Da “Counterpunch”. Traduzione di MR
1 aprile 2016 [ma purtroppo non è un pesce d'Aprile in ritardo...]
Di Pete Dolack
Gli scienziati del clima ed altri negli ultimi anni hanno pubblicato un flusso costante di analisi che mostrano che, senza azioni immediate per rimediare, abbiamo sul nostro cammino un futuro disastroso. Uno studio di 40 anni fa si dimostrerà preveggente?
Quello studio, pubblicato nel libro del 1972 “I limiti della crescita”, prevede che la produzione industriale avrebbe declinato all'inizio del XXI secolo, seguita in veloce successione da un aumento dei tassi di morte dovuti alla ridotta disponibilità di servizi e cibo che porterebbe ad un drammatico declino della popolazione mondiale. Ad essere precisi, la produzione industriale pro capite è stata prevista in declino “precipitoso” a partire circa dal 2015.
Bene, eccoci qua. Nonostante anni di stagnazione a seguito della peggiore crisi economica dalla Grande Depressione, le cose non sono andate così male. Perlomeno non ancora. Anche se gli autori originali de “I limiti della crescita”, condotti da Donella Meadows, mettono in guardia dall'attenersi in modo troppo stretto ad un anno specifico, le tendenze reali degli ultimi quattro decenni non sono troppo lontane da quanto era stato previsto dai modelli dello studio. Un recente articolo che esamina lo studio originale del 1972 si sbilancia tanto da dire che le previsioni dello studio sono perfettamente sulla strada della conferma.
L'articolo scientifico, preparato dallo scienziato dell'Università di Melbourne Graham Turner, é intitolato senza ambiguità “Il collasso globale è imminente?” Come potrete indovinare dal titolo, il dottor Turner non è terribilmente ottimista. E' solo l'ultimo ricercatore che suona l'allarme. Proprio il mese scorso, un articolo peer-reviewed di 19 scienziati condotti da James Hansen dimostra che le continue emissioni di gas serra porterà ad un aumento del livello del mare di diversi metri in soli 50 anni, tempeste sempre più potenti e un rapido raffreddamento in Europa. Due altri articoli recenti calcolano che l'umanità ha già prenotato sé stessa per un aumento del livello del mare di sei metri ed un gruppo separato di 18 scienziati ha dimostrato nel suo studio che la Terra sta attraversando molteplici punti di non ritorno. Nel frattempo, i governi si aggrappano all'idea che il “il capitalismo verde” tirerà fuori l'umanità dalla graticola.
Quattro decenni di ‘business as usual’
Perlomeno oggi il riscaldamento globale è riconosciuto, anche se le prescrizioni dei governi del mondo finora sono del tutto inadeguate. Nel 1972, il messaggio de “I limiti della crescita” è stata ben lontano dall'essere il benvenuto ed è stato ampiamente ridicolizzato. Regolando i parametri per verificare diverse possibilità, gli autori hanno provato una dozzina di scenari in un modello globale dell'ambiente e dell'economia ed hanno scoperto che “superamento e collasso” erano inevitabili con il perdurare del 'business as usual', cioè, senza cambiamenti significativi dell'attività economica. Non c'è bisogno di dire che tali cambiamenti non si sono verificati.
Nel modello 'business as usual', il capitale necessario per estrarre risorse più difficili da raggiungere diventa sufficientemente alto che altre necessità di investimento vengono fatte morire di fame nello stesso momento in cui le risorse cominciano ad esaurirsi. La produzione industriale avrebbe iniziato a declinare dal 2015, ma l'inquinamento avrebbe continuato ad aumentare e sarebbero stati disponibili minori input per l'agricoltura, cosa che porterebbe ad un declino della produzione di cibo. Insieme ai declini dei servizi come la sanità e l'educazione dovuti ad insufficienza di capitale, i tassi di morte cominciano ad aumentare nel 2020 e la popolazione mondiale comincerebbe a declinare ad un tasso di circa mezzo miliardo per decennio dal 2030. Secondo il dottor Turner:
Il modello computerizzato World3 ha simulato le interazioni interne e fra in fattore e l'altro di popolazione, capitale industriale, inquinamento, sistemi agricoli e risorse non rinnovabili, impostate per catturare anelli di retroazione positivi e negativi. Il dottor Turner scrive che cambiare i parametri ritarda soltanto il collasso. L'attuale boom del fracking di gas naturale e l'estrazione di prodotti petroliferi dalle sabbie bituminose non sono stati previsti negli anni 70, ma l'espansione di nuove tecnologie per estrarre risorse posticipa il collasso di “un decennio o due”, ma “quando questo si verifica la velocità del declino è persino maggiore”.
