Questa volta cercherò di toccare il
cuore della Questione (quella con la Q maiuscola).
Tante volte abbiamo sentito condannare i
comportamenti “contro natura” dai più disparati pulpiti.
Per lo più a usare questa espressione sono
esponenti ecclesiastici. Ma non solo.
Cosa intende dire chi utilizza questa locuzione?
Intende dire che in natura per ogni specie, per ogni fenomeno, per ogni evento,
esiste un determinato ventaglio di possibilità di accadimenti, e i
comportamenti che rientrano all’interno di questo ventaglio sarebbero “secondo
natura”, gli altri “contro natura”.
Ma, se tutto è natura, come è possibile
che esistano comportamenti non solo al di fuori della natura, ma addirittura
contro la natura stessa?
Qui, come si vede, il discorso si
ingarbuglia. Ma è un discorso estremamente importante, per cui è opportuno approfondirlo
e cercare di sgarbugliarlo.
Iniziamo col dire che effettivamente
tutto ciò che conosciamo è natura. Abbiamo un determinato numero di sensi e
attraverso loro ci giungono le immagini, i suoni, gli odori, i sapori e le sensazioni
che il mondo esterno ci trasmette.
Poi tutti questi “input” vengono
elaborati dal nostro organo di comando, il quale è in grado di abbinarli anche
in modo da immaginare cose, oggetti ed esseri non esistenti in natura.
Il primo esempio che mi viene in mente
per illustrare questo concetto è il centauro, metà uomo e metà cavallo, ma la
mitologia ci tramanda molte altre creature inventate di sana pianta, dalla chimera
al minotauro, dall’unicorno alla sfinge e così via.
Ecco dunque che troviamo un primo
elemento interessante sul percorso che ci dovrebbe condurre a stabilire se
esiste qualcosa “contro natura” e, in caso affermativo, in cosa consisterebbe:
il cervello umano è in grado di concepire, partendo da elementi della natura, cose
che in natura non esistono.
Possono farlo anche i cervelli di altre
specie animali? Probabilmente sì, ma solo a livello di rappresentazione onirica.
Tutti gli animali dormono e, per analogia con quanto accade a noi, non abbiamo
motivo di dubitare che anche essi sognino. In questa fase le cose o gli esseri
visti, sentiti, percepiti da svegli probabilmente possono trasformarsi in cose
o esseri non esistenti realmente ovvero in rappresentazioni mentali storpiate
dal meccanismo del sonno. Ma sono illusioni che terminano al momento del risveglio.
Solo encefali con un grandissimo numero
di neuroni possono far credere a chi li possiede che in natura esistano cose o
esseri partoriti unicamente dalla fantasia di chi li ha concepiti.
Con questo giro di parole ci imbattiamo
nel cosiddetto “pensiero astratto”, ovvero in quella facoltà tipica del
cervello umano di dedurre da alcune caratteristiche reali altre caratteristiche
non più reali (ovvero non esistenti in natura) ma in grado di raggruppare
idealmente un insieme di soggetti all’interno di determinate categorie.
Dal mondo delle idee di platonica
memoria in avanti, una infinita schiera di pensatori si è avventurata in questo
tipo di esercizio mentale.
L’intera disciplina che si è autodefinita
“amante del sapere” (la filosofia), nasce e si basa sulle fantasticherie del
pensiero astratto.
Senonché questo tipo di pensiero, che
partorisce costruzioni mentali non esistenti nel mondo reale, è in grado poi di
trasformare queste creazioni intellettuali in oggetti concreti frutto dell’assemblaggio
di “pezzi” di natura (pietre, legni, ossa …) realizzato “ad arte”.
Con questo nuovo giro di parole passiamo
dal “pensiero astratto” al “mondo artificiale”, il primo in contrapposizione al
“pensiero concreto” e il secondo al “mondo naturale”.
Se questi ultimi due esistono da milioni
e milioni di anni, i primi due sono molto recenti (datano poche decine di
secoli), e in questo breve volgere di tempo hanno stravolto un equilibrio che era
andato consolidandosi con estrema gradualità.
Dalla clava e dall’arco si è passati
alla polvere da sparo e alla bomba atomica. Dal cibarsi raccogliendo frutti e
andando a caccia si è passati alle monocolture agricole e agli allevamenti
intensivi. Con tutte le conseguenze nocive e destabilizzanti che ormai ben
conosciamo.
Ma lasciamo per un attimo da parte i
concetti fin qui acquisiti e divaghiamo verso un altro tipo di ragionamento,
all’interno del quale troveremo elementi utili allo scopo che ci siamo
prefissi.
Il fenomeno che ci interessa più da
vicino, la vita, ha un andamento lineare? Ovvero: sappiamo che tutto evolve e
che la continuità della vita è garantita dalla capacità di riproduzione delle
singole specie. Ma questo “meccanismo” non incontra mai intoppi?
