Da “Reuters”. Traduzione di MR (via Cristiano Bottone)
Di David Auerbach
Un paio di abbracci su un'area collinare con vista sul Cairo in un giorno polveroso e nebbioso in cui le temperature hanno raggiunto i 45°C il 27 maggio 2015. REUTERS/Asmaa Waguih
Gli esseri umani si estingueranno entro 100 anni perché il pianeta sarà inabitabile, secondo il microbiologo australiano Frank Fenner, uno dei leader nel tentativo di debellare il vaiolo negli anni 70. Fenner incolpa il sovraffollamento, le risorse prosciugate e il cambiamento climatico. La previsione di Fenner non è una scommessa sicura, ma ha ragione a dire che in nessuno modo le riduzioni di emissioni siano sufficienti per salvarci dalla nostra tendenza verso la catastrofe. E non sembra che ci sia alcuna grande corsa globale alla riduzione delle emissioni, in ogni caso. Quando il G7 ha invitato tutti i paesi a ridurre le emissioni di carbonio a zero nei prossimi 85 anni, la reazione della scienza è stata unanime: è troppo tardi.
E nessun possibile accordo che emerge dall'attuale United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) a Bonn, in Germania, in preparazione della conferenza sul clima di novembre a parigi, sarà sufficiente. A questo punto, diminuire le emissioni è solo metà della storia – la metà facile. Ma metà più difficile sarà uno sforzo aggressivo di trovare le tecnologie necessarie ad invertire l'apocalisse climatica che è già cominciata.
Da anni ormai, abbiamo sentito dire che ci troviamo ad un punto di non ritorno. Al Gore ci ha avvertito in “Una scomoda verità” che un'azione immediata era necessaria se volevamo impedire il riscaldamento globale. Nel 2007, Sir David King, ex consigliere scientifico capo del governo britannico, ha dichiarato: “Evitare il cambiamento climatico pericoloso è impossibile – il cambiamento climatico pericoloso è già qui. La domanda è, possiamo evitare il cambiamento climatico catastrofico?” Negli anni che sono seguiti, le emissioni sono aumentate, così come le temperature globali. Si possono trarre solo due conclusioni: o questi vecchi avvertimenti erano allarmisti o ci troviamo già in un guaio di gran lunga più grosso di quanto dichiari l'ONU. Sfortunatamente, sembra che sia la seconda.
Ridurre le emissioni e passare a fonti energetiche più pulite è un passo necessario per impedire aumenti di temperatura catastrofici. L'obbiettivo generale è quello di impedire che le temperature globali aumentino di più di 2°C. Aumenti maggiori – come l'aumento di
5°C dell'attuale proiezione per il 2100 – corrono il rischio di provocare alluvioni diffuse, carestie, siccità, aumento del livello del mare, estinzione di massa e, peggio ancora, il potenziale di superare il punto di non ritorno (spesso fissata a 6°C) che potrebbe rendere gran parte del pianeta inabitabile e spazzare via la maggior parte delle specie. Anche la cifra di 2°C prevede più di un metro di aumento dei livelli del mare per il 2100, abbastanza da far sfollare milioni di persone. Non stupisce che il pentagono ritiene il cambiamento climatico un serio “moltiplicatore di minacce” e considera il suo potenziale distruttivo in tutta la sua pianificazione.
E' qui che l'ONU non dice tutto – molto meno. Gli obbiettivi offerti dagli Stati uniti (una riduzione dal 26 al 28% dai livelli del 2005 entro il 2025), dall'Unione Europea (una riduzione del 40% dai livelli del 1990 entro il 2030) e della Cina (un picco di emissione non meglio specificato entro il 2030) non sono neanche lontanamente vicini a mantenerci al di sotto dell'obbiettivo dei 2°C. Nel 2012, il giornalista Bill McKibben, in
un articolo sul Rolling Stone, spiegava gran parte della matematica dietro al pensiero attuale sul riscaldamento globale. Mckibben concludeva che le cifre delle Nazioni Unite erano sicuramente ottimistiche. In particolare, Mckibben osservava che la temperatura è già aumentata di 0,8°C e anche se fermassimo tutte le emissioni di carbonio oggi, aumenterebbe di altri 0,8°C semplicemente a causa del biossido di carbonio esistente nell'atmosfera. Ciò lascia un cuscinetto di 0,4°C prima di raggiungere i 2°C. Anche ipotizzando che la conferenza di Parigi implementi tutto ciò che è stato promesso, saremmo sulla strada giusta per consumare il “bilancio di carbonio” rimanente – la quantità di carbonio che possiamo emettere senza superare la soglia dei 2°C - entro due o tre decenni, neanche mezzo secolo.
E' sicuro affermare che queste ipotesi di riduzione delle emissioni sono semplicemente insufficienti. Di per sé, offrono soltanto una piccola possibilità di impedire alla Terra di diventare in gran parte inabitabile – per gli esseri umani perlomeno – nei prossimi secoli. Perché i colloqui siano qualcosa di più di un placebo, devono includere piani aggressivi di mitigazione climatica, con l'assunto che gli attuali obbiettivi illusori non saranno raggiunti.
Oltre al coordinamento per affrontare le crisi alimentate dal cambiamento climatico e l'instabilità associata, la leadership del cambiamento climatico deve incoraggiare e finanziare lo sviluppo di tecnologie per invertire ciò che non siamo in grado di smettere di fare al nostro pianeta. Molte di queste tecnologie rientrano nella definizione di “sequestro del carbonio” - immagazzinare in sicurezza il carbonio piuttosto che emetterlo. Strategie più rischiose, come l'iniezione dei solfati nell'aria per riflettere più calore solare nello spazio e la fertilizzazione dell'oceano col ferro per far crescere le alghe per risucchiare il carbonio, corrono il rischio di avere conseguenze indesiderate. Soluzioni migliori e più sicure per ridurre le concentrazioni di CO2 nell'atmosfera non esistono ancora. Dobbiamo scoprirle e regolamentarle, per evitare il caos di ciò che gli economisti Gernot Wagner e Martin L. Weitzman chiamano “geoingegneria canaglia” nel loro libro Shock climatico.
Nessuno di questi approcci sono sostituti della riduzione delle emissioni. Raggiungere una società ad emissioni di carbonio zero è un obbiettivo a lungo termine necessario a prescindere da altre soluzioni tecnologiche. La tecnologia potrebbe farci guadagnare il tempo per arrivarci senza che il nostro pianeta bruci. Alla fine, ci serve un livello di investimento da Guerra Fredda in ricerca in nuove tecnologie per mitigare gli effetti in arrivo del riscaldamento globale. Senza questo, il lavoro dell'ONU è un bel gesto, ma è difficile che sia significativo.