venerdì 7 gennaio 2022

Pensieri Eretici

 


Tutte le teorie filosofiche e le visioni del mondo dei maggiori pensatori, pur nella diversità delle opinioni o, addirittura, nella loro acerrima rivalità, hanno sempre sottinteso una base comune di ragionamento, partendo dalla quale è possibile discutere, al di fuori della quale vi è solo ostracismo ed eresia.

La base comune consiste nel riconoscimento della superiorità dell’essere umano su ogni altra forma di vita e, di conseguenza, della liceità dello sfruttamento artificioso della natura, sia animata che inanimata.

Se vi sono state, e sicuramente sono esistite, culture diverse, queste sono state distrutte, annientate, annichilite. Non solo ostracismo, ma anche eresia, e quindi rogo.

L’avanzare dei tempi spinge sempre più a riconsiderare questi dogmi antichi e tutt’ora dominanti.
Sta per concludersi l’era della fiducia illimitata nel progresso tecno-scientifico-economico. Lentamente inizia a farsi strada la diffidenza, il dubbio, la perplessità.

Questo nuovo modo di pensare è indotto dai molteplici danni inferti alla natura dalla civiltà dominante, quella che Servier chiamava civiltà bianca occidentale, ma che ora mi pare più appropriato definire civiltà umana tout court.

La sovrappopolazione, origine di tutti i problemi, e tutte le sue conseguenze, dal riscaldamento globale alla deforestazione, dall’inquinamento alla desertificazione, dall’innalzamento dei mari alla scomparsa della biodiversità ecc. ecc. spingono sempre più persone a ripensare il senso del progresso materiale. Non più positivo, ma, nella migliore delle ipotesi, rischioso, nella più realistica deleterio.

In questo mutamento sempre più diffuso delle opinioni si inserisce la mia attività speculativa con la nascita e la diffusione del Cancrismo, ovvero della teoria secondo cui Homo sapiens, una volta acquisita la capacità di intervenire e di modificare (a proprio vantaggio) il corso degli eventi naturali, si è trasformato in cellula tumorale maligna dell’organismo planetario rappresentato dal fenomeno vita sulla Terra.

Questa teoria è esposta compiutamente nei libri da me finora pubblicati, e cioè Il Cancro del Pianeta, Il Cancro del Pianeta Consapevole, L’Impero del Cancro del Pianeta e Rivelazione – Discorso alle cellule malate.

Per presentare questi libri e per affrontare risvolti particolari della teoria, non sviluppati a sufficienza nei predetti testi, tra il 2018 e il 2021 ho scritto circa un’ottantina di articoli, in genere per blog e siti on line, ma anche per riviste cartacee.

Tutta questa mole di lavoro, magari disomogenea e affastellata, ma comprendente importanti puntualizzazioni della teoria, non meritava di finire nel dimenticatoio, nel grande pozzo nero in cui svaniscono tutti i post e gli articoli di Facebook, Twitter e dei vari blog.

Ho perciò pensato di raccoglierla in unico volume al quale ho dato il titolo di Pensieri eretici – Saggi brevi contro l’ortodossia progressista. Il termine eretici, con la spiegazione che l’ortodossia cui si contrappongono è il progressismo imperante, definisce bene, io credo, quale sia lo scopo del mio lavoro, e cioè aprire gli occhi anche dei più riluttanti sulla reale natura dell’essere umano.
Eretici furono Copernico, Galileo, Giordano Bruno e Darwin. Ognuno di loro sfatò leggende che erano ritenuti veri e propri dogmi dall’intera unamità.

Ma l’ultimo dogma, quello della giusta superiorità della razza umana, è ancora in piedi e attende di essere abbattuto. È un colosso, ma ha i piedi di argilla. I disastri causati da tale superiorità faranno ben presto crollare a terra l’intera impalcatura ideologica che sottende.

Il Cancrismo ha la funzione di accelerare questo processo dissacratorio, e pertanto oggi è eretico, ma, in prospettiva, diverrà la nuova ortodossia di un’umanità liberata dall’iperuranio e dall’immortalità dell’anima.
 
Siamo animali con un organo, il cervello, iper-sviluppato, modificatosi geneticamente in funzione mortifera, distruttiva.

Non possiamo regredire. Ma possiamo prendere coscienza di questa triste realtà e adoperarci per mitigarne le conseguenze.

Questa è la funzione dei miei pensieri eretici. Ogni breve saggio individua e colpisce certezze che hanno contribuito a edificare la globalizzazione nella quale siamo immersi e che sta conducendo il mondo all’eco-catastrofe.

Il miglior modo per far comprendere tale realtà credo che sia riportare in appresso i titoli degli ottanta “pensieri”, lasciando alle persone di buona volomtà di approfondire la questione leggendo i testi completi nel libro che offro alla vostra attenzione:


Prefazione
Il Cancro del Pianeta
Ascetica orientale e occidentale
Per una nuova rivoluzione culturale
L’età di mezzo tra tensioni contrapposte
La de-differenziazione ovvero l’omologazione globale delle cellule
La scoperta del nuovo mondo e il mito del buon selvaggio
E se tutti gli edifici della Terra fossero monopiano?
Di troppa intelligenza … si muore
I vicoli ciechi dell’evoluzione
Il Cancrismo come superamento dell’Ecologia profonda
La nostra intelligenza tra microcosmo e macrocosmo
Cancrismo e limiti dell’intelligenza
Il Cancro del Pianeta Consapevole
Specie maligna
Come funziona il nostro cervello?
Angeli o demoni?
Il software può modificare l’hardware?
Quando diventammo umani?
Un rimedio biochimico per la schizo-fisiologia del cervello umano?
Un monumento enigmatico
Figli delle stelle?
Carne o non carne? Siamo animali vegetariani o onnivori?
Verso cervelli più potenti e con più memoria?
Dopo il secolo dei lumi in Europa irrompe il Romanticismo
La distruzione della Natura nell’antichità
È meglio essere nati o sarebbe stato meglio non essere mai nati?
Verso una rete sinaptica mondiale
Il vero responsabile
Il caso e la colpa
Verso le macchine pensanti?
La mescolanza artificiale delle specie
Stop alla Formula 1
Lettera aperta ai giovani che lottano per la salvezza della biosfera
Il Luddismo. Gli artigiani inglesi contro la Rivoluzione industriale
Il green-business che ci aspetta
Riflessioni sul Cancrismo
Il dilemma ostetrico
Anche nel nuovo mondo c’è chi rimpiange la Natura selvaggia
Aurelio Peccei precursore del Cancrismo?
Kierkegaard, Dostoevskij e Nietzsche nell’analisi di Lev Šestov
Il cane, il gatto e io
Il potere della parola
Cancrismo e pandemia
La rete che ci sta per avvolgere
Antivaccinismo e dintorni
Per una rilettura dell’antispecismo
La torre più alta
Il punto di vista di Unicredit
Sul piacere di rileggersi
L’Impero del Cancro del Pianeta
La retorica del lavoro
Cancrismo e libero arbitrìo
Basta scienza!
Gli Amish, il “popolo semplice” che rifiuta il progresso
Liti … eccellenti
L’adattabilità del genere umano
Siamo virus o cellule cancerogene?
La ripugnanza del sesso
Perché no all’estinzionismo
Il Cancrismo e l’amore per la vita
Cosa è “contro natura”
“Sapere di non sapere” o “sapere di non poter sapere”?
Istinto di conservazione e volontà di potenza
Il vegetariano seminudo
Apologia dell’apofatismo
Spunti per una nuova rivoluzione culturale
Una, nessuna o centomila?
Contra philosophos
Cervello e dintorni. A che punto sono gli studi?
Il blog de Il Cancro del Pianeta
La bellezza salverà il mondo
Un pittore cancrista: Mario Giammarinaro
Come convincere chi non vuole essere convinto
Omaggio a Sergio Orlando, poeta del sublime
Una via senza ritorno
De Rerum Natura
P.I. Punteggio Individuale
Jean Servier precursore del Cancrismo?
Rivelazione – Discorso alle cellule malate
Postfazione



