martedì 7 aprile 2015

Estinzioni: addio alle api, e non solo

Da “Desdemona Despair” 1, 2. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)

Quasi una specie su dieci di api si sta estinguendo in Europa mentre la situazione di più della metà delle specie rimane sconosciuta – un rapporto di IUCN


19 marzo 2015 (International Union for Conservation of Nature - IUCN) – La prima valutazione mai fatta di tutte le specie di api selvatiche mostra che il 9,2% sono minacciate di estinzione, mentre il 5,2% è probabile che siano minacciate nel prossimo futuro. Un totale del 56.7% delle specie sono classificate come “Dati insufficienti”, in quanto la mancanza di esperti, dati e finanziamento hanno reso impossibile valutare il loro rischio di estinzione.

Solo di meno funzionerà

DaPost Carbon Institute”. Traduzione di MR

Di Richard Heinberg



Quando non scrivo libri o saggi su temi ambientali, o quando non dormo o mangio, è probabile che mi troviate a suonare il violino. Questa è stata un'attività ossessiva per me da quando ero ragazzo e sembra che mi dia sempre più soddisfazione man mano che passa il tempo. Fare e suonare una piccola scatola di legno, un violino, è essenzialmente un'attività preindustriale: quasi tutte le sue parti provengono da fonti rinnovabili (legno, coda di cavallo, budella di pecora) e suonarlo non richiede né elettricità o benzina. Suonare il violino pertanto costituisce un hobby ecologicamente benigno, no?

Probabilmente lo era, un paio di secoli fa. Ora non tanto. Vedete, gran parte degli archi di violino sono fatti col pernambuco, un legno duro brasiliano che è a rischio perché con esso sono stati già fatti troppi archi. Anche l'ebano viene raccolto in modo eccessivo, viene usato per fare i tasti, i piroli per l'accordatura e parti degli archi. Alcuni elaborati archi di violino più vecchi sono persino decorati con gusci di tartaruga, avorio e ossi di balena. E mentre acero e pino (i legni principali con cui sono fatti i violini) non sono a rischio di estinzione, intere foreste vengono tagliate in Cina per soddisfare la fiorente domanda mondiale di strumenti per studenti. Le corde moderne (gran parte delle quali vengono fatte usando i derivati del petrolio) spesso vengono avvolte con argento o alluminio non rinnovabili e quasi nessuno cerca di riciclarle.

Capite, il problema reale dei violini è un problema di scala. Se ci fossero solo poche migliaia di violinisti nel mondo, fare e suonare violini avrebbe un impatto ambientale trascurabile. Ma moltiplicate queste attività per decine di milioni e i risultati sono la deforestazione e l'estinzione di specie. Sì, vengono fatti sforzi per fare suonare i violini in modo più sostenibile. Il Brasile protegge le sue foreste di pernambuco rimaste e molti costruttori di archi ricercano legno “raccolto in modo sostenibile”, I costruttori di archi stanno anche sostituendo l'avorio di elefante con ossa di manzo o materiali sintetici e le aste di molti archi ora sono fatti di fibra di carbonio. I gusci di tartaruga e ossa di balena sono off limits per i nuovi archi e i sono disponibili sostituti sintetici di questi materiali. Una società si offre di riciclare l'argento delle vecchie corde di violino. Tutto questo aiuta. Ma se il numero di violinisti continua ad aumentare, questi vantaggi verranno presto o tardi superati dalla pura e semplice dimensione della domanda di tutto, dalla colla alla colofonia. Suonare il violino è un'attività piuttosto specializzata e inusuale. Ma il problema fondamentale che ho sottolineato è endemico per praticamente qualsiasi attività umana, dal fare colazione la mattina al guardare la televisione prima di andare a letto.

Nella ricerca per rendere la società umana sostenibile, il problema della scala sorge assolutamente ovunque. Possiamo rendere una determinata attività più efficiente energeticamente e benigna (per esempio, possiamo aumentare il risparmio di carburante delle nostre auto), ma i miglioramenti tendono ad essere superati dai cambiamenti di scala (espansione economica e crescita della popolazione portano ad un aumento del numero delle auto sulle strade e delle dimensioni del veicolo medio, quindi ad un maggiore consumo totale di carburante). A quasi nessuno piace sentir parlare della scala nella nostra crisi ambientale globale. E' per questo che se la crescita è il nostro problema, la sola vera soluzione è quella di contrarre l'economia e ridurre la popolazione. Negli anni 70, molti ambientalisti raccomandavano esattamente quel rimedio, ma poi è arrivato il contraccolpo di Reagan – fenomeno politico che prometteva espansione economica infinita se solo avessimo permesso ai mercati di lavorare liberamente. Molti ambientalisti hanno ricalibrato il loro messaggio e così è nato il movimento “verde brillante”, che dichiarava che i miglioramenti di efficienza avrebbero permesso agli esseri umani di mangiare la loro torta (far crescere l'economia) e anche di conservarla (proteggere il pianeta in nome delle future generazioni). Eppure eccoci qua, decenni dopo l'eclissi dell'ambientalismo vecchio stile centrato sulla conservazione, e nonostante ogni sorta di programma di riciclaggio, regole ambientali e miglioramenti di efficienza energetica, l'ecosistema globale si sta avvicinando al collasso a velocità ancora maggiore.


La popolazione è cresciuta dai 4,4 miliardi del 1980 ai 7,1 miliardi nel 2013. Il consumo pro capite di energia è cresciuto da meno di 70 gigajoule a quasi 80 GJ all'anno. L'uso totale di energia è aumentata da 300 exajoule  a 550 EJ all'anno. Abbiamo usato tutta questa energia per estrarre materie prime (legno, pesce, minerali), per espandere la produzione di cibo (trasformando foreste in terreno coltivabile o pascolo, usando immense quantità di acqua dolce per l'irrigazione, mettendo fertilizzanti e pesticidi). E vediamo i risultati: gli oceani mondiali stanno morendo; le specie si stanno estinguendo mille volte di più del tasso naturale e il clima globale sta sbandando verso il caos man mano che processi di retroazione autorinforzanti (compresa la fusione polare e il rilascio di metano). Il movimento ambientalista ha risposto all'ultimo sviluppo adottando una concentrazione estrema sulla riduzione delle emissioni di carbonio. Cosa sicuramente comprensibile, visto che il riscaldamento globale costituisce la minaccia ecologica più pervasiva e potenzialmente mortale di tutta la storia umana. Ma i sostenitori della “crescita verde”, che tendono a dominare le discussioni sull'ambiente (a volte esplicitamente ma più spesso implicitamente), ci dicono che la soluzione è semplicemente cambiare fonte energetica e scambiarsi crediti di carbonio. Se facciamo queste cose facili possiamo continuare ad espandere la popolazione e il consumo pro capite senza preoccupazioni.

