Da “Huffington Post”. Traduzione di MR
Di Michael E. Mann
Sulla scia del Summit sul clima della COP21 a Parigi (vedete questo pezzo recente dell'Huffington Post per il mio punto di vista sull'accordo), diverse domande importanti rimangono senza risposta. Prendiamo per esempio l'impegno raggiunto dalle 197 nazioni partecipanti per limitare il riscaldamento al di sotto del livello “pericoloso” di 2°C in relazione al periodo preindustriale (trascurando al momento l'obbiettivo cui si aspira di un limite sostanzialmente inferiore di 1,5°C riconosciuto in vista del pericolo posto nei confronti delle isole-nazioni sul livello del mare). La domanda sorge immediatamente: quanto tempo abbiamo prima di raggiungere la zona di pericolo? Quanto siamo vicini al limite dei 2°C?
E' stato ampiamente detto che il 2015 sarà il primo anno in cui le temperature sono salite di 1°C al di sopra del periodo preindustriale. Ciò potrebbe far sembrare che abbiamo ancora un bel po' di margine prima di infrangere il limite dei 2°C. Ma l'affermazione è sbagliata. Abbiamo superato 1°C di riscaldamento più di un decennio fa. Il problema è che qui, ed altrove, è stato invocato un punto di partenza inappropriato per definire il “preindustriale”. Il riscaldamento è stato misurato in relazione alla media sulla seconda metà del XIX secolo (1850-1900). In altre parole, l'anno base usato implicitamente per definire le condizioni preindustriali è il 1875. la via di mezzo dell'intervallo. Eppure la rivoluzione industriale e l'aumento delle concentrazioni del CO2 atmosferico ad esso associato, sono iniziati più di un secolo prima. Sfortunatamente, persino l'IPCC è caduto vittima di questa convenzione problematica nel suo ultimo (il quindo) rapporto di valutazione. Il grafico chiave (Fig. 1 sotto) nel Summary for Policy Makers (SPM) del rapporto misura le emissioni antropogeniche (leggi generate dall'uomo) nette di carbonio e il riscaldamento relativo che ci si può attendere. Sia le emissioni sia il riscaldamento sia le misure sono relative ad un punto di partenza nel 1870.
Di Michael E. Mann
Sulla scia del Summit sul clima della COP21 a Parigi (vedete questo pezzo recente dell'Huffington Post per il mio punto di vista sull'accordo), diverse domande importanti rimangono senza risposta. Prendiamo per esempio l'impegno raggiunto dalle 197 nazioni partecipanti per limitare il riscaldamento al di sotto del livello “pericoloso” di 2°C in relazione al periodo preindustriale (trascurando al momento l'obbiettivo cui si aspira di un limite sostanzialmente inferiore di 1,5°C riconosciuto in vista del pericolo posto nei confronti delle isole-nazioni sul livello del mare). La domanda sorge immediatamente: quanto tempo abbiamo prima di raggiungere la zona di pericolo? Quanto siamo vicini al limite dei 2°C?
E' stato ampiamente detto che il 2015 sarà il primo anno in cui le temperature sono salite di 1°C al di sopra del periodo preindustriale. Ciò potrebbe far sembrare che abbiamo ancora un bel po' di margine prima di infrangere il limite dei 2°C. Ma l'affermazione è sbagliata. Abbiamo superato 1°C di riscaldamento più di un decennio fa. Il problema è che qui, ed altrove, è stato invocato un punto di partenza inappropriato per definire il “preindustriale”. Il riscaldamento è stato misurato in relazione alla media sulla seconda metà del XIX secolo (1850-1900). In altre parole, l'anno base usato implicitamente per definire le condizioni preindustriali è il 1875. la via di mezzo dell'intervallo. Eppure la rivoluzione industriale e l'aumento delle concentrazioni del CO2 atmosferico ad esso associato, sono iniziati più di un secolo prima. Sfortunatamente, persino l'IPCC è caduto vittima di questa convenzione problematica nel suo ultimo (il quindo) rapporto di valutazione. Il grafico chiave (Fig. 1 sotto) nel Summary for Policy Makers (SPM) del rapporto misura le emissioni antropogeniche (leggi generate dall'uomo) nette di carbonio e il riscaldamento relativo che ci si può attendere. Sia le emissioni sia il riscaldamento sia le misure sono relative ad un punto di partenza nel 1870.