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mercoledì 23 agosto 2023

Il Progetto Cagnara. Brevi Riflessioni sul Libro del Generale Vannacci

 



Il "Progetto Cagnara" è una definizione di Uriel Fanelli per l'attuale stato della politica in Italia. Siccome non si sa cosa fare, nessuno fa niente. Quindi, per evitare che qualcuno se ne accorga, si tende a buttare tutto in cagnara, un altro modo di mettere in pratica la vecchia leggenda di "Fare Ammuina" dei tempi della marina militare borbonica. 

Uno dei sintomi del progetto cagnara in corso è il libro di Roberto Vannacci, "Il Mondo al Contrario", di cui non avrete potuto evitare di sentir parlare a meno che non viviate in una grotta del monte Athos insieme agli altri monaci. 

Che dire di questo libro? Non vi dirò che l'ho letto, perché non ne vale decisamente la pena. Vi posso dire che gli ho dato una rapida passata, a mio parere più che sufficiente per capire di cosa si tratta. La definizione migliore sarebbe una "Fiera delle Banalità."  A parte il soggetto del Covid, del quale (a suo onore) Vannacci non dice quasi niente, si sente tuttavia in grado di dire sua su quasi tutti i campi possibili e immaginabili dello scibile umano. Vista la difficoltà dell'impegno, difficilmente ci saremmo potuti aspettare di meglio. 

Vi faccio un esempio del contenuto e dello stile della discussione con un paio di paragrafi sull'energia: 

"I pannelli solari e le turbine eoliche non crescono sugli alberi, non germogliano sui campi e non durano in eterno. Una centrale solare ha bisogno, oltre che del sole –che non c’è di notte – di semiconduttori al selenio-germanioo al gallio-arsenico e di silicio raffinato (col deprecato carbone, ovviamente). Una centrale eolica richiede migliaia di magneti permanenti fatti di terre rare come neodimio e disprosio, che generano migliaia di tonnellate di rifiuti tossici per chilogrammo di materiale raffinato. Per entrambe le forme di energia servono inoltre le batterie, che a loro volta richiedono milioni di tonnellate di nichel, cadmio, litio, cobalto e altri minerali."

Ora, se vi intendete un minimo di queste cose, la vostra reazione non può essere che quella che gli Americani chiamano "facepalm" -- ovvero coprirsi la faccia con il palmo della mano per l'orrore (in Italiano, diciamo "mettersi le mani nei capelli"). Sarebbe un'impresa inutile andare a demolirlo parola per parola, anche perché la discussione sull'energia del libro è piuttosto lunga e tutta a questo livello. Ma, per vostra curiosita, le centrali solari NON hanno bisogno di selenio, germanio, gallio, arsenico; non ci sono proprio nei pannelli solari dell'attuale generazione (a parte quantità infinitesime di gallio come dopante). E le "milioni di tonnellate" di cadmio che nelle batterie della generazione attuale non ci sono per niente. Per non parlare poi delle "migliaia di tonnellate di rifiuti tossici" per chilogrammo generate dall'estrazione delle terre rare. Una stima più ragionevole sarebbe "qualche decina di chilogrammi", un erroretto di un fattore 100.000. E così via, ma ci vorrebbe un altro libro intero solo per per spiegare tutti gli errori che il libro contiene.

Tuttavia, è anche vero che da quello che si legge sui social, sembra proprio che la maggioranza degli Italiani non troverebbe nulla di sbagliato in questi due paragrafi (e nei molti altri sullo stesso tono e livello).  Perlomeno su certi argomenti, e forse su quasi tutti, il libro di Vannacci sembra calibrato esattamente sul livello di conoscenza e di percezione della famigerata casalinga di Voghera. (*)

Viene da pensare che questo libro non sia semplicemente il parto di un signore di media cultura che ha deciso di insegnare a tutti cose di cui lui sa poco o nulla. E nemmeno che sia semplicemente un occasione per fare cagnara o ammuina. Piuttostto, che sia un'operazione fatta a tavolino sulla base dei risultati dei sondaggi per intercettare il cosiddetto "pubblico" o magari l'entità nota come "elettore medio". Quali siano gli obbiettivi politici specifici di questa operazione, lo vedremo nel prossimo futuro. Comunque vada, la cagnara non si ferma! 



(*) Il che non va inteso come un insulto rivolto alle signore che abitano a Voghera che non mi risultano essere meno intelligenti o meno colte della media. 

h/t Miguel Martinez

giovedì 6 luglio 2023

Il nostro futuro fotovoltaico: le rivoluzioni metaboliche della storia della Terra.



Illustrazione tratta da un articolo di Olivia Judson su " Nature Ecology & Evolution (2017)  "The Energy Expansions of Evolution". 

Questo è un post che ho pubblicato su " Cassandra's Legacy " nel 2017. Penso abbia anticipato lo spirito del nuovo blog " The Sunflower Paradigm ", quindi vale la pena ripubblicarlo qui con alcune modifiche. 


Olivia Judson ha pubblicato un interessante articolo su " Nature Ecology & Evolution ". È una cavalcata lungo 4 miliardi di anni di storia della Terra, vista in termini di cinque "rivoluzioni metaboliche". Cioè, il sistema complesso che è l'ecosistema terrestre (il grande olobionte ) si è evoluto sfruttando e dissipando potenziali sempre più alti.

È un approccio che va in parallelo con un articolo che ho scritto qualche anno fa su BERQ; anche se mi sono concentrato sul futuro piuttosto che sul passato. Ma il mio articolo era più o meno sulla stessa linea, osservando come alcune delle principali discontinuità nella documentazione geologica della Terra siano causate da cambiamenti metabolici. Cioè, la Terra cambia man mano che la vita che la abita "impara" a sfruttare i potenziali gradienti offerti dall'ambiente: energia geochimica all'inizio e, successivamente, energia solare.

Visto in questi termini, il sistema Terra è una gigantesca reazione autocatalitica che si è innescata circa quattro miliardi di anni fa quando il pianeta è diventato abbastanza freddo da avere acqua liquida sulla sua superficie. Da allora, ha visto un'esplosione al rallentatore che è andata sempre più veloce per miliardi di anni, fino a inghiottire letteralmente l'intero pianeta, inviando propaggini ad altri pianeti del sistema solare e anche al di fuori di esso.

Partendo dalla debole energia geochimica nelle profondità degli oceani, l'ecosistema si è spostato in superficie per utilizzare la luce molto più energetica del sole. Ha intensificato la sua capacità di elaborare la luce solare sviluppando un metabolismo alimentato dall'ossigeno, quindi si è trasferito sulla superficie terrestre sotto forma di organismi complessi. Circa 500 milioni di anni fa apparve il fuoco, sebbene giocasse solo un ruolo marginale nella macchina metabolica dell'ecosistema. Solo nelle ultime decine di migliaia di anni, una specie, gli esseri umani, è riuscita a utilizzare il fuoco per integrare il proprio processo energetico metabolico.

Judson identifica correttamente la capacità di controllare il fuoco come l'ultima caratteristica di questa esplosione in corso. Il fuoco è un'abilità caratteristica degli esseri umani e si può sostenere che sia la caratteristica distintiva dell'ultima suddivisione temporale della storia del pianeta: l'Antropocene.

Judson si ferma al fuoco, definendolo "una fonte di energia" e proponendo che "La tecnologia del fuoco può anche, forse, segnare un punto di svolta per il Sistema Solare e oltre. I veicoli spaziali dalla Terra possono, intenzionalmente o meno, portare la vita terrestre a altri oggetti celesti." Qui, penso che l'articolo vada un po' fuori strada. Definire il fuoco una "fonte" di energia non è sbagliato, ma occorre distinguere se per fuoco si intende la combustione del legno, di cui l'uomo fa uso da più di un milione di anni, o la combustione di idrocarburi fossili, utilizzati solo durante la ultimi secoli. C'è una grande differenza: i fuochi di legna non potrebbero mai portare gli umani a contemplare l'idea di espandersi oltre i loro confini planetari. Ma l'energia fossile potrebbe alimentare questa espansione al massimo per qualche secolo, e questo grande incendio è già in via di esaurimento. Se l'Antropocene deve basarsi sui combustibili fossili, è destinato a svanire piuttosto rapidamente .

Questo significa che abbiamo raggiunto l'apice del grande ciclo metabolico del pianeta Terra? Non necessariamente così. Judson sembra non notare nel suo articolo che la prossima rivoluzione metabolica è già iniziata: si chiama conversione fotovoltaica, ed è un modo per trasformare l'energia solare in un potenziale elettrico unito alla capacità di controllare il moto degli elettroni nei conduttori a stato solido . È un grande passo oltre il fuoco e le macchine termiche (*). È, in ogni caso, una nuova forma di metabolismo (**). Sta generando una nuova ecologia di forme di vita basate sul silicio, come ho discusso in un post precedente che ho intitolato "Cinque miliardi di anni di energia fotovoltaica".





Quindi, stiamo vivendo in tempi interessanti, qualcosa che potremmo prendere come una maledizione. Ma non è una scelta quella che stiamo affrontando: stiamo entrando in una nuova era, non necessariamente una buona cosa per l'uomo, ma molto probabilmente un cambiamento inevitabile; che ci piaccia o meno può avere poca importanza. Si tratta di una nuova discontinuità nella storia lunga miliardi di anni del pianeta Terra che porterà ad una maggiore capacità di catturare e dissipare l'energia proveniente dal sole.

