di Bruno Sebastiani
La
potenza elaborativa del nostro cervello dipende dallo straordinario numero di
neuroni che vi si sono sviluppati (circa 100 miliardi) e dall’ancor più
strabiliante numero di sinapsi che li collegano l’un l’altro (circa 125 mila
miliardi).
Da
un articolo reperito in rete apprendo che le sinapsi sono così piccole (meno di
un millesimo di millimetro di diametro) che gli esseri umani fino ad oggi non
sono stati in grado di vedere la loro struttura e le loro funzioni e che alcuni
ricercatori della Stanford University School of Medicine (California) hanno condotto
uno studio in base al quale hanno scoperto che la complessità del cervello va
al di là di quello che avevano immaginato (affermazione di Stephen Smith, professore
di fisiologia molecolare e cellulare, autore principale dello studio).
Apprendo
anche che «Una sinapsi, da sola, è più simile a un microprocessore, con la
memoria di archiviazione ed elementi di elaborazione delle informazioni,
rispetto a un altro interruttore on/off. Infatti, una sinapsi può contenere
l'ordine di 1000 switch su scala molecolare. Un unico cervello umano ha più
switch di tutti i computer e i router e le connessioni internet sul nostro
pianeta.» (https://it.emcelettronica.com/cervello-come-microprocessore)
Tralascio
di appurare se le affermazioni riportate corrispondono esattamente a realtà: appaiono
sufficientemente verosimili e il mio scopo qui è solo di assumerle come punto
di partenza di un ragionamento più ampio.
Intendo
infatti concentrarmi su un fenomeno che in via analogica richiama a livello
planetario la funzione svolta dalle connessioni inter-sinaptiche all’interno
del nostro cervello.
Mi
riferisco alla rete mondiale di fonia e dati (internet) e, più in particolare, ai
dispositivi portatili di dimensioni ridotte che oramai ci seguono dappertutto.
Attraverso
questi apparecchi siamo in grado di comunicare con ogni persona con cui entriamo
in contatto esattamente come ogni neurone del nostro cervello dialoga con gli
altri neuroni (mutatis mutandis).
Non
solo. Attraverso questi apparecchi possiamo attingere ad ogni banca dati esistente
sul pianeta (l’equivalente della nostra “memoria”), e in futuro il numero e l’ampiezza
di questi “depositi di sapere” aumenteranno a dismisura.
Ma
non sarà solo la mole dei dati a nostra disposizione ad accrescersi.
Massicci
investimenti sono in programma (e già in parte in corso di impiego) per rendere
più veloci ed efficienti i sistemi di comunicazione esistenti e per crearne di
nuovi.
E
questo è uno degli aspetti più preoccupanti della questione.
Citerò
tre casi concreti.
1)
I satelliti. SpaceX, l’azienda aerospaziale statunitense con sede a Hawthorne
(California) costituita nel 2002 da Elon Musk, è stata autorizzata al
collocamento in orbita bassa di migliaia di satelliti, nell'ambito di un
progetto denominato “Starlink” che ha per obiettivo portare Internet
ultraveloce anche nelle zone più isolate del pianeta. Ad oggi sono stati lanciati
i primi 60 satelliti quale avanguardia dei 12.000 previsti a regime. Altre
aziende di altri Paesi vorranno seguire l’esempio? Da notare che qui si parla
solo di dispositivi satellitari per le comunicazioni, mentre esistono già
sciagurati progetti per utilizzarne altri a scopi pubblicitari! In questo caso
l’azienda è russa, ma con un nome americano StartRocket. Il sistema si chiama “space
advertising” e si prefigge di proiettare in cielo di notte immensi cartelloni
pubblicitari luminosi. C’è da augurarsi che qualcuno rinsavisca prima di
autorizzare un simile oltraggio alla bellezza dell’Universo!
2)
I cavi sottomarini. Per comprendere come il mondo sia collegato ad internet bisogna
guardare nei fondali degli oceani: sott’acqua passano centinaia di cavi in
fibra ottica che sostengono l’intera infrastruttura di connessione. La rete è
stata realizzata negli ultimi decenni ad opera soprattutto di società private.
Microsoft
e Facebook hanno completato nell’oceano Atlantico una dorsale in fibra ottica (denominata
“Marea”) in grado di trasmettere sino a 160 terabit di dati al secondo. È un cavo
lungo 6.500 chilometri collocato ad una profondità di oltre 5.000 metri sotto
la superficie del mare.
