Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR
Di Ugo Bardi
Niente di ciò che facciamo (o cerchiamo di fare) sembra essere in grado di fermare l'accumulo di biossido di carbonio in atmosfera. E, di conseguenza, niente sembra essere in grado di fermare il cambiamento climatico. Con la situazione che peggiora in continuazione (guardate qui, per esempio), siamo a sperare che un qualche tipo di accordo internazionale per limitare le emissioni possa essere raggiunto. Ma, dopo molti tentativi e molti fallimenti, possiamo davvero aspettarci che la prossima volta, miracolosamente, possiamo avere successo?
Un'altra linea di pensiero, invece, sostiene che l'esaurimento ci salverà. Dopotutto, se finiamo il petrolio (e i combustibili fossili in generale) dovremo smettere di emettere gas serra. Questo non risolverà il problema? In linea di principio sì, ma succederà?
Il nocciolo del dibattito sull'esaurimento dei combustibili fossili è che, nonostante le risorse teoricamente abbondanti, il tasso di produzione è fortemente condizionato da fattori economici. Questi fattori costringono normalmente la curva di produzione a seguire una forma “a campana”, o “di Hubbert”, che raggiunge il picco e comincia a declinare molto prima che le risorse finiscano in senso fisico. In pratica, gran parte degli studi che tengono conto del fenomeno del “picco” giungono alla conclusione che gli scenari del IPCC spesso sovrastimano la quantità di carbonio fossile che si può bruciare (vedete questa recente rassegna di Hook et al.). Da questo, alcuni sono giunti alla conclusione ottimistica che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico (vedete questo mio post). Ma questo è troppo semplicistico.
Il problema del cambiamento climatico non è che le temperature continueranno a crescere dolcemente da adesso alla fine del secolo. Il problema è che ci troveremo in grossi guai molto prima se lasciamo aumentare le temperature oltre un certo limite. Aumento del livello del mare, acidificazione dell'oceano e desertificazione sono soltanto alcuni dei problemi, ma uno peggiore potrebbe rivelarsi il “punto di non ritorno climatico”. Cioè che, oltre un certo punto, l'aumento delle temperature comincia ad essere alimentato da una serie di effetti di retroazione interni all'ecosistema e il cambiamento climatico diventerebbe inarrestabile.
Non sappiamo dove possa essere situato il punto di non ritorno climatico, ma c'è un consenso sul fatto che dobbiamo impedire che le temperature aumentino oltre un certo limite. Spesso il livello di 2°C è considerato il limite per evitare la catastrofe. Grazie al saggio del 2009 di Meinshausen et al. possiamo stimare che, da ora in avanti, non dobbiamo rilasciare più di circa 1x10+12 t di CO2 nell'atmosfera. Considerando che finora abbiamo rilasciato circa 1,3x10+12 t di CO2 (fonte: global carbon project), il totale non deve essere più di circa 2,3x10+12 t di CO2.
Cosa possiamo aspettarci quindi in termini di emissioni totali considerando uno scenario di “picco”? Lasciate che vi mostri alcuni dati di Jean Laherrere, che è stato fra i primi a proporre il concetto di “picco del petrolio”.
In questa figura, fatta nel 2012, Laherrere elenca le quantità di combustibili bruciate, con una “U” ("ultimate"), misurate in Tboe (Terabarrels of oil equivalent, vedete più in fondo i fattori di conversione usati). Come prima approssimazione, se tutte le emissioni fossero da petrolio greggio, emetteremmo 4,5x10+12 t di CO2. Le cose cambiano un po' se separiamo i contributi dei tre combustibili fossili. Il petrolio greggio, da solo, produrrebbe 1,3x10+12 t di CO2. Il carbone produrrebbe 2,8x10+12 t e il gas naturale 0,95x10+12 t. Il risultato finale è quasi esattamente 5x10+12 t di CO2.
In breve, anche se seguiremo una traiettoria di “picco” nella produzione di combustibili fossili, emetteremo circa due volte il biossido di carbonio di quello che al momento è considerato essere il limite “di sicurezza”.
