I gatto Silvestro è un buon esempio di un comportamento maniacale; è una creatura dedicata a un solo scopo; quello di catturare il canarino Titti. Alle volte mi sembra che certa gente che se la prende con la scienza del clima siano vittime di una sindrome del genere. Uno di questi è Claudio Costa, probabilmente la persona più attiva in Italia a negare il ruolo umano nel cambiamento climatico.
Se cercate con Google una combinazione di "Claudio Costa" e "clima" troverete migliaia di pagine: l'ultima volta che ho provato me ne ha date oltre 6.000. Se andate a vedere di cosa si tratta, vedrete che è sempre la stessa persona che scrive sui commenti di vari blog per negare la realtà del cambiamento climatico causato dall'uomo. Per dare un'esempio del suo attivismo incredibile, andate a vedere i commenti a questo post su climalteranti. Su 116 commenti, 60 sono suoi.
Ora, se ci sono 6000 pagine sul web dove Costa è intervenuto, quasi tutte contengono molteplici suoi commenti, molte parecchie decine. Facendo un conto con 10 commenti a pagina, Costa ha scritto almeno 60.000 commenti in qualche anno. Volete ammettere 5 minuti a commento? Fanno 300.000 minuti, ovvero 5000 ore; almeno un paio di anni-uomo di lavoro. E' una forma di attivismo addirittura ossessiva che ricorda un po' l'atteggiamento maniacale che ha il Gatto Silvestro nei confronti del canarino Titti.
In queste discussioni, noterete facilmente che Costa di scienza del clima ha soltanto un'infarinatura e che molte cose non le ha capite proprio, oppure le ha capite al contrario. Ciononostante, non si fa scrupoli a mettersi a contestare i veri climatologi. La sua strategia è sempre la stessa: monopolizzare la discussione e trasformarla in una serie di batti e ribatti su punti del tutto marginali fino a far perdere il filo di cosa si stava discutendo; la sua idea è di vincere sfiancando l'avversario. C'è chi ci casca e si lascia trascinare in queste infinite discussioni dove Claudio Costa tira fuori le cose più strane; una sua fissa favorita è quella dall'Eemiano.
Il comportamento di Costa in queste discussioni è quello classico del troll. Tuttavia, a differenza dei troll comuni, va detto a onore di Costa che non è quasi mai offensivo o aggressivo. Inoltre si presenta a viso aperto, sempre con nome e cognome (o, occasionalmente, con il nick ben riconoscibile di "Clayco"). Lui stesso ci dice chi è e ci parla della sua motivazione in questo commento.
Sono un veterinario zootecnico, lavoro per un grande gruppo e mi sono dovuto occupare, obtorto collo, di emissioni zoogeniche anche perchè gli allevatori sono accusati ingiustamente di essere la seconda causa del riscaldamento globale.
In un altro commento, ci da qualche ulteriore dettaglio sulla sua attività
Non so se sai chi sono comunque mi ripresento sono un veterinario zootecnico, ho fatto consulenza ambientale per power feed e copagri, ( direttiva nitrati) mi sono dovuto occupare obtorto collo di emissioni, (sono anni ormai, sono cose che ho già scritto faccio il copia incolla, non riscrivo consumando la tastiera) perchè la zootecnia è accusata di esserela seconda causa del riscaldamento globale, dopo i trasporti.
E infine, qui:
Non sono in malafede, casomai ho un conflitto di interesse, che però è dichiarato,
Ora, è cosa indubbiamente positiva che uno metta subito in chiaro nel dibattito quali sono i suoi personali interessi nella faccenda di cui si dibatte. Su questo, Claudio Costa è onesto; soprattuto in confronto al comportamento di tanti pataccari negazionisti. (mi è rimasto in mente quello che proclamava la purezza delle sue motivazioni a un dibattito mentre forse non si ricordava che sul programma del convegno c'era scritto chiaramente che era uno dei dirigenti di Assocarboni.)
Tuttavia, il fatto che uno dichiari apertamente il proprio conflitto di interessi non elimina il fatto che questo conflitto ci sia e porti un problema etico. Uno può essere un consulente - per esempio - dell'industria del tabacco e potrebbe dichiararlo onestamente. Ma non sarebbe accettabile se, in quanto consulente, si sentisse in dovere di negare l'esistenza di un legame fra fumo e tumori. E' un problema non solo etico ma anche professionale: un professionista serio non scende a compromessi con la propria professionalità.