Nella realtà, cambiare completamente le nostre fonti di energia non sarà facile, come ho spiegato in un lungo saggio recente. E mentre il cambiamento climatico è la mega crisi dei nostri tempi, il carbonio non è la nostra sola nemesi. Se il riscaldamento globale minaccia di minare la civiltà, la stessa cosa fa il suolo, l'acqua potabile e l'esaurimento dei minerali. Questi potrebbero solo impiegare un po' più di tempo. La matematica della crescita composta porta ad assurdità (un essere umano ogni metro quadrato di superficie terrestre per il 2750 al nostro attuale tasso di aumento della popolazione) e alla tragedia. Se messi a confronto con questa semplice matematica, i verdi brillanti diranno: “Be' sì, alla fine ci sono limiti alla popolazione e alla crescita del consumo. Ma dobbiamo crescere ancora un po' adesso, per affrontare il problema della disuguaglianza economica e per assicurarci di non calpestare i diritti alla riproduzione delle persone. Dopo, una volta che tutti nel mondo hanno abbastanza, parleremo di stabilizzazione. Per ora, sostituzione ed efficienza si occuperanno dei nostri problemi ambientali”. Forse i verdi brillanti (o dovrei dire pseudo verdi?) hanno ragione nel dire che “meno” è un messaggio che non si vende. Ma offrire non soluzioni confortanti al nostro dilemma collettivo non ottiene nulla. Forse la prescrizione della decrescita è destinata a fallire nell'alterare la traiettoria complessiva della civiltà ed è troppo tardi per evitare una collisione grave coi limiti del pianeta. Perché, allora, continuare a parlare di quei limiti e sostenere l'autolimitazione umana? Riesco a pensare a due buone ragioni. La prima è che i limiti sono reali. Quando evitiamo di parlare di parlare di ciò che è reale semplicemente perché è scomodo farlo, segniamo il nostro destino. Io, per esempio, mi rifiuto di bere quella particolare partita di Kool-Aid. La seconda e più importante ragione è: se non possiamo evitare del tutto la collisione, facciamo almeno in modo di imparare da essa – e facciamolo più rapidamente possibile.

Tutte le società indigene tradizionali alla fine hanno imparato l'autolimitazione, se restavano abbastanza a lungo nello stesso luogo. Hanno scoperto, attraverso prove ed errori, che superare la capacità di carico della propria terra portava a conseguenze terribili. E' per questo che i popoli tradizionali appaiono a noi moderni come degli ecologisti intuitivi: essendo stati ripetutamente colpiti dall'esaurimento delle risorse, dalla distruzione dell'habitat, dalla sovrappopolazione e dalle conseguenti carestie, alla fine si sono resi conto che il solo modo di evitare di venire colpiti ancora era di rispettare i limiti della natura limitando la riproduzione e proteggendo le altre forme di vita. Noi abbiamo dimenticato quella lezione, perché la nostra civiltà è stata costruita da persone che hanno con successo conquistato, colonizzato e poi si sono spostate altrove per fare la stessa cosa di nuovo. E perché ci stiamo godendo il dono una tantum dei combustibili fossili che ci rendono potenti per fare cose che nessuna società precedenti si erano nemmeno sognate. Siamo giunti a credere nella nostra onnipotenza, eccezionalità ed invincibilità. Ma ora abbiamo finito i luoghi da conquistare e il meglio dei combustibili fossili è esaurito. Mentre ci scontriamo coi limiti della Terra, la prima risposta di riflesso di molte persone sarà quella di cercare di trovare qualcuno a cui dare la colpa. Il risultato potrebbero essere guerre e caccia alle streghe. Ma il conflitto sociale ed internazionale peggiorerà soltanto la nostra miseria. Una cosa che potrebbe aiutare sarebbe una conoscenza ampiamente diffusa del fatto che il nostro dilemma è in gran parte il risultato dell'aumento dei membri umani e dell'aumento degli appetiti rispetto alle risorse che stanno scomparendo e che solo l'autolimitazione cooperativa eviterà una lotta ad oltranza. Possiamo imparare, la storia lo mostra. Ma in questo caso dobbiamo imparare alla svelta. Quindi a portare faticosamente lo stesso vecchio messaggio in quanti più modi diversi mi è possibile, aggiornandolo man mano che gli eventi si dipanano. Ed io suono il mio violino – con un arco di fibra di carbonio.

lunedì 6 aprile 2015

La ricerca del capro espiatorio

Dalla pagina FB di Bodhi Paul Chefurka. Traduzione di MR

L'antropologo Ernest Becker (1924-1974) fornisce un punto di vista molto interessante sulle questioni di moralità e comportamento umano nel suo libro postumo “Fuga dal Male”. Becker ha usato un contesto psicoanalitico basato sul lavoro di Otto Rank e Norman O. Brown ed ha concluso che gli uomini fanno del male a causa delle, non nonostante le, buone intenzioni. La breve presentazione è una cosa del genere:

"Gli esseri umani sono i soli animali consapevoli della propria morte. Ciò è terrificante per noi e, per ridurre l'ansia, facciamo tutto ciò che possiamo per garantire la nostra sopravvivenza, come individui o come gruppi sociali in cui proiettiamo la nostra individualità collettiva. Questo impulso a trascendere la nostra morte, di cui abbiamo preso consapevolezza, ci porta a compiere atti eroici costruttivi nel tentativo di raggiungere un qualche tipo di immortalità. Ci porta anche a proiettare qualsiasi rischio percepito per la nostra sopravvivenza verso l'esterno, su altri gruppi o individui. Questi comportamenti di ricerca di un capro espiatorio e di sacrificio hanno l'intento inconscio di purificare l'ambiente fisico e psicologico in cui viviamo.  

