questo caso, la competizione tra diverse tecnologie si giocherebbe su scala globale e determinerebbe un vincitore che conquisterebbe l'intero mercato dell'energia. Ma non è necessariamente così se i sistemi economici del mondo si separano in sezioni indipendenti, come sembra stia accadendo in questo momento. In questo caso, alcune regioni potrebbero adottare strategie diverse, fossili, nucleare o rinnovabili, mentre altre verrebbero semplicemente tagliate fuori dal sistema di approvvigionamento energetico e andrebbero direttamente allo "Scenario zero". Con una minore domanda di energia, i problemi di esaurimento del nucleare e dei fossili sarebbero notevolmente alleviati, anche se, ovviamente, solo per una popolazione limitata. Si noti inoltre che queste regioni quasi indipendenti possono essere descritte come "feudali, 

I prossimi decenni decideranno quale direzione prenderà l'umanità. Nessuno ha le mani sul volante che muove l'oggetto gigantesco che chiamiamo "civiltà" e stiamo assistendo a sforzi per spingerla in uno dei tre scenari di cui sopra (alcune persone sembrano persino spingere attivamente per lo scenario n. 0, un'espressione di ciò che Sigmund Freud chiamava "istinto di morte"). 

Il problema, qui, è che il sistema di governance occidentale si è evoluto in modo tale che nessuna decisione può essere presa a meno che alcuni gruppi o settori della società non vengano demonizzati, e quindi si crei una narrazione che implichi la lotta contro un nemico comune. In altre parole, nessuna decisione può essere presa sulla base del bene comune, ma solo come risultato del confronto delle lobby impegnate a sostenere le diverse opzioni. (*)

Abbiamo visto operare il meccanismo decisionale basato sulla demonizzazione negli ultimi decenni. È una procedura ben affinata, e ci si può aspettare che venga applicata anche all'allocazione delle risorse per nuove strategie energetiche. Abbiamo già visto demonizzare una tecnologia energetica; è stato il caso dell'energia nucleare negli anni '70, bersaglio di una fortunata campagna propagandistica che l'ha presentata come nemica dell'umanità. Oggi le rinnovabili e tutto ciò che è "verde" potrebbero presto essere vittime di una nuova campagna di demonizzazione volta a promuovere l'energia nucleare. Lo stiamo vedendo nelle sue fasi iniziali ( vedi questo articolo di George Monbiot ), ma sta chiaramente crescendo e sta avendo un certo successo.

Nulla è ancora deciso, ma la scritta è sulle pale delle pale eoliche. La propaganda governa il mondo e continuerà a governarlo finché le persone si innamoreranno di essa. 


(*) Simon Sheridan fornisce un'interessante discussione sui meccanismi decisionali interni della società moderna, definiti "esoterici" nel senso di essere nascosti, a differenza dell'"exoterico", ad esempio il meccanismo decisionale pubblico, che è solo un riflesso del processo esoterico . 

(**) Per scenari molto più a lungo termine, vedi il mio post: " I prossimi dieci miliardi di anni " 

mercoledì 21 dicembre 2022

Il Miracolo delle Rinnovabili: Buon Natale a Tutti


Questo è un post che avevo pubblicato qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano". E' un po' ottimista, ma abbiamo bisogno di ottimismo. Ce la possiamo fare: andiamo avanti verso un mondo migliore. E Buon Natale! UB


Si sa che i miracoli non sono una cosa tanto frequente e, se uno ha grossi problemi di salute, non è probabile che basti una nuotatina nella piscina di Lourdes per risolverli. Però, è anche vero che alle volte le cose cambiano rapidamente, aprendo nuove possibilità. È quello che sta succedendo con l’energia rinnovabile. Parlare di “miracolo” è un po’ troppo, lo so, ma gli sviluppi recenti della tecnologia ci hanno messo a disposizione uno strumento che fino a pochi anni fa non ci sognavamo nemmeno di avere. E questo potrebbe risolvere certi problemi che una volta sembravano irrisolvibili.

Per anni, sono andato in giro facendo conferenze sul cambiamento climatico e altri guai in vista, come l’esaurimento del petrolio. Di solito, quelli che venivano a sentire erano persone preparate a un messaggio non proprio tranquillizzante, ma il problema era cosa fare in proposito. Alla fine della conferenza, seguiva un dibattito in cui si dicevano sempre le stesse cose: andare in bicicletta, abbassare il termostato di casa, mettere doppi vetri alle finestre, lampadine a basso consumo, cose del genere.

Era un piccolo rituale tranquillizzante ma, in realtà, tutti sapevano che queste non erano vere soluzioni. Non che non servano a niente, ma sono spennellatine di verde su un sistema che continua a dipendere dai combustibili fossili per funzionare. Così, sono almeno vent’anni che si parla di doppi vetri e biciclette, ma le emissioni di CO2 continuano ad aumentare come prima, anzi, più rapidamente di prima. Se non andiamo al cuore del problema, ovvero a eliminare i fossili, non arriviamo a niente. Ma come fare? Fino a pochi anni fa, sembrava che non ci fosse nessun modo eccetto tornare a zappare i campi come nel Medioevo.

Ma oggi le cose sono cambiate radicalmente. Probabilmente non ve ne siete accorti, presi dal dibattito sulle elezioni. Ma che vinca la destra o la sinistra, cambia poco: il cambiamento, quello vero, sta arrivando con le tecnologie rinnovabili. Gli impianti eolici e fotovoltaici sono stati ottimizzati e i fattori di scala hanno generato massicci risparmi sui costi di produzione. Oggi, un chilowattora prodotto da un pannello fotovoltaico costa forse un fattore dieci di meno del chilowattora da gas naturale (e anche un quinto del chilowattora nucleare). Una volta, chiamavamo l’energia rinnovabile “alternativa,” ma oggi tutte le altre sono “alternative”.

Inoltre, produrre energia con impianti rinnovabili non inquina, non richiede materiali non riciclabili, non genera gas serra, non è suscettibile di sanzioni, e nessuno può bombardare il sole per lasciarci senza energia. Ora, non mi fate dire che le rinnovabili hanno risolto automaticamente tutti i problemi. È vero che oggi costano poco, ma è vero anche che non sono gratis. Poi, ci vogliono investimenti per adattare le infrastrutture energetiche di tutto il paese, per creare dei sistemi di stoccaggio dell’energia, e molto altro. Non sono cose che si possano fare in un mese, e nemmeno in pochi anni. Si parla di un decennio, come minimo, per arrivare a un sistema energetico basato principalmente sulle rinnovabili.

Ma è anche vero che ogni viaggio comincia dal primo passo. E adesso vediamo davanti a noi una strada da percorrere. Una strada che ci porta verso un mondo più pulito, più prospero e, sperabilmente, meno violento. Non ho smesso di andare in giro a fare conferenze ma, adesso, posso proporre delle soluzioni reali. E non sono solo io a essermi reso conto del cambiamento. Nel dibattito, oggi si sente l’entusiasmo di poter fare qualcosa di concreto. Molta gente chiede se possono installare pannelli fotovoltaici a casa loro. Altri raccontano di averlo già fatto. Alcuni sono arrabbiati neri (giustamente) con la burocrazia che gli impedisce di installare sul loro tetto o nel loro giardino. Lo vedete anche nelle discussioni sui social media.

C’è sempre qualcuno che parla contro le rinnovabili ragionando come i flagellanti medievali che andavano in giro gridando “ricordati che devi morire”. Ma c’è anche chi gli risponde per le rime, tipo, “e allora andate pure a vivere felici nella vostra grotta insieme agli altri cavernicoli.” (o anche, come Massimo Troisi, “mo’ me lo segno”). Se avete un balcone esposto a sud (e se il vostro comune non vi mette i bastoni fra le ruote), potete già installare dei pannelli fotovoltaici appesi alla ringhiera che vi aiuteranno a ridurre la bolletta dell’elettricità. Un pezzetto per volta, ci riusciremo!



sabato 17 settembre 2022

La Caccia alle Streghe e le tre Leggi dello Sterminio di Massa



Lo sterminio delle streghe è un punto oscuro nella storia d'Europa, che tendiamo a considerare come il risultato della diffusione di varie forme di superstizione. Ma, come sempre, le cose sono più complesse di quanto sembri a prima vista. La caccia alle streghe aveva un oscuro segreto: il fatto che uccidere le streghe era un buon affare per molte persone perché i beni delle vittime potevano essere confiscati. Lo potete vedere in questa illustrazione tratta dal libro "England's grievance found..." di Ralph Gardiner, 1655. Nota, a destra, la scena descritta nel testo come "Il cacciuatore di streghe prende i soldi per la sua opera."

