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venerdì 18 novembre 2016

Jay Forrester: l'uomo che ha visto il futuro

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


Jay Wright Forrester (1918-2016) potrebbe essere stato la fonte di ispirazione per Hari Seldon, un personaggio inventato della serie della Fondazione di Isaac Asimov. Nei racconti di Asimov, Seldon sviluppa “le equazioni psicostoriche” che gli permettono di prevedere il collasso imminente dell'Impero Galattico. Nel mondo reale, Forrester ha sviluppato le equazioni della dinamica dei sistemi” che gli hanno permesso di prevedere il collasso imminente della moderna civiltà umana. Le previsioni sono state ignorate dai poteri imperiali di entrambi gli universi, quello della finzione e quello reale. 

Jay Forrester, una delle grandi menti del XX secolo, è morto a 98 anni qualche giorno fa. La sua carriera è stata lunga e fruttuosa e possiamo dire che il suo lavoro ha cambiato la storia intelletuale dell'umanità in diversi modi, in particolare per il ruolo che ha avuto nella nascita del rapporto al Club di Roma “I limiti dello sviluppo”.

Nel 1969, Forrester era un membro della facoltà del MIT quando ha incontrato Aurelio Peccei in Italia. A quel tempo, Peccei aveva già fondato il Club di Roma, i cui membri erano preoccupati dai limiti delle risorse naturali che la terra poteva fornire. Stavano cercando di capire quali conseguenze ci sarebbero per l'umanità. Da quello che scriveva Peccei, sembrava chiaro che vedesse la situazione in gran parte in termini malthusiani, pensando che la popolazione umana sarebbe cresciuta fino al raggiungimento dei limiti delle risorse e poi sarebbe rimasta lì, tenuta sotto controllo da carestie ed epidemie. La principale preoccupazione di Peccei e del Club di Roma  era quella di evitare la sofferenza umana assicurando una distribuzione equa di quello che c'era a disposizione.

venerdì 13 maggio 2016

Collasso, collasso, collasso!!!!

Da “Counterpunch”. Traduzione di MR

1 aprile 2016 [ma purtroppo non è un pesce d'Aprile in ritardo...]

Di Pete Dolack

Gli scienziati del clima ed altri negli ultimi anni hanno pubblicato un flusso costante di analisi che mostrano che, senza azioni immediate per rimediare, abbiamo sul nostro cammino un futuro disastroso. Uno studio di 40 anni fa si dimostrerà preveggente?

Quello studio, pubblicato nel libro del 1972 “I limiti della crescita”, prevede che la produzione industriale avrebbe declinato all'inizio del XXI secolo, seguita in veloce successione da un aumento dei tassi di morte dovuti alla ridotta disponibilità di servizi e cibo che porterebbe ad un drammatico declino della popolazione mondiale. Ad essere precisi, la produzione industriale pro capite è stata prevista in declino “precipitoso” a partire circa dal 2015.

Bene, eccoci qua. Nonostante anni di stagnazione a seguito della peggiore crisi economica dalla Grande Depressione, le cose non sono andate così male. Perlomeno non ancora. Anche se gli autori originali de “I limiti della crescita”, condotti da Donella Meadows, mettono in guardia dall'attenersi in modo troppo stretto ad un anno specifico, le tendenze reali degli ultimi quattro decenni non sono troppo lontane da quanto era stato previsto dai modelli dello studio. Un recente articolo che esamina lo studio originale del 1972 si sbilancia tanto da dire che le previsioni dello studio sono perfettamente sulla strada della conferma.

giovedì 21 gennaio 2016

Non possiamo più fare niente.


Intervista rilasciata da Dennis Meadows  a Rainer
Himmelfreundpointer pubblicata dalla rivista Format il 6 marzo 2013.

40 anni fa uscì uno dei libri più importanti del XX secolo: "I limiti della crescita", patrocinato dal Club di Roma.   Nel libro non si previde la data del collasso della nostra civiltà, ma i 30 ricercatori coordinati dai coniugi Medaows dimostrarono che la crescita demografica e la crescita economica avrebbero condotto l'umanità al disastro qualunque fosse risultata essere la disponibilità di risorse.   Solo una rapida stabilizzazione della popolazione mondiale molto vicino ai tre miliardi di allora ed il passaggio ad un'economia stazionaria avrebbero potuto evitare la catastrofe.    Uno degli scenari pubblicati era definito "business as usual", vale a dire cose probabilmente sarebbe accaduto se niente fosse cambiato nell'impostazione politico-economica globale.
In realtà, da allora, molte cose sono cambiate, ma la verifica di questo scenario sulla base dei dati reali ne ha confermato la validità con un grado di affidabilità stupefacente.

FORMAT: Signor Meadows, secondo il Club di Roma, stiamo adesso fronteggiando una crisi legata alla disoccupazione, una crisi da carenza di cibo, una crisi economica e finanziaria globale ed una crisi ecologica globale. Ognuno di queste è un segnale che qualcosa sta andando per il verso sbagliato. Cosa esattamente?

MEADOWS: Quello che sottolineavamo nel 1972 ne "I limiti della crescita"- e che è tutt'ora valido- è il semplice fatto che non è possibile una crescita fisica infinita in un pianeta finito. Arrivati ad un certo punto la crescita si ferma.  O la fermiamo noi, cambiando i nostri comportamenti, oppure sarà il pianeta a fermarla. 40 anni dopo, ci dispiace dirlo, non è stato ancora fatto niente.

