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mercoledì 20 gennaio 2016

Che ne è stato del 'picco del petrolio'?

Da “Yale Climate Connections”. Traduzione di MR (via Luca Pardi)

La speculazione che una volta era onnipresente sull'imminenza del picco del petrolio è svanita. Ma per molti non è questione di se, ma di quando. 

San Francisco, California, 18 dicembre 2015 – Che ne è stato dell'idea del “picco del petrolio”? Dieci anni fa non si riusciva ad evitarlo nemmeno a provarci. Libri di James Howard Kunstler, Richard Heinberg, Kenneth Deffeyes ed altri avvertivano che la produzione mondiale di petrolio avrebbe inevitabilmente raggiunto il picco presto, sulla base di analisi simili a quelle del celebrato geologo M. King Hubbert, che ha previsto, nel 1956, che la produzione di petrolio statunitense avrebbe raggiunto il picco fra il 1965 e il 1970. Accidenti se non aveva ragione. Col presunto picco di produzione mondiale del petrolio, le economie nazionali si sono attaccate all'iniezione di petrolio direttamente nelle loro grandi arterie, poi hanno iniziato a declinare. Picco del petrolio non significa che il petrolio scompaia – ne rimarrebbe ancora la metà – solo che ne verrebbe prodotto di meno ogni anno andando avanti e le economie traumatizzate cadrebbero in uno stato permanente di recessione mentre i consumatori combatterebbero, tipo in Mad Max, per gli ultimi barili.


lunedì 18 gennaio 2016

Il tramonto del petrolio: edizione del 2015

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

Cari lettori,

nell'ultimo rapporto annuale della IEA, il World Energy Outlook (WEO), edizione del 2015 (rapporto che abbiamo già commentato per esteso in questo blog) abbiamo avuto la fortuna che la IEA ci lasciasse una tavola numerica sull'evoluzione della produzione di idrocarburi liquidi (quelli che, con un abuso semantico da anni viene chiamato “petrolio” o “tutti i liquidi del petrolio”) prevista per i prossimi 25 anni secondo il suo scenario centrale. E' la tavola 3.5, che riproduco qui sotto:


domenica 17 gennaio 2016

Picco del petrolio: è quello vero?

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR



Art Berman riporta nel suo blog gli ultimi dati della IEA. Questi dati rivelano una grande quantità di informazioni su quanto è successo nei mercati petroliferi durante gli ultimi due anni circa. Tutta la cosa sembra essere finita fuori controllo, con tutti che pompano il più possibile, preoccupandosi solo di danneggiare i concorrenti e senza troppa preoccupazione circa il disastro generale causato dalla sovrapproduzione. L'eccesso ha stimolato la domanda, ma solo debolmente. Il risultato è stato il collasso del prezzo del petrolio, che osserviamo ancora oggi.

sabato 16 gennaio 2016

Il collasso dalla produzione di petrolio di scisto

Da “srsroccoreport.com”. Traduzione di MR (via Maurizio Tron)

Non dobbiamo più aspettare il collasso del petrolio di scisto statunitense, è già iniziato. Sfortunatamente, è una cattiva notizia per il governo statunitense e per l'economia interna. Il crollo della produzione petrolifera interna metterà a dura prova il sistema finanziario fortemente basato sul debito nei prossimi anni.

Secondo il recente Rapporto sulla Produttività delle Trivellazioni della Energy Information Agency (EIA), la produzione di petrolio di scisto dei principali giacimenti è prevista in declino di 116.000 barili al giorno nel gennaio 2016. Anche se la produzione di petrolio di scisto complessiva statunitense è prevista in calo del 12% dal suo picco del marzo 2015, uno dei giacimenti più grandi in Texas è in calo di un esorbitante 30%:

lunedì 28 dicembre 2015

World Energy Outlook 2015: Prospettive di decrescita imminente

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

il rapporto annuale per eccellenza nel mondo dell'energia, il World Energy Outlook (WEO), pubblicato ogni anno dalla IEA in questo periodo, è stato appena presentato a Parigi lo scorso 10 novembre. Si tratta, come sempre, di un rapporto voluminoso (718 pagine, quest'anno) in cui l'agenzia commissionata dall'OCSE perché consigli i governi degli stati membri in materia di politica energetica ci dà i dettagli di quali sono gli scenari di futuro sull'evoluzione dell'energia e dell'economia nei prossimi decenni. Date le caratteristiche del rapporto (numerosissime statistiche, previsioni non contestualizzate storicamente, poca tracciabilità della veridicità o non veridicità delle edizione passate, testo ampolloso e molto esteso, eccesso di focalizzazione su alcuni dettagli poco importanti e scarso accento su altri più rilevanti, uso deliberato di un linguaggio di basso profilo e molteplicità di scenari per eludere responsabilità in caso di previsioni molto sbagliate) portano al risultato che rimestare fra i dati e le previsioni della IEA per i prossimi anni comporti sempre una certa fatica. Tuttavia, dato che si tratta di un documento centrale nelle discussioni sul cambiamento politico e che i dati inventariati contenuti nel rapporto (le sue previsioni sul futuro sono altra cosa) sono di fatto di buona qualità, si rende necessario prendersi un certo tempo e leggere il rapporto, salvando alcune conclusioni che si annidano nel rapporto stesso che a volte sono importanti e che la IEA comunica in modo aperto ma non pubblicizzato. Come negli anni precedenti, esporrò nelle prossime righe una revisione preliminare degli aspetti più salienti che ho trovato ad una lettura rapida del WEO 2015, lasciando a post successivi lo sviluppo di qualche aspetto che credo valga la pensa di evidenziare.

lunedì 21 dicembre 2015

La “Malattia siriana”: ciò che il petrolio greggio dà, il petrolio greggio toglie

Da “Cassandra's Legacy” (She's back!). Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Qui di seguito sostengo che le origini del collasso siriano si devono cercare nel collasso economico generato dal graduale esaurimento delle riserve petrolifere siriane. Il petrolio greggio ha creato la Siria moderna, il petrolio greggio l'ha distrutta. Questo fenomeno può essere definito “Malattia siriana” e la domanda è: “qual è il prossimo paese che verrà contagiato?” 


Il petrolio greggio è una grande fonte di ricchezza per i paesi che lo posseggono. Ma è anche una ricchezza che si manifesta come un ciclo. Di solito, il ciclo copre diversi decenni, persino più di un secolo, quindi coloro che ci vivono potrebbero non cogliere per niente il fatto di essere diretti verso la fine della loro ricchezza. Ma il ciclo è più rapido e particolarmente visibile in quelle aree in cui la quantità di petrolio è modesta. Qui, ricchezza e miseria appaiono una di seguito all'altra in una drammatica serie di eventi.

