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giovedì 15 agosto 2019

Comincia il Collasso Climatico?








Smoke on the water




L'omaggio al classico dei Deep Purple non è del tutto causale. Fumo da incendi (vedi prima immagine sotto) e ghiaccio sempre meno esteso e spesso e quindi sempre più acqua liquida (seconda immagine sotto) sono condizioni ambientali che stanno connotando anche e soprattutto questa torrida e terribile estate artica.


Della fusione dei ghiacci marini artici e della calotta groenlandese se ne parla da tempo. Questa è un'ennesima estate da fusione accelerante. Un'ennesima estate...liquida. I grafici qui sotto sono eloquenti, in tal senso.









E un aspetto relativamente nuovo dei cambiamenti climatici, ben messo in evidenza - oltre che da un soggiorno direttamente in loco - dalle immagini satellitari raccolte dall'agenzia spaziale europea e dalla NASA, è anche l'aumento dei grandi incendi nell'area attorno e oltre il circolo polare artico. Un fenomeno che viene ricondotto all'anomalo ed estremo incremento delle temperature che anche in questa torrida estate non manca.
Nell’Artico, infatti, si batte un record climatico dopo l’altro. Per es. in Alaska a inizio luglio sono stati raggiunti 32 gradi, 13 gradi sopra la media, tre in più del primato precedente.
Sul mare di Bering non c’era mai stato così poco ghiaccio e giugno 2019 è stato il più caldo da oltre un secolo. Come si vede sopra dai grafici, siamo ai livelli del record negativo del 2012, per quanto concerne estensione totale, volume e spessore della banchisa artica.



Con temperature che hanno oltrepassato i 20°C, dallo scorso mese di luglio i ghiacciai della Groenlandia hanno perso circa 250 miliardi di tonnellate di ghiaccio, il che corrisponde all’acqua contenuta in circa 1300 miliardi delle nostre comuni vasche da bagno! Nella sola giornata di martedì 30 luglio la Groenlandia ha perso 12,5 miliardi di tonnellate di ghiaccio, in altri termini s’è riversata in mare una quantità di acqua pari al contenuto di 5 milioni di piscine olimpioniche (una piscina olimpionica contiene 2500 tonnellate o m^3 di acqua, ossia l’equivalente di 16'000 vasche da bagno). Il record precedente datava del 2012, quando si sciolsero in un sol giorno 10 miliardi di tonnellate di ghiaccio.

L'acqua gocciola dal ghiaccio nel fiordo di Ilulissat durante il periodo insolitamente ed estremamente caldo lo scorso fine luglio

L’ondata di calore estremo che ha messo in ginocchio l’Europa nel mese di luglio s’è infatti spostata nelle regioni artiche, dove le temperature hanno superato di 10-15 gradi quelle normali di stagione, causando, appunto, uno scioglimento di ghiacciai senza precedenti.
E, come detto, vasti incendi.




Stiamo parlando di qualcosa che non ha precedenti (vedi tweet sopra): si tratta del numero più alto di incendi in questa regione nordica da 16 anni a questa parte, quando è iniziato un monitoraggio preciso.

Alaska, Canada, Groenlandia (!) e Siberia: oltre 100 quelli fotografati dallo spazio da due mesi a questa parte. La loro causa è evidente: l'aumento rapido e massiccio delle temperature nella zona, da anni soggetta al cosiddetto fenomeno dell'amplificazione artica. Solo in Siberia, lo scorso giugno è stato di 10 gradi più caldo della media delle temperature del trentennio 1981-2010.


Ad oggi, gli incendi che da due mesi devastano la Siberia non sono stati ancora domati (vedi video sopra). Secondo le autorità forestali russe, le fiamme interessano ancora 2,5 milioni di ettari di territorio. Una grandezza che diverge, però, dalle stime di Greenpeace Russia: l'organizzazione ambientalista parla di 4,3 milioni di ettari e sostiene che gli incendi hanno generato una quantità di CO2 pari a quella prodotta da 36 milioni di automobili l'anno. Alcuni degli incendi nella regione di Irkutsk, in particolare, sono stati causati dal disboscamento illegale, secondo gli inquirenti russi. Gli incendi estivi in Siberia fanno parte di un ciclo naturale, ma l'estensione, l'intensità e la durata di quest'anno sono senza precedenti.




In Alaska (vedi tweet sopra) nei primi 7 mesi del 2019 gli incendi hanno bruciato già il doppio dell'area che di solito viene bruciata in un intero anno normale e rilasciato il triplo dell'inquinamento carbonico che l'Alaska emette dalla combustione annua dei fossili.

Oltre che numerosi, i roghi sono anche persistenti perché intaccano un tipico terreno artico che - come spiegano gli esperti - è particolarmente favorevole alla propagazione e alla persistenza del fuoco.
A bruciare non è solo il bosco, dove le fiamme si esauriscono in 1-2 giorni, ma il terreno sottostante - la torba -  che può ardere anche per diverse settimane. Contrariamente agli incendi di boschi che si registrano nelle zone temperate, quelli dell’Artico si propagano infatti anche al sottosuolo, dove si nutrono degli spessi strati di torba. Bruciando in profondità possono durare settimane o addirittura mesi, anziché poche ore o giorni come per la maggior parte degli incendi boschivi alle nostre latitudini. Tutto ciò innesca un circolo vizioso perché vengono rilasciate grandi quantità di CO2, quella generata dalla combustione degli alberi ma anche quella generata dalla torba, una delle più grandi riserve di carbonio organico del mondo. E la CO2 alimenta il riscaldamento
afferma il glaciologo ed esperto di Artico Koni Steffen (vedi anche qui).



Nel corso degli ultimi due mesi gli incendi artici hanno mandato in fumo oltre 8 miliardi di metri quadrati di foreste liberando 129 milioni di tonnellate di CO2 (50 in giugno + 79 in luglio), ben oltre il doppio della quantità emessa dall'intera Svizzera in un singolo anno.



Il fumo, poi - essendo composto da particolato carbonioso, fuliggine e residui della combustione -, provoca un annerimento dei ghiacci artici, che in questo modo assorbono maggior radiazione solare accelerando ulteriormente la loro fusione.


Secondo il ricercatore Santiago Gassó della NASA (vedi tweet sopra), la coltre generata dai soli roghi siberiani si estende per oltre 4,5 milioni di kmq, una superficie più grande dell'intera Unione Europea.

To be continued...

martedì 8 dicembre 2015

I crateri pingo 'possono esplodere sotto il mare così come sulla terraferma'

Da “Siberian Times”. Traduzione di MR (via Maurizio Tron)

Di Maja Sojtaric

Avvisaglie di esplosioni di metano nel mare di Kara adiacente ai crateri di Yamal causati da eruzioni di gas associati alla fusione del permafrost dovuta al riscaldamento globale.