La grande reazione chimica sta ancora divampando, e la sua espansione ci porterà da qualche parte molto lontano, anche se, al momento, non possiamo dire dove. Una nuova forma di vita è appena apparsa nell'ecosistema terrestre: si chiama "cella fotovoltaica". Dove ci porterà, o qualunque cosa verrà dopo di noi, è impossibile dirlo, ma potrebbe portarci in regni che, in questo momento, non possiamo nemmeno immaginare.



(*) Gli ebrei discutono da circa un secolo se l'elettricità debba essere considerata una forma di fuoco e quindi proibita durante il sabato . È sicuramente una discussione teologica interessante, ma per quello che posso dire (la teologia non è il mio campo), il fuoco (un plasma caldo acceso nell'aria) non è la stessa cosa dell'elettricità (movimento controllato di elettroni nei solidi)

(**) I sostenitori dell'energia nucleare potrebbero obiettare che la prossima rivoluzione metabolica dovrebbe essere vista come la produzione di energia dalla fissione o fusione nucleare. Il problema è che le risorse di materiale fissile nell'intero sistema solare sono piccole e difficilmente potrebbero alimentare una vera nuova epoca geologica. Per quanto riguarda la fusione, non abbiamo trovato una tecnologia in grado di controllarla in modo tale da renderla una fonte di energia terrestre, e può benissimo essere che tale tecnologia non esista. Ma la fusione funziona molto bene se ci limitiamo a raccogliere l'energia che ci arriva dal sole, quindi perché preoccuparsi?

martedì 20 giugno 2023

Energia: uno che ha capito qualcosa fra i molti che non hanno capito nulla.

 


Mauro Romanelli parte subito bene con il titolo del suo libro, "La Risposta". C'è una sottile, ma non tanto sottile, differenza tra "risposta" e "soluzione." Normalmente, quando si parla di "problema energetico", oppure "problema climatico", oppure "problema ecologico" si parla di soluzione, ma la soluzione a un problema vuol dire che il problema non esiste più dopo che lo hai risolto. Se hai un equazione, la risolvi, trovi la soluzione, e poi la cosa finisce lì. Allo stesso modo, nel caso, del problema energetico, la soluzione vuol dire far sparire il problema sostituendo i combustibili fossili con qualche altra cosa che brucia, tipo idrogeno o biocombustibili, ma che non cambia niente altro. Non funziona così.

La risposta non è la stessa cosa di una soluzione. La risposta vuol dire affrontare il problema. Vuol dire capirlo e viverci in qualche modo insieme. Dare una risposta è un concetto politico, non puramente tecnico. E se non capiamo bene questo punto, saremo condannati a rincorrere soluzioni che non esistono.  E che non possono nemmeno esistere.

Un altro punto che Romanelli azzecca in pieno è quando parla di "borghesia innovativa delle energie rinnovabili", Finché le rinnovabili sono viste soltanto come una tecnologia, non ci porteranno in nessun posto. Ma una volta che abbiamo capito che sono un concetto profondamente politico, vuol dire che c'è una sezione del corpo sociale che ne fa una propria bandiera. 

Politica dell'energia, l'energia come politica. Era Lenin che diceva che "il comunismo è i soviet più l'elettrificazione". Non aveva torto: la parola "Soviet" in Russo vuol dire semplicemente "cooperativa" e l'idea era di mettere in mano alle cooperative i mezzi di produzione -- quello dell'elettricità era il principale, alla base di tutti gli altri. 

E ora siamo davanti a qualcosa di simile, ma più vicino alla rivoluzione francese che a quella del comunismo sovietico. Chi controllerà i futuri mezzi di produzione dell'energia? Chiaramente, le elite attuali hanno tutto l'interesse di mantenere il controllo della produzione di fossili, o al massimo di muoversi verso il nucleare, il cui controllo può essere militarizzato e centralizzato. Viceversa, sta nascendo una nuova classe politica che vede la propria prosperità economica basata sulle energie distribuite sul territorio. Se cresce a sufficienza, potrà sostituire la vecchia nobiltà fossile; sperabilmente senza l'uso della ghigliottina. E' questa una possibile strada per il futuro. 

Ma se uno ha capito più o meno tutto, tanti altri non han capito proprio niente, specialmente fra i "verdi" e gli ecologisti che dovrebbero essere quelli che spingono in questa direzione. Anche alla presentazione del libro di Romanelli, l'altro giorno a Firenze, abbiamo visto intervenire una delegazione di quelli che fanno i cortei contro le pale eoliche perché "deturpano il paesaggio." E non si rendono conto di quanto sia cruciale in questo momento lasciare aperta la strada all'energia rinnovabile, prima che la propaganda nuclearista la schiacci, come sta per succedere se lo lasciamo succedere. 

Anche su questo, Romanelli ha capito più o meno tutto quando dice: non c'è niente da fare, un certo impatto sul territorio le rinnovabili lo devono avere per forza. Se non volete questo impatto, avrete altri impatti sulla vostra vita che probabilmente non vi piaceranno affatto. E il libro spiega molto bene e in termini semplici come funzionano le rinnovabili e che impatto e quale effetti avranno se ci lavoreremo sopra.  


Mauro Romanelli lo conosco da almeno una trentina d'anni, dai tempi in cui la "Lista Verde" era un gruppo di persone speranzose di poter fare qualcosa di buono e di utile. Su tante cose ci siamo anche litigati a morte, ma mi fa piacere  vedere che è ancora sulla breccia e che ha imparato le cose giuste. Bravo Mauro, continua così!





mercoledì 14 giugno 2023

Ma cos'è questo EROEI (Energy Return on Energy Invested)? E perché è così importante?



Se sei un leone, non devi solo correre più veloce di una gazzella; devi assicurarti che l'energia metabolica che ottieni mangiando la gazzella sia superiore all'energia che hai usato per la caccia. Se no, muori. È la dura legge dell'EROI. 


Il concetto di Energy Return on Energy Invested (EROI o EROEI) esiste da molto tempo. È stato introdotto nella sua forma moderna negli anni '80 da Charles Hall, ma è parte della termodinamica dei sistemi di non equilibrio. Può essere facilmente compreso se lo vediamo come l'equivalente del ROI (ritorno sull'investimento). Il ROI (EROI) è dato dal denaro (energia) restituito da un certo investimento (infrastruttura energetica) diviso per l'investimento monetario (energia). C'è bisogno di un valore maggiore di uno affinché un investimento abbia un senso o, se sei un leone, per sopravvivere. Grandi valori di questo parametro rendono la vita facile agli investitori, ai produttori di energia e ai leoni (ma non alle gazzelle). 

Fino a tempi recenti l'opinione comune era che l'EROEI dei combustibili fossili fosse molto alto: durante il periodo di massimo splendore dell'estrazione del petrolio si diceva che fosse intorno a 100. Pensate a un investimento che vi restituisce il capitale moltiplicato per uno cento (!!), e si capisce perché il petrolio era, e rimane, così importante per la nostra società. Allo stesso tempo, l'EROEI dell'energia rinnovabile è stato calcolato nell'ordine di 5-7, con alcuni studi che lo collocavano addirittura sotto 1. Ciò ha dato origine alla narrativa secondo cui solo il petrolio e altri combustibili fossili potrebbero sostenere una civiltà industriale e che le rinnovabili in realtà non lo fossero; nella migliore delle ipotesi erano "sostituibili" fintanto che c'era petrolio disponibile. La conseguenza è stata l'enfasi sulle soluzioni sociali e politiche: decrescita, risparmio energetico, ritorno a una economia rurale o, semplicemente, morire tutti quanti e buonanotte. 

Quanto velocemente cambiano le cose! Nuovi studi, tra cui uno di Murphy et al ., hanno rivelato che l'EROEI del petrolio potrebbe non essere mai stato così alto come si pensava. Bisogna tener conto che il petrolio di per sé è inutile: deve essere trasportato, raffinato e bruciato all'interno di motori poco efficienti per fornire energia alla società. Quindi è corretto calcolare l'EROEI del petrolio al “punto di utilizzo” piuttosto che alla “bocca del pozzo”. Fatto ciò, si scopre che l'EROEI del petrolio potrebbe essere (ed essere stato) inferiore a 10. Allo stesso tempo, il progresso tecnologico e i fattori di scala hanno portato a un miglioramento dell'EROEI delle rinnovabili (eolico e fotovoltaico) ben oltre 10. 

Ora, il paradigma è ribaltato. Le rinnovabili sono veramente rinnovabili, mentre il petrolio non lo è mai stato. Questo ci dà la possibilità di rivisitare il paradigma dominante di come affrontare la crisi energetica. Il nuovo paradigma è che possiamo ricostruire una società sulla base delle energie rinnovabili. Non sarà uguale a quella creato dal petrolio, e potremmo dover accettare una considerevole contrazione economica nel processo per arrivarci. Ma ci offre una possibilità concreta per creare una società resiliente e prospera. 