sabato 12 dicembre 2015

Il picco del diesel: revisione del 2015

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

qualche giorno fa è arrivata la notizia ai principali mezzi di comunicazione: alcuni motori a gasolio delle automobili prodotte dalla Volkswagen erano truccati con un software complicato ed ingegnoso che faceva in modo di far rilevare all'automobile quando era sottoposta ad un'analisi di controllo delle emissioni contaminanti e, in quel caso, cambiare il suo regime di funzionamento per poter superare convenientemente la prova. In condizioni di funzionamento normali, il fumo di queste automobili potrebbe arrivare ad avere una concentrazione, per quanto riguarda alcuni inquinanti, fino a 40 volte superiore al limite consentito dalle norme statunitensi e di diverse volte rispetto a quelle europee. Si sta ancora valutando l'impatto che avrà questo scandalo, ma è possibile che comporterà costi enormi per l'azienda tedesca (che dovrà disinstallare il software fraudolento da milioni di automobili). Inoltre, l'azienda di bandiera tedesca e principale produttrice di automobili del mondo, ha di fronte sanzioni economiche di diverse migliaia di milioni di dollari che, insieme al degrado dell'immagine del marchio e la conseguente riduzione delle vendite, potrebbe portare la Volkswagen al fallimento e persino al degrado dell'immagine di tutta l'industria tedesca. Una conseguenza più diretta della caduta della Volkswagen è che potrebbe trascinare con se il settore finanziario tedesco e questo a sua volta potrebbe generare una crisi finanziaria europea per effetto domino. Questa crisi non potrebbe arrivare in un momento peggiore, poiché i sintomi di una recessione globale imminente sono ogni giorno più evidenti. Se l'Europa barcollasse nei prossimi mesi, la caduta sarebbe più forte e prolungata. Pertanto ci troviamo di fronte ad una crisi molto più seria di quanto non si voglia riconoscere.

mercoledì 28 ottobre 2015

“Il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico”: un meme che non è mai diventato virale

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Immagine da “Peaksurfer” 


L'idea che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico è saltata fuori di tanto in tanto nel dibattito, ma non ha mai preso realmente piede per una serie di buoni motivi. Uno è che, in molti casi, le persone che la proponevano erano negazionisti climatici e questo li ha resi scarsamente credibili. Infatti, se il cambiamento climatico non esiste (o se non è causato dalle attività umane), come è che ci racconti che il picco del petrolio ci salverà? Aggiungete a questo il fatto che molti negazionisti climatici dalla linea dura sono anche negazionisti del picco del petrolio (visto che, come si sa bene, i due concetti sono parte di una grande cospirazione), quindi non sorprende che il meme “il picco del petrolio ci salverà” non è mai diventato virale.

sabato 24 ottobre 2015

La vera causa dell'esodo di massa: il picco del petrolio

Da “crudeoilpeak.info”. Traduzione di MR

Di Matt Mushailik

Mentre l'attenzione del mondo si volge alla crisi dei rifugiati, dobbiamo guardare alle cause di questo esodo di massa. 




Fig 1: Rifugiati che camminano lungo l'autostrada ungherese verso l'Austria nel settembre 2015

Nel maggio del 2013, il Guardian aveva un articolo dal titolo “Picco del petrolio, cambiamento climatico e geopolitica degli oleodotti alimentano il conflitto siriano”. Nel marzo del 2015, un gruppo di ricercatori guidato dal climatologo Colin Kelley (Università della California) ha pubblicato uno studio sugli Atti dell'Accademia Nazionale delle Scienze dal titolo “Cambiamento climatico nella Mezza Luna Fertile ed implicazioni della recente siccità in Siria”. Fra il 2006 ed il 2009, il popolo siriano ha sofferto la più grave siccità che il paese abbia mai vissuto dall'inizio delle registrazioni strumentali. "Man mano che l'acqua diveniva scarsa, i raccolti sono andati perduti e il bestiame è morto su una scala enorme. 1,5 milioni di siriani, in una popolazione di poco più di 20 milioni, si sono trasferiti dalle campagne ai sobborghi delle città già traboccanti.”

venerdì 16 ottobre 2015

Il declino della produzione di petrolio negli Stati Uniti

Da “reuters”. Traduzione di MR (via Cristiano Bottone)

Di Dmitry Zhdannikov e Ron Bousso



Una pompa in funzione in un pozzo preso in affitto dalla Devon Energy Production Company vicino a Guthrie, Oklahoma nel settembre 2015.REUTERS/NICK OXFORD


Alcuni dirigenti petroliferi martedì hanno avvertito di un declino “drammatico” della produzione statunitense che potrebbe spianare la strada ad una futura impennata dei prezzi se la domanda di combustibili aumenta.

I delegati della conferenza Oil and Money a Londra, un incontro annuale di funzionari esperti di petrolio, hanno detto che i prezzi mondiali del petrolio sono stati troppo bassi per sostenere la produzione di petrolio da scisto, la maggiore aggiunta alla produzione mondiale dell'ultimo decennio.

domenica 13 settembre 2015

La crisi del picco del petrolio: un buco da 4 trilioni di dollari

Da “Post Carbon Institute”. Traduzione di MR (via (Maurizio Tron)


La scorsa settimana i giornalisti del Wall Street Journal si sono messi giù ed hanno fatto un po' di conti. Hanno guardato a quando veniva venduto il petrolio nella primavera del 2014 (oltre 100 dollari al barile), a quanto viene venduto oggi (sotto i 50 dollari) ed hanno concluso che se i prezzi rimangono bassi nei prossimi tre anni, all'industria globale del petrolio e i paesi che finanzia mancheranno 4,4 trilioni di dollari in introiti. Man mano che queste società petrolifere, nazionalizzate e scambiate pubblicamente, produrranno circa la stessa quantità di petrolio nei prossimi anni, i 4 trilioni di dollari dovranno provenire principalmente da profitti e spese di capitale. Ed è qui che viene il problema per il futuro dell'offerta di petrolio. Le grandi società petrolifere, specialmente quelle che esportano gran parte della loro produzione, se la sono passata piuttosto bene negli anni scorsi. Le società petrolifere nazionali hanno realizzato grandi profitti per i loro padroni politici. Quelle scambiate pubblicamente hanno sviluppato una tradizione di pagare i buoni dividendi che detestano tagliare. Ciò fa si che siano principalmente le spese di capitale sull'esplorazione per la produzione di più petrolio nei prossimi anni a fare un tuffo come parte del colpo dei 4 trilioni introiti. Anche se i prezzi del petrolio di 50 dollari al barile o meno non continuassero per i prossimi tre anni, ciò comporta comunque um crollo degli introiti di 1,5 trilioni di dollari all'anno o circa tre volte le spese di capitale previste di circa 500 società petrolifere recentemente esaminate.

sabato 8 agosto 2015

Inizia l'era della grande destabilizzazione: economia e clima sono arrivati a un punto critico.

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel

Cari lettori,

questo mese di luglio è finito nel segno del cambiamento, dei grandi cambiamenti che stanno già iniziando a prendere corpo e che segneranno la seconda metà di questo 2015. Nonostante che sui media si pretenda di proiettare un'immagine di tranquillità e serenità, la cosa sicura è che il clima di nervosismo è in aumento. E non c'è da stupirsi, perché la destabilizzazione che abbiamo di fronte non si riferisce solo alla disponibilità di risorse (e di conseguenza l'impossibilità di continuare con questo sistema economico basato sulla crescita infinita), ma anche alla instabilità climatica rapidamente in crescita ed alla non meno emergente instabilità politica. Cominciamo col riassunto di questo mese di luglio 2015.

lunedì 29 giugno 2015

Le ragioni nascoste dietro alla crescita economica lenta: EROI in declino, energia netta vincolata

Da “Resource Insights”. Traduzione di MR (via Post Carbon Institute)