FORMAT: Nei vostri 13 scenari la fine della crescita fisica - cioè dell'aumento della popolazione mondiale, della produzione di cibo e di qualsiasi altra cosa venga prodotta o consumata - inizia tra il 2010 ed il 2050.  La crisi finanziaria è parte di tutto ciò?

MEADOWS: Non sono situazioni paragonabili. Supponiamo di avere il cancro e che questo cancro causi febbre, mal di testa ed altri dolori. Non sono questi il problema reale, è il cancro il problema! Comunque, proviamo a curarne i sintomi. Nessuno spera di sconfiggere il cancro con quelle cure. I fenomeni come il cambiamento climatico o le carestie sono semplicemente sintomi della malattia di questo pianeta, il che ci riporta inevitabilmente alla fine della crescita.

FORMAT: Il cancro come metafora della crescita incontrollata?

MEADOWS: Sì. Le cellule sane ad un certo punto smettono di crescere. Le cellule cancerose proliferano finché non uccidono l'organismo. La popolazione e la crescita economica si comportano nello stesso modo. Ci sono solo due modi di ridurre la crescita dell'umanità: ridurre il tasso delle nascite od aumentare quello delle morti. Quale preferisci?

FORMAT: Nessuno vorrebbe dover scegliere.

MEADOWS: Neanch'io. In ogni caso abbiamo perso l'opportunità di scegliere. Lo farà il pianeta.

FORMAT: Come?

MEADOWS: Consideriamo il cibo. Facciamo i conti, valutiamo la quantità di cibo pro capite a partire dagli anni '90. La produzione cresce, ma la popolazione cresce più rapidamente. Dietro ad ogni caloria di cibo che arriva sul piatto, ci sono dieci calorie di combustibili fossili utilizzate per produrlo, trasportarlo, immagazzinarlo, prepararlo e servirlo. Più diminuiscono le scorte di combustibili, più cresce il prezzo del cibo.

FORMAT: Dunque non è solo un problema distributivo?

MEADOWS: Certamente no. Se condividessimo tutto equamente, nessuno soffrirebbe la fame. Ma resta il fatto che abbiamo bisogno di fonti fossili come petrolio, gas o carbone per produrre cibo. E queste fonti si stanno esaurendo.  Nonostante vengano sfruttate nuove fonti come il gas o il petrolio da scisto, i picchi di petrolio e gas sono già superati. Questo pone una tremenda pressione sull'intero
sistema.

FORMAT: Secondo i vostri modelli sulla popolazione, nel 2050 saremmo all'incirca 9,5 miliardi, nonostante una stagnazione della produzione di cibo per i prossimi 30-40 anni.

MEADOWS: E questo significa che ci sarà una gran massa di persone povere.  Certamente più di metà dell'umanità. Oggi non possiamo nutrire a sufficienza una larga parte della popolazione mondiale. Tutte le risorse che conosciamo stanno calando. Ci si può immaginare dove porterà questa situazione. Ci sono troppi "se" nel futuro: "se" la gente diventerà più intelligente, "se" non ci saranno guerre, "se" faremo progressi tecnologici.
Siamo già al punto in cui non riusciamo a risolvere i problemi attuali, come potremo farcela tra 50 anni quando saranno più gravi?

FORMAT: E’ colpa del nostro modo di fare affari?

MEADOWS: Il nostro sistema economico e finanziario non è solo un mezzo per ottenere qualcosa. E' uno strumento che abbiamo sviluppato e che riflette i nostri scopi e valori. La gente non si preoccupa del futuro, ma solo dei problemi contingenti. E' per questo che abbiamo una crisi del debito così grave. Creare debito è l'opposto del preoccuparsi per il futuro.   Chiunque prenda un debito dice: non mi preoccupo di quello che avverrà. Quando per troppa gente il futuro non conta, si crea un sistema economico e finanziario che distrugge il futuro.  Puoi far pressione su questo sistema quanto vuoi ma finché non cambieranno i valori della gente, si andrà avanti nello stesso modo. Se dai un martello a qualcuno e questo lo utilizza per uccidere il suo vicino, non serve a niente cambiare il martello. Persino se gli riprendi il martello, quello rimane un potenziale assassino.

FORMAT: I sistemi che organizzano le modalità di coesistenza delle persone vanno e vengono.

MEADOWS: Ma l'uomo rimane lo stesso. Negli Stati Uniti, abbiamo un sistema nel quale è giusto che pochi siano immensamente ricchi e molti siano terribilmente poveri, fino alla fame. Se riteniamo che ciò sia accettabile, è difficile cambiare il sistema. I valori dominanti sono sempre gli stessi. Questi valori si riflettono enormemente nei cambiamenti climatici. A chi interessano?

FORMAT: All'Europa?

MEADOWS: Cina, Svezia, Germania, Russia e Stati Uniti hanno sistemi sociali differenti ma in ognuna di queste nazioni aumenta l'emissione di CO2, perché in realtà alla gente non importa. Il 2011 è stato l'anno record (l'intervista è del 2012, n.d.t.): lo scorso anno è stata prodotta più anidride
carbonica che nell'intera storia umana precedente, nonostante che si voglia che la produzione diminuisca.

FORMAT: Cos'è che va per il verso sbagliato?

MEADOWS: Scordatevi i dettagli. La formula base dell'inquinamento da CO2 è composta da quatto elementi. Primo: il numero di persone sulla Terra. Queste devono essere moltiplicate per i beni pro capite, ovvero quante automobili, case e mucche esistono a persona, ed abbiamo così lo "standard" di vita sulla Terra.    Questo va poi moltiplicato per il fattore d’energia consumata per unità di capitale,
per esempio quanta energia necessaria per produrre automobili, costruire case e per rifornire e nutrire le mucche. Ed infine, il tutto va moltiplicato per l'ammontare d’energia derivata da fonti fossili.