sabato 1 gennaio 2022

Le Bufale portano una bandiera con sopra scritto "Bufala." Come evitare di essere imbrogliati

 


Post di Capodanno 2022: nell'anno che viene, continueremo a farci imbrogliare così facilmente come negli ultimi anni? Il primo passo per evitarlo è capire i meccanismi con cui ci imbrogliano. Qui, vi racconto una storia in proposito. Nell'immagine una bufala finanziaria di qualche anno fa. Peccato che il filmato di cui parlo sia sparito dal Web, era un piccolo capolavoro dell'arte dell'imbroglio. (update, il filmato si trova ancora a https://www.youtube.com/watch?v=oFh_GSbLv-4). Guardatelo perché è stupendo!


Quando vi scrive uno che si qualifica come un principe Nigeriano e vi chiede soldi per recuperare 50 milioni di Euro bloccati in una banca svizzera, non ci state a pensare troppo sopra prima di cliccare sul tasto "elimina." Ci possiamo anche domandare come sia possibile che qualcuno caschi in un imbroglio tanto ovvio. Eppure, qualcuno ci deve cascare per davvero, altrimenti gli imbrogli alla nigeriana non esisterebbero, e nemmeno tanti altri imbrogli solo un tantino più sofisticati. (nota: il termine "imbroglio alla nigeriana" è una definizione comune di un certo tipo di imbroglio. Non va inteso come un insulto nei riguardi dei nigeriani che, per quanto mi risulta, sono bravissime persone)  

Questa faccenda apre una finestra su una caratteristica della mente umana che tendiamo a ignorare. E' parte di un conflitto tra bugia e verità che probabilmente continua fin dai nostri antenati del paleolitico. Imbrogliare il tuo prossimo può dare dei grandi benefici, ma è anche pericoloso. Il tuo prossimo si può imbufalire non poco quando scopre il trucco e rincorrerti con la sua ascia di pietra. 

Per questa ragione esistono strategie e contro-strategie della bufala. La principale è quella di dire subito che la bufala è una bufala (le bufale portano la bandiera)

La caratteristica degli imbroglio alla nigeriana è proprio questa: sono imbrogli così ovvi che se uno ci casca poi non può che maledire se stesso. E prima di arrivare a maledire se stesso, cercherà ogni scusa ragionevole e irragionevole per auto-convincersi che quello che gli ha portato via i soldi è veramente un principe nigeriano con un conto in banca in Svizzera. 

Il meccanismo funziona sempre allo stesso modo, anche se non sempre in modo così evidente. Ve lo spiego con un esempio di qualche anno fa, di cui ho parlato in un post su Cassandra's Legacy. Era a proposito di un clip pubblicitario per un sito finanziario dove, subito al primo minuto, compare un signore con l'aria molto sicura di sè che dice "Sono Michael Crawford, avrete sicuramente letto di me su Forbes." (il filmato è nel frattempo sparito dal Web, ma lo potete trovare menzionato anche, per esempio, a questo link.)

Ti bastano 30 secondi per verificare che non esiste nessun Michael Crawford che sia mai stato menzionato su Forbes. Non è un'ingenuità da parte dell'imbroglione: è una scelta precisa per selezionare gli ingenui. 

Una volta selezionato il target, gli puoi raccontare più o meno quello che vuoi. Qui, il protagonista, il cosiddetto Michal Crawford, ripete molte volte -- in modo quasi ossessionante -- che quello che sta facendo non lo fa per profitto. Lo fa per amore dell'umanità, per il puro piacere di aiutare la gente. Anche questa è una tecnica per selezionare gli ingenui. Se credono veramente che un'ipotetico genio della finanza si rivolga a loro soltanto per aiutarli, sono facilmente influenzabili e imbrogliabili. 

Questa tecnica cerca di sviluppare fiducia negli interlocutori. E' impressionante come la si possa ottenere ripetendo esplicitamente "datemi fiducia, me la merito." E' una delle tecniche più note e più efficaci della propaganda. Ripetendo un concetto molte volte, finisce per diventare familiare, e quindi vero. 

Ora, è noto che la verità è sempre basata sulla fiducia, ma la fiducia può essere -- e spesso è -- mal riposta. Lo vedete nel filmato di cui stiamo parlando, ma è normale. 

La cosa interessante della faccenda è che l'abuso della fiducia segue certe regole. Una di quelle di base è di raccontare balle talmente assurde da essere immediatamente smontabili. Facendo così, chi si impegna nella bufala ottiene più di un vantaggio. In primo luogo, seleziona quelli che sono abbastanza ingenui da cascarci. In secondo luogo, quelli che ci cascano si trovano invischiati in un meccanismo in cui ammettere di essere stati imbrogliati vorrebbe dire ammettere la propria ingenuità. Così, finiscono per auto-imbrogliarsi.

A questo punto avete capito come funzionano questi trucchi. Ma la cosa importante è capire quanto è comune e diffuso e lo usano tutti, in particolare i governi. Ti chiedono fiducia per fare qualcosa che vi dicono che stanno facendo soltanto per farvi un piacere. Non vi sto a dire esplicitamente a cosa mi riferisco, ma vi sarete sicuramente accorti del trucco che vi hanno giocato negli ultimi tempi. La grande maggioranza di noi ci sono cascati perché ci è stato proposto da persone che sembravano rispettabili e sembrava sapessero cosa dicevano. Dopo esserci cascati, ovviamente, nessuno vuole ammettere di essere stato imbrogliato. 

Questo è il post di Capodanno del 2022. Sarà un anno difficile, ma cerchiamo perlomeno di non farci imbrogliare così facilmente come è successo negli anni scorsi. E buon anno a tutti!




martedì 28 dicembre 2021

Contadini: stritolati da media, finanza e industria.