Sempre
Facebook ha in programma la posa di un altro cavo destinato a circumnavigare l’intero
continente africano. Nome del progetto: Simba.
Google
entro il 2020 poserà “Dunant” tra Francia e USA. Il volume di traffico che
Google muove ogni giorno è straordinario, il 25% del totale mondiale, ma la
capacità della rete non è infinita. Per questo motivo la società di Mountain
View intende ampliare le sue infrastrutture di rete collegando con cavi
sottomarini proprietari diverse aree del globo, come il Cile con Los Angeles,
gli Stati Uniti con la Danimarca e Hong Kong con l'isola di Guam.
Anche
la cinese Huawei Marine Networks, azienda nata nel 2008, sta investendo ingenti
risorse per realizzare nuovi cavi sottomarini.
3)
La rete 5G. Se le infrastrutture sin qui citate (satelliti e cavi sottomarini) sono
destinati a sostenere il traffico dati di maggiori dimensioni, l’incombente
rete 5G avrà il compito di portare l’informatica “veloce” in ogni casa e di far
dialogare tra loro in tempo reale tutti i dispositivi dotati di una scheda elettronica
di comunicazione.
Il
5G permetterà infatti di usare la rete mobile per tutta una serie di servizi
che finora sono stati appannaggio di altri mezzi. In futuro dovrebbe
soppiantare le attuali connessioni in fibra dando vita all’era degli apparati sempre
connessi, senza necessità di passare continuamente da Wi-Fi a rete mobile.
Ma
quali i rischi? Secondo l’appello
internazionale Stop al 5G sulla Terra e nello spazio (firmato al 31 agosto
2019 da 126.962 persone e organizzazioni di 203 nazioni) «Il 5G aumenterà in
modo massiccio l'esposizione alle radiazioni a radiofrequenza (RF) sulle reti
2G, 3G e 4G per le telecomunicazioni già installate».
Che
influenza potrà avere un simile bombardamento di onde radio a frequenze assai
elevate su piante e animali, esseri umani compresi?
Inoltre.
Le alte frequenze garantiscono l’aumento della velocità, ma rendono la
propagazione del segnale più difficile, perché maggiormente sensibili agli
ostacoli fisici. Quanti alberi andranno abbattuti per far transitare
liberamente le onde del 5G in città e in campagna? Quanti più ripetitori di
segnale ci vorranno per una copertura capillare del segnale?
Obiettivo
è modificare la rete da fisica a virtuale, definita da software, composta da
slices definiti da algoritmi: il network slicing è la capacità di creare
dinamicamente “fette” di rete per rispondere ai requisiti delle diverse
applicazioni ed è una delle tecnologie chiave del 5G.
Cosa
si aspetta l’essere umano da questa “rete sinaptica mondiale” che sta costruendo?
Vi sono senz’altro importanti aspetti economici e commerciali che spingono a
realizzare questa nuova tecnologia, ma di questi non ci occupiamo perché attengono
al lato “venale” dell’uomo.
Vi
è invece a mio avviso un aspetto molto, ma molto, più inquietante, sbandierato
dai fautori del 5G come assai positivo: essi sostengono, a ragione, che la
nuova rete consentirà livelli di interconnessione finora mai raggiunti. Ma,
posto che l’uomo pur in assenza di tali livelli è riuscito a devastare ampiamente
la biosfera, fin dove si spingerà questa opera distruttiva con l’avvento di una
rete di collegamento tanto più efficiente?
La
massima ambizione prometeica (o diabolica?) dell’uomo è di accrescere a
dismisura il suo potere sulla Terra. Per realizzarla occorre una dose
supplementare di intelligenza sia individuale che collettiva. Relativamente
alla prima si veda il mio precedente articolo: “Verso
cervelli più potenti e con più memoria”. La rete sinaptica mondiale di cui
abbiamo parlato risponde al secondo tipo di intelligenza da implementare,
quella collettiva.
Vi
è poi la concretizzazione dell’intelligenza artificiale quale ulteriore sistema
di assoggettamento e dominio della biosfera. Di questa parlerò in altro
articolo.
Resta
il fatto che tutti questi progetti convergono verso quella attività umana di
aggressione alle cellule sane del pianeta che ricorda assai da vicino l’attività
svolta dalle cellule cancerogene ai danni delle altre cellule dell’organismo
ospitante.