Certo, non tutti sono d'accordo su questi concetti ed è in corso una vivace discussione in cui diverse persone stanno difendendo il vecchio paradigma. Un argomento nella discussione dice che se usi l'energia del petrolio per raffinare il petrolio, quell'energia non dovrebbe essere conteggiata nel denominatore del rapporto EROEI. E, quindi, che l'EROEI dei combustibili fossili è molto più grande di quanto indicano i recenti calcoli. Questo è sciocco: l'energia è energia, non importa da dove venga. Nafeez Ahmed discute questo punto in dettaglio nel suo blog, " The Age of Transformation " dicendo, tra le altre cose, che:


.. .. il geologo petrolifero Art Berman ha pubblicato un post affermando anche che l'articolo di Murphy et. è fondamentalmente errato. Ha concluso che se Murphy e i suoi coautori avessero ragione, allora decenni di ricerca sull'EROEI che mostrano valori estremamente alti per i combustibili fossili sarebbero sbagliati. Ripete lo stesso argomento di Hagens, e poi lo usa per offrire un nuovo calcolo:

Quasi il 9% dei costi totali post-estrazione del petrolio sono per la raffinazione. Eppure la maggior parte dell'energia per la raffinazione proviene dal petrolio greggio e dai prodotti raffinati utilizzati nella raffineria. È, in effetti, co-generato. Ciò non annulla l'investimento energetico necessario per far funzionare la raffineria ma non è un costo per la società come indicato nella tabella... Ho diviso il loro 8,9% per l'investimento di raffinazione per 3 per tenere conto della cogenerazione sopra descritta (probabilmente è molto inferiore). L'EROEI petrolifero risultante è 18. Ciò rimuove completamente la buona notizia dai proclami di Ahmed e Bardi di "missione compiuta" e riporta l'EROEI petrolifero all'intervallo di consenso degli ultimi due decenni.

L'errore chiave in questa argomentazione è dove Berman dice: "Ciò non nega l'investimento energetico necessario per far funzionare la raffineria, ma non è un costo per la società come indicato nella tabella".

Ma non è corretto. Il termine "costo per la società" si riferisce proprio all'energia investita che non è disponibile per l'uso da parte della società. Sebbene l'energia utilizzata per raffinare il petrolio greggio sia cogenerata, è ancora un input nel processo di raffinazione prima che il petrolio diventi disponibile per il lavoro effettivo nella società nella fase di "energia finale". In altre parole, l'energia viene utilizzata per raffinare il petrolio e quindi non è comunque disponibile per la società.

Quello che Berman e Hagens stanno effettivamente cercando di fare è classificare l'energia usata per raffinare il petrolio come un 'output energetico' che rappresenta un lavoro utile per la società al di fuori del sistema energetico. Ma questa classificazione non ha senso se si considera che rappresenta un lavoro specificamente legato in primo luogo a rendere l'energia utilizzabile per la società, perché il petrolio deve essere raffinato e lavorato prima di poter essere effettivamente convertito in energia utilizzabile per la società .

Berman si chiede inoltre che se l'EROEI per i combustibili fossili fosse molto più basso, come avrebbe potuto essere così redditizio? Come ha sottolineato lo scienziato Ugo Bardi, la redditività di un settore dipende da numerosi fattori esterni al sistema energetico legati al credito, ai mercati, alla politica economica, agli investimenti, ai valori valutari e non solo. Ma oltre a ciò, la linea di fondo è che Murphy et. La ricerca di al suggerisce che se il petrolio è stato redditizio con un EROEI molto più basso di quanto si credesse in precedenza, allora le ipotesi precedenti sulla prosperità economica che richiedono livelli di EROEI molto più alti sono discutibili.

A causa delle enormi perdite di efficienza della conversione dell'energia dal petrolio in forme utilizzabili (tra il 50 e il 70% dell'energia viene persa convertendo l'energia primaria in energia finale), poiché le energie rinnovabili evitano tali perdite, possono produrre circa il 50% in meno di energia per soddisfare la domanda. Ciò significa che il presunto EROEI minimo per sostenere una civiltà vitale derivata dai combustibili fossili potrebbe essere molto inferiore in un sistema più efficiente.

Come sottolinea Marco Raugei, il passaggio alle rinnovabili e all'elettrificazione “può aprire le porte al raggiungimento dei servizi richiesti con una domanda di energia primaria molto inferiore, il che a sua volta implica che può essere sufficiente un EROEI significativamente inferiore a quanto ipotizzato in precedenza”.


Per saperne di più sull'EROEI, potete esaminare questi documenti

The Role of Energy Return on Energy Invested (EROEI) in Complex Adaptive Systems ,  di Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Ugo Bardi, Energie, 2021

Peaking Dynamics of the Production Cycle of a Nonrinnovaable Resource ,  di Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Ugo Bardi, Sustainability 2023


domenica 4 giugno 2023

L'Uovo di Godzilla: Perché le Rinnovabili non Potranno mai Sostituire i Fossili (o forse si?)



Una delle prime incarnazioni del più famoso mostro giapponese. Fonte

Essendo un rettile (forse), Godzilla dovrebbe nascere da un uovo. Ma sarebbe un grosso errore pensare che la bestia adulta sarà piccola perché l'uovo è piccolo. Qualcosa di simile vale per l'energia rinnovabile, spesso criticata perché fornisce solo una piccola frazione dell'energia totale nel mondo. In questo post, esamino il "Paradosso dell'uovo di Godzilla" alla luce di due libri recenti, "Come funziona davvero il mondo" di Vaclav Smil e "Il superorganismo economico" di Carey King. 



Il concetto che "le rinnovabili non potranno mai..." assume molte forme, forse la più comune è che oggi forniscono solo una piccola frazione dell'energia prodotta dai combustibili fossili. E, quindi, questa frazione è destinata a rimanere piccola. Uso spesso la battuta che equivale a dire che Godzilla non potrebbe essere che una bestiolina a giudicare dalle dimensioni del suo uovo.

Una recente riformulazione del problema dell'uovo di Godzilla può essere trovata nel libro di Vaclav Smil, " Come funziona davvero il mondo " (Viking, 2022). Onestamente, è un libro deludente, soprattutto confrontando il suo contenuto con il titolo ambizioso. Non che ci sia qualcosa di specificamente sbagliato in questo. Smil ha eccellenti capacità di riportare dati quantitativi; il suo approccio è semplice e diretto; un buon esempio è la sua analisi dei rischi medi affrontati da una persona comune in termini di probabilità e frequenza. 

Ma questo libro? Riporta molti dati, ma tutti in forma testuale, non un singolo diagramma, nemmeno una tabella. Forse è così che deve essere un libro se deve diventare un "Bestseller internazionale del New York Times". Dopotutto, è noto che la maggior parte delle persone non è in grado di comprendere i diagrammi cartesiani. Tuttavia, i dati non sono sufficienti se non vengono interpretati in funzione delle loro tendenze. Ma l'analisi di Smil è quasi sempre statica; ti racconta la situazione attuale ma non come ci siamo arrivati ​​né cosa possiamo aspettarci in futuro.

Il problema è particolarmente visibile con il trattamento delle energie rinnovabili. L'intera discussione sull'energia è debole, per non parlare del tipico errore di riferire che, durante la crisi petrolifera degli anni '70, l'OPEC (l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) "stabilì i prezzi" del petrolio. L'OPEC non fa e non può fare nulla del genere, anche se la sua gestione della produzione di petrolio influisce sicuramente sui prezzi.

A proposito di rinnovabili, il punto principale che Smil fa è che, oggi, rappresentano solo una piccola frazione della produzione mondiale di energia. Considerando l'enorme compito che ci attende, conclude che le energie rinnovabili avrebbero bisogno di molto tempo per sostituire i combustibili fossili, se mai lo faranno. Il problema principale in questa discussione è che Smil non utilizza il parametro "EROI" (energia restituita per energia investita). Questo parametro ti dice che, al giorno d'oggi, l'energia rinnovabile è più efficiente e rende più dei combustibili fossili e di qualsiasi altra tecnologia di produzione di energia. Mancando questo punto, l'intera discussione è viziata. Le energie rinnovabili possono e cresceranno rapidamente, almeno nel futuro a breve termine. E, nel medio e lungo periodo, sono destinati a sostituire la tecnologia inferiore dei combustibili fossili. Lo stesso vale per molti altri dati riportati; rimangono scarsamente utili se non analizzati in modo da dare un'idea di come evolveranno e cambieranno. Paradossalmente, ciò che manca a questo libro è esattamente ciò che promette il titolo: una spiegazione di come funziona il mondo.

La debolezza delle argomentazioni di Smil non significa che le rinnovabili sostituiranno rapidamente i combustibili fossili. Una cosa è ciò che è fattibile e un'altra è ciò che può effettivamente essere fatto entro i limiti di tempo e risorse. Per alcuni scenari dinamici della loro possibile crescita, puoi dare un'occhiata a un articolo che ho scritto insieme ai miei colleghi Sgouridis e Csala. È un po' datato (2016), ma i suoi metodi di base e le sue conclusioni sono ancora validi. E la conclusione è che è possibile sostituire i combustibili fossili con le rinnovabili, ma non è facile. Quello che possiamo dire al momento è che le rinnovabili stanno crescendo velocemente: si schiuderanno in un Godzilla a grandezza naturale, in grado di superare gli ostacoli che incontra?  


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Se volete davvero sapere come funziona il mondo e che ruolo ha l'energia in esso, puoi imparare molto di più dal libro di Carey King " The Economic Superorganism " (Springer 2021). È l'opposto del libro di Smil in termini di metodologia. L'approccio di King si basa sui principi fondamentali dell'economia biofisica: è un tentativo di spiegare come funziona il metabolismo economico del mondo e si evolve dinamicamente. Da qui il titolo, " superorganismo ", un modo per definire il sistema economico in termini simili a quelli di un sistema biologico (io preferisco usare il termine " olobionte " ma è la stessa idea.)