Quindi, in che misura dovremmo fidarci di uno studio che ha più di 40 anni? Il dottor Turner asserisce che le misurazioni reali ambientali, economiche e di popolazione degli anni successivi “si allineano fortemente” a ciò che prevedeva il modello de “I limiti della crescita” nella versione “business as usual'. Turner scrive:
Picco del petrolio ed economia difficile
Aumentando i costi dell'energia, i picco globale del petrolio renderà gran parte della riserva rimanente non economica da estrarre. Si tratta di un punto di forza cruciale nello scenario del collasso. E man mano che serve più energia per estrarre risorse che sono più difficili da sfruttare, l'energia netta della produzione continua a cadere. John Michael Greer, una persona che scrive di picco del petrolio, osserva che proprio come serve più energia per produrre un manufatto d'acciaio di quanta ne servisse un secolo fa a causa della minore qualità del minerale di ferro di oggi, serve più energia per produrre l'energia di oggi. L'energia netta della produzione di petrolio sì è ampiamente contratta negli ultimi anni, scrive Greer:
“Il tipo di pozzi poco profondi che hanno costituito l'industria petrolifera statunitense hanno un'energia netta di qualcosa come 200 a 1: in altre parole, meno di un quarto di gallone ogni barile da 42 galloni di petrolio va a pagare il costo energetico dell'estrazione e il resto è puro profitto. … Man mano che si scende di grado verso gli idrocarburi più viscosi, però, questa piacevole equazione viene sostituita da cifre considerevolmente meno geniali. Il vostro barile medio di petrolio da un giacimento petrolifero convenzionale statunitense oggi ha un'energia netta introno a 30 a 1. L'ondata di nuovo petrolio che ha colpito il mercato petrolifero appena in tempo per aiutare ad alimentare l'attuale crisi dei prezzi del petrolio, però, non è arrivata dai pozzi di petrolio a 30 a 1... ciò che ha prodotto l'ondata stavolta è stato un mix di sabbie bituminose e scisti fratturati diraulicamente, che sono molto, molto più in basso nella curva della viscosità...
Sono la disponibilità di energia in declino e la spesa maggiore il punto di non ritorno, sostiene il dottor Turner:
Il nuovo petrolio è petrolio sporco
L'attuale crollo dei prezzi di petrolio e gas non saranno permanenti. La speculazione sul perché l'Arabia Saudita, di gran lunga il più grande esportatore di petrolio al mondo, continui a pompare furiosamente petrolio più che può nonostante il collasso dei prezzi spesso si concentra sulla speculazione secondo cui i costi di pompaggio dei sauditi sono più bassi che altrove e quindi possono sostenere i prezzi bassi tagliando fuori i concorrenti che devono lavorare in rosso a tali prezzi.
Se questo scenario si realizza, alla fine si materializzerà una carenza di petrolio che riporterà su di nuovo il prezzo. Ma l'economia difficile non sarà scomparsa. Tutte le fonti facili di petrolio è da molto che vengono sfruttate. E le fonti del recente boom – sabbie bituminose e fracking – sono dei pesanti contributi al riscaldamento globale, un altro pericolo incombente. La distruzione climatica catastrofica dovuta al riscaldamento globale oggi è compresa di gran lunga meglio che nel 1972 – e ne stiamo già sperimentando gli effetti.
Il dottor Turner, osservando con un eufemismo che questi enormi problemi globali “hanno incontrato una considerevole resistenza da parte di potenti forze sociali”, conclude:
Fa pensare. Ciò che rimane da dire (e, come sempre, non c'è intento di critica nell'osservare che un articolo scientifico non vada al di fuori dei suoi parametri) è perché sia stato fatto così poco per scongiurare una catastrofe globale incombente. Liberi da limitazioni, non è difficile quantificare quelle “potenti forze sociali” come i più grandi industriali e finanzieri del sistema capitalistico mondiale. Finché abbiamo un sistema economico che permette al capitale privato di essere accumulato senza limite in un pianeta finito, e di esternalizzare i costi, in un sistema che richiede crescita infinita, non c'è nessuna prospettiva reale di fare i cambiamenti drastici per scongiurare un futuro molto doloroso.