FORMAT: Approssimativamente tra l'80 e il 90%.

MEADOWS: Approssimativamente. Se vuoi che il carico di CO2 cali, l'intero risultato di questa moltiplicazione deve calare. Ma noi cosa facciamo?   Proviamo a ridurre la quantità d’energia fossile usando maggiormente fonti alternative come vento e sole. E lavoriamo per rendere più efficiente l'utilizzo d’energia, isolando meglio le case, rendendo i motori più efficienti e tutto il resto. Lavoriamo solo sugli aspetti tecnici ma trascuriamo del tutto il fattore relativo alla popolazione
e crediamo che il nostro standard di vita migliorerà o almeno rimarrà invariato. Ignoriamo la popolazione e gli elementi sociali dell'equazione, e ci focalizziamo totalmente sulla soluzione degli aspetti tecnici del problema. Falliremo, perché la crescita della popolazione e gli standard di vita sono molto più rilevanti di tutto quanto possiamo risparmiare con una migliore efficienza o con le energie alternative. Pertanto, le emissioni di CO2 continueranno a salire. Non ci sarà soluzione al problema dei cambiamenti climatici se non affronteremo i fattori sociali che ne sono alla base.

FORMAT: Vuoi dire che la Terra risolverà la situazione di propria iniziativa?

MEADOWS: I disastri sono il metodo del pianeta per risolvere i problemi. A causa del cambiamento climatico, i livelli del mare cresceranno perché si stanno sciogliendo i ghiacci polari. Specie dannose si diffonderanno in aree dove non hanno nemici naturali a sufficienza. L'aumento della temperatura comporta l'aumento di venti forti e tempeste, che a loro volta influenzano le precipitazioni: avremo più alluvioni e più siccità.

FORMAT: Per esempio?

MEADOWS: La terra dove ora è coltivato il 60% del frumento cinese, sarà troppo secca per l'agricoltura. Nello stesso momento, pioverà, ma in Siberia, e la terra sarà più fertile lì. Dunque ci sarà una grande migrazione dalla Cina alla Siberia. Quante volte l'ho già detto alla gente nelle mie conferenze in Russia! I più anziani sono interessati ma la élite giovane ha semplicemente detto "Che m’importa? Voglio soltanto esser ricco."

FORMAT: Cosa fare?

MEADOWS: Se solo lo sapessi... Entriamo in un periodo che richiede enormi cambiamenti praticamente in tutto. Sfortunatamente, cambiare le nostre società o i sistemi di governo non è un processo rapido. Il sistema attuale non funziona comunque. Non ferma i cambiamenti climatici né previene le crisi finanziarie. I governi provano a risolvere i loro problemi stampando moneta, il che
quasi certamente porterà entro qualche anno ad un elevato tasso d’inflazione. E' una fase molto pericolosa. So soltanto che la gente, soprattutto in periodi di incertezza, se deve scegliere tra libertà ed ordine, sceglie l'ordine. L'ordine non significa necessariamente giustizia o rispetto della legge, ma vita ragionevolmente sicura e treni in orario.

FORMAT: Hai paura della fine della democrazia?

MEADOWS: Vedo due trend. Da una parte, lo smembramento degli stati in unità più piccole, ad esempio in regioni come la Catalogna.  Da un'altra parte la creazione di un superpotere forte e centralizzato. Non uno stato ma una combinazione fascistoide di industria, polizia e militari. Forse in futuro avremo persino le due soluzioni in contemporanea. La democrazia è in effetti un esperimento socio-politico molto giovane. Ed attualmente non esiste. Produce soltanto crisi che non è in grado di risolvere. La democrazia non contribuisce attualmente alla nostra sopravvivenza. Il sistema collasserà dall'interno, non a causa di un nemico esterno.

FORMAT: Stai parlando del "Dramma dei beni comuni"

MEADOWS: E' il problema fondamentale. Se in un villaggio chiunque può pascolare il suo gregge su un prato rigoglioso (aperto a tutti, N.d.T.) - chiamato in inglese arcaico "Commons" - entro poco tempo ne beneficeranno soprattutto quelli che scelgono di avere più bestiame. Ma se si va avanti in quel modo troppo a lungo, l'erba finisce e con quella tutto il bestiame.

FORMAT: Dunque si deve arrivare ad un accordo, per utilizzare al meglio il prato.   Questo potrebbe rappresentare il lato migliore della democrazia.

MEADOWS: Forse. Se il sistema democratico non riesce a risolvere il problema su scala globale, probabilmente potrebbe provarci una dittatura. Dopotutto, si tratta di questioni come il controllo della popolazione globale. Siamo da 300.000 anni sul pianeta e ci siamo organizzati in molti modi differenti. Quelli di maggior successo e più efficaci sono stati i sistemi tribali o di clan, non le dittature o le democrazie.

FORMAT: Un importante passo avanti tecnologico potrebbe salvare la Terra?

MEADOWS: Sì. Ma le tecnologie hanno bisogno di leggi, vendite, addestramento, persone che ci lavorano - vale quello che ho già detto poco fa.  Soprattutto, la tecnologia è solo un attrezzo come un martello o come il sistema finanziario neoliberista. Se i nostri valori sono sempre gli stessi, continueremo a sviluppare tecnologie che li soddisfano.

FORMAT: Tutto il mondo attualmente vede una possibile salvezza in una tecnologia verde e sostenibile.

