mercoledì 23 febbraio 2011

L'armata dei robot negazionisti (II)



Dopo il post di ieri, ancora qualche nota sull'attacco dei robo-negazionisti


La faccenda dell'esercito di "sockpuppet" (marionette) che ha invaso il dibattito su internet sta venendo fuori un po' dappertutto. Oggi ne parla George Monbiot sul "Guardian".

In sostanza, fino ad oggi abbiamo gestito il dibattito sul web come se fosse una di quelle assemblee studentesche che si facevano nel '68. Tutti siamo alla pari, ognuno ha diritto di parola, ognuno ha diritto a una replica.

Queste regole, tuttavia, valgono per chi non è pagato apposta come agente provocatore e - soprattutto - per quelli che sono esseri umani. Non valgono per i robot e per i disinformatori professionali. Purtroppo, ci stiamo accorgendo soltanto adesso che ce ne sono di robot e di disinformatori, e non pochi e che stanno controllando il dibattito dando l'impressione di essere persone reali e disinteressate.

Leggete queste cose, e rabbrividite (dall'articolo di Monbiot - riportato per intero più in basso)


• Ci sono oggi ditte che usano "persona management software" che moltiplica gli sforzi di ogni disinformatore (astroturfer) dando l'impressione che ci sia un importante supporto popolare per quello che il governo o un'industria stanno cercando di fare.
• Questo software crea tutto quello che è necessario on line per una persona reale: nome, acconto di posta elettronica, pagina web e social media. In altre parole, genera automaticamente qualcosa che somiglia a un profilo autentico, rendendo difficile capire la differenza fra un robot virtuale e un commentatore reale.
• False sottoscrizioni possono essere aggiornate ripostando automaticamente oppure linkando a contenuto generato altrove, rinforzando l'impressione che i sottoscrittori sono reali e attivi.
• I disinformatori umani possono poi avere in assegnazione queste sottoscrizioni "pre-invecchiate" per creare una storia passata, suggerendo che sono stati occupati a linkare e a tweettare per mesi. Nessuno sospetterebbe che sono arrivati sulla scena per la prima volta un momento fa per il solo scopo di attaccare un articolo sulla scienza del clima oppure per argomentare contro nuovi controlli sul sale nel cibo-spazzatura.
• Con un uso astuto dei social media, i disinformatori possono far sembrare come se un personaggio fosse stato veramente a una conferenza e presentarsi come individui importanti come parte dell'esercizio. Ci sono molti trucchi basati sui social media che si possono utilizzare per aggiungere un nuovo livello di realtà a persone inesistenti.

Dal che, mi viene da domandarmi, ma Claudio Costa, non sarà mica un robot anche lui?


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The need to protect the internet from 'astroturfing' grows ever more urgent | George Monbiot

The tobacco industry does it, the US Air Force clearly wants to ... astroturfing – the use of sophisticated software to drown out real people on web forums – is on the rise. How do we stop it?
Every month more evidence piles up, suggesting that online comment threads and forums are being hijacked by people who aren't what they seem.

The anonymity of the web gives companies and governments golden opportunities to run astroturf operations: fake grassroots campaigns that create the impression that large numbers of people are demanding or opposing particular policies. This deception is most likely to occur where the interests of companies or governments come into conflict with the interests of the public. For example, there's a long history of tobacco companies creating astroturf groups to fight attempts to regulate them.

After I wrote about online astroturfing in December, I was contacted by a whistleblower. He was part of a commercial team employed to infest internet forums and comment threads on behalf of corporate clients, promoting their causes and arguing with anyone who opposed them.
Like the other members of the team, he posed as a disinterested member of the public. Or, to be more accurate, as a crowd of disinterested members of the public: he used 70 personas, both to avoid detection and to create the impression there was widespread support for his pro-corporate arguments. I'll reveal more about what he told me when I've finished the investigation I'm working on.

It now seems that these operations are more widespread, more sophisticated and more automated than most of us had guessed. Emails obtained by political hackers from a US cyber-security firm called HBGary Federal suggest that a remarkable technological armoury is being deployed to drown out the voices of real people.

As the Daily Kos has reported, the emails show that:

• Companies now use "persona management software", which multiplies the efforts of each astroturfer, creating the impression that there's major support for what a corporation or government is trying to do.
• This software creates all the online furniture a real person would possess: a name, email accounts, web pages and social media. In other words, it automatically generates what look like authentic profiles, making it hard to tell the difference between a virtual robot and a real commentator.
• Fake accounts can be kept updated by automatically reposting or linking to content generated elsewhere, reinforcing the impression that the account holders are real and active.
• Human astroturfers can then be assigned these "pre-aged" accounts to create a back story, suggesting that they've been busy linking and retweeting for months. No one would suspect that they came onto the scene for the first time a moment ago, for the sole purpose of attacking an article on climate science or arguing against new controls on salt in junk food.
• With some clever use of social media, astroturfers can, in the security firm's words, "make it appear as if a persona was actually at a conference and introduce himself/herself to key individuals as part of the exercise … There are a variety of social media tricks we can use to add a level of realness to fictitious personas."

Perhaps the most disturbing revelation is this. The US Air Force has been tendering for companies to supply it with persona management software, which will perform the following tasks:

a. Create "10 personas per user, replete with background, history, supporting details, and cyber presences that are technically, culturally and geographically consistent … Personas must be able to appear to originate in nearly any part of the world and can interact through conventional online services and social media platforms."

b. Automatically provide its astroturfers with "randomly selected IP addresses through which they can access the internet" (an IP address is the number which identifies someone's computer), and these are to be changed every day, "hiding the existence of the operation". The software should also mix up the astroturfers' web traffic with "traffic from multitudes of users from outside the organisation. This traffic blending provides excellent cover and powerful deniability."

c. Create "static IP addresses" for each persona, enabling different astroturfers "to look like the same person over time". It should also allow "organisations that frequent same site/service often to easily switch IP addresses to look like ordinary users as opposed to one organisation."
Software like this has the potential to destroy the internet as a forum for constructive debate. It jeapordises the notion of online democracy. Comment threads on issues with major commercial implications are already being wrecked by what look like armies of organised trolls – as you can sometimes see on guardian.co.uk.

The internet is a wonderful gift, but it's also a bonanza for corporate lobbyists, viral marketers and government spin doctors, who can operate in cyberspace without regulation, accountability or fear of detection. So let me repeat the question I've put in previous articles, and which has yet to be satisfactorily answered: what should we do to fight these tactics?

martedì 22 febbraio 2011

L'armata dei robot negazionisti

Siamo attaccati dai robot negazionisti?


Arrivano dal web notizie assai strane e preoccupanti sull'uso di programmi molto sofisticati per inquinare il dibattito su internet. Ne trovate notizia, per esempio,  sul "Daily Kos" oppure su "Climate Progress". Sono i "denier bot", i robot negazionisti all'attacco.

Recentemente sono stati resi pubblici alcuni messaggi interni a una ditta che si chiama HBGary specializzata in comunicazione. Parlano di creare una vera e propria armata di "marionette digitali" (sockpuppet) con lo scopo di invadere gli spazi di discussione di internet con un gran numero di false personalità - tutte dedicate a spargere notizie false e opinioni contraffatte, soprattutto in campi come la difesa dell'ambiente, il cambiamento climatico e cose del genere.


Certe cose fanno impressione, per esempio, su "DeSmog Blog" leggiamo che questi parlano di:

"... creare un esercito di marionette dotate di un sofisticato software di  “gestione del personaggio" che permette a un piccolo gruppo di solo poche persone di apparire come se fossero tanti, allo stesso tempo evitando che i personaggi si sovrappongano uno sull'altro. Poi, in più, il gruppo può automatizzare alcune funzioni, cosicché un solo personaggio può apparire come un'intera rivolta di colletti bianchi."

Non è chiaro se questo tipo di software esista veramente e se venga utilizzato. Ma, sicuramente, è possibile realizzarlo.

Se questo tipo di cose si diffonde (e forse si è già diffuso), le conseguenze saranno (sono?) pesanti per quello che noi continuiamo a chiamare il "dibattito." Pensiamo che quelli che ci parlano su internet nei commenti e nei gruppi di discussione siano esseri umani e come tali meritevoli di risposta. E invece non lo sono. Camminano tra di noi.

In Italia, per fortuna, sembra che a queste cose non siamo ancora arrivati, per ora. Invece dei sofisticati robot-negazionisti ci dobbiamo contentare del nostro Claudio Costa che, in confronto, fa quasi tenerezza. Ma ho il dubbio che arriveranno presto anche da noi.

