domenica 20 agosto 2023
Di cosa si moriva nel 2020? Uno strano fenomeno osservato in Inghilterra.
sabato 30 aprile 2022
Un Saluto da Stoccolma
Una testimonianza diretta dal paese che ci divertiamo a demonizzare e insultare. Sarà perché ci dovremmo vergognare se facessimo un serio confronto? (Grazie a Daniele Caruso per la Segnalazione)
https://www.soloriformisti.it/un-saluto-da-stoccolma/
Un saluto da Stoccolma…
Una testimonianza diretta dal modello liberale scandinavo nella gestione della pandemia. Quassù l’inflazione sul costo della vita è ora molto più bassa perché il lavoro, la fiducia e le relazioni sociali ed economiche non sono stati rovinati da estreme ed onerose misure anticovid.
Con la mia famiglia italo-svedese abbiamo sempre vissuto e lavorato a Firenze. Da giugno 2020 abbiamo ritenuto di spostarci temporaneamente a Stoccolma – pur con grandi sacrifici. Lo abbiamo fatto soprattutto per garantire una vita scolastica e sociale normale ai nostri figli. Come facciamo noi genitori, proviamo a mettere al primo posto la salute mentale dei propri figli, se possibile. E noi due, potendo lavorativamente farlo, lo abbiamo fatto, pensiamo con successo. Tra poche settimane torneremo a casa nostra definitivamente.
Fin dall’inizio dell’epidemia, non siamo stati interventisti del lockdown duro e siamo rimasti molto spaventati dal diffuso consenso di molti ad un tale livello di severità, intravedendo il rischio che il superamento di così tanti limiti avrebbe avuto gigantesche conseguenze psicologiche e quindi politiche per lunghissimo tempo. Abbiamo invece sempre ascoltato l’avviso scientifico delle agenzie di sanità scandinave, che hanno ispirato l’azione dei governi nordici per politiche di contenimento dell’epidemia ben più caute, immensamente meno costose per le tasche dei cittadini e le finanze pubbliche, e soprattutto – ora lo possiamo dire – perfino più efficaci nel contenimento dell’impatto del covid sulla generale mortalità annuale in eccesso. (Nella classifica di questo fondamentale indicatore, la Svezia è fra i migliori paesi europei sia nel 2020 che nel 2021, come verificabile su Eurostat, l’ufficio statistico ufficiale dell’Unione Europea).
I leader scandinavi non hanno attuato politiche anticovid draconiane, interminabili e dai costi titanici. In questo approccio soft, lontanissimo da quello italiano, quello svedese si è distinto per essere anche più leggero. Ciò è stato possibile pure in un’area metropolitana molto grande e densa come quella di Stoccolma, la più grande città della Scandinavia, dove fa freddo quasi tutto l’anno, si vive molto al chiuso anche d’estate e si utilizzano moltissimo i mezzi pubblici, tanto sviluppati quanto usati e affollati. La vita media è pari a quella italiana. C’è una diffusissima cultura delle case di cure per gli anziani. Insomma, tutti fattori svantaggiosi rispetto ad un’epidemia di covid, infatti la malattia ha colpito duro, per quanto un pò meno di altre capitali europee che hanno usato restrizioni ben più dure. Giova ripeterlo: dopo due anni, in Svezia, la mortalità in eccesso è una delle più basse in Europa, e ciò pure nonostante il peso della grande area metropolitana della capitale sul totale della popolazione. Inoltre anche qui è stato rilevato che la normale influenza stagionale è praticamente scomparsa in questi due anni (senza mascherine).
Siamo testimoni del fatto che in Svezia le poche raccomandazioni che ci furono, vennero scarsamente rispettate dalla popolazione. Vivendo qui a Stoccolma, è sempre sembrato tutto completamente normale, anche tutto l’anno scorso e quello precedente, una metropoli particolarmente viva e affollata in tutte le sue attività, anche se le persone del posto ci hanno spiegato che in realtà c’erano un pò meno flussi di gente del solito durante l’inverno e per alcuni mesi ci sono state delle restrizioni: restrizioni che non vi sto nemmeno a riepilogare data la loro leggerezza, brevità e scarsissima applicazione. A Stoccolma la routine e il tempo delle persone, le relazioni interpersonali e la fiducia per le attività sociali e di lavoro di ogni tipo non sono state mai sconvolte. Inoltre, successivamente, mentre la campagna vaccinale raggiungeva un buon ritmo, il tema covid scompariva via via dall’agenda dei media.
Anche durante le fasi più dure dell’epidemia, abbiamo visto che gli svedesi sono stati essenzialmente un popolo “indisciplinato” e in realtà poco incline al rispetto delle raccomandazioni anticovid. Però sarebbe sbagliato accusarli di essere stati “presuntuosi” nella lotta al covid. Non si può infatti che gioire del loro successo. C’è da aggiungere che quassù l’inflazione sul costo della vita è ora molto più bassa perché il lavoro, la fiducia e le relazioni sociali ed economiche non sono stati rovinati da estreme ed onerose misure anticovid. Ora loro hanno pure le spalle larghe per affrontare le gravi conseguenze umanitarie ed economiche seguenti alla terribile guerra in Ucraina. Non arrivano a questo appuntamento con la storia impoveriti e sfiancati.
E poi le scuole… In questi due anni a Stoccolma abbiamo potuto garantire il completo diritto all’istruzione e all’attività fisica dei bambini, considerando noi rischiosi per la salute mentale dei giovani i severissimi protocolli sanitari, le chiusure e le quarantene domiciliari di classe cui sono stati sottoposti i bambini e i ragazzi. In Italia purtroppo il covid è infatti diventato un pensiero continuo per tutti gli studenti attraverso la incessante presenza delle “regole” ogni singolo secondo della giornata scolastica: il non vedersi in faccia, il dover stare distanziati, l’uscire “in sicurezza” in cortile scaglionati per classe e in mini settori assegnati all’interno di “bolle” durante tutta la giornata, gli obblighi a stare quasi sempre seduti nell’aula senza sgranchirsi, a portare cibo e acqua da casa, ad andare a mense scaglionate e distanziate, le quarantene a casa senza poter uscire, la didattica a distanza, e così via, chi più ne ha più ne metta. Molti genitori sanno benissimo di che si parla, ne hanno visto e ne sentono le conseguenze sui loro figli. Chi non ha figli in età scolare, difficilmente può capire quello che sta avvenendo su molti giovani. Noi da Stoccolma lo vediamo lucidamente, avendo sempre potuto comparare quello che succedeva. Qui a Stoccolma non ci sono mai state regole “per precauzione” non utili alla felicità psicologica, al benessere fisico e quindi all’apprendimento degli studenti. Ad esempio, non ci sono mai state, non ci sono – e quindi non ci saranno mai – le mascherine ai giovani, mascherine che qui sono state assenti nelle scuole di ogni ordine e grado, nemmeno per il personale e nemmeno all’università. Come noto, noi italiani siamo tra i paesi europei che le hanno messe nelle scuole per più tempo e pure ai bambini sotto i dodici anni. Indossate peraltro davvero e severamente tutto il giorno. E ancora si continua.
