venerdì 20 marzo 2015

Il fattore EROI: come il declino della resa energetica dei combustibili fossili sta danneggiando l'economia

DaSRSRocco Report”. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)

C'è un grande malinteso oggi negli Stati Uniti che fa pensare che la tecnologia ci ha resi più efficienti sia nell'industria che nell'economia. Per esempio, gran parte di quelli di noi che hanno guidato lungo il Sistema delle Strade Interstatali statunitensi ha visto gli enormi trattori e mietitrebbie che lavorano il suolo del Midwest. Quando ci passiamo vicino, tendiamo a stupirci di come piccole squadre di agricoltori possano produrre tutto quel cibo col solo ausilio di attrezzature agricole di alta qualità. Mentre queste operazioni sembrano a prima vista molto efficienti, le nostre percezioni sono praticamente l'opposto della realtà.

L'efficienza della produzione di un particolare bene o servizio è collegata in realtà con la quantità di energia spesa nel suo sviluppo. L'EROI – Energy Return on Investment - è un eccellente indicatore della vera natura della nostra efficienza nel produrre ed usare energia. Che rifletta gli esiti del lavoro umano e animale o lo si trovi in una delle varie fonti di energie alle quali possiamo attingere quotidianamente per produrre beni e servizi, come petrolio, carbone, gas, eccetera, l'EROI di un particolare processo è la  stessa cosa. Questo termine è stato etichettato anche come EROEI – Energy Return on Energy Investment. Entrambi descrivono lo stesso principio.


Per esempio, i metodi agricoli preindustriali che utilizzano lavoro manuale o cavalli ed aratro forniscono fra 1 e 5 calorie di energia (cibo) per ogni caloria di energia consumata nel piantare e raccogliere. Dall'altra parte, la moderna industria della produzione alimentare, con un agricoltore che siede su un trattore John Deere con l'aria condizionata che è guidato dalla localizzazione satellitare, consuma incredibilmente 10 calorie di energia per ogni caloria di energia (cibo) consegnata al mercato.

La moderna produzione e distribuzione di cibo ora consuma 10 volte più energia di quella che fornisce. Scienziati “al corrente” come il professor Kent Klitgaard del Wells College e Charles Hall del SUNY College di Scienza Ambientale e Forestale considerano questa palese cattiva gestione delle risorse il cavallo di Troia dei nostri tempi **

Guardate con attenzione questo grafico*:



L'EROI del petrolio e gas del (specialmente negli Stati Uniti), sta crollando dai primi anni 30, cosa che ora ha cominciato ad infliggere una pressione forte su tutti i settori e le industrie dell'economia. Nel 1930, l'industria del petrolio e del gas poteva produrre 100 barili di petrolio per il mercato per ogni barile di costo energetico. Nel 1970, la produzione è crollata ad un rapporto di 30 a 1 e nel 2000 si trovava a soli 11 a 1.

Fondamentalmente, il crollo dell'EROI di petrolio e gas fornisce meno energia netta per il mercato. Così, ma mano che l'energia netta declina, i prezzi aumentano a causa dell'aumento dei costi di produzione l'economia. SRSRocco Report esplorerà e discuterà di come il crollo dell'EROI avrà un impatto sul futuro dell'economia così come fornirà idee su come proteggere la propria ricchezza.


** Vedi l'eccellente fonte di Hall e Klitgaard Energia e ricchezza delle nazioni: capire l'economia biofisica


* Nota: alcuni recenti risultati pubblicati da Hall e Gupta indicano che il declino dell'EROI dei combustibili fossili è stato meno forte di quanto mostrato nella figura. Le conclusioni proposte nell'articolo, tuttavia, non cambiano. (Hall, CAS, and Ajay Gupta. 2011. “A Review of the Past and Current State of EROI Data.” Sustainability 3: 1796–1809)


giovedì 19 marzo 2015

Le oscillazioni climatiche e la falsa pausa del riscaldamento globale

Dahuffingtonpost”. Traduzione di MR


Di Michael Mann

No, il cambiamento climatico non sta attraversando uno iato. No, attualmente non c'è una “pausa” del riscaldamento globale.

Nonostante le diffuse dichiarazioni di questo genere nei circoli degli oppositori, il riscaldamento antropogenico del globo procede senza sosta. Infatti, come riportato qui su The Huffington Post proprio il mese scorso, l'ultimo anno (2014) è stato probabilmente l'anno più caldo mai registrato.