Dovrebbe apparire ovvio che ci vuole energia per avere energia. E quando ci vuole più energia per avere l'energia che vogliamo, di solito questo implica prezzi più alti dal momento che l'energia usata in ingresso costa di più. In tali circostanze rimane meno energia da usare per il resto della società, cioè, per le parti che non raccolgono energia – i consumi industriali, commerciali e residenziali di energia – di come sarebbe in caso contrario. Non dovrebbe sorprendere quindi che mentre i combustibili fossili, che forniscono più del 80% dell'energia usata dalla società moderna, diventino più energeticamente impegnativi da estrarre e raffinare; c'è una resistenza crescente all'attività economica man mano che sempre più risorse dell'economia vengono dedicate semplicemente ad ottenere l'energia che vogliamo. Un modo più formale di parlare di questo è l'EROI (o EROEI – Energy Returno on Energy Investment). Il “ritorno energetico” è l'energia che otteniamo da un particolare “investimento” di una unità di energia. Più è alto l'EROI di una fonte energetica, più economica questa sarà sia in termini energetici sia finanziari – e più sarà l'energia che resta ad uso del resto della società. Ma abbiamo assistito ad un declino permanente dell'EROI del petrolio e del gas naturale degli Stati Uniti nell'ultimo secolo, una tendenza che è probabile che si rifletta anche altrove nel mondo. Ecco un riassunto dall'abstract di uno studio del 2011:

venerdì 22 maggio 2015

Il collasso del petrolio: sta per succedere qualcosa di sinistro

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Il recente collasso del prezzo del petrolio segnala la fine imminente dell'industria del petrolio e del gas come grande produttrice mondiale di energia. Dovrebbe essere una cosa buona, in linea di principio, ma dal processo potrebbe ancora emergere qualcosa di sinistro (nell'originale "something wicked this way comes" dal "Macbeth" di Shakespeare).


Con il collasso dei prezzi del petrolio in corso, possiamo dire che la festa è finita per l'industria del petrolio e del gas, in particolare per la produzione di petrolio e gas “tight” (o “di scisto”). I prezzi potrebbero anche tornare a livelli ragionevolmente alti, in futuro, ma l'industria non sarà mai più in grado di riguadagnare lo slancio che ha fatto dichiarare ai suoi sostenitori statunitensi “l'indipendenza energetica” e “secoli di abbondanza”. La bolla potrebbe non scoppiare all'improvviso, ma di sicuro si sgonfierà.

Quindi cosa succederà ora? La situazione è, a dir poco, “fluida”. E' in atto una grande corsa per convincere gli investitori a mettere i loro soldi dove c'è ancora qualche possibilità di fare un profitto. Penso che possiamo identificare almeno tre diverse strategie per il futuro: 1) di più del solito (petrolio e gas) 2) una spinta verso il nucleare e 3) una spinta verso le rinnovabili. Cerchiamo di esaminare quale futuro potrebbe essere in serbo per noi.

1) Una spinta per più gas e petrolio. Sembra chiaro che l'industria del petrolio e del gas non ha ancora ammesso la sconfitta; al contrario, sogna ancora di secoli di abbondanza (vedete per esempio questo articolo su Forbes). Sembra impensabile che gli investitori vogliano ancora finanziare imprese incerte come quella di strizzare più petrolio dai giacimenti esausti o, peggio ancora, da tecnologie difficili e costose come la liquefazione del carbone. Ma non si dovrebbe mai sottovalutare il potere del BAU. Se le persone pensano di avere assolutamente bisogno di combustibili liquidi saranno disposte a fare qualsiasi cosa per ottenere combustibili liquidi.

Il problema principale di questa idea non è tanto la fattibilità tecnica. Impiegando tutte le risorse a portata di mano nell'impresa (e mettendo sul lastrico l'intera economia facendolo) non sarebbe impossibile allontanare il picco del petrolio ancora di qualche anno. Il problema è un altro: il tempo sta per scadere col cambiamento climatico. Se continuiamo a bruciare idrocarburi, non ce la possiamo fare. Vale a dire, non possiamo salvare la civiltà dal collasso causato dal clima. Ciò vale se continuiamo a bruciare al “tasso naturale”, cioè secondo la curva a campana. Immaginate se invece continuassimo a crescere con la produzione (come secondo tutti i politici del mondo dovremmo fare).

Tutto ciò sta diventando noto e, di conseguenza, una spinta verso la produzione di idrocarburi (o, Dio ce ne scampi, più carbone) sarà possibile solo se accompagnata da una forte campagna propagandistica destinata a zittire la scienza del clima e l'attivismo climatico. Alcuni sintomi del fatto che ci sia qualcosa del genere in lavorazione sono abbastanza evidenti da essere inquietanti. Considerate che nessuno dei candidati Repubblicani alle elezioni statunitensi del 2016 sostiene la necessità di azione per il cambiamento climatico, che in Florida agli impiegati governativi non è permesso usare il temine “cambiamento climatico” o “riscaldamento globale”, che la NASA ha subito una riduzione dei fondi su qualsiasi cosa abbia a che fare col cambiamento climatico, ed altro. Quindi comincia ad apparire una certa logica: “metti la museruola alla scienza e continua a bruciare”. Sta per succedere qualcosa di molto strano...

2) Una nuova spinta verso il nucleare. Questa opzione non sarebbe male quanto la prima, più idrocarburi. Perlomeno le centrali nucleari non generano gas serra direttamente e sappiamo che è una tecnologia che può produrre energia. Ciononostante, gli ostacoli associati alla sua espansione sono giganteschi. Il primo e principale problema è che la produzione di uranio minerale non è sufficiente per incrementare l'energia nucleare da una piccola percentuale dell'energia primaria mondiale ad una grande – essere in grado di farlo richiederebbe investimenti così grandi da essere sbalorditivi. Per non dire niente della necessità di minerali rari nelle centrali nucleari: berillio, niobio, afnio, zirconio, terre rare ed altro; tutte presenti in quantità limitate. Inoltre ci sono problemi da incubo nello smaltimento dei rifiuti, nella sicurezza e nel controllo strategico.

Ciononostante, se fosse possibile convincere gli investitori a riversare soldi nell'energia nucleare, sarebbe possibile vedere un tentativo di farla ripartire, nonostante i vari problemi e i disastri che hanno dato una fama negativa al nucleare. Un tentativo di fare proprio questo sembra che si stia articolando. Si dice che il presidente Obama stia prendendo in considerazione un ritorno massiccio al nucleare e agli investitori viene detto di prepararsi per un'enorme impennata dei prezzi dell'uranio. Funzionerà? Improbabile, ma non impossibile. Sta per succedere qualcosa di sinistro...

3) Una grande spinta per le rinnovabili. Sorprendentemente, l'industria delle rinnovabili potrebbe avere delle serie possibilità di avere il sopravvento su una senescente industria petrolifera, lasciando l'industria nucleare al palo e ansimante a guardare. Il progresso della tecnologia rinnovabile, specialmente nelle celle fotovoltaiche, è stata semplicemente fantastica nell'ultimo decennio (vedete per esempio il recente rapporto del MIT). Oggi abbiamo una serie di metodi per produrre energia elettrica che possono competere con le fonti tradizionali, watt per watt, dollaro per dollaro. Considerate che le più efficienti di queste tecnologie non hanno bisogno di materiali particolarmente rari e che nessuna ha il problema strategico e di sicurezza del nucleare. Infine, considerate che è stato dimostrato (Sgouridis, Bardi e Csala) che l'attuale tecnologia rinnovabile potrebbe prevalere sulle attuali fonti abbastanza velocemente da evitare grandi danni da parte del cambiamento climatico.