Naturalmente, ci sono moltissime incertezze in questi calcoli e il punto di non ritorno potrebbe essere più lontano di quanto stimato. Ma potrebbe anche essere più vicino. A dobbiamo tenere conto del problema dell'aumento delle emissioni di CO2 per unità di energia man mano che progressivamente passiamo a combustibili più sporchi e meno efficienti. Così, stiamo davvero giocando col disastro, con una buona possibilità di correre dritti in una catastrofe climatica.
Ciononostante, potrebbe anche essere che Laherrere fosse ottimista nella sua stima. Infatti, la curva quasi simmetrica “a campana” o “di Hubbert” è il risultato dell'ipotesi che l'estrazione venga eseguita in un'economia pienamente funzionante. Ma, una volta che il sistema economico comincia a disfarsi, una serie di retroazioni distruttive accelerano il declino. Si tratta del “Collasso di Seneca” che genera una curva di produzione asimmetrica “il “Dirupo di Seneca”).
Il dirupo di Seneca ci può salvare? Perlomeno ridurrebbe considerevolmente la quantità di carbonio fossile bruciato. A titolo di prova, se il collasso dovesse cominciare entro i prossimi 10 anni e dovesse tagliare più della metà della produzione potenziale di carbone, allora potremmo rimanere entro il limite di sicurezza. Laddove Hubbert non può salvare l'ecosistema, Seneca potrebbe (forse).
Ma, anche se ciò dovesse avvenire, un collasso di Seneca è un grande disastro in sé per l'umanità, quindi c'è poco di cui rallegrarsi al pensiero che potrebbe salvarci dal cambiamento climatico fuori controllo. In pratica, la sola speranza di evitare il disastro sta nell'assumere un ruolo più attivo nel sostituire i fossili con le rinnovabili. In questo modo, possiamo costringere la produzione di combustibili fossili a diminuire più rapidamente, ma senza perdere la fornitura energetica di cui abbiamo bisogno. E' possibile – è un grande sforzo, ma possiamo farlo se siamo disposti a provarci (vedete questo saggio di Sgouridis, Bardi e Csala per una stima quantitativa dello sforzo necessario).
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Unità di conversione
Un Boe di petrolio greggio = 0,43 t CO2 (http://www.epa.gov/cleanenergy/energy-resources/refs.html)
Un Boe di carbone = 0,53 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)
Un Boe di gas naturale: 0,31 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)
Di Ugo Bardi
Il “Dirupo di Seneca” (o “Collasso di Seneca”). L'antico filosofo Romano disse che “La strada dell'ascesa è lenta, ma quella della rovina è rapida”. Un Collasso di Seneca” dell'economia mondiale ridurrebbe sicuramente le possibilità di un disastro climatico, ma sarebbe un grande disastro in sé e potrebbe anche non essere sufficiente.
Niente di ciò che facciamo (o cerchiamo di fare) sembra essere in grado di fermare l'accumulo di biossido di carbonio in atmosfera. E, di conseguenza, niente sembra essere in grado di fermare il cambiamento climatico. Con la situazione che peggiora in continuazione (guardate qui, per esempio), siamo a sperare che un qualche tipo di accordo internazionale per limitare le emissioni possa essere raggiunto. Ma, dopo molti tentativi e molti fallimenti, possiamo davvero aspettarci che la prossima volta, miracolosamente, possiamo avere successo?
Un'altra linea di pensiero, invece, sostiene che l'esaurimento ci salverà. Dopotutto, se finiamo il petrolio (e i combustibili fossili in generale) dovremo smettere di emettere gas serra. Questo non risolverà il problema? In linea di principio sì, ma succederà?