L'idea che l'economia sia un superorganismo deriva dal concetto che l'energia guida l'economia, proprio come fa per gli esseri viventi. Il libro Economic Superorganism fornisce storie, dati, scienza e filosofia per guidare i lettori attraverso gli argomenti di narrazioni concorrenti su energia, crescita e politica. Tra molte altre cose buone, è notevole per il suo tentativo di presentare diversi punti di vista in modo equilibrato. Aiuta anche a distinguere ciò che è tecnicamente possibile da ciò che è socialmente fattibile e a capire come il nostro futuro dipenda da questa distinzione. Su scala globale, la combinazione di un ambiente ricco di risorse, il coordinamento in gruppi, corporazioni e nazioni e la massimizzazione del surplus finanziario, vincolato all'energia e al carbonio, si traduce in un insensata fame di energia,

Ora, il superorganismo è nei guai. Proprio come gli esseri viventi, rischia di morire di fame. Potrebbe essere una buona cosa, considerando come il leviatano economico ha danneggiato più o meno tutto nella biosfera? O forse è ancora possibile addomesticare la grande bestia e costringerla a comportarsi un po' meglio? Forse. Anche se potremmo essere solo cellule di un'enorme bestia, c'è molto che possiamo imparare da questo libro. Sfortunatamente, anche se è scritto chiaramente e ben argomentato, non sarà mai un bestseller del New York Times. E questo potrebbe essere uno dei motivi per cui il superorganismo merita di collassare.

E le rinnovabili? Il libro di King non prende una posizione sì/no, e correttamente. Fornisce invece una trattazione completa dei vari aspetti della questione. Solo la descrizione del valore del concetto di EROEI vale l'intero libro. E, alla fine, andremo dove ci porterà il superorganismo.


domenica 21 maggio 2023

Tutto Cambia. Il Blog di Ugo Bardi

 


Tutto cambia. Anche questo blog, che adesso prende il nome di "Il Blog di Ugo Bardi." Continueremo a parlare di molte e svariate cose; con un atteggiamento se possibile un po' meno catastrofistico di quello che il concetto di "Dirupo di Seneca" poteva far pensare (Ma Seneca non è mai stato un catastrofista).

Tace anche il blog in Inglese ("The Seneca Effect") sabotato dai poteri forti e diventato un bersaglio per la peggio gente di questo pianeta che trovavano offensiva l'idea che ci potevano essere dei rimedi per evitare o mitigare il collasso. Persone che ragionano come un necrofilo che improvvisamente si accorge che l'oggetto del suo interesse romantico è vivo e vegeto. 

In Inglese, vedrò di bloggare principalmente sull'argomento "energia" sul blog intitolato "Il Paradigma del Girasole" che almeno non promette necrofilia catastrofica. E anche sul blog delle chimere

Su questo blog, rimangono valide le regole di prima, commenti razzisti, nazisti, o semplicemente antipatici vengono cassati sul nascere. Vedrò di attivare anche una politica di moderazione un tantino più selettiva. Finora ho passato qualunque fesseria purché non offensiva. Diciamo che non tutte le fesserie passeranno. 

E, come al solito, chi non rispetta le regole è soggetto alla maledizione Assiro-Babilonese della perdita delle ruote del carro da guerra in piena battaglia. 

Andiamo avanti, e prendiamola con ottimismo. Gracias a la vida






mercoledì 17 maggio 2023

Ha fatto bene la Germania a chiudere le centrali nucleari?







Dal "Fatto Quotidiano" 8 Maggio 2023

E così, ci siamo arrivati. Sia pure con quattro mesi di ritardo rispetto al previsto, la Germania ha chiuso le sue ultime tre centrali nucleari il mese scorso. La notizia ha generato critiche un po’ da tutte le parti. Un certo settore del movimento ambientalista (incluso Greta Thunberg) ha sostenuto che le centrali non dovevano essere spente perché questo causerà un aumento della produzione di carbone e si è parlato con orrore della necessità di “aprire nuove miniere di lignite”. I nuclearisti, sia italiani che tedeschi, hanno lanciato urla di orrore, parlando di errore strategico irrimediabile.

In realtà, la chiusura delle centrali non era una decisione affrettata. Era inevitabile. Erano antiquate e obsolete e tenerle in funzione avrebbe richiesto pesanti costi di manutenzione; era meglio mettere quei soldi in nuovi impianti rinnovabili che rendono di più per la stessa spesa. Per non parlare dei problemi di sicurezza inerenti a tenere in vita centrali progettate negli anni 1970. C’era poi anche un problema strategico non da poco. La Germania non produce uranio sul suo territorio, e neppure ha impianti di arricchimento dell’uranio. Sembra (ma i dati non sono chiari) che finora la Germania abbia importato uranio arricchito principalmente dalla Russia e, chiaramente, non era il caso di trovarsi di nuovo a rischio di ricatto come con il gas naturale, anche quello importato dalla Russia.

In ogni caso, le ultime tre centrali producevano solo il 6% dei consumi della Germania e la loro chiusura viene compensata dall’efficientamento dei consumi e da nuovi impianti rinnovabili. Le emissioni di gas serra in Germania sono in discesa continua dal 1990, e non c’è nessuna evidenza di una ripresa della produzione di carbone.

Così, quello che stiamo vedendo non è altro che è il risultato di un programma di transizione verso l’energia rinnovabile, detto “EnergieWende” in tedesco. E’ un idea che è in giro dagli anni 1990, ma che sta diventando una realtà, non più soltanto uno slogan. Il piano è di dimezzare (come minimo) le emissioni di gas serra in Germania entro il 2030, per poi portarle a zero entro il 2050. I tedeschi hanno i loro difetti, come tutti, ma non sono noti per non saper pianificare le cose a lunga scadenza. Visto lo sviluppo rapido, addirittura esplosivo, delle rinnovabili negli ultimi anni, l’obbiettivo di emissioni zero entro il 2050 è non solo raggiungibile, ma addirittura conservativo.

Paesi come la Svizzera, il Belgio, la Spagna e la Svezia, stanno seguendo l’esempio della Germania e hanno pianificato la chiusura delle loro centrali nei prossimi anni. Rimane la Francia, il paese più “nuclearizzato” d’Europa, ma anche loro stanno cercando di ridurre la loro dipendenza da un parco di reattori obsoleti. Altri paesi europei stanno producendo nuovi reattori o considerando la possibilità di costruirli; ma nel complesso il ciclo dell’energia nucleare in Europa Occidentale si avvia verso la sua conclusione entro un paio di decenni.

Per quanto riguarda l’Italia, le prospettive dell’energia nucleare non sono buone. L’Italia non ha risorse minerali di uranio e ha abbandonato la tecnologia nucleare da un pezzo. Se volessimo ripartire, come alcuni propongono, dovremmo ricominciare da zero, importando materiali, conoscenza, e combustibile dall’estero a dei costi insostenibili. E i risultati non arriverebbero prima di un decennio, come minimo.

L’International Atomic Energy Agency, parla di 7-10 anni necessari per costruire nuovi impianti in paesi che hanno ancora una filiera di produzione, ma almeno 15-20 anni per quelli che non ce l’hanno, come l’Italia. Senza poi nessuna garanzia che quando gli impianti saranno in grado di produrre qualcuno ci darebbe il combustibile necessario per farli funzionare. Insomma, un certo ciclo è finito, mettiamoci il cuore in pace.

Possiamo pensare a nuove tecnologie nucleari che cambierebbero le carte in tavola? Forse sì, ma bisogna parlare di cose serie, non di annunci mirabolanti sui media senza prove che dietro ci sia qualcosa di funzionante. E quindi, vista la situazione, teniamo i piedi per terra e andiamo avanti con la transizione energetica più adatta per il “paese del sole”. Forza con le rinnovabili.

mercoledì 3 maggio 2023

Notizia in anteprima: si ripubblica "Viaggiare Elettrico" in versione aggiornata

 


Pubblicato nel 2017, "Viaggiare Elettrico" non aveva avuto una grande diffusione; era probabilmente troppo presto per parlare di certe cose al grande pubblico. Ma si è rivelato assai profetico. Oggi, la produzione e la vendita dei veicoli elettrici sta letteralmente esplodendo, causando anche dei discreti mal di pancia ai fautori delle vecchie auto a combustione e generando una certa perplessità nel pubblico, che ancora non ha chiaro molte cose riguardo ai nuovi mezzi. 

Così, l'autore (Ugo Bardi) e l'editore (Luciano Celi) si sono messi d'accordo per una riedizione aggiornata del libro. Ci stiamo lavorando sopra, speriamo di poterlo fare uscire in tempi abbastanza brevi. Aggiornato, espanso, con nuovi dati e nuove prospettive. 

Nel frattempo, se proprio non potete aspettare per saperne di più sui veicoli elettrici, potete ancora acquistare la versione corrente del libro sul sito dell'editore!





sabato 29 aprile 2023

Nucleare? Che idea Balzana!




Perché il nucleare pulito è una chimera
da "Il Manifesto" del 28 Aprile 2023

ENERGIA. Mentre la Germania spegneva le sue centrali atomiche, l’Italia ha partecipato da
«osservatore» a un meeting dei paesi nuclearisti

Gruppo di ricerca Energia per l'Italia (coordinato dal prof. Vincenzo Balzani)


Il 15 aprile la Germania ha spento i suoi ultimi tre reattori nucleari ancora in funzione (Isar 2, Emsland e Neckarwestheim), con quattro mesi di ritardo rispetto alla scadenza originaria. Lo stop è giunto a conclusione di un percorso che ha portato la Germania ad abbandonare l’opzione nucleare fin dopo il grave incidente di Fukushima e a privilegiare la produzione elettrica da fonti rinnovabili: nel primo trimestre del 2023, queste hanno infatti coperto il 51% del fabbisogno di energia elettrica contro un risicato 4% del nucleare. L’obiettivo al 2030 è ancora più ambizioso: ottenere un mix energetico composto per l’80% da rinnovabili.