L'idrato di gas è conosciuto anche come il “ghiaccio che brucia”. Lo si può letteralmente incendiare. Immagine: CAGE

Un'enorme attenzione è stata posta sui grandi e misteriosi buchi apparsi improvvisamente nell'Artico siberiano di recente ed ora ci sono prove di un processo analogo sottomarino nelle aree meridionali del Mare di Kara. Sul fondo del mare, al largo della Penisola di Yamal, sono stati identificati grandi cumuli – descritti come “pingo” - e la loro formazione viene vista come dovuta allo scioglimento del permafrost sottomarino, che causa un 'forte accumulo' di gas metano. Questi cumuli 'stanno rilasciando metano' e il loro 'potenziale esplosivo' pone un 'pericolo geologico' significativo per l'esplorazione energetica nelle acque dell'Artico, secondo una nuova ricerca di scienziati del Centre for Arctic Gas Hydrate, Environment and Climate (CAGE) in Norvegia, sostenuto dall'Agenzia di Gestione delle Risorse del Sottosuolo russa. Per esempio, in un incidente di 20 anni fa che ha avuto poca visibilità, durante la 'trivellazione geo-tecnologica' da parte della nave russa Bavenit nel Mare di Pechora, è stato aperto un deposito di gas (pingo), minacciando la sicurezza della nave con un improvviso rilascio di metano, un processo che è stato identificato come la causa del triangolo delle Bermuda nell'Oceano Atlantico.

lunedì 10 agosto 2015

Arriva il mostro del metano

DaArctic News”. Traduzione di MR

Di Sam Carana

Gli esseri umani non sono mai esistiti nelle condizioni che abbiamo di fronte ora, a prescindere da quanto si risalga nella storia.

Il 4 agosto 2015 sono stati registrati livelli medi globali di metano di 1840 parti per miliardo. Si tratta del livello medio più alto da quando sono iniziati i rilevamenti ed è probabile che questo nuovo record venga presto superato da livelli ancora più alti.

Il biossido di carbonio che viene rilasciato ora raggiungerà il suo impatto di picco fra un decennio. L'alto e immediato impatto del metano lo rende più importante delle emissioni di biossido di carbonio nell'alimentare il tasso di riscaldamento globale nel prossimo decennio.

L'Oceano Pacifico è molto caldo al momento. L'acqua calda scorre dall'Oceano Pacifico attraverso lo Stretto di Bering nell'Oceano Artico. Le temperature di superficie del mare nello Stretto di Bering erano di 20,5°C il 4 agosto 2015. Cioè di 8,7°C più calde di quanto fossero prima. Sono state rilevate temperature di superficie del mare di 11,8°C fra la Groenlandia e le Svalbard il 7 agosto 2015, un'anomalia di 8,5°C.


Il pericolo è che un ulteriore riscaldamento causerà il collasso del ghiaccio marino, che a sua volta porterà ad un riscaldamento ancora maggiore dell'Oceano Artico, mentre la presenza di più acqua libera aumenterà a sua volta la possibilità che si sviluppino forti tempeste che possono mescolare le alte temperature della superficie con quelle del fondo del mare, dando come risultato la destabilizzazione dei sedimenti ed innescando il rilascio di metano che potrebbe essere contenuto in quei sedimenti in grandi quantità.

I rilasci di metano dal fondo dell'oceano Artico minacciano di causare un rapido riscaldamento locale che a sua volta innesca un ulteriore rilascio di metano, in un circolo vizioso di riscaldamento fuori controllo che potrebbe distruggere l'habitat degli esseri umani entro pochi decenni.




domenica 2 agosto 2015

L'eruzione di metano si avvicina

DaCounter Punch”. Traduzione di MR (via Sam Carana)

Di Robert Hunziker

L'IPCC, così come i governi mondiali, ignora i rischi di un Artico senza ghiaccio (Wadhams). Piuttosto, un Artico senza ghiaccio è viene ampiamente salutato dalla maggior parte del mondo come un modo positivo di procedere nella riapertura delle rotte commerciali del nord, nuove corse per i traghetti e accesso ad enorme bacino di combustibili fossili. Secondo il professor Peter Wadhams dell'Università di Cambridge, un Artico senza ghiaccio, con la relativa e concomitante eruzione potenziale di metano, viene raramente menzionato dall'IPCC nella sua valutazione. Evidentemente l'IPCC non vuole parlare della possibilità di grandi catastrofi. In realtà, un Artico senza ghiaccio libera tempestosamente eoni di metano intrappolato dall'ultima Era Glaciale. Le ramificazioni sono profonde. Quando il Vaticano recentemente ha tenuto incontri coi principali scienziati sul cambiamento climatico in preparazione dell'enciclica del Papa del giugno 2015, uni degli ospiti invitati era il professor Peter Wadhams. Assumendo che all'Accademia Pontificia delle Scienze abbiano ascoltato con attenzione le sue parole, potrebbero soffrire di attacchi di insonnia.

Lo stato del ghiaccio del Mare Artico e perché conta

Peter Wadhams, professore di Fisica dell'Oceano e Capo del Gruppo di Fisica dell'Oceano Polare, Dipartimento di Matematica Applicata de Fisica Teorica dell'Università di Cambridge, di recente si è recentemente impegnato in una intervista molto franca: “Il nostro tempo sta finendo – Il ghiaccio marino dell'Artico se ne sta andando”, del 15 maggio 2015 (tutte le citazioni seguenti provengono da quell'intervista). “Ho misurato lo spessore del ghiaccio che è sceso del 50% negli ultimi 30 anni. In estate, per esempio, di solito si vedeva il ghiaccio del pack molto pesante da rendere molto difficile il passaggio di una nave. Oggi, somiglia più ad un pianeta blu. E' un Artico quasi senza ghiaccio. E' un grande cambiamento”. Di conseguenza, col passare del tempo, il rischio di una grande eruzione di metano aumenta insieme alla disintegrazione del ghiaccio marino in corso. “Siamo davvero preoccupati riguardo all'Artico costiero... le piattaforme continentali della Siberia sono su acque molto basse. E fino a poco tempo fa c'era sempre ghiaccio su quelle piattaforme, persino in estate... ora, in si ritira estate e scompare già per 2-3 mesi da quelle piattaforme. Ciò favorisce il riscaldamento dell'acqua. E, quando l'acqua si riscalda, causa la fusione del permafrost subacqueo, che non si era fuso dall'ultima Era Glaciale, e questo favorisce il rilascio di metano”