MEADOWS: E' una fantasia. Anche se ci impegnassimo per aumentare l'efficienza nell'utilizzo dell'energia in modo enorme, ancor più nell'uso di fonti rinnovabili e facessimo grandi sacrifici per limitare i nostri consumi, non avremmo virtualmente possibilità di allungare la vita al nostro sistema attuale. La produzione di petrolio si ridurrà di circa la metà nei prossimi 20 anni, nonostante
lo sfruttamento dell'olio da scisti o da sabbie bituminose. Tutto accade troppo rapidamente. Al di là del fatto si può guadagnare anche di più grazie alle energie alternative. Le turbine eoliche possono funzionare, senza aeroplani.
Il direttore della Banca Mondiale (più recentemente responsabile dell'industria aerea complessiva) mi ha spiegato che il problema del picco del petrolio non è discusso in quell'istituzione, è semplicemente tabù.   Chiunque ci provi in qualche modo o viene licenziato o trasferito. Dopotutto, il picco del petrolio distrugge la fiducia nella crescita. Dovresti cambiare tutto.

FORMAT: Specialmente nelle compagnie aeree dove la quota di combustibili fossili è molto alta.

MEADOWS: Esattamente. E' per questo che l'era del trasporto aereo di massa a basso costo finirà presto. Se lo potranno permettere solo in grandi stati o imperi. Con molti soldi si potrà comprare energia - e causare mancanze di cibo, ma non si può sfuggire al cambiamento climatico, che colpisce i ricchi ed i poveri.

FORMAT: Hai qualche soluzione per queste terribili miserie?

MEADOWS: Dovrebbe cambiare la natura dell'uomo. Siamo tuttora programmati come 10.000 anni fa. Visto che uno dei nostri antenati poteva essere attaccato da una tigre, non si poteva preoccupare del futuro ma solo della propria sopravvivenza. La mia preoccupazione è che, per motivi genetici, non siamo adatti a fare i conti con problemi di lungo termine come i cambiamenti climatici. Fino a
che non impareremo a farlo, non ci sarà modo di risolvere problemi simili. Non c'è niente che possiamo fare. La gente dice sempre: "Dobbiamo salvare il pianeta". No, non dobbiamo. Il pianeta si salverà in ogni modo da solo. L'ha già fatto. Talvolta gli ci vogliono milioni di anni, ma comunque ce la fa. Non dobbiamo preoccuparci del pianeta ma della razza umana.


Articolo già apparso sul n. 7 delle rivista online "Overshoot". 







mercoledì 23 dicembre 2015

E' il momento di smettere di adorare la crescita economica

Così, tutti i politici che a Parigi hanno celebrato l'accordo della COP21, sono tornati a casa e ora ricominciano a celebrare la necessità della crescita economica. Niente cambia nei loro atteggiamenti, ma l'ecosistema cambia per conto suo e prima o poi presenterà il conto a tutti quanti (U.B.)


Da “The Daly News”. Traduzione di MR (via Donella Meadows Institute)

Di Brent Blackwelder

Esistono dei limiti fisici alla crescita su un pianete finito. Nel 1972 il Club di Roma ha pubblicato il suo rivoluzionario rapporto – i Limiti della Crescita (dodici milioni di copie in 37 lingue). Gli autori hanno previsto che circa intorno il 2030 il nostro pianete avrebbe percepito una grave compressione delle risorse naturali; ed hanno colto nel segno.

Nel 2009, lo Stockholm Resilience Center ha introdotto il concetto di limiti planetari per aiutare l'opinione pubblica a visualizzare la natura delle sfide poste dai limiti della crescita e dai limiti biologico/fisici. Hanno definito nove limiti critici per l'esistenza umana che, se superati, potrebbero generare cambiamenti ambientali bruschi ed irreversibili.

domenica 20 settembre 2015

La fine annunciata della civiltà

Da “bastamag.net” Traduzione di MR (via Luca Pardi)

Di Ivan Du Roy


Dei nove limiti vitali al funzionamento del “sistema Terra”, almeno quattro sono già stati superati dalle nostre società industriali, con il riscaldamento globale, il declino della biodiversità o il tasso insostenibile di deforestazione. Superare questi limiti significa prendersi il rischio che il nostro ambiente e le nostre società reagiscano “in modo improvviso ed imprevedibile”,avvertono Pablo Servigne e Raphaël Stevens nel loro libro “Come tutto può collassare”. Ricordando tutti i dati e gli avvertimenti scientifici sempre più allarmanti, i due autori fanno appello ad uscire dalla negazione. “Essere catastrofisti non significa né essere pessimisti né ottimisti, significa essere lucidi”. Un'intervista.

lunedì 13 luglio 2015

I limiti della crescita e la Grecia: collasso sistemico o finanziario?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


I risultati dello “scenario standard” (o “caso base”) dello studio “I Limiti della Crescita”. Potrebbe essere che il collasso in corso della Grecia sia un sintomo di un collasso più generale che quel modello genera per i primi due decenni del XXI secolo?


Dunque, siamo giunti ad un punto interessante, inteso nel senso cinese di maledizione. E' il punto in cui al popolo greco viene chiesto di scegliere fra la fame e la schiavitù, e questo dovrebbe essere un trionfo della democrazia.

Mentre la tragedia si dipana, le persone prendono posizione, indirizzando la loro rabbia impotente verso questo o quell'obbiettivo: l'Euro, i burocrati di Brussels, il governo greco, Tsipras, una qualche cospirazione internazionale e persino Putin, il solito spauracchio di qualsiasi cosa.