 Di Silvano Molfese

 

La centrale termoelettrica a biomasse di Laino (CS), nel 2016 ha ricevuto 39 milioni di incentivi pubblici per bruciare 340 mila tonnellate di alberi. (1) 

 In Italia da molti anni in qua sui media, quando si parla di agricoltura, ci si riferisce frequentemente a qualche prodotto di nicchia impreziosito magari da una confezione infiocchettata, per aumentarne il prezzo: per contadini e agricoltori che annaspano con i ricavi, è diventato quasi l’unico modo per ripagare il proprio lavoro e gli altri costi di produzione.

In questo contesto culturale c’è chi confonde l’agricoltura con l’industria come capitò a chi scrisse “L’agricoltura inquina più delle automobili” (https://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2016/01/08/news/l-agricoltura-inquina-piu-delle-automobili-1.12745660) quando in realtà si trattava di centrali termoelettriche a legna (biomasse) che trasformano l’energia chimica del legno in energia elettrica: tali centrali fanno parte a tutti gli effetti del settore industriale.

Scrivere che bruciare legna per ottenere energia elettrica è agricoltura, è come dire che fabbricare guanti in cuoio è attività zootecnica. Con ciò non si vuole escludere che l’agricoltura possa inquinare.  (*)

Vediamo come influisce l’industria finanziaria sull’agricoltura. Nel documentario "I signori dell'acqua", trasmesso su Rai 2 (il 2 ottobre 2020, ore 22,55), si mettono in evidenza i danni che il mondo della finanza ha arrecato al settore primario: un esempio ci viene dall’Australia dove, in seguito alle speculazioni di borsa “migliaia di agricoltori e allevatori sono finiti sul lastrico: l’acqua si compra, per quote, con una valutazione di 500 dollari per megalitro (un milione di litri d’acqua). Come viene spiegato non si compra o si vende acqua materiale, ma il diritto a prelevarla e utilizzarla. In un paese che sta soffrendo una siccità mai conosciuta prima a causa del cambiamento climatico.” (https://www.watergrabbing.com/i-signori-dellacqua/)

Nel XX secolo anche in agricoltura è stata impiegata diffusamente la meccanizzazione per ridurre i tempi di lavoro: se per coltivare un ettaro di grano agli inizi del ‘900 erano necessarie circa mille ore di lavoro all’anno, attualmente si impiegano circa venti ore soltanto!

Nello stesso periodo si è fatto largo uso di concimi di sintesi e di pesticidi pensando di aumentare le rese e senza considerare i deleteri effetti sulla biosfera.

La grande industria, nonostante tutti gli forzi di adattamento sostenuti dagli agricoltori, esercita una concorrenza spietata e altre forme di pressione, nei confronti dei prodotti agricoli.

Queste grandi imprese cercano di proteggere i loro affari con attività lobbistiche condizionando le scelte governative: negli USA per esempio, durante l’111° Congresso, l’industria dei combustibili fossili spese ben 347 milioni di dollari per attività lobbistiche e contributi alla campagna elettorale a fronte dei quali il governo stanziò circa 20,5 miliardi di dollari per sovvenzionare questo comparto industriale. (2)

Fino ad alcuni decenni fa il vestiario era fatto a partire da fibre naturali (come cotone, lana, lino, ecc.) che sono state largamente sostituite con fibre sintetiche derivate da petrolio.

Sicché nella biosfera si trovano microplastiche in quantità sempre maggiori che risultano molto dannose per i viventi uomo incluso.

Purtroppo oltre al costoso danno ambientale per tutti, c’è la beffa per gli allevatori: mentre una volta la lana era molto apprezzata (un kg di lana valeva quanto un kg di olio) ora, in base alle leggi vigenti, è considerata rifiuto speciale.

Paradossalmente la lana, che da tempo immemore fa parte del ciclo della biosfera, è considerata da qualche anno pericolosa per la biosfera stessa!

Per farla breve gli allevatori annualmente per tosare una pecora perdono 2,25 € per la tosa. Se la lana avesse mantenuto il valore di tanti decenni fa, l’allevatore avrebbe avuto un incasso netto equivalente ad almeno 10 € a capo (**)

Le industrie petrol-chimiche hanno immesso cosi tanta plastica nella biosfera che non solo vestiamo ma respiriamo, mangiamo e beviamo plastica.

Un altro aspetto che ha influito sull’industrializzazione agricola, dopo la II guerra mondiale, è legato alla conversione di diversi comparti dell’industria bellica ad usi civili. Un esempio è il nitrato di ammonio, usato come esplosivo, che è stato largamente utilizzato in agricoltura a partire dall’ultimo dopoguerra: i milioni e milioni di quintali sparsi sui suoli agricoli di tutto il mondo negli ultimi cinquanta anni, hanno indotto eutrofizzazione, alterazione del ciclo dell’azoto e spreco di energia. Quando è noto che l’inserimento delle leguminose nella rotazione agraria e le letamazioni, sono più che sufficienti a ripristinare i livelli di azoto nel terreno coltivato.  (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/05/02/molecole-a-due-facce/)

(L’ultimo gravissimo incidente con il nitrato di ammonio si è verificato il 4 agosto 2020 nel porto di Beirut.)

 Una volta l’Italia, per il suo variegato paesaggio agrario, era considerata il giardino d’Europa: con la meccanizzazione gran parte dell’ambiente rurale è stato stravolto. Inoltre il passaggio dall’agricoltura all’industria agricola ha comportato l’espulsione dal mondo rurale di milioni di contadini in pochi decenni e la perdita di saperi, cultivar e numerose razze di animali domestici.

 

Note

(*) - Inquinamento: alterazione in senso sfavorevole dei caratteri fisici, chimici o

        biologici dell’ambiente naturale, causata dalle attività umane. (dal Dizionario

        enciclopedico dei termini scientifici - BUR Dizionari Rizzoli, 1990)

 

(**) – La lana prodotta annualmente da una pecora varia da un paio di kg fino a 8 – 10 kg ed anche di più: ho considerato una media di 5 kg di lana ed il costo della tosa pari a 2,5 € per capo; l’azienda che smaltisce la lana paga all’allevatore 0,05 € per ogni kg di lana conferito (questi dati in base a quanto riferitomi da un allevatore); ho considerato 2,5 €/kg il prezzo al produttore dell’ olio vergine di oliva.

 

(1) - Laghi F. - intervento al webinar “Biomasse forestali ad uso energetico: impatto su clima ambiente e salute.” del 25 marzo 2021 dal 29° al 47° minuto  (https://www.facebook.com/gufitalia/videos/524323588552842/)

 

 (2) - Musolino E., Auth K. 2014 – Governance climatica e maledizione delle risorse.