Sembra che abbiamo un vincitore, giusto? Infatti, l'atmosfera intorno alle rinnovabili è di palpabile ottimismo. Se l'energia rinnovabile prende abbastanza slancio, non ci sarà niente in grado di fermarla finché non ci ha tutti catapultati, volenti o nolenti, in un nuovo mondo (più pulito): Però c'è un problema. L'industria rinnovabile è ancora piccola in confronto all'industria nucleare e lo è in modo particolare in confronto a quella del petrolio e del gas. E sappiamo che chi è più grosso di solito riesce a menare chi ha ragione. Il puro e semplice potere finanziario della tradizionale industria energetica potrebbe essere sufficiente a far abortire il cambiamento prima che diventi inarrestabile. Sta per succedere qualcosa di sinistro...




lunedì 4 maggio 2015

Arabia Saudita: il grande gioco del petrolio

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




L'Arabia Saudita ha appena aumentato la produzione petrolifera a un livello record, mai raggiunto nella storia. Lo stanno facendo in un momento di prezzi del petrolio da record negativo. Cosa hanno in mente? (Immagine da Arthur Berman). 

Quando è cominciato il collasso dei prezzi del petrolio, nell'estate 2014, tutti hanno notato che l'Arabia Saudita non stava giocando il suo ruolo tradizionale di “produttrice tampone”, cioè di variare la propria produzione in modo tale da mantenere prezzi ragionevolmente costanti. Di fronte ad un crollo della domanda, dovrebbe ridurre la produzione, ma non lo ha fatto, almeno non abbastanza.

Inizialmente, ho pensato che i sauditi fossero stati presi semplicemente di sorpresa e che fossero lenti a reagire. Ma ora, col recente aumento della produzione saudita, è chiaro che hanno qualcosa in mente. Forse non hanno progettato il collasso del mercato, ma in qualche modo lo stanno cavalcando.

In questa pazzia, c'è del metodo. Ma quale metodo potrebbe esserci nell'aumentare la produzione proprio mentre i prezzi sono i più bassi? Qualsiasi testo di economia vi dirà che il mercato si deve adattare ai cambiamenti della domanda e dell'offerta in modi esattamente opposti: di fronte ad una riduzione della domanda, la produzione deve scendere a sua volta.

Naturalmente, come sappiamo tutti, ciò che si legge nei libri di testo di economia ha poco a che fare col mondo reale. E nel mondo reale c'è una strategia di mercato ben conosciuta che consiste nel far fallire i tuoi concorrenti vendendo sotto costo. L'idea è di creare un monopolio e ricuperare dopo ciò che il vincitore della lotta ha perso all'inizio. Naturalmente, è illegale, ma il fatto stesso che ci siano leggi per impedirlo significa che si fa.

Tuttavia, c'è un piccolo problema nell'applicazione di questa strategia al mercato del petrolio. Ha a che fare col fatto che il petrolio è una risorsa finita. Quindi, se i produttori riescono ad ottenere un monopolio, ciò significa che finiranno la risorsa prima degli altri. Immaginate di essere dei mercanti d'arte: vendereste i vostri Picasso a basso costo per tagliare fuori gli altri mercanti d'arte e ottenere un monopolio? Naturalmente no, ciò che otterreste è semplicemente di finire in fretta i vostri preziosi quadri di Picasso e poi di lasciare il mercato completamente aperto ad altri.

Per cui, cosa stanno facendo esattamente i sauditi? Art Berman suggerisce che stiano combattendo contro le banche che hanno reso possibile la bolla del tight oil. Dopo l'eliminazione della bolla, il mercato potrebbe ritornare a prezzi relativamente alti e massimizzare gli introiti della saudita Aramco.

L'interpretazione di Berman è certamente possibile ma, come in tutti questi casi, stiamo guardando i governi come se fossero delle “scatole nere” intenti a capire i meccanismi interni che li fanno muovere. Questo è molto rischioso: proprio come vediamo nelle nuvole delle facce che non esistono, potremmo vedere in un atto di governo un'intelligenza che non c'è. I sauditi stanno realmente pianificando un profitto a lungo termine? O stanno semplicemente valutando male l'estensione delle loro risorse?

Dopotutto, abbiamo diversi esempi di risorse non rinnovabili che sono state gestite come se fossero infinite. Considerate solo a come le risorse petrolifere del Mare del Nord sono state estratte al tasso più alto possibile quando il mercato petrolifero stava sperimentando prezzi bassi storici. Ciò ha lasciato i produttori con campi petroliferi in declino quando i prezzi di mercato hanno cominciato ad aumentare. Non è stata una strategia molto intelligente, a dir poco.

Nel caso del Mare del Nord, non c'è stata pianificazione a lungo termine, è stato solo che il problema dell'esaurimento a lungo termine non è stato capito. I sauditi sono quindi ciechi al concetto stesso di “esaurimento”? (*) E' impossibile dirlo al momento. Il solo fatto certo è che l'era dei combustibili fossili a buon mercato è finita, anche se qualche oscillazione selvaggia potrebbe farci credere che sono tornati i bei tempi – ma solo per un attimo.

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(*) Sul fatto di essere incapaci di percepire che una risorsa minerale è finita, un caso particolarmente tragico è quello dello Yemen. Per alcuni anni, ho seguito lo “Yemen Times” e, in tutto quel tempo, non sono stato in grado di leggere nessuna dichiarazione che indicasse che il problema dell'esaurimento del petrolio fosse stato capito. Ogni qualvolta veniva menzionato il declino della produzione, veniva attribuito al terrorismo, ai disordini sociali e ad altri problemi temporanei. Da ciò che ho potuto leggere, mi pare che la società yemenita fosse (ed è ancora) completamente e totalmente cieca rispetto al fatto che hanno gradualmente finito il petrolio e che l'esaurimento del petrolio è la causa principale di tutti i guai che hanno avuto e che stanno avendo ora (grafico da “our finite world”)


giovedì 30 aprile 2015

Cambiamento climatico:l'effetto Seneca può salvarci?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Il “Dirupo di Seneca” (o “Collasso di Seneca”). L'antico filosofo Romano disse che “La strada dell'ascesa è lenta, ma quella della rovina è rapida”. Un Collasso di Seneca” dell'economia mondiale ridurrebbe sicuramente le possibilità di un disastro climatico, ma sarebbe un grande disastro in sé e potrebbe anche non essere sufficiente. 

Niente di ciò che facciamo (o cerchiamo di fare) sembra essere in grado di fermare l'accumulo di biossido di carbonio in atmosfera. E, di conseguenza, niente sembra essere in grado di fermare il cambiamento climatico. Con la situazione che peggiora in continuazione (guardate qui, per esempio), siamo a sperare che un qualche tipo di accordo internazionale per limitare le emissioni possa essere raggiunto. Ma, dopo molti tentativi e molti fallimenti, possiamo davvero aspettarci che la prossima volta, miracolosamente, possiamo avere successo?

Un'altra linea di pensiero, invece, sostiene che l'esaurimento ci salverà. Dopotutto, se finiamo il petrolio (e i combustibili fossili in generale) dovremo smettere di emettere gas serra. Questo non risolverà il problema? In linea di principio sì, ma succederà?

Il nocciolo del dibattito sull'esaurimento dei combustibili fossili è che, nonostante le risorse teoricamente abbondanti, il tasso di produzione è fortemente condizionato da fattori economici. Questi fattori costringono normalmente la curva di produzione a seguire una forma “a campana”, o “di Hubbert”, che raggiunge il picco e comincia a declinare molto prima che le risorse finiscano in senso fisico. In pratica, gran parte degli studi che tengono conto del fenomeno del “picco” giungono alla conclusione che gli scenari del IPCC spesso sovrastimano la quantità di carbonio fossile che si può bruciare (vedete questa recente rassegna di Hook et al.). Da questo, alcuni sono giunti alla conclusione ottimistica che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico (vedete questo mio post). Ma questo è troppo semplicistico.