Tradotto e riadattato da "The Seneca Effect" The Age of Exterminations (I): Who are the Typical Victims?


Se pensiamo alla storia delle cacce alle streghe del XVI-XVII secolo in Europa, l'impressione più comune è che la tipica strega fosse una vecchia megera che viveva in una capanna ai margini del villaggio, sola con un gatto nero.

Ma no, non era così. Forse questo tipo di persone marginali venivano occasionalmente uccise come streghe, ma non erano le vittime usuali. In realtà la caccia alle streghe aveva una forte componente monetaria e spesso veniva praticata con l'obiettivo di lucrare sulla confisca dei beni delle vittime. Non erano donne povere e indigenti ma, piuttosto, membri della classe mercantile in Europa, a quel tempo in crescita. 

L'aspetto redditizio della caccia alle streghe è stato spesso ignorato dagli storici, ma è stato rivalutato ed evidenziato negli ultimi tempi, ad esempio da Johannes Dillinger (2021) e da Shmakov e Petrov (2018). La lettura di entrambi gli articoli è altamente suggerita e fornisce una notevole ricchezza di dati sul meccanismo finanziario che ha portato alla caccia alle streghe. La caccia alle streghe non si faceva (o si faceva raramente) dove il governo non permetteva la confisca dei beni delle vittime. Uccidere le streghe, quindi, era una delle tante forme di rapina legalizzata nella storia.

È una storia affascinante che ha a che fare con la nascita del capitalismo in Europa. Durante il XVI e il XV secolo, l'Europa si stava spostando da un'economia agricola quasi pura a un'economia commerciale e industriale che prevedeva la formazione di una classe mercantile che si sarebbe impegnata in attività come il prestito di denaro, la produzione di medicinali, e altri servizi. Fu tra i membri di questa nuova classe che furono trovate le "streghe". L'aristocrazia terriera d'Europa trovò conveniente usare le tecniche di propaganda dell'epoca per sollevare la plebaglia contro questa nuova classe media e incorporarne i beni. È stata una lotta di classe che si è estinta solo quando la classe media è cresciuta a un livello di ricchezza e potere tale da poter rifiutare di essere vittimizzata. Un paio di secoli dopo, con la rivoluzione francese, fu il turno della classe mercantile di prendersi una meritata vendetta sulla nobiltà agraria, che fu sterminata in massa senza neanche bisogno di accusarli di stregoneria. 

La caccia alle streghe, quindi, era solo uno dei tanti casi in cui il trasferimento di ricchezza non era ottenuto dal commercio ma dallo sterminio. Possiamo trovare molti esempi nella storia in cui una popolazione in espansione ha invaso la terra di un'altra popolazione, l'ha sterminata (perlomeno i maschi) e si è presa la terra (e spesso le donne). Un caso particolare è quando lo sterminio viene effettuato contro persone che appartengono, almeno in teoria, alla stessa società degli sterminatori. La caccia alle streghe ne fu un esempio, ma la madre di tutti gli stermini fu quella degli ebrei in Germania durante il regime nazista. Le ragioni ideologiche della persecuzione degli ebrei erano prominenti nei media e nella storiografia successiva, ma il fattore che spinse lo sterminio fu che gli ebrei erano relativamente ricchi e che le loro proprietà potevano essere confiscate a beneficio degli sterminatori. Altrimenti, non si troverebbe una logica nelle azioni del governo tedesco che incoraggiava lo sterminio di una categoria di persone che sarebbe stata utile allo sforzo bellico (gli ebrei tedeschi avevano combattuto per la Germania durante la prima guerra mondiale). Ma, chiaramente, lo sterminio portava un beneficio economico immediato agli sterminatori. 

Ci sono altri esempi di questo tipo, tra cui lo sterminio dei Catari europei (una setta cristiana) in Europa (1209-1229 d.C.), quello degli Armeni all'inizio del XX secolo, i Ruandesi, i Cambogiani e molti altri . L'ultimo caso è l'accusa fatta in questo periodo al governo cinese di sterminare gli Uiguri, una popolazione che vive nello Xinjiang, una provincia nord-occidentale della Cina. Senza entrare nei dettagli, possiamo dire che tutti questi stermini hanno diversi punti in comune.

1. Un sottogruppo relativamente ricco della società che può essere identificato da tratti fisici, linguistici o culturali, sufficientemente ampio da dare un buon reddito se sconfitto e depredato dei suoi beni.

2. Una situazione economica, sociale o militare difficile che porta i gruppi dominanti a cercare nuove risorse.

3. La mancanza di efficaci capacità di difesa militare da parte del sottogruppo.

Se queste condizioni sono verificate, è forte la tentazione per un governo o per un potente gruppo politico di sfruttare la situazione convincendo le persone che il sottogruppo è composto da persone malvagie: rubano i bambini, ti lanciano incantesimi, mangiano cose disgustose, puzzano, qualunque cosa. Dopo una campagna propagandistica sufficientemente intensa, si può passare all'eliminazione fisica della categoria e i loro beni possono essere confiscati.

È successo così tante volte nella storia che è impensabile che non accada più. Non c'è dubbio che siamo in un momento difficile, sia economicamente che militarmente. Quindi, per le élite è forte la tentazione di identificare uno o più sottogruppi da sterminare e derubare dei loro beni. Chi potrebbero essere le prossime vittime?

La domanda è interessante, e lascio la risposta ai lettori di questo blog. (ne riparleremo in un prossimo post).



domenica 14 febbraio 2021

Medioevo Elettrico: il Nuovo Blog di Ugo Bardi

 

 

Immagine dal Museo dell'Ordine di St. John

Addio Cassandra! Mi dispiace, siamo stati insieme per più di 10 anni e ti ho anche incontrata come un fantasma bluastro che si è degnato di venire a visitarmi dall'Ade. Ma i tempi cambiano, noi cambiamo, tante cose cambiano. Carissima Cassandra, non è più tempo di allertare i Troiani del rischio che corrono quando la città sta già bruciando. Siamo stati bene insieme, ma ora ci lasciamo in amicizia. Ogni tanto, spero che verrai a trovarmi lo stesso!.

Questo blog cambia. Nuovo titolo, nuove idee, nuova impostazione. Un po' di filosofia, un po' di tecnologia, una visione più ottimista del futuro. E, soprattutto, una ricerca di capire come le tecnologie rinnovabili possono veramente aiutarci verso una transizione non troppo brusca, rinunciando sia all'iperottimismo degli economocrescisti (idrogeno e scemate del genere) sia al cupo pessimismo dei catastrofisti (è vero, moriamo tutti prima o poi, ma senza fretta!!!). 

Soprattutto, non prendete il Medio Evo prossimo venturo come un triste destino. E' stata un'epoca splendida e, nel caso abbiate creduto alla stupida propaganda degli illuministi, sappiate che nel Medio Evo NON si bruciavano le streghe. Nemmeno per idea. E' qualcosa che è venuta molto dopo, dal secolo XVI in su. E allora se dobbiamo andare verso un nuovo Medio Evo, potrebbe essere una cosa bellissima. 

Parleremo anche ogni tanto del nuovo concetto di "olobionte" che ci aiuterà ad avere un rapporto migliore con l'ecosistema che ci circonda e che ci fa vivere! Avanti, amici olobionti!!




