domenica 20 aprile 2014

L’UNICITA’ DELLA SPECIE UMANA NE DETERMINA IL FATO? Parte 3 – Il presente.

Terza parte della serie di Jacopo Simonetta sull'origine e il destino degli esseri umani

Prima parte.
Seconda parte.




di Jacopo Simonetta.
        Ci sono volute circa 10.000 generazioni  perché la popolazione umana raggiungesse 1 miliardo nel 1800 circa ed altri 130 anni per raggiungere i 2 miliardi di individui verso il 1930; poi, nell’arco di una sola vita umana, siamo passati ad oltre 7 miliardi in ulteriore, rapido aumento.   E’ vero che il tasso di crescita sta diminuendo costantemente dalla metà degli anni ’60, ma il tasso record del 2,19% del 1963, applicato ad una popolazione di 3,2 miliardi di persone, comportò un aumento di poco più di 70 milioni di bocche da sfamare.    Nel 2013, un tasso di crescita pari a “solamente” 1,14 %, applicato ad una base di 7,16 miliardi, ha portato quasi 82 milioni di bocche in più attorno al desco globale.

La densità di popolazione media mondiale oggi è all'incirca di una persona ogni 2 ettari, compresi i deserti e le alte montagne.   Se si considera la sola superficie agricola, le stime della FAO del 2006 davano una persona ogni 2.000 mq circa, altre fonti danno cifre un po’ diverse, ma poco importa la differenza, da momento che tutte concordano sul fatto che tale cifra si è dimezzata in 40 anni circa e che la tendenza è ad un’ulteriore, rapida, riduzione. In Italia, nel 2004 avevamo “ben” 2.280 mq di terra agricola a persona (ISTAT), ma considerando che diminuisce di circa 30 mq l’anno a causa dell’incremento demografico e dell’urbanizzazione; oggi dovremmo averne poco più di 2.000 mq con “rating” negativo. Eppure il costo medio del cibo nel corso degli ultimi 50 anni è diminuito, come è possibile un simile miracolo?

Figura 1
Semplicemente è stato reso possibile dal fatto che abbiamo trovato il modo di utilizzare petrolio e gas per produrre cibo. Chiunque pensi che l’attuale popolazione possa sopravvivere senza avere a disposizione combustibili fossili di alta qualità, in quantità praticamente illimitate ed a prezzo molto basso osservi bene questo grafico (fig.1):



Meccanizzazione, irrigazione e concimi sintetici hanno infatti consentito un aumento delle rese ad ettaro comprese fra il 50 ed il 200% a seconda delle colture e delle zone, ma tutto ciò è fattibile solo con grandi consumi di energia.   Oggi si stima che l’agricoltura consumi in media 4 joule fra petrolio e gas per produrre 1 joule sotto forma di cibo, ma le colture ad altissima produttività (quelle che fanno i 180-200 q/ha e che nutrono le megalopoli del mondo) consumano oltre 10-12 joule di energia fossile per ogni joule di granella raccolta.   E bisogna ancora trasportarla, macinarla, impacchettarla, cuocerla, ecc.   Stime ragionevoli valutano in una media globale di 40 joule di energia fossile consumata per mangiare un joule di cibo; che ci si trovi a New York, a San Paolo, a Shanghai  od al Cairo fa poca differenza.

Figura 2

In termini energetici, stiamo letteralmente mangiando petrolio condito con metano; tutto il resto serve sostanzialmente renderlo più gustoso e digeribile.

Niente di strano, dunque, che il prezzo del cibo segua quello del petrolio (fig.2).

Figura 3

Con tutto ciò, la produzione mondiale pro- capite di cereali  ha raggiunto un picco nel 1985 per poi declinare (fig.3). Le scorte strategiche mondiali sono ai minimi storici e non riescono a risollevarsi neppure nelle annate migliori, mentre abbiamo visto che ogni anno ci sono circa 80-90 milioni di bocche in più da sfamare.