Il problema del cambiamento climatico non è che le temperature continueranno a crescere dolcemente da adesso alla fine del secolo. Il problema è che ci troveremo in grossi guai molto prima se lasciamo aumentare le temperature oltre un certo limite. Aumento del livello del mare, acidificazione dell'oceano e desertificazione sono soltanto alcuni dei problemi, ma uno peggiore potrebbe rivelarsi il “punto di non ritorno climatico”. Cioè che, oltre un certo punto, l'aumento delle temperature comincia ad essere alimentato da una serie di effetti di retroazione interni all'ecosistema e il cambiamento climatico diventerebbe inarrestabile.          

Non sappiamo dove possa essere situato il punto di non ritorno climatico, ma c'è un consenso sul fatto che dobbiamo impedire che le temperature aumentino oltre un certo limite. Spesso il livello di 2°C è considerato il limite per evitare la catastrofe. Grazie al saggio del 2009 di Meinshausen et al. possiamo stimare che, da ora in avanti, non dobbiamo rilasciare più di circa 1x10+12 t di CO2 nell'atmosfera. Considerando che finora abbiamo rilasciato circa 1,3x10+12 t di CO2 (fonte: global carbon project), il totale non deve essere più di circa 2,3x10+12 t di CO2.

Cosa possiamo aspettarci quindi in termini di emissioni totali considerando uno scenario di “picco”? Lasciate che vi mostri alcuni dati di Jean Laherrere, che è stato fra i primi a proporre il concetto di “picco del petrolio”.


In questa figura, fatta nel 2012, Laherrere elenca le quantità di combustibili bruciate, con una “U” ("ultimate"), misurate in Tboe (Terabarrels of oil equivalent, vedete più in fondo i fattori di conversione usati). Come prima approssimazione, se tutte le emissioni fossero da petrolio greggio, emetteremmo 4,5x10+12 t di CO2. Le cose cambiano un po' se separiamo i contributi dei tre combustibili fossili. Il petrolio greggio, da solo, produrrebbe 1,3x10+12 t di CO2. Il carbone produrrebbe 2,8x10+12 t e il gas naturale 0,95x10+12 t. Il risultato finale è quasi esattamente  5x10+12 t di CO2.

In breve, anche se seguiremo una traiettoria di “picco” nella produzione di combustibili fossili, emetteremo circa due volte il biossido di carbonio di quello che al momento è considerato essere il limite “di sicurezza”.

Naturalmente, ci sono moltissime incertezze in questi calcoli e il punto di non ritorno potrebbe essere più lontano di quanto stimato. Ma potrebbe anche essere più vicino. A dobbiamo tenere conto del problema dell'aumento delle emissioni di CO2 per unità di energia man mano che progressivamente passiamo a combustibili più sporchi e meno efficienti. Così, stiamo davvero giocando col disastro, con una buona possibilità di correre dritti in una catastrofe climatica.

Ciononostante, potrebbe anche essere che Laherrere fosse ottimista nella sua stima. Infatti, la curva quasi simmetrica “a campana” o “di Hubbert” è il risultato dell'ipotesi che l'estrazione venga eseguita in un'economia pienamente funzionante. Ma, una volta che il sistema economico comincia a disfarsi, una serie di retroazioni distruttive accelerano il declino. Si tratta del “Collasso di Seneca” che genera una curva di produzione asimmetrica “il “Dirupo di Seneca”).

Il dirupo di Seneca ci può salvare? Perlomeno ridurrebbe considerevolmente la quantità di carbonio fossile bruciato. A titolo di prova, se il collasso dovesse cominciare entro i prossimi 10 anni e dovesse tagliare più della metà della produzione potenziale di carbone, allora potremmo rimanere entro il limite di sicurezza. Laddove Hubbert non può salvare l'ecosistema, Seneca potrebbe (forse).

Ma, anche se ciò dovesse avvenire, un collasso di Seneca è un grande disastro in sé per l'umanità, quindi c'è poco di cui rallegrarsi al pensiero che potrebbe salvarci dal cambiamento climatico fuori controllo. In pratica, la sola speranza di evitare il disastro sta nell'assumere un ruolo più attivo nel sostituire i fossili con le rinnovabili. In questo modo, possiamo costringere la produzione di combustibili fossili a diminuire più rapidamente, ma senza perdere la fornitura energetica di cui abbiamo bisogno. E' possibile – è un grande sforzo, ma possiamo farlo se siamo disposti a provarci (vedete questo saggio di Sgouridis, Bardi e Csala per una stima quantitativa dello sforzo necessario).
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Unità di conversione

Un Boe di petrolio greggio = 0,43 t CO2 (http://www.epa.gov/cleanenergy/energy-resources/refs.html)

Un Boe di carbone = 0,53 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)

Un Boe di gas naturale: 0,31 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)

venerdì 3 aprile 2015

Il problema del debito man mano che raggiungiamo i limiti del petrolio

DaOur Finite World”. Traduzione di MR

Di Gail Tverberg

(Questa è la terza parte della mia serie – Una nuova teoria di energia ed economia. Questi sono i link alla prima e alla seconda parte).

Molti lettori mi hanno chiesto di spiegare il debito. Essi si chiedono anche “Perché non possiamo semplicemente cancellare il debito e ricominciare da capo?” se stiamo raggiungendo i limiti e questi limiti minacciano di destabilizzare il sistema. Per rispondere a queste domande, devo parlare del tema delle promesse in generale, non solo quello che chiameremmo debito. In un certo senso, il debito ed altre promesse sono ciò che tiene insieme le nostra economia in rete. Il debito ed altre promesse permettono la divisione del lavoro, perché ognuno può “pagare” gli altri del gruppo per il lavoro con una promessa di qualche genere, piuttosto che con un pagamento immediato in beni.

L'esistenza del debito ci permette di avere molte forme di pagamento convenienti, come le banconote, le carte di credito e gli assegni. Indirettamente, le molte forme convenienti di pagamento permettono il commercio ed anche il commercio internazionale.



Figura 1. Cupola costruita con i Bastoncini di Leonardo

Ogni debito, e di fatto ogni promessa di qualsiasi tipo, comporta due parti. Dal punto di vista di una parte, l'impegno è quello di pagare una certa quantità (o una certa quantità più l'interesse). Dal punto di vista dell'altra parte, si tratta di un guadagno futuro – una quantità disponibile in un conto in banca, o una busta paga o un impegno da parte di un governo a pagare delle indennità di disoccupazione. Le due parti sono in un certo senso legate fra loro da questi impegni in un modo analogo a quello in cui gli atomi sono legati nelle molecole.

Non ci si può sbarazzare del debito senza sbarazzarsi dei benefici che il debito fornisce – il che è un enorme problema. E' stato scritto molto sulle bolle del debito ed i collassi del passato. La situazione che abbiamo di fronte oggi è diversa. In passato, l'economia mondiale stava crescendo, anche se un'area specifica stava raggiungendo i limiti, come per esempio la troppa popolazione in relazione al terreno agricolo. Anche se un'area locale collassava, il resto del mondo poteva andare avanti senza di loro. Ora, l'economia mondiale è molto più collegata, quindi un collasso in un'area condiziona anche altre aree. C'è molto più pericolo di un collasso diffuso. La nostra economia è costruita sulla crescita economica. Se la quantità di beni e servizi prodotti ogni anno comincia a scendere abbiamo un enorme problema. Ripagare i prestiti diventa molto più difficile.