Ma potrebbe essere che tutto il circo finanziario che stiamo vedendo danzare dentro e intorno alla Grecia sia solo l'effetto di cause molto più profonde? L'effetto di qualcosa che rosicchia i fondamenti stessi non solo della Grecia, ma di tutto il mondo occidentale?

Facciamo un passo indietro e diamo un'occhiata allo studio del 1972 intitolato “I Limiti della Crescita” (LTG). Guardate lo scenario “caso base”, quello che ha usato in ingresso i dati che sembravano i più affidabili in quel periodo. Eccolo, nella versione del 2004 dello studio, con dati in ingresso aggiornati.


Nonostante tutte le critiche ricevute da LTG negli anni, la sua solidità è stata ripetutamente dimostrata, per esempio in “The Limits to Growth Revisited”. I calcoli di LTG erano basati su diverse ipotesi, quella principale era che i costi in aumento risultanti dal graduale esaurimento delle risorse naturali del mondo avrebbero portato un peso crescente sul sistema industriale, forzandolo a rallentare la propria crescita e, alla fine, ad iniziare un declino irreversibile.

In generale, i modelli sono più affidabili quando sono molto generici (o “aggregati”). Quindi, per esempio, è una sfida accettata quella di prevedere il clima della Terra fra cento anni, ma solo perché i modelli non fanno alcun tentativo di prevedere il tempo atmosferico di giorni e luoghi specifici. Se vieni colpito da un uragano, puoi dire che questo è il risultato del clima che cambia, ma sai anche che è impossibile prevedere quando e dove colpirà il prossimo uragano.

La stessa cosa vale per il collasso generato dal modello di LTG. E' molto aggregato: può prevedere un collasso generico, ma non può prevedere dove e quando avverranno esattamente dei collassi locali. Ma è probabile che i collassi locali comincino fra le economie più deboli del mondo; regioni con capacità produzione industriale basse e con poche o nessuna risorsa minerale interna. La Grecia, appunto.

Ciò non significa che i fattori finanziari non possano aver accelerato il collasso Greco o avrelo reso peggiore. Ma se la ragione del disastro greco è sistemica, allora nessun trucco finanziario curerà la malattia che non è finanziaria nella sua essenza.

Se lo studio LTG ha ragione e la crisi è generata dai costi di produzione di risorse naturali gradualmente in aumento (e ci sono le prove che questi costi stanno aumentando in tutto il mondo, vedete anche qui), allora il collasso non può essere evitato, al massimo può essere mitigato agendo a livello sistemico. Tramite misure come l'energia rinnovabile, l'efficienza e il riciclo, il sistema può essere aiutato ad affrontare la ridotta disponibilità di risorse. Ma la contrazione economica del sistema è inevitabile. E' un contrazione che chiamiamo collasso finanziario, ma è semplicemente il risultato del sistema che si adatta a risorse di qualità inferiore (leggi più costose).

E se le ragioni del collasso sono sistemiche e non finanziarie, si deve quindi trattare di un fenomeno in progressione che colpirà tutti i paesi vulnerabili, a partire dai paesi mediterranei europei: Spagna, Italia e Portogallo, che potrebbero essere i prossimi.

Si fermerà mai il collasso? Sì, si fermerà quando la dimensione dell'economia mondiale sarà diventata compatibile con la qualità dell'energia che la sostiene (che possiamo misurare in termini di energia di ritorno dall'energia investita – EROEI). Per cui potremmo affrontare una discesa molto lunga e profonda, di fatto, a meno che non riusciamo a re-alimentare l'economia con nuove fonti di energia rinnovabile di qualità energetica comparabile.

Non è impossibile, ma nemmeno economico, e gran parte delle persone dicono che è troppo costoso. Così, il nostro futuro sarà quello che la nostra avidità determinerà. Se non altro, avremo ciò che ci meritiamo.






domenica 8 febbraio 2015

Overshoot

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


I tanti commenti apparsi sul Web sulla morte di William Catton, autore di “Overshoot”, mostrano quanto sia stato profondo l'impatto di questo libro in molti di noi. 

Overshoot” è stato parte di un'ondata di libri e studi degli anni 60 e 70 che ha cercato di fare i conti con le conseguenze dell'inevitabile limitazione delle risorse naturali disponibili per la specie umana. L'iniziatore della tendenza è stato, forse, Garrett Hardin col suo “La tragedia dei beni comuni” del 1968. Ancor prima, nel 1956, Marion King Hubbert aveva proposto il concetto di “picco” della produzione di petrolio, una novità notevole in un campo in cui il termine “esaurimento” era del tutto proibito. Ma Hubbert è rimasto all'interno del paradigma convenzionale, che vedeva la tecnologia come capace di risolvere tutti i problemi e credeva che l'energia nucleare sarebbe venuta in soccorso. Hardin, e più tardi Catton ed altri, invece, hanno visto la radice del problema del comportamento della specie umana: la tendenza a sfruttare eccessivamente le risorse naturali, di usare oggi ciò che dovrebbe essere lasciato per domani. Il messaggio di fondo di Overshoot è che lo sfruttamento eccessivo è una conseguenza fondamentale del modo in cui gli esseri umani si comportano nell'ecosistema. Non è una cosa che possa essere risolta dalla stregoneria tecnologica.