Secondo il professor Wadhams, il Mare Siberiano Orientale è un mostro in agguato. Wadhams crede che l'effetto di un'eruzione di metano potrebbe essere catastrofica quanto una collisione di un asteroide con la Terra. La quantità di riscaldamento sarebbe immediata e ampia. La probabilità che questo accada: “Direi che è circa del 50%, perché stiamo assistendo alla fusione del permafrost e al fatto che il metano viene già rilasciato”. Di fatto, gli scienziati sul campo stanno già assistendo ad aumenti consistenti dei grandi pennacchi di metano in estate mentre scoprono nuove aree di rilascio di metano. Solo fino a poco tempo fa, il Mare Siberiano Orientale veniva monitorato ogni anno da una nave russa. Mentre oggi, e durante gli ultimi due anni, le navi svedesi stanno andando altrove nell'Artico e “stanno vedendo tanto metano uscire quanto quello della Siberia orientale”. “Per cui non è una probabilità bassa l'alto rischio di catastrofe. Si tratta di un rischio altamente catastrofico ed altamente probabile”. Wadhams crede che la scomparsa completa del ghiaccio a metà estate potrebbe verificarsi nei prossimi due anni. Al momento, il volume di ghiaccio a metà estate è solo un quarto di quello degli anni 80. Se questa tendenza continua, il ghiaccio estivo si ridurrà a zero molto presto.
Impatto di un Artico senza ghiaccio.

I cambiamenti nell'Artico stanno alimentando cambiamenti altrove sul pianeta. “Per esempio, la scomparsa del ghiaccio nell'Artico sta portando masse di aria più calda a spostarsi sulla Groenlandia in estate. Ciò causa la fusione più rapida della calotta glaciale della Groenlandia. E questo sta causando all'accelerazione dell'aumento del livello del mare”. Risultato, anziché un metro di aumento del livello del mare in questo secolo, come previsto dall'IPCC, la fusione della Groenlandia potrebbe causare un aumento di un paio di metri, o più. Di fatto, alcuni glaciologi parlano di 4 o 5 metri. L'impatto cataclismico finale di troppo aumento del livello del mare sarebbe che alcune aree del mondo, come Miami, dovrebbero essere completamente abbandonate, svuotate ed evacuate come a Cernobyl, molto come a Cernobyl, a causa di politiche energetiche folli. Non solo questo, il riscaldamento globale accelera come risultato in conseguenza della perdita di ghiaccio marino artico, che riduce l'albedo globale, che è il modo in cui la radiazione viene riflessa verso lo spazio esterno, ma con la perdita di uno sfondo di ghiaccio bianco riflettente, l a radiazione solare viene assorbita da uno sfondo scuro, e tutto ciò porta ad un tasso di riscaldamento del mondo molto più rapido di quanto previsto dalla scienza ufficiale, l'IPCC. “Quindi questo tentativo di fingere di poter mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, che era già una finzione, è persino più ridicolo. Saranno sicuramente 4 o 5°C per la fine del secolo, il che avrà impatti piuttosto catastrofici sulla produzione agricola”.

Cosa fare?

In quanto a fermare il rilascio di metano in mare “riportando indietro il ghiaccio marino artico, alcune persone lo stanno proponendo. Il problema è che non si può realmente riportare il ghiaccio senza raffreddare il pianeta. Le temperature globali governano il ghiaccio marino, non può essere isolato o mirato. Trovare un modo di riportare indietro il ghiaccio marino artico non funzionerà, a meno che non si possa raffreddare l'intero pianeta”. La sola possibilità realistica, ironicamente, è la modifica del metodo del fracking usato nella trivellazione di petrolio e gas utilizzando piattaforme in mare l'ungo la costa Artica, una rete di trivellazioni orizzontali per la creazione di cavità per risucchiare il metano per impedirgli di uscire nell'atmosfera (Wadhams). Ma non è stata fatta nessuna ricerca su questo. E' stato soltanto suggerito. A prescindere da come, cosa o quando, la risoluzione del problema è un'impresa enorme e travolgente: “C'è una cospirazione della compiacenza nel mondo in cui si immagina ancora che se facciamo poche cose minori, piccoli aggiustamenti e riduciamo l'emissione di biossido di carbonio, allora tutto andrà bene. Ma non sarà così perché abbiamo già troppo biossido di carbonio in atmosfera. Stiamo già andando oltre i 2°C di riscaldamento anche se non emettessimo più, a causa del biossido di carbonio già presente in atmosfera. Quindi non solo dobbiamo smettere di emetterlo o di ridurlo, riducendo le emissioni, ma trovare modi di toglierlo dall'atmosfera e questa è una tecnologia che non è stata sviluppata”. Il cambiamento climatico ha un effetto progressivo, che lavora lentamente in tutto il mondo. Ma tutta questa lentezza di sta accumulando in un grande cambiamento. Inoltre, quando i modelli meteorologici distruggono l'agricoltura, causando la fame nel mondo, sarà troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Sfortunatamente, è l'inerzia globale il problema. “Le forze di inerzia sono così enormi.. l'uso dei combustibili fossili è molto radicato nella nostra società. Tutto nella vita proviene dai combustibili fossili”.

Tempistica del caso peggiore

Il solo modo di salvare la civiltà per com'è attualmente è di abbassare i livelli di CO2 e ciò può essere ottenuto soltanto da qualche metodo drastico per rimuovere realmente CO2 dall'atmosfera. “Non possiamo farcela scherzando con la riduzione delle nostre emissioni, non possiamo nemmeno farlo fermando le nostre emissioni, perché ci siamo spinti troppo oltre. Dobbiamo realmente toglierlo”. Il professor Wadhams afferma che la ricerca sul cambiamento climatico, in modo centrale, diventa l'obbiettivo principale di uno sforzo scientifico mondiale e dev'essere fatto urgentemente, come il Progetto Manhattan (ironicamente). La società sarà costretta ad usare qualche tecnologia, che non è stata nemmeno ancora verificata, per rimuovere il CO2 per evitare una catastrofe. Di conseguenza, non c'è tempo di giocherellare. Wadhams crede nel peggiore scenario, “in 10 anni saremo realmente già nella minestra”.

Attuali condizioni meteorologiche artiche

Secondo Arctic News, il 2 luglio, “Mentre i media danno grande importanza alle ondate di calore che hanno colpito di recente paesi popolosi come India, Pakistan, Stati Uniti, Spagna e Francia, viene data meno attenzione alle ondate di calore che colpiscono l'Artico”. Inoltre, “Le ondate di calore che hanno recentemente colpito Alaska e Russia ora sono seguite da un'ondata di calore nella Siberia Orientale... un luogo ben all'interno del Circolo Artico... il 2 luglio 2015 sono state registrate temperature di 37,1°C”. E, ancora peggio, “Con temperature di 37,1°C registrate il 2 luglio 2015, ci si può aspettare un'enorme fusione dove c'è ancora ghiaccio marino nelle acque al largo della Siberia, mentre le acque dove il ghiaccio marino non c'è già più si scalderanno rapidamente. Notate che le acque al largo della costa della Siberia sono profonde meno di 50 metri, quindi il riscaldamento si può estendere rapidamente fino al fondo del mare, che contiene enormi quantità di metano sotto forma di gas libero e di idrati”. Inoltre, il primo luglio 2015 è stata registrata una temperatura di 36°C vicino al fiume Kolyma che si getta nel Mare Siberiano Orientale.

