Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR
Di Ugo Bardi
Quando è cominciato il collasso dei prezzi del petrolio, nell'estate 2014, tutti hanno notato che l'Arabia Saudita non stava giocando il suo ruolo tradizionale di “produttrice tampone”, cioè di variare la propria produzione in modo tale da mantenere prezzi ragionevolmente costanti. Di fronte ad un crollo della domanda, dovrebbe ridurre la produzione, ma non lo ha fatto, almeno non abbastanza.
Inizialmente, ho pensato che i sauditi fossero stati presi semplicemente di sorpresa e che fossero lenti a reagire. Ma ora, col recente aumento della produzione saudita, è chiaro che hanno qualcosa in mente. Forse non hanno progettato il collasso del mercato, ma in qualche modo lo stanno cavalcando.
In questa pazzia, c'è del metodo. Ma quale metodo potrebbe esserci nell'aumentare la produzione proprio mentre i prezzi sono i più bassi? Qualsiasi testo di economia vi dirà che il mercato si deve adattare ai cambiamenti della domanda e dell'offerta in modi esattamente opposti: di fronte ad una riduzione della domanda, la produzione deve scendere a sua volta.
Naturalmente, come sappiamo tutti, ciò che si legge nei libri di testo di economia ha poco a che fare col mondo reale. E nel mondo reale c'è una strategia di mercato ben conosciuta che consiste nel far fallire i tuoi concorrenti vendendo sotto costo. L'idea è di creare un monopolio e ricuperare dopo ciò che il vincitore della lotta ha perso all'inizio. Naturalmente, è illegale, ma il fatto stesso che ci siano leggi per impedirlo significa che si fa.
Tuttavia, c'è un piccolo problema nell'applicazione di questa strategia al mercato del petrolio. Ha a che fare col fatto che il petrolio è una risorsa finita. Quindi, se i produttori riescono ad ottenere un monopolio, ciò significa che finiranno la risorsa prima degli altri. Immaginate di essere dei mercanti d'arte: vendereste i vostri Picasso a basso costo per tagliare fuori gli altri mercanti d'arte e ottenere un monopolio? Naturalmente no, ciò che otterreste è semplicemente di finire in fretta i vostri preziosi quadri di Picasso e poi di lasciare il mercato completamente aperto ad altri.
Per cui, cosa stanno facendo esattamente i sauditi? Art Berman suggerisce che stiano combattendo contro le banche che hanno reso possibile la bolla del tight oil. Dopo l'eliminazione della bolla, il mercato potrebbe ritornare a prezzi relativamente alti e massimizzare gli introiti della saudita Aramco.
L'interpretazione di Berman è certamente possibile ma, come in tutti questi casi, stiamo guardando i governi come se fossero delle “scatole nere” intenti a capire i meccanismi interni che li fanno muovere. Questo è molto rischioso: proprio come vediamo nelle nuvole delle facce che non esistono, potremmo vedere in un atto di governo un'intelligenza che non c'è. I sauditi stanno realmente pianificando un profitto a lungo termine? O stanno semplicemente valutando male l'estensione delle loro risorse?
Dopotutto, abbiamo diversi esempi di risorse non rinnovabili che sono state gestite come se fossero infinite. Considerate solo a come le risorse petrolifere del Mare del Nord sono state estratte al tasso più alto possibile quando il mercato petrolifero stava sperimentando prezzi bassi storici. Ciò ha lasciato i produttori con campi petroliferi in declino quando i prezzi di mercato hanno cominciato ad aumentare. Non è stata una strategia molto intelligente, a dir poco.
Nel caso del Mare del Nord, non c'è stata pianificazione a lungo termine, è stato solo che il problema dell'esaurimento a lungo termine non è stato capito. I sauditi sono quindi ciechi al concetto stesso di “esaurimento”? (*) E' impossibile dirlo al momento. Il solo fatto certo è che l'era dei combustibili fossili a buon mercato è finita, anche se qualche oscillazione selvaggia potrebbe farci credere che sono tornati i bei tempi – ma solo per un attimo.