Potremmo paragonare Overshoot ad un altro libro che portava un messaggio simile: “I Limiti dello Sviluppo “ (crescita) del 1972. Concepiti più o meno nello stesso periodo (anche se Overshoot è stato pubblicato solo nel 1980), questi due libri possono essere visti come opposti in termini di strategie comunicative. Overshoot non è mai stato un best seller, né è stato tradotto in qualche altra lingua (eccetto, di recente, in russo e spagnolo). Invece “I Limiti dello Sviluppo” è stato venduto in milioni di copie e tradotto in quasi ogni lingua stampata esistente. Ma, di conseguenza, “I Limiti dello Sviluppo” è stato oggetto di una forte campagna di demonizzazione che ha trasformato in zimbello obbligato chiunque osasse menzionarlo in pubblico. Overshoot, invece, è sfuggito all'attenzione dei poteri forti e non ha mai ricevuto lo stesso trattamento. Così, ha silenziosamente influenzato un'intera generazione di persone che hanno capito le cause fondamentali dei nostri problemi (vedete per esempio questo commento di John Michael Greer).

Riesaminato oltre 40 anni dopo la sua concezione, Overshoot appare datato in molti dettagli ma non nel suo messaggio di fondo. La sua forza rimane quella di aver posto così apertamente e chiaramente l'essenza del problema: gli esseri umani sono parte dell'ecosistema e tendono a comportarsi di conseguenza. Cercano di espandere il più possibile e ad appropriarsi di quante più risorse possono. E' normale: stiamo gradualmente scoprendo come le leggi della fisica e della biologia si applicano all'economia (Hardin, dopo tutto, era un biologo). Sfortunatamente, se gli esseri umani si comportano semplicemente come una delle specie dell'ecosistema, tendono ad appropriarsi di quante più risorse possono e il più rapidamente possibile. Quindi, il risultato è che il fenomeno chiamato overshoot (superamento), con la sofferenza distruzione e disastri assortiti associati, perlomeno per quel sottosistema dell'ecosistema che chiamiamo “specie umana”. Lo possiamo evitare? Finora, non sembra sia così: ci rifiutiamo persino di riconoscere che esista il problema.

D'altronde, se l'overshoot è parte del modo in cui funzionano gli ecosistemi, lo dobbiamo accettare, a prescindere da quanto possano essere negative le conseguenze, almeno dal nostro punto di vista di esseri umani. Una delle regole dell'ecosistema è che perché nasca qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio deve morire. E' così che l'ecosistema ha funzionato per miliardi di anni. Continuerà a funzionare allo stesso modo in futuro, con o senza gli esseri umani.



mercoledì 12 novembre 2014

Paul Krugman e la Tartaruga. Perché i Limiti della Crescita sono reali

DaCommmon Dreams”. Traduzione di MR


Nel mondo astratto della filosofia, Achille non può mai superare la tartaruga; nel mondo reale non è così. (Fermo immagine: OpenEdu video)

Di Ugo Bardi

Uno dei paradossi di Zenone più famosi dice che Achille non sarà mai in grado di superare la tartaruga che ha davanti, a prescindere da quanto corre velocemente. Perché. Perché Achille prima deve raggiungere il punto da cui la tartaruga è partita, il che significa che la tartaruga è sempre davanti. E' una buona illustrazione di quanto sia facile costruire teorie astratte che hanno poco a che fare con la realtà.

Paul Krugman sembra aver creato un paradosso simile in un recente articolo sul New York Times (“Rallentamento della velocità e Limiti della Crescita”) in cui lo espone per dimostrare che il prodotto interno lordo mondiale (PIL) può continuare a crescere anche mentre si riduce la produzione di energia. Lo fa per mezzo dell'esempio di “rallentamento della velocità”. Osservando che il consumo di energia delle navi cresce più che linearmente come funzione della velocità, Krugman sostiene che si può sempre risparmiare energia rallentando le navi ed aumentandone il numero. Se il rapporto fra velocità ed energia consumata è, diciamo, al quadrato, allora raddoppiando il numero di navi e dimezzando la loro velocità, si può ridurre l'energia consumata alla metà. Così, è possibile mantenere una costante produzione economica riducendo l'ingresso di energia nel sistema. Quod Erat Demonstrandum? Be', sfortunatamente le cose non sono così semplici.

La storia delle navi rallentate appare sospetta come uno dei paradossi di Zenone, nel senso che si potrebbe continuare all'infinito a raddoppiare le navi e all'infinito a ridurre l'energia consumata – proprio come Achille continua a correre all'infinito senza mai raggiungere la tartaruga. Semplicemente non suona giusto nel mondo reale e, infatti, se si guarda con attenzione nella tesi di Krugman, vediamo che c'è una cosa importante che ha trascurato. Il trucco funziona se – e solo se – il costo delle navi rimane costante mentre se ne aumenta il numero. Ciò è ben lontano dall'essere ovvio.

Una nave mercantile non è solo uno scafo vuoto che riempito di container; servono metalli, ceramica e semiconduttori per la sua elettronica, i suoi motori, il suo sistema di controllo ed altro. Fare più navi significa che devono essere prodotti  ed utilizzati più minerali. Ma i minerali sono risorse limitate, nel senso che i giacimenti a più alta densità dai quali li estraiamo esistono in quantità limitate. Un tentativo esteso di sostituire l'energia col capitale nell'economia mondiale risulterebbe in una grave sollecitazione sull'industria mineraria che sarebbe costretta a produrre a costi elevati da giacimenti a bassa densità. La conseguenza è che i prezzi dei beni minerali salirebbero (questo non è solo in teoria, è esattamente ciò che sta succedendo nel mondo reale, dovuto al graduale esaurimento dei giacimenti ad alta densità). Ma se i prezzi salgono, la domanda viene distrutta e, di conseguenza, il PIL scende, non sale, come sostiene Krugman.