Gli esempi di atti eroici costruttivi abbondano – la civiltà stessa ricade in questa categoria. Esempi recenti di ricerca del capro espiatorio comprendono i neri, gli ebrei, i musulmani e gli atei, la CIA, i socialisti, i capitalistivirtualmente ogni gruppo identificabile ha funto da capro espiatorio per qualche altro gruppo. Gli esempi indigeni di sacrificio includono il sacrificio umano rituale, i festeggiamenti ritualizzati, l'etica del “niente prigionieri” in combattimento e il Potlatch (sacrificio di cibo e beni)". 

Becker traccia questo effetto psicologico attraverso la storia e vede il suo zampino nella cultura militarista e del consumismo usa e getta così come nelle culture indigene. Mi attengo ancora al mio punto di vista per cui le origini della moralità, specialmente nelle sue specificità, si possono trovare nelle storie regionali e negli ambienti biofisici locali. Le scelte morali che la collettività allargata ritiene permissibili sembrano essere limitate da coloro che promuovono i sistemi di credenze eroiche che sconfiggono la morte come descritto da Becker. Questo dominio limitato del moralmente permissibile è intrecciato con la serie limitata di scelte orientate alla crescita che sono permissibili nei domini economico e sociale. I due sembrano sostenersi a vicenda. Tali scelte eroiche, morali ed economiche sembrano richiedere l'esistenza di un surplus di risorse nell'ambiente naturale come punto di partenza. La ricerca pubblicata nel 2003 da Dwight Read e Steven LeBlanc osserva che sia conflitto che crescita nelle società ad alta crescita sono bassi quando ci sono poche risorse disponibili, come affermato nella seguente citazione:

“I gruppi di cacciatori_raccoglitori che vivono in aree a bassa densità di risorse è più probabile che mostrino una stabilità demografica a lungo termine e più alta è la densità di risorse, più è probabile il verificarsi di conflitti fra gruppi o di limiti alla crescita malthusiani come malattie e fame”. 

Suggerirei anche che gli ambienti a basse risorse sono un fattore primario nello sviluppo di vari codici morali che riducono la crescita ed onorano la Terra. Ciò spiega la progressiva perdita di questo aspetto della nostra moralità man mano che il nostro accesso alle risorse della Terra è aumentato. Sfortunatamente, le conclusioni di Becker mi lasciano ancora più convinto che l'inizio dei limiti delle risorse globali si dimostrerà psicologicamente dannoso su una scala molto ampia, in quanto diventa impossibile negare la morte imminente del nostro gruppo di appartenenza primario, l'Homo Sapiens. Questa consapevolezza porterà probabilmente ad un'orgia di capri espiatori e le prime avvisaglie di quest'onda sono già visibili. Vedremo probabilmente un'orgia parallela di consumo sacrificale, identico nell'origine psicologica ma molto più ampio, su scala fisica, delle iconiche teste di pietra dell'Isola di Pasqua.

https://www.academia.edu/819616/Population_growth_carrying_capacity_and_conflict

sabato 4 aprile 2015

Marzo 2015: più guerre per il petrolio

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

l'evento che ha segnato di più lo scorso mese, per quanto concerne i temi che vengono trattati su questo blog, è stata l'internazionalizzazione del conflitto in Yemen. Dalla fine del 2014 la situazione di guerra civile in quel paese era già chiara, ma è stato solo quando il presidente di ciò che rimaneva della struttura statale ha abbandonato la capitale e il paese, assediato da una fazione sciita, che i paesi circostanti, specialmente l'Arabia Saudita, non si sono decisi ad agire. In tempo record, una coalizione di 15 paesi arabi, condotta dall'Arabia Saudita, ha dato inizio ad un'ondata di attacchi aerei senza decidersi ancora ad invadere il paese, nonostante alcune scaramucce alla frontiera.

venerdì 3 aprile 2015

Come va il mercato immobiliare italiano? Non tanto bene.....

(origine del grafico)

Comunque la si voglia mettere, non va bene. Gli ultimi dati ISTAT parlano di una perdita del 4.2% per il 2014, rispetto al 2013. Al crollo dei prezzi che dura ormai dal 2009, si aggiunge il crollo del numero delle compravendite, più che dimezzate rispetto ai tempi d'oro.

C'è chi vede il bicchiere mezzo pieno. In effetti, se il mercato è ciclico, come lo è stato negli ultimi 50 anni, circa, sarebbe tempo di iniziare un nuovo ciclo positivo e qualche dato sembra indicarlo. D'altra parte, l'ultimo ciclo ha ha mala pena compensato il penultimo; non è affatto detto che il prossimo faccia meglio di così. E non è detto che ci sarà un ciclo del genere.

Insomma, chi ha comprato al picco dell'ultimo ciclo, difficilmente riprenderà mai quello che ha investito e se dovesse vendere adesso (posto che ci riesca) avrebbe perso un buon 25% dell'investimento. Ma forse eviterebbe guai peggiori.







Il problema del debito man mano che raggiungiamo i limiti del petrolio

DaOur Finite World”. Traduzione di MR

Di Gail Tverberg

(Questa è la terza parte della mia serie – Una nuova teoria di energia ed economia. Questi sono i link alla prima e alla seconda parte).

Molti lettori mi hanno chiesto di spiegare il debito. Essi si chiedono anche “Perché non possiamo semplicemente cancellare il debito e ricominciare da capo?” se stiamo raggiungendo i limiti e questi limiti minacciano di destabilizzare il sistema. Per rispondere a queste domande, devo parlare del tema delle promesse in generale, non solo quello che chiameremmo debito. In un certo senso, il debito ed altre promesse sono ciò che tiene insieme le nostra economia in rete. Il debito ed altre promesse permettono la divisione del lavoro, perché ognuno può “pagare” gli altri del gruppo per il lavoro con una promessa di qualche genere, piuttosto che con un pagamento immediato in beni.

L'esistenza del debito ci permette di avere molte forme di pagamento convenienti, come le banconote, le carte di credito e gli assegni. Indirettamente, le molte forme convenienti di pagamento permettono il commercio ed anche il commercio internazionale.