Vi passo qui l'articolo di Desmog blog - da meditare.
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Are Climate Deniers and Front Groups Polluting Online Conversation With Denier-Bots?

 
There appears to be an increasingly sophisticated and planned effort by conservatives and polluter front groups to use “persona management” software to pollute social media outlets and website comment forums with auto-generated sockpuppet swarms designed to mislead and misrepresent real people.

Leaked emails from Aaron Barr, CEO of a federal subsidiary for HB Gary, disclose the latest efforts and technology used underhandedly for “ganging up on bloggers, commenters and otherwise ‘real’ people to smear enemies and distort the truth.”

This phenomenon was first reported by Happy Rockefeller over at Daily Kos.

ClimateProgress is following this issue, particularly when it comes to the online discussion about climate change, noting that readers joke about pre-programmed ‘denier-bots’ and “how the same arguments and phrasings keep cropping up in the comments’ section of the many unmoderated news sites on the web.”

While proof that some of our democratic debate is artificial may come as a revelation for some, and be unsurprising for others, the implications are significant. It is increasingly difficult to know with any certainty whose comments are real, and it is undeniable that some readers are susceptible to bandwagon mentality when they see large amounts of comments and ‘support’ for particular interests. The Koch Brothers with their many campaigns of disinformation are master manipulators of debate and are merely one, albeit a high-profile example, of human and media manipulation.

The following excerpts come from Happy Rockefeller’s discussion: 

…HB Gary people are talking about creating “personas”, what we would call sockpuppets. This is not new. PR firms have been using fake “people” to promote products and other things for a while now, both online and even in bars and coffee houses.

But for a defense contractor with ties to the federal government, Hunton & Williams, DOD, NSA, and the CIA –  whose enemies are labor unions, progressive organizations,  journalists, and progressive bloggers –  a persona apparently goes far beyond creating a mere sockpuppet.

According to an embedded MS Word document found in one of the HB Gary emails, it involves creating an army of sockpuppets, with sophisticated “persona management” software that allows a small team of only a few people to appear to be many, while keeping the personas from accidentally cross-contaminating each other. Then, to top it off, the team can actually automate some functions so one persona can appear to be an entire Brooks Brothers riot online.

Persona management entails not just the deconfliction of persona artifacts such as names, email addresses, landing pages, and associated content.  It also requires providing the human actors technology that takes the decision process out of the loop when using a specific persona.  For this purpose we custom developed either virtual machines or thumb drives for each persona.  This allowed the human actor to open a virtual machine or thumb drive with an associated persona and have all the appropriate email accounts, associations, web pages, social media accounts, etc. pre-established and configured with visual cues to remind the actor which persona he/she is using so as not to accidentally cross-contaminate personas during use.


This is an excerpt from one of the Word Documents, which was sent as an attachment by Aaron Barr, CEO of HB Gary’s Federal subsidiary, to several of his colleagues to present to clients:


To build this capability we will create a set of personas on twitter,‭ ‬blogs,‭ ‬forums,‭ ‬buzz,‭ ‬and myspace under created names that fit the profile‭ (‬satellitejockey,‭ ‬hack3rman,‭ ‬etc‭)‬.‭  ‬These accounts are maintained and updated automatically through RSS feeds,‭ ‬retweets,‭ ‬and linking together social media commenting between platforms.‭  ‬With a pool of these accounts to choose from,‭ ‬once you have a real name persona you create a Facebook and LinkedIn account using the given name,‭ ‬lock those accounts down and link these accounts to a selected‭ ‬#‭ ‬of previously created social media accounts,‭ ‬automatically pre-aging the real accounts.


In another Word document, one of the team spells out how automation can work so one person can be many personas:


Using the assigned social media accounts we can automate the posting of content that is relevant to the persona.  In this case there are specific social media strategy website RSS feeds we can subscribe to and then repost content on twitter with the appropriate hashtags. In fact using hashtags and gaming some location based check-in services we can make it appear as if a persona was actually at a conference and introduce himself/herself to key individuals as part of the exercise, as one example.  There are a variety of social media tricks we can use to add a level of realness to all fictitious personas.
There is no solution to this sort of third party and vested interest manipulation, but certainly making more people aware that this is a major issue is a great start to ensuring our conversation is real, and not overrun with denier bots.

lunedì 21 febbraio 2011

Effetto serra e CO2: come NON volevasi dimostrare


Ultimamente, è venuto di moda "dimostrare" che l'effetto serra non esiste. Di solito, i diversamente esperti di scienza lo fanno con elucubrazioni insensate ma, occasionalmente, qualcuno di loro prova a fare degli esperimenti. La foto che vedete qui sopra si trova in fondo a un articolo totalmente delirante di W.R Pratt, che, non vedendo alcun effetto del CO2 sulla temperatura delle bottiglie,  conclude che le sue pseudo-teorie sono corrette. Ma esperimenti mal congegnati daranno sempre risultati sbagliati. Non si può dimostrare gran che a proposito del riscaldamento globale planetario con due bottiglie di plastica - si riesce soltanto a dimostrare la tendenza umana a credere a quello che fa piacere credere. Questo vale soprattutto per i contraristi climatici ma anche, a volte, per persone che si qualificano come scienziati seri e che dovrebbero mettere più attenzione in certe cose.


Sul web potrete trovare diversi esperimenti casalinghi che hanno la pretesa di dimostrare l'esistenza (o la non esistenza) dell'effetto serra planetario. E' un campo dove anche i diversamente esperti di scienza, occasionalmente, si sporcano le mani.

Così, potete trovare almeno due esperimenti sul web dove si "dimostra" l'inesistenza del concetto stesso di effetto serra. Uno è quello di W.R Pratt (che vedete nella figura all'inizio). Un altro esperimento simile lo trovate su youtube fatto con due sacchi di plastica. In entrambi, non si vede nessun aumento di temperatura nel recipiente che contiene il CO2 una volta esposto al sole.

Viceversa, ci sono diversi esperimenti dove si vede un aumento di temperatura molto netto della bottiglia con il CO2 una volta che i due recipienti sono esposti alla luce; anche in condizioni molto simili a quelle dei due esperimenti di cui sopra (Uno lo trovate in questo film con una signora che usa termometri digitali e un data logger - vedi più in basso.)

Come mai certe volte si vede un effetto e certe volte no? Bene, mi ci sono grattato sopra un po' la testa e alla fine ho deciso di provare anch'io. Vedete in queste immagini il set-up sperimentale che ho messo insieme nelle foto qui accanto, molto simile a quello dei test che si vedono su internet. Due recipienti di PET, il CO2 generato con il bicarbonato, due lampade da 40 watt e misure fatte con un paio di termocoppie. Ho fatto diverse prove e sono arrivato ad alcune conclusioni interessanti.

La prima è che i contraristi stile Pratt hanno riferito risultati veri - a loro onore! Vale a dire, nelle loro condizioni sperimentali non si può vedere nessun effetto riscaldante dovuto alla CO2 e infatti non lo hanno visto. Questo non vuol dire che l'effetto non c'è, ma che per vederlo l'esperimento va fatto con alcune precauzioni.

Ho trovato che la cosa importante per vedere l'effetto è che ci sia un assorbitore di radiazione che riemette nell'infrarosso. Infatti, se vi ricordate bene, il riscaldamento globale avviene per effetto della riemissione di infrarosso dalla superficie terrestre - ed è questa radiazione che viene trattenuta dal CO2; scaldando l'atmosfera.

Nel mio caso, ho messo un feltro nero in fondo alla bottiglia a fare da riemettitore. Senza feltro, non si riesce a vedere nessun effetto significativo (a conferma dei risultati dei contraristi). Invece, con il feltro si vede abbastanza bene un riscaldamento di almeno un grado nel recipiente dove arriva il CO2. E' un effetto debole, ma abbastanza netto.

A conferma dei risultati che ho visto io, c'è un esperimento pratico che trovate a C. F. Keating, “A simple experiment to demonstrate the effects of greenhouse gases,” Phys. Teach. 45, 376–378, ͑2007͒ (un link qui) dove si usa Coca Cola per generare il CO2 direttamente all'interno della bottiglia. Non ho provato a rifare questo esperimento, ma dovrebbe funzionare. Ma qui è la Coca Cola stessa che fa da assorbitore - infatti è di colore scuro.