Per intenderci, rimpiangiamo le scuole pre-covid italiane che abbiamo personalmente sempre giudicato come buone per i nostri figli. Non possiamo ignorare però che la quotidianità dei bambini alle elementari, ma anche alle medie e al liceo, è stata ed è ancora inquietante se paragonata alla scuola normale che esisteva prima. Meglio scuole “in presenza”, certo, ma erano proprio necessari le lunghe chiusure e protocolli così duri? Guardando a quello che è successo, succede e alle scelte fatte in varie altre democrazie, a questo punto direi senz’altro di no. Del resto, sono passati due anni e i conti ormai si possono facilmente fare. Sarebbe bello che tutto questo fosse oggetto di un dibattito scientifico e parlamentare sereno e dai toni pacati. E’ vero che il successo dei paesi nordici può mettere in discussione il “modello italiano” di lotta al covid, ma potremmo comunque farci delle domande, abbracciare il dubbio e magari trarre delle indicazioni utili soprattutto per il presente e per il futuro.
martedì 19 aprile 2022
La Profezia di Bankageddon
Alex Ricchebuono è uno dei pochi esperti di finanza che ha capito come stanno le cose. Ovvero, qual'è il ruolo del picco di Hubbert, del dirupo di Seneca, e cosette del genere. (o perlomeno uno dei pochi esperti di finanza che ammettono di aver capito come stanno le cose).
Il romanzo di Ricchebuono, "Bankageddon" del 2018 è una storia interessante che si legge volentieri e che descrive molti elementi che suonano "veri" anche a quelli di noi che non hanno mai lavorato come operatori finanziari nella city di Londra. Anche se, ovviamente, la storia è parecchio drammatizzata.
Comunque, fra le varie cose interessanti, a pagina 334 del libro, possiamo leggere un'esternazione del cattivo della storia (appropriatamente identificato come "KZ1" come nella tradizione degli agenti nemici dei romanzi di spionaggio).
"Da quando il petrolio è diventato sempre più caro, il problema è esploso in tutta la sua ferocia. .. Significa la fine di un era che ci porterà a dover rivoluzionare i nostri attuali modelli di vita quotidiana. Senza crescita dovrete radicalmente reinventare la vostra esistenza. .. Il cambiamento che abbiamo contribuito ad avviare è stato creato per dare una forte sforbiciata alla classe media dei paesi ricchi. Forzare un'immediata crisi controllata è un'opzione preferibile a un inevitabile tracollo seguito dal caos. .. Una volta separati i soldi dalle persone, per completare l'opera potremmo anche eliminare un po' di gente di troppo, così da fare spazio e ridurre finalmente i consumi. .. Di certe cose si può occupare direttamente madre natura. Magari con un piccolo aiutino .. Non è così improbabile che possa svilupparsi in qualche momento una mortale pandemia a causa della mutazione di qualche virus mai sentito prima. Qualche esperimento lo abbiamo già fatto. .. Per il momento ci limitiamo a immaginare un futuro nel quale qualsiasi pagamento si verifichi in modo elettronico e completamente automatizzato. Al posto dei documenti di identità tutti saranno riconosciuti tramite la scannerizzazione delle retine e delle impronte digitali. Inoltre i chip sottocutanei svolgeranno la funzione di carta di credito." Etc, etc..
Considerando che il libro è stato pubblicato nel 2018, fa abbastanza impressione. Ma, prima di pensare che Ricchebuono ha il numero di telefono dell'Onnipotente, aspettate un attimo. Queste idee sono state in giro per la memesfera per lungo tempo e sono il pane e salame di tanta fantascienza classica e moderna. Il che vuol dire che sono parte di certe idee diffuse e che qualcuno probabilmente ci sta lavorando sopra per davvero. E, in effetti, un tantinello di impressione la fa.
martedì 12 aprile 2022
La fine della società dei consumi
Repost da "Unconditional Blog"
La fine della società dei consumi
È impressionante quanto poco sia bastato per cambiare tutto. La “società dei consumi” sembrava l’unico paradigma possibile fino a due anni fa, la crescita l’unico modo di uscire dalle varie crisi, spendere soldi era lo strumento necessario per far marciare l’economia.
Poi il Covid ha trasformato la società dei consumi in una società di reclusi che, peraltro, rimanevano convinti che saremmo tornati a “consumare” non appena l’epidemia se ne fosse andata. E invece siamo usciti di casa per accorgerci che non c’è rimasto quasi niente da consumare. Addirittura, rischiamo la fame.
Beh, è stato bello finché è durato, bisognerà farsene una ragione.
Qui, ne discute Kurt Cobb
(Prof. Ugo Bardi)
***
L’accaparramento è improvvisamente di moda, le operazioni “lean” sono fuori moda, mentre le carenze si ripercuotono in tutto il mondo
Da “Resource Insights” di Kurt Cobb (articolo originale)
Traduzione a cura del Prof. Ugo Bardi per The Unconditional Blog
L’Ucraina, uno dei maggiori esportatori di cereali e altre colture alimentari, ha annunciato subito dopo l’invasione russa del paese che avrebbe vietato le esportazioni di molte colture alimentari per assicurare che l’Ucraina abbia abbastanza da sfamare la sua popolazione.
La Russia, un altro grande esportatore di cereali, specialmente di grano, ha ridotto le sue esportazioni di grano, segale, orzo e mais. Ha anche ridotto le esportazioni di zucchero.
La lista dei paesi che vietano o riducono le esportazioni di prodotti alimentari sta aumentando così rapidamente che comincia a sembrare un ingorgo in autostrada:
L’Argentina, uno dei maggiori esportatori di soia, ha bloccato le esportazioni di olio e farina di soia.
L’Ungheria ha vietato le esportazioni di grano.
La Moldavia ha bloccato le esportazioni di grano, mais e zucchero.
L’India, il secondo più grande produttore di zucchero al mondo, sta pensando di limitare le esportazioni di zucchero fino alla fine di settembre. Il limite di 8 milioni di tonnellate taglierebbe effettivamente le esportazioni di zucchero dopo maggio.
L’Indonesia, il più grande esportatore mondiale di olio di palma, ha ridotto le esportazioni per tenere sotto controllo i prezzi locali che sono aumentati del 50% quest’anno.
La Serbia smetterà di esportare grano, mais, farina e olio da cucina.
La Turchia ha bloccato la riesportazione di cereali, semi oleosi, olio da cucina e altri prodotti agricoli provenienti da altri paesi che sono ora nei magazzini e che erano destinati ad altri paesi prima del divieto.
La Giordania ha vietato l’esportazione o la riesportazione di riso, zucchero, latte in polvere, legumi secchi, foraggi, grano e prodotti di grano, farina, mais giallo, ghee e tutti i tipi di olio vegetale.