 

martedì 14 aprile 2020

La rete che ci sta per avvolgere



Guest post di Bruno Sebastiani

Nota: questo post è stato scritto prima della grande crisi del coronavirus, un tempo che sembra ormai preistorico. Tuttavia, molte delle considerazioni di Sebastiani sembrano particolarmente appropriate alla situazione attuale, non tanto per le accuse fatte al 5G di aver causato l'epidemia, ma per l'uso che si programma di farne per ottenere un controllo sempre più stretto di ognuno di noi (UB)


Ho assistito giorni fa a un dibattito dal titolo “5G, rischi o opportunità”. Il tema è stato introdotto da medici e fisici che hanno focalizzato la loro attenzione sull’aspetto “rischi per la salute”, mentre l’aspetto “opportunità” è stato sviluppato da Pietro Guindani, Presidente di Vodafone Italia e di Assotelecomunicazioni.
L’avvento ormai prossimo della rete che consentirà lo sviluppo planetario di “Internet delle cose” (IoT) sta suscitando molte polemiche.
Ma quasi tutte le critiche e le perplessità sono connesse all’aspetto fisico delle infrastrutture necessarie a consentire il funzionamento di questa rete di quinta generazione.
Lunghezze d’onda, frequenze, numero di antenne e di satelliti: ecco i principali elementi che destano preoccupazione, tutti con riguardo alla salute umana, solo secondariamente ai danni che possono arrecare all’ambiente (taglio di alberi, inquinamento visivo in cielo ecc.).
In un altro articolo ho descritto come si dispiegherà in terra, sott’acqua e in cielo quella che ho definito la Rete Sinaptica Mondiale.
Qui vorrei soffermarmi sul suo reale significato e sul suo effettivo pericolo per la biosfera, che è altra cosa rispetto alla sua nocività per la salute umana.
È probabile, se non certo, che tale nocività sussista, ma come quasi sempre accade verranno trovati rimedi per contenerne gli effetti, secondo la solita tattica di rinviare il redde rationem. Non è escluso che qualche casa farmaceutica possa anche trarre dei vantaggi economici da tale situazione di nocività.
Ma, ripeto, non è questo il punto.
Ho titolato il mio nuovo libro di prossima pubblicazione “L’Impero del Cancro del Pianeta”. Con tale espressione ho inteso definire l’organizzazione socio-economico-politica che sta divorando gli ultimi tessuti sani del pianeta. È lo stadio più avanzato della malattia che noi rappresentiamo per la biosfera. Quelle che erano masse tumorali più o meno estese, attraverso il processo di metastatizzazione hanno raggiunto ogni parte del globo e ora stanno agglomerandosi in una massa unica onnicomprensiva e onnipervasiva.
Questa massa è l’impero del cancro del pianeta, composto da miliardi di cellule “malate”, da un numero assai più grande di cellule “alterate” (gli animali degli allevamenti intensivi, i pesci delle aquafarm e le piante delle monocolture, tutti destinati all’alimentazione delle cellule “malate”, ma che anch’essi richiedono nutrimento) e da un numero ancora più grande di cellule “artificiali” (le macchine prodotte dalle cellule “malate” per potenziare le proprie capacità e alleviare le proprie fatiche, che devono a loro volta essere alimentate con ogni tipo di energia).
Ebbene questa unica massa, ormai ovunque dilagante, per continuare a sopravvivere ha necessità di coordinare al massimo tutte le sue componenti.
Immaginiamo cosa succederebbe in una megalopoli di 5, 10, 20 milioni di abitanti se si fermassero i trasporti pubblici o se gli addetti al rifornimento dei supermercati non consegnassero più la loro merce o se l’acqua non fosse più potabile o se mancasse l’energia elettrica.
Nessuno è più autosufficiente; la vita di ognuno dipende dal corretto funzionamento della “Grande Macchina” che abbiamo costruito intorno alle pareti delle nostre case e anche dentro.
Ecco dunque che alla luce di queste considerazioni appare chiaro come l’aumento della popolazione e della complessità dell’organizzazione sociale imponga l’adozione di reti di interconnessione sempre più efficienti ed onnipervasive.
Per soddisfare questa esigenza sta nascendo la rete di quinta generazione e più avanti ne spunteranno di ancor più performanti.
Ma il fatto che queste reti siano necessarie per la gestione della macchina sociale equivale ad approvarne l’introduzione e la diffusione? Equivale a darne un giudizio positivo?
Qui si spalanca la porta su un dilemma insolubile.
Da una parte abbiamo gradualmente sostituito il mondo naturale con quello artificiale, e continuiamo imperterriti a marciare in tale direzione.
Dall’altra parte abbiamo iniziato a renderci conto che il mondo artificiale non è sostenibile oltre un certo limite, che non sappiamo esattamente dove sia, se lo abbiamo già oltrepassato o se dobbiamo ancora raggiungerlo, e in tal caso quando.
Quello che sappiamo è che non possiamo tornare indietro, per tante ragioni, tra cui in primo luogo la complessità dell’organizzazione sociale impiantata in tutto il mondo.
Quindi, alla domanda se il 5G è un bene o un male l’unica risposta corretta è che collettività sempre più numerose richiedono sistemi di comunicazione sempre più sofisticati.
Il che non significa voler aggirare il quesito.
Significa che l’intera problematica va inquadrata in un discorso più ampio, quello relativo alla reale natura di Homo sapiens e al suo ruolo su questo pianeta.
Se crediamo di essere i padroni del mondo a buon diritto, allora tutto ciò che abbiamo realizzato è da considerare positivo e la rete che ci sta per avvolgere, oltre che necessaria, è da ritenere sommamente apprezzabile.
Se invece crediamo di esserci trasformati, a causa di malaugurati eventi biologici, in cellule distruttive dei tessuti sani del pianeta, allora non solo la rete 5G è da considerare nefasta, ma anche tutto ciò che abbiamo realizzato in precedenza, tutti gli infiniti dispositivi e congegni per collegare i quali oggi è necessario avere collegamenti sempre più efficienti.
Posizioni intermedie? Dobbiamo per forza considerarci i signori dell’Universo o, al contrario, il cancro del pianeta? Non possiamo pensare che la nostra intelligenza ci dia diritto a primeggiare nella biosfera ma che nel contempo ci imponga di rispettare l’ambiente e tutti gli altri esseri viventi?
Sarebbe bello poter aderire a una siffatta visione della realtà, ma ciò che vediamo in giro purtroppo la smentisce quotidianamente.
A mio avviso è dunque solo in questa ottica che si può e si deve dare un giudizio negativo sul 5G: esso rappresenta il sistema di comunicazione che intende razionalizzare ed efficientare il nostro dominio sulla biosfera, dominio che già si è rivelato distruttivo e che con l’avvento di questa nuova tecnologia rischia di divenire letale.