E' vero che la superficie della Terra si è riscaldata un po' meno di quanto abbiano previsto i modelli negli ultimi due decenni e mezzo circa. Ciò non significa che i modelli siano sbagliati. Piuttosto, ciò indica una discrepanza che è probabilmente emersa da una combinazione di tre fattori principali (vedete la discussione sul mio pezzo dello scorso anno su Scientific American). Questi fattori includono la probabile sottostima del reale riscaldamento che si è verificato, a causa di lacune nei dati osservati. In secondo luogo, gli scienziati non hanno incluso nelle simulazioni del modello alcuni fattori naturali (eruzioni vulcaniche di basso livello ma persistenti e una piccola diminuzione dell'attività solare) che avevano un'influenza leggermente raffreddante sul clima terrestre. Infine, c'è la possibilità che le oscillazioni naturali interne della temperatura potrebbero aver mascherato parte del riscaldamento di superficie negli ultimi decenni, proprio come un'infiltrazione di aria artica può mascherare il riscaldamento stagionale della primavera durante un tardo episodio freddo. Lo si potrebbe chiamare “dissuasore di velocità” del riscaldamento globale. In effetti l'ho fatto.

Alcuni hanno sostenuto che queste oscillazioni abbiano contribuito in modo sostanziale al riscaldamento del globo negli ultimi anni. In un articolo i miei colleghi Byron Steinman, Sonya Miller ed io, nell'ultimo numero della rivista Science, mostriamo che la variabilità interna del clima ha in vece parzialmente compensato il riscaldamento globale. Ci siamo concentrati sull'Emisfero Nord ed il ruolo giocato dalle due oscillazioni climatiche conosciute come l'Oscillazione Atlantica Multidecennale o “AOM” (un termine da me coniato nel 2000, come ho raccontato nel mio libro La mazza da hockey e le guerre del clima) e la cosiddetta Oscillazione Pacifica Decennale  o “OPD” (noi usiamo un termine leggermente diverso – Oscillazione Pacifica Multidecennale o “OPM” per chiamare le caratteristiche più a lungo termine di questa oscillazione apparente). L'oscillazione nell'Emisfero Nord in temperature medie (che chiamiamo Oscillazione Multidecennale dell'Emisfero Nord o “OMEN”) si è scoperto che risulta da una combinazione della AOM e della OPM.

In numerosi studi precedenti, queste oscillazioni sono state collegate a qualsiasi cosa, al riscaldamento globale, alla siccità nella regione di Sahel in Africa, all'aumento dell'attività degli uragani nell'Atlantico. Nel nostro articolo, mostriamo che i metodi usati in gran parte se non in tutti questi studi precedenti, sono stati errati. Non danno la risposta corretta se vengono applicati alla situazione (una simulazione di un modello climatico) in cui la vera risposta è conosciuta.

Proponiamo e testiamo un metodo alternativo per identificare queste oscillazioni, che fa uso delle simulazioni climatiche usate nel più recente rapporto dell'IPCC (la cosiddetta simulazione “CMIP5"). Queste simulazioni sono usate per stimare la componente dei cambiamenti di temperatura dovuta all'aumento delle concentrazioni di gas serra e di altri impatti umani più gli effetti delle eruzioni vulcaniche e dei cambiamenti osservati nell'attività solare. Quando vengono rimosse tutte queste influenze, la sola cosa che rimane devono essere le oscillazioni interne. Mostriamo che il nostro metodo dà la risposta corretta se viene testato con le simulazioni dei modelli climatici.


Storia stimata della “AOM” (blu), del “OPM” (verde) e del “OMEN” (nero). Le incertezze sono indicate dalle ombreggiature. Notate come la AOM (blu) ha raggiunto un leggero picco di recente, mentre la OPM  sta scendendo molto drammaticamente. La seconda rappresenta la recente discesa precipitosa della OMEN. 

Applicando il nostro metodo alle osservazioni climatiche reali (vedi figura sopra), scopriamo che la OMEN ha attualmente una tendenza al ribasso. In altre parole, la componente oscillatoria interna sta attualmente compensando parte del riscaldamento dell'Emisfero Nord che altrimenti sperimenteremmo. Questa scoperta si espande sul nostro lavoro precedente giungendo a conclusioni analoghe, ma nello studio attuale localizziamo meglio la fonte della flessione. La tanto decantata AOM sembra avere dato un contributo relativamente piccolo ai cambiamenti di temperatura su vasta scala negli ultimi due decenni. La sua ampiezza è stata piccola e attualmente è relativamente piatta, avvicinandosi alla cresta di un piccolo picco verso l'alto. Ciò contrasta con la OPM, che tende nettamente verso il basso. E' quel declino della OPM (che è collegato alla predominanza di condizioni fredde di tipo La Niña nel Pacifico tropicale nell'ultimo decennio) che sembra responsabile del declino della OMEN, vedi il rallentamento del riscaldamento o la “falsa pausa” come l'ha definita qualcuno.