Naturalmente, c’è una vasta gamma di risorse naturali, manufatti e altri prodotti che non si muovono più verso la Russia a causa delle sanzioni derivanti dall’invasione russa dell’Ucraina. E ci sono delle contro-sanzioni, in particolare il divieto di esportazione di fertilizzanti dalla Russia che è il quarto produttore mondiale di fosfati e fertilizzanti azotati.
La Cina, il più grande produttore al mondo di fertilizzanti fosfatici, ha vietato le esportazioni l’anno scorso fino alla fine del 2022 per assicurarsi che la Cina ne abbia abbastanza per i propri agricoltori. E la Cina stava accumulando grano molto prima del conflitto Russia/Ucraina, accumulando quelle che ora si pensa siano la metà delle riserve mondiali di grano. Infatti, il governo cinese è arrivato al punto di esortare il pubblico cinese a fare scorta di cibo alla fine dello scorso anno con risultati prevedibili e caotici.
Poi ci sono le minacce alle colture alimentari non collegate al conflitto internazionale e ai livelli effettivi di fornitura. Uno sciopero dei lavoratori ferroviari della Canadian National ha minacciato di ridurre le spedizioni di fertilizzanti canadesi verso gli Stati Uniti prima che l’azienda facesse delle concessioni che hanno messo fine allo sciopero.
Parte della ragione dell’improvvisa corsa al cibo e ad altre risorse è che dall’inizio degli anni ’90 la parola d’ordine tra l’industria, alcuni governi e anche alcune organizzazioni di servizi non profit è stata “snello” (“lean”). Gestire organizzazioni snelle – vedi la definizione qui – è stato un modo per migliorare la redditività riducendo i costi e snellendo i processi per far sì che le organizzazioni facciano di più con meno. Sembra perfettamente sensato, vero?
Ora, ecco la cosa più importante che dobbiamo sapere sui principi di organizzazione “snella”: “L’inventario è considerato uno dei più grandi sprechi in qualsiasi sistema di produzione“.
Questo spiega molto su come praticamente tutto il mondo (tranne la Cina) sia stato colto alla sprovvista durante lo sconvolgimento dei sistemi logistici e di produzione alimentare di fronte ad una pandemia e ora quello che è probabilmente l’inizio della terza guerra mondiale (anche se, come ho spiegato in un pezzo precedente, questa non è la guerra mondiale che ci aspettavamo). Il cibo, ovviamente, non è l’unica cosa che è stata colpita. In particolare, anche i semiconduttori che si trovano in una miriade di elettrodomestici, veicoli, dispositivi elettronici e sistemi industriali sono a corto di scorte.
Ma non abbiamo bisogno di mangiare semiconduttori per vivere. Il cibo è al centro di ogni società per ovvie ragioni. È un merito dell’ideologia lean-organization-free-trade-without-borders che è durata così a lungo di fronte ai fatti ovvi sulla natura stessa della civiltà. Lasciatemi concludere con un estratto da un pezzo precedente che rende l’idea:
Si pensa che la civiltà, cioè la congregazione di persone in grandi insediamenti che chiamiamo città, debba le sue origini in parte all’invenzione dell’agricoltura. Coltivando eccedenze di colture alimentari, gli agricoltori hanno permesso la creazione di una classe urbana non agricola che si è impegnata in tutti i tipi di attività culturali, governative e commerciali. Queste attività ora occupano la stragrande maggioranza delle persone nelle economie avanzate.
Di anno in anno i nuovi insediamenti delle antiche civiltà assicuravano la loro continuità attraverso una misura molto importante: l’immagazzinamento delle colture alimentari in eccesso, specialmente il grano. Questo permetteva di sopravvivere a un cattivo raccolto o anche due o tre senza affrontare il collasso.
Che suprema ironia quindi che la conditio sine qua non della civiltà – mantenere un deposito di materiali essenziali – sia considerata ai nostri giorni una fonte di inefficienza e di spreco da evitare a tutti i costi.
Mi aspetto che più paesi e organizzazioni abbandonino l’ideologia “lean” e facciano scorte nei prossimi mesi.
Kurt Cobb è uno scrittore freelance e consulente di comunicazione che scrive spesso di energia e ambiente. Il suo lavoro è apparso su The Christian Science Monitor, Resilience, Common Dreams, Naked Capitalism, Le Monde Diplomatique, Oilprice.com, OilVoice, TalkMarkets, Investing.com, Business Insider e molti altri. È autore di un romanzo sul tema del petrolio intitolato Prelude e ha un blog molto seguito chiamato Resource Insights. Può essere contattato all’indirizzo kurtcobb2001@yahoo.com.
domenica 17 ottobre 2021
Università: come le élite minimizzano il rischio (per loro)
Questi tipi di politiche e dichiarazioni non hanno senso da nessuna prospettiva fisica. Questo eccellente editoriale di uno dei difensori razionali del nostro dibattito attuale, Vinay Prasad, dell'UC-San Francisco, sottolinea questo punto a questo collegamento. Vinay è ancora dentro Matrix, però, parlando della necessità di prove di controllo casuale delle politiche, arriva a stiracchiare la realtà fisica vicina al punto di rottura. Lo sai, Vinay, che quando gli dei vogliono punirti, esaudiscono i tuoi desideri? Vuoi davvero smontare centinaia di studi randomizzati sul COVID per il resto della pandemia?
Ma Prasad fa un piccolo sforzo di uscire dalla rete con questo commento alla fine:
“ Un ultimo punto che vale la pena considerare è il motivo per cui i college impongono queste regole. Sebbene i test diffusi possano essere utili per comprendere la prevalenza di una malattia, queste politiche non si basano su prove convincenti e sembrano più mirate a un altro obiettivo. È improbabile che tali politiche soddisfino la maggior parte degli studenti, ma è molto più probabile che facciano appello alla sensibilità dei loro genitori. La spiegazione più parsimoniosa quindi è che le scuole d'élite si rivolgono a genitori d'élite e si stanno impegnando in queste politiche per dare ai genitori il conforto che i loro ragazzi sono al sicuro - mentre nessuno al mondo sa se queste politiche aiutano e, cosa più importante, se valgono il prezzo di una vita interrotta.”
È un inizio, ed è abbastanza vicino, gli darei mezzo sigaro in premio.
Quello che stiamo davvero guardando qui è il gioco finale della minimizzazione del rischio per l'élite: l'idea è che le élite ci farebbero passare tutti quanti attraverso un cerchio di fuoco che sta sopra la gabbia dei coccodrilli affamati pur di ridurre al minimo il minuscolo rischio per loro di contrarre il COVID. Prasad ha ragione: facciamo meglio a credere che i genitori stiano chiamando l'ufficio del presidente della Duke University con le loro "preoccupazioni". Tranne che probabilmente non sono i genitori del povero ragazzo che ha vinto la lotteria accademica e ottenuto una borsa di studio. Quando ero alla Duke, c'era anche la nipote di Enzo Ferrari. E sì, guidava una 308 GTS azzurra, se la memoria non m'inganna. Quelle persone ora chiedono protezione dagli altri studenti. È una cascata di frattali di minimizzazione del rischio d'élite - il gioco finale del v-Meme a caccia di status legalistico/assolutistico. Se ti sei sempre chiesto se queste stesse élite contemporanee si sarebbero impegnate insieme negli Hunger Games, beh, non c'è bisogno di cercare oltre.