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(*) Sul fatto di essere incapaci di percepire che una risorsa minerale è finita, un caso particolarmente tragico è quello dello Yemen. Per alcuni anni, ho seguito lo “Yemen Times” e, in tutto quel tempo, non sono stato in grado di leggere nessuna dichiarazione che indicasse che il problema dell'esaurimento del petrolio fosse stato capito. Ogni qualvolta veniva menzionato il declino della produzione, veniva attribuito al terrorismo, ai disordini sociali e ad altri problemi temporanei. Da ciò che ho potuto leggere, mi pare che la società yemenita fosse (ed è ancora) completamente e totalmente cieca rispetto al fatto che hanno gradualmente finito il petrolio e che l'esaurimento del petrolio è la causa principale di tutti i guai che hanno avuto e che stanno avendo ora (grafico da “our finite world”)
Di Ugo Bardi
L'Arabia Saudita ha appena aumentato la produzione petrolifera a un livello record, mai raggiunto nella storia. Lo stanno facendo in un momento di prezzi del petrolio da record negativo. Cosa hanno in mente? (Immagine da Arthur Berman).
Quando è cominciato il collasso dei prezzi del petrolio, nell'estate 2014, tutti hanno notato che l'Arabia Saudita non stava giocando il suo ruolo tradizionale di “produttrice tampone”, cioè di variare la propria produzione in modo tale da mantenere prezzi ragionevolmente costanti. Di fronte ad un crollo della domanda, dovrebbe ridurre la produzione, ma non lo ha fatto, almeno non abbastanza.
Inizialmente, ho pensato che i sauditi fossero stati presi semplicemente di sorpresa e che fossero lenti a reagire. Ma ora, col recente aumento della produzione saudita, è chiaro che hanno qualcosa in mente. Forse non hanno progettato il collasso del mercato, ma in qualche modo lo stanno cavalcando.
In questa pazzia, c'è del metodo. Ma quale metodo potrebbe esserci nell'aumentare la produzione proprio mentre i prezzi sono i più bassi? Qualsiasi testo di economia vi dirà che il mercato si deve adattare ai cambiamenti della domanda e dell'offerta in modi esattamente opposti: di fronte ad una riduzione della domanda, la produzione deve scendere a sua volta.
Naturalmente, come sappiamo tutti, ciò che si legge nei libri di testo di economia ha poco a che fare col mondo reale. E nel mondo reale c'è una strategia di mercato ben conosciuta che consiste nel far fallire i tuoi concorrenti vendendo sotto costo. L'idea è di creare un monopolio e ricuperare dopo ciò che il vincitore della lotta ha perso all'inizio. Naturalmente, è illegale, ma il fatto stesso che ci siano leggi per impedirlo significa che si fa.
Tuttavia, c'è un piccolo problema nell'applicazione di questa strategia al mercato del petrolio. Ha a che fare col fatto che il petrolio è una risorsa finita. Quindi, se i produttori riescono ad ottenere un monopolio, ciò significa che finiranno la risorsa prima degli altri. Immaginate di essere dei mercanti d'arte: vendereste i vostri Picasso a basso costo per tagliare fuori gli altri mercanti d'arte e ottenere un monopolio? Naturalmente no, ciò che otterreste è semplicemente di finire in fretta i vostri preziosi quadri di Picasso e poi di lasciare il mercato completamente aperto ad altri.
Per cui, cosa stanno facendo esattamente i sauditi? Art Berman suggerisce che stiano combattendo contro le banche che hanno reso possibile la bolla del tight oil. Dopo l'eliminazione della bolla, il mercato potrebbe ritornare a prezzi relativamente alti e massimizzare gli introiti della saudita Aramco.
L'interpretazione di Berman è certamente possibile ma, come in tutti questi casi, stiamo guardando i governi come se fossero delle “scatole nere” intenti a capire i meccanismi interni che li fanno muovere. Questo è molto rischioso: proprio come vediamo nelle nuvole delle facce che non esistono, potremmo vedere in un atto di governo un'intelligenza che non c'è. I sauditi stanno realmente pianificando un profitto a lungo termine? O stanno semplicemente valutando male l'estensione delle loro risorse?
Dopotutto, abbiamo diversi esempi di risorse non rinnovabili che sono state gestite come se fossero infinite. Considerate solo a come le risorse petrolifere del Mare del Nord sono state estratte al tasso più alto possibile quando il mercato petrolifero stava sperimentando prezzi bassi storici. Ciò ha lasciato i produttori con campi petroliferi in declino quando i prezzi di mercato hanno cominciato ad aumentare. Non è stata una strategia molto intelligente, a dir poco.