Ma, allora, come sta che c'è gente che ha visto un effetto del CO2 senza un'assorbitore? (come qui - vedi anche in fondo) Beh, non posso che concludere che sono degli imbrogli - in certi casi bene intenzionati, ma sembre degli imbrogli. Dalle prove che ho fatto, vedere un effetto significativo in quelle condizioni è impossibile. L'effetto è dovuto, molto probabilmente, al fatto che le due lampade sono mal posizionate. Metterle alla stessa distanza dai recipienti è cosa estremamente critica e anche molto difficile. Pochi millimetri possono falsare tutto l'esperimento - provateci anche voi e ve ne accorgerete. Infatti, se guardate bene il film della signora sembra proprio che una delle due lampade è più vicina al recipiente dell'altra. Non so cosa ne pensate voi, ma mi sembra un trucchetto squallido.

Tutto spiegato, allora? Sembrerebbe che abbiamo dimostrato che, se facciamo le cose bene, l'effetto del CO2 sulla temperatura si vede e quindi abbiamo "dimostrato" che l'effetto serra radiativo esiste.

Ahimé, no. Le cose non sono così semplici. Wagoner e altri sono andati a fare le pulci a questo esperimento e hanno dimostrato che l'effetto che si vede in questi test è dovuto più a una variazione delle proprietà convettive del gas che alle proprietà radiative. Ovvero, siccome il CO2 è più pesante dell'aria, la convezione è ridotta per cui è questo l'effetto riscaldante principale. Questa conclusione è valida nelle loro condizioni sperimentali (riscaldamento a meno di 30 gradi C e recipiente aperto). Non è detto che lo sia nelle condizioni che ho usato io; ovvero riscaldamento a circa 60 gradi C e recipiente chiuso). Ma, insomma, è chiaro che l'effetto che vediamo è molto più complesso di quanto non sembri e che le due bottiglie hanno ben poca relazione con l'atmosfera terrestre. Non bastano certo a dimostrare che il riscaldamento globale è causato dall'attività umana di emissioni di CO2. La questione del riscaldamento dell'atmosfera è enormemente complessa e non la si può riprodurre in una bottiglia o comunque in un recipiente che sta in un laboratorio.

Alla fine dei conti, più che altro queste "dimostrazioni" dimostrano la tendenza umana a credere alle cose a cui fa piacere credere. Questo vale soprattutto per i contraristi; che di regola credono soltanto agli esperimenti (sbagliati) che danno ragione alle loro tesi. Ma è possibile imbrogliare anche dalla parte opposta, cercando di dimostrare qualcosa non dimostrabile con la tecnica usata.

Ricordiamoci anche che la fisica dell'atmosfera è basata su prove sperimentali e modelli teorici ben assodati - non certo su test fatti con bottiglie di plastica. E' la stessa cosa per la fisica del sistema solare che non è certo basata su osservazioni fatte su una mela che cade. Per vedere un esperimento ben fatto sulle proprietà radiative del CO2, potete andare a vedere questo film di Ian Stewart.




E, per finire, ecco l'esperimento della signora con il datalogger che, a mio parere, è un imbroglio.

http://www.youtube.com/watch?v=Ge0jhYDcazY&feature=player_embedded

sabato 19 febbraio 2011

Segare il ramo su cui stai seduto


Immagine da "wildolive"


-Che il ramo cada è soltanto una teoria.

- I rami nella foresta sono sempre caduti.

- Sono stato qui a segare per un bel po', e ancora non è successo niente.

- Bisogna studiare ancora molto le leggi del ramo prima di poter essere sicuri che debba cadere.

- Sappiamo che nel passato i rami tendevano a crescere. In effetti, è probabile che andiamo verso una nuova era di ramo sempre più grosso.

- Al Gore è grasso, per questo il ramo non può cadere.

- Siamo in primavera, non vedi che spuntano nuove foglie? Il ramo sta bene.

- Ehi, ma non pensi ai posti di lavoro per i boscaioli?

- E' una cosa giusta da fare: si chiama potatura. 

- Smettere di segare sarebbe un danno per l'economia perché ridurrebbe le vendite della segatura.

- Non c'è prova che l'effetto della sega sia di aumentare le dimensioni del taglio.

- Ho visto dei messaggi che si sono scambiati le guardie forestali dieci anni fa. Parlavano di nascondere la crescita dei rami.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il clima e i nostri corpi III: Il mito vegetariano.


Questo post fa parte di una serie dedicata al concetto che il corpo umano somiglia al sistema climatico nel senso che sono entrambi "sistemi complessi." Ovvero, sono sistemi dominati da interazioni che si rinforzano o si smorzano fra loro, generando un comportamento difficile da prevedere e da gestire. Mediamente, non siamo molto bravi a capire come funzionano i sistemi complessi e questo lo si vede sia da come gestiamo il clima terrestre, sia da come molti di noi gestiscono i propri corpi. Questo post, in particolare, è dedicato a una discussione del libro di Lierre Keith "Il mito vegetariano".
(altri post di Ugo Bardi su questo argomento si trovano qui e qui)


Con gli anni, mi sto convincendo sempre di più che c'è soltanto una cosa che ci può salvare dal pasticcio in cui ci siamo messi per tante cose; dal cambiamento climatico all'esaurimento delle risorse. E' il metodo scientifico; quel pensiero rigoroso che ci può far capire cosa succede in un mondo che, altrimenti, non può che apparire insensato.

Il metodo scientifico non basta da solo, certo. Ci vuole anche quella cosa che si chiama etica per farci agire come esseri umani. Ma, pensateci un attimo, l'etica da sola, cosa sarebbe senza una guida che ci dice se quello che stiamo facendo è veramente la cosa buona che pensiamo che sia?

Un esempio: non credete che nel passato ci siano state persone che credevano in buona fede che le streghe esistessero? E se uno crede una cosa del genere, non deve concludere che ammazzare le streghe è necessario per il bene di tutti? Cosa ci tiene a distanza dal legare a un palo delle donne e bruciarle se non le cose che sappiamo di come funziona il mondo reale, delle leggi della fisica?

Per fortuna, bruciare le streghe è una cosa che è passata di moda, ma la nostra società rimane profondamente ignorante dal punto di vista scientifico. Per via di questa ignoranza ci stiamo comportando come il classico rinoceronte nel negozio di bicchieri. Facciamo danno al pianeta e a noi stessi senza neanche rendercene conto. Alle volte, lo facciamo credendo sinceramente di far bene, come quando si bruciavano le streghe.

Il libro di Lierre Keith, "Il Mito Vegetariano" è centrato proprio su questo punto: su un comportamento che parte da ottime intenzioni dal punto di vista etico, ma che si scontra spesso con la realtà fisica delle cose. Keith dice esplicitamente: "la mia divergenza con i vegetariani non è per ragioni etiche, ma è un fatto di dati"

Ci sono molte ragioni per essere vegetariani o anche vegani - la versione estrema del vegetarianismo che rifiuta ogni alimento di origine animale. C'è chi sostiene che la dieta vegetariana e quella quella vegana sono salutari e fanno stare bene e vivere a lungo. Ma, quasi sempre, c'è un forte fattore di tipo etico che spinge a essere vegetariani. Comunemente, si ritiene che una dieta vegetariana impatti di meno sull'ecosistema planetario. Quest'ultima argomentazione è sostenuta dall'osservazione che la produzione di calorie di origine animale è meno efficiente di quella delle calorie di origine vegetale. Allora, l'idea è che, se tutti fossimo vegetariani, in teoria, potremmo produrre più cibo e aiutare chi non ha abbastanza da mangiare. E', in fondo, una versione a lungo raggio del comandamento cristiano "dar da mangiare agli affamati."

Sono argomentazioni piuttosto comuni, ma il libro di Keith le sottopone a una critica approfondita. Quello che è interessante di questa discussione non è tanto lo specifico quanto il metodo. Keith ha capito bene come ci sia qui un conflitto di fondo fra il metodo scientifico, che ci dice che cosa siamo biologicamente strutturati per mangiare, e una certa visione etica sostenuta dalle buone intenzioni, che ci dice che cosa dovremmo mangiare. Le due cose non sono facilmente compatibili.

Da quello che si sa del metabolismo umano, è abbastanza ovvio che la nostra specie non si è evoluta per una dieta vegetariana. Abolire completamente i cibi di origine animale vuol dire rischiare di privarsi di proteine essenziali per la nostra salute. Ciononostante, con molta attenzione, è possibile vivere da vegetariani. Più difficile, ma forse non impossibile, è vivere da vegani. Ma impegnarsi in diete del genere senza conoscere le basi della scienza dell'alimentazione è rischioso; soprattutto se ci si basa soltanto su un'ideologia mascherata da etica.