Figura 4.
Parallelamente, la quantità di persone denutrite è andata diminuendo dal 1960 fino al 1995, per poi circa triplicare nei 20 anni successivi.(fig. 4).
Forse la resa agricola potrebbe ancora aumentare, ma anche in questo caso l’effetto della legge dei “ritorni decrescenti” è evidente (fig.5).   Quali sarebbero dunque i costi, quali conseguenze e con quali risultati? 

Figura 5
Sappiamo inoltre che il cambiamento climatico in corso già grava sulla produzione agricola mondiale e che sempre di più lo farà. In un disperato tentativo di compensazione, ogni anno circa 1.500.000 di ettari vengono annualmente messi a coltura mediante bonifiche e disboscamenti.   E’ impossibile sapere con esattezza di quanto annualmente diminuisca la superficie forestale sia per motivi politici (ovvi),  sia tecnici (cosa è classificato come “foresta” cambia a seconda degli autori).   Comunque, pare che dal 8.000 a.C. al 1.900 d.C (10.000 anni) siano state distrutte circa il 50% delle foreste originarie; fra il 1900 ed il 2.000 (100 anni) la metà di quelle rimaste; entro il 2020-30 (10-20 anni) la metà di quelle che rimangono oggi (anzi, ieri). Le conseguenze sui suoli, le acque, la biodiversità ed il clima sono semplicemente incalcolabili.
Eppure la superficie agricola continua a diminuire (dal 1980 al 2000 è calata dell’11%, pari a 80 milioni di ettari) in conseguenza di una serie di fenomeni, perlopiù dipendenti dall'eccessivo sfruttamento cui è sottoposta (desertificazione, erosione, edificazione, salinizzazione, ecc.). Oramai, questo immane sforzo produttivo fa si che praticamente tutti i suoli accessibili siano più o meno seriamente degradati, compresa la maggior parte di quelli forestali (fig. 6).   

Figura 6

Forme più moderne di agricoltura (come la permacoltura, l’agricoltura biologica e biodinamica) hanno consumi energetici che sono circa la metà di quelli dell’agricoltura industriale e non danneggiano il suolo, ma comunque necessitano di petrolio sia per la meccanizzazione, sia per tutti i servizi collegati (consumi domestici degli agricoltori, trasporti, ecc.).    Sulle rese gli effetti sono diversi: in grossolana approssimazione si può ritenere che nei paesi temperati i raccolti diminuiscono leggermente, mentre nelle zone tropicali aumentano.   Nell'insieme, si può quindi ritenere che, passando a forme di agricoltura più sostenibili, la produzione mondiale di cibo potrebbe restare circa costante, a fronte di un netto rallentamento nel degrado dei suoli e nei consumi di energia.   Un vantaggio enorme, ma che da solo non sarebbe sufficiente a risolvere il problema della sovrappopolazione.   Anzi, potrebbe addirittura peggiorarlo consentendo un ulteriore aumento della popolazione, analogamente a quanto accaduto con la "rivoluzione verde".
Figura 7

L’impronta ecologica è un modello di valutazione della sostenibilità approssimativo, ma è comunque indicativo.   E’ interessante vedere che il numero di giorni in cui siamo andati in “debito ecologico” ha continuato ad aumentare di anno in anno, a partire dal 1976 quando, probabilmente, l’umanità superò per la prima volta la capacità di carico complessiva del pianeta (fig. 7).   Com'è possibile che la gente sopravviva?   Semplice: si stanno usando ed esaurendo le riserve di energia fossile, acqua, fertilità, biodiversità.   E man mano che le riserve si erodono, la capacità di carico del pianeta si riduce ed il debito ecologico si accumula, analogamente a quello finanziario di cui tanto si parla in questi anni.   Eppure, il debito ecologico, di cui non si parla, è molto più grave giacché non è possibile azzerarlo in altro modo che morendo in quantità sufficiente.   E quanto è sufficiente?   Nessuno può saperlo, ma sappiamo che ogni anno è un po’ di più del precedente.