Il nocciolo del dibattito sull'esaurimento dei combustibili fossili è che, nonostante le risorse teoricamente abbondanti, il tasso di produzione è fortemente condizionato da fattori economici. Questi fattori costringono normalmente la curva di produzione a seguire una forma “a campana”, o “di Hubbert”, che raggiunge il picco e comincia a declinare molto prima che le risorse finiscano in senso fisico. In pratica, gran parte degli studi che tengono conto del fenomeno del “picco” giungono alla conclusione che gli scenari del IPCC spesso sovrastimano la quantità di carbonio fossile che si può bruciare (vedete questa recente rassegna di Hook et al.). Da questo, alcuni sono giunti alla conclusione ottimistica che il picco del petrolio ci salverà dal cambiamento climatico (vedete questo mio post). Ma questo è troppo semplicistico.
Il problema del cambiamento climatico non è che le temperature continueranno a crescere dolcemente da adesso alla fine del secolo. Il problema è che ci troveremo in grossi guai molto prima se lasciamo aumentare le temperature oltre un certo limite. Aumento del livello del mare, acidificazione dell'oceano e desertificazione sono soltanto alcuni dei problemi, ma uno peggiore potrebbe rivelarsi il “punto di non ritorno climatico”. Cioè che, oltre un certo punto, l'aumento delle temperature comincia ad essere alimentato da una serie di effetti di retroazione interni all'ecosistema e il cambiamento climatico diventerebbe inarrestabile.
Non sappiamo dove possa essere situato il punto di non ritorno climatico, ma c'è un consenso sul fatto che dobbiamo impedire che le temperature aumentino oltre un certo limite. Spesso il livello di 2°C è considerato il limite per evitare la catastrofe. Grazie al saggio del 2009 di Meinshausen et al. possiamo stimare che, da ora in avanti, non dobbiamo rilasciare più di circa 1x10+12 t di CO2 nell'atmosfera. Considerando che finora abbiamo rilasciato circa 1,3x10+12 t di CO2 (fonte: global carbon project), il totale non deve essere più di circa 2,3x10+12 t di CO2.
Cosa possiamo aspettarci quindi in termini di emissioni totali considerando uno scenario di “picco”? Lasciate che vi mostri alcuni dati di Jean Laherrere, che è stato fra i primi a proporre il concetto di “picco del petrolio”.
In questa figura, fatta nel 2012, Laherrere elenca le quantità di combustibili bruciate, con una “U” ("ultimate"), misurate in Tboe (Terabarrels of oil equivalent, vedete più in fondo i fattori di conversione usati). Come prima approssimazione, se tutte le emissioni fossero da petrolio greggio, emetteremmo 4,5x10+12 t di CO2. Le cose cambiano un po' se separiamo i contributi dei tre combustibili fossili. Il petrolio greggio, da solo, produrrebbe 1,3x10+12 t di CO2. Il carbone produrrebbe 2,8x10+12 t e il gas naturale 0,95x10+12 t. Il risultato finale è quasi esattamente 5x10+12 t di CO2.
In breve, anche se seguiremo una traiettoria di “picco” nella produzione di combustibili fossili, emetteremo circa due volte il biossido di carbonio di quello che al momento è considerato essere il limite “di sicurezza”.
Naturalmente, ci sono moltissime incertezze in questi calcoli e il punto di non ritorno potrebbe essere più lontano di quanto stimato. Ma potrebbe anche essere più vicino. A dobbiamo tenere conto del problema dell'aumento delle emissioni di CO2 per unità di energia man mano che progressivamente passiamo a combustibili più sporchi e meno efficienti. Così, stiamo davvero giocando col disastro, con una buona possibilità di correre dritti in una catastrofe climatica.
Ciononostante, potrebbe anche essere che Laherrere fosse ottimista nella sua stima. Infatti, la curva quasi simmetrica “a campana” o “di Hubbert” è il risultato dell'ipotesi che l'estrazione venga eseguita in un'economia pienamente funzionante. Ma, una volta che il sistema economico comincia a disfarsi, una serie di retroazioni distruttive accelerano il declino. Si tratta del “Collasso di Seneca” che genera una curva di produzione asimmetrica “il “Dirupo di Seneca”).
