Visualizzazione post con etichetta catastrofisti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta catastrofisti. Mostra tutti i post

martedì 21 marzo 2023

Petrocalisse: il Necronomicon dell'Energia

 



Un libro molto interessante, ma un tantino pessimista. Non dico che vi può fare l'effetto del "Necronomicon" (il libro che fa impazzire chiunque lo legga), ma, insomma, potreste trovarlo un tantino impattante se non siete preparati su certi argomenti. 


Antonio Turiel lo conosco piuttosto bene. Ci siamo incontrati in varie occasioni a Barcellona, dove lui lavora all'Istituto delle Scienze del Mare, Institut de Ciències del Mar - ICM-CSIC. Vi posso dire che è uno dei ricercatori più preparati al mondo nel campo delle risorse energetiche e del cambiamento climatico. Il suo blog, "The Oil Crash," (anche se al momento un tantino trascurato) è stato e rimane uno dei punti di riferimento fondamentali per chi si occupa di risorse petrolifere e di picco del petrolio. 

La mia impressione e che Turiel, da solo, sia stato uno dei fattori principali che ha influenzato il dialogo pubblico in un intero paese, la Spagna, che al momento è molto più sensibile di paesi come l'Italia al problema dell'esaurimento delle risorse e del cambiamento climatico. Al punto che in Spagna hanno tradotto in Spagnolo il mio libro "Before Collapse." In Italia, di questi argomenti sembra che non glie ne importi niente a nessuno. Anzi, direi che non è che "sembra" -- è proprio così!

Allora, ben venga l'iniziativa di Logos Edizioni di tradurre l'ultimo libro di Turiel "Petrocalisse" che è uscito in Spagna nel 2020. Un libro senza dubbio di grande interesse che vale assolutamente la pena di leggere anche se, e mi scuserà Antonio per questo, mi ha lasciato un po' perplesso. Da catastrofista di rango, come alcuni mi considerano, direi che questo libro è un tantino troppo catastrofista anche per me. Se ne rende conto anche Turiel stesso, quando scrive nel suo blog che:

Pensare a tutte quelle persone che mi criticano per essere così negativo nelle mie valutazioni, per non essere in grado di vedere lo splendido futuro che ci aspetta, per boicottare con il mio atteggiamento le soluzioni che ci vengono vendute... Ho esaminato più volte i miei dati e le mie analisi e continuo a trovare enormi lacune e carenze nel modello di Elettricità Rinnovabile Industriale che vogliono imporci, carenze a cui nessuno risponde se non con attacchi personali, mai con dati.

E qui, se non altro Turiel azzecca in pieno l'essenza del dibattito attuale. Non puoi più dire niente senza essere immediatamente attaccato sul piano personale. Non esiste più niente di simile al dibattito nell'antico senso della "disputatio" medievale, parte dell'ancora più antica e nobile arte della retorica. Sono rimasti solo gli insulti. Forse meglio che il "soft banning" che colpisce tutti quelli che si provano a criticare i vari potentati dominanti, ma non entriamo in questo argomento. 

Così, il libro di Turiel è un testo meditato e argomentato che demolisce una buona frazione delle varie bufale che ci raccontano e che continuano a raccontarci. Turiel è un fisico, quindi non perdona con la sua analisi, sempre quantitativa, dettagliata, e impietosa. Certi bersagli, per la verità, sono un po' come sparare sulla crocerossa, come la banda di ciarlatani delle energie gratuite (tradotto come "energie libere" nella versione italiana, che è un po' impreciso, ma comunque la faccenda è quella). Su questo, basta ricordare come Turiel sia stato uno dei primi a identificare e demolire la truffa del cosiddetto "E-Cat," lo scaldabagno atomico dell'ing. Rossi. E si va avanti demolendo i biocombustibili, il motore ad acqua, il risparmio e l'efficienza, i vari miracoli petroliferi, l'energia nucleare, certe esagerazioni sulle rinnovabili, e così via. A mio parere, certe volte la demolizione di Turiel è un po' eccessiva, ma i suoi ragionamenti non sono mai banali. 

Ahimé, molto spesso Turiel ha ragione, ma io mi immagino il lettore medio che, a metà strada di questa demolizione all'ingrosso, rischia di trovarsi perduto in un oceano di pessimismo, e non sa più che pesci pigliare. Certo, alla fine del libro c'è un capitolo intitolato "cosa bisogna davvero cambiare," ma uno si può ragionevolmente domandare per quale ragione gli stessi argomenti demolitivi che Turiel applica un po' a tutto non si possano anche applicare a queste possibili soluzioni. La cancellazione del debito e la ridefinizione del denaro, e altre cose che Turiel propone sembrerebbero essere buone idee. Ma anche il motore ad acqua e l'E-cat potevano sembrare buone idee quando sono stati proposti. 

Insomma, come dicevo all'inizio, questo è un libro che vale veramente la pena di leggere, specialmente per il trattamento della situazione delle risorse petrolifere, argomento del quale Turiel è uno dei maggiori esperti mondiali. Ma fate attenzione, è un libro che può impattare sulla vostra salute mentale se non siete preparati a certe cose. Non dico che vi può fare l'effetto del "Necronomicon" di H.P. Lovecraft, ma un certo scombussolamento cerebrale ve lo potete aspettare. D'altra parte, potete sempre scegliere un'altra strategia: accendete la TV e ascoltate il telegiornale. Così state tranquilli e beati e non vi accorgerete di niente. Fino a che non potrete fare a meno di accorgervene. 