Tuttavia da molte parti ci dicono di non preoccuparsi perché la natalità diminuisce spontaneamente con l’aumento del benessere, quindi la crescita economica ridurrà la natalità: è solo una questione di tempo e di sviluppo.  In realtà la natalità è correlata con la capacità di decisione autonoma delle donne e non con il reddito (anche se donne benestanti ed istruite sono spesso più autonome di donne povere ed analfabete, ma non sempre).   All'atto pratico, la cosiddetta “transizione demografica” rappresenta abbastanza bene quello che è accaduto nei paesi “occidentali” al netto dell’immigrazione, ma non nel resto del mondo (v. tabella).   Fra i paesi a crescita più rapida troviamo sia i poverissimi che i ricchissimi, mentre fra quelli a crescita negativa troviamo praticamente solo poveri (v. energia-e-crescita-demografica).  Questa  è una grossa fortuna perché il livello di benessere sta diminuendo per moltissima gente in tutto il mondo e molto di più diminuirà nei prossimi decenni senza che ciò, per ora, provochi una recrudescenza della natalità.   

 Al di là di imprevedibili fluttuazioni di dettaglio, sappiamo infatti che siamo attualmente in una fase di picco della  disponibilità energetica e che nel giro di 10-20 anni la disponibilità globale non potrà che diminuire (fig. 8), con quali conseguenze sulle economie e le popolazioni?  

Figura 8



22 commenti:

  1. Fin troppo ovvie le conclusioni: carestie e fame, con tutte le logiche conseguenze del caso, quali guerre per accaparrarsi un tozzo di pane: in poche parole collasso della società. Quello che mi rende più sgomento è che anche volendosi preparare, nel proprio piccolo in tempo a questi sconvolgimenti, non si potrà evitare di esserne coinvolti e sommersi.

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    1. beh io nel dubbio vado a fare il pieno alla macchina, non si sa mai

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  2. In America e in giro per il mondo c'è da anni il movimento di coloro che si preparano, i famosi "Prepper".. Fanno scorte di viveri inscatolati, sufficienti per mesi, spesso per anni.. Comprano armi e munizioni per respingere orde intere di migranti affamati, etc..
    I prepper piu' estremi, imparano a mangiare cavallette, radici, animali che si trovano nei boschi, re-imparano a cacciare con strumenti primitivi, a orientarsi senza bussola, a trovare fonti d'acqua... insomma, si preparano a tornare ad essere uomini delle caverne.. a sopravvivere senza tecnologia, come si faceva 5 mila o 10 mila anni fa..
    Servirà davvero? Forse.. in parte.

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  3. Claudio DV: Ugo non voglio fare le solite polemiche ma il dato di 40:1 è del tutto assurdo; non ci sarebbe abbastanza energia già da anni; fatti due conti: dato che il metabolismo basale dell’uomo è di circa 100W, si può stimare che in un anno l’umanità dissipi a questo scopo almeno 2×10^19J; il consumo energetico primario totale è dell’ordine di 50×10^19J; da qui risulterebbe circa il 4% del totale dedicato al cibo, ma sfortunatamente 2x40 fa 80, ergo il tuo dato Ugo è ASSURDO!!!! condivido lo spirito generale del post ma ci sono due cose sballate: 1) i dati dell'energia fossile per il cibo; al massimo per i cereali siamo sotto l'unità diciamo la metà in genere del contenuto energetico del cibo mentre per la carne siamo sopra 2 volte forse 3 in qualche caso, ma c'è anche da considerare il rapporto trofico 1:10 l'altra cosa è che queste assurdità dei dati corrispondono alla tecnorassegnazione; è un fatto oggettivo siamo fottuti, e invece NO non è una cosa naturale dipende dalla nostra assurda organizzazione sociale dalla produzione per il mercato che va sempre in crescita; il mercato capitalistico; è quello da eliminare, anche la popolazione cresce per quello è diventata un elemento del mercato capitalistico del lavoro non è un processo spontaneo; questi due errori Ugo ti rendono un tecnorassenato: di fatto dai alla tecnologia ed ai suoi limiti dei ruoli che invece competono alla socialità ed ai suoi limiti

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    1. quoto, soprattutto la riflessione sul capitalismo. Ad ogni modo non escludo che ci sia bisogno di un modello che sia realisticamente sostenibile.