E qui sembra proprio che Claudio Costa sia andato ben oltre quello che la sua posizione professionale gli poteva imporre o suggerire. In primo luogo, la sua valutazione sull'effetto della zootecnia ("la seconda causa del riscaldamento globale") è quantomeno obsoleta. Il contributo degli allevamenti sul totale dei gas serra è stato ridimensionato da alcuni recenti studi e sono comunque in gran parte emissioni di origine biologica e quindi destinate a essere riassorbite dall'ecosistema. Nella lista delle azioni per ridurre le emissioni di gas serra, la zootecnia non è certamente considerata il problema principale.
In secondo luogo, di fronte a un problema il compito di un professionista serio è quello di proporre delle soluzioni; non di negare l'esistenza del problema. Un professionista che si comporta in questo modo non è un vero professionista; anzi, rischia di fare dei danni irreparabili alle industrie con cui lavora (il caso dell'industria del tabacco insegna). E' vero che la zootecnia contribuisce al riscaldamento globale, ma il compito di Claudio Costa era ed è di suggerire delle strategie di mitigazione - possibilissime in questo caso. Non era di lanciarsi in una crociata contro la scienza del clima, anche considerando che lui non ha nè le qualifiche nè la competenza per farlo.
Inoltre, mi sembra chiaro che Costa non fa quello che fa per i soldi. Sembrerebbe altamente improbabile che Copagri o altre organizzazioni agricole o della zootecnia italiana paghino una persona per negare il concetto di riscaldamento globale antropogenico; soprattutto tenendo conto che questa persona non gli sta facendo fare una gran bella figura. Allo stesso modo, non sembra probabile che organizzazioni come - per esempio - lo Hearthland Institute vadano a pagare un veterinario lombardo per le loro oscure operazioni di disinformazione. Fra le altre cose, conosco personalmente almeno uno che usa la stessa tattica di Costa nel criticare ogni cosa che l'amministrazione del mio comune fa e dice (e, di questo qui, sono assolutamente sicuro che nessuno lo paga: chi mai pagherebbe uno per fare opposizione all'amministrazione di un comune di 15.000 abitanti?).
No; Costa quello che fa lo fa perché ci "sente". Del resto, si sa che la questione climatica porta un contenuto emotivo e ideologico formidabile. Sono moltissimi quelli che reagiscono più con la pancia che con il cervello. Claudio Costa può aver reagito - in modo eccessivo ma anche sotto certi aspetti comprensibile - all'atteggiamento ideologico contrario agli allevamenti di una certa parte del movimento ambientalista.
Ma è comunque la classica sindrome del Gatto Silvestro che potrebbe vivere tranquillo con i croccantini nella sua ciotola. Invece, si lancia a cercare di catturare il canarino Titti, anche se rischia di finire sotto la schiacciasassi o in bocca al cane mastino.
Il problema del Gatto Silvestro è che, per contratto, non potrà mai acchiappare Titti. Non è escluso, invece, che Claudio Costa non possa finire per capire veramente qualcosa di clima. Non che mi legga tutti i suoi commenti, ma in quelli che leggo mi sembra di notare un certo miglioramento; un'incerta e vacillante locomozione lungo la strada che porta alla comprensione (molto lunga, nel suo caso).
Così, in questi giorni, per la prima volta Claudio Costa si è deciso a saltare il fosso e invece di criticare le cose scritte da altri ha scritto un suo contributo che è stato pubblicato su Climatemonitor (Quando gli ippopotami nuotavano nel Tamigi). Non che come articolo sia un gran che; anzi, francamente è un disastro. Comunque, è sempre un bel salto di qualità per lui. Chissà che, alla fine, non riesca a vedere la luce e a capirci qualcosa di clima. In fondo, io sono convinto che sia una brava persona, soltanto con una fissa (e che fissa!)
___________________________________________________
Quando gli ippopotami nuotavano nel Tamigi
Di Claudio Costa
Un commento di Ugo Bardi
Claudio Costa si lancia per la prima volta con questo articolo a pubblicare qualcosa di suo invece che limitarsi a criticare gli articoli degli altri. Premetto che i risultati non sono un gran che, ma che è comunque un grosso passo avanti rispetto al livello medio dei commenti di Costa nei vari blog e forum di discussione. Questo suo articolo è perlomeno leggibile e merita un breve commento.