Lierre Keith è stata vegana per 14 anni e ne ha ricavato danni irreversibili alla salute. Ci sono molti altri casi del genere, tipo quello di Robb Wolf che, nel suo libro "Paleo solution," ci racconta la sua odissea alimentare da vegetariano a onnivoro. Un altro caso è quello di Sara Miller, che racconta come ha dovuto smettere con la sua dieta vegana su consiglio dei suoi stessi maestri spirituali. Insomma, la dieta è una cosa importante, e fare certe scelte con leggerezza rischia di rovinarci la vita e la salute.

Ma, se il fatto di essere vegetariani o vegani è una scelta, molta gente si trova a fare diete totalmente sbagliate per ragioni di ignoranza o anche semplicemente economiche. Una delle ragioni principali dell'epidemia di obesità che affligge gli Stati Uniti (e parzialmente anche l'Europa) è la dieta sbagliata, specialmente per le fasce più povere della popolazione. A parte qualche hamburger e qualche hot dog, questa dieta somiglia a quella vegetariana nel senso che è basata su un forte eccesso di carboidrati, soprattutto in forma di cereali. I risultati sono disastrosi: un terzo della popolazione americana è classificata come afflitta da obesità. Il corpo umano è un sistema complesso; va gestito con attenzione ed è facile fare dei grossi danni.

Quindi, la dieta vegetariana e, in ogni caso, diete ad alto contenuto di carboidrati, non sono ottimali per la salute. Ma uno dei ragionamenti che stanno dietro l'idea vegetariana si basa su un concetto completamente diverso. Certo, abbandonare le proteine di origine animale comporta un certo rischio e un certo sacrificio, ma questo è compensato dal valore etico della scelta. Se tutti fossero vegetariani ci sarebbe più cibo e risolveremmo il problema della fame. Encomiabile, ma ne siamo veramente sicuri?

Un esame di cosa potrebbe succedere se tutti fossimo vegetariani e stato fatto da Bob Holmes su "The New Scientist" in un articolo intitolato "perché mangiare vegetali non salverà il pianeta" La sostanza del suo ragionamento è che, si, è vero che abolendo gli allevamenti intensivi avremmo più spazio per la coltivazione di cereali per consumo umano. Tuttavia, questo non risolverebbe nessun problema. Al momento, non è che non stiamo producendo abbastanza cereali per tutti; il problema è che li stiamo producendo in modo non sostenibile.

L'agricoltura di oggi si basa principalmente sui combustibili fossili per fertilizzanti, pesticidi, irrigazione e meccanizzazione. Via via che esauriamo i fossili, saremo sempre più in difficoltà a produrre a sufficienza. Ma non è solo questo il problema: l'agricoltura industriale distrugge il suolo fertile genera la desertificazione di vaste aree di territorio. E il suolo fertile, una volta distrutto, richiede secoli per riformarsi. Non nascondiamoci dietro una foglia di fico: i vegetariani che fanno la spesa al supermercato non fanno altro che favorire ulteriormente l'agricoltura industriale e contribuire un altro po' a scorticare un intero pianeta.

Certo, la scelta vegetariana è spesso accoppiata a una scelta più oculata dell'origine degli alimenti. Si cerca di ottenerli da un'agricoltura che usa metodi meno impattanti sull'ecosistema: un'agricoltura sostenibile che rispetti il suolo. E' quell'agricoltura che viene detta "biologica" o "organica," basata per esempio sul concetto di "permacoltura." E' un punto molto dibattuto se questo tipo di agricoltura possa produrre altrettanto cibo per unità di area dell'attuale agricoltura industriale. Ma, a parte questo, un'agricoltura veramente "organica" non può fare a meno degli animali come produttori di fertilizzanti e distruttori dei parassiti. Così, d'altra parte, erano strutturate le fattorie di 100 anni fa, che erano sistemi integrati di produzione alimentare che comprendevano sia animali che piante. E' un'illusione romantica pensare che si possa coltivare qualcosa senza includere l'allevamento di almeno alcune specie animali. La permacultura, infatti, mira a riprodurre gli ecosistemi naturali e - ovviamente - gli ecosistemi naturali includono sia animali che piante.

Allora, se parliamo in termini di massimizzare la produzione di questi sistemi, è una sciocchezza non utilizzare anche gli animali che, oltretutto, forniscono proteine di alta qualità. Attenzione che questo non vuol dire che dobbiamo continuare con gli allevamenti industriali che sono forse anche peggiori dell'agricoltura industriale in termini di impatto sull'ecosistema. Vuol dire, però, che possiamo - anzi, dobbiamo - utilizzare delle forme di allevamento sostenibile in modo oculato come una sorgente alimentare che ottimizza la produzione agricola.

Il problema di armonizzare etica e scienza non si applica solo alla nutrizione. Lo vediamo in tantissimi campi, dove le buone intenzioni non bastano a risolvere i problemi. Questa è la tesi di fondo di Lierre Keith in un libro che è una preziosa revisione di quello che sappiamo oggi della nutrizione umana. E' un libro veramente bello e interessante; occasionalmente un po' troppo polemico, ma ricco di spunti di riflessione e di dati utilissimi per chi cerca di orizzontarsi nella complicata faccenda di cosa mangiare e che dieta seguire.

Come è ovvio, non tutti hanno apprezzato il messaggio di Lierre Keith: il risultato è che si è beccata in faccia una torta infarcita di pepe di cayenna da parte di alcuni fanatici imbecilli. Fortunatamente, non ha sofferto gravi danni. L'etica parte con buone intenzioni, ma quando si scontra con la realtà spesso diventa ideologia e l'ideologia non ammette opinioni contrarie. Come ha detto Poul Anderson, il male è soltanto bene che è marcito.

lunedì 14 febbraio 2011

Ghiacci artici e antartici: poggio e buca fa pari?


Sembra che il ghiaccio marino antartico stia un po' meglio di quello artico; anzi, addirittura che stia recuperando un po' in estensione. Questo è diventato un argomento favorito dai diversamente esperti di clima per fare un po' di confusione sulla realtà del riscaldamento globale. Ma, prima di mettersi a raccontare sciocchezze sul clima, è sempre bene imparare un po' di fisica. La temperatura dell'oceano antartico non sta affatto aumentando, il leggero aumento dell'estensione dei ghiacci e dovuto a un cambiamento della salinità superficiale - è il principio che si sfrutta per eliminare il ghiaccio dalle strade.


Uno degli ultimi argomenti lasciati ai terrapiattisti del clima per negare il cambiamento climatico ha a che fare con i ghiacci marini antartici. Se è vero che i ghiacci artici stanno sparendo rapidamente, quelli antartici, invece, sembrerebbero aumentare debolmente, come si vede qui (da wikipedia):


Allora, non sarà che per qualche misterioso contrappasso planetario la Terra, dopotutto, non si sta veramente riscaldando ma, semplicemente, trasferisce calore dall'emisfero Sud a quello Nord? Ovvero, non sarà per caso che - come si dice dalle parti di Firenze - poggio e buca fa pari, e alla fine magari la storia del riscaldamento globale è veramente una bufala?

Ma, in realtà, poggio e buca NON fanno pari e il riscaldamento globale NON è una bufala. Questo lo si vede benissimo da questa figura (da Skeptical Science)  che mette insieme i dati dell'artide e dell'antartide


Si vede benissimo che l'oceano artico perde nettamente più ghiaccio di quanto non ne guadagni quello antartico (se ne guadagna). Ma, se volete essere proprio sicuri, potete fare la somma delle due cose, e questo è il risultato (sempre da "Skeptical Science")

Quindi non c'è nessun contrappasso planetario che fa si che la Terra - in media - non si scaldi. La leggera ripresa dell'estensione del ghiaccio marino antartico (ammesso che esista) non compensa minimamente il declino di quella del ghiaccio artico.

Ma cosa succede in Antartide? E' possibile che il pianeta non si scaldi da quelle parti? No. L'oceano antartico si scalda, eccome, come sta succedendo ovunque su questo disgraziato pianeta.

Ma allora, perché aumenta l'area ghiacciata? Beh, la cosa è abbastanza complicata. Se volete leggere i dettagli, li trovate in questo articolo di Zhang sul "Journal of Climate". Sostanzialmente, il riscaldamento produce una stratificazione dell'oceano e una riduzione delle correnti di rimescolamento ("overturning"). Questo si traduce in una minore salinità di superficie. L'effetto finale è quello opposto a quando si butta il sale sulla neve per farla sciogliere. Nell'oceano antartico, si riduce la quantità di sale e il ghiaccio si forma.


Quindi, il pianeta continua a scaldarsi - il riscaldamento globale non è una bufala e tanto vale prenderne atto.

(da leggere anche il post di Steph sull'argomento)

sabato 12 febbraio 2011

Attacco al pianeta Terra




"Mountaintop Removal", un film di "Ilovemountains.org." Vale la pena di guardare le prime scene, dove si vede la distruzione delle montagne degli Appalachi con alto esplosivo.