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    2. per cuocere 1 kg di pane nella macchina mi ci vuole 1 Kwh = 3.600.000 J. 1 kg di pane sono 2500 cal = 10.000 J. Rapporto 360:1. Forse è meglio cominciare a mangiare la farina senza cuocerla.

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    3. mago scusa eh ma questa merita di essere incorniciata perchè dimostra che non sai le cose: sono Claudio DV : quelle dei cibi sono le cosiddette "grandi calorie" 2500 grandi calorie da moltiplicare per 1000 sono 2.500.000 cal ossia 2.5Mcal che corrispondono a 2.5x 4.18=10.45MJ ossia 10.450.000 joules!!!!!!!!!!! quindi 3.600.000 joules per cuocere 10.450.000 joules di cibo ossia rapporto 0.3:1 altro che palle; prima di scrivere sciocchezze STUDIA!!!! se non diventi un mago si ma ......della boiata!

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    4. Possiamo anche dire 1 kg di pane diviso in piu pagnotte, o ti dà fastidio dividerti il pane con un africano per esempio???

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  4. Ottimo riassunto pesato di cose di cui abbiamo letto e parlato in forma frammentaria. Mi permetto solo di dissentire sull'accezione "moderna" di biodinamica. Inoltre ho letto cose sull'agricoltura biologica applicata alle main crops che mi fanno essere ancora meno ottimista. Saluti

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  5. Non mi trovo d'accordo nella parte dove scrivi che :

    "...Questa è una grossa fortuna perché il livello di benessere sta diminuendo per moltissima gente in tutto il mondo..."

    In realtà ,imho ,non sta diminuendo ma si sta semplicemente polarizzando.

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  6. Ho letto con interesse i post e azzardo un ragionamento.

    Sembrerebbe che il modo migliore di far funzionare una comunità umana sia quello di creare una minisocietà.

    Che poi il mini identifichi il numero di persone coinvolte con una piccola tribù amazzonica o con uno Stato come la Svizzera sembrerebbe di secondaria importanza, l’importante è che la società sia sufficientemente attrezzata per rendersi impermeabile agli inquinamenti esterni.

    Il successo maggiore sarò determinato dalla capacità di riuscire ad avere contatti con altre comunità gestendoli in maniera tale che essi possano essere controllati.

    Fermandoli quando i benefici ottenuti dall’interscambio comincino ad essere portatori di effetti negativi

    L’accesso alle risorse in se ha creato problemi solo quando non è stato possibile controllarlo. Così la peste di Londra a fine 300 dovuta ad un aumento esponenziale della popolazione, o la globalizzazione subita nell’arco di pochi anni da popolazioni economicamente forti come quelle del mondo occidentale

    Del resto fin dall'apparizione delle prime aggregazioni le "regole"ed il loro ferreo rispetto sono nate a salvaguardia della comunità. Solo quando sono diventate patrimonio dei singoli hanno cominciato a fare danni

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    1. homo homini lupus. Quindi da subito.

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    2. Beh, potremmo chiedere una consulenza specifica a Kim Jong-un (ci ho messo un pò a rintracciarlo, anche perchè i suoi predecessori Kim Jong-il e Kim Il-sung, pur essendo scomparsi sono "eterni" e ancora in carica...) ... se tolleriamo il taglio dei capelli, potrebbe suggerirci qualcosa.

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    3. Eppure la Corea del Nord essendo assai meno consumista è una società molto più ecologica della nostra.
      Spostando i criteri di giudizio dall'antropocentrico all'ecologico le valutazioni cambiano molto.