Figura 1. Cupola costruita con i Bastoncini di Leonardo

Ogni debito, e di fatto ogni promessa di qualsiasi tipo, comporta due parti. Dal punto di vista di una parte, l'impegno è quello di pagare una certa quantità (o una certa quantità più l'interesse). Dal punto di vista dell'altra parte, si tratta di un guadagno futuro – una quantità disponibile in un conto in banca, o una busta paga o un impegno da parte di un governo a pagare delle indennità di disoccupazione. Le due parti sono in un certo senso legate fra loro da questi impegni in un modo analogo a quello in cui gli atomi sono legati nelle molecole.

Non ci si può sbarazzare del debito senza sbarazzarsi dei benefici che il debito fornisce – il che è un enorme problema. E' stato scritto molto sulle bolle del debito ed i collassi del passato. La situazione che abbiamo di fronte oggi è diversa. In passato, l'economia mondiale stava crescendo, anche se un'area specifica stava raggiungendo i limiti, come per esempio la troppa popolazione in relazione al terreno agricolo. Anche se un'area locale collassava, il resto del mondo poteva andare avanti senza di loro. Ora, l'economia mondiale è molto più collegata, quindi un collasso in un'area condiziona anche altre aree. C'è molto più pericolo di un collasso diffuso. La nostra economia è costruita sulla crescita economica. Se la quantità di beni e servizi prodotti ogni anno comincia a scendere abbiamo un enorme problema. Ripagare i prestiti diventa molto più difficile.


Figura 2. Ripagare i prestiti è facile in un'economia in crescita, ma molto più difficile in un'economia in contrazione.

Infatti, in un'economia in contrazione, le promesse che non sono debito, come le promesse di pagare le pensioni e le spese mediche per gli anziani come parte delle tasse, diventano a loro volta più difficili da pagare. La quantità che ci resta di spese voluttuarie diventa molto inferiore. Queste pressioni tendono a spingere un'economia ulteriormente verso la contrazione e rende le nuove promesse ancora più difficili da ripagare. 

La natura del debito

In senso allargato, il debito è una promessa di qualcosa di valore in futuro. Con questa definizione allargata, è chiaro che una banconota da 10 dollari è una forma di debito, perché è una promessa che ad un certo punto in futuro voi o, la persona a cui passate la banconota da 10 dollari, sarete capaci di scambiare la banconota da 10 dollari con qualcosa di valore. In un certo senso, anche le monete d'oro sono una promessa di valore per il futuro. Questa però non è necessariamente una promessa sulla quale possiamo contare. A volte in passato le le monete d'oro sono state confiscate. I derivati ed altri prodotti finanziari hanno a loro volta caratteristiche di debito. Per capire quanto sia importante il debito, dobbiamo pensare ad un'economia senza debito.

Un'economia del genere potrebbe avere un mercato centrale dove ognuno porta beni da scambiare. Ma anche in un'economia del genere, ci sarebbe un problema se non c'è una corrispondenza precisa delle necessità. Se porto mele e voi portate patate, possiamo scambiarcele a vicenda (“barattare”). Ma se voi non avete bisogno di patate? Potremmo avere la necessità di portare un terza persone nel cerchio, così ognuno di noi può ricevere ciò che vuole. Visto che il baratto è così complicato, non è mai stato usato per le transazioni quotidiane all'interno delle comunità

Un approccio che sembrava funzionare meglio è menzionato nel libro di David Graeber Debito: i primi 5.000 anni. Con questo sistema, un tempio gestiva un mercato. L'operatore del mercato forniva un “prezzo” per ogni oggetto, in termini di un'unità comune, come “stai di grano”. Ogni persona poteva portare beni al mercato (e forse anche servizi – lavorerò per un giorno in una vigna) e scambiarli con altri in base al valore. Non servivano in realtà “soldi” perché l'operatore prendeva una tavoletta d'argilla e su quella faceva il calcolo del valore in “stai di grano” che la stessa persona riceveva in cambio e si assicurava che le due cose combaciassero.

Naturalmente, appena permettiamo che “un giorno di lavoro” sia scambiato in questo modo, torniamo al problema delle promesse future e di assicurare che si verifichino realmente. Inoltre, se permettiamo ad una persona di riportare un bilancio da un giorno all'altro – per esempio portando una grande quantità di beni che non possono essere venduti in un giorno – entriamo nell'area delle promesse future. O se permettiamo ad un contadino di comprare semi a credito, con una promessa di ripagarli quando arriva il raccolto entro pochi mesi, ancora una volta entriamo nell'area della promesse future. Quindi anche in questa situazione semplice, dobbiamo essere capaci di gestire il problema delle promesse future. 

Promesse future anche prima del debito

Ogni qualvolta ci sia una divisione del lavoro, ci deve essere un accordo su come avrà luogo quella divisione – quali sono le responsabilità di ogni partecipante. Nel caso più semplice, ci sono i cacciatori-raccoglitori. Se c'è la decisione per cui gli uomini si occuperanno della caccia e le donne si occuperanno della raccolta e dei bambini, allora deve esserci un accordo su come funzionerà la disposizione. L'approccio usuale sembra sia stato una specie di “economia del dono”. In un'economia del genere, tutti condividevano qualsiasi cosa fossero in grado di ottenere con gli altri e guadagnavano lo status a seconda della quantità che potevano mettere in condivisione. Al posto del coinvolgimento di un debito formale, c'era un accordo tacito secondo cui se le persone volevano partecipare al gruppo dovevano seguire le regole dettate quella particolare cultura dettava, compreso, molto spesso, condividere tutto. Le persone che non seguivano le regole venivano escluse. A causa della difficoltà di vivere da soli in un ambiente del genere, chi lo era probabilmente moriva. Così, i partecipanti erano in un certo senso legati insieme dai costumi che sottostavano alle economie del dono.

Ad un certo punto, man mano che si è costruita più di un'economia, c'è stata la necessità di uno o più capi, così come un qualche modo di sostenerli finanziariamente. Così, si è presentato anche il bisogno di una specie di tassazione. Mentre la tassazione per sostenere il capo non veniva considerata debito, questa ha molte delle caratteristiche del debito. Si tratta di un obbligo di pagamento continuo. Il capo e gli altri membri del gruppo pianificano le loro vite come se questa situazione dovesse continuare. In un certo senso, i servizi di governo e la tassazione risultante aiutano a legare insieme l'economia.  