State of the world 2014,  Edizioni ambiente, 205-213

sabato 18 dicembre 2021

Scienza, boschi, orsi e nuvole

Miguel Martinez racconta l'incontro di qualche giorno fa a Firenze con la scienziata Russa Anastasiya Makarieva. Dal blog "Kelebek".

di Miguel Martinez


Ieri sera al tramonto, un gran freddo, le nuvole rosse scure a ovest. E la luna mezza, sopra i cipressi neri a destra, che si stagliano contro il fuoco del sole morente.

Sotto Bellosguardo, quel muretto silenzioso dove a volte cammina un gatto nero, e a sinistra puoi vedere la neve sui monti, e sotto la città con sopra la vecchia nemica, Fiesole…

Saliamo verso Martignolle, e Marco mi recita i versi del poeta folle, Dino Campana:

Al giardino spettrale al lauro muto

De le verdi ghirlande

A la terra autunnale

Un ultimo saluto!

Camminando tra i muri silenziosi che nascondono i segreti di una città occulta, arriviamo alla villa dell’antica famiglia.

Da un capo della grande sala, ci guarda Abramo in un quadro settecentesco, mentre si appresta a sacrificare Isacco; dall’altro capo, ci guarda in ritratto l’avo della famiglia, e ha la stessa barba e lo stesso sguardo (e fede) di Abramo. E tra i due, la menoràsulla credenza di legno che porta incisa la data MDCXXXVII.

Ci siamo riuniti per ascoltare Anastasija Makarieva, capelli neri, occhi azzurri a mandorla e zigomi alti, dell’Istituto di Fisica Nucleare di San Pietroburgo. Un ente erede di quell’altra metà del mondo, che non solo riusciva a costruire dal nulla bombe atomiche sovietiche, ma esplorava mondi sconosciuti agli occidentali.

Anastasija (con l’accento sulla “i”) non si occupa affatto di bombe atomiche, ma di boschi.

Tutti abbiamo sentito parlare dei boschi dell’Amazzonia, ma non si parla mai di quelli forse ancora più grandi che vanno dal Baltico al Pacifico.

Ora, da laureato in lingue orientali che fa fatica a distinguere un frassino da un olmo, che non ha preso appunti, e va a memoria, provo a raccontarvi, eventuali scemenze sono solo mie…

Si dice che stiamo vivendo un’immensa crisi ambientale, legata alle emissioni di CO2 con relativo riscaldamento globale; e che bisogna ridurre quindi tali emissioni.

Che ha però un sottinteso enorme: se il problema è troppo CO2, riduciamo il CO2 anche al costo di una strage, fine del problema. La guerra contro il cambiamento climatico è tutto lì.

Gli scienziati di San Pietroburgo non negano affatto la questione delle emissioni, ma dicono che c’è un altro fattore, che forse è anche più importante, che ci sta portando verso la catastrofe climatica.

Se esiste la vita, esiste perché esiste la biosfera; e la biosfera è intimamente legata a qualcosa che i russi chiamano la pompa biotica.

Gli alberi sono macchine in apparenza straordinariamente incompetenti: disperdono il 90% (cito a memoria) dell’acqua che assorbono nell’atmosfera.

Ma gli alberi della costa colgono la poca acqua che il mare manda sulla terra; solo loro, grazie all’evapotraspirazione, riescono a far salire ciò che per sua natura scende. Emettendo non solo acqua, ma anche altre sostanze che permettono all’acqua di condensarsi, formano le nuvole, e attraverso vari meccanismi molto complessi – che si affiancano a quelli noti alla meteorologia – creano i venti, che portano l’umidità all’interno.

E permettono quindi la vita nei continenti, e generano i fiumi.

Quindi, la vita sulla terra dipende dal mondo dei boschi.

Ma non basta piantare milioni di alberi a caso, come vorrebbero fare i tecnoverdi.

Anastasija ci racconta degli abeti, piantati in massa all’inizio del Novecento, in Boemia, che oggi sono stati infestati e distrutti in poco tempo dai parassiti, perché non esiste alcuna varietà; del problema degli alberi coevi – la pompa biotica funziona davvero solo quando c’è l’insieme di alberi di tante generazioni, con tutto l’ecosistema circostante.

E un artista americano che ci ascolta racconta di un suo amico, che per ricreare un bosco, prese con grande lentezza l’humus di un bosco ancora intatto, con tutta la sua varietà.

Siberia e Amazzonia sono i due poli forestali del mondo, nella loro immensa diversità.

Ma per qualche motivo, la Siberia che stanno svendendo alle multinazionali dell’industria del legname, non sembra interessare a nessuno.

“Sono stata solo due volte in Siberia”,

ammette Anastasija.

“Ma ogni anno io e il mio compagno ci accampiamo in una tenda, sulla costa del Mare Bianco.

Una volta abbiamo visto un orso. Da molto lontano… allora ci siamo avvicinati.

Ce lo siamo trovati davanti, e allora ho sentito dentro di me, quello che l’orso pensava dentro la sua testa: era arrivata la fine!

Ha guardato un’ultima volta il mare, poi si è girato, cercando di far vedere il meno che potesse del suo profilo. E poi improvvisamente, ha raccolto tutte le sue forze, ed è scappato nel bosco!”

E ci regala la foto del gufo, visto su un albero molto, molto a nord, con cui apriamo questa storia.


domenica 12 dicembre 2021

Ma che cosa significa per la scienza avere a che fare con i "sistemi complessi" ?


Una "stick bomb" fatta con degli stecchetti tipo quelli del gelato. Questo arnese ha un comportamento non lineare, tipico dei sistemi complessi. Dimostra che un sistema non deve necessariamente essere complicato per essere complesso. (UB)


di Fabio Vomiero

Che si stesse vivendo un periodo di grande fermento e fecondità nell'ambito di tutta quella ricerca scientifica che si occupa principalmente dello studio della cosiddetta "complessità", era cosa abbastanza nota ed evidente già da tempo, tanto che il Nobel per la fisica assegnato a Giorgio Parisi per i suoi studi sui vetri di spin e su altri sistemi complessi e agli altri due fisici dell'atmosfera per le loro ricerche sulla modellistica del clima, non costituisce affatto una sorpresa.

E' oramai da qualche decina d'anni, infatti, che anche la scienza, così come tutte le attività umane, si è venuta a trovare nel mezzo di un rapido processo di evoluzione e di maturazione che l'ha portata ad essere oggi un qualcosa di molto diverso da quello che era soltanto qualche anno o secolo fa, avendo spostato gradualmente il proprio interesse dallo studio dei sistemi fisici classici (meccanica, termodinamica, elettromagnetismo) allo studio dei sistemi appunto complessi che riguardano più concretamente la vita di tutti i giorni, ecosistemi, sistemi biologici, sociali ed economici, clima, per esempio. Vi è pertanto la fondata sensazione che lo studio della complessità abbia inaugurato veramente una sorta di nuova stagione scientifica dopo quelle della fisica relativistica e quantistica, e che di conseguenza le tre principali assunzioni tipiche della fisica classica, riduzionismo, determinismo e reversibilità siano venute definitivamente meno.