Non ci sono molti film in giro dove si vede la distruzione delle montagne ("mountaintop removal") per arrivare agli strati di carbone sottostanti. Ci sono solo alcuni brevi film amatoriali - come quello che vedete qui sopra. Evidentemente, le compagnie che estraggono il carbone non amano che si veda quello che fanno.

Sembra la guerra. Una una vera e propria guerra dove si bombardano le montagne con alto esplosivo. I risultati sono qualcosa del genere.


Ma a chi stiamo facendo la guerra esattamente? Al nostro stesso pianeta? Più probabilmente, a noi stessi. Abbiamo incontrato il nemico, e il nemico siamo noi.




venerdì 11 febbraio 2011

L'astronauta-contrarista: perso nello spazio


Harrison Schmitt, ex-astronauta e ora diversamente esperto di clima, ha ritirato la candidatura al suo posto di direttore del dipartimento dell'energia del New Mexico. Perso nello spazio profondo. 


Menzionavo l'altro giorno il caso (clinico) dell'ex-Astronauta Harrison Schmitt che si era lanciato in un delirante documento anti-scienza sul riscaldamento globale. Il documento aveva dato origine a una pesantissima serie di critiche che avevano evidenziato come Schmitt avesse imbrogliato selezionando i dati che gli facevano comodo per dimostrare le sue tesi.

Bene - Schimitt ha fatto (metaforicamente) la fine dell'astronauta sparato fuori dalla navicella e perso nello spazio profondo. Ha ritirato la sua candidatura a direttore del dipartimento dell'energia del New Mexico.

Apparentemente, Schimitt era stato già nominato direttore dal governatore del New Mexico, ma ha rifiutato di presentare certi documenti necessari per assumere la carica e se n'è andato sbattendo la porta dopo un litigio con il comitato responsabile di queste cose.

Non è dimostrabile che questi eventi siano dovuti alle critiche che Schimtt ha ricevuto per il suo documento. Però, possiamo sospettare che qualcosina abbiano pesato; e forse più di qualcosina. La faccia, dopotutto, conta sempre qualcosa e uno dovrebbe averne una per presentarsi in giro.

Sarebbe troppo ottimistico sperare che ora metteranno una persona seria al posto di Schmitt, ma perlomeno c'è un estremista pericoloso di meno in un posto importante. Questo ritengo che sia una conferma della mia opinione che con certa gente bisogna essere aggressivi e trattarli come si meritano.


Da "Climate Change, the next generation"

Friday, February 11, 2011



by Joseph Romm, Climate Progress, February 10, 2011

Harrison Schmitt, a former NASA astronaut who was chosen by Gov. Susana Martinez to head up the state’s Energy, Minerals and Natural Resources Department, has withdrawn his nomination after a squabble with the Senate Rules Committee over background checks.
The moonstruck moonwalker refused the state-mandated background check and that was that.  While I’m sure his replacement will also be a science denier, Schmitt was such an extremist everyone in and out of NM should be delighted by this:

Leggi tutto

giovedì 10 febbraio 2011

Riscaldamento globale: tutto era chiaro 50 anni fa!


Un impressionante film di Frank Capra sul riscaldamento globale. 


Nel 1958, più di 50 anni fa, ben prima di Al Gore e del Climategate, i concetti fondamentali del riscaldamento globale erano già chiari. Lo dimostra il film qui sopra che trovate descritto in dettaglio anche su "Discovery." In un minuto circa, c'è tutto: il riscaldamento, lo scioglimento delle calotte polari, l'innalzamento degli oceani, eccetera. Insomma, lo potremmo far vedere ancora oggi come introduzione al problema del cambiamento climatico.

E' impressionante il progresso della scienza. Fino a pochi anni prima, l'idea del riscaldamento globale era una possibilità teorica, espressa per la prima volta da Arrhenius molti anni prima, ma non sostanziata da nessuna misura.

Poi, le misure di Keeling avevano dimostrato che la concentrazione di CO2 nell'atmosfera stava salendo gradualmente e inesorabilmente. Infine, Revelle aveva pubblicato nel 1957 il suo articolo fondamentale dove univa insieme i puntini e mostrava che cosa si nascondeva dietro i dati. Da allora è nata la scienza del cambiamento climatico, così come la conosciamo oggi.

Tutto era già chiaro allora. Quello che non era chiaro (e non si capisce neanche adesso) perché per più di 50 anni l'umanità ha scelto di ignorare il problema, e sta continuando.

mercoledì 9 febbraio 2011

Prima o poi, ci insegneranno come batterli


Dopo una serie di sconfitte subite dagli Svedesi, si racconta che lo Zar Pietro il Grande abbia detto "Prima o poi, ci insegneranno come batterli". Nel 1709, a Poltava, i Russi avevano imparato a sufficienza da infliggere una sconfitta decisiva agli Svedesi. Sembra che anche nel dibattito sul cambiamento climatico gli scienziati abbiano imparato qualcosa da Pietro il Grande e abbiano cominciato a reagire contro i contraristi in modo molto più aggressivo e efficace.


Sembra che qualcosa stia decisamente cambiando nel dibattito sul cambiamento climatico. Fino a poco tempo fa, scienziati e ambientalisti si erano fatti prendere a calci facilmente, con l'imbroglio del Climategate e con tante altre cosa. Avevano reagito come un pugile suonato, come una banda di nerd incapaci di mettere insieme una risposta sensata. Avevo commentato che, in termini strategici, si erano comportati come se Napoleone fosse arrivato a Waterloo da solo, dimenticandosi l'esercito a Parigi (Ooops....)

E invece sembra che abbiano imparato qualcosa. Non so se si sono ispirati veramente a Pietro il Grande, ma certamente reagiscono in modo molto più efficace e aggressivo - alla "Cassandra" per intenderci (!!).

Ci sono un paio di esempi recenti. Per esempio, qualche giorno fa l'ex astronauta Harrison Schmitt ha pensato di farsi una lucrosa carriera come segretario all'energia nel New Mexico. Per questo, ha scritto un pezzo di contrarismo da vero diversamente esperto dove ha accumulato un po' tutte le solite leggende. Bene, la risposta classica da parte degli scienziati sarebbe stata di ignorarlo oppure di scrivere una lunga e dettagliata risposta a tutti i punti. Ovviamente, non l'avrebbe letta nessuno.

Invece, scienziati e ambientalisti hanno usato una tattica molto più efficace: concentrarsi su un singolo punto e battere su quello; una tattica comunicativa molto efficace, usata comunemente dai contraristi. Una delle più atroci fesserie del pezzo di Schmitt è quella dove lui sostiene che il ghiaccio artico oggi è allo stesso livello del 1989. Per riuscirci si è scelto con cura due (!!) punti specifici da un grafico che ne contiene migliaia. Facendo notare questa bufalata, il risultato è l' "ArticGate," una bordata contro Schmitt che lo ha veramente colpito e affondato, come nella battaglia navale. 

Vi passo qualche link su questo argomento (se cercate "ArcticGate" su Google ne trovate molti altri). Cliccare per credere (e sghignazzare)

ArcticGate, Or: Harrison Schmitt And Cherry-Picked Sea Ice Data

Arctic sea ice was higher in 1989 cherrypicking by Harrison Schmitt and Heartland Institute

"ArticGate" - NSIDC Confirms Schmitt, Heartland Misrepresented Data

Climate Science Stories of the Day

 Peter Gleick: Misrepresenting Climate Science: Cherry-picking the data to hide the disappearance in Arctic Sea Ice, by ex-astronaut Harrison Schmitt


Qualcosa di simile è successo per la cosiddetta "Conferenza di Lisbona" convocata dai diversamente esperti di clima. Anche qui, andare a criticare i dettagli dell'ignobile imbroglio che questa banda di pataccari ha organizzato sarebbe stato dargli un'importanza che non si meritano. Invece, la comunità del clima ha localizzato qualcosa di Fred Pearce che si è inventato di sana pianta una dichiarazione che Gavin Schmidt (un climatologo serio) avrebbe fatto a proposito della conferenza. Il risultato è il "PearceGate", un ulteriore dimostrazione che sono dei mentitori di professione.

La conferenza di Lisbona è finita silurata dal PearceGate più o meno come quella di Copenhagen dal Climategate. E ben gli sta: vedete che si può imparare dai propri nemici?

Ecco qualche link sul PearceGate:

Deep Climate: Post Normal Meltdown in Lisbon, part 1

Il treno del carbone



Un treno carico di carbone nel Maryland, USA. Da vedere solo per la pura sensazione fisica della massa immensa che trasporta. 