sabato 31 agosto 2019

La Rete Sinaptica Mondiale



di Bruno Sebastiani


La potenza elaborativa del nostro cervello dipende dallo straordinario numero di neuroni che vi si sono sviluppati (circa 100 miliardi) e dall’ancor più strabiliante numero di sinapsi che li collegano l’un l’altro (circa 125 mila miliardi).
Da un articolo reperito in rete apprendo che le sinapsi sono così piccole (meno di un millesimo di millimetro di diametro) che gli esseri umani fino ad oggi non sono stati in grado di vedere la loro struttura e le loro funzioni e che alcuni ricercatori della Stanford University School of Medicine (California) hanno condotto uno studio in base al quale hanno scoperto che la complessità del cervello va al di là di quello che avevano immaginato (affermazione di Stephen Smith, professore di fisiologia molecolare e cellulare, autore principale dello studio).
Apprendo anche che «Una sinapsi, da sola, è più simile a un microprocessore, con la memoria di archiviazione ed elementi di elaborazione delle informazioni, rispetto a un altro interruttore on/off. Infatti, una sinapsi può contenere l'ordine di 1000 switch su scala molecolare. Un unico cervello umano ha più switch di tutti i computer e i router e le connessioni internet sul nostro pianeta.» (https://it.emcelettronica.com/cervello-come-microprocessore)
Tralascio di appurare se le affermazioni riportate corrispondono esattamente a realtà: appaiono sufficientemente verosimili e il mio scopo qui è solo di assumerle come punto di partenza di un ragionamento più ampio.
Intendo infatti concentrarmi su un fenomeno che in via analogica richiama a livello planetario la funzione svolta dalle connessioni inter-sinaptiche all’interno del nostro cervello.
Mi riferisco alla rete mondiale di fonia e dati (internet) e, più in particolare, ai dispositivi portatili di dimensioni ridotte che oramai ci seguono dappertutto.
Attraverso questi apparecchi siamo in grado di comunicare con ogni persona con cui entriamo in contatto esattamente come ogni neurone del nostro cervello dialoga con gli altri neuroni (mutatis mutandis).
Non solo. Attraverso questi apparecchi possiamo attingere ad ogni banca dati esistente sul pianeta (l’equivalente della nostra “memoria”), e in futuro il numero e l’ampiezza di questi “depositi di sapere” aumenteranno a dismisura.
Ma non sarà solo la mole dei dati a nostra disposizione ad accrescersi.
Massicci investimenti sono in programma (e già in parte in corso di impiego) per rendere più veloci ed efficienti i sistemi di comunicazione esistenti e per crearne di nuovi.
E questo è uno degli aspetti più preoccupanti della questione.
Citerò tre casi concreti.
1) I satelliti. SpaceX, l’azienda aerospaziale statunitense con sede a Hawthorne (California) costituita nel 2002 da Elon Musk, è stata autorizzata al collocamento in orbita bassa di migliaia di satelliti, nell'ambito di un progetto denominato “Starlink” che ha per obiettivo portare Internet ultraveloce anche nelle zone più isolate del pianeta. Ad oggi sono stati lanciati i primi 60 satelliti quale avanguardia dei 12.000 previsti a regime. Altre aziende di altri Paesi vorranno seguire l’esempio? Da notare che qui si parla solo di dispositivi satellitari per le comunicazioni, mentre esistono già sciagurati progetti per utilizzarne altri a scopi pubblicitari! In questo caso l’azienda è russa, ma con un nome americano StartRocket. Il sistema si chiama “space advertising” e si prefigge di proiettare in cielo di notte immensi cartelloni pubblicitari luminosi. C’è da augurarsi che qualcuno rinsavisca prima di autorizzare un simile oltraggio alla bellezza dell’Universo!
2) I cavi sottomarini. Per comprendere come il mondo sia collegato ad internet bisogna guardare nei fondali degli oceani: sott’acqua passano centinaia di cavi in fibra ottica che sostengono l’intera infrastruttura di connessione. La rete è stata realizzata negli ultimi decenni ad opera soprattutto di società private.
Microsoft e Facebook hanno completato nell’oceano Atlantico una dorsale in fibra ottica (denominata “Marea”) in grado di trasmettere sino a 160 terabit di dati al secondo. È un cavo lungo 6.500 chilometri collocato ad una profondità di oltre 5.000 metri sotto la superficie del mare.
Sempre Facebook ha in programma la posa di un altro cavo destinato a circumnavigare l’intero continente africano. Nome del progetto: Simba.
Google entro il 2020 poserà “Dunant” tra Francia e USA. Il volume di traffico che Google muove ogni giorno è straordinario, il 25% del totale mondiale, ma la capacità della rete non è infinita. Per questo motivo la società di Mountain View intende ampliare le sue infrastrutture di rete collegando con cavi sottomarini proprietari diverse aree del globo, come il Cile con Los Angeles, gli Stati Uniti con la Danimarca e Hong Kong con l'isola di Guam.
Anche la cinese Huawei Marine Networks, azienda nata nel 2008, sta investendo ingenti risorse per realizzare nuovi cavi sottomarini.
3) La rete 5G. Se le infrastrutture sin qui citate (satelliti e cavi sottomarini) sono destinati a sostenere il traffico dati di maggiori dimensioni, l’incombente rete 5G avrà il compito di portare l’informatica “veloce” in ogni casa e di far dialogare tra loro in tempo reale tutti i dispositivi dotati di una scheda elettronica di comunicazione.
Il 5G permetterà infatti di usare la rete mobile per tutta una serie di servizi che finora sono stati appannaggio di altri mezzi. In futuro dovrebbe soppiantare le attuali connessioni in fibra dando vita all’era degli apparati sempre connessi, senza necessità di passare continuamente da Wi-Fi a rete mobile.
Ma quali i rischi? Secondo l’appello internazionale Stop al 5G sulla Terra e nello spazio (firmato al 31 agosto 2019 da 126.962 persone e organizzazioni di 203 nazioni) «Il 5G aumenterà in modo massiccio l'esposizione alle radiazioni a radiofrequenza (RF) sulle reti 2G, 3G e 4G per le telecomunicazioni già installate».
Che influenza potrà avere un simile bombardamento di onde radio a frequenze assai elevate su piante e animali, esseri umani compresi?
Inoltre. Le alte frequenze garantiscono l’aumento della velocità, ma rendono la propagazione del segnale più difficile, perché maggiormente sensibili agli ostacoli fisici. Quanti alberi andranno abbattuti per far transitare liberamente le onde del 5G in città e in campagna? Quanti più ripetitori di segnale ci vorranno per una copertura capillare del segnale?
Obiettivo è modificare la rete da fisica a virtuale, definita da software, composta da slices definiti da algoritmi: il network slicing è la capacità di creare dinamicamente “fette” di rete per rispondere ai requisiti delle diverse applicazioni ed è una delle tecnologie chiave del 5G.
Cosa si aspetta l’essere umano da questa “rete sinaptica mondiale” che sta costruendo? Vi sono senz’altro importanti aspetti economici e commerciali che spingono a realizzare questa nuova tecnologia, ma di questi non ci occupiamo perché attengono al lato “venale” dell’uomo.
Vi è invece a mio avviso un aspetto molto, ma molto, più inquietante, sbandierato dai fautori del 5G come assai positivo: essi sostengono, a ragione, che la nuova rete consentirà livelli di interconnessione finora mai raggiunti. Ma, posto che l’uomo pur in assenza di tali livelli è riuscito a devastare ampiamente la biosfera, fin dove si spingerà questa opera distruttiva con l’avvento di una rete di collegamento tanto più efficiente?
La massima ambizione prometeica (o diabolica?) dell’uomo è di accrescere a dismisura il suo potere sulla Terra. Per realizzarla occorre una dose supplementare di intelligenza sia individuale che collettiva. Relativamente alla prima si veda il mio precedente articolo: “Verso cervelli più potenti e con più memoria”. La rete sinaptica mondiale di cui abbiamo parlato risponde al secondo tipo di intelligenza da implementare, quella collettiva.
Vi è poi la concretizzazione dell’intelligenza artificiale quale ulteriore sistema di assoggettamento e dominio della biosfera. Di questa parlerò in altro articolo.
Resta il fatto che tutti questi progetti convergono verso quella attività umana di aggressione alle cellule sane del pianeta che ricorda assai da vicino l’attività svolta dalle cellule cancerogene ai danni delle altre cellule dell’organismo ospitante.


domenica 24 giugno 2018

Le Schegge Madri di Emma Chiaia - Come Cambiare il Mondo



di Ugo Bardi

I fiorentini hanno fama di essere abbastanza antipatici, convinti come sono di sapere tutto loro. Immaginatevi un fiorentino che sia anche un professore universitario e il risultato potrebbe essere preoccupante in termini di spocchia. Avete capito a chi mi riferisco e se volete aver conferma dei miei molteplici difetti - tipici dei fiorentini - potete chiedere a mia moglie Grazia che mi sopporta da più di 40 anni.

Specialmente per quanto riguarda la letteratura, mi ritengo un criticone anche un po' spocchioso - al punto che ho teorizzato la fine della letteratura occidentale sul mio blog delle Chimere. E quando penso che un romanzo fa pietà lo dico - come ho fatto per esempio in un post recente.

Ciò detto, la settimana scorsa ero a Milano per un convegno e mi è capitato di scambiare due parole con Emma Chiaia, giornalista e scrittrice. Mi è bastato per incuriosirmi a sufficienza da comprare il suo romanzo "Per Fortuna ho Scelto Te".  C'è qualcuno che ancora legge romanzi, oggi? Evidentemente, si, perlomeno uno c'è! Così, mi sono detto, "proviamo."

Ora, il primo impatto con questo romanzo è stato pessimo. Mi sono trovato fra le mani un mattone di 440 pagine, con una copertina sfumata in rosa che non sa di nulla, un titolo che, anche quello, bah? Mi sono letto il primo capitolo che descrive i sentimenti di una ragazzina di 16 anni. Mi sono detto, "Ho buttato via 16 euro per comprare un romanzetto rosa da quattro soldi. "

E ho pensato di buttar via anche il libro. Poi mi sono detto, beh, proviamo a leggere il secondo capitolo. E poi anche il terzo. E il quarto. E poi me lo sono divorato tutto. Romanzo assolutamente FAVOLOSO!!!! Ragazzi, fatevelo dire da uno che è parecchio "jaded" come si dice in inglese, ovvero un gran criticone - come si dice in Toscana. Questo è uno dei migliori romanzi che abbia letto da un bel pezzo.