A Parigi, pochi giorni prima, l’Italia invece si univa, in qualità di osservatore, assieme a Belgio e Olanda, ai paesi appartenenti all’Alleanza Nucleare, che concordavano «sulla necessità di un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari», sottolineando l’importanza dei piccoli reattori modulari che, come scritto nel comunicato finale, «possono contribuire, insieme alle grandi centrali nucleari, al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Ue e alla sicurezza energetica, sviluppando competenze e indipendenza tecnologica».

Secondo fonti governative, l’Italia non avrebbe sottoscritto alcun documento, ma l’aver partecipato alla riunione resta pur sempre un fatto politicamente significativo e coerente con quanto dichiarato dalla Presidente Meloni al termine del Consiglio Europeo del 24 marzo.

L’ITALIA SI AGGANCIA AL TRENO del cosiddetto nucleare pulito e sicuro, seguendo il miraggio della produzione di energia elettrica da fusione nucleare. Tanto ottimismo appare fuori luogo: produrre energia dalla fusione nucleare è tutt’altro che facile.Realizzare il processo di fusione nucleare è stato paragonato a mettere il sole in bottiglia, sicuramente una frase d’effetto, capace di colpire la 
fantasia del pubblico, che però nasconde cosa in realtà ciò significhi. Allora, vale la pena confrontare quello che davvero avviene nel nucleo del sole a 150 milioni di km da noi rispetto a quanto possiamo disporre noi sulla piccola Terra che gli ruota attorno. All’interno della nostra stella c’è un plasma di protoni che, a quattro per volta, grazie a temperatura e pressioni elevatissime (16 milioni di gradi centigradi e 500 miliardi di atmosfere) fondono per dare un nucleo di elio, con un difetto di massa di 0,007, che si traduce in un’enorme quantità di energia secondo la famosa formula di Einstein E = mc2.

Poiché queste estreme condizioni non possono essere riprodotte, nei laboratori terrestri più avanzati si cerca di ovviare all’impossibile replicabilità del processo di fusione solare, imitandone solo il principio. Si ricorre, infatti, ai nuclei di due isotopi dell’idrogeno – il deuterio e il trizio – che, però, non hanno alcuna voglia di fondersi perché, essendo entrambi carichi positivamente, si respingono violentemente. Tuttavia, se si riesce in qualche modo a portarli a contatto, entra in gioco una forza nucleare attrattiva che agisce solo a cortissimo raggio, ma che è molto più intensa della repulsione elettromagnetica: i due nuclei fondono con la formazione di un nucleo di elio (He), l’espulsione di un neutrone e l’emissione di una grandissima quantità di energia che si manifesta sotto forma di calore. Il problema è che, al fine di costringere i nuclei di deuterio e trizio a scontrarsi per poi incollarsi, occorre mantenere confinato il tutto per il tempo necessario a produrre la fusione.

PER OTTENERE CIÒ SI UTILIZZANO principalmente due approcci. Uno si basa sul confinamento magnetico del plasma caldissimo formato dai nuclei di deuterio e trizio: un campo magnetico potentissimo generato dall’esterno costringe questi nuclei a muoversi lungo traiettorie circolari in modo che, giro dopo giro, acquistano l’energia necessaria per dare il processo di fusione. La difficoltà è che il campo magnetico deve essere intensissimo e per mantenerlo tale ci vogliono dei magneti superconduttori che devono lavorare a temperature molto basse (-268 °C). L’altro approccio è quello basato sul confinamento inerziale che consiste nel bombardare con dei potentissimi impulsi laser un piccolo contenitore in cui è presente una miscela solidificata (in quanto freddissima) di deuterio e trizio: si verifica così una intensissima compressione che fa salire contestualmente la pressione e la temperatura (fino a una sessantina di milioni di gradi), tanto da innescare la fusione.

IL PRIMO APPROCCIO È QUELLO che si sta affrontando a Cadarache in Francia da parte di un folto gruppo di paesi, compresi Usa, Ue, Cina e India, noto come il progetto Iter. La dice lunga il fatto che sono già stati spesi 20 miliardi di euro senza essere ancora riusciti a produrre quantità di energia maggiori di quelle utilizzate.

PRESSO LA NATIONAL IGNITION FACILITY (NIF) del Laurence Livermore National Laboratory in California (Usa) si sta invece studiando il secondo approccio. Il 13 dicembre dello scorso anno i giornali di tutto il mondo hanno riportato con grande enfasi che il NIF ha ottenuto un importante risultato: l’energia di 192 laser focalizzata su una sferetta (pellet) contenente deuterio e trizio ha indotto in pochi nanosecondi la loro fusione, generando una quantità di energia (3,15 MJ) leggermente maggiore a quella iniettata dai laser nella sferetta (2,05 MJ).

La cosa passata sotto silenzio è che i 192 laser hanno consumato circa 400 MJ, ai quali va aggiunta l’energia richiesta dalle altre apparecchiature costruite e utilizzate per preparare e seguire l’esperimento. Oltre a vincere la sfida energetica (produrre più energia di quella consumata), per generare energia su scala commerciale si deve vincere un’altra sfida praticamente impossibile: modificare l’apparecchiatura per far sì che produca energia non per una piccolissima frazione di secondo, ma in modo continuo. La maggioranza degli esperti concorda sul fatto che con questo metodo così complicato è impossibile  generare elettricità a costi commerciali competitivi. C’è allora il dubbio che i laboratori di ricerca, per assicurarsi gli ingenti finanziamenti pubblici necessari, cercano di vendere ai decisori e ai cittadini i risultati conseguiti come successi strepitosi e, anche, che la competizione presente da decenni tra confinamento magnetico e confinamento inerziale spinge a dimostrare di essere i più bravi.

Resta sullo sfondo l’inquietante spettro militare, perché il compito primario del NIF non è quello di studiare la fusione per ottenere energia, ma di sfruttarla a fini bellici.

LA FUSIONE NUCLEARE HA MOLTI ALTRI MA. Il primo riguarda il fatto che, indipendentemente dal modo con cui verrà ottenuto questo processo (ammesso che ci si riesca), occorre disporre dei due isotopi dell’idrogeno. Mentre il deuterio è abbastanza abbondante, il trizio è molto raro (è radioattivo e decade con un tempo di dimezzamento di soli 12 anni). Quindi, problema non da poco, ci si imbarca in un’impresa titanica sapendo già in partenza che manca la materia prima. Chi lavora nel settore dice che il trizio potrà essere ottenuto in situ bombardando con neutroni il litio 6, cosa che però aggiunge complessità a complessità.

UN ULTERIORE MA È CONNESSO alla radioattività che i neutroni prodotti nella fusione inducono nei materiali che li assorbono, il che vuol dire che la struttura stessa del reattore diventa radioattiva e che, in fase di dismissione, crea scorie. Anche se in questo caso i tempi di decadimento degli isotopi radioattivi non sono così lunghi come quelli creati dalla fissione, è un falso in atto pubblico definire il nucleare da fusione una tecnologia pulita, perché lascia comunque il problema della difficile gestione delle scorie.

C’È POI UN GROSSO MA LEGATO al confinamento magnetico e, in particolare, al fatto che i superconduttori devono essere raffreddati a elio liquido, un gas molto raro e sicuramente non sufficiente per la gestione dei futuri reattori a fusione dal momento che già ora sta scarseggiando. Qualcuno teme addirittura che a breve non sarà più possibile utilizzare la tecnica Nmr, così importante nella ricerca scientifica e, soprattutto, in ambito diagnostico, proprio perché usa come liquido di raffreddamento l’elio.

LA STORIA DELLA FUSIONE NUCLEARE, dagli anni Cinquanta a oggi, dimostra che questa tecnologia non riuscirà a produrre elettricità a bassi costi e in modo attendibile in un futuro ragionevolmente vicino. Nonostante ciò, l’11 marzo di quest’anno, i giornali hanno riportato che Eni vuole puntare tutto sulla fusione nucleare «perché – ha detto l’ad Claudo Descalzi – permette di ottenere  energia pulita, inesauribile e sicura per tutti: una vera rivoluzione capace di superare le diseguaglianze fra le nazioni e di favorire la pace». Questa affermazione lascia alquanto perplessi dal momento non si capisce come i paesi poveri potranno accedere a una tecnologia così sofisticata e costosa.

Descalzi ha poi aggiunto che nel 2025 sarà pronto un impianto pilota a confinamento magnetico in grado di ottenere elettricità dalla fusione e che nel 2030 sarà operativa la prima centrale industriale basata su questa tecnologia. Sembra che all’improvviso e velocemente verranno risolti i tanti problemi incontrati dagli scienziati che lavorano nel settore da decenni: un vero miracolo! C’è il dubbio, non tanto remoto, che questa sia un’ulteriore mossa di Eni per sottrarre risorse alle già mature ed efficienti tecnologie del fotovoltaico e dell’eolico.

* coordinato dal professor Vincenzo Balzani


lunedì 27 febbraio 2023

«Gli Usa hanno attaccato il North Stream»





L'intervista di Fabian Schneider a Seymour Hersh, tradotta in Italiano da "Jacobin Italia"

di Fabian Schneider

Il premio Pulitzer Seymour Hersh racconta il suo scoop sulla missione segreta ordinata da Biden per danneggiare il gasdotto che dalla Russia conduce alla Germania e lasciare al freddo l'Europa


Il 26 settembre 2022, nel mar Baltico, il gasdotto North Stream dalla Russia alla Germania è stato in parte distrutto da diverse esplosioni. La scorsa settimana, il pluripremiato giornalista investigativo Seymour Hersh ha pubblicato un articolo, basato su informazioni provenienti da un’unica fonte anonima, nel quale sostiene che ne sono responsabili l’amministrazione Biden e la Cia.