Figura 2. Ripagare i prestiti è facile in un'economia in crescita, ma molto più difficile in un'economia in contrazione.

Infatti, in un'economia in contrazione, le promesse che non sono debito, come le promesse di pagare le pensioni e le spese mediche per gli anziani come parte delle tasse, diventano a loro volta più difficili da pagare. La quantità che ci resta di spese voluttuarie diventa molto inferiore. Queste pressioni tendono a spingere un'economia ulteriormente verso la contrazione e rende le nuove promesse ancora più difficili da ripagare. 

La natura del debito

In senso allargato, il debito è una promessa di qualcosa di valore in futuro. Con questa definizione allargata, è chiaro che una banconota da 10 dollari è una forma di debito, perché è una promessa che ad un certo punto in futuro voi o, la persona a cui passate la banconota da 10 dollari, sarete capaci di scambiare la banconota da 10 dollari con qualcosa di valore. In un certo senso, anche le monete d'oro sono una promessa di valore per il futuro. Questa però non è necessariamente una promessa sulla quale possiamo contare. A volte in passato le le monete d'oro sono state confiscate. I derivati ed altri prodotti finanziari hanno a loro volta caratteristiche di debito. Per capire quanto sia importante il debito, dobbiamo pensare ad un'economia senza debito.

Un'economia del genere potrebbe avere un mercato centrale dove ognuno porta beni da scambiare. Ma anche in un'economia del genere, ci sarebbe un problema se non c'è una corrispondenza precisa delle necessità. Se porto mele e voi portate patate, possiamo scambiarcele a vicenda (“barattare”). Ma se voi non avete bisogno di patate? Potremmo avere la necessità di portare un terza persone nel cerchio, così ognuno di noi può ricevere ciò che vuole. Visto che il baratto è così complicato, non è mai stato usato per le transazioni quotidiane all'interno delle comunità

Un approccio che sembrava funzionare meglio è menzionato nel libro di David Graeber Debito: i primi 5.000 anni. Con questo sistema, un tempio gestiva un mercato. L'operatore del mercato forniva un “prezzo” per ogni oggetto, in termini di un'unità comune, come “stai di grano”. Ogni persona poteva portare beni al mercato (e forse anche servizi – lavorerò per un giorno in una vigna) e scambiarli con altri in base al valore. Non servivano in realtà “soldi” perché l'operatore prendeva una tavoletta d'argilla e su quella faceva il calcolo del valore in “stai di grano” che la stessa persona riceveva in cambio e si assicurava che le due cose combaciassero.

Naturalmente, appena permettiamo che “un giorno di lavoro” sia scambiato in questo modo, torniamo al problema delle promesse future e di assicurare che si verifichino realmente. Inoltre, se permettiamo ad una persona di riportare un bilancio da un giorno all'altro – per esempio portando una grande quantità di beni che non possono essere venduti in un giorno – entriamo nell'area delle promesse future. O se permettiamo ad un contadino di comprare semi a credito, con una promessa di ripagarli quando arriva il raccolto entro pochi mesi, ancora una volta entriamo nell'area della promesse future. Quindi anche in questa situazione semplice, dobbiamo essere capaci di gestire il problema delle promesse future. 

Promesse future anche prima del debito

Ogni qualvolta ci sia una divisione del lavoro, ci deve essere un accordo su come avrà luogo quella divisione – quali sono le responsabilità di ogni partecipante. Nel caso più semplice, ci sono i cacciatori-raccoglitori. Se c'è la decisione per cui gli uomini si occuperanno della caccia e le donne si occuperanno della raccolta e dei bambini, allora deve esserci un accordo su come funzionerà la disposizione. L'approccio usuale sembra sia stato una specie di “economia del dono”. In un'economia del genere, tutti condividevano qualsiasi cosa fossero in grado di ottenere con gli altri e guadagnavano lo status a seconda della quantità che potevano mettere in condivisione. Al posto del coinvolgimento di un debito formale, c'era un accordo tacito secondo cui se le persone volevano partecipare al gruppo dovevano seguire le regole dettate quella particolare cultura dettava, compreso, molto spesso, condividere tutto. Le persone che non seguivano le regole venivano escluse. A causa della difficoltà di vivere da soli in un ambiente del genere, chi lo era probabilmente moriva. Così, i partecipanti erano in un certo senso legati insieme dai costumi che sottostavano alle economie del dono.

Ad un certo punto, man mano che si è costruita più di un'economia, c'è stata la necessità di uno o più capi, così come un qualche modo di sostenerli finanziariamente. Così, si è presentato anche il bisogno di una specie di tassazione. Mentre la tassazione per sostenere il capo non veniva considerata debito, questa ha molte delle caratteristiche del debito. Si tratta di un obbligo di pagamento continuo. Il capo e gli altri membri del gruppo pianificano le loro vite come se questa situazione dovesse continuare. In un certo senso, i servizi di governo e la tassazione risultante aiutano a legare insieme l'economia.  

Benefici del debito

I benefici del debito sono davvero grandi, compresi i seguenti
  1. Il debito permette che si facciano transazioni che non avvengono esattamente nello stesso momento e luogo. Posso ordinare beni e farmeli consegnare a casa. Un datore di lavoro può pagarmi per un mese di lavoro con un assegno anziché dovermi dare cibo o altri articoli di baratto che corrispondono ad ogni ora che lavoro. Non c'è bisogno di avere miliardi di monete d'oro (o altre valute di metallo prestabilite) per facilitare qualsiasi transazione e di portarsele in giro. Ognuno di noi può avere un conto in banca. Dal punto di vista della banca, la quantità contenuta in un conto bancario è un obbligo (debito) dovuto al depositante. 
  2. Il debito addizionale dà potere d'acquisto addizionale ai singoli individui, ai governi o alle imprese. I fondi addizionali disponibili possono essere spesi immediatamente. Molto spesso, il rimborso (con gli interessi) viene spalmato su diversi anni, rendendo accessibili i beni che non lo sarebbero. Così il debito aumenta la “domanda” di beni ed anche di commodity usate per creare quei beni.
  3. Siccome il debito rende i beni più accessibili, il debito addizionale tende a “pompare” il prezzo dei beni. Questi prezzi più alti fanno sì che per le imprese valga la pena di piantare più acri di cibo. Il debito, in particolare il debito a basso costo, rende accessibile alle imprese la costruzione di nuove fabbriche e l'apertura di nuove miniere.
  4. Il debito permette un forte incremento dello standard di vita, come quello ottenuto aggiungendo carbone o petrolio ad un'economia. Il debito permette l'acquisto di beni che cambieranno sostanzialmente il futuro di una persona, come il passaggio in un nuovo paese, o l'acquisto di un'educazione universitaria, o l'acquisto di un veicolo per le consegne per far partire un'attività. Senza debito, è improbabile che sarebbe mai stato possibile estrarre i combustibili fossili; i consumatori non sarebbero mai stati in grado di permettersi i beni forniti dai combustibili fossili e le imprese avrebbero avuto difficoltà a finanziare le molte nuove fabbriche necessarie per produrre i beni usando questi combustibili. Vedete il mio post Perché Malthus ha sbagliato la sua previsione.
  5. Aggiungere debito è auto-rinforzante. Supponete che una quantità considerevole di debito venga aggiunta per ciò che è considerato un buon obbiettivo, come estrarre petrolio in Nord Dakota. Le società petrolifere useranno il debito che ricevono per molti scopi diversi – compreso pagare i dipendenti, le royalty ai proprietari terrieri e le tasse allo stato. I dipendenti compreranno nuove case ed automobili, stipulando prestiti. I residenti del Nord Dakota che ricevono le royalty potrebbero decidere di stipulare dei prestiti per ristrutturare le proprie case, aspettandosi che le royalty continueranno ad arrivare. Lo stato potrebbe sistemare le proprie strade con i propri proventi, dando ulteriore reddito (che potrebbe portare a nuovo debito) ai lavoratori stradali. Una catena di negozi potrebbe decidere di costruire un nuovo punto vendita (prendendo in prestito soldi per farlo), alimentando ulteriormente la catena. Ciò che accade è che, indirettamente, il debito delle nuove società petrolifere rende molte persone più ricche, almeno temporaneamente. Questi individui temporaneamente più ricchi possono “avere diritto” a prestiti più consistenti di quanto non sarebbe possibile diversamente, dando loro di più da spendere e permettendo ad altri ancora di avere diritto ai prestiti.  
  6. Accordi che non sono debito, ma più di debito subordinato, fanno sentire le persone più sicure del sistema attuale. Ci sono programmi assicurativi piani pensionistici e per i conti bancari, fino alla copertura di bilanci determinati per conto. Questi programmi assicurativi generalmente non contengono molti soldi, in confronto a ciò che assicurano. Ma fanno sentire bene le persone, specialmente se c'è un governo che potrebbe subentrare e prendere in consegna, al di là del reale finanziamento del programma assicurativo. 

