Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR
Di Ugo Bardi
L'idea che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico è saltata fuori di tanto in tanto nel dibattito, ma non ha mai preso realmente piede per una serie di buoni motivi. Uno è che, in molti casi, le persone che la proponevano erano negazionisti climatici e questo li ha resi scarsamente credibili. Infatti, se il cambiamento climatico non esiste (o se non è causato dalle attività umane), come è che ci racconti che il picco del petrolio ci salverà? Aggiungete a questo il fatto che molti negazionisti climatici dalla linea dura sono anche negazionisti del picco del petrolio (visto che, come si sa bene, i due concetti sono parte di una grande cospirazione), quindi non sorprende che il meme “il picco del petrolio ci salverà” non è mai diventato virale.
Ciò non significa che non dobbiamo porci la domanda se abbiamo quantità sufficienti di combustibili fossili per generare un cambiamento climatico davvero disastroso. Il dibattito su questo punto risale ai primi anni del 2000. All'inizio, i dati erano incerti e veniva osservato correttamente che alcuni degli scenari dell'IPCC sovrastimavano quello che avremmo probabilmente bruciato in futuro. Ma, adesso, penso che la nebbia sia scomparsa. Sta diventando sempre più chiaro che l'esaurimento dei combustibili fossili non è sufficiente, di gran lunga, per salvarci dal cambiamento climatico.
Ciononostante, alcuni si aggrappano ancora al vecchio meme “il picco del petrolio ci salverà”. In un recente post su “Energy Matters”, Roger Andrews sostiene che:
Tutte le riserve di petrolio e gas più circa il 20% delle riserve di carbone potrebbero venire consumate senza superare il limite del trilione di tonnellate di emissioni dell'IPCC.
Ora, questo suona rassicurante e di sicuro molte persone lo capiscono nel senso che non ci dobbiamo preoccupare affatto di bruciare petrolio e gas. Ma non è così semplice. Un problema è che il “limite dei 2°C” è un ultimo disperato tentativo di limitare il danno creato dal cambiamento climatico, ma non c'è certezza che rimanere al di sotto di questo sarà sufficiente ad evitare il disastro. Poi c'è il problema dell'uso del termine “riserve” da parte di Andrews, da intendere con “riserve provate”. Le riserve provate comprendono solo quelle risorse che si sa che esistono e che sono estraibili allo stato attuale e si tratta certamente di molto di meno di quello che si potrebbe estrarre in futuro. Il parametro che tiene conto anche delle risorse che probabilmente esistono viene chiamato “ Ultimate Recoverable Resources – URR” (Risorse recuperabili totali).
Così, consideriamo una stima totale di URR fossili mondiali che molte persone considererebbero come “pessimistica”, quella di Jean Laherrere di cui ho già parlato in un post precedente. Risulta che abbiamo petrolio e gas in quantità tali che, insieme, possono produrre abbastanza CO2 da raggiungere il limite di 2°C, anche se, forse, non di più. Ne consegue che, se volessimo davvero bruciare tutto il petrolio e il gas che si sa che sono estraibili, per rimanere entro il limite dovremmo fermare tutta la combustione di carbone, a partire da domani! Una cosa non semplice da fare, considerato che il carbone produce più del 40% dell'energia che alimenta la rete elettrica mondiale e, in alcuni paesi, molto di più. E' vero che il carbone è il più sporco dei tre combustibili fossili e deve essere eliminato più rapidamente del petrolio e del gas, ma il consumo di tutti e tre deve diminuire nello stesso tempo, altrimenti sarà impossibile rimanere sotto il limite.
Alla fine, qui abbiamo un'altra delle molte illusioni che circondano il problema climatico, un'illusione che potrebbe essere pericolosa se si dovesse diffondere. Tuttavia, oltre agli altri problemi descritti qui, il post di Andrew cade nella stessa trappola di molti tentativi precedenti: usa i dati prodotti dalla scienza del clima per cercare di dimostrare la sua tesi principale, ma solo dopo aver definito la scienza del clima come una “scienza voodoo”. Non ci siamo proprio: è un meme che non diventerà mai virale.
