Un interessante articolo di Giuliano Garavini che si fa tutte le domande giuste. Dal blog dell'associazione "Paolo Sylos Labini"
Un articolo di Giuliano Garavini
Un articolo di Giuliano Garavini
Il decreto legge chiamato “sblocca Italia”, tra le altre cose, è anche un decreto “sblocca trivelle”. Le decine di migliaia di cittadini che vi sono opposti in tutta Italia sono stati definiti con disprezzo “comitatini”.
Ecco dieci buone ragioni per interrompere da subito esplorazioni e trivellazioni sia in Adriatico che sulla terraferma.
1. Oggi l’offerta mondiale di petrolio è
maggiore della domanda. Il prezzo del Brent si aggira sui 55 dollari al
barile, meno della metà della sua quotazione a giugno del 2014. In
queste circostanze lasciare il petrolio sottoterra è il modo migliore per valorizzarlo. Estrarlo è invece il modo migliore per sperperare una ricchezza non rinnovabile che in futuro varrà di più.
2. Non solo non si dovrebbe procedere a nuove trivellazioni, ma lo Stato dovrebbe imporre ai pozzi in funzione di ridurre la produzione.
Se c’è troppo petrolio e i prezzi calano in modo abnorme, bisogna
produrne di meno in previsione di tempi migliori. Si può fare e si deve
fare: la regolazione statale della produzione l’hanno inventata e
imposta per primi negli anni ’30 quel paradiso dei petrolieri che sono
gli Stati Uniti, attribuendo il potere di controllo ad un’istituzione
chiamata Texas Railroad Commission.
3. Le royalty pagate in Italia
sulla produzione di greggio sono oltraggiosamente basse: tra il 7 e il
10 per cento per il petrolio su terra e il 4 per cento per quello in
mare. A questo si aggiunge lo scandalo che le prime 20mila tonnellate di petrolio prodotto su terraferma e 50mila prodotte in mare sono del tutto esenti royalties! Le royalties
non hanno nulla a che vedere con le tasse (quelle che le società pagano
sui loro profitti). Esse rappresentano il corrispettivo che gli
operatori (società petrolifere) pagano al proprietario del terreno per
sfruttare una risorsa naturale esauribile. In tutto il mondo (tranne
negli Stati Uniti) il proprietario del terreno è lo Stato. l voler
seguire l’esempio della Germania le royalty pagate in Bassa Sassonia sono oggi del 37 per cento! La prima cosa da fare è raddoppiare le royalties al 20 per cento. Ogni punto di royalty meno del 20 per cento è un furto ai danni dei cittadini italiani. La produzione del tutto esente da royalty è un furto con scasso.
4. Gli italiani non traggono alcun
beneficio diretto dal consumare petrolio prodotto sul territorio
nazionale. Al consumatore italiano non cambia nulla, una volta che fa il
pieno dal benzinaio, che il petrolio venga dalla Basilicata o dal Golfo
Persico. Tanto vale comprarlo nei Paesi dove esso può essere prodotto
con minori danni per l’ambiente e a costi molto più bassi. Quelli che parlarono di “sicurezza energetica” in relazione al gas e al petrolio prodotto in Italia sono comici involontari.
L’Italia potrebbe garantirsi la “sicurezza energetica” solo in due
modi: smettendo di utilizzare del tutto le energie fossili o tornando a
colonizzare la Libia.
5. Secondo gli studi di Nomisma,
gli unici effettuati (Prodi è tra i grandi sponsor delle
trivellazioni), lo Stato incasserebbe da un raddoppio della produzione
di idrocarburi circa 1,2 miliardi di euro l’anno per i prossimi dieci
anni. Ma lo studio era del 2014, prima del tracollo dei prezzi del
petrolio! Oggi queste stime andrebbero per lo meno dimezzate a 600 milioni di euro l’anno.