Nel caso del Mare del Nord, non c'è stata pianificazione a lungo termine, è stato solo che il problema dell'esaurimento a lungo termine non è stato capito. I sauditi sono quindi ciechi al concetto stesso di “esaurimento”? (*) E' impossibile dirlo al momento. Il solo fatto certo è che l'era dei combustibili fossili a buon mercato è finita, anche se qualche oscillazione selvaggia potrebbe farci credere che sono tornati i bei tempi – ma solo per un attimo.
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(*) Sul fatto di essere incapaci di percepire che una risorsa minerale è finita, un caso particolarmente tragico è quello dello Yemen. Per alcuni anni, ho seguito lo “Yemen Times” e, in tutto quel tempo, non sono stato in grado di leggere nessuna dichiarazione che indicasse che il problema dell'esaurimento del petrolio fosse stato capito. Ogni qualvolta veniva menzionato il declino della produzione, veniva attribuito al terrorismo, ai disordini sociali e ad altri problemi temporanei. Da ciò che ho potuto leggere, mi pare che la società yemenita fosse (ed è ancora) completamente e totalmente cieca rispetto al fatto che hanno gradualmente finito il petrolio e che l'esaurimento del petrolio è la causa principale di tutti i guai che hanno avuto e che stanno avendo ora (grafico da “our finite world”)
Domanda da curioso. Il grafico dello Yemen termina nel 2012, sul più "bello", quando i consumi stanno superando la produzione. Come è andata a finire?
RispondiEliminaa botte......
Elimina;) già
Eliminaandrà a 20/30 dollari l'oil...è una guerra valutaria questa appena iniziata contro il dollaro...la nota positiva è che il fracking che causa terremoti non è più conveniete e falliranno tutte le ditte di estrazione....
RispondiEliminaStrano che i Sauditi non abbiano capito il problema della finitezza del loro petrolio. Eppure la loro massima del ritorno ai cammelli dopo la parentesi dell'aereo dovrebbe renderli più accorti. O magari scrivo un'ingenuità perché davanti all'avidità la razionalità va in pappa...
RispondiEliminaCupio dissolvi.
RispondiEliminaLa stessa vita, sopratutto quella in salute, è una risorsa limitata, a termine, e per chicchessia.
E allora si può scegliere di finirla con una azione eclatante o di fastosa munificenza.
Anche e sopratutto a danno di chi resterà e non fa parte della cerchia del trapassante.
Basta aprire il baule degli album della Storia per trovare innumerevoli situazioni di dionisiaca autodistruzione.Definibile tranquillamente "demoniaca".
E più la sensazione dell'impotenza si fa ineluttabile, più il desiderio di distruzione si fa imponente.
Tutto questo, senza necessariamente che si arrivi alla piena consapevolezza di quello che ci sta accadendo.
Gli ultimi episodi expomeneghini partono dalle stesse emozioni e sentimenti.
Quanti al mondo sceglieranno di coordinarsi, in fretta e al meglio per affrontare il "Dirupo di Seneca" * ?
Per ora, mi sembra che siano ancora troppo pochi e tanto male in arnese.
Quindi, il pericolo che tutto finisca in bolgia Yemenita, è in crescita esponenziale.
Ma, nel Baule, ci sono Album che raccontano storie di dionisiache costruzioni e ricostruzioni.
E proprio noi Italiani siamo indissolubilmente legati ad una di queste, anzi due.
Uno è il Rinascimento, e l'altra è il Dopoguerra.
E infatti, sempre a Milano, migliaia di persone hanno riprodotto dal giorno dopo il fatti della guerriglia urbana, un rinascimento in miniatura.
Marco Sclarandis
Intanto per andare in vacanza abbiamo trovato chi ci riempie il serbatoio? o no?
RispondiEliminahttp://www.rischiocalcolato.it/2015/04/sempre-piu-sta-ceppa-di-picco-scoperto-un-mega-giacimento-di-petrolio-in-inghilterra-bbc.html
Infatti Climber 15, comunque fra cent'anni quanti saranno quelli, oggi ancora vivi?
EliminaPossiamo pensare a quelli che potrebbero nascere tra cinquanta.
Ma non siamo neanche certi che questa sera riposeremo a letto invece che in una bara e talvolta nemmeno in quella.