Solo perché è stato condotto uno studio 40 anni fa non significa che non possiamo imparare da questo, anche con una misura di scetticismo nei riguardi degli scenari di picco del petrolio e rapido collasso. Se andiamo ancora più indietro nel tempo, le parole di Rosa Luxemburg ci perseguitano ancora: socialismo o barbarie.
1 aprile 2016 [ma purtroppo non è un pesce d'Aprile in ritardo...]
Di Pete Dolack
Gli scienziati del clima ed altri negli ultimi anni hanno pubblicato un flusso costante di analisi che mostrano che, senza azioni immediate per rimediare, abbiamo sul nostro cammino un futuro disastroso. Uno studio di 40 anni fa si dimostrerà preveggente?
Quello studio, pubblicato nel libro del 1972 “I limiti della crescita”, prevede che la produzione industriale avrebbe declinato all'inizio del XXI secolo, seguita in veloce successione da un aumento dei tassi di morte dovuti alla ridotta disponibilità di servizi e cibo che porterebbe ad un drammatico declino della popolazione mondiale. Ad essere precisi, la produzione industriale pro capite è stata prevista in declino “precipitoso” a partire circa dal 2015.
Bene, eccoci qua. Nonostante anni di stagnazione a seguito della peggiore crisi economica dalla Grande Depressione, le cose non sono andate così male. Perlomeno non ancora. Anche se gli autori originali de “I limiti della crescita”, condotti da Donella Meadows, mettono in guardia dall'attenersi in modo troppo stretto ad un anno specifico, le tendenze reali degli ultimi quattro decenni non sono troppo lontane da quanto era stato previsto dai modelli dello studio. Un recente articolo che esamina lo studio originale del 1972 si sbilancia tanto da dire che le previsioni dello studio sono perfettamente sulla strada della conferma.
L'articolo scientifico, preparato dallo scienziato dell'Università di Melbourne Graham Turner, é intitolato senza ambiguità “Il collasso globale è imminente?” Come potrete indovinare dal titolo, il dottor Turner non è terribilmente ottimista. E' solo l'ultimo ricercatore che suona l'allarme. Proprio il mese scorso, un articolo peer-reviewed di 19 scienziati condotti da James Hansen dimostra che le continue emissioni di gas serra porterà ad un aumento del livello del mare di diversi metri in soli 50 anni, tempeste sempre più potenti e un rapido raffreddamento in Europa. Due altri articoli recenti calcolano che l'umanità ha già prenotato sé stessa per un aumento del livello del mare di sei metri ed un gruppo separato di 18 scienziati ha dimostrato nel suo studio che la Terra sta attraversando molteplici punti di non ritorno. Nel frattempo, i governi si aggrappano all'idea che il “il capitalismo verde” tirerà fuori l'umanità dalla graticola.
Quattro decenni di ‘business as usual’
Perlomeno oggi il riscaldamento globale è riconosciuto, anche se le prescrizioni dei governi del mondo finora sono del tutto inadeguate. Nel 1972, il messaggio de “I limiti della crescita” è stata ben lontano dall'essere il benvenuto ed è stato ampiamente ridicolizzato. Regolando i parametri per verificare diverse possibilità, gli autori hanno provato una dozzina di scenari in un modello globale dell'ambiente e dell'economia ed hanno scoperto che “superamento e collasso” erano inevitabili con il perdurare del 'business as usual', cioè, senza cambiamenti significativi dell'attività economica. Non c'è bisogno di dire che tali cambiamenti non si sono verificati.
Nel modello 'business as usual', il capitale necessario per estrarre risorse più difficili da raggiungere diventa sufficientemente alto che altre necessità di investimento vengono fatte morire di fame nello stesso momento in cui le risorse cominciano ad esaurirsi. La produzione industriale avrebbe iniziato a declinare dal 2015, ma l'inquinamento avrebbe continuato ad aumentare e sarebbero stati disponibili minori input per l'agricoltura, cosa che porterebbe ad un declino della produzione di cibo. Insieme ai declini dei servizi come la sanità e l'educazione dovuti ad insufficienza di capitale, i tassi di morte cominciano ad aumentare nel 2020 e la popolazione mondiale comincerebbe a declinare ad un tasso di circa mezzo miliardo per decennio dal 2030. Secondo il dottor Turner:
“Il modello World3 ha simulato una riserva di risorse non rinnovabili così come di risorse rinnovabili. La funzione delle risorse rinnovabili in World3, come il terreno agricolo e gli alberi, potevano erodersi in conseguenza dell'attività economica, ma potevano anche recuperare la loro funzione se veniva intrapresa deliberatamente un'azione o veniva ridotta l'attività dannosa. Il tasso di ripresa relativo ai tassi di degrado condiziona il momento in cui vengono superate soglie o limiti così come la dimensione di ogni potenziale collasso”.