Ma che cosa si intende, allora, quando in ambiente scientifico si parla di complessità e di sistemi complessi.

Naturalmente, come spesso accade anche nel caso di molti altri concetti particolarmente difficili da esplicare, come per esempio quelli di vita, evoluzione biologica o coscienza, non esistono mai delle definizioni univoche, si tratta pertanto di riuscire a fornire eventualmente dei quadri teorici e concettuali che possano essere almeno il più possibile coerenti e operativamente utili.

Dunque, quando noi, osservatori del mondo, decidiamo di studiare un qualsiasi sistema, di fatto stacchiamo idealmente un pezzo di mondo, lo isoliamo per comodità analitica da tutto il resto e cerchiamo poi di studiarne la struttura fondamentale con la costruzione di un modello semplificato che utilizzi il linguaggio della matematica. Facciamo quindi una precisa operazione di scelta analitica delle osservabili secondo noi rilevanti e fissiamo in qualche modo il sistema per avere così la possibilità di studiarlo abbastanza efficacemente e di riuscire, il più delle volte, ad elaborare anche delle buone predizioni sull'evoluzione del sistema stesso.

Quando poi però decidiamo di studiare anche la frontiera del nostro sistema che per comodità analitica abbiamo isolato e semplificato, reinserendolo idealmente nel mondo reale in cui esiste invece una stretta relazione dinamica tra il sistema e l'ambiente (e con altri sistemi), ecco che allora quasi sempre il nostro sistema diventa complesso. L'ambiente infatti è in continuo mutamento e pertanto questo nuovo grado di relazione sarà in grado di generare un continuo scambio di materia, energia e informazione tra il sistema e l'ambiente, tale da riuscire a modificare anche la configurazione e il comportamento del sistema stesso che a quel punto, per poter essere ancora studiato efficacemente, avrà bisogno di altri modelli e di altre rappresentazioni.

Ebbene, questo processo di comparsa di nuove strutture e di nuovi comportamenti in un sistema in stretta relazione con il suo ambiente si chiama "emergenza" e costituisce un concetto fondamentale nella descrizione dei sistemi complessi. In altre parole, quando in un sistema molti elementi, componenti o particelle, "collaborano" insieme, si assiste spesso a fenomeni di rottura spontanea di simmetria e all'acquisizione di caratteristiche strutturali e comportamenti collettivi "nuovi" ed imprevedibili, che poi dovranno essere descritti con variabili e parametri diversi da quelli utilizzati per il sistema iniziale. Ne consegue che la peculiarità fondamentale di un sistema complesso è quindi quella di evolvere in maniera non lineare e sostanzialmente impredicibile, il che significa che questi sistemi non potranno più essere chiaramente descritti in modo deterministico, ma soltanto in termini di probabilità ed è per questo che nell'approccio allo studio di questi sistemi sarà bene abituarsi ad acquisire una certa dimestichezza con concetti apparentemente sgraditi quali incertezza, caso, approssimazione, indeterminazione.

E' dunque abbastanza evidente come una consapevolezza epistemologica di questo tipo possa in parte scontrarsi con quell'immagine vagamente meccanicistica e positivista della scienza come calcolatrice ultima del mondo, che ancora oggi viene divulgata e insegnata nelle scuole e che, in qualche modo, fatica ad essere aggiornata, quando, in realtà, i sistemi che possiamo veramente calcolare analiticamente e prevedere nel dettaglio utilizzando la matematica, in natura sono molto pochi e molto semplici.

Per il resto, siamo costretti a ricorrere necessariamente ad altri tipi di strumenti concettuali, sperimentali e metodologici, anche di tipo congetturale e logico-inferenziale, con lo scopo di riuscire in qualche modo, in sinergia con il metodo riduzionistico classico, a fornire anche altri tipi di descrizione e a studiare altri aspetti dinamici degli stessi sistemi.

Potremmo pertanto cercare di riassumere le principali caratteristiche dei sistemi complessi in questo modo: sono sistemi aperti a flussi di materia, energia e informazione e quindi sono sensibili al contesto, possono dispiegare diversi tipi di comportamento possibile (approccio probabilistico), sono imprevedibili in dettaglio, sono soggetti al fenomeno dell'emergenza, non sono descrivibili da un unico modello formale, ma serve un approccio plurimodellistico, sono il risultato della loro storia.

Sono dunque esempi di sistema complesso i sistemi biologici e la proprietà emergente della vita, l'evoluzione biologica, i terremoti, gli ecosistemi, i sistemi cognitivi studiati dalle neuroscienze, il decorso e la cura delle malattie, la farmacocinetica, i sistemi sociali ed economici, il clima, le pandemie, ma anche semplicemente stormi di uccelli, colate di lava, applausi, aziende, vie trafficate. Oltre che naturalmente tutti quei sistemi più propriamente di competenza della fisica studiati anche da Parisi, come per esempio i vetri di spin e i processi di allineamento dei ferromagneti, i superconduttori, oppure, più in generale, le transizioni di fase.

In tutti questi casi, come in moltissimi altri, la sola descrizione dei sistemi con l'applicazione delle leggi ultime della fisica (che generalmente valgono per classi di eventi) e della rigorosa descrizione matematica centrata sui loro componenti (riduzionismo) non è più sufficiente e tende evidentemente a fallire se non si pone particolare attenzione anche alla complessità storica e locale data dai vincoli e dalle condizioni iniziali e al contorno in cui effettivamente si andranno poi a realizzare i singoli eventi.

Tutte cose concettualmente abbastanza semplici da capire e soprattutto operativamente evidenti. Si tratterebbe soltanto di riuscire finalmente a convincere anche un certo tipo di "fisicalismo" ingenuo e resistente ad aggiornarsi, magari condividendo e facendo propri alcuni principi epistemologici già peraltro operativi da tempo nel campo per esempio delle scienze biologiche.

Il che vorrebbe dire avere a che fare anche con un'idea di scienza a questo punto meno mitologica, dogmatica e autoritaria, ma invece più umile e raffinatamente di tipo "artigianale", grazie alla quale poter recuperare in qualche modo quella sua sempre più scricchiolante credibilità, uscita ancora una volta piuttosto malconcia anche dalla recente ed emblematica esperienza del Covid.




venerdì 3 dicembre 2021

Limitaristi e abbondantisti





Di Luca Pardi

Il dibattito tra limitaristi (Robeyns, 2017) e abbondantisti si trasforma periodicamente in quello tra catastrofisti e ottimisti-utopisti. I primi hanno una visione generalmente cupa della disponibilità futura di risorse mentre i secondi tendono a credere che fenomeni di penuria, sempre possibili per molte ragioni nel breve periodo, si siano rivelate inesistenti nel lungo periodo. I limitaristi- catastrofisti sono pessimisti anche per quanto riguarda la crisi ambientale e la sua rappresentazione paradigmatica: il cambiamento climatico. Gli ottimisti ribattono che il problema è amplificato da visioni ideologiche anticapitaliste e che una combinazione di tecnologia e politiche locali e globali ci trarrà dagli impicci, come è sempre avvenuto nella Storia. E il dibattito si ripete all'infinito!