Un treno così porta circa 15.000-20.000 tonnellate su non so più quanti vagoni (di questo, ho provato a contarli, ma ho perso il conto). Tipicamente, una centrale a carbone si mangia un vagone come questo ogni venti minuti. Ed è solo una parte infinitesima del miliardo di tonnellate - circa - di carbone che si producono negli Stati Uniti tutti gli anni. 

Niente si crea e niente si distrugge. Tutte queste tonnellate, da qualche parte vanno a finire - vanno a finire nell'atmosfera. E quello che succede, lo sappiamo....




lunedì 7 febbraio 2011

Stiamo giocando alla roulette russa con la testa dei nostri figli


Questo è un filmato di una conferenza di John Sterman, il successore al Massachussets Institute of Technology di Jay Forrester, l'inventore della "dinamica dei sistemi," il metodo di calcolo alla base dello studio noto come "I Limiti dello Sviluppo".

Questa conferenza di John Sterman dura un'ora e mezzo in puro American-English (e le immagini le dovete cercare in un file separato). Ma, se potete, fatevi un piacere: guardatelo. (se non potete guardarlo tutto, guardate i primi 15 minuti e poi il discorso finale a 1h 10 min)

La conferenza è ricca di spunti interessantissimi, per esempio quello che "stiamo giocando alla roulette russa con la testa dei nostri figli" oppure la citazione di Stevenson che da il titolo alla presentazione "un banchetto di conseguenze" al quale tutti quanti, prima o poi si devono sedere. E molte altre cose, come per esempio l'azzeccatissima comparazione fra la questione del cambiamento climatico e quella dell'abolizione della schiavitù. Anche quest'ultima cosa è stata molto difficile, costosa e qualcuno diceva che avrebbe rovinato l'economia degli Stati Uniti.

Fra le tante cose, la presentazione mette in luce un punto fondamentale. Il cambiamento climatico è una cosa complicata, che richiede studio e specializzazione. Ma, se non siete un climatologo con esperienza, non importa - potete lo stesso capire le basi della faccenda se la vedete nel modo giusto.

Così, Sterman che non è un climatologo ma uno scienziato dei sistemi, ha capito benissimo quali sono gli elementi del sistema climatico: gli stock, i flussi e i feedback. E con quelli, ha capito i concetti di fondo e li spiega in questo film con una chiarezza eccezionale.

Il cambiamento climatico non è una questione di modelli; non è una questione di una piccola perturbazione, non è una cosetta che si risolve con qualche palliativo. E' una profonda alterazione dei cicli di feedback planetari che ci sta portando in un mondo enormente diverso da quello che conosciamo. Questo, lo si capisce con la dinamica dei sistemi.

E non è nemmeno un complotto dei climatologi. John Sterman non lo è, ma ha capito l'importanza e l'urgenza di muoversi per cercare di far passare il messaggio. Un dovere che molti di noi hanno sentito e stanno tuttora sentendo.

Sterman porta le sue competenze nel dibattito e i risultati sono - purtroppo - agghiaccianti. La dinamica dei sistemi non soltanto un metodo per fare modelli di sistemi fisici; è un modo di pensare. E chi lavora nella dinamica dei sistemi si accorge presto che la maggioranza delle persone - incluso e specialmente i "decision makers" - non sono in grado di visualizzare mentalmente neanche sistemi semplici come una vasca da bagno che si riempie da una parte e si svuota da un altra. Non ce la fanno proprio a visualizzare un sistema complesso di feedback come lo è il clima terrestre.

Facciamo ancora in tempo a insegnare a tutti - o perlomeno a una frazione importante della popolazione - come funziona il cambiamento climatico? Sterman ci sta provando; forse ormai è troppo tardi, ma dobbiamo continuare a provare.

domenica 6 febbraio 2011

Spettacolare: giocare col fuoco con il metano artico



In questo video, vediamo Katey Walter dell'università di Fairbanks in Alaska che fa un esperimento sul metano nel permafrost artico con i suoi studenti. Pare che ci abbia rimesso le sopracciglia ma, per fortuna, non ne ha riportato altri danni. 

Questo video ci da non solo un'idea di cosa sta seppellito sotto il ghiaccio nelle zone artiche, ma è anche una curiosa metafora della nostra capacità di "giocare con il fuoco," ovvero di mettersi in situazioni rischiose senza rendersi esattamente conto di cosa stiamo facendo.

Ci sono molte aree nelle zone artiche dove il metano è stato accumulato in grandi quantità da processi biologici molto antichi. Il metano è un gas serra molto potente: con il riscaldamento, rilasciamo metano nell'atmosfera, rilasciando metano nell'atmosfera, si genera calore. E così via: è quello che si chiama "effetto serra incontrollato".

Giocare col fuoco; appunto.

sabato 5 febbraio 2011

Egitto: rivoluzione o collasso?

Immagine dal NY times - indice dei prezzi dei generi alimentari.

Come si dice alle volte; un immagine vale più di mille parole. L'indice dei prezzi degli alimentari la dice tutta sulla situazione in Egitto e in Nord-Africa. Paesi economicamente deboli, sovrappopolati rispetto alla loro capacità agricola, colpiti dalla siccità e dall'aumento dei prezzi del petrolio, che si riflette su quello dei fertilizzanti, pesticidi, meccanizzazione agricola, eccetera.

Insomma, sembra un caso da manuale di quelli che "I limiti dello sviluppo" aveva già identificato nel 1972: l'esaurimento graduale delle risorse si unisce all'inquinamento in forma di cambiamento climatico per far collassare la società. Oggi il Nord Africa. Nel futuro, staremo a vedere......

mercoledì 2 febbraio 2011

Quanto vivono veramente gli Italiani?

Questo grafico è fatto usando  dati recenti di EUROSTAT. E' vero che gli italiani sono longevi; tuttavia negli ultimi anni abbiamo visto un crollo impressionante dell "aspettativa di vita sana," un parametro che ci dice quanto a lungo viviamo in assenza di malattie.


Pochi giorni fa, sono apparsi diversi articoli sulla stampa inneggianti al recente record di longevità degli italiani, che alcuni attribuivano alle virtù della dieta mediterranea (vedi per esempio qui).

Come da prassi negli ultimi tempi, assumo che tutto quello che si legge sui giornali vada verificato. Il risultato è che l'annuncio - se non completamente falso - è comunque sospetto e sicuramente esagerato (Vedi nota in fondo). 

Per prima cosa, date un'occhiata ai dati che vedete nella figura all'inizio di questo post; sono i dati di EUROSTAT. Certamente, è vero che gli italiani sono longevi, anche se l'idea che l'aspettativa di vita continui ad aumentare è discutibile. Ma c'è un dato in più che ho trovato e che non era affatto menzionato nei comunicati degli ultimi giorni: di questi anni, quelli che passiamo in salute sono crollati brutalmente.

L' "aspettativa di vita sana" (Healthy Life Expectancy) è un computo che fa Eurostat sul numero di anni che ci possiamo aspettare di vivere senza soffrire malattie croniche o disabilità fisiche. I risultati li vedete nel grafico all'inizio. Viviamo a lungo, si, ma viviamo peggio. Non ci serve a molto arrivare a tarda età se non viviamo una vita sana; se gli ultimi anni li dobbiamo passare intubati in un ospedale o imboccati dalla badante.

Cosa diavolo è successo nel 2003 per dare inizio a un tale crollo dell'aspettativa di vita sana? 

Che ci fosse stato qualcosa di strano nel 2003, me ne ero accorto anche in un post precedente: una lieve diminuzione dell'aspettativa di vita. L'avevo attribuito all'ondata di calore dell'estate di quell'anno, ma è un evento che non si è ripetuto fino ad ora; perlomeno non esattamente in quel modo.

Una possibile spiegazione è che i dati non riflettano un effettivo peggioramento della salute degli italiani ma, piuttosto, una maggiore capacità di rilevare le malattie in anticipo. Per esempio, come riportato su "science based medicine", "quando il limite sistolico di 160 fu abbassato a 140, la nuova definizione ha instantaneamente trasformato 13 milioni di persone (negli USA) con pressione sanguigna "normale" in pazienti affetti da ipertensione". Le stesse considerazioni valgono per la diagnosi dei tumori, l'uso di pacemaker e molte altre cose.