Il modello computerizzato World3 ha simulato le interazioni interne e fra in fattore e l'altro di popolazione, capitale industriale, inquinamento, sistemi agricoli e risorse non rinnovabili, impostate per catturare anelli di retroazione positivi e negativi. Il dottor Turner scrive che cambiare i parametri ritarda soltanto il collasso. L'attuale boom del fracking di gas naturale e l'estrazione di prodotti petroliferi dalle sabbie bituminose non sono stati previsti negli anni 70, ma l'espansione di nuove tecnologie per estrarre risorse posticipa il collasso di “un decennio o due”, ma “quando questo si verifica la velocità del declino è persino maggiore”.
Quindi, in che misura dovremmo fidarci di uno studio che ha più di 40 anni? Il dottor Turner asserisce che le misurazioni reali ambientali, economiche e di popolazione degli anni successivi “si allineano fortemente” a ciò che prevedeva il modello de “I limiti della crescita” nella versione “business as usual'. Turner scrive:
“La produzione industriale pro capite osservata illustra un tasso di crescita in rallentamento che è coerente con [lo scenario business as usual] che raggiunge un picco. In questo scenario, la produzione industriale pro capite è ampiamente in linea con lo [scenario business as usual de I limiti della crescita], con la fornitura alimentare che aumenta solo marginalmente più velocemente della popolazione. I tassi di alfabetizzazione mostrano una tendenza alla crescita in saturazione, mentre la generazione di elettricità pro capite... cresce più rapidamente e in migliore accordo con il modello de [I limiti della crescita]".
Picco del petrolio ed economia difficile
Aumentando i costi dell'energia, i picco globale del petrolio renderà gran parte della riserva rimanente non economica da estrarre. Si tratta di un punto di forza cruciale nello scenario del collasso. E man mano che serve più energia per estrarre risorse che sono più difficili da sfruttare, l'energia netta della produzione continua a cadere. John Michael Greer, una persona che scrive di picco del petrolio, osserva che proprio come serve più energia per produrre un manufatto d'acciaio di quanta ne servisse un secolo fa a causa della minore qualità del minerale di ferro di oggi, serve più energia per produrre l'energia di oggi. L'energia netta della produzione di petrolio sì è ampiamente contratta negli ultimi anni, scrive Greer:
“Il tipo di pozzi poco profondi che hanno costituito l'industria petrolifera statunitense hanno un'energia netta di qualcosa come 200 a 1: in altre parole, meno di un quarto di gallone ogni barile da 42 galloni di petrolio va a pagare il costo energetico dell'estrazione e il resto è puro profitto. … Man mano che si scende di grado verso gli idrocarburi più viscosi, però, questa piacevole equazione viene sostituita da cifre considerevolmente meno geniali. Il vostro barile medio di petrolio da un giacimento petrolifero convenzionale statunitense oggi ha un'energia netta introno a 30 a 1. L'ondata di nuovo petrolio che ha colpito il mercato petrolifero appena in tempo per aiutare ad alimentare l'attuale crisi dei prezzi del petrolio, però, non è arrivata dai pozzi di petrolio a 30 a 1... ciò che ha prodotto l'ondata stavolta è stato un mix di sabbie bituminose e scisti fratturati diraulicamente, che sono molto, molto più in basso nella curva della viscosità...
“La vera difficoltà con la viscosità che si ha con le sabbie bituminose e gli scisti fratturati idraulicamente è che bisogna mettere molta più energia per tirare fuori ogni [barile di petrolio equivalente] di energia dal sottosuolo ed in una condizione utilizzabile di quanta se ne deve mettere col petrolio greggio convenzionale. Le cifre esatte sono oggetto di dibattito e tenere conto di ogni input energetico è un processo dannatamente difficile, ma è sicuramente molto meno di 30 a 1 – e le stime credibili pongono l'energia netta di sabbie bituminose e scisti fratturati idraulicamente ben al di sotto ed in cifra singola. Ora chiedetevi questo: da dove viene l'energia che deve essere messa nel processo di estrazione? La risposta, naturalmente, è che viene dalla stessa fornitura globale di energia alla quale le sabbie bituminose e gli scisti fratturati idraulicamente dovrebbero contribuire”.