C'è un Think Tank chiamato RethinkX che cerca di essere al di sopra o, meglio, più avanti di questo stallo ideologico. Essi sono sia catastrofisti che ottimisti con una fiducia sconfinata nella forza dell’innovazione tecnologica. In un crescendo di iperboli tecno-ottimistiche negli ultimi anni questo Think Tank ha pubblicato una serie di documenti su produzione di cibo, mobilità e trasporto, produzione di energia che raggiunge un apice nel loro ultimo documento Rethinking Humanity nel quale si spingono ad immaginare la seguente previsione:

Il sistema produttivo prevalente cambierà da un modello di estrazione e processo centralizzato di risorse scarse, che richiede grandi dimensioni per estensione e portata, a un modello di creazione localizzata a partire da elementi costitutivi illimitati e onnipresenti: un mondo costruito non su carbone, petrolio, acciaio, bestiame e cemento ma su fotoni, elettroni, DNA, molecole e (q)bit. [pagina 5]

Questa sorprendente dichiarazione riassume e amplifica i risultati dei loro precedenti documenti su cibo, energia e mobilità. Secondo RethinkX in ciascuno dei cinque principali settori produttivi della nostra civiltà globale: produzione di cibo ed energia, estrazione di materiali, mobilità/ trasporto e comunicazione/ informazione, si assisterà molto presto a un salto di almeno un ordine di grandezza in efficienza, grazie a una combinazione di (dirompente) innovazione shumpeteriana e ad una transizione culturale all'interno delle comunità locali. Tutto questo nell'arco di tempo da qui al 2035. Non male!

Ed è qui che si manifesta il lato catastrofista.

Il decennio che ci attende sarà turbolento, destabilizzato sia dalle innovazioni tecnologiche dirompenti che capovolgeranno le fondamenta dell'economia globale sia dagli shock sistemici dovuti a pandemie, conflitti geopolitici, disastri naturali, crisi finanziarie e disordini sociali che potrebbero portare a drammatici punti di svolta per l'umanità, incluse migrazioni e persino guerre. Di fronte a ogni nuova crisi saremo tentati di guardare indietro anziché avanti, scambiando ideologia e dogma con ragione e saggezza, scagliandoci gli uni contro gli altri invece di fidarsi l'uno dell'altro. Se teniamo duro, possiamo emergere insieme per creare la civiltà più ricca, più sana e più straordinaria della storia. Se non lo faremo, ci uniremo ai ranghi di ogni altra civiltà fallita lasciando agli storici futuri di risolverne l’enigma. I nostri figli ci ringrazieranno per aver portato loro un'Era di Libertà o ci malediranno per averli condannati a un'altra epoca oscura. La scelta è nostra. [pagina 6]

Non è esclusa una nuova era oscura, l'esito apparentemente tragico di una transizione non realizzata, dovrebbe spingerci ad agire ora. E questo “noi” non è un “noi” generico siamo proprio noi, voi che state leggendo questo post, così come me che lo sto scrivendo e coloro che, in genere, negli ultimi decenni si sono mostrati preoccupati per il destino dell'umanità e della civiltà. Le classi dirigenti in carica non sono incluse nel "noi", semplicemente non sono in grado di aiutare molto:

Le epoche buie non si verificano per mancanza di sole, ma per mancanza di leadership. È improbabile che i centri di potere consolidati, gli Stati Uniti, l'Europa o la Cina, svantaggiati da mentalità, convinzioni, interessi e istituzioni in carica, possano condurre la transizione. In un mondo globalmente competitivo, comunità, città o stati più piccoli, più affamati e più adattabili come Israele, Mumbai, Dubai, Singapore, Lagos, Shanghai, California o Seattle hanno maggiori probabilità di sviluppare un sistema organizzativo vincente.[pagina 6]

Insomma, non dicono che la salvezza ci sarà, ma che abbiamo i mezzi tecnici e le risorse umane per arrivarci. Si tratta di trovare i mezzi sociali e politici.

Il fatto che la tecnologia sia sempre fonte di nuovi problemi è una verità inutile ed è inutile lamentarsene. Togliere la tecnologia agli umani sarebbe come togliere le zanne ai leoni o il pungiglione alle vespe. Siamo così da prima che fossimo Homo sapiens. Cinque milioni di anni fa Homo habilis faceva già cose che i nostri cugini scimpanzé non possono fare. Gli umani devono seguire il loro percorso fino alla fine perché è il loro. Fortunatamente il percorso non è univoco e la nostra intelligenza deve applicarsi per capire quali percorsi appaiono meno traumatici. La cattiva notizia è che nessuno verrà a salvarci dall'esterno guidando la cavalleria, siamo soli.

Ma è davvero una cattiva notizia?





Robeyns, I., 2017. Wellbeing, freedom and social justice: the capability approach re-examined. OpenBook Publishers, Cambridge, UK.







domenica 28 novembre 2021

Perché la verità non emergerà mai





Simon Sheridan ci regala una splendida dimostrazione che per capire le cose in un mondo in cui tutto cambia rapidamente è necessario avere una mente sgombra dalle infinite sovrastrutture culturali che ci troviamo addosso. Ovvero, ci troviamo in continuazione di fronte a esperti di mongolfiere che ci spiegano che solo loro possono parlare di aerei supersonici perché sono loro gli esperti di oggetti volanti. E non è sorprendente notare che gli aerei non volano. Così, stiamo discutendo da due anni con gli "esperti" a proposito della pandemia, ma perché la verità ancora non viene fuori? Non siamo forse nell'epoca in cui il "metodo scientifico" ci dà una visione razionale e oggettiva del mondo? 

In realtà, sembra proprio di no. Secondo Sheridan, la verità non verrà mai fuori. (e vi può anche venire in mente un altro caso di cui abbiamo recentemente ricordato il ventennale -- anche lì, la verità non è venuta fuori e probabilmente non verrà mai fuori).

Sheridan contesta alla base l’idea che la “narrazione (sulla pandemia) sta per incrinarsi” da un giorno all’altro e che la “verità” sarà rivelata. Dice: “Non c’è più una narrazione unificante che si incrinerà e sarà sostituita da una narrazione migliore e più veritiera. Piuttosto, ora c’è solo un numero apparentemente infinito di sotto-narrazioni con una narrazione dominante imposta sopra di esse. La narrazione dominante non è necessariamente veritiera, è solo dominante.”

In sostanza, la sfera memetica si è frantumata in una serie infinita di microsfere chiuse. La macrosfera dominante non riesce più a controllarle, nonostante gli sforzi disperati di censura, intimidazione, e offuscazione che sta facendo. E se le microsfere non si parlano fra di loro, la verità non esce fuori, qualunque essa sia.