Benefici del debito

I benefici del debito sono davvero grandi, compresi i seguenti
  1. Il debito permette che si facciano transazioni che non avvengono esattamente nello stesso momento e luogo. Posso ordinare beni e farmeli consegnare a casa. Un datore di lavoro può pagarmi per un mese di lavoro con un assegno anziché dovermi dare cibo o altri articoli di baratto che corrispondono ad ogni ora che lavoro. Non c'è bisogno di avere miliardi di monete d'oro (o altre valute di metallo prestabilite) per facilitare qualsiasi transazione e di portarsele in giro. Ognuno di noi può avere un conto in banca. Dal punto di vista della banca, la quantità contenuta in un conto bancario è un obbligo (debito) dovuto al depositante. 
  2. Il debito addizionale dà potere d'acquisto addizionale ai singoli individui, ai governi o alle imprese. I fondi addizionali disponibili possono essere spesi immediatamente. Molto spesso, il rimborso (con gli interessi) viene spalmato su diversi anni, rendendo accessibili i beni che non lo sarebbero. Così il debito aumenta la “domanda” di beni ed anche di commodity usate per creare quei beni.
  3. Siccome il debito rende i beni più accessibili, il debito addizionale tende a “pompare” il prezzo dei beni. Questi prezzi più alti fanno sì che per le imprese valga la pena di piantare più acri di cibo. Il debito, in particolare il debito a basso costo, rende accessibile alle imprese la costruzione di nuove fabbriche e l'apertura di nuove miniere.
  4. Il debito permette un forte incremento dello standard di vita, come quello ottenuto aggiungendo carbone o petrolio ad un'economia. Il debito permette l'acquisto di beni che cambieranno sostanzialmente il futuro di una persona, come il passaggio in un nuovo paese, o l'acquisto di un'educazione universitaria, o l'acquisto di un veicolo per le consegne per far partire un'attività. Senza debito, è improbabile che sarebbe mai stato possibile estrarre i combustibili fossili; i consumatori non sarebbero mai stati in grado di permettersi i beni forniti dai combustibili fossili e le imprese avrebbero avuto difficoltà a finanziare le molte nuove fabbriche necessarie per produrre i beni usando questi combustibili. Vedete il mio post Perché Malthus ha sbagliato la sua previsione.
  5. Aggiungere debito è auto-rinforzante. Supponete che una quantità considerevole di debito venga aggiunta per ciò che è considerato un buon obbiettivo, come estrarre petrolio in Nord Dakota. Le società petrolifere useranno il debito che ricevono per molti scopi diversi – compreso pagare i dipendenti, le royalty ai proprietari terrieri e le tasse allo stato. I dipendenti compreranno nuove case ed automobili, stipulando prestiti. I residenti del Nord Dakota che ricevono le royalty potrebbero decidere di stipulare dei prestiti per ristrutturare le proprie case, aspettandosi che le royalty continueranno ad arrivare. Lo stato potrebbe sistemare le proprie strade con i propri proventi, dando ulteriore reddito (che potrebbe portare a nuovo debito) ai lavoratori stradali. Una catena di negozi potrebbe decidere di costruire un nuovo punto vendita (prendendo in prestito soldi per farlo), alimentando ulteriormente la catena. Ciò che accade è che, indirettamente, il debito delle nuove società petrolifere rende molte persone più ricche, almeno temporaneamente. Questi individui temporaneamente più ricchi possono “avere diritto” a prestiti più consistenti di quanto non sarebbe possibile diversamente, dando loro di più da spendere e permettendo ad altri ancora di avere diritto ai prestiti.  
  6. Accordi che non sono debito, ma più di debito subordinato, fanno sentire le persone più sicure del sistema attuale. Ci sono programmi assicurativi piani pensionistici e per i conti bancari, fino alla copertura di bilanci determinati per conto. Questi programmi assicurativi generalmente non contengono molti soldi, in confronto a ciò che assicurano. Ma fanno sentire bene le persone, specialmente se c'è un governo che potrebbe subentrare e prendere in consegna, al di là del reale finanziamento del programma assicurativo. 

Cosa c'è di sbagliato nel debito e in altre promesse finanziarie

  1. Come detto all'inizio del post, il debito funziona molto male se l'economia è in contrazione.
    Diventa impossibile ripagare il debito con gli interessi, senza ridurre il reddito voluttuario. I programmi governativi, come il servizio sanitario per gli anziani, diventa a sua volta più costoso in relazione ai redditi attuali. 
  2. I pagamenti degli interessi sul debito tendono a trasferire  ricchezza dai membri più poveri della società a quelli più ricchi.
    Gli economisti hanno avuto la tendenza ad ignorare il debito, perché rappresenta una transazione più o meno bilanciata fra due individui. Però rimane il fatto che i membri più poveri delle società si trovano particolarmente nella necessità di debito e molti pagano tassi di interesse molto alti. Coloro che prestano soldi tendono ad essere più ricchi. A causa di questo assetto, nel tempo i pagamenti degli interessi tendono ad aumentare le disparità di ricchezza. 
  3. Troppo spesso, il flusso dei pagamenti dal quale dipende il debito si dimostra insostenibile.
    Nell'esempio fatto sopra, tutti pensano che il petrolio del Nord Dakota continuerà per un po', quindi stipulano prestiti come se fosse così. Se invece non è così, c'è una situazione difficile. Nel caso dei prestiti studenteschi negli Stati Uniti, molti studenti non sono mai in grado di avere posti di lavoro con salari sufficientemente alti per pagare i prestiti ricevuti. 
  4. I governi tendono a implementare programmi che sono più costosi di quelli che potrebbero realmente permettersi sul lungo termine.
    Man mano che un'economia diventa più ricca (a causa dell'uso di più combustibili fossili), c'è una tendenza ad aggiungere nuovi programmi. Vengono aggiunte cure mediche e pensioni per gli anziani, così come le indennità di disoccupazione e livelli scolastici più avanzati. Sfortunatamente, è difficile stimare opportunamente quali saranno i costi a lungo termine di questi programmi. Inoltre, anche se i programmi fossero sostenibili con un alto livello di combustibili fossili, quasi sicuramente non lo sarebbero se la disponibilità di energia declina. E' virtualmente impossibile ritirare i programmi, anche se non sono garantiti, una volta che le persone pianificano la loro vita sui nuovi programmi. La Figura 3 mostra un grafico delle spese del governo ststunitense (tutti i livelli) in confronto ai salari (comprese le quantità pagate ai titolari delle aziende, compresi gli agricoltori). Uso questa base, piuttosto che il PIL, perché i salari non sono stati al passo col PIL negli ultimi anni. Le quantità mostrate comprendono programmi come la Sicurezza Sociale e le prestazioni sanitarie per gli anziani, in aggiunta alla spesa su cose come scuola, strade e assicurazione di disoccupazione.