Quindi la tesi di Krugman potrebbe di fatto essere un paradosso nel senso che il tentativo di aumentare il PIL risparmiando energia potrebbe ritorcesi contro, creando l'effetto opposto. Ma perché Krugman (e molti altri) è così preoccupato dell'energia e disinvolto rispetto alle risorse minerali? E' perché si sa che oggi l'energia è ottenuta principalmente da combustibili fossili ed è anche comunemente risaputo che i combustibili fossili esistono in quantità limitate e non sostituibili, che stiamo gradualmente consumando. Così, passare da una risorsa minerale limitata (combustibili fossili) ad altre risorse minerali limitate (metalli ed altre) equivale a spostare meramente il problema da un settore all'altro dell'economia. Il risparmio di energia è una cosa buona, ma non dobbiamo prenderlo come il miracolo che fa continuare la crescita del PIL per sempre. 

L'articolo di Krugman non tratta semplicemente di spostare le risorse da un posto all'altro, ma cerca di demolire il concetto stesso che esistono limiti alla crescita del PIL (vedete anche un suo articolo precedente), per esempio asserendo che Bill Nordhaus (il suo vecchio mentore) aveva efficacemente demolito, quaranta anni fa, il libro sui limiti di Jay Forrester che aveva preceduto il famoso studio del 1972 intitolato “I Limiti dello Sviluppo (Crescita)”. Ahimè, ho paura che non sia così.E' vero che nel 1973, William Nordhaus ha affermato di aver trovato errori fondamentali nel modello di Forrester. Tuttavia, Forrester è stato in grado di mostrare, nella sua replica che Nordhaus aveva semplicemente fatto un errore nell'interpretazione delle equazioni del modello. Nordhaus stesso è sembrato fare un passo indietro rispetto alla sua interpretazione precedente in un articolo sullo stesso tema che ha pubblicato nel 1992, visto che non ha più parlato di questi supposti errori. La storia di questo dibattito è raccontata con qualche dettaglio nel mio libro I Limiti della Crescita Rivisitati (Springer 2012). Tutto ciò non significa che i “Limiti della Crescita” non abbia dei limiti nel suo approccio, ma semplicemente che non può essere liquidato così facilmente, specialmente in considerazione del fatto che sta diventando sempre più chiaro che è stato capace di descrivere correttamente la realtà, fino ad ora. 

Nel regno astratto della filosofia, Achille non può mai superare la tartaruga. Nel mondo reale, non è così. Nel regno astratto dell'economia, il PIL può crescere senza risorse naturali. Nel mondo reale, non è così. Alla fine, dobbiamo diffidare delle teorie astratte e ricordare che il limiti alla crescita sono reali.


Ugo Bardi insegna all'Università di Firenze, Italia. E' un membro del Club di Roma e l'autore di “Extracted, come la ricerca della ricchezza minerale sta saccheggiando il pianeta” (Chelsea Green 2014)

domenica 20 luglio 2014

Ultima Chiamata – Il manifesto

Da “ultimallamadamanifiesto”. Traduzione di MR

Questa è qualcosa di più di una crisi economica e politica: è la crisi della civiltà.

Fra i cittadini europei non è raro credere che il nostro attuale società dei consumi possa (e debba) “progredire” nel futuro. Nel frattempo, la maggioranza degli abitanti del pianeta sognano di raggiungere il nostro stesso livello di comfort materiale. Tuttavia, il nostro livello di produzione e consumo è stato raggiunto al prezzo di esaurire le risorse naturali (energia compresa) e distruggendo l'equilibrio dell'ecosistema terrestre.

Ma queste non sono novità. I ricercatori più lucidi e gli scienziati hanno avvertito, sin dagli anni 70, che se gli esseri umani avessero mantenuto le attuali tendenze di crescita (economica, demografica, di uso delle risorse, di inquinamento e di aumento delle disuguaglianze) , la conseguenza più probabile durante il 21° secolo sarebbe stato il collasso della civiltà.
Oggi ci sono prove crescenti fra le notizie che indicano quanto la via della crescita illimitata sia simile ad un lento genocidio. La fine dell'energia a buon mercato, gli scenari catastrofici del cambiamento climatico e i conflitti geopolitici per le risorse naturali illustrano che gli anni del progresso apparentemente illimitato sono finiti per sempre. Per affrontare questa sfida, il mantra inconsistente dello sviluppo sostenibile non è sufficiente, né lo è scommettere in tecnologie eco-efficienti, né una supposta transizione a qualsiasi “economia verde”. Di fatto, tutte queste versioni dello sviluppo amico nascondono piani per la mercificazione generale delle risorse naturali e dei servizi ecosistemici. La soluzioni tecnologiche che si suppone affrontino le così numerose crisi ambientali, o il declino della produzione di energia, sono insufficienti. Inoltre, la crisi ecologica non è un problema accidentale, ma un problema essenziale, che colpisce molte questioni sociali: cibo, trasporti, industria, urbanizzazione, conflitti militari... Di fatto, riguarda la base della nostra economia e delle nostre vite. Siamo intrappolati nelle dinamiche perverse di una civiltà che non funziona se non cresce, anche se la crescita distrugge le risorse che mantengono la civiltà. La nostra cultura, completamente dipendente dalle soluzioni tecnologiche e di mercato, ha dimenticato che, di fatto, di base siamo parte di un ecosistema interdipendente. La nostra società orientata alla produzione – e al consumo – non può essere sostenuta dal pianeta. Dobbiamo costruire una nuova civiltà in grado di assicurare la dignità di una popolazione umana enorme e in costante crescita (oggi di più di 7,2 miliardi) in un mondo di risorse in diminuzione. Questo sarebbe possibile solo dopo cambiamenti radicali nel nostro stile di vita, nelle forme di produzione, nella progettazione urbana e nell'organizzazione dei territori. Ci serve una società che si concentri sul recupero dell'equilibrio con la biosfera usando la ricerca, la tecnologia, la cultura, l'economia e la politica per progredire verso questo fine. Tuttavia, per fare questo avremo bisogno di tutta l'immaginazione politica, della generosità morale e della creatività tecnica che siamo in grado di mettere in campo. Una tale Grande Trasformazione dovrà affrontare due ostacoli: l'inerzia dello stile di vita capitalistico e gli interessi dei gruppi privilegiati. Tuttavia, per evitare il caos e la barbarie che ne deriverebbero se dovessimo mantenere le nostre attuali tendenze, ci servono sia una rottura dell'attuale sistema politico istituito sia l'istituzione di un'economia i cui obbiettivi siano la soddisfazione dei bisogni sociali all'interno dei limiti imposti dalla biosfera  e non l'accumulo di profitto privato.