Hersh ha vinto il Premio Pulitzer nel 1970 per il ruolo che ha svolto nel raccontare la storia del massacro di Mỹ Lai, in cui i soldati statunitensi ammazzarono dai trecento ai cinquecento civili disarmati. Ha accettato di parlare con Fabian Schneider delle accuse contenute nel suo ultimo articolo e dell’influenza che la Cia e lo stato di sicurezza nazionale hanno sulla politica estera statunitense.


Per favore, spiegaci le tue scoperte in dettaglio. Cosa è successo esattamente secondo la tua fonte, chi è stato coinvolto e con quali le motivazioni?

Mi sono limitato a spiegare l’ovvio. Era una storia che chiedeva soltanto di essere raccontata. Alla fine di settembre del 2022, otto bombe avrebbero dovuto esplodere; sei sono finite sott’acqua vicino all’isola di Bornholm nel Mar Baltico, nella zona dove l’acqua è piuttosto bassa. Hanno distrutto tre dei quattro principali oleodotti del Nord Stream 1 e 2.

Il Nord Stream 1 fornisce gas combustibile [alla Germania] da molti anni a prezzi molto bassi. E poi entrambi gli oleodotti sono stati fatti saltare in aria: la domanda era perché e chi l’ha fatto. Il 7 febbraio 2022, in vista della guerra in Ucraina, il presidente degli Stati uniti, Joe Biden, in una conferenza stampa alla Casa Bianca con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, ha sostenuto che poteva fermare il Nord Stream.

La frase esatta di Joe Biden era «Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2, porremo fine a tutto ciò». E quando un giornalista gli ha chiesto esattamente come intendeva farlo, dato che il progetto era sotto il controllo della Germania, Biden si è limitato a dire: «Prometto che ce la faremo».

La sua sottosegretaria di stato, Victoria Nuland, che è stata profondamente coinvolta in quella che chiamano la Rivoluzione Maidan nel 2014, ha usato un linguaggio simile un paio di settimane prima.

Dici che la decisione di attaccare il gasdotto è stata presa anche prima dal presidente Biden. Esponi la storia dall’inizio, cronologicamente dal dicembre 2021, quando il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha convocato, secondo il tuo pezzo, una riunione della task force appena formata dai capi di stato maggiore congiunti, la Cia, lo Stato e il Dipartimento del tesoro. Scrivi: «Sullivan intendeva che il gruppo elaborasse un piano per la distruzione dei due oleodotti Nord Stream».

All’inizio, questa task force era stata convocata a dicembre per studiare il problema. Hanno introdotto la Cia e il resto; si stavano incontrando in un ufficio molto segreto. Proprio accanto alla Casa bianca, c’è un edificio chiamato Executive Office Building. È collegato sottoterra attraverso un tunnel. In cima c’è una sede d’incontro per un gruppo segreto, un gruppo esterno di consiglieri chiamato President’s Intelligence Advisory Board. Ne ho parlato solo per far sapere alle persone della Casa Bianca che ne so qualcosa.

L’incontro è stato convocato per studiare il problema: cosa faremo se la Russia entrerà in guerra? Siamo a tre mesi prima, prima del Natale del 2022. Era un gruppo di alto livello; probabilmente aveva un nome diverso, l’ho chiamato «interagency group», non ne conosco il nome formale, se ne ha uno. Erano la Cia e la National Security Agency, che controllano e intercettano le comunicazioni; il Dipartimento di stato e il Dipartimento del tesoro, che finanzia; e probabilmente alcuni altri gruppi coinvolti. Anche i capi di stato maggiore avevano una rappresentanza.

Avevano la missione di fornire raccomandazioni su cosa fare per fermare la Russia, misure reversibili, come più sanzioni e pressioni economiche, o irreversibili, interventi diretti, cose che esplodono, per esempio. Non voglio parlare di un incontro in particolare perché devo proteggere la mia fonte. Non so quante persone c’erano alla riunione, capisci cosa intendo?

Nell’articolo hai scritto che, all’inizio del 2022, il gruppo di lavoro della Cia ha riferito all’interagency group di Sullivan e ha detto: «Abbiamo un modo per far saltare in aria gli oleodotti».

Ce l’avevano. C’erano persone lì che conoscevano quella che negli Usa chiamiamo «guerra contro le mine». Nella Marina degli Stati uniti ci sono gruppi che si occupano di sottomarini – c’è anche un comando sull’ingegneria nucleare – e c’è un comando minerario. L’estrazione sotterranea è molto importante e abbiamo minatori qualificati. Probabilmente il posto più importante per l’addestramento dei minatori è in questa piccola località turistica chiamata Panama City nel bel mezzo del nulla in Florida.

Formiamo persone molto brave e le adoperiamo. I minatori sono molto importanti. Ti si apre qualsiasi varco; possono far saltare in aria le cose. Se non ci piacciono gli oleodotti sottomarini di un certo paese, possiamo farli saltare in aria. Non sono sempre cose buone, ma sono molto riservati. Per il gruppo alla Casa bianca era chiaro che avrebbero potuto far saltare i gasdotti. C’è un esplosivo chiamato C-4, che è incredibilmente potente, devastante in particolare con la quantità che usano. Puoi controllarlo e gestirlo a distanza con dispositivi sonar subacquei. Inviano segnali a frequenza molto bassa.

Quindi è stato possibile, e lo hanno detto alla Casa bianca all’inizio di gennaio, perché due o tre settimane dopo, il sottosegretario di Stato Victoria Nuland ha detto che potevamo farlo. Penso che fosse il 20 gennaio. E poi anche il presidente, con Olaf Scholz, ha detto il 7 febbraio che potevamo farlo. Scholz non ha detto nulla di specifico; era vago. Ma una domanda che farei a Scholz, se mi trovassi in un’audizione parlamentare, è questa: il presidente Biden te ne ha parlato? Ti ha detto in quel momento perché era così sicuro di poterlo far saltare in aria? Non avevamo ancora un piano, ma sapevamo di poterlo fare.

Che ruolo ha avuto la Norvegia nell’operazione?

Bene, la Norvegia è una grande nazione di marinai e ha energia fossile. Inoltre, sono molto ansiosi di aumentare la quantità di gas naturale da vendere all’Europa occidentale e alla Germania. E lo hanno fatto, hanno aumentato le loro esportazioni. Quindi, per motivi economici, perché non unirsi agli Stati uniti? Nutrono pure avversione nei confronti della Russia.

Nel tuo articolo, scrivi che i servizi segreti e la marina norvegese erano coinvolti, e dici che la Svezia e la Danimarca sono state informate ma non è stato detto loro tutto.

Il modo in cui mi è stato riportato è: se non glielo abbiamo detto, non avevamo bisogno di farlo. In altre parole, stavi facendo quello che stavi facendo, e loro sapevano cosa stavi facendo e capivano cosa stava succedendo, ma forse nessuno ha mai detto di sì. Ho lavorato molto su questo problema con le persone con cui stavo parlando. La linea di fondo è che, per fare questa missione, i norvegesi hanno dovuto trovare il posto giusto. I sommozzatori che venivano addestrati a Panama City potevano andare a cento metri sott’acqua senza una pesante bombola, solo una miscela di ossigeno, azoto ed elio.

I norvegesi ci hanno trovato un posto al largo dell’isola di Bornholm nel Baltico, profondo solo 260 piedi, in modo che potessero operare. Sarebbero dovuti tornare lentamente. C’era una camera di decompressione e abbiamo usato il cacciatore di sottomarini norvegese. Per i quattro gasdotti sono stati utilizzati solo due sommozzatori.

Un problema era come trattare con coloro che controllano il Mar Baltico. È monitorato molto accuratamente e ci sono molte informazioni disponibili apertamente, quindi ci siamo occupati di questo; c’erano tre o quattro persone che si occupavano di questo. E quello che abbiamo fatto è davvero semplice. Ogni estate da ventuno anni, la nostra Sesta Flotta della marina, che ha il controllo del Mediterraneo e anche del Mar Baltico, ha un’esercitazione per le marine della Nato nel Baltico (Baltops). E porteremmo in giro una portaerei o grandi navi. È una cosa molto esplicita. I russi certamente lo sapevano. Abbiamo fatto pubblicità. E in questa, per la prima volta nella storia, l’operazione Nato nel Mar Baltico ha avuto un nuovo programma. Avrebbe fatto un esercitazione nello sganciare e nel trovare mine per dieci o dodici giorni.

Diverse nazioni hanno inviato squadre di minatori, un gruppo avrebbe abbandonato la miniera e un altro gruppo minerario del loro paese sarebbe andato a caccia e l’avrebbe fatta saltare in aria. Quindi hai avuto un periodo in cui le cose sono esplose, e in quel periodo i norvegesi hanno potuto recuperare i sommozzatori. I due oleodotti corrono a circa un miglio di distanza; sono un po’ sotto terra ma non sono difficili da raggiungere e si erano esercitati in questo. Non ci sono volute più di poche ore per piazzare le bombe.

Questo è accaduto nel giugno 2022?