                         
    Figura 3. Confronto di spese e entrate del governo statunitense (tutti i livelli insieme) sulla base dei dati dell'Ufficio per la Ricerca Economica degli Stati Uniti. 

    Chiaramente, le spese governative sono aumentate molto più rapidamente dei salari. Immagino che questo valga in molti paesi.
  5. Non c'è nessun collegamento reale fra quantità di debito emesso e ciò che verrà effettivamente prodotto in futuro.
    Ci viene detto che i soldi sono una riserva di valore e che questi trasferiscono il potere d'acquisto dal presente al futuro. In altre parole, non possiamo contare sui bilanci dei nostri conti in banca e, di fatto, in tutti i titoli cartacei straordinari. Questa storia è vera soltanto se l'economia può continuare a creare una quantità di beni e servizi crescente per sempre. Se, infatti, la produzione di beni e servizi scende drammaticamente (molto probabilmente perché i prezzi non possono crescere a sufficienza per incoraggiare una sufficiente estrazione di beni), abbiamo un grosso problema. Per ogni anno, tutto ciò che abbiamo a disposizione è la quantità reale di risorse che possono essere tirate fuori dal sottosuolo, più la quantità reale di cibo che può essere coltivato. Insieme, queste quantità determinano in che modo sono disponibili molti beni e servizi. I soldi fungono da distributori dei beni e dei servizi disponibili. Presumibilmente, le persone che lavorano all'estrazione e alla produzione di questi beni e servizi devono essere pagate per prime, o tutto il processo si fermerebbe. Questo lascia fondamentalmente le “rimanenze” da condividere fra coloro che ora sono sostenuti dagli i9ntroiti delle tasse e da coloro che possiedono titoli cartacei di qualche tipo. E' difficile immaginare che chiunque, oltre ai lavoratori che producono i beni e i servizi, avrà molto se perdiamo l'uso dei combustibili fossili. I lavoratori diventeranno meno efficienti e la produzione diminuirà troppo.  
  6. I derivati ed altri prodotti finanziari espongono il sistema finanziario a rischi significativi. Alcune grandi banche hanno scoperto di poter guadagnare introiti considerevoli vendendo derivati ed altri prodotti finanziari, permettendo alle persone o alle imprese essenzialmente di scommettere su certi risultati – come il crollo del prezzo del petrolio al di sotto di un dato prezzo, o la crescita molto rapida dei tassi di interesse, o una certa società che fallisce. Finché tutto va bene, non c'è un problema enorme. La preoccupazione ora è che con i prezzi dei beni che cambiano rapidamente, e i livelli delle valute che cambiano rapidamente, le società potrebbero fallire e potrebbero essere innescati grandi pagamenti. In teoria, alcuni di questi pagamenti potrebbero essere compensativi – i soldi dovuti da un cliente potrebbero compensare i soldi dovuti ad un altro cliente. Ma anche se fosse così, i default a volte possono impiegare anni per assestarsi. Potrebbero anche esserci problemi con molti dei prodotti con la capacità di una delle parti di pagare. Un particolare problema con molti dei prodotti è l'uso del modello tariffario di Black-Scholes. Questo modello è applicabile quando gli eventi sono indipendenti e distribuiti normalmente. Non è così quando ci avviciniamo ai limiti petroliferi e ad altri limiti di un mondo finito. 
  7. I governi tendono ad essere negativamente condizionati da un'economia in contrazione, quindi potrebbero essere di poco aiuto quando ci serve di più.
    Come osservato in precedenza, i pagamenti ai governi si comportano praticamente come il debito. Man mano che un'economia si contrae, i programmi che sembravano sostenibili in passato diventano meno sostenibili ed devono essere tagliati con urgenza. Così, i governi tendono ad avere problemi esattamente nello stesso momento in cui li hanno le banche ed altri prestatori. I governi dei paesi “sviluppati” ora hanno livelli di debito che sono alti per gli standard storici. Se c'è un'altra grossa crisi finanziaria, il piano sembra essere quello di usare salvataggi delle banche analoghi a quelli di Cipro, invece di salvare le banche usando il debito governativo. In un auto-salvataggio, i depositi bancari vengono scambiati col patrimonio della banca in fallimento. Per esempio, a Cipro il 37% dei depositi oltre i 100.000 euro sono stati trasformati in azioni di Classe A della banca. Questo approccio ha molte difficoltà. Le imprese hanno bisogno dei loro fondi, per scopi come il pagamento dei dipendenti e la costruzione di nuove fabbriche. Se i loro fondi vengono presi in un salvataggio interno, la capacità dell'impresa di andare avanti potrebbe esserne danneggiata. Anche i singoli consumatori dipendono dai loro conti bancari. Come osservato sopra, l'assicurazione sul deposito in teoria è disponibile, ma la vera quantità di fondi per questo scopo è molto bassa in confronto alla quantità potenzialmente a rischio. Quindi torniamo al problema se i governi possano e saranno in grado di salvare le banche ed altre istituzioni finanziarie dal fallimento. 
  8. Serve più debito per nascondere la mancanza di crescita economica in un'economia mondiale sofferente. Questo debito diventa sempre più difficile da ottenere, man mano che i salari ristagnano a causa dei ritorni decrescenti.
    Se i salari crescono abbastanza velocemente, i salari stessi possono essere usati per pompare la domanda di beni e così aumentare i prezzi. I nostri salari sono praticamente fermii salari medi sono diminuiti negli Stati Uniti. Se i salari non crescono a sufficienza, l'aumento del debito dev'essere usato per accrescere la domanda. Il debito sta crescendo lentamente nel settore famigliare, secondo le cifre compilate dal McKinsey Global Institute. Il debito delle famiglie è cresciuto solo del 2,8% all'anno fra il quarto trimestre del 2007 e il quarto trimestre del 2014, in confronto al 8,5% all'anno nel periodo fra il quarto trimestre del 2000 e il quarto trimestre del 2007. Anche includendo la domanda delle imprese, il debito non sta crescendo abbastanza rapidamente per mantenere alti i prezzi dei beni. Questa mancanza di crescita sufficiente del debito (e mancanza di crescita della domanda oltre al debito in crescita) sembra essere un motivo importante della diminuzione dei prezzi di molti beni dal 2011.
  9. Politica diversa rispetto ai tassi di interesse e quantitative easing  sembra avere la possibilità di fare a pezzi il sistema finanziario mondiale.
    In un'economia in rete, non allontanarsi troppo dallo status quo è un indubbio vantaggio. Se le politiche statunitensi hanno l'effetto di aumentare il valore del dollaro e le politiche di altri paesi hanno la tendenza ad abbassare le loro valute, l'effetto netto è quello di rendere il debito detenuto in altri paesi ma denominato in dollari statunitensi impagabile. E rende anche inaccessibile i beni venduti dalle società americane. L'economia, per come è oggi, è stato reso possibile da paesi che lavorano insieme. Con le sanzioni contro l'Iran e Russia, ci stiamo già allontanando da questa situazione. I prezzi del petrolio bassi ora stanno mettendo a rischio le economie degli esportatori di petrolio. Man mano che i paesi provano approcci diversi riguardo i tassi di interessi, questo aggiunge un'altra forza ancora, demolendo le economie. 
  10. L'economia comincia a comportarsi in modo molto strano quando troppo dell'attuale reddito è bloccato nel debito e in strumenti simili al debito.
    I modelli economici suggeriscono che se i prezzi del petrolio scendono, la domanda di petrolio crescerà in modo robusto e e l'offerta scenderà rapidamente. Se i produttori di petrolio sono protetti da contratti futuri che bloccano un prezzo alto, potrebbero non rispondere nella maniera attesa. Infatti, se sono obbligati a effettuare i pagamenti del debito,potrebbero continuare a trivellare anche quando altrimenti non avrebbe senso finanziario farlo. Analogamente, i consumatori sono a loro volta condizionati da impegni precedenti. Se gran parte del reddito dei consumatori è legato ai pagamenti del condominio, dell'auto e delle tasse, questi potrebbero non avere molta capacità di rispondere ai prezzi del petrolio più bassi. Al posto di aumentare le spese voluttuarie, i consumatori potrebbero saldare parte del loro debito con il loro reddito ritrovato.
Conclusione