L'Artico è più caldo di Miami!

In qualche modo, 36°C nell'Artico fa sembrare il mondo sottosopra/rovesciato, non è vero?

Robert Hunziker vive a Los Angeles e può essere contattato presso roberthunziker@icloud.com





sabato 2 maggio 2015

La grande catastrofe in arrivo: l'esplosione del metano artico

DaArctic News”. Traduzione di MR 

Di Sam Carana

Il grande dispiegamento del modo in cui la catastrofe climatica si sta manifestando sulla terraferma e negli oceani, nell'atmosfera e nella criosfera, sta diventando sempre più chiaro di mese in mese. Le temperature di marzo 2015 sono state le più alte a marzo nel periodo di 136 anni di registrazioni. L'analisi del NOAA mostra che la temperatura media di tutte le temperature di superficie insieme di terraferma e oceano di marzo 2015 è stata 0,85°C più alta della media del XX secolo di 12,7°C. Le anomalie della temperatura dell'oceano dell'Emisfero Nord di marzo 2015 sono state le più alte mai registrate. Per diversi aspetti, la situazione sembra destinata a peggiorare. Nel periodo di 12 mesi da aprile a marzo, i dati dal 1880 contengono una linea di tendenza che punta ad un aumento di 2°C per il 2032, come illustrato dall'immagine sotto.


sabato 11 aprile 2015

Livelli di metano inizio 2015

Da “Arctic News”. Traduzione di MR

Di Sam Carana

L'immagine sotto mostra le letture medie più alte di metano nello stesso giorno, in questo caso il 10 marzo, in tre anni diversi, 2013, 2014 e 2015, ad altitudini prestabilite. Il confronto indica che l'aumento di metano in atmosfera sta accelerando, specialmente ad altitudini maggiori.


venerdì 20 febbraio 2015

Appaiono nuove voragini a Yamal

Da “BarentsObserver”. Traduzione di MR (h/t Gianni Comoretto e Maurizio Tron)


Le voragini potrebbero costituire un serio pericolo per l'industria petrolifera e del gas in espansione nella Penisola di Yamal (Foto: vniigaz.gazprom.ru)

Sono state scoperte altre otto voragini vicino al gigantesco giacimento di gas di Bovanenkovo, nella Penisola di Yamal.

Di Atle Staalesen 

Gli scienziati dicono di aver scoperto altre otto voragini nel raggio di 10 chilometri dal giacimento di Bovanenkovo. I crateri sono tutti localizzati intorno al grande buco scoperto dai petrolieri nel luglio 2014, riporta la Yamalpro.ru. Le voragini potrebbero costituire una sfida seria all'industria del gas che si sta rapidamente espandendo nell'area. Gazprom ha investito miliardi nello sviluppo del giacimento di Bovanenkovo, la più grande struttura per il gas della penisola con 4,9 trilioni di metri cubi di gas stimati di risorse. Una nuova ferrovia ora connette il giacimento con la rete ferroviaria nazionale e un gasdotto diretto ad occidente porta il gas ai compratori europei. L'infrastruttura potrebbe essere messa in pericolo se appaiono altri crateri nella zona.

Gazprom sta per sviluppare diversi altri giacimenti di gas nell'area e anche altre società sono fortemente rappresentate, fra loro la Novatek nel progetto per i Liquidi del Gas Naturale Yamal LNG e la Gazprom Neft nel progetto Novoportovsky. La prima voragine di Yamal ha occupato i titoli dei giornali in tutto il mondo. Con un cratere con un diametro di quasi 60 metri, il fenomeno è stato subito bollato come il Buco Nero di Yamal. Gli scienziati credono che il buco sia stato creato a seguito del rilascio di gas metano e del successivo collasso del permafrost. Le otto nuove voragini sono più piccole in dimensioni di quella scoperta lo scorso luglio. I ricercatori credono che sia probabile che le voragini più grandi vengano circondate da altre più piccole e ora stanno mappando la penisola per essere in grado di prevedere i siti dei nuovi buchi. Come riportato dal BarentsObserver, lo stesso rilascio di metano sta raggiungendo grandi proporzioni nel vicino Mare di Kara. Il clima più caldo è il motore del processo. Commentando sulla situazione, Alexei Portnov del Centro per gli Idrati di Gas, il Clima e l'Ambiente dell'Artico (CAGE) dice che un aumento della temperatura del mare di due gradi “accelererà lo scongelamento all'estremo e aumenterà di conseguenza le emissioni di metano.


mercoledì 17 settembre 2014

Il cambiamento climatico sta risvegliando il mostro del metano?


DaClimate Crocks”. Traduzione di MR

I post si assottiglieranno nei prossimi giorni. Domani prenderò un volo per incontrare il dottor Jason Box, lo scienziato capo del Dark Snow Project a Copenhagen. Da lì, faremo un salto a Kangerlussuaq, in Groenlandia, fino alla calotta glaciale per le due settimane successive, più o meno. Continuerò ad entrare e postare finché non andremo alla calotta glaciale. Il dottor Box mi ha mandato il suo ultimo post sul suo blog, una cosa che ha dovuto sviscerare e che lo ha tenuto sveglio la notte. Gli studi sul metano coperti nel video sopra sono prevalentemente collegati al metano proveniente dallo scongelamento del permafrost sulla terraferma. Il pezzo del dottor Box qui sotto riguarda alcuni sviluppi più recenti nello studio dei depositi di metano sottomarini – il drago dormiente del cambiamento climatico. Notate che questo è un territorio pieno di controversie, visto che i dati da queste aree remote sono scarsi. Ma la posta in gioco è molto, molto alta.

Dal blog Meltfactor di Jason Box:

Usando un gruppo di dati climatici e fisici ampi e credibili, Tempeste dei miei nipoti di James Hansen pone il problema che gli esseri umani sono sulla buona strada per permettere al riscaldamento oceanico ed atmosferico di raggiungere un livello che innesca il rilascio di una grande quantità di riserve aggiuntive di carbonio intrappolato negli idrati di metano nelle acqua di mare poco profonde e/o dal terreno nell'Artico.