Ma questo non basta a spiegare il crollo dell'indice di vita sana. Ce ne possiamo rendere conto esaminando i dati EUROSTAT per altre nazioni europee. In molti casi, per esempio per il Portogallo, vediamo lo stesso effetto che si vede in Italia, anche se molto meno intenso. Ma in altri casi, specialmente nei paesi del nord, vediamo l'effetto opposto; ovvero un significativo aumento dell'aspettativa di vita sana. Allora, di certo in Finlandia o in Svezia sono altrettanto bravi di noi nell'applicare le più moderne tecnologie diagnostiche e gli ultimi ritrovati della medicina. Però, da loro l'aspettativa di vita sana aumenta.

Allora, evidentemente l'effetto è dovuto almeno in parte a un effettivo peggioramento delle condizioni di salute degli Italiani, nel senso che sono più comunemente affetti da malattie. Non so quale sia la vostra esperienza, ma le persone che conosco, che sono sopra i 50 anni, sono afflitte da tutta una serie di acciacchi molto reali: diabete, ipertensione, depressione, gastrite, ulcera, allergie e chi più ne ha ne metta.

Cosa stiamo facendo di sbagliato? Sono fattori sociali, economici o ambientali? Può darsi che stiamo esponendo gli esseri umani a qualche fattore esterno che fa male? Nanopolveri, metalli, diossine, pesticidi, fertilizzanti, conservanti, brillantanti, coloranti o chissà che altro. E poi, stress, obesità, radiazioni elettromagnetiche e tante altre cose. E il cambiamento climatico? Non possiamo escludere nemmeno quello come fattore, soprattutto considerando che il fenomeno della riduzione della vita sana lo vediamo soprattutto nei paesi del Sud Europa, più esposti alle periodiche ondate di calore.

Insomma, ci sono troppi fattori, troppo complesse le loro interazioni. E non siamo per niente bravi a gestire sistemi "complessi" come il corpo umano o il clima terrestre. Se per il sistema climatico abbiamo dei modelli che ci dicono dove siamo diretti (più o meno), per il corpo umano, molto spesso annaspiamo nel buio senza sapere bene (o anche per niente) di quali possano essere gli effetti cumulativi dell'esposizione a sostanze e condizioni ambientali che i nostri antenati non avevano mai incontrato nel passato. 

Sembra proprio che - come sempre - ci stiamo lanciando verso il futuro a testa bassa e a occhi bendati. Ho il dubbio che non basti la dieta mediterranea a farci evitare di sbattere da qualche parte.

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*Nota: ma è poi vero che l'aspettativa di vita alla nascita in Italia continua ad aumentare? Secondo le tabelle ISTAT sembrerebbe così, con l'aspettativa di vita per il 2010 che è salita a 79.1 anni per i maschi e 84.3 anni per le femmine. Tuttavia, la CIA (nel suo "world factbook") ci dà un dato diverso: rispettivamente 77.4 per i maschi e 83.5 per le femmine. Se ha ragione la CIA, l'aspettativa di vita in Italia non è affatto aumentata, anzi è significativamente diminuita negli ultimi 3 anni.

Ora, non so a chi dare credito fra CIA e ISTAT, però noto una cosa preoccupante nella tabella ISTAT: i dati sono definiti come stimati, senza ulteriori spiegazioni. Dal che, deduco che sono estrapolazioni ma non dati sperimentali. In effetti, EUROSTAT lascia caselle bianche per i dati sull'aspettativa di vita in Italia dal 2008 al 2010.

Cosa è successo che ha fatto sparire i dati in Italia? Un complottista direbbe che qualcuno si sia spaventato all'idea di allarmare gli italiani con dati che mostrano che l'aspettativa di vita è in diminuzione. Oppure, forse il ministro Brunetta ha tagliato i fondi per i francobolli all'ufficio che si occupa di queste cose e così i dati sono rimasti nel cassetto. 

In ogni caso, se i dati disponibili sono estrapolazioni dalle tendenze del passato, è probabile che ISTAT stia facendo lo stesso errore che fa sempre l'IEA quando estrapola le tendenze produttive del petrolio. Estrapolando linearmente una curva in crescita, si trova sempre che la curva continua a crescere ma, sfortunatamente, esiste anche una realtà che non da retta alle estrapolazioni.

domenica 30 gennaio 2011

Gli errori di Al Gore: messaggio e messaggero nella comunicazione sul riscaldamento globale

Al Gore è grasso, Al Gore va in aereo, Al Gore consuma energia. Argomenti ripetuti fino alla nausea dai contraristi ma che sono un'indicazione che Al Gore ha sbagliato qualcosa di importante nel presentare la sua immagine nel dibattito in corso. (fonte)


Anni fa, mi ricordo che mio zio mi disse, "Io voto per Berlusconi; se è diventato ricco lui, vedrai che ci farà diventare ricchi anche noi".

Potete essere daccordo o no con mio zio, ma non si può negare che lui aveva percepito correttamente il messaggio che Berlusconi stava dando - e tuttora sta dando - al pubblico.

Berlusconi ha capito benissimo che il messaggero è parte integrante del messaggio. Il suo presentarsi come avvolto nel lusso e la sua pretesa prestanza sessuale sono parte integrante del suo messaggio. Ed è proprio il messaggio che aveva capito mio zio: "se io sono ricco, potente e ho tante donne" ci comunica Berlusconi, "lo potete essere anche voi".

La coerenza fra messaggio e messaggero è una delle ragioni del successo di Berlusconi. Certo, con le donne, sembra che ultimamente abbia esagerato, e non di poco. Ma il fatto che non ci siano reazioni contrarie particolarmente forti nell'opinione pubblica indica che, nel complesso, la sua strategia continua a funzionare.

Berlusconi non è l'unico che ha capito come gestire la propria immagine. In effetti, una delle strategie più efficaci nella comunicazione per il comunicatore è di immedesimarsi nel messaggio. Ci ricordiamo di George Bush Jr. che è apparso vestito da pilota da caccia su una portaerei per dare il suo messaggio di "missione compiuta" in Iraq. Bush guerriero è forse anche più improbabile di Berlusconi stallone (perlomeno, non puoi comprare in farmacia delle pillole che ti fanno diventare pilota da caccia). Ma anche Bush tendeva a dare un'immagine coerente con la sua politica di potenza militare. In politica, è l'immagine che conta, non la sostanza. Qui, il successo per Bush è stato di breve durata, ma indubbiamente c'è stato.

Ci sono molti altri esempi di leader la cui immagine è coerente con la loro politica - anzi, questa è un requisito cruciale per poter essere un leader. Non è necessario dare un'immagine di grande potenza sessuale o militare. Gandhi, per esempio, con la sua magrezza e il suo lenzuolo di lino addosso dava esattamente l'immagine che voleva dare quando chiedeva sacrifici al popolo indiano. A ognuno la sua immagine. Sarebbe stato sbagliatissimo per Gandhi presentarsi circondato da ragazzine in minigonna, così come per Berlusconi lo sarebbe presentarsi vestito soltanto di un lenzuolo di lino.

Ora, il punto che vorrei discutere qui è la comunicazione di un messaggio che è vitale per la nostra stessa sopravvivenza. Questo messaggio è quello della realtà del cambiamento climatico causato dall'uomo e dalla necessità impellente di prendere provvedimenti per ridurne gli effetti negativi.

Abbiamo detto che messaggio e il messaggero sono strettamente correlati. Qui, ci rendiamo conto che quello che è forse il messaggero principale sulla questione del riscaldamento globale, Al Gore, ha fatto dei gravi errori. Non è riuscito a dare un'immagine di se coerente con il messaggio che cercava di dare.

Quello sul riscaldamento globale è un messaggio che parla di sacrifici. Per quanto si possa indorare la pillola, questa cosa non la puoi ignorare. E, allora, ci voleva un'immagine appropriata. Non che Al Gore si sarebbe dovuto presentare vestito solo di un lenzuolo di lino come Gandhi, ma certamente ha trascurato il problema. Il fatto di essere grasso, di avere estese proprietà, di non negarsi niente di quello che i ricchi possono avere (incluso divorziare dalla moglie per una donna più giovane) - sono tutte cose poco coerenti con il messaggio della necessità di sacrifici. Su questo punto, le forze dell'anti-scienza hanno potuto montare facilmente una campagna aggressiva di denigrazione che è risultata piuttosto efficace.

Il problema si pone anche per quelli che sono i tipici messaggeri del cambiamento climatico: gli scienziati. Se ci pensate sopra, vedrete subito che il tipo di immagine che danno di se gli scienziati non è adatto a parlare di sacrifici. Lo scienziato, nella comune visione, è una figura benevola e anziana, tipo Einstein o il suo alter-ego filmico, Doc Emmett Brown di "Ritorno al Futuro". In questa immagine, lo scienziato viene fuori come il "nonno buono" che ti porta al negozio di giocattoli e ti compra quello che vuoi. Così, lo scienziato nel suo laboratorio inventa tutti quei bei giocattoli che ci piacciono tanto: telefonini, tv a grande schermo, videogames, e tutto il resto. E' la figura di Babbo Natale - che poi in pratica è più un nonno che un padre (e, infatti, in Russia, Babbo Natale viene chiamato "Nonno Gelo").