Leggete questo testo: è veramente illuminante

Il Crepuscolo della Narrativa


Recentemente, ero in visita a casa di un amico quando una canzone di Michael Jackson è passata alla radio e il mio amico ha detto qualcosa di interessante a cui non avevo mai pensato prima. Ha notato che, all’apice della fama di Jackson, l’uscita di uno dei suoi album era un evento globale con una campagna di marketing coordinata che significava che praticamente tutti nel mondo occidentale e molte parti del mondo non occidentale avrebbero saputo quando un album di Michael Jackson veniva pubblicato, che la sua musica piacesse o meno.

Questo è qualcosa che i giovani d’oggi non capirebbero, dato che ognuno di loro ha il proprio influencer sui social media o la propria celebrità di Youtube o qualsiasi altra cosa che seguono in sottoculture molto più piccole di prima. Anche le pop star più popolari di oggi sono conosciute solo da un sottoinsieme della popolazione, mai da tutta la popolazione come lo era Jackson. Questa osservazione mi ha fatto pensare a un argomento su cui sto riflettendo da un po’, cioè l’impatto di internet sulla nostra cultura. Mi sembra che questo impatto non sia più molto discusso anche se sta contribuendo direttamente ai nostri problemi attuali.

Uno dei principali cambiamenti apportati da internet è la frantumazione delle “grandi narrazioni”. L’uscita di un album di Michael Jackson è una di queste. Ma il modello si estende ad altre aree del discorso pubblico dove i suoi effetti sono molto più importanti, come per le narrazioni che tengono insieme i paesi. Mentre l’evento Corona si trascina interminabilmente, ci sono quelli nel campo del dissenso che ancora pensano che la “narrazione sta per incrinarsi” da un giorno all’altro e la “verità” sarà rivelata. Questa mentalità del vecchio mondo pre-internet non è più valida nel mondo in cui viviamo. Non c’è più una narrazione unificante che si incrinerà e sarà sostituita da una narrazione migliore e più veritiera. Piuttosto, ora c’è solo un numero apparentemente infinito di sotto-narrazioni con una narrazione dominante imposta sopra di esse. La narrazione dominante non è necessariamente veritiera, è solo dominante.

L’emergere dell’etichetta di “teoria della cospirazione” insieme alla censura quotidiana che ora avviene sulle piattaforme dei social media sono tra una serie di tattiche che sono ora utilizzate per cercare di sottomettere le narrazioni alternative nella speranza di permettere la formazione di una narrazione centralizzata. Ma non succederà mai per la semplice ragione che non si può costringere la gente a credere a una narrazione. Le narrazioni devono evolvere organicamente con un ciclo di feedback tra top-down e bottom-up.

L’uso crescente di tattiche censorie negli ultimi due anni rivela la debolezza di fondo della narrazione dominante. I poteri hanno tentato di tenere insieme una narrazione che di per sé non ha senso, poiché viene cambiata volente o nolente in base a considerazioni puramente politiche. Si è tentati di pensare che i politici lo stiano facendo di proposito con qualche obiettivo più grande in mente. Ma se non ci fosse un obiettivo più grande? E se queste tattiche fossero semplicemente ciò che è necessario ora per creare un qualsiasi tipo di narrazione dominante? E se queste tattiche fossero ora il prezzo da pagare per creare una narrazione?

Se è così, quel prezzo è salito alle stelle. Possiamo utilmente chiamare questa inflazione narrativa. Se si aumenta l’offerta di denaro, si ha l’inflazione monetaria. Se si aumenta l’offerta di narrazioni, si ha l’inflazione narrativa. Il prezzo per creare una narrazione dominante è salito per una serie di ragioni, ma una è che internet ha aperto le porte al flusso di informazioni e ha permesso la creazione di molteplici narrazioni alternative. Questo ha creato una propria dinamica indipendente dalle considerazioni politiche ed economiche che stanno anche guidando la tendenza. Può risultare che una delle conseguenze del permettere un’informazione libera e istantanea è quella di distruggere le narrazioni centralizzate. Ci sono buone ragioni sociologiche e psicologiche per cui questo sarebbe il caso.

La testimonianza oculare è stata a lungo problematica per la polizia che cerca di indagare su un incidente o un crimine. Anche per qualcosa di relativamente semplice come un incidente d’auto, dove i testimoni oculari non hanno interessi personali nella storia, le testimonianze possono divergere radicalmente. Dieci persone che assistono a un incidente d’auto possono dare dieci storie diverse dell’incidente. Questi problemi sono notevolmente esacerbati quando le persone coinvolte hanno un interesse personale nel caso, come spesso accade nelle indagini penali.
Illustrazione di Sebastien Thibault

Questo eterno problema è stato affrontato in numerose opere di narrativa e saggistica. La migliore opera saggistica che ho visto sull’argomento è il documentario “Capturing the Friedmans”, in cui un insegnante di scuola viene trovato in possesso di materiale pedopornografico nella sua casa, il che porta ad una serie di eventi che includono la sua dichiarazione di colpevolezza per aver abusato sessualmente di alcuni dei suoi studenti.

Il documentario segue le motivazioni delle persone coinvolte mentre le voci del crimine si diffondono nella comunità locale creando una dinamica propria mentre i pettegolezzi e le insinuazioni mettono un’enorme pressione sulla famiglia al centro del caso. Alla fine del documentario, non sappiamo se la storia ufficiale sia stata confermata poiché le bugie e gli inganni creano effetti di secondo e terzo ordine che distorcono l’intero quadro.

Questo resoconto della vita reale rispecchia una delle migliori rappresentazioni fittizie del problema, il film “Rashomon” di Akira Kurosawa, in cui un omicidio avviene nella foresta ma sentiamo versioni radicalmente diverse dell’evento raccontate dalle persone coinvolte (incluso, drammaticamente, il defunto). La questione filosofica sollevata da entrambi i film è se si possa o meno trovare uno standard oggettivo di verità. Questo è un problema con cui i filosofi hanno lottato per millenni, ma diventa un problema pratico nei casi che coinvolgono il crimine, dove vogliamo vedere la giustizia servita e tuttavia abbiamo conti multipli e inconciliabili sulla realtà e apparentemente nessun modo per scegliere tra loro. Alla fine del processo, il sistema dà un verdetto di colpevole-non colpevole e questo viene preso come la “verità”, ma è davvero la verità?

Con internet, abbiamo visto la stessa psicologia applicata al discorso pubblico e questo ha creato problemi pratici per la politica. I politici amano dividere il pubblico quando fa comodo ai loro interessi, ma è anche vero che hanno bisogno di appellarsi a un fondamento che unisca il pubblico. Il processo è simile al sistema giudiziario. Anche se c’è disaccordo e competizione all’interno del sistema, tutti devono accettare di giocare secondo le regole. Il sistema stesso è la cosa in cui la gente crede.