Cosa c'è di sbagliato nel debito e in altre promesse finanziarie

  1. Come detto all'inizio del post, il debito funziona molto male se l'economia è in contrazione.
    Diventa impossibile ripagare il debito con gli interessi, senza ridurre il reddito voluttuario. I programmi governativi, come il servizio sanitario per gli anziani, diventa a sua volta più costoso in relazione ai redditi attuali. 
  2. I pagamenti degli interessi sul debito tendono a trasferire  ricchezza dai membri più poveri della società a quelli più ricchi.
    Gli economisti hanno avuto la tendenza ad ignorare il debito, perché rappresenta una transazione più o meno bilanciata fra due individui. Però rimane il fatto che i membri più poveri delle società si trovano particolarmente nella necessità di debito e molti pagano tassi di interesse molto alti. Coloro che prestano soldi tendono ad essere più ricchi. A causa di questo assetto, nel tempo i pagamenti degli interessi tendono ad aumentare le disparità di ricchezza. 
  3. Troppo spesso, il flusso dei pagamenti dal quale dipende il debito si dimostra insostenibile.
    Nell'esempio fatto sopra, tutti pensano che il petrolio del Nord Dakota continuerà per un po', quindi stipulano prestiti come se fosse così. Se invece non è così, c'è una situazione difficile. Nel caso dei prestiti studenteschi negli Stati Uniti, molti studenti non sono mai in grado di avere posti di lavoro con salari sufficientemente alti per pagare i prestiti ricevuti. 
  4. I governi tendono a implementare programmi che sono più costosi di quelli che potrebbero realmente permettersi sul lungo termine.
    Man mano che un'economia diventa più ricca (a causa dell'uso di più combustibili fossili), c'è una tendenza ad aggiungere nuovi programmi. Vengono aggiunte cure mediche e pensioni per gli anziani, così come le indennità di disoccupazione e livelli scolastici più avanzati. Sfortunatamente, è difficile stimare opportunamente quali saranno i costi a lungo termine di questi programmi. Inoltre, anche se i programmi fossero sostenibili con un alto livello di combustibili fossili, quasi sicuramente non lo sarebbero se la disponibilità di energia declina. E' virtualmente impossibile ritirare i programmi, anche se non sono garantiti, una volta che le persone pianificano la loro vita sui nuovi programmi. La Figura 3 mostra un grafico delle spese del governo ststunitense (tutti i livelli) in confronto ai salari (comprese le quantità pagate ai titolari delle aziende, compresi gli agricoltori). Uso questa base, piuttosto che il PIL, perché i salari non sono stati al passo col PIL negli ultimi anni. Le quantità mostrate comprendono programmi come la Sicurezza Sociale e le prestazioni sanitarie per gli anziani, in aggiunta alla spesa su cose come scuola, strade e assicurazione di disoccupazione.

                         
    Figura 3. Confronto di spese e entrate del governo statunitense (tutti i livelli insieme) sulla base dei dati dell'Ufficio per la Ricerca Economica degli Stati Uniti. 