Secondo la mia opinione professionale come climatologo con più di  70 pubblicazioni scientifiche revisionate pubblicate, dopo 12 anni di educazione universitaria concentrata sulla scienza atmosferica ed oceanica, seguiti da 10 anni di lezioni universitarie, finalmente di ruolo, sulla meteorologia su scala micro e media e sulla strumentazione, gli avvertimenti di Hansen dovrebbero essere soddisfatte da un programma aggressivo di decarbonizzazione atmosferica. Siamo da troppo tempo in una traiettoria indirizzata ad una calamità climatica ingestibile. Se non riduciamo il carbonio atmosferico, probabilmente innescheremo il rilascio di grandi riserve di carbonio, condannando i nostri figli ad un futuro in una Terra bollente. Questa è una dichiarazione dura da leggere dal momento che il vostro portafogli di preoccupazioni è già pieno. 

Dicembre 2013, mi sono ritrovato in una stanza piena al più grande incontro scientifico del mondo  [l'incontro autunnale di AGU]. La sessione: “Sfide moderne del clima”. Il relatore invitato, la dottoressa Lori Bruhwiler ha presentato “Permafrost artico e retroazioni di carbonio del clima” - una ricerca cauta, obbiettiva e prettamente scientifica del problema e dei dati che abbiamo. A sua volta invitato, il dottor Peter Wadhams ha lanciato “Il costo per la sociatà di un'esplosione di metano dalla banchisa della Siberia orientale”, completamente fuori dagli schemi, che cita costi per l'umanità espressi in trilioni di dollari. Il succo della sessione è stata ben parafrasata da Bruhwiler, citando una rete di osservazione rada e concludendo che “ancora non possiamo dire più di tanto”. Che poi è stato...


Chiaramente, considerando la vastità dell'Artico, la rete di stazioni di osservazione con base sulla terraferma appare rada, con una sola stazione che rappresenta la Siberia, a Tiksi, viene da pensare che i governi dovrebbero fare di più per tenere il polso della situazione. Da parte del polso, tuttavia, le misurazioni che avvengono a Tiksi (e in altri siti della rete come Alert e Pt. Barrow, nell'Alaska del nord), posso garantirvelo, sono davvero al top; con radiometri BSRN, covarianza dei flussi di gas, campionatura del gas in beuta, ecc., impressionante e non economico.

Cosa ci dicono questi dati? Be', sfortunatamente, le registrazioni di Tiksi sono troppo brevi per dedurne una tendenza. Un gruppo di dati della concentrazione di metano più lungo proveniente da Alert, estremo nord del Canada, aggiunge un aumento del 8% nelle concentrazioni di metano all'aumento di più del 250% dovuto all'attività umana da quando è iniziata la rivoluzione industriale – nel 1750. I simboli verdi sui grafici indicano i valori anomali estremi. Un'ipotesi ragionevole da parte dei valori anomali segnati sotto da me con “respiro del drago?” sarebbero: anomalie estreme rappresentano pennacchi ad alta concentrazione di metano che emanano dalla tundra e/o da fonti oceaniche. Un'altra ipotesi ragionevole sarebbe: le anomalie estreme rappresentano errori di osservazione. Il NOAA dichiara: i valori anomali “si pensa che siano non indicativi di condizioni di fondo e rappresentano masse d'aria mal mescolate influenzate da fonti antropogeniche locali o regionali o da forti fonti della biosfera o da pozzi”.




Stessi picchi evidenti nei dati di Barrow. Qui, non mi prenderò il disturbo di sovrapporre il “respiro del drago?” S.

Per il momento, lasciamo stare la questione dei valori anomali e passiamo ad una discussione che ho avuto sul fatto che le misurazioni non sono sufficientemente vicine ai centri delle azioni di rilascio del gas da comprendere la questione del risveglio del drago. Vorremmo una stazione di campionamento proprio sopra il Laptey e sopra il Mar Siberiano Orientale vuoti, pieni di metano e liberi dal ghiaccio (in estate). Naturalmente, cià è molto più facile a dirsi che a farsi

Prima di parlare delle misurazioni nei centri di azione... abbiamo dati satellite provenienti dall'Infrared Atmospheric Sounding Interferometer (IASI) a bordo del satellite Metop-A Eumetsat Polar System (EPS). E da quello che so dall'installazione/manutenzione di misurazione di terra nell'Artico  e della pubblicazione di articoli che valutano la qualità dei ripristini derivati da satelliti provenienti dall'Artico, più di recente qui, servono studi di validazione. Quindi è buono trovare Xiong et al. (2013) che, usando “596 profili verticali di metano provenienti da misurazioni aeree da parte del programma HIAPER Pole-to-Pole Observations (HIPPO)” scoprono che il niente affattos sorprendente “errore di ripristino è maggiore nelle regioni delle latitudini più settentrionali”. Hanno scoperto che le vagamente percepite quantità sono precise ed hanno un piccolissimo pregiudizio (meno del 2%). Tuttavia, la loro valutazione è per la parte di atmosfera ben al di sopra della superficie. Il confronto fra i ripristini di IASI con le misurazioni dirette vicino alla superficie stabilirebbero le incertezze che affronteremmo e costituire il precedente per usare i ripristini IASI per rappresentare ampie aree che non beneficiano di campionamenti diretti. Ulteriori scavi hanno restituito alcuni risultati di precisione per lo IASI da parte di Yurganov et al. (AGU poster 2012).

  • I dati IASI possono essere usati come indicatore qualitativo dell'emissione di metano dell'Oceano Artico.
  • L'attuale crescita del metano nell'Artico, compreso il 2012, è graduale. 
  • L'emissione di metano dalla banchisa artica raggiunge un massimo in settembre-ottobre (quando si verifica il minimo del ghiaccio marino).
  • Le stime dall'alto dell'emissione sono difficili e potrebbero essere molto incerte (per esempio, ± 100%)
  • Se uno sfogo improvviso (fuoriuscita) di metano avvenisse a causa dell'intensa distruzione degli idrati, lao IASI sarebbe in grado di rivelarla quasi in tempo reale. 


Ora, un Sam Carana guida un gruppo che ha pubblicato una tempesta riguardo alle stime di metano da parte del sensore IASI. Il loro messaggio è allarmante e collega i puntini fra le mappe del metano che generano usando i dati IASI e diversi elementi del clima artico che cambiano rapidamente: declino dell'area del ghiaccio marino, durata, volume; aumento delle temperature dell'aria e dalla superficie del mare, incendi. 
Ciò che ho capito è stato che le bolle di metano non possono o non raggiungono la superficie, piuttosto vengono convertite in biossido di carbonio molto meno potente prima di raggiungere la superficie stessa. POI, ecco cosa abbiamo sentito 4 giorni fa da una squadra svedese che ora sta ispezionando il mare di Laptev con un rompighiaccio davvero d'eccellenza, chiamato come il principale Dio nordico. 