Sono la disponibilità di energia in declino e la spesa maggiore il punto di non ritorno, sostiene il dottor Turner:
“La ricerca contemporanea sull'energia necessaria per estrarre ed alimentare una unità di energia da petrolio, mostra che gli input sono aumentati di quasi un ordine di grandezza. Non importa quanto sia grande la riserva di risorsa se non può essere stratta abbastanza rapidamente o se altri input scarsi necessari altrove nell'economia vengono consumati nell'estrazione. Gli ottimisti del petrolio e del gas osservano che estrarre combustibili non convenzionali è economico solo al di sopra di un prezzo vicino ai 70 dollari al barile. Riconoscono tranquillamente che l'era del petrolio a buon mercato è finita, apparentemente senza rendersi conto che i combustibili costosi sono un segnale dei limiti dei tassi di estrazione e degli input necessari. Sono questi limiti che portano al collasso nel modello 'business as usual' de“I limiti dello sviluppo”.
Il nuovo petrolio è petrolio sporco
L'attuale crollo dei prezzi di petrolio e gas non saranno permanenti. La speculazione sul perché l'Arabia Saudita, di gran lunga il più grande esportatore di petrolio al mondo, continui a pompare furiosamente petrolio più che può nonostante il collasso dei prezzi spesso si concentra sulla speculazione secondo cui i costi di pompaggio dei sauditi sono più bassi che altrove e quindi possono sostenere i prezzi bassi tagliando fuori i concorrenti che devono lavorare in rosso a tali prezzi.
Se questo scenario si realizza, alla fine si materializzerà una carenza di petrolio che riporterà su di nuovo il prezzo. Ma l'economia difficile non sarà scomparsa. Tutte le fonti facili di petrolio è da molto che vengono sfruttate. E le fonti del recente boom – sabbie bituminose e fracking – sono dei pesanti contributi al riscaldamento globale, un altro pericolo incombente. La distruzione climatica catastrofica dovuta al riscaldamento globale oggi è compresa di gran lunga meglio che nel 1972 – e ne stiamo già sperimentando gli effetti.
Il dottor Turner, osservando con un eufemismo che questi enormi problemi globali “hanno incontrato una considerevole resistenza da parte di potenti forze sociali”, conclude:
“Una lezione stimolante proveniente dagli scenari de I limiti della crescita è che i problemi ambientali globali sono tipicamente intrecciati e non dovrebbero essere trattati come problemi isolati. Un'altra lezione è l'importanza di intraprendere un'azione preventiva molto prima che i problemi si radichino. Purtroppo, l'allineamento delle tendenze dei dati con le dinamiche de I limiti della crescita indica che le prime fasi del collasso potrebbero verificarsi entro un decennio, o potrebbero già essere in corso. Questo suggerisce, da un punto di vista razionale basato sui rischi, che abbiamo sprecato i decenni passati e che prepararsi per un sistema globale che collassa potrebbe essere anche più importante di cercare di evitarlo”.
Fa pensare. Ciò che rimane da dire (e, come sempre, non c'è intento di critica nell'osservare che un articolo scientifico non vada al di fuori dei suoi parametri) è perché sia stato fatto così poco per scongiurare una catastrofe globale incombente. Liberi da limitazioni, non è difficile quantificare quelle “potenti forze sociali” come i più grandi industriali e finanzieri del sistema capitalistico mondiale. Finché abbiamo un sistema economico che permette al capitale privato di essere accumulato senza limite in un pianeta finito, e di esternalizzare i costi, in un sistema che richiede crescita infinita, non c'è nessuna prospettiva reale di fare i cambiamenti drastici per scongiurare un futuro molto doloroso.
Solo perché è stato condotto uno studio 40 anni fa non significa che non possiamo imparare da questo, anche con una misura di scetticismo nei riguardi degli scenari di picco del petrolio e rapido collasso. Se andiamo ancora più indietro nel tempo, le parole di Rosa Luxemburg ci perseguitano ancora: socialismo o barbarie.