Il discorso pubblico che esisteva prima di internet era facilitato da un sistema in cui i media erano conosciuti come il “terzo potere”. Il suo compito era quello di controllare il governo. Certo, questo non era un sistema perfetto ma, come dice un vecchio proverbio, sembra che fosse meglio di tutti gli altri. Era certamente meglio del sistema che abbiamo ora, dove i media non criticano affatto il governo e sono poco più di un ramo delle pubbliche relazioni del governo.

Recentemente nel parlamento neozelandese, Jacinda Ardern è stata interrogata sui 55 milioni di dollari che il suo governo ha dato ai media con certe condizioni su cosa poteva essere riportato. In Australia, il governo ha rinunciato alla tassa di licenza per i canali dei media tradizionali già nel marzo 2020. Questo ammontava a circa 44 milioni di dollari in sussidi. La teoria era che questo era necessario perché ci si aspettava che il covid riducesse le entrate pubblicitarie, una strana affermazione dato che l’intera popolazione stava per essere chiusa in casa con ogni incentivo a guardare le notizie. Quella misura è arrivata dopo che il governo australiano ha notoriamente tenuto Facebook e altri grandi attori tecnologici a riscatto e li ha costretti a pagare soldi alle aziende mediatiche australiane per i contenuti.

Qualunque sia la dimensione etica di queste questioni, ciò che ci sta sotto è il fatto che le aziende dei media non sono più imprese vitali in grado di esistere senza il sostegno del governo. Poiché ora dipendono dal denaro del governo, la loro funzione di terzo potere che tiene il governo sotto controllo è quasi scomparsa. Questo è un problema per loro, ma è anche un problema per il governo. La “narrazione ufficiale” è trasmessa attraverso i media tradizionali. Se i media tradizionali spariscono, sparisce anche la narrativa. I governi sanno che se i media spariscono, sparisce anche una grossa fetta del loro potere. Il governo ha bisogno dei media tanto quanto i media hanno bisogno del governo.

Direi che anche il pubblico ha bisogno dei media. Ha bisogno che i media agiscano come suoi rappresentanti. Questo era l’intero punto dell’accordo con il “Terzo Stato”. Il pubblico pagava i media (attraverso le vendite dei giornali, per esempio) e questo significava che i media avevano un incentivo a rappresentare gli interessi dei lettori. Ma ora tutto questo non c’è più. Alcuni pensano che il pubblico non abbia davvero bisogno dei media. Per quasi ogni evento, ora siamo in grado di guardare video in diretta online. Una volta avevamo bisogno del giornale per raccontarci i fatti, ma semplicemente non ne abbiamo più bisogno.

Si potrebbe pensare che sia una buona cosa. Togliamo l’intermediario e permettiamo al pubblico di vedere gli eventi da solo. Ma questo introduce lo stesso problema che si ha con i racconti dei testimoni oculari, cioè che si ottengono tante versioni della “verità” quante sono le persone. Il discorso diventa frammentato e i controlli e gli equilibri che una volta c’erano scompaiono. È un po’ come avere un’indagine criminale senza un detective. “Il sistema” non può più controllare il discorso come faceva prima. Questa non è una questione banale. Ci riporta a una delle idee più pericolose di Platone che è la Nobile Menzogna. L’idea è che la società non può esistere e la giustizia non può essere servita se non ci sono un certo numero di bugie che legano la società. Menzogna è, naturalmente, una parola molto forte. Potremmo ammorbidirla parlando di miti o ideali, ma l’effetto è lo stesso. I miti e gli ideali sono la colla che tiene insieme le cose e, secondo Platone, senza di essi la società si disintegra.

Il nostro discorso pubblico post-internet fornisce alcune prove di questa affermazione. Si è completamente staccato dalla realtà o, per dirla in un altro modo, rappresenta solo una versione della realtà: quella che viene dall’alto verso il basso. Questo processo è particolarmente avanzato negli Stati Uniti. Ha raggiunto un picco febbrile con la presidenza Trump e da allora non è più tornato quello di prima.

Ci sono ora almeno due narrazioni reciprocamente incompatibili negli Stati Uniti, il che significa che l’accordo sui fondamenti che tengono insieme la società è messo in discussione su base quasi quotidiana. È abbastanza comune sentire qualcuno da una parte o dall’altra del dibattito etichettare qualcuno dall’altra parte come “pazzo” o “folle” e questa è una manifestazione del problema. All’interno di questo nuovo mondo, l’idea che la “narrazione stia per crollare” non ha senso. La narrazione dominante è tenuta in piedi dal potere, non dalla verità. Per definizione, l’unica cosa che può “incrinarla” è un’altra fonte di potere.

Questo è stato il genio di Trump. Ha dirottato l’intera macchina che genera la narrazione e l’ha trasformata per i suoi scopi. Ma credo che Trump sia stato una strada senza uscita. Si sono sbarazzati di lui, ma così facendo hanno rimosso ogni ultima pretesa che la narrazione fosse “giusta” o “veritiera”. Non si può semplicemente cancellare il presidente in carica e poi tornare alla normalità come se nulla fosse successo. Di conseguenza, una gran parte della popolazione non ha più alcuna fiducia nel sistema. Questo vale indipendentemente da chi è al potere. La narrazione dominante ora non è altro che la storia raccontata da coloro che sono al potere.

In Australia e in gran parte dell’Europa e del Canada, stiamo solo ora arrivando alla stessa situazione che c’è negli Stati Uniti. Qui a Melbourne, più di centomila persone hanno marciato contro il governo lo scorso fine settimana. La risposta del premier è stata quella di definirli “teppisti” ed “estremisti”. Mi ha ricordato molto il momento dei “deplorabili” di Hillary Clinton.

Quando i politici non sentono più la necessità di accogliere gli interessi e le opinioni di una parte sostanziale della popolazione, si sa che la narrazione è già fratturata. Andrews può o non può farla franca politicamente per ora, ma i manifestanti rappresentano un nuovo gruppo nella vita pubblica australiana; quelli esclusi dalla narrazione. Lo stesso vale per i manifestanti in Europa che sono semplicemente ignorati dai media principali. Poiché il discorso pubblico non prova più nemmeno a sostenere che riflette la realtà, nessuno ci crede veramente, comprese le persone che nominalmente lo seguono. Nel profondo devono anche sapere che è falso.

Stiamo entrando in un’epoca in cui non si crede più nemmeno all’idea di una narrazione centralizzata. Se Platone aveva ragione, questo fatto da solo è una minaccia esistenziale per lo stato ed è comprensibile che lo stato si sforzi di risolvere il problema. Ma è quasi certamente troppo tardi. Tutta la censura e la vittimizzazione del mondo non rimetterà insieme Humpty Dumpty.

In futuro mi aspetto che avremo ancora una “narrazione ufficiale”, ma nessuno ci crederà veramente. Questo è ciò che è implicito nel calo delle entrate dei canali mediatici principali. Questo porterà alla disintegrazione dello stato? Platone avrebbe detto di sì. Forse stiamo per mettere alla prova questa teoria.