 

venerdì 3 dicembre 2021

Limitaristi e abbondantisti





Di Luca Pardi

Il dibattito tra limitaristi (Robeyns, 2017) e abbondantisti si trasforma periodicamente in quello tra catastrofisti e ottimisti-utopisti. I primi hanno una visione generalmente cupa della disponibilità futura di risorse mentre i secondi tendono a credere che fenomeni di penuria, sempre possibili per molte ragioni nel breve periodo, si siano rivelate inesistenti nel lungo periodo. I limitaristi- catastrofisti sono pessimisti anche per quanto riguarda la crisi ambientale e la sua rappresentazione paradigmatica: il cambiamento climatico. Gli ottimisti ribattono che il problema è amplificato da visioni ideologiche anticapitaliste e che una combinazione di tecnologia e politiche locali e globali ci trarrà dagli impicci, come è sempre avvenuto nella Storia. E il dibattito si ripete all'infinito!

C'è un Think Tank chiamato RethinkX che cerca di essere al di sopra o, meglio, più avanti di questo stallo ideologico. Essi sono sia catastrofisti che ottimisti con una fiducia sconfinata nella forza dell’innovazione tecnologica. In un crescendo di iperboli tecno-ottimistiche negli ultimi anni questo Think Tank ha pubblicato una serie di documenti su produzione di cibo, mobilità e trasporto, produzione di energia che raggiunge un apice nel loro ultimo documento Rethinking Humanity nel quale si spingono ad immaginare la seguente previsione:

Il sistema produttivo prevalente cambierà da un modello di estrazione e processo centralizzato di risorse scarse, che richiede grandi dimensioni per estensione e portata, a un modello di creazione localizzata a partire da elementi costitutivi illimitati e onnipresenti: un mondo costruito non su carbone, petrolio, acciaio, bestiame e cemento ma su fotoni, elettroni, DNA, molecole e (q)bit. [pagina 5]

Questa sorprendente dichiarazione riassume e amplifica i risultati dei loro precedenti documenti su cibo, energia e mobilità. Secondo RethinkX in ciascuno dei cinque principali settori produttivi della nostra civiltà globale: produzione di cibo ed energia, estrazione di materiali, mobilità/ trasporto e comunicazione/ informazione, si assisterà molto presto a un salto di almeno un ordine di grandezza in efficienza, grazie a una combinazione di (dirompente) innovazione shumpeteriana e ad una transizione culturale all'interno delle comunità locali. Tutto questo nell'arco di tempo da qui al 2035. Non male!

Ed è qui che si manifesta il lato catastrofista.

Il decennio che ci attende sarà turbolento, destabilizzato sia dalle innovazioni tecnologiche dirompenti che capovolgeranno le fondamenta dell'economia globale sia dagli shock sistemici dovuti a pandemie, conflitti geopolitici, disastri naturali, crisi finanziarie e disordini sociali che potrebbero portare a drammatici punti di svolta per l'umanità, incluse migrazioni e persino guerre. Di fronte a ogni nuova crisi saremo tentati di guardare indietro anziché avanti, scambiando ideologia e dogma con ragione e saggezza, scagliandoci gli uni contro gli altri invece di fidarsi l'uno dell'altro. Se teniamo duro, possiamo emergere insieme per creare la civiltà più ricca, più sana e più straordinaria della storia. Se non lo faremo, ci uniremo ai ranghi di ogni altra civiltà fallita lasciando agli storici futuri di risolverne l’enigma. I nostri figli ci ringrazieranno per aver portato loro un'Era di Libertà o ci malediranno per averli condannati a un'altra epoca oscura. La scelta è nostra. [pagina 6]

Non è esclusa una nuova era oscura, l'esito apparentemente tragico di una transizione non realizzata, dovrebbe spingerci ad agire ora. E questo “noi” non è un “noi” generico siamo proprio noi, voi che state leggendo questo post, così come me che lo sto scrivendo e coloro che, in genere, negli ultimi decenni si sono mostrati preoccupati per il destino dell'umanità e della civiltà. Le classi dirigenti in carica non sono incluse nel "noi", semplicemente non sono in grado di aiutare molto:

Le epoche buie non si verificano per mancanza di sole, ma per mancanza di leadership. È improbabile che i centri di potere consolidati, gli Stati Uniti, l'Europa o la Cina, svantaggiati da mentalità, convinzioni, interessi e istituzioni in carica, possano condurre la transizione. In un mondo globalmente competitivo, comunità, città o stati più piccoli, più affamati e più adattabili come Israele, Mumbai, Dubai, Singapore, Lagos, Shanghai, California o Seattle hanno maggiori probabilità di sviluppare un sistema organizzativo vincente.[pagina 6]

Insomma, non dicono che la salvezza ci sarà, ma che abbiamo i mezzi tecnici e le risorse umane per arrivarci. Si tratta di trovare i mezzi sociali e politici.

Il fatto che la tecnologia sia sempre fonte di nuovi problemi è una verità inutile ed è inutile lamentarsene. Togliere la tecnologia agli umani sarebbe come togliere le zanne ai leoni o il pungiglione alle vespe. Siamo così da prima che fossimo Homo sapiens. Cinque milioni di anni fa Homo habilis faceva già cose che i nostri cugini scimpanzé non possono fare. Gli umani devono seguire il loro percorso fino alla fine perché è il loro. Fortunatamente il percorso non è univoco e la nostra intelligenza deve applicarsi per capire quali percorsi appaiono meno traumatici. La cattiva notizia è che nessuno verrà a salvarci dall'esterno guidando la cavalleria, siamo soli.

Ma è davvero una cattiva notizia?





Robeyns, I., 2017. Wellbeing, freedom and social justice: the capability approach re-examined. OpenBook Publishers, Cambridge, UK.