Non che il romanzo non abbia dei difetti. Emma Chiaia è una giornalista con molta esperienza, e quindi scrive in uno stile ben rodato, ma si sente che è uno stile che va bene per articoli brevi - su 440 pagine rischia un po' di "allungare il brodo" (che credo sia anche quello un modo di dire toscano). Ma, a parte questo, è proprio un bel romanzo. Ma veramente bello. Ben congegnato, una storia che ti "prende," un meccanismo narrativo che non perde un colpo. E, in più, una serie di personaggi tutti ben caratterizzati, tutti con una loro storia, tutti interessanti, tutti bene integrati nell'impianto narrativo. Come abbia fatto Emma Chiaia ad azzeccare così bene il suo primo romanzo, beh, sono i misteri della letteratura.

La storia ruota molto - ma non soltanto - intorno alla protagonista, Sara Castelli, ragazzina sedicenne con qualche pulsione ecologista e con tanti problemi esistenziali. Un personaggio non del tutto originale, ma ben congegnato. La storia avanza con l'incontro con Laura su Facebook, una ragazza più o meno della stessa età, che viene fuori che vive in Australia, ma nel futuro. Qui forse si poteva tirare di più sulla suspence della reale provenienza di Laura, la cui natura aliena viene fuori in modo un po' brusco. Ma, rivelato questo punto, il romanzo macina in avanti sulla curiosità di sapere di più di Laura e del suo mondo.

Alla fine, Sara viene trasportata in qualche modo in questo mondo futuro a trovare la sua amica (ormai del cuore) Laura. Nei vecchi romanzi di fantascienza, quelli che viaggiavano nel futuro lo trovavano pieno di gente che girava su macchine volanti e andava sulla Luna per il fine settimana. Nel futuro descritto da Emma Chiaia, sono tutti vegani, ambientalisti, rilassati e simpatici. Vanno a piedi o in bicicletta (anche elettriche) e ci sono anche degli ottimi ristoranti! Però gli abitanti del futuro sono anche molto preoccupati perché rischiano di scomparire - se loro sono il futuro della terra, e se i terrestri del tempo di Sara distruggono l'ambiente della terra - quel mondo futuro non potrà mai esistere.

Non vi voglio raccontare di più nel caso che il romanzo vi incuriosisca al punto da volerlo leggere. Diciamo che Sara si vede affidare una missone dagli abitanti del futuro. Fra molte difficoltà, riesce a portarla a termine - e la storia ha molte conseguenze pratiche: fa venir voglia anche al lettore di fare quello che fa Sara nel romanzo.

Allora, c'è ancora spazio per la letteratura in Occidente? Dopo aver letto questo romanzo, arriverei a dire che forse si - notando anche, però, che il romanzo di Emma Chiaia sembra pesantemente influenzato dai manga/anime giapponesi. In effetti, la storia sembra direttamente ispirata dall'anime di Makoto Shinkai, "Your name."  E forse è qui molta della magia della storia: per andare avanti, bisogna imparare dagli altri. E, in Occidente, ne abbiamo disperatamente bisogno perché altrimenti mi sa che non sappiamo più veramente cosa raccontare.






Nota aggiunta il giorno dopo. Il post l'ho scritto di getto, subito dopo aver finito di leggere il romanzo. Ripensandoci sopra, però, mi sono venute in mente un altro paio di note he vi passo qui di seguito.

- Impianto Narrativo. Come dicevo nel post, l'impianto narrativo di "Per Fortuna ho scelto te" è molto ben congegnato e strutturato. Ci sono però un paio di problemi - marginali, ma ci sono. Uno è il fatto che viene detto più di una volta alla protagonista che ci sono altre persone che il popolo del futuro ha mandato in cerca delle "schegge." Però, non vengono mai fuori esplicitamente nella storia. Qualcosa di simile vale per il personaggio di Tell che - oltre ad essere l'amante della madre di Laura - si suppone sia un extraterrestre che viene dal pianeta C7. Questa cosa del pianeta C7, francamente, rimane un po' appiccicata lì e non ci viene detto molto dei suoi abitanti, chi sono, da dove arrivano, come fa Tell a trovarsi dove si trova e perché. C'è la scena in cui Tell appare a Sara confortandola in un brutto momento per lei. Il che va bene, è una scena non priva di interesse, ma mi viene in mente che sarebbe stata l'occasione invece per fare entrare in scena qualcun altro degli emissari del popolo del futuro che avrebbero potuto svelarsi parzialmente. Tell è un bel personaggio, un po' misterioso, ma non avrebbe avuto veramente bisogno di venire da un altro pianeta.

- Genere narrativo. Non so se ho detto da qualche parte che l'unico tipo di romanzo che io riesco a leggere è il romanzo epico. Non mi fate leggere Sartre o cose del genere - io posso soltanto leggere storie dove il protagonista ha una difficile missione da compiere e la compie, imparando qualcosa e trasformandosi in una persona diversa nel processo. L'eroe del romanzo epico non deve essere un muscoloso sterminatore di mostri (anche se gli/le può capitare di doverlo fare) ma deve avere perlomeno un profondo senso del dovere. Su questo punto, il personaggio di Sara Castelli è perfetto. Una ragazza apparentemente fragile, ma con una volontà di ferro. Non sfigura se messa a confronto con Achille Pié Veloce o Ged l'Arcimago.


- Personaggi principali della storia - non tantissimi, ma comunque una sfida per lo scrittore/la scrittrice. Qui, Chiaia li gestisce tutti in modo magistrale, l'unico che viene fuori un po' legnoso a momenti e l'anziano ecologista Umberto Cella.

  1. Sara Castelli
  2. Veronica Castelli
  3. Laura
  4. Alison
  5. Giampietro
  6. Tell
  7. Valerio Rovati
  8. Fabrizia
  9. Federico   
  10. Concetta De Nittis
  11. Umberto Cella
                                                                                                                                                                                                                                                                     

domenica 12 marzo 2017

Una narrativa per domani


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Ci siamo smarriti

Per visitare una città od una regione sconosciuta abbiamo bisogno di una mappa.   Se non l’abbiamo, o se non corrisponde a ciò che troviamo, siamo giustamente in ansia.   In molti casi, la faccenda può prendere una piega decisamente pericolosa.

Per esplorare con serenità il futuro immediato, cioè le cose che ci capitano di giorno in giorno, abbiamo ugualmente bisogno di una mappa.   Cioè di un sistema organico e coerente di idee che descrivono come è fatto il mondo e come funziona.

Di fatto oggi ci troviamo perduti in un deserto narrativo.   La fede nel progresso vacilla sempre di più sotto i colpi della realtà, ma le uniche alternative che finora si vedono sull’orizzonte sono perfino peggio. Spaziano infatti da reinvenzioni più o meno feroci di religioni tradizionali, a rigurgiti di ideologie che già hanno devastato il mondo.   In tutti i casi abbiamo un elemento comune: il focus è sulla brama di vendetta, piuttosto che sulle cose da fare per mitigare gli effetti nefasti dello scontro con i Limiti dello  Crescita globale.   Insomma, ciò che per ora emerge sono idee che hanno l’effetto di peggiorare ulteriormente i danni già fatti dal mito del progresso.   E non si tratta di una affermazione gratuita, abbiamo il riscontro sperimentale.  Per esempio in parecchi paesi arabi, dove al venire al pettine di nodi maturati nei 50 anni scorsi (crescita demografica, esaurimento delle risorse, degrado ambientale, pessimi governi, peggioramento del clima, erosione, ecc.) una percentuale sufficiente di persone ha risposto con un equivalente prosaico del biblico “Muoia Sansone con tutti i Filistei” ed i risultati sono nelle cronache internazionali.

