Di Silvano Molfese
In
questo contesto culturale c’è chi confonde l’agricoltura con l’industria come
capitò a chi scrisse “L’agricoltura inquina più delle automobili” (https://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2016/01/08/news/l-agricoltura-inquina-piu-delle-automobili-1.12745660)
quando in realtà si trattava di centrali termoelettriche a legna (biomasse) che
trasformano l’energia chimica del legno in energia elettrica: tali centrali
fanno parte a tutti gli effetti del settore industriale.
Scrivere che bruciare legna per
ottenere energia elettrica è agricoltura, è come dire che fabbricare guanti in
cuoio è attività zootecnica. Con ciò non si vuole escludere che l’agricoltura
possa inquinare. (*)
Vediamo
come influisce l’industria finanziaria sull’agricoltura. Nel documentario "I
signori dell'acqua", trasmesso su Rai
2 (il 2 ottobre 2020, ore 22,55), si mettono in evidenza i danni che il
mondo della finanza ha arrecato al settore primario: un esempio ci viene
dall’Australia dove, in seguito alle speculazioni di borsa “migliaia di agricoltori
e allevatori sono finiti sul lastrico: l’acqua si compra, per quote, con una
valutazione di 500 dollari per megalitro (un milione di litri d’acqua). Come
viene spiegato non si compra o si vende acqua materiale, ma il diritto a
prelevarla e utilizzarla. In un paese che sta soffrendo una siccità mai
conosciuta prima a causa del cambiamento climatico.” (https://www.watergrabbing.com/i-signori-dellacqua/)
Nel
XX secolo anche in agricoltura è stata impiegata diffusamente la
meccanizzazione per ridurre i tempi di lavoro: se per coltivare un ettaro di
grano agli inizi del ‘900 erano necessarie circa mille ore di lavoro all’anno,
attualmente si impiegano circa venti ore soltanto!
Nello
stesso periodo si è fatto largo uso di concimi di sintesi e di pesticidi
pensando di aumentare le rese e senza considerare i deleteri effetti sulla
biosfera.
La grande industria, nonostante tutti gli forzi di adattamento sostenuti dagli agricoltori, esercita una concorrenza spietata e altre forme di pressione, nei confronti dei prodotti agricoli.
Queste grandi imprese cercano di proteggere i loro affari con attività lobbistiche condizionando le scelte governative: negli USA per esempio, durante l’111° Congresso, l’industria dei combustibili fossili spese ben 347 milioni di dollari per attività lobbistiche e contributi alla campagna elettorale a fronte dei quali il governo stanziò circa 20,5 miliardi di dollari per sovvenzionare questo comparto industriale. (2)
Fino
ad alcuni decenni fa il vestiario era fatto a partire da fibre naturali (come
cotone, lana, lino, ecc.) che sono state largamente sostituite con fibre
sintetiche derivate da petrolio.
Sicché
nella biosfera si trovano microplastiche in quantità sempre maggiori che
risultano molto dannose per i viventi uomo incluso.
Purtroppo
oltre al costoso danno ambientale per tutti, c’è la beffa per gli allevatori:
mentre una volta la lana era molto apprezzata (un kg di lana valeva quanto un
kg di olio) ora, in base alle leggi vigenti, è considerata rifiuto speciale.
Paradossalmente
la lana, che da tempo immemore fa parte del ciclo della biosfera, è considerata
da qualche anno pericolosa per la biosfera stessa!
Per
farla breve gli allevatori annualmente per tosare una pecora perdono 2,25 € per
la tosa. Se la lana avesse mantenuto il valore di tanti decenni fa,
l’allevatore avrebbe avuto un incasso netto equivalente ad almeno 10 € a capo
(**)
Le
industrie petrol-chimiche hanno immesso cosi tanta plastica nella biosfera che
non solo vestiamo ma respiriamo, mangiamo e beviamo plastica.
Un
altro aspetto che ha influito sull’industrializzazione agricola, dopo la II
guerra mondiale, è legato alla conversione di diversi comparti dell’industria
bellica ad usi civili. Un esempio è il nitrato di ammonio, usato come
esplosivo, che è stato largamente utilizzato in agricoltura a partire
dall’ultimo dopoguerra: i milioni e milioni di quintali sparsi sui suoli
agricoli di tutto il mondo negli ultimi cinquanta anni, hanno indotto
eutrofizzazione, alterazione del ciclo dell’azoto e spreco di energia. Quando è
noto che l’inserimento delle leguminose nella rotazione agraria e le
letamazioni, sono più che sufficienti a ripristinare i livelli di azoto nel
terreno coltivato. (https://ilblogdellasci.wordpress.com/2013/05/02/molecole-a-due-facce/)
(L’ultimo
gravissimo incidente con il nitrato di ammonio si è verificato il 4 agosto 2020
nel porto di Beirut.)
Note
(*)
- Inquinamento: alterazione in senso sfavorevole dei
caratteri fisici, chimici o
biologici dell’ambiente naturale,
causata dalle attività umane. (dal Dizionario
enciclopedico dei termini scientifici -
BUR Dizionari Rizzoli, 1990)
(**)
– La lana prodotta annualmente da una pecora varia da un paio di kg fino a 8 –
10 kg ed anche di più: ho considerato una media di 5 kg di lana ed il costo
della tosa pari a 2,5 € per capo; l’azienda che smaltisce la lana paga
all’allevatore 0,05 € per ogni kg di lana conferito (questi dati in base a
quanto riferitomi da un allevatore); ho considerato 2,5 €/kg il prezzo al
produttore dell’ olio vergine di oliva.
(1)
- Laghi F. - intervento al webinar “Biomasse forestali ad uso energetico:
impatto su clima ambiente e salute.” del 25 marzo 2021 dal
29° al 47° minuto (https://www.facebook.com/gufitalia/videos/524323588552842/)
(2) - Musolino E., Auth K. 2014 – Governance
climatica e maledizione delle risorse.
State of the world
2014, Edizioni ambiente, 205-213