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  7. bah !!! ... sicuri di aver letto bene ? :-)

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  8. Ad Anonimo20 aprile 2014 12:44: Può darsi che il dato di 40:1 sia sbagliato. Lo ho citato a memoria e non ho avuto la pazienza di andarmi a ricercare la fonte: errore mio, scusatemi. Quanto, invece, alla tecnorassegnazione, il parere mio (non so quale sia quello di Ugo) è che la tecnica ha sempre risolto dei problemi ponendone altri e così via. All'infinito? No, perché prima o poi ci si ferma contro un muro di fattori limitanti invalicabili. E più sono i limiti che la tecnica ci ha permesso di superare in precedenza, più male ci si fa quando si sbatte. Allora sono contro la tecnica? Al contrario, io adoro un sacco di gadgets tecnologici (a cominciare da quello con cui sto scrivendo). E sono sempre stato affascinato dalle tecnologie d'avanguardia. Solo che hanno un prezzo che bisogna pagare e lo pagheremo. Una diversa organizzazione sociale ed economica avrebbe dato risultati diversi dagli attuali, verissimo, ma perché nessuno è stato in grado di pensarla? In fondo, questo è stato il fallimento del movimento verde: il non essere stato capace di proporre un'alternativa vera, ma questo è un discorso lunghissimo che (forse) tenterò di fare in un altro post.
    Per Yuma: Vero che comunità più piccole funzionano meglio di quelle grandi in caso di carenza di energia e risorse, solo che è piacevole solo finché va tutto bene. Quando ti salta un raccolto e non hai la FAO, oppure quando ti prendi una malattia grave e non hai l'ospedale e la Roche o la Bayer, che fai? Muori, come è naturale (ma non piacevole) che sia. Penso che succederà e faremmo bene a prepararci, ma sarebbe sbagliato non prepararsi a tutte le rinunce che questo comporta.
    Jacopo

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    1. il dato caro Jacopo è sballato il che non inficia ma indebilisce molto i tuoi ragionamenti; in parte li condivido ma debbono essere sviluppati molto più solidamente; cosa che ha bisogno di tempo; quanto alla organizzazione sociale le proposte ci sono ma non bastano come tali ci vuole molto più che la proposta democratica per eliminare 250 anni di capitalismo consolidatio

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    2. eh eh eh , non puoi avere botte piena e moglie ubriaca

      Comunque forse non è necessario arrivare a quegli estremi. Non per niente oltre alla tribu amazzonica ho citato la Svizzera

      Troppo poco lo spazio per un ragionamento più articolato . Mi ha sempre colpito comunque come il piccolo abbia maggior controllo di tutte le variabili che si affacciano, ed una velocità di reazione maggiore .

      Sicuramente vero che sia utopia pensare di far star bene tutti. e che alla fina la prevaricazione sia sempre dietro l'angolo.

      Tempo fa mi dilettai nello scrivere una specie di romanzo (per puro diletto personale) che vedeva sopravvivere ad una miniglaciazione una piccola comunità. Avendo accesso a risorse si vedeva anche affibbiato il privilegio di ricreare , partendo praticamente da zero, una società migliore.

      Soprattutto alla luce della conoscenza degli errori commessi dalla società precedente

      Ti lascio immaginare la conclusione ( tieni presente che non ero partito da un preconcetto, ma ho lasciato andare la fantasia, permettendo agli eventi di succedere )