Sì, l’hanno fatto una decina di giorni a giugno, alla fine dell’esercitazione, ma all’ultimo minuto la Casa Bianca si è innervosita. Il presidente ha detto che aveva paura di farlo. Ha cambiato idea e ha dato loro l’ordine che voleva il diritto di bombardare in qualsiasi momento, di far esplodere le bombe in qualsiasi momento a distanza da noi. Lo fai solo con un normale sonar, costruito da Raytheon. Sorvoli e lasci cadere un cilindro. Invia un segnale a bassa frequenza: sembra il suono di un flauto, puoi creare frequenze diverse. Ma la preoccupazione era che una delle bombe, se lasciata in acqua troppo a lungo, non avrebbe funzionato, e due non lo fecero: avevano solo tre dei quattro gasdotti. Quindi c’era il panico all’interno del gruppo per trovare i mezzi giusti, e in realtà dovevamo rivolgerci ad altre agenzie di intelligence di cui non ho scritto.

E quindi cosa è successo allora? L’hanno posizionato, hanno trovato un modo per controllarlo da remoto…

Joe Biden ha deciso di non farli saltare in aria. Era l’inizio di giugno, cinque mesi dopo l’inizio della guerra, ma poi, a settembre, decise di farlo. Ti dirò qualcosa. Le persone operative, le persone che fanno azioni militari per gli Stati uniti, fanno quello che dice il presidente e inizialmente pensavano che fosse un’arma utile che poteva usare nei negoziati.

Ma a un certo punto, una volta che i russi sono entrati in Ucraina, e poi quando l’operazione è stata portata a termine, è diventata sempre più odiosa per le persone che l’hanno fatta. Sono ben addestrate; sono nel più alto livello delle agenzie di intelligence segrete. Hanno cambiato idea sul progetto. Pensavano che fosse una cosa folle da fare. E nel giro di una settimana, o tre o quattro giorni dopo il bombardamento, dopo aver fatto ciò che era stato loro ordinato, c’era molta rabbia e ostilità. Ciò si riflette ovviamente nel fatto che sto avendo tante informazioni al riguardo.

E ti dirò qualcos’altro. Le persone in America e in Europa che costruiscono oleodotti sanno cos’è successo. Ti sto dicendo una cosa importante. Le persone che possiedono aziende che costruiscono oleodotti conoscono la storia. Non ho avuto la storia da loro, ma ho saputo subito che lo sanno.

Torniamo alla situazione del giugno dello scorso anno. Il presidente Joe Biden ha deciso di non fare la cosa direttamente e l’ha rinviata. Allora perché l’hanno fatto a settembre?

Il segretario di Stato, Anthony Blinken, ha detto pochi giorni dopo l’esplosione dell’oleodotto, in una conferenza stampa, che a Vladimir Putin è stata tolta una grande forza economica e quasi militare. Ha detto che si trattava di un’enorme opportunità, poiché la Russia non poteva più armare gli oleodotti, il che significa che non era in grado di costringere l’Europa occidentale a non sostenere gli Stati uniti nella guerra. Il timore era che l’Europa occidentale non avrebbe più partecipato alla guerra. Penso che il motivo per cui decisero di farlo allora fosse che la guerra non stava andando bene per l’Occidente, e avevano paura dell’arrivo dell’inverno. Il Nord Stream 2 era stato sanzionato dalla Germania e gli Stati uniti temevano che la Germania avrebbe revocato le sanzioni a causa di un inverno difficile.

Secondo te, guardando il retroscena, quali sono state le motivazioni? Il governo degli Stati uniti si è opposto al gasdotto per molte ragioni. Alcuni dicono che erano contrari perché volevano indebolire la Russia, indebolire i legami tra la Russia e l’Europa occidentale, la Germania in particolare. Ma forse anche per indebolire l’economia tedesca, che, dopotutto, è una concorrente dell’economia Usa. Con gli alti prezzi del gas, le imprese hanno iniziato a trasferirsi negli Stati uniti. Allora, qual è la tua idea delle motivazioni del governo degli Stati uniti, se hanno fatto saltare in aria il gasdotto?

Non credo che ci abbiano pensato. So che suona strano. Non credo che Blinken e alcuni altri nell’amministrazione siano pensatori profondi. Certamente ci sono persone nell’economia americana attratti dall’idea che siamo più competitivi. Vendiamo Gnl, gas liquefatto, con profitti estremamente elevati; ci stiamo facendo un sacco di soldi. Sono sicuro che alcune persone pensavano che questa sarebbe stata una spinta a lungo termine per l’economia americana.

Ma in quella Casa Bianca, penso che l’ossessione fosse sempre la rielezione, e volevano vincere la guerra, volevano ottenere una vittoria, volevano che l’Ucraina in qualche modo vincesse magicamente.

Potrebbero esserci alcune persone che pensano che forse sarebbe meglio per la nostra economia se l’economia tedesca fosse debole, ma questo è un pensiero folle. Penso, fondamentalmente, che abbiano affondato il colpo su qualcosa che non funzionerà. La guerra non andrà a buon fine per questo governo.

Come pensi possa finire questa guerra?

Non importa quello che penso. Quello che so è che non è possibile che questa guerra finisca come vogliamo, e non so cosa faremo andando avanti. Mi spaventerebbe se il presidente fosse disposto a farlo.

Le persone che hanno fatto questa missione credevano che il presidente si rendesse conto di ciò che stava facendo al popolo tedesco, che lo stava punendo per una guerra che non stava andando bene. A lungo termine, ciò sarà molto dannoso non solo per la sua reputazione di presidente, ma anche politicamente. Sarà uno stigma per gli Usa.

La Casa bianca che pensava di avere una carta perdente: la Germania e l’Europa occidentale potrebbero smettere di fornire le armi che vogliamo e il cancelliere tedesco potrebbe riattivare il gasdotto, questa è sempre stata la paura. Farei molte domande al Cancelliere Scholz. Gli chiederei cosa ha imparato a febbraio quando era con il presidente. L’operazione era un grande segreto e il presidente non avrebbe dovuto parlare a nessuno di questa possibilità. Ma lui parla. Dice cose che non vuole.

La tua storia è stata riportata dai media occidentali con una certa moderazione e critica. Alcuni hanno attaccato la tua reputazione o hanno detto che hai solo una fonte anonima, e questa non è affidabile.

Come potrei parlare di una fonte? Ho scritto molte storie basate su fonti anonime. Se facessi il nome di qualcuno, verrebbero licenziati o, peggio, incarcerati. La legge è molto severa. Non ho mai esposto nessuno, e ovviamente quando scrivo dico, come ho fatto qui: è una fonte, punto. E negli anni le storie che ho scritto sono sempre state accettate. Ho usato per questo articolo lo stesso calibro di abili fact-checker che avevano lavorato con me al New Yorker. Naturalmente, ci sono molti modi per verificare le informazioni riservate che ho ricevuto.

E, sai, un attacco personale contro di me non arriva al punto. Il punto è che Biden ha scelto di lasciare la Germania al freddo quest’inverno. Il presidente degli Stati uniti preferirebbe vedere la Germania al freddo [a causa della carenza di energia] piuttosto che la Germania che forse non sostiene la guerra in Ucraina, e questa, per me, sarà una cosa devastante per questa Casa Bianca. Per me, e penso anche per le persone che hanno svolto la missione, è spaventoso.

Il punto è anche che può essere percepito come un atto di guerra non solo contro la Russia ma anche contro gli alleati occidentali, in particolare la Germania.

Restiamo alle cose semplici. Posso dirvi che le persone coinvolte nell’operazione hanno visto il presidente scegliere di lasciare al freddo la Germania per i suoi obiettivi politici a breve termine, e questo li ha inorriditi. Sto parlando di statunitensi che sono intensamente fedeli agli Stati uniti. Nella Cia, come ho scritto nel mio articolo, lavorano per la Corona, non lavorano per la Costituzione.

L’unica virtù della Cia è che un presidente, che non riesce a far passare la sua agenda al Congresso e nessuno lo ascolta, può fare una passeggiata nel cortile sul retro del Rose Garden della Casa Bianca con il direttore della Cia e qualcuno può farsi male a ottomila miglia di distanza. Questo è sempre stato il punto di forza della Cia, che mi crea problemi. Ma anche quella comunità è sconvolta dal fatto che abbia scelto di lasciare al freddo l’Europa a sostegno di una guerra che non vincerà. E questo, per me, è atroce.

Nel tuo articolo hai scritto che la pianificazione dell’attacco non è stata riferita al Congresso, come è necessario con altre operazioni segrete.


Inoltre, non è stato segnalato a molti livelli nell’esercito. C’erano altre persone in altre istituzioni che avrebbero dovuto sapere ma non sono state informate. L’operazione era molto segreta.

Ci sono state alcune critiche al tuo articolo da parte di persone impegnate nella valutazione dell’intelligence open source (Osint) su navi e aeroplani nella regione del Mar Baltico, affermano che nessun aereo norvegese è stato rilevato direttamente nel punto delle esplosioni il 26 settembre o giorni prima.

Qualsiasi operazione segreta seria prende in considerazione Osint e aggira il problema. Come ho detto, c’erano persone in missione che si occupavano di questo problema.

Che ruolo ha il coraggio nella tua professione?


Cosa c’è di coraggioso nel dire la verità? Il nostro compito non è avere paura. A volte diventa brutto. Ci sono stati momenti nella mia vita in cui… sai, non ne parlo. Le minacce non vengono fatte a persone come me; sono fatte ai figli di persone come me. Ci sono state cose orribili. Ma non ti preoccupi, non puoi. Devi soltanto fare quello che fai.