Allora, Claudio Costa inizia con una breve descrizione del periodo detto "Eemiano," circa 120.000-130.000 anni fa, che è stato l'ultimo interglaciale prima dell'attuale; detto "Olocene." Per un breve periodo, qualche migliaio di anni, l'Eemiano è stato leggermente più caldo dell'Olocene e questo da il titolo al lavoro di Costa "Quando gli ippopotami nuotavano nel Tamigi".
Nel complesso, Costa descrive correttamente quello che sappiamo dell'Eemiano basandosi su dati dell'IPCC e di Wikipedia. Dice anche, correttamente, che la maggiore temperatura raggiunta nell'Eemiano si può spiegare - probabilmente - come dovuta alla maggiore insolazione, a sua volta correlata ai cicli di Milankovich.
Fin qui, tutto bene. A questo punto, però, cominciano i guai. Costia sostiene che i cambiamenti climatici "all'interno dell'Eemiano" si possono spiegare con variazioni del flusso magnetico solare. Come supporto a questa affermazione cita un articolo di Neff et al. dove si correlano le variazioni della concentrazione di C14 e i monsoni. Il problema arriva quando Costa sostiene che
"Ovviamente la correlazione tra variazioni nel flusso magnetico solare e cambiamenti climatici non la si è riscontrata solo nell’Oman ma in ogni dove sul pianeta sia nell’Holocene si nell’Eemiano."
Il che non va bene per niente. Non abbiamo nessun dato sul C14 del tempo dell'Eemiano semplicemente perché il C14 ha un tempo di vita media di poco più di 5000 anni. Del C14 che c'era 100.000 anni fa, oggi non c'è più traccia.
Ma il vero problema è un altro ed è proprio la coerenza di quello che Costa cerca di dire. A questo punto, infatti, ci fa vedere dei dati sulla variazione dell'attività magnetica solare negli ultimi secoli e sostiene che il riscaldamento globale che osserviamo oggi è dovuto a questi cambiamenti. Già questo non va bene per niente, ma - più che altro - cosa possono dimostrare dati che risalgono a pochi secoli fa nei riguardi dell'Eemiano che era centomila anni fa?
La logica di Costa, esaminata bene, sembra essere del tutto circolare; ovvero:
1. Si può sostenere che il caldo che osserviamo oggi è dovuto a cambiamenti del flusso magnetico solare
2. Dal che si potrebbe dedurre che anche il periodo caldo dell'Eemiano è dovuto a cambiamenti del flusso magnetico solare
3. Quindi, dato che l'Eemiano è stato un periodo caldo, questo conferma che il caldo di oggi è dovuto a cambiamenti del flusso magnetico solare.
Insomma, non ci siamo proprio ed è inutile che Costa concluda trionfalmente il suo articolo dicendo: In questo articolo sono citate 16 pubblicazioni scientifiche peer review e ci sono link ad altre 20 peer review: e questa è scienza ufficiale! Non basta citare, bisogna anche che uno capisca cosa sta citando.
Alla fine dei conti, la faccenda dell'Eemiano ricade fra i classici argomenti dei negazionisti; dei quali uno è quello che dice "il clima è sempre cambiato." Da questo, si vorrebbe dedurre che i cambiamenti che vediamo oggi sono delle semplici fluttuazioni naturali. Ma il clima non cambia per caso, cambia per delle ragioni. Se esaminiamo i dati dell'ultimo milione di anni vediamo che ere glaciali e interglaciali si sono alternate in relazione ai cicli di insolazione di Milankovich. L'Eemiano corrisponde bene a un periodo di alta insolazione mentre, al contrario, oggi l'insolazione è molto più bassa e il ciclo "naturale" ci dovrebbe portare a un abbassamento delle temperature. Il fatto che le vediamo invece in aumento è una delle tante fortissime indicazioni del ruolo umano nel clima.
In sostanza, l'esame del periodo Eemiano ci porta a conclusioni del tutto opposte a quelle alle quali Costa vorrebbe arrivare; ovvero conferma il ruolo umano nel riscaldamento in corso.