Ciò è doloroso, ma tutt’altro che strano.  Strano, casomai, è che dopo decenni che si parla di queste cose, ancora non si veda sull’orizzonte un mito fondante capace di sostituire quello morente in modo efficace e funzionale.   Insomma, una narrativa alternativa a quella del progresso abbastanza potente da indurre una fetta consistente di umanità a reagire alle difficoltà crescenti in modo costruttivo anziché distruttivo.

Alcuni tentativi, a dire il vero ci sono stati.   Fra gli altri, possiamo ricordare la cosiddetta “ecologia profonda” (primi anni ’70) che si basava su di una sintesi fra dati scientifici e sentimenti potenti.   In parte mediati dal romanticismo europeo ed in parte da culture arcaiche.   Ma si tratta di fenomeni di ultra-nicchia, del tutto incapaci di influenzare l’evoluzione della cultura popolare.

Forse il fallimento di questo ed altri tentativi simili è dipeso proprio dal fatto che la distanza fra la mitologia proposta e quella corrente era troppo grande.   Del resto, se diamo uno sguardo al passato, le nuove religioni hanno spesso impiegato secoli per affermarsi, specialmente quando non potevano contare su di un’indiscussa superiorità militare ed una precisa volontà di conversione massiccia dei vinti.

Forse l’esempio che ci riguarda più da vicino è quello del Cristianesimo.   Nato in Palestina come riforma radicale dell’ebraismo di allora, per oltre due secoli è rimasto un fenomeno marginale nel panorama culturale dell’Impero Romano, prima di diventare oggetto di persecuzioni e quindi religione di stato.  Dunque un lungo periodo in cui si è evoluto, assorbendo e riadattando buona parte del patrimonio culturale della civiltà romana.

L’odierna mitologia del progresso, in entrambi i suoi filoni principali, quello socialista e quello capitalista, è nata nel grembo del cristianesimo e ne ha ereditato alcuni degli elementi fondanti come l’attesa messianica per una “fine dei tempi” trionfale ed una visione lineare della storia.   Anzi, è stato proprio questo retaggio che ha permesso alla nuova fede di stratificarsi sopra i culti precedenti, spesso senza neppure il bisogno di sostituirli formalmente.

Due esempi 

Dunque, tornando a noi, adesso che la resa dei conti è cominciata e si protrarrà per almeno un paio di secoli, abbiamo assoluto ed urgentissimo bisogno di una narrativa che ci aiuti, anziché aggiungere danno al malanno.   Ma non può essere troppo diversa da quella finora corrente, altrimenti non sarà accettata, come già è accaduto al citato tentativo della “Deep Ecology” e ad altri simili.
Senza volermi inventare teologo, mi pare che abbiamo sottomano diverse opzioni, potenzialmente idonee alla bisogna.   In Europa, ne abbiamo almeno due profondamente radicate nella nostra tradizione.   Più altre di non recente importazione, parimenti promettenti.

La prima è proprio il Cristianesimo.   E’ vero che, almeno nella variante cattolica, contiene nella sua struttura alcuni elementi estremamente problematici, primo fra tutti il rifiuto dogmatico della sovrappopolazione come dato di fatto e, quindi, di tutte le conseguenze relative.    Tuttavia il Cristianesimo contiene anche elementi preziosi per il contesto qui in discussione.   In particolare, mi riferisco alla mistica del peccato-penitenza-redenzione.

Passata in secondo piano nei decenni in cui il “progressismo” dominava il pensiero anche dei cristiani, e mal vista da molti fedeli, proprio questa mistica credo sia invece un punto molto qualificante per il futuro.   Negli anni a venire, quasi tutti noi ci dovremo rassegnare ad essere più poveri, a morire prima del previsto, a combattere per difenderci e molto altro ancora.   Un’insieme di cose dolorose che saremo in grado di tollerare senza il rischio di impazzire solo se saremo in grado di vedervi un significato ed una speranza.   Esattamente ciò che ci può dare la mistica dell’espiazione.

Fra l’altro, il concetto che nuocere alla Biosfera possa essere peccaminoso traspare già nell’enciclica “laudato si”; è un buon inizio.   Essere in grado di interpretare le calamità che attraverseremo come un cammino di redenzione potrebbe aiutarci molto e, quindi, anche facilitare l’elaborazione di stili di vita e modelli mentali in equilibrio dinamico con ciò che resta della Biosfera.   Qualcosa che potrebbe facilitare l’effettivo raggiungimento di un “nuovo mondo” assai più scomodo dell’attuale, ma migliore di quello che altrimenti rischia di essere.   Non bisogna sottovalutare la potenza del mito nel modellare la realtà.

La seconda mitologia cui sto pensando è proprio una variante del mito progressista: il socialismo.   Anche se alcuni dei suoi elementi basilari sono derivati dal cristianesimo, la sua narrativa è diversa su molti punti fondamentali, a cominciare dal fatto di essere una fede atea.  Praticabile quindi per quanti rifiutano l’ipotesi dell’esistenza di una o più divinità.  Nato nel cuore della rivoluzione industriale europea come alternativa ai movimenti populisti, si è dimostrato molto meno efficiente del capitalismo nel gestire la fase di crescita della civiltà industriale.  I Paesi socialisti hanno tutti consumato altrettanto o più dei quelli capitalisti, assicurando però alla gente un tenore di vita assai inferiore ed un grado di libertà molto più ridotto.

Tuttavia, il mito socialista contiene alcuni elementi che, se non hanno funzionato in fase crescente, potrebbero invece essere molto funzionali in fase di decrescita. In particolare, l’enfasi posta sul primato della comunità sull’individuo che può essere un formidabile strumento di coercizione, ma che può anche essere un altrettanto formidabile strumento per rendere accettabili sacrifici inevitabili.   Parimenti l’egualitarismo.   Ad esempio, è probabilmente vero quel che dicono gli economisti: che tagliare i redditi dei pochissimi super-ricchi non avrebbe un impatto sensibile sui bilanci statali in dissesto.   Ma è altrettanto vero che un simile taglio avrebbe invece un’importanza politica immensa, in quanto renderebbe la maggioranza della gente molto più disponibile ad accettare a sua volta tagli dolorosi.

Esistono anche altre narrative già ampiamente diffuse che potrebbero fornirci il supporto necessario, ma ci sono dei limiti di spazio da rispettare.

Una narrativa per il domani

In conclusione, penso che l’eredità culturale recente ci metta a disposizione parecchi modelli mentali adattabili all’estremo bisogno in cui siamo adesso.   Per limitarsi ai due esempi citati, il Cristianesimo, a condizione che riesca a superare il tabu sulla sovrappopolazione, ed il socialismo, a condizione che riesca a sopravvivere alla fine del progresso. Due cose forse possibili, ma estremamente difficili.

Per quanto riguarda il Cristianesimo, rispetto al tabu natalista ci sono delle differenze fra le varie chiese. In particolare, quella Cattolica ne discusse ampiamente durante il Concilio Vaticano II su istanza dei vescovi asiatici che premevano per un’apertura formale alla contraccezione. Ma fu deciso di non farne di nulla, principalmente per non mettere a repentaglio il dogma dell’Infallibilità del Papa. Ci sono tuttavia anche altri fattori più profondi.   Fra gli altri, accettare formalmente la contraccezione richiederebbe di elaborare un diverso rapporto spirituale con la sessualità e con gli istinti vitali dell’uomo. Per non parlare di altri tabu oggi anche più rilevanti nell’Europa odierna. In particolare, quello sull’accanimento terapeutico e la morte che avrà pesantissime ricadute sociali ed economiche nella lunga fase di necessario decremento demografico.

Per quanto riguarda il socialismo, rinunciare all’utopia del progresso significherebbe mettere in discussione il fondamento stesso dell’intera ideologia. Un’operazione che rischierebbe di annientare il poco che ne resta, ma che potrebbe anche farne una vera scialuppa di salvataggio mentale per molti.  In fondo, il socialismo reale non lo ha inventato Carlo Marx.   In un qualunque esercito moderno ci sono ruoli chiari e disciplina ferrea, ma il generale non è il padrone dei panzer ed è un servitore dello Stato esattamente come i suoi soldati.
 Il suo rango è reso riconoscibile da simboli che gli conferiscono grande prestigio sociale, mentre il suo stipendio può anche essere modesto.
La prima cosa che insegnano alla scuola ufficiali è che, se vuoi avere la fiducia dei tuoi uomini, devi fargli capire che ci tieni a loro, anche quando gli ordini di andare a morire.   Ci sono metodi consolidati per farlo e funzionano. Spesso costano la vita agli ufficiali, la cui mortalità è percentualmente sempre più alta di quella della truppa, ma è così che funziona.