La squadra dichiara “In diversi luoghi, la 'bolle' di metano risalgono anche alla superficie dell'oceano. In più c'è che i risultati di analisi preliminari di campioni di acqua di mare puntavano in direzione di livelli di metano disciolto più alti da 10 a 50 volte rispetto ai livelli di base. 




E non sono solo gli svedesi che si occupano di questa questione. Lo fa anche la NASA. Qual è il messaggio fondamentale, se me lo state chiedendo? Perché l'elevato carbonio atmosferico risultato dalla cobustione di combustibili fossili è il meccanismo di innesco. DOBBIAMO semplicemente ridurre le emissioni di carbonio atmosferico. Ciò dovrebbe iniziare con la limitazione della combustione di combustibili fossili da fonti convenzionali; principalmente carbone, seguito dalle sabbie bituminose (blocco dell'oleodotto); riduzione dell'uso dei combustibili fossili altrove, per esempio nei combustibili liquidi da trasporto; impegnarsi in un massiccio programma di riforestazione per avere i benefici collaterali del legname sostenibile, riduzione della desertificazione, habitat animale, acquacoltura e reindirizzare i sussidi ai combustibili fossili verso l'energia rinnovabile. Questo è un momento in cui ognuno deve metterci del suo. Siamo nell'era delle conseguenze. 
Ci sono ancora domande, naturalmente, ma il principio di precauzione rende chiaro che dobbiamo lasciare questo drago sottoterra. 



venerdì 22 agosto 2014

Gli scienziati potrebbero aver risolto il mistero del gigantesco cratere in Siberia – e non è una buona notizia

DaPeak Energy”. Traduzione di MR

Il SMH ha dato un'occhiata alla recente apparizione di un misterioso ed enorme cratere in Siberia -


 Gli scienziati potrebbero aver risolto il mistero del gigantesco cratere in Siberia – e non è una buona notizia.

I ricercatori hanno a lungo discusso sul fatto che l'epicentro del riscaldamento globale è lontano dalla portata dell'umanità. Si trova nel panorama arido del nord ghiacciato, dove bambini dalla guance rosse indossano pellicce, dove il Sole sorge a malapena in inverno e le temperature possono scendere a 50 gradi sotto zero.

La Penisola di Yamal in Siberia è un posto del genere, si traduce come “la fine della Terra”, un desolato sputo di terra dove vive un'etnia chiamata Nenet. Ormai avrete sicuramente sentito parlare del cratere della Penisola di Yamal. E' quello apparso improvvisamente, dell diametro di quasi 60 metri e che ha fatto diversi giri nella macchina globale dei media virali. Gli aggettivi più spesso usati per descriverlo: gigante, misterioso, curioso. Gli scienziati sono stati continuamente “sconcertati”. Gli abitanti del luogo sono stati “mistificati”. Ci sono state voci secondo le quali ne erano responsabili gli alieni. I residenti dei dintorni hanno spacciato teorie di “flash luminosi” e “corpi celestiali”. Ora c'è una teoria plausibile su cosa ha creato il cratere. E la notizia non è buona.

Potrebbe essere il gas metano, rilasciato dal terreno ghiacciato che si scioglie. Secondo un recente articolo di Nature, “l'aria vicino al fondo del cratere conteneva concentrazioni insolitamente alte di metano – fino al 9,6% - nei test condotti al sito il 16 luglio, dice Andrei Plekhanov, un archeologo al Centro Scientifico di Studi Artici di Salekhard, in Russia. Plekhanov, che ha condotto una spedizione al cratere, dice che l'aria di solito contiene appena lo 0,000179% di metano”. Lo scienziato ha detto che il rilascio di metano potrebbe essere collegato alle estati insolitamente calde di Yamal nel 2012 e nel 2013, che sono state più calde di una media di 5°C. “Mentre le temperature sono salite, suggeriscono i ricercatori, il permafrost si è scongelato ed ha collassato, rilasciando metano che era rimasto intrappolato nel terreno ghiacciato”, ha dichiarato il rapporto.


domenica 13 luglio 2014

I pozzi di petrolio abbandonati emettono livelli significativi di metano: uno studio

Da “Resilience”. Traduzione di MR

Di Andrew Nikiforuk, pubblicato originariamente su The Tyee

Uno studio dell'Università di Princeton ha scoperto che le perdite dai pozzi di petrolio e gas abbandonati pongono non solo un rischio alle falde acquifere, ma rappresentano una minaccia crescente al clima. Fra 200.000 e 900.000 pozzi abbandonati nello stato della Pennsylvania è probabile che contribuiscano dal 4 al 7% delle emissioni antropogeniche di metano in quella giurisdizione, una fonte della quale prima non si teneva conto, dice lo studio. La Pennsylvania, come l'Alberta in Canada, è la più vecchia produttrice di petrolio e gas negli Stati Uniti e la scena di una forte controversia ambientale dovuta all'impatto della fratturazione idraulica sul suo panorama abbondantemente trivellato. Di conseguenza, le perdite dalle infrastrutture di gas di scisto e da quelle convenzionali potrebbe rendere questa industria più sporca di quella della produzione di carbone.

Gli scienziati del campo hanno coerentemente rilevato che i modelli usati dall'industria del petrolio e del gas e dai legislatori sottostimano significativamente le perdite di metano da valvole, pompe, gasdotti, impianti di gas e pozzi produttivi. Ora sono stati aggiunti all'elenco anche i pozzi abbandonati. L'esperto di metano ed ecologista dell'Università di Cornell Robert Howarth ha detto che il nuovo studio è importante perché illustra che le emissioni delle attività di petrolio e gas sono molto maggiori di quanto stimino il governo e l'industria. Il problema dei pozzi abbandonati che perdono “non è stato studiato bene nel passato e non viene considerato affatto dalla statunitense EPA nelle sue stime delle emissioni di gas serra, né viene considerato da altri studi accademici come il mio. E' un ulteriore esempio di quanto poco sappiamo in realtà sulle emissioni di metano da parte dell'industria del gas e del petrolio e una ragione in più per credere che l'EPA abbia gravemente sottostimato le emissioni totali”, ha detto.

Non c'è niente di terribilmente unico riguarda la Pennsylvania, ha aggiunto Howarth, “quindi mi aspetterei che questo sia un problema che colpisce gran parte se non tutti i giacimenti di gas e petrolio”. Il problema della perdita dei pozzi, tuttavia, è diffuso e globale e coinvolge milioni di pozzi di petrolio e gas. I guasti dei pozzi nei giacimenti in alto mare della Norvegia, per esempio, avevano una media del 24% in un'analisi, mentre i guasti dei pozzi appena fratturati in Pennsylvania hanno una media del 6,4%. Saskatchewan mostra i  tassi di guasti come corrispondenti al 20%. Perdite estese da pozzi di petrolio pesante (fino al 45%) sono risultate in contaminazione di acqua di falda documentate dell'area di Lloydminster al confine fra Alberta e Saskatchewan.