E' impressionante pensare a come la droga più potente mai esistita sulla Terra non sia stata un qualche genere di alcaloide o di anfetamina, ma questa "fetida ambrosia oleosa" lavorata centinaia di milioni d'anni fa nelle segrete sedimentazioni geologiche e distillata neanche due secoli fa negli alambicchi più mostruosi mai fabbricati dall'umanità.
Senza questo bruno viscoso rosòlio, non ci saremmo illusi in massa di poter vivere come dei sàtrapi babilonesi.
Di fatto così è avvenuto.
Ora bisogna però affrontare l'imminente crisi d'astinenza.
Anche questa paragonabile per intensità all'effetto psicòtropo della sostanza allucinogena.
Dante Alighieri vorrebbe cantarne l'intera saga, se potesse.
.
Marco Sclarandis.
Quando hai bisogno di soldi vendi quello che hai e anche sottocosto... Quali sono le esigenze finanziarie e le aspirazioni strategiche della petromonarchia?
RispondiEliminacerto che far vivere da nababbi 40 mln di sudditi in un paese che non produce nulla se non petrolio, deve essere dura. E poi le bombe sparate nello yemen devono costare una sassata.
EliminaVisto la fine che hanno fatto i regimi toccati dalla cosiddetta "Primavera Araba" verrebbe da pensare che, statisticamente, sia più probabile che siano proprio esigenze di conservazione del potere interno e mere speculazioni di brevissimo termine a dominare l'azione estrattiva. Inoltre tali impulsi NON contrastano con la possibile strategia di "affossare il nemico" facendogli guerra sul prezzo.
EliminaSe questa mia rozza e stringata analisi è anche solo parzialmente corretta, allora è sensato attendersi un esito stile Mare del Nord, indipendentemente dai dettagli.
L'esito sarà comunque una distruzione di domanda associata ad una distruzione di offerta. Si può anche trovare così un nuovo equilibrio ma sarà comunque drasticamente peggio di quello attuale.
Allo stato attuale delle cose, credo che molte raffinate analisi strategiche potrebbero convenientemente essere riassunte in una sola frase: "Se non è transizione energetica, è MORTE!".
Saluti
Concordo: meglio l'uovo oggi della gallina domani.
EliminaChiedo scusa per il commento fuori luogo, avrei una domanda per il professor Bardi: esiste un corso di laurea per approfondire queste tematiche?
RispondiEliminaCi sono vari corsi di Laurea che toccano alcuni elementi di questo soggetto. Per esempio, ingegneria ambientale, oppure economia. In pratica, non esiste un corso focalizzato sulle risorse minerali; nemmeno a geologia. Ma, del resto, è noto che niente che valga veramente la pena di imparare, si può inegnare.
Elimina"insegnare"!
EliminaAh ok grazie, perchè ho iniziato a lavorare qualche anno fa e intanto mi sono scelto un corso di laurea che mi piacesse ovvero "scienze ambientali" poi 1 anno fa ho conosciuto questo blog e mi è venuto l'interesse per queste tematiche (risorse, ambiente economia), un mio professore mi ha detto che c'è una specialistica, mi pare sia "economia ambientale"
Eliminala cosa più sorprendente rimane sempre la difficoltà nel comprendere la 'fisicità' di un fenomeno come il 'picco'..
RispondiEliminami capita spesso, per lavoro, di parlare con persone di una certa cultura, alcuni con più di una laurea ma niente..annuiscono e al 'quid' il concetto viene espresso confusamente..spesso facendo riferimento al prezzo e alle nuove tecnologie..che in qualche maniera ci tireranno fuori dai problemi.
Credo però che il problema di analizzare e riconoscere certi fenomeni presenti nella fisica delle cose (come quella del 'picco'), sia in qualche maniera anche un fenomeno culturale..abituati come siamo a vedere sempre una fine del tunnel o una soluzione tecnologica o una via d'uscita comunque esistente..grazie all'abbondanza e alla ricchezza dal dopoguerra a oggi..
anche il mio collega, che viene in scooter a lavoro, percorrendo 8 km a/r, dice che 'risparmia' utilizzandolo, che è utile, che è poco rischioso, che conviene alle tasche ecc..ecc..
eppure gli dico che, vista la ciclabile presente per tutto il percorso che compie, risparmierebbe veramente (anche in salute..) percorrendo il percorso in bici..magari alternando con l'autobus in caso di pioggia..