Il tutto viene peggiorato dagli studiosi di quelle stesse università che gridano a favore di politiche di "blocco". Persone come Gavin Yamey, professore di salute globale, sono stati fra i peggiori isterici in tutto il gioco dei ragazzini del college COVID. Qualsiasi emiro che possa mandare suo figlio alla Duke deve solo accedere a Twitter per trovare studiosi apparentemente preminenti di quella stessa università che chiedono l'isolamento sociale del corpo studentesco. E quando non solo tuo figlio arriva con una retta completa, ma con la prospettiva della dotazione di una serie di cattedre complete, non abbiamo difficoltà a credere che quando l'emiro chiamerà, quel presidente farà qualcosa. Lui/lei non prova il dolore dei corpi studenteschi a lui affidati.
Nel frattempo, i presidenti delle università più terrene sono bloccati con un dilemma completamente diverso. A causa dei loro problemi con la versione accademica di Skynet – l'edizione US News and World Report College Ranking (ovvero la classifica mondiale degli atenei) – sono obbligati pedissequamente, un po' come Gollum ne Il Signore degli Anelli, a seguire qualunque cosa stiano facendo le istituzioni d'élite. Tranne che ora stanno guardando una vera situazione di v-Meme di sopravvivenza. La credenza diffusa, anche all'interno delle mura modestamente coperte di edera dell'Università statale di Washington (WSU), è che anche gli studenti siano terrorizzati all'idea di contrarre il COVID. Ma ho saputo da un'autorità piuttosto saggia - i miei studenti - che non lo sono. In effetti, la maggior parte si sente tremendamente imbrogliata ed è estremamente arrabbiata anche per le restrizioni attualmente imposte nelle università statali negli Stati blu (democratici). Tutti danno per scontato che gli studenti siano stupidi e non comprendano l'effettivo rischio di COVID, un virus profondamente stratificato per età. Ma lo fanno, e molti mi hanno detto che se li rinchiuderanno di nuovo, se ne andranno.
Personalmente, dubito che molti studenti della mia classe lo farebbero davvero: dopo tutto, la mia clinica di design industriale è piena di graduati con laurea breve. E la maggior parte di loro è profondamente indebitata, e quindi non ricevere la laurea in un campo professionale dove certe credenziali sono richieste sarebbe oltremodo ridicolo. Ma nel mondo in cui il rapporto costi/benefici è in calo, con i nostri numeri già stretti, immagino che il nostro rettore non sia così stupido. Sa che inizierà la diminuzione delle iscrizioni, con l'effetto di mandare gli studenti a qualche istituto tecnico o a guardare la partita in TV.
E abbiamo già ammortizzatori di presenze fisiche in gioco. Essendo in uno stato Deep Blue (molto democratico), abbiamo già stronzate folli, come le mascherine alle partite di calcio, con cui fare i conti. Una cosa divertente e inapplicabile, tanto per il fatto che le persone stanno mangiando, così come non possono radunare abbastanza persone da assumere fra i commessi dell'Ikea per mandarli a fare le guardie a tempo parziale. Il salario per questi lavori è di $ 14/ora, o qualcosa del genere. Questi dovrebbero essere assunti per dire a uno studente universitario ubriaco di grappa da quattro soldi e succo d'uva di rimettersi la mascherina, fuori, magari sotto la pioggia? Manco per idea!
Ma gli studenti sopporteranno la costante violazione dei limiti dei test PCR in luoghi come il MIT. Vogliono quella stella d'oro per la vita. Quindi staranno zitti e andranno avanti. Ma sono anche giovani. Abbiamo bisogno che abbiano un buon cervello: dopotutto, saranno probabilmente il prossimo gruppo di élite a dirigere lo spettacolo, considerando come la mobilità sociale sia essenzialmente crollata negli Stati Uniti. Il vero problema non viene mai discusso nella maggior parte dei media: stiamo prendendo quella che è una delle esperienze sociali più profonde che una persona avrà nella sua vita e la stiamo trasformando in merda.
E questo ha una conseguenza più grande per tutti questi giovani rispetto ai semplici ricordi. La connessione sociale collega il cervello e, se non ci credete, non ho idea del motivo per cui siete su questo blog. Quello che stiamo realmente facendo, inseguendo l'eradicazione di un virus respiratorio già probabilmente endemico, è rendere un intero gruppo di giovani, già tormentati dalla frammentazione sociale dell'istruzione sotto il manto delle sparatorie nelle scuole e quant'altro, facendoli diventare fondamentalmente meno bene cablati per affrontare la complessità. Nessuna università è mai esistita solo per dare un pezzo di carta chiamato laurea. È l'ambiente sociale che compensa la nostra pedagogia spesso sciatta e le aule affollate. Le relazioni che gli studenti sviluppano fra di loro sono le cose reali che allenano le giovani menti.
Ciò che, a un certo livello, è ugualmente sorprendente, è che nessuna di queste università d'élite, molte con scuole di medicina e scuole di salute pubblica impressionanti sulla carta, non stia riflettendo sul fatto che la storia non tratterà gentilmente la loro ripugnante ignoranza e il rifiuto di aggiornarsi. Tutto ciò mette profondamente in discussione la loro fondamentale competenza. E non fatemi dire niente a proposito della loro umiltà. È vero che il COVID è stato una bella botta all'inizio e potete tornare indietro con i miei post su questo blog per vedere sia i miei successi, sia i miei fallimenti nella logica. E credo che vada detto: niente di tutto ciò ha a che fare con la mia formazione accademica formale. Non ho nessuna intenzione di "rimanere nella mia corsia accademica". Ma dalle voci più forti non senti altro che arroganza. E qualcuno gli deve dire che stanno sbagliando. A questo punto della pandemia, non possiamo fare altrimenti.
Mentre concludo questo, penso di dover sottolineare ancora una volta che evitare di sottomettersi non è il modo in cui i ragazzi del college agiranno in questo scenario. Certamente non per gli studenti degli istituti di seconda categoria, come la nostra. Tutti i miei studenti, e anche il sottoscritto, si sono messi in fila per ottenere le nostre vaccinazioni, la maggior parte di noi prima del mandato del nostro recente governatore. Alla WSU, ci stiamo avvicinando al 100% di conformità con il nostro mandato di vaccinazione nella popolazione studentesca, o almeno così mi dicono le mie fonti interne. Quindi non raccontatemi questa scemenza su come gli studenti universitari non possano seguire ordini ragionevoli o siano fondamentalmente antiautoritari.