Dunque si tratterebbe di un introito, certo interessante in tempo di
vacche magre, ma assolutamente irrisorio se comparato alla liquidazione
delle riserve italiane: un patrimonio per le generazioni future cui
finora abbiamo lasciato in eredità solo un bel cumulo di debito
pubblico.
6. Nessuno ci ruba il nostro petrolio.
Questo lo dicono i gran maestri delle trivellazioni con in testa
(scusate il gioco di parole) Chicco Testa.
Testa e sodali affermano che in Adriatico, se non lo fanno gli
italiani, saranno i Croati ad estrarre il nostro gas e il nostro
petrolio ciucciandocelo via da sotto il naso. Cito il Presente di Federpetroli Marsiglia che di idrocarburi dovrebbe intendersene: “Un giacimento è molto vasto, formato da vari pozzi. Sono stupidaggini di persone non competenti quando si legge che la Croazia ci ruberà il nostro petrolio. Non perdiamo idrocarburo”.
7. Argomento ricorrente dei trivellatori
è che gas e petrolio italiani ridurrebbero la bolletta energetica degli
italiani. A parte che questo sarebbe vero solo se a produrre
idrocarbuti fosse unicamente l’ENI (cosa che non è). Bisogna poi capire
quanti dei soldi intascati dall’ENI restino effettivamente nel nostro
Paese reinvestiti per creare occupazione e nella ricerca, quanti
finiscano nella casse di società controllate di ENI, magari in Olanda, o
peggio vengano utilizzati per pagare tangenti in Algeria o in Nigeria.
8. Il patrimonio paesaggistico,
storico e artistico dell’Italia è, oltre che un bene comune da
preservare, anche una fonte di reddito indiscutibilmente superiore a
qualsiasi possibile incasso dalle vendita di idrocarburi.
Visitando una piattaforma ENI in Adriatico posso testimoniare che
l’azienda presta la massima attenzione alla sicurezza e che il personale
tecnico della società è degno della massima fiducia. Ma si riuscisse
pure a scongiurare ogni possibile fuoriuscita di gas o di olio, si
riuscisse a mitigare l’impatto sull’ambiente marino delle trivellazioni,
come si fa a non tenere in considerazione l’impatto di centinaia di
piattaforme in mezzo al piccolo mare Adriatico? E cosa resterà di questo
cimitero di ferro arrugginito una volta terminato il proprio lavoro di
suzione? Difficile non ritenere questo scenario una terribile pubblicità
negativa per il turismo.
9. L’Italia è un Paese densamente popolato, a forte rischio idrogeologico, soggetto a terremoti. Ogni volta che la terra si scuote riprendono i dibattiti scientifici
sul ruolo delle estrazioni di petrolio e di gas e delle “reiniezioni”
nei pozzi nello stimolare i terremoti. Ancora una volta: perché non
comprare petrolio da Paesi che sono semidesertici e che dai proventi
della vendita degli idrocarburi, pagati il loro giusto prezzo, possono
ricavare le risorse che servono sia per sostentare al meglio la propria
popolazione che per approfittare della manifattura e delle competenze
italiane? Anche in Paesi come l’Algeria, che dipendono in tutto dagli
introiti degli idrocarburi, vi sono vivaci e coraggiosissime proteste contro il fracking in pieno deserto. Non dovremo dare l’esempio anche noi prendendoci cura del nostro territorio?
10. La vera fonte energetica del futuro, prima ancora delle rinnovabili, è il “risparmio energetico”.
Questa è una frontiera che ha praterie davanti a sé e nella quale
dovrebbero investire le imprese energetiche italiane, diversificando
opportunamente la propria attività. A me, per esempio, fa piacere vedere
ENI associata al car-sharing. Solo dal risparmio energetico può nascere
un vero beneficio per la bolletta energetica dell’Italia, accoppiata ad
miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Il binomio
perfetto. Occorre permettere alle società energetiche di guadagnare sul
risparmio energetico, sulle nuove tecnologie e sull’efficienza delle
infrastrutture. Regalare loro petrolio va nella direzione opposta.