Se a tutto questo si aggiunge che lo scienziato in media trascura completamente il problema della comunicazione, convinto che basti "far parlare i fatti," allora vediamo che non ci siamo proprio. Non c'è troppo da stupirsi della reazione rabbiosa, addirittura violenta, che si è scatenata quando gli scienziati hanno cercato di dire alla gente che erano necessari dei sacrifici per fronteggiare il riscaldamento globale. E' un'incoerenza di presentazione; uno scollamento fra messaggio e messaggero. E' come per dei bambini prendersi uno scappellotto dal nonno: non si fa, non è nel personaggio. E' come se Babbo Natale portasse veramente il carbone: in pratica non succede mai.

Quindi, dobbiamo ragionare su queste cose; è vitale. Dobbiamo capire che con il messaggio che stiamo cercando di dare non possiamo più presentarci come dei piccoli Babbo Natale o - peggio - come dei nerd che bisogna lasciare in pace, tanto sanno loro cosa fare.

Curiosamente, quale immagine dobbiamo prendere ce lo fa vedere proprio Al Gore. Nel suo film "una scomoda verità" aveva fatto tutto bene; incluso scegliere il modo di presentarsi. Se ci pensate sopra, il momento più bello e più toccante del film è quando Al Gore ci racconta della sua famiglia; di quando si era preoccupato che suo figlio potesse morire. Ne viene fuori un'immagine sincera di una persona preoccupata. E' la figura del padre. 

Siamo arrivati al nocciolo della faccenda: chi è che ti può chiedere dei sacrifici nella tua vita? Tipicamente è tuo padre. E' una persona che non può agire altrimenti che per il tuo bene e che, proprio per questo, ti può chiedere - e anche ordinare - di non fare delle cose che tu invece vorresti fare; dal rubare la marmellata al mangiarti la torta alla crema tutta intera.

Il buon genitore è una figura nella quale hai fiducia e proprio per questo accetti da questa figura anche dei rimbrotti o delle richieste di sacrifici. Pensate a una cosa: nella vita, chi è che vi può parlare di cose brutte come la morte, la sventura e il dolore? Tipicamente, è un religioso. E come lo chiamate un religioso, un prete o un frate? Lo chiamate Padre. Anche se non siete religiosi, sarete daccordo sul fatto che la Chiesa Cattolica in 2000 anni certe cose le ha imparate.

Ne consegue che chi vuole comunicare sull'argomento del cambiamento climatico, deve cercare di assumere un ruolo adatto. Non deve necessariamente assumere il ruolo del padre, ma comunque quello di una persona di fiducia che ti può dare un consiglio disinteressato - per il tuo bene.

Ovviamente, bisogna evitare di scivolare nel paternalismo: se uno vuol prendere un ruolo del genere, non lo può pretendere; deve meritarselo. Ovvero, deve meritarsi la fiducia dei suoi interlocutori. Non è soltanto una questione di immagine ma anche - e soprattutto -  di sostanza. Non siamo politici che controllano i media e anche se lo potessimo fare non sarebbe giusto farlo. Il modo migliore per avere fiducia da chi ti circonda è di essere una persona alla quale si  può dare fiducia.

Su questo punto, io credo che gli scienziati abbiano fatto l'errore di non apparire per quello che veramente sono - ovvero quasi sempre persone oneste, dedicate al loro lavoro, entusiaste di quello che fanno e che fanno per compensi finanziari modestissimi. Pensate a Rajendra Pachauri, presidente dell'IPCC. E' stato oggetto di un'infame campagna di denigrazione ma, a una verifica, ne è venuta fuori una persona ammirevole e di specchiata onestà. L'errore di Pachauri, tuttavia, è stato di essere soltanto una persona onesta e di non preoccuparsi a sufficienza anche di apparire come tale. Lui e moltissimi scienziati sono persone perfettamente adeguate al ruolo di figura di riferimento alla quale si può dare fiducia.

Si tratta allora di cominciare a pensare in questi termini. Tutti quelli di noi (anche se non sono scienziati) che si sentono addosso la responsabilità di salvare gli umani da loro stessi, devono pensare a presentarsi in modo adeguato. Vuol dire prima di tutto essere persone serie nel senso di sapere di cosa si parla, vuol dire lavorare seriamente e con impegno. Vuol dire agire in modo coerente con il messaggio. Non vuol dire andare in giro vestiti con un lenzuolo come Ghandi, ma dobbiamo mettere in pratica le cose che diciamo agli altri. Per esempio, se diciamo che bisogna emettere meno carbonio, non dobbiamo e non possiamo presentarci in giro con la SUV.

Io credo che queste cose tutti noi più o meno le stiamo facendo, ma dobbiamo fare di più per farlo sapere e dobbiamo comportarci in modo consistente. Anche nei dibattiti, è questione di acquisire un certo "stile". Alle volte, ti trovi di fronte a persone che si comportano come dei bambini che fanno le bizze. Con questi, non è necessario essere aggressivi, ma devi riconoscerli per quello che sono. Un bambino che ha una bizza può fare un gran rumore, ma un padre o una madre che gli vogliono veramente bene non gli daranno ragione per questo.

sabato 29 gennaio 2011

mercoledì 26 gennaio 2011

Il "Rapporto Montford:" sono veramente alla frutta


Arriva in questi giorni la traduzione in italiano del cosiddetto "Rapporto Montford." Roba vecchia e stantia già quando era apparsa in inglese, cinque mesi fa, ancora più stantia oggi. E' un'ulteriore disamina del cosiddetto "scandalo Climategate;" come se non ce ne fossero state abbastanza. Mentre la scienza avanza e scopre sempre cose nuove, questi non trovano di meglio che frugare in messaggi vecchi di dieci anni cercando di trovarci la "prova" di un complotto o di chi sa quali imbrogli.

Non hanno trovato nulla e il rapporto Montford non contiene niente che non si sapesse prima. Questa non è scienza, è propaganda politica generata da una fondazione ("Global Warming Policy Foundation") che è politica in origine e che non comprende fra i suoi membri nessuno degli scienziati impegnati nella ricerca climatologica moderna.

Insomma, i diversamente esperti di clima sono veramente alla frutta per ridursi a a non aver niente di meglio da proporre a supporto delle loro tesi. Con gli ultimi dati che indicano un'accellerazione del problema climatico e il fatto che il 2010 sia risultato l'anno più caldo nella storia delle misure di temperatura globale, sarebbe il caso di dedicarsi a qualcosa di più serio.

Comunque, ecco a voi il comunicato in proposito, con il link al rapporto completo. E' pura fuffa, ma vi può incuriosire darci un'occhiata.


Torino - Cosa significa realmente il climategate? Le principali indagini hanno scagionato gli scienziati dell'Università della East Anglia, ma un nuovo rapporto legge tra le righe dei relativi risultati e trova le conferme di alcuni sospetti sulla non imparzialità delle indagini stesse. Il rapporto, condotto da Andrew Montford e pubblicato dalla Global Warming Policy Foundation, è ora disponibile in italiano grazie all'Istituto Bruno Leoni. Il rapporto, preceduto da una prefazione di Maurizio Morabito significativamente intitolata "l'autodistruzione della climatologia", rintraccia i limiti delle maggiori indagini condotte sulle mail dei climatologi. Esse, scrive nell'introduzione Lord Turnbull, "non sono riuscite a raggiungere i loro obiettivi, che prevedevano una conclusione rapida e definitivail ripristino di un livello di fiducia adeguato da parte del pubblico. Le relazioni ricordano più il rapporto Widgery (che esonerò nel 1972 le truppe britanniche dall'accusa di aver sparato su civili inermi a Belfast nella strage del "Bloody Sunday", offendendo i civili definiti come "terroristi dell'Ira armata") che il rapporto Saville (che ha rovesciato le conclusioni di Widgery alcune settimane fa). Scrivendo in un articolo sul periodico The Atlantic, Clive Crook del Financial Times ha parlato di "un ethos da pensiero di gruppo soffocante", di cui fanno parte sia i membri delle Commissioni sia gli scienziati coinvolti, come Andrew Montford ha scoperto".

Il rapporto di Andrew Montford, "L'inchiesta sul climategate", è liberamente scaricabile qui:

http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Papers/Climategate-GWPF-Report-ITA.pdf