Il dirupo di Seneca ci può salvare? Perlomeno ridurrebbe considerevolmente la quantità di carbonio fossile bruciato. A titolo di prova, se il collasso dovesse cominciare entro i prossimi 10 anni e dovesse tagliare più della metà della produzione potenziale di carbone, allora potremmo rimanere entro il limite di sicurezza. Laddove Hubbert non può salvare l'ecosistema, Seneca potrebbe (forse).
Ma, anche se ciò dovesse avvenire, un collasso di Seneca è un grande disastro in sé per l'umanità, quindi c'è poco di cui rallegrarsi al pensiero che potrebbe salvarci dal cambiamento climatico fuori controllo. In pratica, la sola speranza di evitare il disastro sta nell'assumere un ruolo più attivo nel sostituire i fossili con le rinnovabili. In questo modo, possiamo costringere la produzione di combustibili fossili a diminuire più rapidamente, ma senza perdere la fornitura energetica di cui abbiamo bisogno. E' possibile – è un grande sforzo, ma possiamo farlo se siamo disposti a provarci (vedete questo saggio di Sgouridis, Bardi e Csala per una stima quantitativa dello sforzo necessario).
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Unità di conversione
Un Boe di petrolio greggio = 0,43 t CO2 (http://www.epa.gov/cleanenergy/energy-resources/refs.html)
Un Boe di carbone = 0,53 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)
Un Boe di gas naturale: 0,31 t CO2 (calcolo da https://www.unitjuggler.com/convert-energy-from-Btu-to-boe.html?val=1000000 e da http://www.epa.gov/cpd/pdf/brochure.pdf)
Disposti a provarci? Chi? Le masse o le elite dirigenti? C'è poco o nulla da essere speranzosi...
RispondiEliminaSecolo finale, (Martin Rees) o rimedioevo (NON, ri-medioevo!) ?
RispondiEliminaForse abbiamo il privilegio di assistere al "più grande spettacolo dopo il (Big Bang*)" .(*Fred Hoyle).
Ma non questo:
Il più grande spettacolo dopo il big bang:
www.youtube.com/watch?v=RruDYGIx1Ak (Lorenzo Cherubini ,in arte, Jovanotti)
Marco Sclarandis
En passant, che insieme a Ugo Bardi, Massimiliano Rupalti, e grazie all'impegno di molti altri, tiene in vita
rimedioevo.blogspot .it, finchè sara utile e dilettevole.
Tento da tempo di far notare che un cambiamento dell'agricoltura potrebbe aiutarci moltissimo, anzi essere addirittura risolutivo. Non che per questo si debba rinunciare all'abbandono dei combustibili fossili per le fonti rinnovabili. Ma da calcoli del Rodale Institute (che ho rifatto in maniera sommaria anche da solo ed i risultati che ho ottenuto confermano le loro ipotesi), se tutta l'agricoltura mondiale passasse alla tecnica dei cover crop e terminazione con roller crimper si potrebbe non solo ridurre le emissioni dirette dell'agricoltura almeno del 50%, ma assorbire ca. 2 t di carbonio per ettaro (ca.6 t di CO2), che moltiplicato per tutta la superficie coltivata a livello mondiale farebbe ca. 50 miliardi di tonnellate di carbonio all'anno, che per quello che so è più di tutte le emissioni umane messe insieme. La tecnica in questione tra l'altro farebbe risparmiare parecchi soldi agli agricoltori sia per il minor uso di combustibili, ma anche per la riduzione della necessità di apporti esterni di fertilizzanti. Inoltre si avrebbero anche meno emissioni dovute all'effetto della lavorazione sul suolo che tratterrebbe più carbonio e metano che ora viene emesso per effetto dei batteri aerobi che si sviluppano meglio nei terreni lavorati. Vorrei far notare che mentre in Italia questa tecnica è ancora praticamente sconosciuta negli USA si coltivano così già più di 85.000.000 di ettari, quasi il triplo della superficie totale del nostro paese. Inoltre questa tecnica renderebbe i nostri terreni agricoli più resistenti all'erosione, più capaci di trattenere acqua e quindi ridurre la quantità di acqua che in caso di piovute eccezionali confluiscono nei corsi d'acqua, limitando quindi il rischio esondazione degli stessi. E gli effetti positivi sarebbero anche molti altri, tra i quali anche un aumento della biodiversità nei suoli agricoli, ora molto ridotta. Penso che si dovrebbe approfondire di più questa questione, e sicuramente diffonderla maggiormente.