Ma se qualcuno pensa che non ci siano conseguenze a valle di questa profonda dimostrazione di mancanza di empatia, per ciò che è veramente la minimizzazione del rischio per le elite, quello sta sognando. Gli studenti universitari di oggi sono i decisori di domani e i loro ricordi saranno lunghi. Ricorderanno come la maggior parte di quello che è stato fatto è stato fatto a loro nome, ma non a loro vantaggio. E questo non li farà sentire gentili verso quelli di noi che saranno anziani.
E vorrei che qualcuno si preoccupi di me quando sarò costretto a indossare il mio bavaglino a cena.
martedì 22 giugno 2021
Epidemie, Petrolio, Trappole per Topi, e Esplosioni Nucleari: L'universo funziona sempre nello stesso modo.
Potreste trovare sorprendente che i modelli epidemiologici condividono lo stesso nucleo di equazioni dei modelli che descrivono il ciclo di estrazione del petrolio. Ma è proprio così, e non è solo questione di petrolio: gli stessi modelli sono usati per descrivere reazioni chimiche, il sovrasfruttamenteo delle risorse naturali, l'industria della pesca, la diffusione di memi sul Web, e anche la reazione a catena nucleare che porta a esplosioni nucleari. È sempre la stessa idea: il sistema cresce rapidamente sfruttando una risorsa disponibile: petrolio, pesce, nuclei atomici, o persone da infettare. Poi, esaurita la risorsa, le cose si calmano. Alla fine, è forse il modo più tipico che l'universo utilizza per dissipare i potenziali energetici che ha a disposizione. Come sempre, l'entropia governa tutto!
Modellare questi fenomeni ha una storia che inizia con il modello sviluppato negli anni ' 20 da Vito Volterra e Alfred Lotka. Oggi, va sotto il nome di modello di "Lotka-Volterra" o, a volte, modello "predatore-preda". Questa origine non è normalmente riconosciuta da quelli che lavorano nel campo dell'epidemiologia, ma il "nocciolo" del modello è lo stesso: il virus è un predatore e noi siamo la preda. L'unica differenza è che un ciclo epidemico è così breve, tipicamente pochi mesi, che la preda, le persone, non si riproducono durante il ciclo. Quindi, se pensiamo che le compagnie petrolifere siano predatori e che i giacimenti petroliferi siano la preda, allora abbiamo di nuovo lo stesso modello. E possiamo anche vedere la reazione a catena che si svolge durante la fissione nucleare come generato da neutroni che agiscono come predatori e nuclei atomici che agiscono come preda. Nell'interpretazione mostrata nella clip sopra, le palline da ping-pong sono il predatore e le trappole per topi sono la preda.
Per descrivere il modello, concentriamoci sull'epidemiologia. Questi modelli sono spesso chiamati "SIR", con l'acronimo che viene dai termini in inglese "susceptible, infected, recovered". In Italiano, abbiamo "suscettibile, infetto, guarito." L'idea è che lo stock delle persone infette cresce proporzionalmente sia agli stock delle persone suscettibili, sia a quello degli infetti, è un ciclo di feedback. E' questo che genera la crescita attraverso un meccanismo che si chiama feedback, ovvero più il sistema cresce, più cresce rapidamente. Con il progredire dell'epidemia, ovviamente, il virus esaurirà le persone suscettibili, la crescita rallenterà e, alla fine, lo stock degli infetti inizierà a diminuire. Poi, l'epidemia sarà finita.
Quindi, vediamo cosa produce il modello nella sua versione più semplice. L'ho fatto usando il pacchetto Vensim (TM) di dinamica dei sistemi.
Nota come il numero di persone sensibili (curva blu) diminuisce gradualmente. Invece, il numero di casi per unità di tempo (curva verde) e le persone infette totali (curva rossa) mostrano un ciclo di crescita e declino. Infine, le persone guarite (curva grigia) crescono e poi si stabilizzano. (potrebbero anche morire, le equazioni non cambiano.)
Nel caso dell'epidemia di Covid, il mostriciattolo peduncoluto ci ha fatto impazzire non poco arrivando a ondate invece che in una sola curva. Ma se guardate le curve recenti, vedrete che le "curve a campana" sono quelle, anche se sono più d'una, principalmente come risultato di fattori stagionali e di varianti che si susseguono a ondate.
Confrontiamo con i modelli di estrazione di minerali: i nomi delle variabili cambiano, ma il modello è lo stesso
Sensibili - > Risorse Petrolifere
Tasso di infezione - > produzione di petrolio
Infetto -> Petrolio Estratto
Lo illustriamo con un caso molto evidente: quello della produzione di carbone in Inghilterra (figura di Ugo Bardi)
La curva è sempre la stessa, come vedete.
Si può fare la stessa cosa con altri fenomeni. Ad esempio, nel caso del "modello di trappola per topi" vista all'inizio di questo post, abbiamo
Sensibili -> palline intrappolate
Tasso di infezione -> numero di trappole che scattano per unità di tempo.
Infetto -> numero di palline in volo
Guariti -> palline a terra
Quello che vedete nella figura è un grafico fatto a partire dal filmato messo on line dal Dr. Little dell'Università di Berkeley.
E ritorniamo alla curva di Hubbert! La cosa curiosa è che sul web trovate decine di questi esperimenti con le trappole per topi e nessuno che abbia mai usato la teoria SIR o Lotka-Volterra per interpretarli.
Bene, insieme a Ilaria Perissi, la mia collaboratrice, ci stiamo lavorando sopra. Abbiamo un modello che dovrebbe descrivere i risultati dell'esperimento, quindi si tratta di provare.
Vedete Ilaria impegnata con le trappole per topi. Vi dirò che la cosa si è rivelata per niente facile: le maledette trappole tendono a scattare per conto loro. Per ora, siamo riusciti più che altro a farci male alle dita. Probabilmente non è così difficile come costruire una bomba atomica, ma un certo impegno lo richiede. Prima o poi, ci riusciremo.
E da quel punto in poi, si aprono infinite possibilità!
mercoledì 7 aprile 2021
Il Fattore Rt nella Pandemia: Serve Veramente a Qualcosa?
di Ugo Bardi,
In queste note, non intendo sostituirmi agli specialisti di epidemiologia, il mio scopo è più che altro divulgativo e cerca di fornire qualche dato e qualche informazione utile a tutti quanti in questa situazione, dove la pandemia è diventata più una questione politica che scientifica. Per cui, se dobbiamo prendere delle decisioni informate, bisogna avere gli strumenti per capire di cosa si parla -- cosa assai difficile nell'attuale cacofonia di dati e di ragionamenti. Qui, ho fatto del mio meglio per chiarire la faccenda del fattore Rt usando come esempio un'ipotetica epidemia, la "bluite", che vi fa diventare blu come i personaggi del film "Avatar".
Avrete notato come questo "fattore Rt" di cui si parla tanto a proposito della pandemia sia molto popolare fra i politici e i virologi
televisivi. E' un numeretto che sembra darci delle
informazioni utili in forma semplice e sappiamo tutti che i politici sono sempre alla ricerca di soluzioni
semplici per problemi complicati. Ed è anche sulla base del fattore Rt che si decide dei vari colori delle zone, rossa, arancione, rosa shocking o che altro.