*Seymour Hersh è un giornalista investigativo americano vincitore del Premio Pulitzer. Fabian Scheidler è un giornalista berlinese, ha scritto The End of the Megamachine: A Brief History of a Failing Civilization (Zerobooks, 2020). Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

sabato 11 febbraio 2023

Quelle maledette scimmie della savana: la nuova grande provincia ignea

Da "The Proud Holobionts" Giovedì 2 febbraio 2023


In un post precedente, ho descritto come le scimmie della savana si sono evolute e come hanno cambiato l'ecosistema terrestre nel processo. Qui diamo uno sguardo al futuro. Le scimmie potrebbero davvero fare molti danni.

Le gigantesche eruzioni vulcaniche chiamate "Grandi Province Ignee" o LIP ("Large Igneous Provinces") tendono a verificarsi sul nostro pianeta a  intervalli dell'ordine di decine o centinaia di milioni di anniSono eventi giganteschi che provocano la fusione della superficie di interi continenti. I risultati sono devastanti: ovviamente, tutto ciò che è organico sulla traiettoria della massa lavica in crescita viene distrutto e sterilizzato, ma l'effetto planetario dell'eruzione è ancora più distruttivo. Si ritiene che le LIP riscaldino i giacimenti di carbone a temperature sufficientemente elevate fargli prendere fuoco. Questi enormi incendi assorbono ossigeno dall'atmosfera, trasformandolo in CO2. Il risultato è un intenso riscaldamento globale, accompagnato da anossia. Nel caso del più grande di questi eventi, l'estinzione della fine del Permiano di circa 250 milioni di anni fa, l'intera biosfera rischiò seriamente di essere sterilizzata. Fortunatamente, il sistema si è ripreso e siamo ancora qui, ma è ci siamo andati vicini.

Si ritiene che le LIP siano il risultato di movimenti interni del nucleo terrestre. Per qualche ragione, giganteschi pennacchi di lava tendono a svilupparsi nel mantello terrestre e a spostarsi verso la superficie. È lo stesso meccanismo che genera i vulcani, solo su scala molto più ampia. Da quello che sappiamo, le LIP sono imprevedibili, sebbene possano essere correlati a un "effetto di copertura" generato dalla danza dei continenti sulla superficie terrestre. Quando i continenti sono raggruppati insieme, tendono a riscaldare il mantello sottostante, e questa potrebbe essere l'origine del pennacchio che crea la LIP.

Naturalmente, se una LIP dovesse aver luogo oggigiorno, i risultati sarebbero alquanto catastrofici, forse più catastrofici di quanto la fantasia dei cineasti di Hollywood possa immaginare. Nei loro film, ci hanno tirato addosso tutti i tipi di disastri possibili, dagli tsunami a interi asteroidi. Ma immaginare che l'intero continente nordamericano diventi un bacino di lava incandescente, beh, è ​​davvero catastrofico!

Fortunatamente, i LIP sono processi geologici lenti e anche se ci sarà un altro di questi eventi nel nostro futuro, non accadrà nella scala temporale delle vite umane. Ma ciò non significa che gli umani, quelle noiose scimmie della savana, non possano fare del loro meglio per creare qualcosa di simile. E, sì, sono impegnati nella straordinaria impresa di creare un equivalente di una LIP bruciando enormi quantità di carbonio organico ("fossile") che si era sedimentato sottoterra in decine o centinaia di milioni di anni di attività biologica. 

È notevole quanto sia stata rapida la LIP delle scimmie. Le LIP geologiche coprono in genere milioni di anni. La LIP delle scimmie ha attraversato il suo ciclo in poche centinaia di anni: la vediamo svilupparsi proprio ora. Finirà quando la concentrazione di carbonio fossile immagazzinato nella crosta diventerà troppo bassa per autosostenere la combustione con l'ossigeno atmosferico. Proprio come tutti gli incendi, il grande incendio del carbonio fossile finirà quando finirà il carburante, probabilmente tra meno di un secolo. Anche in così poco tempo, è probabile che la concentrazione di CO2 raggiunga, e forse superi, livelli visti nel passato solo prima dell'Eocene, circa 50 milioni di anni fa. Non è impossibile che possa raggiungere più di 1000 parti per milione e anche di più. Oltre quattro volte i valori della concentrazione di prima che le scimmie mettessero mano ai loro fuochi alimentati da carbonio fossile. 

C'è sempre la possibilità che una così alta concentrazione di carbonio nell'atmosfera spinga la Terra oltre il limite della stabilità e uccida Gaia surriscaldando il pianeta. Ma non è uno scenario molto interessante: moriamo tutti e basta. Quindi, esaminiamo la possibilità che la biosfera sopravviva al grande impulso di carbonio generato dalle scimmie della savana. Che cosa accadrà?

Le stesse scimmie saranno probabilmente le prime vittime dell'impulso di CO2 che hanno generato. Senza i combustibili fossili su cui fanno affidamento, il loro numero diminuirà molto rapidamente. Dall'incredibile numero di 8 miliardi di individui, che hanno recentemente raggiunto, torneranno ai livelli tipici dei loro primi antenati della savana: forse solo poche decine di migliaia. Molto probabilmente, si estingueranno. In ogni caso, difficilmente riusciranno a mantenere la loro abitudine di abbattere intere foreste. Senza scimmie impegnate nel business del taglio e con alte concentrazioni di CO2, le foreste sono avvantaggiate rispetto alle savane, ed è probabile che ricolonizzino la terra, e vedremo di nuovo un pianeta lussureggiante e boscoso (le scimmie arboree probabilmente sopravvivranno e prospereranno). Tuttavia, le savane non scompariranno. 

Su tempi molto lunghi, il grande ciclo di riscaldamento e raffreddamento terrestre potrà ricominciare dopo la fine della grande LIP delle scimmie, proprio come è successo per le LIP geologiche "naturali". Tra qualche milione di anni, la Terra potrebbe assistere a un nuovo ciclo di raffreddamento che porterà di nuovo a una serie di ere glaciali simili a quelle del Pleistocene. A quel punto, potrebbero evolversi nuove scimmie della savana. Potrebbero riprendere la loro abitudine di sterminare la megafauna, bruciare foreste e costruire utensili in pietra. Ma non avranno la stessa abbondanza di combustibili fossili che le scimmie chiamate " Homo sapiens " avevano trovato quando emersero nelle savane. Quindi, il loro impatto sull'ecosistema sarà minore. 

E poi cosa? In tempi molto lunghi, il destino della Terra è determinato dal lento aumento dell'irradiazione solare che, a lungo andare,  eliminerà tutto l'ossigeno dall'atmosfera e sterilizzerà la biosfera , forse tra meno di un miliardo di anni. Nel frattempo, potremmo assistere a più cicli di riscaldamento e raffreddamento prima che l'ecosistema terrestre collassi. A quel punto, non ci saranno più foreste, né animali, e potrà persistere solo la vita unicellulare. Deve essere così. Gaia, povera signora, sta facendo il possibile per mantenere in vita la biosfera, ma non è onnipotente. E nemmeno immortale. 

Tuttavia, il futuro è sempre pieno di sorprese e non bisogna mai sottovalutare quanto sia intelligente e intraprendente Gaia. Pensate a come ha reagito alla carenza di CO2 delle ultime decine di milioni di anni. Ha inventato non solo uno, ma due nuovi meccanismi di fotosintesi progettati per funzionare a basse concentrazioni di CO2: il meccanismo detto "C4" tipico delle erbe e un altro chiamato metabolismo dell'acido crassulaceo (CAM) . Per non parlare di come la simbiosi fungo-pianta nella rizosfera si sia evoluta con nuovi stratagemmi e nuovi meccanismi. Non ci possiamo immaginare cosa possa inventare la vecchia signora nel suo garage insieme ai suoi Elfi scienziati (quelli che lavorano anche part-time per Babbo Natale). 

Ora, cosa succede se Gaia inventa qualcosa di ancora più radicale in termini di fotosintesi? Una possibilità sarebbe che gli alberi adottassero il meccanismo C4 e creassero nuove foreste che sarebbero più resistenti alle basse concentrazioni di CO2. Ma possiamo pensare a innovazioni ancora più radicali. Per esempio di un percorso di fissazione dell'energia solare che non funzioni solo con meno CO2, ma che non richiede nemmeno CO2. Sembra quasi miracoloso ma, sorprendentemente, quel percorso esiste . Ed è stato sviluppato esattamente da quelle scimmie della savana che hanno armeggiato con - e parzialmente rovinato - l'ecosfera. 

Il nuovo percorso fotosintetico non usa nemmeno molecole di carbonio ma usa solo silicio solido (le scimmie la chiamano "energia fotovoltaica"). Immagazzina l'energia solare sotto forma di elettroni eccitati che possono essere conservati a lungo sotto forma di metalli ridotti o altre specie chimiche. Le creature che utilizzano questo meccanismo non hanno bisogno di anidride carbonica nell'atmosfera, non hanno bisogno di acqua e possono cavarsela anche senza ossigeno. Ciò che le nuove creature possono fare è difficile da immaginare per noi (anche se  possiamo provarci ). 

In ogni caso, Gaia è una donna tosta, e potrebbe sopravvivere molto più a lungo di quanto possiamo immaginare, anche con un sole abbastanza caldo da ridurre in cenere la biosfera. Le foreste sono le creature di Gaia, e lei è benevola e misericordiosa (non sempre, però), quindi potrebbe tenerle con sé per molto, molto tempo. (e, chissà, potrebbe anche risparmiare le scimmie della savana dalla sua ira!). 


Potremmo essere scimmie della savana, ma rimaniamo intimoriti dalla maestosità delle foreste. L'immagine di una foresta fantastica dal film di Hayao Miyazaki, "Mononoke no Hime", risuona molto con noi.