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  9. Il post (assieme alle altre 3 parti che) è interessante e fornisce molti dati e spunti di riflessione.
    Però mi pare che l' accuratezza dei dati di partenza a volte sia poco adeguata.
    Ad esempio nella fig. 8 (dove tra l' altro non si distingue tra dati verificati e previsioni sul futuro tutte da verificare) il massimo (o picco come a qualcuno piace chiamarlo) arriva a 12Gtep, ma è errato. I dati dell' IEA indicano che nel 2011 a livello globale si era arrivati a 13,11 Gtep (probabilmente superate nel 2012 e nel 2013).
    Segnalo poi che l' affermazione "la quantità di persone denutrite è andata diminuendo dal 1960 fino al 1995, per poi circa triplicare nei 20 anni successivi.(fig. 4)" è sbagliata (forse si intendeva un altro concetto, tipo il guadagno ottenuto dal 1969 al 1995 è stato superato di 3 volte dalla crescita della fame nel mondo da tale data fino al 2009), perchè la fig. 4 indica che nel 1995 la popolazione denutrita arrivava a circa 820 milioni, mentre nel 2009 è passata a 1030, ossia un +26% circa. Da notare poi (vedi link presentato) che percentualmente dal 1969 al 2009 i denutriti nei Paesi in via di sviluppo sono passati da oltre il 30% a circa il 20%.
    Segnalo poi che secondo la FAO gli effetti negativi della crisi economica globale del 2008/2009 sono stati superati (intendo a lievello mondiale e non locale) tanto che gli ultimi dati sulla malnutrizione indicano valori (sempre agghiaccianti in sè, occorre ricordarlo) intorno ai 900-950 milioni (non ricordo esattamente ma è possibile andare sul sito delle FAO per conoscerli meglio).

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  10. In effetti i miei ricordi sul numero di affamati nel mondo erano errati per eccesso.
    I dati più recenti indicano 870 millioni di denutriti.
    Sono in diminuzione ma di fatto (al di là delle difficoltà statistiche e di calcolo come si vede leggendo i commenti nel sito ufficiale) gli obiettivi del Millennium Goal non sono stati raggiunti (e di molto).
    http://www.worldhunger.org/articles/Learn/world%20hunger%20facts%202002.htm
    Il dato globale vale comunque secondo la "statistica del pollo" (di Trilussa) perchè le variazioni locali sono state assai consistenti o con trend preoccupanti (come il crescere della denutrizione nei Paesi ricchi).

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  11. Verificherò tutto ciò ed aggiungerò una nota integrativa al post, grazie per le dritte. Comunque, mi pare che al di la di dettagli (diversi a seconda delle fonti) il problema sostanziale non cambi: energeticamente, la fonte principale di cibo è oggi costituita dai combustibili fossili ed il numero di persone denutrite, che era andato costantemente diminuendo dagli anni '60 fino a pochi anni fa, ha ricominciato a crescere malgrado un dispiegamento di forze crescente.
    Jacopo

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    1. Dal punto di vista energetico i fatti sono lampanti:
      dato che più dell' 80% di tutta l' energia prodotta ed usata dall' umanità per produrre beni (commestibili e non commestibili) proviene dalle fonti fossili, queste sono indispensabili ad oggi per farci vivere tutti.
      Dal punto di vista demografico invece il problema non è così chiaro: da un lato a seconda delle statistiche utilizzate (e ricordiamo che non è affatto facile stimare con una certa precisione quanti sono i denutriti nel mondo) dal 1990 ad oggi il mondo potrebbe avere visto
      A) l' aggiunta circa 50 milioni di "nuovi" denutriti
      B) la diminuzione di oltre 130 milioni di denutriti.
      Fertmo restando però la consderazione che nel 1990 a vivere sul pianeta eravamo in 5,3 miliardi mentre oggi siamo in più di 7. Un aumento per niente marginale!
      Purtroppo questa "bomba demografica" ha diminuito gli effetti positivi della crescita economica di lungo periodo (non sto considerando il fatto della sostenibilità di tale crescita, ma solo che si è verificata almeno a partire dall WWII come anche i dati sull' energia pro capite indicano). Se in tale periodo fosse stata adottata una efficace politica di limitazione delle nascite in media tutti starebbero meglio di come stanno oggi.
      Purtroppo la storia non si fa con i SE e per il futuro il disinnesco della bomba demografica non è ancora visibile, nonostante i tassi di crescita globale siano in diminuzione.

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