Però, mi sa che nè i politici e neppure molti dei tele-virologi che imperversano sui media abbiano veramente capito cosa sia esattamente questo fattore Rt. In effetti, nel mondo reale, le cose non sono mai semplici. Come ha notato anche il professor Antonello Maruotti (1), ordinario di statistica alla Lumsa, l'uso del fattore Rt potrebbe fare più danni che altro. Maruotti non ha peli sulla lingua quando parla della "persistente cecità da parte dei decisori politici.”
Allora, cos’è esattamente questo fattore Rt? Come lo si
determina? Quanto ci possiamo fidare della sua accuratezza? Ed è veramente un
parametro sul quale vale la pena di basare tutta la politica delle restrizioni
che sta facendo il governo? Vediamo di capire come stanno le cose.
Si sente dire spesso che il fattore Rt è “il numero medio di persone
infettate da una persona già infetta in un certo intervallo di tempo.”
Se ci pensate sopra, qui c'è un grosso problema. Se prendiamo la definizione letteralmente, questo vuol dire che l'epidemia non può decrescere mai. Se c'è qualche persona infetta, infetterà sempre qualcun altro (meno che Rt non sia uguale a zero) e quindi ci sarà qualche infetto in più. La definizione non è sbagliata ma è incompleta. Bisogna tener conto anche delle persone che guariscono (o muoiono) nell'intervallo di tempo considerato.
La faccenda è resa più complessa dal fatto che in epidemiologia ci sono due termini simili, uno viene detto Ro e l'altro Rt (anche semplicemente “R”). Se volete farvi un idea della confusione che regna in questo campo, leggetevi l'articolo di Wikipedia su Ro. Tanto per capirsi, ci leggiamo che la definizione "non è universalmente condivisa" e che "L'incoerenza nel nome e nella definizione del parametro Ro è stata potenzialmente una causa di incomprensione del suo significato." e addirittura che "Il processo di definizione, calcolo, interpretazione e applicazione di R0 è tutt'altro che semplice. Sono state proposte numerose definizioni simili ma non identiche." Insomma, un bel pasticcio per non dire di peggio.
E questo vale per Ro. Ma allora cos'è Rt? Guardiamo di nuovo Wikipedia, e qui ti dicono che la definizione di Rt "è analoga a quella di Ro, con la differenza che Rt viene calcolato in un preciso momento" Insomma, ti definiscono una cosa sulla base di un'altra della quale ti dicono che è mal definita! Il pasticcio è totale.
Ora, capisco che quelli che sono specialisti in qualcosa tendano a tenere all'oscuro quelli che non lo sono. Ma qui si esagera. Comunque, lasciamo perdere e cerchiamo di districarsi fra le varie definizioni per capire come funziona la faccenda.
Ne tiriamo fuori le gambe quando scopriamo che Rt in epidemiologia è del tutto analogo a quello che in una popolazione biologica si chiama Il tasso netto di riproduzione, cioè il tasso di riproduzione al netto delle morti.
Questo è un concetto facilmente comprensibile: prendete una popolazione (diciamo, conigli). Si misura il numero dei coniglietti nati per ogni generazione e si fa il rapporto con i conigli mangiati nel frattempo dalle volpi. Il risultato è questo tasso netto di riproduzione: capite bene che se nascono più conigli di quanti ne vengono mangiati, deve essere Rt maggiore di 1. E' il contrario se Rt è minore di 1. Se Rt è uguale a 1, la popolazione è stabile.
Una popolazione di virus non è diversa da una popolazione di conigli in termini di riproduzione. I virus si moltiplicano quando qualcuno infetta qualcun altro, ma muoiono quando qualcuno guarisce. Messa in questi termini, le faccenda non è poi tanto complicata, almeno dal punto di vista concettuale. Basta guardare il valore di Rt per capire se l'epidemia è in crescita o in calo. Ma, come sempre, il diavolo sta nei dettagli e ci dobbiamo lavorare sopra un po' per capire come stanno le cose.
Si sa che le cose si capiscono sempre più facilmente se le esponiamo in termini di un esempio concreto. Nel seguito, vi propongo una
spiegazione basata su un’epidemia ipotetica, la "bluite", molto semplificata. Ci sono un po’
di numeri e di calcoli, ma se avete voglia di seguirli vi potranno servire per farvi un "modello mentale" di come funziona questo fattore Rt.
La “bluite”: un’epidemia semplificata
Immaginiamoci un’ipotetica malattia infettiva che si trasmette per contatto e che si chiama "bluite" perché vi fa diventare blu, portata sulla terra da uno degli alieni del film “Avatar”. Incidentalmente, esiste veramente una malattia che fa diventare blu: si chiama “argiria”. Viene se uno ingerisce dei sali di argento, c'è chi lo fa come terapia "alternativa" per certe malattie. E' una fesseria da non fare assolutamente perché uno si rovina la pelle in modo irreversibile, a meno che non vogliate trovarvi un lavoro come comparse sul set di un film di fantascienza.
Ma non entriamo in questo argomento: in ogni caso, l'argiria non è infettiva. Il punto è che la bluite di questo esempio (se esistesse) si può diagnosticare semplicemente guardando il colore della pelle di una persona. Supponiamo anche che la bluite sia una malattia al 100% benigna, ovvero non da sintomi spiacevoli e non ammazza nessuno. Quindi, nessuno prende precauzioni particolari per evitare di infettarsi. Supponiamo anche che chi l’ha avuta diventa immune per un tempo lungo in confronto alla durata dell'epidemia. Gli rimane la pelle di color grigio chiaro, ma a lungo andare anche quello passa.
Questo vuol dire che in qualsiasi momento nella popolazione ci sono persone con la pelle bianca, oppure blu, oppure grigia (siccome è un esempio del tutto ipotetico, per semplicità possiamo trascurare la presenza di persone di pelle scura nella popolazione). Queste tre categorie, bianco, blu, grigio, corrispondono alle tre categorie del modello epidemiologico chiamato SIR (suscettibili, infettivi, e rimossi), ma non entriamo in questo argomento.
Infine, ammettiamo che la bluite abbia un ciclo molto breve: in un giorno passa, la pelle non è più blu e questo vale per tutti. Andrebbe bene anche considerare un periodo diverso, per esempio una settimana, ma teniamo questa durata breve come esempio.
Cominciamo ammettendo di aver contato, un certo giorno, il numero di persone con la pelle
blu che passano per una certa strada, e ammettiamo anche che
questo sia un buon campione statistico. Diciamo che sono passate 1000 persone e
che 10 hanno la faccia blu. Questo vuol dire che il’1% della popolazione è infetto.
Se lo riportiamo alla popolazione in generale, supponiamo in Italia con 60
milioni di abitanti, possiamo estrapolare che in tutto il paese ci sono 600
mila persone con la bluite. La frazione di infetti nella popolazione, si chiama "prevalenza."