Se l'attuale sistema economico collassa e diventa necessario crearne un altro, il nuovo sistema dovrà avere a che fare col fatto di avere una quantità di beni e servizi disponibili sempre minore per un periodo di transizione piuttosto lungo. Questo è uno dei grafici che ho mostrato in passato su come la crescita dei prodotti energetici, e quindi la crescita in beni e servizi, potrebbe apparire.


Figura 4. Stima della produzione di energia futura dell'autrice. Dati storici basati sulla BP adattati ai raggruppamenti della IEA. 

A causa di ciò, il nuovo sistema dovrà essere molto diverso da quello attuale. La maggior parte delle promesse dovranno essere di breve durata. I trasferimenti fra persone che vivono in una particolare area potrebbero ancora essere facilitati da un sistema finanziario, ma sarebbe difficile avere contratti a lungo termine e a lunga distanza. Di conseguenza, la nuova economia avrà probabilmente bisogno di essere molto più semplice di quella attuale. E' dubbio che possa includere i combustibili fossili. Molte persone chiedono perché non possiamo semplicemente cancellare il debito e ricominciare da capo. Fare questo probabilmente significherebbe cancellare anche tutti i conti in banca. Gran parte dei nostri attuali posti di lavoro probabilmente sparirebbe. Saremmo probabilmente senza rete elettrica e senza petrolio per le auto. Sarebbe molto difficile ricominciare da una situazione del genere. Dovremmo davvero ricominciare dal nulla. Non ho parlato delle distinzioni fra “fondi presi in prestito” e “patrimonio netto accumulato”. Una tale distinzione è a sua volta importante. Se ci sono problemi reali, tutto ciò che non è fisico finisce nella categoria generale di “ricchezza sulla carta”. Non possiamo contare sulla ricchezza sulla carta (o, in quel campo, su nessuna ricchezza) sul lungo termine. Ogni anno, la quantità di beni e servizi che l'economia può produrre è limitata dalle prestazioni dell'economia stessa, dati i limiti che stiamo raggiungendo. Se la quantità di questi beni e servizi comincia a crollare rapidamente, i governi potrebbero fallire, in aggiunta ai nostri problemi coi default del debito. Coloro che hanno ricchezza sulla carta non possono contare di ricevere molto. I lavoratori che producono qualsiasi bene e servizio che vengono realmente prodotti dovranno probabilmente essere pagati per primi.   

giovedì 2 aprile 2015

10 buone ragioni per non trivellare

Un interessante articolo di Giuliano Garavini che si fa tutte le domande giuste. Dal blog dell'associazione "Paolo Sylos Labini"



Un articolo di Giuliano Garavini

Il decreto legge chiamato “sblocca Italia”, tra le altre cose, è anche un decreto “sblocca trivelle”.  Le decine di migliaia di cittadini che vi sono opposti in tutta Italia sono stati definiti con disprezzo “comitatini”.

Ecco dieci buone ragioni per interrompere da subito esplorazioni e trivellazioni sia in Adriatico che sulla terraferma.

1. Oggi l’offerta mondiale di petrolio è maggiore della domanda. Il prezzo del Brent si aggira sui 55 dollari al barile, meno della metà della sua quotazione a giugno del 2014. In queste circostanze lasciare il petrolio sottoterra è il modo migliore per valorizzarlo. Estrarlo è invece il modo migliore per sperperare una ricchezza non rinnovabile che in futuro varrà di più.

2. Non solo non si dovrebbe procedere a nuove trivellazioni, ma lo Stato dovrebbe imporre ai pozzi in funzione di ridurre la produzione. Se c’è troppo petrolio e i prezzi calano in modo abnorme, bisogna produrne di meno in previsione di tempi migliori. Si può fare e si deve fare: la regolazione statale della produzione l’hanno inventata e imposta per primi negli anni ’30 quel paradiso dei petrolieri che sono gli Stati Uniti, attribuendo il potere di controllo ad un’istituzione chiamata Texas Railroad Commission.