Fortunatamente, sempre più persone stanno resistendo alle tentazioni delle élite di far pagare loro le conseguenze della crisi. Oggi, in Spagna, il risveglio della dignità a della democrazia emerso dal movimento 15M (durante la primavera del 2011) sta creando un processo costituente che apre possibilità per altre forme di organizzazione sociale. Tuttavia, è fondamentale che i vari progetti di società alternativa diventino pienamente consapevoli delle implicazioni dei limiti della crescita. Questo è il solo modo in cui sarebbero in grado di progettare proposte valide per un cambiamento sociale durevole. Le crisi economica e politica sono superabili soltanto se si supera la crisi ambientale. In questo senso, le vecchie politiche keynesiane sono ben lungi dall'essere sufficienti. Quelle politiche ci hanno portato, nei decenni che sono seguiti alla Seconda guerra Mondiale, ad un ciclo di espansione che ci ha portati al limite del superamento dei limiti planetari. A questo punto, qualsiasi nuovo ciclo di espansione non è impraticabile: non c'è la base materiale, lo spazio ecologico o le risorse naturali per sostenerlo.

Il 21° secolo sarà decisivo nella storia dell'umanità. Sarà una grande prova per culture, società e persino per la specie nel suo complesso. Sarà una prova che deciderà la nostra continuità sulla Terra e se è appropriato qualificare la futura organizzazione sociale come “umana”. Stiamo affrontando una trasformazione analoga ai grandi eventi storici come la rivoluzione neolitica e la rivoluzione industriale. Ma attenzione: la finestra di opportunità si sta chiudendo. Ci sono certamente molti movimenti sociali nel mondo che perseguono la giustizia ambientale (l'organizzazione Global Witness ha registrato quasi un migliaio di ambientalisti assassinati durante lo scorso decennio, uccisi durante dimostrazioni contro l'estrazione mineraria o i progetti petroliferi o contro le persone che difendono la loro terra e la loro acqua). Ma abbiamo al massimo 5 anni per introdurre un ampio dibattito sui limiti della crescita e per costruire alternative democratiche, ecologiche ed energetiche che siano sia rigorose sia soluzioni praticabili. Dobbiamo essere capaci di convincere le grandi maggioranze disponibili a promuovere un cambiamento nei modelli economici, energetici, sociali e culturali. Non si tratta soltanto di combattere contro le ingiustizie frutto dell'esercizio del dominio e dell'accumulo di ricchezza, stiamo parlando della definizione di un nuovo modello di società che riconosca la realtà, che faccia pace con la natura e renda possibile la buona vita antro i limiti ecologici della Terra.

Una civiltà sta finendo e dobbiamo costruirne una nuova. Fare niente, o troppo poco, ci porterà direttamente al collasso sociale, economico ed ecologico. Ma se cominciamo oggi, possiamo ancora diventare protagonisti di una società che sia unita, democratica e in pace col pianeta.

— Scritto in molte località della Penisola Iberica, nelle Isole Baleari e Canarie, durante l'estate 2014.


Vignetta di El Roto: “La soluzione alla crisi è molto semplice: dobbiamo semplicemente consumare di più per riattivare l'economia e consumare di meno per non rovinare il pianeta”.

lunedì 12 maggio 2014

Ultima chiamata a Urbania

Ciao a tutt*,
breve comunicazione di servizio: se vi troverete nella zona di Urbania (Pesaro - Urbino) il 21 maggio prossimo, potrebbe interessarvi la proiezione del film documentario di Enrico Cerasuolo "Ultima Chiamata".

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Il messaggio del rapporto su “I Limiti dello Sviluppo” è oggi più importante che mai: la Terra è un sistema finito e la crescita economica infinita rischia di portare società e ambiente al collasso.

Oltre 40 anni dopo la pubblicazione del libro, che prevedeva già nel 1972 gli scenari di crisi che stiamo vivendo, la tendenza a prendere decisioni a breve termine condiziona e ritarda ancora la nostra capacità di agire.

Oggi gli autori de “I Limiti dello Sviluppo” ci forniscono uno sguardo diverso sulle ragioni dell'attuale crisi globale, condividendo con noi la loro visione del futuro. C'è ancora tempo per un'ultima chiamata?

Grazie a materiali di repertorio, in parte inediti, e alle voci di oggi dei protagonisti coinvolti nella discussione del libro, con questo documentario il regista Enrico Cerasuolo ci conduce in un racconto coinvolgente, che sottolinea l'urgenza di prendere decisioni che possano salvaguardare il nostro futuro.

Il finale di questa storia non è ancora stato scritto. Scriviamolo insieme.