E fin qui va bene, ma questo non ci dice niente di come sta andando l’epidemia.
Per questo abbiamo bisogno di informazioni in funzione del tempo. Ammettiamo allora di rifare la stessa misura il giorno dopo. Troviamo che adesso ci sono
20 blu, sempre su 1000 persone. Chiaramente, l’epidemia si sta diffondendo. Il numero di nuove infezioni in un certo periodo si chiama "incidenza." In questo caso particolare, siccome facciamo una misura al giorno e l'infezione dura un giorno, l'incidenza è uguale alla prevalenza.
Possiamo misurare adesso il fattore Rt?
Certo. Ragioniamo sull'intervallo di un giorno. Abbiamo detto che Rt è il tasso netto di riproduzione della popolazione. Allora, abbiamo 20 nuovi infetti, ma 10 persone guarite. Ne consegue che Rt= 20/10 = 2. Facile, vero?
Si, facile, ma attenzione che spesso la faccenda viene capita male: Se in un giorno le persone infette sono raddoppiate, qualcuno si potrebbe aspettare che il loro numero continui a raddoppiare. Ovvero, 10, 20, 40, 80 … eccetera.
Questo è l’errore che fanno quelli che parlano di “crescita esponenziale” dell’epidemia; è un'approssimazione accettabile soltanto nei primissimi stadi della diffusione. Fate un po’ di conti e vedrete che se il numero di casi di bluite raddoppiasse tutti i giorni, in una settimana ci sarebbero più infetti che persone. Cosa leggermente improbabile, per non dire altro.
L'errore qui è confondere il tasso netto (Rt) con il tasso semplice di riproduzione. Quest'ultimo è la probabilità che ha un “blu” di infettare un “bianco” quando lo incontra. In generale non lo possiamo misurare direttamente, né per la bluite nè per epidemie reali. Lo possiamo solo stimare. Tanto per scegliere dei numeri, ammettiamo che in media ognuno nella popolazione incontri 4 persone ogni giorno a distanza abbastanza ravvicinata da poterli infettare. Siccome c’erano 10 blu all'inizio, e ne sono venuti fuori 20 nuovi, sembrerebbe di poter dire che la probabilità di infezione a distanza ravvicinata era il 50% per ogni incontro. Ma non è così.
Non tutte le persone che un blu incontra sono "bianche", ovvero “suscettibili,” ovvero infettabili. Sappiamo già che ci sono 10 blu nella popolazione e ammettiamo anche che ci siano 10 grigi (persone infettate in precedenza, adesso immuni). Ne consegue che solo il 98% delle persone sono infettabili. Quindi la probabilità per un blu di infettare un bianco (suscettibile) è 0.5/0.98= 51%. È una piccola differenza, ma è la chiave di tutta la faccenda.
Da questo, possiamo ora stimare il valore di Ro, quando il primo alieno blu dal pianeta Pandora è atterrato e ha cominciato a infettare i terrestri. Siccome il tasso di riproduzione è 0.51 (fisso), ne consegue che Ro = 0.51x4=2.4. Questo era il valore iniziale, quando l'epidemia era appena cominciata e il numero di infetti e di immuni era trascurabile.
Vediamo adesso di calcolare come andranno le cose nei giorni successivi a quello da cui siamo partiti. Con 20 persone infette, in un giorno costoro interagiranno ciascuna con 4 persone, un totale di 80 persone. Di queste, non tutte sono infettabili. La frazione degli infettabili è uguale a 1000 (numero totale di persone) – 20 (i blu del giorno) – 20 (i grigi dei giorni precedenti), ovvero 960/1000. Ne consegue che le 20 persone infette generano 20*0.51*4*.960/1000 = 39 nuovi infetti e non 40, come sarebbe stato il caso se il numero di infettabili fosse rimasto costante.
A questo punto, Rt si è ridotto a 39/20= 1.96
senza che sia cambiato niente nella probabilità che un blu passi l’infezione a
un suscettibile. Quello che cambia è la
probabilità che un blu incontri un suscettibile.
Da qui, potete divertirvi a fare un calcolo con un foglio excel,
ma l’ho fatto io per voi. Ecco qua i risultati, la curva rossa è un fitting con
una curva sigmoide asimmetrica:
Vedete la curva delle infezioni giornaliere (rossa) che ha la tipica forma “a campana” delle curve epidemiche. Notate che non abbiamo ipotizzato cure, distanziamenti, niente del genere. Le infezioni vanno a zero semplicemente perché col passare del tempo rimangono sempre meno persone da infettare. In questo particolare caso, il numero di persone che hanno contratto l’infezione si stabilizza a circa il 74% del totale alla fine del ciclo epidemico. Vedete come funziona la “immunità di gregge”? Oltre un quarto delle persone non si infettano, nonostante che nessuno prenda precauzioni di nessun genere. È una proprietà intrinseca della diffusione di un’epidemia.
Notate anche come la curva per Rt, invece, scende sempre, perlomeno in questo caso semplificato. Vedete che quando l’epidemia è al picco, Rt è uguale a uno. Alla fine si stabilizza intorno a 0,5. A seconda dei vari parametri, si può stabilizzare su valori diversi, ma sempre meno di 1.
Effetto delle restrizioni sulla bluite
Ora divertiamoci a usare questo modello per vedere gli effetti delle restrizioni. Dovrebbero servire a ridurre la probabilità che, quando un blu incontra un bianco, gli passi l'infezione. Questo si chiama alle volte "schiacciare la curva". Per prima cosa, rivediamo i risultati di prima, ottenuti senza assumere nessuna restrizione.
Adesso proviamo a ridurre del 25% la probabilità di infezione in qualche modo non specificato. Ecco i risultati
Vedete che la curva è in effetti schiacciata. Notate però anche che la durata dell'epidemia si allunga e Rt, al contrario di quello che uno si potrebbe aspettare, aumenta leggermente invece di diminuire. Per quanto riguarda il numero totale di infetti, le restrizioni li hanno ridotti dal 74% a della popolazione a circa il 58%. Infine, notate che questo è possibile solo se le restrizioni sono imposte fin dall'inizio e mantenute tutto il ciclo epidemico. Se assumiamo che l'effetto delle restrizioni sia ancora maggiore, per esempio al 50%, possiamo schiacciare anche di più la curva e ridurre i casi a circa il 15% della popolazione. Riducendo ancora la probabilità di infezione, l'epidemia non si sviluppa proprio.
Proviamo ora a vedere cosa succede se, invece, le restrizioni si fanno su una "finestra" temporale limitata. Si suppone che le restrizioni con effetto del 25% di riduzione siano iniziate al terzo giorno e si riapre al nono giorno.
Notate che la curva dei contagi mantiene più o meno la forma "a campana," anche se un po' distorto. Invece, il fattore Rt mostra delle discontinuità abbastanza nette. Notate anche che l'infezione dura più a lungo. Abbiamo ridotto l'intensità dell'epidemia in cambio di una sua maggior durata. In queste assunzioni, il numero totale dei casi è intermedio rispetto ai due esempi precedenti: il numero di persone infettate si attesta sul 67%.