Fuga di gas

Le scoperte della Kang rafforzano le scoperte di uno studio dell'Università di Waterloo che ha chiamato i 500.000 pozzi che perdono della nazione una minaccia alla sicurezza pubblica e all'ambiente  a causa del “potenziale deterioramento della qualità dell'acqua di falda, dei contributi in emissioni di gas serra e ai rischi di esplosione se il gas metano si accumula in aree non adeguatamente ventilate”.

Lo studio di Waterloo ha anche fatto appello ai legislatori e all'industria perché monitorizzino e misurino immediatamente le emissioni da decine di migliaia di pozzi abbandonati nel Canada occidentale. Ha anche osservato che le emissioni di gas documentate dai pozzi rappresentano solo una parte di quello che sta uscendo sottoterra verso le acque di falda o verso altre formazioni. In Pennsylvania, la Kang ha scoperto che i pozzi abbandonati perdono in media circa 96 metri cubi all'anno, ma potrebbero esserci da 280.000 ai 970.000 di tali pozzi in quel solo stato. Circa il 16% di tutti i pozzi non perdevano piccole quantità, ma sembrano essere dei “super emettitori” o sputa metano. Il pozzo più inquinante emetteva 3,2 metri cubi di gas al giorno, o 1.168 metri cubi di gas all'anno. E' quasi il corrispettivo di 300 dollari all'anno. In confronto, secondo Enbridge, un residente tipico canadese usa 3.064 metri cubi di gas all'anno per riscaldare la propria casa e la propria acqua. Circa il 10% di tutti i pozzi nella Columbia Britannica  perdono, ma non viene fatto alcun monitoraggio sul tasso di perdite dai 10.000 pozzi inattivi o abbandonati della provincia. Alcuni pozzi di gas di scisto da fracking in produzione sono diventati super emettitori e perdono 3.000 metri cubi all'anno.

Altre scoperte sorprendenti

La Kang ha anche fatto diverse altre scoperte sorprendenti. Le perdite di metano dai pozzi chiusi, che vengono adeguatamente sigillati con cemento al momento del loro abbandono, avevano dei tassi alti quanto quelli non chiusi. I pozzi collegati alle formazioni di arenaria perdevano di più dei pozzi di altre formazioni. La Kang ha trovato anche etano, propano e n-butano mescolati al metano – tutti indicatori che il gas proveniva da zone mirate dall'industria anziché da paludi e fonti naturali. L'impulso di metano che finisce in atmosfera è anche cambiato nel tempo. Durante l'inverno le perdite diventavano minori, mentre durante l'estate usciva sempre più metano dai pozzi. Le scoperte drammatiche dello studio di Princeton illustra ancora una volta che i sigilli di cemento nei dei pozzi abbandonati ed attivi si spaccano, riducono e fratturano col tempo, permettendo al metano di fuoriuscire e trovare il percorso di minore resistenza, come le fratture naturali. Il gas vagante può percorrere distanze fino a 14 km di distanza e fuoriuscire in fiumi e case. Per fare in modo che i legislatori e l'industria affrontino il problema, la Kang ha suggerito nella sua tesi di dottorato che “I gas, compresi metano ed altri idrocarburi, emessi da pozzi di petrolio e gas” dovrebbero essere considerati “come una risorsa energetica alternativa”.

Più abbandonati che bonificati

L'inquinamento dell'acqua potabile col metano è stata documentata in Pennsylvania, Colorado e Texas, o dovunque la fratturazione idraulica e la trivellazione intensiva abbia avuto luogo. Ma in molti casi, i legislatori hanno messo da parte le prove scientifiche e concluso che il metano fuoriesce naturalmente. Il Legislatore Energetico dell'Alberta conserva un database delle perdite di 316.439 pozzi riportate dall'industria a a pertire dal 1910. Ma non è di pubblico dominio e il legislatore non ha alcuna politica per testare le perdite di gas dai pozzi una volta che vengono abbandonati. Attualmente, la responsabilità per l'abbandono e la bonifica dei pozzi, dei gasdotti e degli impianti inattivi assomma a 32 miliardi di dollari nell'Alberta. Eppure il legislatore ha 279 milioni di dollari in obbligazioni per ripulire il pasticcio. Le compagnie di petrolio e gas stanno abbandonando i pozzi ad un ritmo molto più veloce di quanto non li stiano bonificando, un processo che comprende una valutazione del cemento e il posizionamento di uno sfiato in cima al pozzo.


Concentrazione di pozzi attivi ed abbandonati in Nord America. Un numero fra l1,9 e il 75% di questi perde metano. Fonte: Richard Davies / Marine and Petroleum Geology Journal.

Theresa Watson, una ex legislatrice dell'Alberta, ha osservato in una presentazione del 2013 che un numero sempre maggiore di pozzi multi-livello fratturati idraulicamente stavano entrando in contatto con pozzi preesistenti col “potenziale di colpire i possedimenti (altre proprietà dell'industria) e le acqua di falda”. Ad oggi, ci sono stati più di 20 casi di industrie che eseguono lavori di fratturazione ad alta pressione che si sono congiunti a pozzi vicini, risultando in eruzioni di fluidi tossici in superficie. Alcuni cosiddetti “successi del fracking” hanno viaggiato per 2.400 metri attraverso fratture o anomalie naturali o provocate dall'uomo prima di giungere in superficie. Più di 30 eventi del genere sono accaduti nella Columbia Britannica. Tutte mettono a rischio le falde acquifere. “Gli scheletri stanno uscendo dall'armadio”, ha detto. La Winston nella sua presentazione. La Kang ha concluso che i governi devono fare un lavoro migliore nel riportare e monitorare i pozzi abbandonati, perché sembrano essere una fonte significativa ed inaspettata di emissioni di metano di cui non si tiene conto. “Servono misure supplementari per caratterizzare e determinare la distribuzione dei flussi di metano dai pozzi abbandonati di petrolio e gas in Pennsylvania ed in altre regioni”, ha scritto. Un grande studio del 2014 del ricercatore britannico Richard Davies su Marine and Petroleum Geology è giunto alla stessa conclusione ed ha richiesto un monitoraggio sistematico e a lungo termine si dei pozzi attivi si di quelli abbandonati.

giovedì 24 aprile 2014

Rilascio di metano dalle trivellazioni: Nuovi dati indicano che era stato fortemente sottostimato

DaLos Angeles Times”. Traduzione di MR

La torre di un pozzo nella Pennsylvania sud-occidentale. Un nuovo studio scopre che i livelli di metano sopra i pozzi di gas di scisto durante la fase di trivellazione sono fino a 1000 volta più alti di quanto stimato dalla EPA. (Foto, per gentile concessione di Dana Caulton)


Di Neela Banerjee

Questo post è stato aggiornato, Vedi la nota sotto per i dettagli.