è no, in bici ci metto 20 minuti mi risponde..in scooter una decina..magari correndo un pò..
all'analisi dei costi (oltre ai rischi..dalle mie parti in scooter si muore..) l'aggeggio gli costa come circa uno stipendio e mezzo..non poco per chi deve mandare avanti una famiglia con entrate mensili di poco superiori ai mille euro..però 'culturalmente' (almeno in italia..) lo spostamento deve avvenire con mezzo motorizzato..è quasi una questione di riconoscimento sociale..direi quasi d'onore..se si può utilizzare in maniera comunque distorta questo vocabolo..
ovviamente è fenomeno prettamente italiano..un'olandese o un danese, ma quasiasi altro centro-europeo, non esiterebbe ad utilizzare la bici..
un saluto.
s.
Se fai 8 km con la bici in mezzo allo smog, la salute la perdi!
EliminaSpecialmente se ci sono tratti in salita in cui hai il fiatone....
prendere boccate di smog, accorcia la vita.
Meglio lo scooter che consuma poco e non prendi boccate di smog.
Se poi aggiungiamo anche la sicurezza stradale, allora sarebbe meglio andare in auto.
Come vedi, non c'è una verità assoluta!
Qui a Trento e in Trentino in generale c'è una discreta/buona rete ciclabile.
EliminaSono state costruite le ciclabili, e la gente ci và ! Anche io. Ci và con le bici, a piedi, con sky roll, pattini, i disabili con mezzi elettrici !!!! Viva le piste ciclabili. Viva la bici, viva ancor di più i piedi.
Gianni Tiziano
Energie rinnovabili !!!!! e lasciare il petrolio ai (nauru)arabi
RispondiEliminaLasciando per un momento il complottismo, in cui si dice che gli USA si siano messi d'accordo con l'Arabia Saudita per far crollare il prezzo del petrolio e l'economia della Russia.
RispondiEliminaGuardandola con gli occhi di chi ha grandi risorse e vuole trarne il più grande beneficio possibile si può constatare una cosa:
nel mondo si sta diffondendo l'idea che i combustibili fossili converrebbe lasciarli nel sottosuolo perché sono la causa dei cambiamenti climatici.
Se questa idea prendesse piede e convincesse tutti i Paesi del mondo, come si troverebbero le Nazioni come l'Arabia Saudita che ha ancora riserve per parecchi decenni?
Si ritroverebbero con una sostanza maleodorante che sarebbe più un problema che altro.
Allora cosa possono aver pensato:
se i Paesi del mondo non vogliono più usare il petrolio tra qualche anno, allora mi conviene sfruttare questa risorsa nel più breve tempo possibile.
Mi metto a pompare petrolio al massimo; molti dei miei concorrenti falliranno e io, che avrò ancora petrolio per parecchi anni, lo potrò vendere a prezzi un pò più alti, ma fino ad esaurire le mie riserve;
invece di lasciarle nel sottosuolo; alla fine ci avrò guadagnato molto di più, in quanto avrò sfruttato circa il 100% delle mie riserve, invece di lasciarne un buon 50% nel sottosuolo e restare invenduto.
Penso che quando è arrivato il Fracking, l'Arabia Saudita abbia capito che: non avrebbe avuto abbastanza tempo per poter estrarre tutto il petrolio delle sue riserve.
Ipotesi possibile?
Boh!
Adesso I Sauditi vogliono pagare i Senegalesi per combattere per loro nello Yemen già mezzo distrutto. Cosa ci si può aspettare da tale gente in campo economico? Gli Occidentali li hanno voluti e adesso se li devono sciroppare. Assieme al resto della loro grande strategia mediorientale da ancor prima di Sykes -Picot. La "gestione" della strategia e dei diversi attori regionali messi in gioco (uno più disgraziato dell'altro) accade con tempi e su cicli e con dinamiche (più che altro di divisione e conflitti) più lunghi. Ma forse sta scappando di mano e cadendo in mano a gente ancora peggiore.
RispondiEliminaLa domanda è: cosa si inventeranno dopo il fracking? Non dimentichiamo che se non fosse stato per questo metodo costoso (sia economicamente che a livello ambientale), ora saremmo già in fase declinante, ben oltre il plateau petrolifero. Come volume prodotto, a livello energetico lo siamo già. La logica dice che adesso dovrebbe attenderci il vero declino globale della produzione all liquids. Opinioni in merito?