Di Ugo Bardi
Immagine da “Peaksurfer”
L'idea che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico è saltata fuori di tanto in tanto nel dibattito, ma non ha mai preso realmente piede per una serie di buoni motivi. Uno è che, in molti casi, le persone che la proponevano erano negazionisti climatici e questo li ha resi scarsamente credibili. Infatti, se il cambiamento climatico non esiste (o se non è causato dalle attività umane), come è che ci racconti che il picco del petrolio ci salverà? Aggiungete a questo il fatto che molti negazionisti climatici dalla linea dura sono anche negazionisti del picco del petrolio (visto che, come si sa bene, i due concetti sono parte di una grande cospirazione), quindi non sorprende che il meme “il picco del petrolio ci salverà” non è mai diventato virale.
Ciò non significa che non dobbiamo porci la domanda se abbiamo quantità sufficienti di combustibili fossili per generare un cambiamento climatico davvero disastroso. Il dibattito su questo punto risale ai primi anni del 2000. All'inizio, i dati erano incerti e veniva osservato correttamente che alcuni degli scenari dell'IPCC sovrastimavano quello che avremmo probabilmente bruciato in futuro. Ma, adesso, penso che la nebbia sia scomparsa. Sta diventando sempre più chiaro che l'esaurimento dei combustibili fossili non è sufficiente, di gran lunga, per salvarci dal cambiamento climatico.
Ciononostante, alcuni si aggrappano ancora al vecchio meme “il picco del petrolio ci salverà”. In un recente post su “Energy Matters”, Roger Andrews sostiene che:
Tutte le riserve di petrolio e gas più circa il 20% delle riserve di carbone potrebbero venire consumate senza superare il limite del trilione di tonnellate di emissioni dell'IPCC.
Ora, questo suona rassicurante e di sicuro molte persone lo capiscono nel senso che non ci dobbiamo preoccupare affatto di bruciare petrolio e gas. Ma non è così semplice. Un problema è che il “limite dei 2°C” è un ultimo disperato tentativo di limitare il danno creato dal cambiamento climatico, ma non c'è certezza che rimanere al di sotto di questo sarà sufficiente ad evitare il disastro. Poi c'è il problema dell'uso del termine “riserve” da parte di Andrews, da intendere con “riserve provate”. Le riserve provate comprendono solo quelle risorse che si sa che esistono e che sono estraibili allo stato attuale e si tratta certamente di molto di meno di quello che si potrebbe estrarre in futuro. Il parametro che tiene conto anche delle risorse che probabilmente esistono viene chiamato “ Ultimate Recoverable Resources – URR” (Risorse recuperabili totali).
Così, consideriamo una stima totale di URR fossili mondiali che molte persone considererebbero come “pessimistica”, quella di Jean Laherrere di cui ho già parlato in un post precedente. Risulta che abbiamo petrolio e gas in quantità tali che, insieme, possono produrre abbastanza CO2 da raggiungere il limite di 2°C, anche se, forse, non di più. Ne consegue che, se volessimo davvero bruciare tutto il petrolio e il gas che si sa che sono estraibili, per rimanere entro il limite dovremmo fermare tutta la combustione di carbone, a partire da domani! Una cosa non semplice da fare, considerato che il carbone produce più del 40% dell'energia che alimenta la rete elettrica mondiale e, in alcuni paesi, molto di più. E' vero che il carbone è il più sporco dei tre combustibili fossili e deve essere eliminato più rapidamente del petrolio e del gas, ma il consumo di tutti e tre deve diminuire nello stesso tempo, altrimenti sarà impossibile rimanere sotto il limite.
Alla fine, qui abbiamo un'altra delle molte illusioni che circondano il problema climatico, un'illusione che potrebbe essere pericolosa se si dovesse diffondere. Tuttavia, oltre agli altri problemi descritti qui, il post di Andrew cade nella stessa trappola di molti tentativi precedenti: usa i dati prodotti dalla scienza del clima per cercare di dimostrare la sua tesi principale, ma solo dopo aver definito la scienza del clima come una “scienza voodoo”. Non ci siamo proprio: è un meme che non diventerà mai virale.