Uno si può divertire cambiando i parametri, ma i risultati si possono riassumere come segue.
1. Le restrizioni hanno l'effetto previsto: ovvero schiacciano la curva.
2. Portare la curva a "contagi zero" è quasi impossibile e richiede che le restrizioni siano mantenute per tempi molto lunghi.
3. L'effetto delle restrizioni si vede come una discontinuità nella curva del fattore Rt meglio che nella curva dei contagi.
Il mondo reale
Tutto questo vale per un’epidemia ipotetica che abbiamo chiamato bluite e per un modello semplificato.
Nel caso di un’epidemia reale, la situazione è più
complessa, ma i risultati non sono molto diversi. La previsione di base del modello, quella della forma "a campana" della curva dei contagi, è confermata dai dati del mondo reale. Nella figura, vediamo un esempio, una recente epidemia di colera a Kinshasa, in Congo (https://www.who.int/csr/don/02-march-2018-cholera-drc/en/)
In questo, come in molti altri casi reali, vediamo bene la curva "a campana," simile a quella del modello. Notate come, in questo come molti altri esempi, il numero dei casi non va mai veramente a zero, al contrario di quello che il modello prevede. L'epidemia si "endemizza", pronta a ritornare in scena quando troverà condizioni favorevoli per ricominciare.
Cosa possiamo dire a proposito di Rt nel mondo reale? Qui, il calcolo è molto più complesso che per l'ipotetica bluite. L’infezione non ha una durata fissa ed è anche possibile re-infettarsi. Poi ci sono le varie incertezze nella determinazione dei contagi, come pure i ritardi con la disponibilità dei dati. Per non parlare poi dei vari effetti delle varianti, delle restrizioni, e dei vaccini. Il risultato è che calcolare Rt è una cosa complessa che possono fare solo gli specialisti.
L’articolo
che è un po’ la “Bibbia” di queste cose è questo documento della Royal Society
(86 pagine di formule varie) (1). Se poi volete solo vedere i risultati, potete
trovarli nel sito di Maurizio Rainisio “La Peste” (2). Contentiamoci di sapere che il fattore Rt si
può calcolare per l’epidemia di Covid, sia pure con metodi complessi e con alcune incertezze. Con questi metodi, la previsione di base, ovvero che Rt debba scendere nel tempo durante ogni ciclo epidemico, è verificata in generale, ma è anche vero che molte epidemie hanno più cicli, per cui il fattore Rt può anche risalire.
Qui, vedere un effetto delle varie zone rosse, arancioni, gialle, eccetera è molto difficile. Per esempio, Rt ha mostrato un aumento piuttosto ripido all'inizio di Febbraio, mentre ha cominciato a scendere a partire dal 20 febbraio circa. C'è una correlazione con qualche fenomeno specifico che abbia a che vedere con le restrizioni? Mah? Forse c'è, ma è certamente debole.
Conclusione: Rt serve a qualcosa?
L'utilità di qualcosa dipende sempre dal contesto. Per esempio, un bel fucile mitragliatore può essere molto utile in certe circostanze, ma è una pessima idea se è in mano a un Talebano, specialmente se c'è un negozio di televisori nelle vicinanze. Questo vale anche per i modelli statistici se finiscono in mano a persone che non li capiscono.
Così, in primo luogo, il calcolo del fattore Rt non vi dà, e non vi potrebbe mai dare, nessuna informazione in più rispetto a quella che è già presente nella curva dell'andamento dell'epidemia. Abbiamo visto che le curve epidemiche tendono ad avere una forma "a campana" per cui si può capire qualitativamente se l'epidemia cresce o cala anche semplicemente dalla forma della curva.
C’è poi il problema che il valore di Rt ci può dire se l’epidemia cresce o declina, ma niente sul numero di persone infette. Chiaramente, c’è una bella differenza se abbiamo 100 persone infette su 1000 o se ne abbiamo soltanto una o due, ma il valore di Rt potrebbe essere lo stesso. E questo non è un dettaglio: a seconda del valore assoluto dei contagi, gli ospedali potrebbero rischiare oppure no di andare in saturazione. Ma il fattore Rt, da solo, non ci dice niente su questo punto.
Soprattutto, quando gli infetti sono pochi cambia l’importanza degli inevitabili errori di misura e delle approssimazioni (3). Se avete 100 casi su 1000, un errore di qualche unità fa poco effetto: che siano 101 o 99 non cambia nulla. Ma se un giorno avete due casi, mentre il giorno prima ne avevate uno, vi può sembrare che Rt sia molto alto e che sia il caso di lanciare l’allarme. Chiaramente, il sensazionalismo dei media, con queste cose ci va a nozze e rilancia per raccogliere quanti più click possibile. E così vi potreste ritrovare a chiudere un intero paese per colpa di una fluttuazione statistica.
Ma il problema più grosso è proprio nel concetto. Come dicevo prima,
molta gente non ha capito come funziona un meccanismo epidemico e crede
veramente che un’epidemia cresca in modo esponenziale finché non si sono
infettati tutti. E, di conseguenza, sono convinti che se vediamo che la curva
dei contagi cala, questo è merito solo e soltanto delle misure di contenimento: restrizioni oppure vaccini. Lo trovate scritto esplicitamente, certe volte: "il fattore Rt misura l'effetto delle misure di contenimento". Ma non è assolutamente così!
Attenzione, non è che uno non debba fare niente per rallentare un'epidemia in corso! I vaccini,
per esempio, forzano il raggiungimento dell’immunità nei singoli e fanno sì che
l’immunità di gregge sia raggiunta più rapidamente. Ma se vedete che l'epidemia cala o sale, non lo dovete necessariamente mettere in relazione soltanto alle restrizioni o ai vaccini. L'epidemia ha un suo ciclo, lo potete rallentare, ma ne dovete tener conto.
Sfortunatamente, da un pezzo il dibattito si è bloccato sulla conclusione che la sola cosa (a parte i vaccini) che può fermare l’epidemia sono le restrizioni. E le restrizioni hanno un costo enorme non solo sull’economia ma anche sulla salute dei cittadini. Ma finché non ci ragioniamo sopra continueremo a insistere su delle misure che potrebbero essere esagerate e non giustificate in confronto ai costi.
In sostanza, il problema è che molte persone, anche fra i decisori politici, non sanno leggere un grafico cartesiano e non hanno la minima idea di come funziona un ciclo epidemico. Per cui, tendono ad affidarsi a un singolo numero magico, "Rt" per semplificare. Ma la situazione non si presta a semplificazioni estreme e, come sempre, l'ignoranza paga solo dividendi negativi.
1. https://www.romatoday.it/attualita/coronavirus-professore-lumsa-sbagliate-decisioni-su-rt.html
2. https://www.facebook.com/La-Peste-111172767208456
3. http://www.radiocora.it/post?pst=39381&cat=news