Le operazioni di trivellazione di diversi pozzi di gas naturale nella Pennsylvania sud-occidentale hanno rilasciato metano nell'atmosfera a tassi che erano da 100 a 1000 volte maggiori di quanto stimato dalle autorità di regolamentazione federali, come mostra una nuova ricerca.

Usando un aereo che è stato attrezzato specificamente per misurare le emissioni di gas serra nell'aria, gli scienziati hanno scoperto che le attività di perforazione di sette torri di di pozzo nella formazione Marcellus in forte espansione hanno emesso 34 grammi di metano al secondo, in media. L'Agenzia per la Protezione Ambientale (Environmental Protection Agency – EPA) ha stimato che tale trivellazione rilascia fra 0,04 e 0,30 grammi di metano al secondo.

Lo studio, pubblicato lunedì negli Atti dell'Accademia Nazionale delle Scienze, si aggiungono ad un corpus di ricerca che suggerisce che l'EPA stia gravemente sottostimando le emissioni di metano dalle operazioni di petrolio e gas. Ci si attendeva che l'agenzia pubblicasse le proprie analisi delle emissioni di metano dal settore del petrolio e del gas per questo martedì, cosa che darebbe agli esperti esterni una possibilità di valutare quanto abbiano capito bene il problema le autorità di regolamentazione federale.

Il biossido di carbonio rilasciato dalla combustione dei combustibili fossili è il più grande contributo al cambiamento climatico, ma il metano – il componente principale del gas naturale – è circa 20 o 30 volte più potente quando si stratta di intrappolare calore nell'atmosfera. Le emissioni di metano contano per il 9% delle emissioni di gas serra del paese e stanno aumentando, secondo la Casa Bianca.

Lo studio della Pennsylvania è stato lanciato nel tentativo di capire se le misurazioni del metano aereo combaciavano con le emissioni stimate basate sulle letture prese al livello del suolo, l'approccio che l'EPA e le autorità di regolamentazione federale hanno storicamente usato.

I ricercatori hanno fatto volare il loro aereo a circa un chilometro di altitudine al di sopra di un'area di 2.800 chilometri quadrati nella Pennsylvania sud-occidentale che comprende diversi pozzi di gas attivi. In un periodo di due giorni nel giugno del 2012, hanno rilevato da 2 a 14 grammi di metano al secondo per chilometro quadrato sull'intera area. Le stime della EPA di quell'area sono da 2,3 a 4,6 grammi di metano al secondo per chilometro quadrato.

Visto che le misure in quota sono state così tanto più grandi delle stime dell'EPA, i ricercatori hanno cercato di seguire il pennacchi di metano fino alle loro fonti, ha detto Paul Shepson, un chimico dell'atmosfera all'Università di Purdue che ha aiutato a condurre lo studio. In alcuni casi, sono stati in grado di quantificare le emissioni dai singoli pozzi.

I ricercatori hanno determinato che i pozzi che perdono più metano erano in fase di trivellazione, un periodo che non era conosciuto per le alte emissioni. Gli esperti avevano pensato che fosse più probabile che il metano venisse rilasciato durante le fasi successive di produzione, comprese la fratturazione idraulica, il completamento del pozzo o il trasporto lungo i gasdotti.

Le letture aeree sono state un'istantanea su due giorni, ha avvertito Shepson, servono ulteriori ricerche su un periodo più lungo per sapere se le misurazioni della Pennsylvania siano tipiche. Gran parte delle trivellazioni di gas naturale nella Pennsylvania sud-occidentale passano attraverso letti di carbone, che contengono metano che potrebbe fuoriuscire, secondo lo studio. I ricercatori hanno ipotizzato che i metodi di “underbalanced drilling” - nei quali la pressione nel foro di pozzo è inferiore a quella della geologia circostante – favorisce l'entrata nel foro di pozzo stesso di fluidi e gas che arrivano alla superficie. I produttori di energia usano l'underbalanced drilling perché permette loro di recuperare preziose forniture di etano e butano, ha detto Shepson.

La disparità fra le misurazioni dei ricercatori e i dati dell'EPA illustra i limiti del metodo usato dalle autorità di regolamentazione, ha detto Shepson. L'approccio dell'EPA mette le autorità di regolamentazione alla mercé delle compagnie energetiche, che controllano l'accesso ai pozzi, ai gasdotti, agli impianti di lavorazione e alle stazioni di compressione, dove dovrebbero essere fatte le misurazioni. “E' difficile”, ha detto Shepson.

Lo scorso anno, ricercatori da Stanford, Harvard e da altrove hanno riportato su PNAS che le emissioni di metano negli Stati Uniti continentali potrebbero essere del 50% maggiori delle stime ufficiali dell'EPA. Un altro studio di ricercatori di Stanford, pubblicato a febbraio nella rivista Science, hanno a loro volta concluso che l'EPA sottostimi le perdite di metano da parte dell'industria del gas naturale e da altre fonti.

[Aggiornato alle 10 del 10 aprile: L'EPA ha detto che era consapevole che scienziati non governativi erano giunti a “conclusioni diverse sui livelli di emissioni di metanodal settore del petrolio e del gas”. Alcune di quelle stime sono più alte di quelle dell'EPA ed alcune più basse, ha detto l'agenzia in una dichiarazione. Una moltitudine di nuovi dati sul metano e le trivellazioni è atteso per i prossimi anni e i funzionari dell'EPA revisioneranno tutto aggiornando le proprie stime sulle emissioni se necessario, secondo la dichiarazione.]

Il nuovo studio arriva due settimane dopo che la Casa Bianca ha ordinato all'EPA di identificare dei modi per tagliare il metano dalla produzione di petrolio e gas. Se l'agenzia decide di emettere nuove regole, devono essere operative per la fine del 2016.

A febbraio, il Colorado è diventato il primo stato a regolare le emissioni di metano da parte del settore del petrolio e del gas, richiedendo all'industria di rilevare e riparare le perdite e di installare delle apparecchiature per catturare il 95% delle emissioni di metano. La scorsa settimana, l'Ohio ha adottato regole per indurre le compagnie a ridurre la perdita di metano dalle apparecchiature in superficie usate nello sviluppo del gas naturale, come valvole e gasdotti. Quelle regole non sembrano affrontare le perdite durante la trivellazione.