RispondiEliminagrazie. riferimenti in italiano qui:
Eliminahttp://www.aiablombardia.it/index.php/principimetotobio/la-biodiversita-in-azienda/740-inerbimento
Assolutamente d'accordo che una drastico cambiamento nel modo di gestire i suoli agricoli avrebbe impatti estremamente positivi su una vasta gamma di fattori. Dalla biodiversità all'erosione, passando per la cattura di carbonio. Ma non farei troppo affidamento sulle estrapolazioni fatte a tavolino. La legge dei ritorni decrescenti è implacabile e si applica tutto ciò che facciamo, anche le cose più lungimiranti possibili.
EliminaRimedioevo tridistillato il tuo, Remo.
EliminaQueto sì da far crescere in modo esponenziale, anzi tangenziale, in questa fine di ciclo da sbornia di combustibili fossili...............
Marco Sclarandis
se ci arriveremo, la soylent è sempre più vicina.
RispondiEliminanon so se avete letto questo
RispondiEliminahttp://veritanwo.altervista.org/la-razza-umana-sta-per-estinguersi/
parole non ne ho più : https://www.youtube.com/watch?v=vo8kxGCwT6A rispondo con una canzone
RispondiElimina“In pratica, la sola speranza di evitare il disastro sta nell'assumere un ruolo più attivo nel sostituire i fossili con le rinnovabili. In questo modo, possiamo costringere la produzione di combustibili fossili a diminuire più rapidamente, ma senza perdere la fornitura energetica di cui abbiamo bisogno.”
RispondiEliminaMi pare giustissimo. Personalmente ne traggo una conclusione: concentrare tutti gli sforzi politici per il raggiungimento di un accordo globale sulla riduzione dei gas serra, non è affatto saggio. Tale accordo globale pone un’infinità di ostacoli, contrasti e costi che lo rendono quasi impossibile (e infatti ancora non c’è). Mi pare converrebbe puntare direttamente su un accordo globale di FORTI INCENTIVI ALLA TRANSIZIONE. Un accordo che tranquillizzi pienamente le gradi aziende riguardo ai loro irrinunciabili monopoli ed oligopoli (in modo che non facciano ostruzione come ora), ma che al tempo stesso spinga tali aziende a convertirsi in senso CO2-free. Ovviamente non mi riferisco a sovvenzioni marginali, ma a fortissimi incentivi economici distribuiti su tutti i paesi del mondo ed esplicitamente riservati ai Big del carbone, del petrolio, del gas, ecc… Una sorta di economia di guerra in cui gran parte dell’energia disponibile sul pianeta sia incanalata nella transizione industriale di tali colossi e in cui i profitti rimangano saldamente in mano a tali aziende.
Se tali aziende dovessero fallire, infatti, perderemmo di colpo la possibilità di agire poiché senza combustibili fossili, allo stato attuale, anche la transizione energetica mi pare di fatto impossibile. Inoltre l’impoverimento delle masse popolari (comunque inevitabile e già in atto) con l’economia di guerra pro-conversione avrebbe per lo meno uno scopo pratico: evitare l’estinzione e/o il collasso della civiltà così come l’abbiamo conosciuta finora. Inoltre tale impoverimento, ed il conseguente calo dei consumi, potrebbe facilitare il calo delle immissioni in atmosfera.
Non è meritocratico, ma mi pare più realistico e costruttivo rispetto alla politica attualmente condivisa, ossia aspettare un miracolo salvifico che sappiamo benissimo non arriverà mai.
Saluti
Bella idea! Pagare le termiti per restaurare le travi invece di mangiarle. In effetti, sono proprio loro quelli che, volendo, dispongono dei mezzi necessari. Probabilmente non accetterebbero, ma varrebbe la pena di provarci.