    Chiaramente, le spese governative sono aumentate molto più rapidamente dei salari. Immagino che questo valga in molti paesi.
  5. Non c'è nessun collegamento reale fra quantità di debito emesso e ciò che verrà effettivamente prodotto in futuro.
    Ci viene detto che i soldi sono una riserva di valore e che questi trasferiscono il potere d'acquisto dal presente al futuro. In altre parole, non possiamo contare sui bilanci dei nostri conti in banca e, di fatto, in tutti i titoli cartacei straordinari. Questa storia è vera soltanto se l'economia può continuare a creare una quantità di beni e servizi crescente per sempre. Se, infatti, la produzione di beni e servizi scende drammaticamente (molto probabilmente perché i prezzi non possono crescere a sufficienza per incoraggiare una sufficiente estrazione di beni), abbiamo un grosso problema. Per ogni anno, tutto ciò che abbiamo a disposizione è la quantità reale di risorse che possono essere tirate fuori dal sottosuolo, più la quantità reale di cibo che può essere coltivato. Insieme, queste quantità determinano in che modo sono disponibili molti beni e servizi. I soldi fungono da distributori dei beni e dei servizi disponibili. Presumibilmente, le persone che lavorano all'estrazione e alla produzione di questi beni e servizi devono essere pagate per prime, o tutto il processo si fermerebbe. Questo lascia fondamentalmente le “rimanenze” da condividere fra coloro che ora sono sostenuti dagli i9ntroiti delle tasse e da coloro che possiedono titoli cartacei di qualche tipo. E' difficile immaginare che chiunque, oltre ai lavoratori che producono i beni e i servizi, avrà molto se perdiamo l'uso dei combustibili fossili. I lavoratori diventeranno meno efficienti e la produzione diminuirà troppo.  
  6. I derivati ed altri prodotti finanziari espongono il sistema finanziario a rischi significativi. Alcune grandi banche hanno scoperto di poter guadagnare introiti considerevoli vendendo derivati ed altri prodotti finanziari, permettendo alle persone o alle imprese essenzialmente di scommettere su certi risultati – come il crollo del prezzo del petrolio al di sotto di un dato prezzo, o la crescita molto rapida dei tassi di interesse, o una certa società che fallisce. Finché tutto va bene, non c'è un problema enorme. La preoccupazione ora è che con i prezzi dei beni che cambiano rapidamente, e i livelli delle valute che cambiano rapidamente, le società potrebbero fallire e potrebbero essere innescati grandi pagamenti. In teoria, alcuni di questi pagamenti potrebbero essere compensativi – i soldi dovuti da un cliente potrebbero compensare i soldi dovuti ad un altro cliente. Ma anche se fosse così, i default a volte possono impiegare anni per assestarsi. Potrebbero anche esserci problemi con molti dei prodotti con la capacità di una delle parti di pagare. Un particolare problema con molti dei prodotti è l'uso del modello tariffario di Black-Scholes. Questo modello è applicabile quando gli eventi sono indipendenti e distribuiti normalmente. Non è così quando ci avviciniamo ai limiti petroliferi e ad altri limiti di un mondo finito. 
  7. I governi tendono ad essere negativamente condizionati da un'economia in contrazione, quindi potrebbero essere di poco aiuto quando ci serve di più.
    Come osservato in precedenza, i pagamenti ai governi si comportano praticamente come il debito. Man mano che un'economia si contrae, i programmi che sembravano sostenibili in passato diventano meno sostenibili ed devono essere tagliati con urgenza. Così, i governi tendono ad avere problemi esattamente nello stesso momento in cui li hanno le banche ed altri prestatori. I governi dei paesi “sviluppati” ora hanno livelli di debito che sono alti per gli standard storici. Se c'è un'altra grossa crisi finanziaria, il piano sembra essere quello di usare salvataggi delle banche analoghi a quelli di Cipro, invece di salvare le banche usando il debito governativo. In un auto-salvataggio, i depositi bancari vengono scambiati col patrimonio della banca in fallimento. Per esempio, a Cipro il 37% dei depositi oltre i 100.000 euro sono stati trasformati in azioni di Classe A della banca. Questo approccio ha molte difficoltà. Le imprese hanno bisogno dei loro fondi, per scopi come il pagamento dei dipendenti e la costruzione di nuove fabbriche. Se i loro fondi vengono presi in un salvataggio interno, la capacità dell'impresa di andare avanti potrebbe esserne danneggiata. Anche i singoli consumatori dipendono dai loro conti bancari. Come osservato sopra, l'assicurazione sul deposito in teoria è disponibile, ma la vera quantità di fondi per questo scopo è molto bassa in confronto alla quantità potenzialmente a rischio. Quindi torniamo al problema se i governi possano e saranno in grado di salvare le banche ed altre istituzioni finanziarie dal fallimento. 
  8. Serve più debito per nascondere la mancanza di crescita economica in un'economia mondiale sofferente. Questo debito diventa sempre più difficile da ottenere, man mano che i salari ristagnano a causa dei ritorni decrescenti.
    Se i salari crescono abbastanza velocemente, i salari stessi possono essere usati per pompare la domanda di beni e così aumentare i prezzi. I nostri salari sono praticamente fermii salari medi sono diminuiti negli Stati Uniti. Se i salari non crescono a sufficienza, l'aumento del debito dev'essere usato per accrescere la domanda. Il debito sta crescendo lentamente nel settore famigliare, secondo le cifre compilate dal McKinsey Global Institute. Il debito delle famiglie è cresciuto solo del 2,8% all'anno fra il quarto trimestre del 2007 e il quarto trimestre del 2014, in confronto al 8,5% all'anno nel periodo fra il quarto trimestre del 2000 e il quarto trimestre del 2007. Anche includendo la domanda delle imprese, il debito non sta crescendo abbastanza rapidamente per mantenere alti i prezzi dei beni. Questa mancanza di crescita sufficiente del debito (e mancanza di crescita della domanda oltre al debito in crescita) sembra essere un motivo importante della diminuzione dei prezzi di molti beni dal 2011.
  9. Politica diversa rispetto ai tassi di interesse e quantitative easing  sembra avere la possibilità di fare a pezzi il sistema finanziario mondiale.
    In un'economia in rete, non allontanarsi troppo dallo status quo è un indubbio vantaggio. Se le politiche statunitensi hanno l'effetto di aumentare il valore del dollaro e le politiche di altri paesi hanno la tendenza ad abbassare le loro valute, l'effetto netto è quello di rendere il debito detenuto in altri paesi ma denominato in dollari statunitensi impagabile. E rende anche inaccessibile i beni venduti dalle società americane. L'economia, per come è oggi, è stato reso possibile da paesi che lavorano insieme. Con le sanzioni contro l'Iran e Russia, ci stiamo già allontanando da questa situazione. I prezzi del petrolio bassi ora stanno mettendo a rischio le economie degli esportatori di petrolio. Man mano che i paesi provano approcci diversi riguardo i tassi di interessi, questo aggiunge un'altra forza ancora, demolendo le economie. 
  10. L'economia comincia a comportarsi in modo molto strano quando troppo dell'attuale reddito è bloccato nel debito e in strumenti simili al debito.
    I modelli economici suggeriscono che se i prezzi del petrolio scendono, la domanda di petrolio crescerà in modo robusto e e l'offerta scenderà rapidamente. Se i produttori di petrolio sono protetti da contratti futuri che bloccano un prezzo alto, potrebbero non rispondere nella maniera attesa. Infatti, se sono obbligati a effettuare i pagamenti del debito,potrebbero continuare a trivellare anche quando altrimenti non avrebbe senso finanziario farlo. Analogamente, i consumatori sono a loro volta condizionati da impegni precedenti. Se gran parte del reddito dei consumatori è legato ai pagamenti del condominio, dell'auto e delle tasse, questi potrebbero non avere molta capacità di rispondere ai prezzi del petrolio più bassi. Al posto di aumentare le spese voluttuarie, i consumatori potrebbero saldare parte del loro debito con il loro reddito ritrovato.
Conclusione

Se l'attuale sistema economico collassa e diventa necessario crearne un altro, il nuovo sistema dovrà avere a che fare col fatto di avere una quantità di beni e servizi disponibili sempre minore per un periodo di transizione piuttosto lungo. Questo è uno dei grafici che ho mostrato in passato su come la crescita dei prodotti energetici, e quindi la crescita in beni e servizi, potrebbe apparire.


Figura 4. Stima della produzione di energia futura dell'autrice. Dati storici basati sulla BP adattati ai raggruppamenti della IEA. 

A causa di ciò, il nuovo sistema dovrà essere molto diverso da quello attuale. La maggior parte delle promesse dovranno essere di breve durata. I trasferimenti fra persone che vivono in una particolare area potrebbero ancora essere facilitati da un sistema finanziario, ma sarebbe difficile avere contratti a lungo termine e a lunga distanza. Di conseguenza, la nuova economia avrà probabilmente bisogno di essere molto più semplice di quella attuale. E' dubbio che possa includere i combustibili fossili. Molte persone chiedono perché non possiamo semplicemente cancellare il debito e ricominciare da capo. Fare questo probabilmente significherebbe cancellare anche tutti i conti in banca. Gran parte dei nostri attuali posti di lavoro probabilmente sparirebbe. Saremmo probabilmente senza rete elettrica e senza petrolio per le auto. Sarebbe molto difficile ricominciare da una situazione del genere. Dovremmo davvero ricominciare dal nulla. Non ho parlato delle distinzioni fra “fondi presi in prestito” e “patrimonio netto accumulato”. Una tale distinzione è a sua volta importante. Se ci sono problemi reali, tutto ciò che non è fisico finisce nella categoria generale di “ricchezza sulla carta”. Non possiamo contare sulla ricchezza sulla carta (o, in quel campo, su nessuna ricchezza) sul lungo termine. Ogni anno, la quantità di beni e servizi che l'economia può produrre è limitata dalle prestazioni dell'economia stessa, dati i limiti che stiamo raggiungendo. Se la quantità di questi beni e servizi comincia a crollare rapidamente, i governi potrebbero fallire, in aggiunta ai nostri problemi coi default del debito. Coloro che hanno ricchezza sulla carta non possono contare di ricevere molto. I lavoratori che producono qualsiasi bene e servizio che vengono realmente prodotti dovranno probabilmente essere pagati per primi.