RispondiEliminaFederal Reserve 1 - 0 Saudi Arabia
RispondiEliminaSubmitted by Tyler Durden on 05/04/2015 - 21:50
Since we last updated the state of Saudi Arabia's reserve stash, things have gone from bad to worse. It appears the battle to crush US Shale producers is taking its toll as The FT reports, Saudi Arabia is burning through its foreign reserves at a record rate as the kingdom seeks to maintain spending plans (and thus social stability) despite lower oil prices. All the time The Fed remains 'easy', no matter how negative US Shale cashflows are, the muppets will buy their debt and keep the mal-invested market alive. Saudi reserves are now their lowest in almost 2 years (but they have plenty more to chew through to out-wait The Fed).
http://www.zerohedge.com/news/2015-05-04/federal-reserve-1-0-saudi-arabia
Divagando leggermente... ma lo shale-oil non doveva andare a quel paese con il petrolio sotto gli 80 dollari?
RispondiEliminahttp://www.forbes.com/sites/judeclemente/2015/05/07/u-s-oil-production-forecasts-continue-to-increase/
E il bello della propaganda! Stanno producendo da buchi fatti prima della crisi, con finanziamenti ottenuti prima della crisi. Ora, però, non hanno più soldi per fare altri buchi e i risultati si vedranno verso fine anno - inizio 2016. A parte questo, Forbes è altrettanto attendibile a proposito di petrolio di quanto lo è la gazzetta delle chiese unite di Tucson, Arizona, a proposito dell'evoluzione per selezione naturale.
Elimina"Di fronte ad un crollo della domanda, dovrebbe ridurre la produzione, ma non lo ha fatto, almeno non abbastanza."
RispondiElimina......crollo della domanda......
Saranno almeno due anni che cerco, invano, di capire il perchè si continui a parlare di crollo della domanda.
Non c'è stato nessun crollo della domanda...anzi!!!
Ci sarà sicuramente stato in alcuni paesi OECD, ma la domanda mondiale complessiva di petrolio, non fa che crescere, aggiornando record su record.
Questo l'ultimo rilevamento dell'Energy Information Administration:
2007 --- 86,724
2008 --- 86,046
2009 --- 84,972
2010 --- 87,858
2011 --- 88,800
2012 --- 89,721
2013 --- 91,195
2014 --- 92,047
2015 --- 93,089
Caro anonimo, in effetti mi sembra che ti sei dannato inutilmente negli ultimi due anni. Il crollo dei prezzi del petrolio è cominciato soltanto negli ultimi mesi del 2014, quindi è poco utile andare a citare l'aumento della produzione a partire dal 2007. Il problema di quest'ultima crisi è che non c'è stato un cambaimento significativo della tendenza produttiva, che ha continuato ad aumentare molto debolmente, come sta facendo ormai da una biona decina d'anni. Ovvero, non c'è stato nessun cambiamento importante dell'offerta. A questo punto, che cosa ha causato il crollo dei prezzi? A te la facile deduzione.....
EliminaI prezzi sono scesi per eccesso di produzione.
RispondiEliminaSempre dall'Energy Information Administration ( a sinistra la domanda a destra la produzione):
2012 --- 89,721 --- 90,485
2013 --- 91,195 --- 90,923
2014 --- 92,047 --- 93,003
2015 --- 93,089 --- 94,000 ??
C'è almeno 1 milione di b/g di eccesso di produzione (fra le altre cose da notare che le scorte commerciali USA sono ai massimi da 80 anni)
L'EIA non ha ancora rilasciato dati sulla produzione dei primi mesi del 2015, ma gli ultimi mesi del 2014 si stava ben sopra i 94 milioni di b/g, (record storico a ottobre con 94,630 milioni di b/g). Sempre 1 milione abbondante sopra la stima della domanda per il 2015. Anche i dati IEA riportano la produzione ancora a livelli massimi.
A dimostrazione comunque che non c'è un crollo della domanda, c'è la stima per il 2015 (siamo già a maggio quindi il dato inizia ad avere una certa validità) che segna un aumento di un 1 milione di b/g sul 2014.
Vediamo fra qualche mese quando ci saranno info sulla domanda per l'anno in corso più precise.
Chiedo scusa per il doppio post.
RispondiEliminaTral'altro la caduta delle quotazioni del greggio è iniziata a giugno del 2014 non alla fine dell'anno. Eppure la domanda del 2014 ha fatto registrare un aumento di 800 mila b/g sul 2013