3. Le royalty pagate in Italia sulla produzione di greggio sono oltraggiosamente basse: tra il 7 e il 10 per cento per il petrolio su terra e il 4 per cento per quello in mare. A questo si aggiunge lo scandalo che le prime 20mila tonnellate di petrolio prodotto su terraferma e 50mila prodotte in mare sono del tutto esenti royalties! Le royalties non hanno nulla a che vedere con le tasse (quelle che le società pagano sui loro profitti). Esse rappresentano il corrispettivo che gli operatori (società petrolifere) pagano al proprietario del terreno per sfruttare una risorsa naturale esauribile. In tutto il mondo (tranne negli Stati Uniti) il proprietario del terreno è lo Stato. l voler seguire l’esempio della Germania le royalty pagate in Bassa Sassonia sono oggi del 37 per cento! La prima cosa da fare è raddoppiare le royalties al 20 per cento. Ogni punto di royalty meno del 20 per cento è un furto ai danni dei cittadini italiani. La produzione del tutto esente da royalty è un furto con scasso.

4. Gli italiani non traggono alcun beneficio diretto dal consumare petrolio prodotto sul territorio nazionale. Al consumatore italiano non cambia nulla, una volta che fa il pieno dal benzinaio, che il petrolio venga dalla Basilicata o dal Golfo Persico. Tanto vale comprarlo nei Paesi dove esso può essere prodotto con minori danni per l’ambiente e a costi molto più bassi. Quelli che parlarono di “sicurezza energetica” in relazione al gas e al petrolio prodotto in Italia sono comici involontari. L’Italia potrebbe garantirsi la “sicurezza energetica” solo in due modi: smettendo di utilizzare del tutto le energie fossili o tornando a colonizzare la Libia.

5. Secondo gli studi di Nomisma, gli unici effettuati (Prodi è tra i grandi sponsor delle trivellazioni), lo Stato incasserebbe da un raddoppio della produzione di idrocarburi circa 1,2 miliardi di euro l’anno per i prossimi dieci anni. Ma lo studio era del 2014, prima del tracollo dei prezzi del petrolio! Oggi queste stime andrebbero per lo meno dimezzate a 600 milioni di euro l’anno. Dunque si tratterebbe di un introito, certo interessante in tempo di vacche magre, ma assolutamente irrisorio se comparato alla liquidazione delle riserve italiane: un patrimonio per le generazioni future cui finora abbiamo lasciato in eredità solo un bel cumulo di debito pubblico.

6. Nessuno ci ruba il nostro petrolio. Questo lo dicono i gran maestri delle trivellazioni con in testa (scusate il gioco di parole) Chicco Testa. Testa e sodali affermano che in Adriatico, se non lo fanno gli italiani, saranno i Croati ad estrarre il nostro gas e il nostro petrolio ciucciandocelo via da sotto il naso. Cito il Presente di Federpetroli Marsiglia che di idrocarburi dovrebbe intendersene: “Un giacimento è molto vasto, formato da vari pozzi. Sono stupidaggini di persone non competenti quando si legge che la Croazia ci ruberà il nostro petrolio. Non perdiamo idrocarburo”.

7. Argomento ricorrente dei trivellatori è che gas e petrolio italiani ridurrebbero la bolletta energetica degli italiani. A parte che questo sarebbe vero solo se a produrre idrocarbuti fosse unicamente l’ENI (cosa che non è). Bisogna poi capire quanti dei soldi intascati dall’ENI restino effettivamente nel nostro Paese reinvestiti per creare occupazione e nella ricerca, quanti finiscano nella casse di società controllate di ENI, magari in Olanda, o peggio vengano utilizzati per pagare tangenti in Algeria o in Nigeria.

8. Il patrimonio paesaggistico, storico e artistico dell’Italia è, oltre che un bene comune da preservare, anche una fonte di reddito indiscutibilmente superiore a qualsiasi possibile incasso dalle vendita di idrocarburi. Visitando una piattaforma ENI in Adriatico posso testimoniare che l’azienda presta la massima attenzione alla sicurezza e che il personale tecnico della società è degno della massima fiducia. Ma si riuscisse pure a scongiurare ogni possibile fuoriuscita di gas o di olio, si riuscisse a mitigare l’impatto sull’ambiente marino delle trivellazioni, come si fa a non tenere in considerazione l’impatto di centinaia di piattaforme in mezzo al piccolo mare Adriatico? E cosa resterà di questo cimitero di ferro arrugginito una volta terminato il proprio lavoro di suzione? Difficile non ritenere questo scenario una terribile pubblicità negativa per il turismo.

9. L’Italia è un Paese densamente popolato, a forte rischio idrogeologico, soggetto a terremoti. Ogni volta che la terra si scuote riprendono i dibattiti scientifici sul ruolo delle estrazioni di petrolio e di gas e delle “reiniezioni” nei pozzi nello stimolare i terremoti. Ancora una volta: perché non comprare petrolio da Paesi che sono semidesertici e che dai proventi della vendita degli idrocarburi, pagati il loro giusto prezzo, possono ricavare le risorse che servono sia per sostentare al meglio la propria popolazione che per approfittare della manifattura e delle competenze italiane? Anche in Paesi come l’Algeria, che dipendono in tutto dagli introiti degli idrocarburi, vi sono vivaci e coraggiosissime proteste contro il fracking in pieno deserto. Non dovremo dare l’esempio anche noi prendendoci cura del nostro territorio?

10. La vera fonte energetica del futuro, prima ancora delle rinnovabili, è il “risparmio energetico”. Questa è una frontiera che ha praterie davanti a sé e nella quale dovrebbero investire le imprese energetiche italiane, diversificando opportunamente la propria attività. A me, per esempio, fa piacere vedere ENI associata al car-sharing. Solo dal risparmio energetico può nascere un vero beneficio per la bolletta energetica dell’Italia, accoppiata ad miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Il binomio perfetto. Occorre permettere alle società energetiche di guadagnare sul risparmio energetico, sulle nuove tecnologie e sull’efficienza delle infrastrutture. Regalare loro petrolio va nella direzione opposta.