In ultima analisi, quando una società è in crisi profonda, il modo spesso più efficace di gestire la situazione è proprio quello militare: gente ordinata e disciplinata, razionamento del necessario, eliminazione del superfluo, estrema solidarietà interna al gruppo.  Parimenti forte aggressività verso chi costituisce una minaccia, anche solo potenziale.  E’ così che funzionano i reparti al fronte ed è di qualcosa del genere che, temo, avremo presto bisogno.

Insomma, ci sono delle alternative sia allo stare seduti a frignare sui bei tempi andati, sia al consegnarci legati mani e piedi a dei dittatori in erba. Ce la faremo a praticarle?



giovedì 21 gennaio 2016

Non possiamo più fare niente.


Intervista rilasciata da Dennis Meadows  a Rainer
Himmelfreundpointer pubblicata dalla rivista Format il 6 marzo 2013.

40 anni fa uscì uno dei libri più importanti del XX secolo: "I limiti della crescita", patrocinato dal Club di Roma.   Nel libro non si previde la data del collasso della nostra civiltà, ma i 30 ricercatori coordinati dai coniugi Medaows dimostrarono che la crescita demografica e la crescita economica avrebbero condotto l'umanità al disastro qualunque fosse risultata essere la disponibilità di risorse.   Solo una rapida stabilizzazione della popolazione mondiale molto vicino ai tre miliardi di allora ed il passaggio ad un'economia stazionaria avrebbero potuto evitare la catastrofe.    Uno degli scenari pubblicati era definito "business as usual", vale a dire cose probabilmente sarebbe accaduto se niente fosse cambiato nell'impostazione politico-economica globale.
In realtà, da allora, molte cose sono cambiate, ma la verifica di questo scenario sulla base dei dati reali ne ha confermato la validità con un grado di affidabilità stupefacente.

FORMAT: Signor Meadows, secondo il Club di Roma, stiamo adesso fronteggiando una crisi legata alla disoccupazione, una crisi da carenza di cibo, una crisi economica e finanziaria globale ed una crisi ecologica globale. Ognuno di queste è un segnale che qualcosa sta andando per il verso sbagliato. Cosa esattamente?

MEADOWS: Quello che sottolineavamo nel 1972 ne "I limiti della crescita"- e che è tutt'ora valido- è il semplice fatto che non è possibile una crescita fisica infinita in un pianeta finito. Arrivati ad un certo punto la crescita si ferma.  O la fermiamo noi, cambiando i nostri comportamenti, oppure sarà il pianeta a fermarla. 40 anni dopo, ci dispiace dirlo, non è stato ancora fatto niente.

FORMAT: Nei vostri 13 scenari la fine della crescita fisica - cioè dell'aumento della popolazione mondiale, della produzione di cibo e di qualsiasi altra cosa venga prodotta o consumata - inizia tra il 2010 ed il 2050.  La crisi finanziaria è parte di tutto ciò?

MEADOWS: Non sono situazioni paragonabili. Supponiamo di avere il cancro e che questo cancro causi febbre, mal di testa ed altri dolori. Non sono questi il problema reale, è il cancro il problema! Comunque, proviamo a curarne i sintomi. Nessuno spera di sconfiggere il cancro con quelle cure. I fenomeni come il cambiamento climatico o le carestie sono semplicemente sintomi della malattia di questo pianeta, il che ci riporta inevitabilmente alla fine della crescita.

FORMAT: Il cancro come metafora della crescita incontrollata?

MEADOWS: Sì. Le cellule sane ad un certo punto smettono di crescere. Le cellule cancerose proliferano finché non uccidono l'organismo. La popolazione e la crescita economica si comportano nello stesso modo. Ci sono solo due modi di ridurre la crescita dell'umanità: ridurre il tasso delle nascite od aumentare quello delle morti. Quale preferisci?

FORMAT: Nessuno vorrebbe dover scegliere.

MEADOWS: Neanch'io. In ogni caso abbiamo perso l'opportunità di scegliere. Lo farà il pianeta.

FORMAT: Come?

MEADOWS: Consideriamo il cibo. Facciamo i conti, valutiamo la quantità di cibo pro capite a partire dagli anni '90. La produzione cresce, ma la popolazione cresce più rapidamente. Dietro ad ogni caloria di cibo che arriva sul piatto, ci sono dieci calorie di combustibili fossili utilizzate per produrlo, trasportarlo, immagazzinarlo, prepararlo e servirlo. Più diminuiscono le scorte di combustibili, più cresce il prezzo del cibo.

FORMAT: Dunque non è solo un problema distributivo?

MEADOWS: Certamente no. Se condividessimo tutto equamente, nessuno soffrirebbe la fame. Ma resta il fatto che abbiamo bisogno di fonti fossili come petrolio, gas o carbone per produrre cibo. E queste fonti si stanno esaurendo.  Nonostante vengano sfruttate nuove fonti come il gas o il petrolio da scisto, i picchi di petrolio e gas sono già superati. Questo pone una tremenda pressione sull'intero
sistema.

FORMAT: Secondo i vostri modelli sulla popolazione, nel 2050 saremmo all'incirca 9,5 miliardi, nonostante una stagnazione della produzione di cibo per i prossimi 30-40 anni.

MEADOWS: E questo significa che ci sarà una gran massa di persone povere.  Certamente più di metà dell'umanità. Oggi non possiamo nutrire a sufficienza una larga parte della popolazione mondiale. Tutte le risorse che conosciamo stanno calando. Ci si può immaginare dove porterà questa situazione. Ci sono troppi "se" nel futuro: "se" la gente diventerà più intelligente, "se" non ci saranno guerre, "se" faremo progressi tecnologici.
Siamo già al punto in cui non riusciamo a risolvere i problemi attuali, come potremo farcela tra 50 anni quando saranno più gravi?

FORMAT: E’ colpa del nostro modo di fare affari?

MEADOWS: Il nostro sistema economico e finanziario non è solo un mezzo per ottenere qualcosa. E' uno strumento che abbiamo sviluppato e che riflette i nostri scopi e valori. La gente non si preoccupa del futuro, ma solo dei problemi contingenti. E' per questo che abbiamo una crisi del debito così grave. Creare debito è l'opposto del preoccuparsi per il futuro.   Chiunque prenda un debito dice: non mi preoccupo di quello che avverrà. Quando per troppa gente il futuro non conta, si crea un sistema economico e finanziario che distrugge il futuro.  Puoi far pressione su questo sistema quanto vuoi ma finché non cambieranno i valori della gente, si andrà avanti nello stesso modo. Se dai un martello a qualcuno e questo lo utilizza per uccidere il suo vicino, non serve a niente cambiare il martello. Persino se gli riprendi il martello, quello rimane un potenziale assassino.

FORMAT: I sistemi che organizzano le modalità di coesistenza delle persone vanno e vengono.

MEADOWS: Ma l'uomo rimane lo stesso. Negli Stati Uniti, abbiamo un sistema nel quale è giusto che pochi siano immensamente ricchi e molti siano terribilmente poveri, fino alla fame. Se riteniamo che ciò sia accettabile, è difficile cambiare il sistema. I valori dominanti sono sempre gli stessi. Questi valori si riflettono enormemente nei cambiamenti climatici. A chi interessano?

FORMAT: All'Europa?

MEADOWS: Cina, Svezia, Germania, Russia e Stati Uniti hanno sistemi sociali differenti ma in ognuna di queste nazioni aumenta l'emissione di CO2, perché in realtà alla gente non importa. Il 2011 è stato l'anno record (l'intervista è del 2012, n.d.t.): lo scorso anno è stata prodotta più anidride
carbonica che nell'intera storia umana precedente, nonostante che si voglia che la produzione diminuisca.

FORMAT: Cos'è che va per il verso sbagliato?