EliminaProfessore secondo me c'è un grande e grave fraintedimento nel post: gli oltre 2 gradi sono considerati gravi per la biosfera e la ricchezza del biota o per la sommatoria di molti miliardi di individui ? Mi sbaglio poi od anche un aumento medio di 1 grado e mezzo si verificherebbe in maniera molto diseguale sulle varie aree anche per le variazioni di pulviometria annua e stagionale ed escursioni di temperature annue; se ci interssa "salvare" quanti piu' miliardi di homo possibile, non solo abbiamo già perso anche senza emettere un solo grammo di CO2 in più per gli argini di molti feedback negativi del clima ormai rotti, ma proprio perchè si ragiona in termini dei presenti attuali e non dei futuri come quantità ed anche come qualità; più che sulle attività economiche dovremmo agire sui comportamenti, più che sui comportamenti sulle aspirazioni e sulla morale umana, più che sulla morale dovremmo agire proprio fisicamente sul biota umano...C'è poi dadire, ed il post, non lo menziona, che Gaia sembrerebbe porocedere per gradini di temperatura e non per progressione, per cui la co2 immessa potrebbe essere sufficiente per fra scattare il gradino di omeostasi seguente, visti anche i dati sulla corrente del golfo; quanto sia questo gradino credo non sia ancora chiaro...probabilmente ci staiamo giocando oggi se passeremo oltre di 1 solo gradino o 2, e probabilmente dipende dalla vulnerabilità delle attività economiche e del mero biota umano ai primi, primissimi seri cambiamenti climatici : probabilmente i giochi sono fatti e non lo sappiamo, nel senso di quanti gradini aumenteremo..L'unica cosa seria che possiamo fare e non lamentarci quando assisteremo ad una rapida riduzione del biota umano ed anzi sperare che parte della biodiversità persa possa recuperare; saluti; è chiaro che posti come il bangladesh o l' Africa subiranno le conseguenze peggiori..Se qualche leone riuscisse a sopravvivere non sarebbe male...
RispondiEliminaBeh, il post è più ottimista di quanto certe analisi indicano. Certamente, se abbiamo già passato il tipping point, come è perfettamente possibile, non ha più senso dire quanto CO2 possiamo ancora emettere. A questo punto, non ha più senso nemmeno parlare di agire sui comportamenti. Quanto poi ad agire fisicamente sul biota umano, hm? Cosa vuoi dire?
RispondiEliminaR Biota umano: una provocazione od anche un riflessione sui buoni e cattivi passati e futuri...
Elimina..O più morbidamente impedire coi mezzi economici ,politici od anche più marziali ad esempio il trasferimento di grosse derrate di cibo fra un continente e l'altro quanto meno prima che ciò accada naturaliter per calo importante della produzione agricola dei suoli ipersfruttati aggrediti dai primi cambiamenti climatici.
EliminaIn sintesi, tutto quello che potrebbe giovare nei tempi medi e lunghi sarebbe disastroso nell'immediato futuro. E viceversa, tutto ciò che può puntellare l'umanità nell'immediato, comporta un ulteriore peggioramento nel futuro neanche tento remoto. Siamo messi bene! Ma anche io penso che sia esattamente così, più o meno in tutti i campi.
RispondiEliminaSign. Simonetta, grazie per la sua sintesi... (e grazie per tutti i suoi contributi, comunque)... Dal quando leggo il blog sono stressato dalla consapevolezza della inazione generale. Se però qualsiasi azione risultasse inutile,almeno sappiamo ciò che ci aspetta.
EliminaMe lo auguro, che l'effetto Seneca possa salvarci, a noi e a tutto il resto della natura, animali, piante, pure loro sono viventi, e per le rocce, l'acqua e l'aria che hanno sostenuto la vita fino ad ora.
RispondiEliminaE mi auguro che impareremo che non siamo più importanti di qualunque altra specie vivente (si stima siano circa 30 milioni).
Gianni Tiziano
no
RispondiElimina