La domanda è di tipo retorico, perché in
realtà sappiamo che in natura non vi è nulla di lineare, bensì la vita nasce
dal caos, dallo scontro infinito e casuale degli elementi.
Non uso il termine di lotta, perché questo
implica concetti partoriti dal pensiero astratto, (bene e male, giusto e
ingiusto ecc.). Anche l’idea di linea retta e di andamento lineare, nascono da
questo tipo di pensiero. In natura esiste un numero infinito di linee e di forme,
bidimensionali e tridimensionali. Tra queste vi sono anche la linea retta, il quadrato
e il cubo, ma mischiati a infinite altre linee e forme. Solo il pensiero
astratto isola le categorie “perfette”, quelle che rispondono a determinati
criteri da esso stabiliti.
Nello scontro infinito e casuale degli
elementi si verificano situazioni “costruttive” e altre “distruttive”. Con le
prime intendo il verificarsi di aggregazioni accrescitive di determinate
realtà, con le seconde il verificarsi di fenomeni disgregativi delle medesime.
Se prevalgono le prime la vita prospera,
se prendono il sopravvento le seconde la vita soffre e arretra.
L’esempio della malattia ci aiuta a
comprendere meglio questo concetto. I virus che ci fanno ammalare o le cellule
che da sane si trasformano in tumorali, fanno entrambi parte della natura, ma
non per questo favoriscono la diffusione della vita, né la sua conservazione.
Anzi la ostacolano in quel continuo accavallarsi di elementi da cui poi fuoriesce
l’evolversi di tutti i fenomeni naturali.
Ma allora cosa è “contro natura”, se
anche questi elementi ostili alla vita fanno parte della natura?
Praticamente nulla, visto che tutto è
natura.
Ma se proprio vogliamo trovare un
elemento che contrasta più degli altri con l’ordinato svolgimento della vita
sul pianeta, dobbiamo tornare a quel concetto di pensiero astratto cui facevo
cenno più sopra.
È lui, solo lui, in grado di contravvenire
alle cosiddette leggi di natura. Non a tutte, ovviamente. La legge di gravità,
ad esempio, è ineludibile. Ma anche in questo caso, che pare uno dei più inoppugnabili,
l’uomo, tramite il pensiero astratto, è riuscito a realizzare dispositivi con
cui volare e solcare i cieli.
In un altro articolo recentemente
apparso su Effetto Cassandra ho menzionato come anche le consuetudini sessuali e
le stagioni degli amori siano stati modificati dall’uomo a seguito delle sue
accresciute capacità cerebrali (vedi “La
ripugnanza del sesso, perché ci vergogniamo di certe cose”).
Molti altri esempi di questa capacità di
plasmare i nostri comportamenti in modo diverso da quanto previsto dall’evoluzione
naturale della vita sono rintracciabili negli ultimi millenni e, fatto ancor
più rilevante, questi comportamenti “artificiali” sono andati crescendo con un
ritmo sempre più accelerato di secolo in secolo, sino all’andamento
parossistico dei nostri giorni.
L’avanzamento di questo modus vivendi
artificiale si è verificato ai danni di un’infinità di altre specie animali e
vegetali, la cui sparizione è andata crescendo in parallelo alla crescita del
primo.
Ecco dunque che abbiamo individuato qualcosa
che osteggia lo statu quo esistente in natura e il suo lento, pigro modificarsi
millennio dopo millennio!
Questo qualcosa, che agisce “contro
natura” pur se originato all’interno del mondo della natura, è il cervello dell’uomo
dopo il superamento di una imprecisata soglia di crescita.
Il limite è determinato dal formarsi della
neocorteccia? Dal numero di neuroni superiore a una determinata quantità? Dalla
ragnatela dei collegamenti inter-sinaptici sempre più fitta?
Non è dato saperlo e non è neppure particolarmente
importante conoscerlo.
Ciò che conta è che l’intelligenza è
cresciuta e ha iniziato a modificare il mondo circostante con criteri diversi
da quelli sino a quel momento utilizzati dal caso, il vero motore dell’evoluzione.
Non è stata una colpa (concetto figlio del
pensiero astratto), ma un caso (si veda in proposito il mio articolo “Il
caso e la colpa” scritto in risposta a un articolo di Igor Giussani dedicato
al Cancrismo).
Se dunque esistono atti definibili come “contro
natura” (nel senso che contrastano con quanto sarebbe accaduto nel mondo della
natura in assenza di interventi determinati dal pensiero astratto) questi sono
tutti riconducibili a quell’unico grande evento cui ho fatto cenno più volte, e
cioè a quella abnorme evoluzione patìta dal nostro encefalo che ci ha resi più
intelligenti di ogni altro essere vivente e proprio per tale motivo ci ha trasformati
in cellule tumorali della biosfera.