MEADOWS: Scordatevi i dettagli. La formula base dell'inquinamento da CO2 è composta da quatto elementi. Primo: il numero di persone sulla Terra. Queste devono essere moltiplicate per i beni pro capite, ovvero quante automobili, case e mucche esistono a persona, ed abbiamo così lo "standard" di vita sulla Terra.    Questo va poi moltiplicato per il fattore d’energia consumata per unità di capitale,
per esempio quanta energia necessaria per produrre automobili, costruire case e per rifornire e nutrire le mucche. Ed infine, il tutto va moltiplicato per l'ammontare d’energia derivata da fonti fossili.

FORMAT: Approssimativamente tra l'80 e il 90%.

MEADOWS: Approssimativamente. Se vuoi che il carico di CO2 cali, l'intero risultato di questa moltiplicazione deve calare. Ma noi cosa facciamo?   Proviamo a ridurre la quantità d’energia fossile usando maggiormente fonti alternative come vento e sole. E lavoriamo per rendere più efficiente l'utilizzo d’energia, isolando meglio le case, rendendo i motori più efficienti e tutto il resto. Lavoriamo solo sugli aspetti tecnici ma trascuriamo del tutto il fattore relativo alla popolazione
e crediamo che il nostro standard di vita migliorerà o almeno rimarrà invariato. Ignoriamo la popolazione e gli elementi sociali dell'equazione, e ci focalizziamo totalmente sulla soluzione degli aspetti tecnici del problema. Falliremo, perché la crescita della popolazione e gli standard di vita sono molto più rilevanti di tutto quanto possiamo risparmiare con una migliore efficienza o con le energie alternative. Pertanto, le emissioni di CO2 continueranno a salire. Non ci sarà soluzione al problema dei cambiamenti climatici se non affronteremo i fattori sociali che ne sono alla base.

FORMAT: Vuoi dire che la Terra risolverà la situazione di propria iniziativa?

MEADOWS: I disastri sono il metodo del pianeta per risolvere i problemi. A causa del cambiamento climatico, i livelli del mare cresceranno perché si stanno sciogliendo i ghiacci polari. Specie dannose si diffonderanno in aree dove non hanno nemici naturali a sufficienza. L'aumento della temperatura comporta l'aumento di venti forti e tempeste, che a loro volta influenzano le precipitazioni: avremo più alluvioni e più siccità.

FORMAT: Per esempio?

MEADOWS: La terra dove ora è coltivato il 60% del frumento cinese, sarà troppo secca per l'agricoltura. Nello stesso momento, pioverà, ma in Siberia, e la terra sarà più fertile lì. Dunque ci sarà una grande migrazione dalla Cina alla Siberia. Quante volte l'ho già detto alla gente nelle mie conferenze in Russia! I più anziani sono interessati ma la élite giovane ha semplicemente detto "Che m’importa? Voglio soltanto esser ricco."

FORMAT: Cosa fare?

MEADOWS: Se solo lo sapessi... Entriamo in un periodo che richiede enormi cambiamenti praticamente in tutto. Sfortunatamente, cambiare le nostre società o i sistemi di governo non è un processo rapido. Il sistema attuale non funziona comunque. Non ferma i cambiamenti climatici né previene le crisi finanziarie. I governi provano a risolvere i loro problemi stampando moneta, il che
quasi certamente porterà entro qualche anno ad un elevato tasso d’inflazione. E' una fase molto pericolosa. So soltanto che la gente, soprattutto in periodi di incertezza, se deve scegliere tra libertà ed ordine, sceglie l'ordine. L'ordine non significa necessariamente giustizia o rispetto della legge, ma vita ragionevolmente sicura e treni in orario.

FORMAT: Hai paura della fine della democrazia?

MEADOWS: Vedo due trend. Da una parte, lo smembramento degli stati in unità più piccole, ad esempio in regioni come la Catalogna.  Da un'altra parte la creazione di un superpotere forte e centralizzato. Non uno stato ma una combinazione fascistoide di industria, polizia e militari. Forse in futuro avremo persino le due soluzioni in contemporanea. La democrazia è in effetti un esperimento socio-politico molto giovane. Ed attualmente non esiste. Produce soltanto crisi che non è in grado di risolvere. La democrazia non contribuisce attualmente alla nostra sopravvivenza. Il sistema collasserà dall'interno, non a causa di un nemico esterno.

FORMAT: Stai parlando del "Dramma dei beni comuni"

MEADOWS: E' il problema fondamentale. Se in un villaggio chiunque può pascolare il suo gregge su un prato rigoglioso (aperto a tutti, N.d.T.) - chiamato in inglese arcaico "Commons" - entro poco tempo ne beneficeranno soprattutto quelli che scelgono di avere più bestiame. Ma se si va avanti in quel modo troppo a lungo, l'erba finisce e con quella tutto il bestiame.

FORMAT: Dunque si deve arrivare ad un accordo, per utilizzare al meglio il prato.   Questo potrebbe rappresentare il lato migliore della democrazia.

MEADOWS: Forse. Se il sistema democratico non riesce a risolvere il problema su scala globale, probabilmente potrebbe provarci una dittatura. Dopotutto, si tratta di questioni come il controllo della popolazione globale. Siamo da 300.000 anni sul pianeta e ci siamo organizzati in molti modi differenti. Quelli di maggior successo e più efficaci sono stati i sistemi tribali o di clan, non le dittature o le democrazie.

FORMAT: Un importante passo avanti tecnologico potrebbe salvare la Terra?

MEADOWS: Sì. Ma le tecnologie hanno bisogno di leggi, vendite, addestramento, persone che ci lavorano - vale quello che ho già detto poco fa.  Soprattutto, la tecnologia è solo un attrezzo come un martello o come il sistema finanziario neoliberista. Se i nostri valori sono sempre gli stessi, continueremo a sviluppare tecnologie che li soddisfano.

FORMAT: Tutto il mondo attualmente vede una possibile salvezza in una tecnologia verde e sostenibile.

MEADOWS: E' una fantasia. Anche se ci impegnassimo per aumentare l'efficienza nell'utilizzo dell'energia in modo enorme, ancor più nell'uso di fonti rinnovabili e facessimo grandi sacrifici per limitare i nostri consumi, non avremmo virtualmente possibilità di allungare la vita al nostro sistema attuale. La produzione di petrolio si ridurrà di circa la metà nei prossimi 20 anni, nonostante
lo sfruttamento dell'olio da scisti o da sabbie bituminose. Tutto accade troppo rapidamente. Al di là del fatto si può guadagnare anche di più grazie alle energie alternative. Le turbine eoliche possono funzionare, senza aeroplani.
Il direttore della Banca Mondiale (più recentemente responsabile dell'industria aerea complessiva) mi ha spiegato che il problema del picco del petrolio non è discusso in quell'istituzione, è semplicemente tabù.   Chiunque ci provi in qualche modo o viene licenziato o trasferito. Dopotutto, il picco del petrolio distrugge la fiducia nella crescita. Dovresti cambiare tutto.

FORMAT: Specialmente nelle compagnie aeree dove la quota di combustibili fossili è molto alta.

MEADOWS: Esattamente. E' per questo che l'era del trasporto aereo di massa a basso costo finirà presto. Se lo potranno permettere solo in grandi stati o imperi. Con molti soldi si potrà comprare energia - e causare mancanze di cibo, ma non si può sfuggire al cambiamento climatico, che colpisce i ricchi ed i poveri.

FORMAT: Hai qualche soluzione per queste terribili miserie?

MEADOWS: Dovrebbe cambiare la natura dell'uomo. Siamo tuttora programmati come 10.000 anni fa. Visto che uno dei nostri antenati poteva essere attaccato da una tigre, non si poteva preoccupare del futuro ma solo della propria sopravvivenza. La mia preoccupazione è che, per motivi genetici, non siamo adatti a fare i conti con problemi di lungo termine come i cambiamenti climatici. Fino a
che non impareremo a farlo, non ci sarà modo di risolvere problemi simili. Non c'è niente che possiamo fare. La gente dice sempre: "Dobbiamo salvare il pianeta". No, non dobbiamo. Il pianeta si salverà in ogni modo da solo. L'ha già fatto. Talvolta gli ci vogliono milioni di anni, ma comunque ce la fa. Non dobbiamo preoccuparci del pianeta ma della razza umana.


Articolo già apparso sul n. 7 delle rivista online "Overshoot".