La nostra conclusione che il raffreddamento naturale nel pacifico è un contributo principale al recente rallentamento del riscaldamento su vasta scala è coerente con alcuni altri studi recenti, compreso uno studio sul quale ho commentato precedentemente mostrando che i venti più forti del normale nel pacifico tropicale durante il decennio scorso hanno condotto ad una maggiore risalita dell'acqua fredda di profondità nel Pacifico orientale equatoriale. Un altro lavoro Kevin Trenberth e John Fasullo del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica (CNRA) mostra che c'è stato un aumento dello sprofondamento del calore al di sotto della superficie nell'Oceano Pacifico in questo lasso di tempo, mentre un altro studio ancora di James Risbey e dei suoi colleghi dimostra che le simulazioni del modello che seguono più da vicino la sequenza di eventi osservata di El Niño e La Niña nell'ultimo decennio tendono a riprodurre il rallentamento del riscaldamento.

E' possibile che la flessione della OPM stessa rifletta una “risposta drammatica” del clima al riscaldamento globale. Infatti, ho suggerito questa possibilità in precedenza. Ma le simulazioni del modello climatico allo stato dell'arte analizzate nel nostro studio attuale suggeriscono che questo fenomeno è una manifestazione di oscillazioni interne puramente casuali al sistema climatico.

Questa scoperta ha ramificazioni potenziali per i cambiamenti climatici che vedremo nei prossimi decenni. Come osserviamo nell'ultima frase del nostro articolo:

Dati gli schemi della variazione storica passata, questa tendenza probabilmente si invertirà con la variabilità interna, andandosi ad aggiungere al riscaldamento antropogenico nei prossimi decenni.

Questa forse è l'implicazione più preoccupante del nostro studio, perché implica che la “falsa pausa” potrebbe semplicemente essere stata una causa di falsa compiacenza, quando si tratta di evitare il cambiamento climatico pericoloso.

Michael Mann è Professore Emerito di Meteorologia all'Università di Stato della Pennsylvania ed autore de La mazza da hockey e le guerre del clima: dispacci dalla linea del fronte (ora disponibile in edizione economica con una prefazione speciale di Bill Nye "The Science Guy").



mercoledì 18 marzo 2015

Cosa possiamo ancora imparare da “Star Trek”: una saga di armonia nella diversità

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Star Trek, una serie TV a basso costo. Modellini di cartone, pochi e semplici effetti speciali, un numero di attori ridotto sempre impegnato nello stesso set del ponte di comando di una astronave. Eppure, ha influenzato un'intera generazione. 


La morte di Leonard Nimoy, l'attore che impersonava Spock nella serie TV originale di “Star Trek” ha messo fine a un'era. Star Trek è stata la saga del XX secolo, un modo di vedere il mondo. Ad alcuni di noi potrebbe sembrare una visione del tutto obsoleta, oggi, ma deve averci raccontato qualcosa di profondo, di importante, se ha avuto così successo, se è stato così seguito, così venerato da così tante persone. Qual è stato quindi il segreto della serie? Non sono state le diavolerie tecnologiche, è stato il lato umano della storia. E' stata una storia che ci ha raccontato come fosse possibile avere armonia nella diversità.

Le origini letterarie di Star Trek risalgono all'Odissea, ma il suo antenato più prossimo è “Moby Dick” di Herman Melville. Con tutte le differenze del caso, le similitudini sono molte ed ovvie. Una è che il Pequod, la nave di Moby Dick, e la Enterprise, l'astronave di Star Trek, non attraccano da nessuna parte, vagabondano semplicemente sugli oceani e nello spazio interstellare. E, nonostante tutte le diavolerie tecnologiche coinvolte, il ponte di comando dell'Enterprise somiglia praticamente a quello di una nave del XIX secolo. (E forse, Ulisse in persona non si sarebbe trovato a disagio sulla sedia del capitano Kirk sull'Enterprise)-

E' stato osservato molte volte che il microcosmo di Melville riecheggia la struttura della società americana dei suoi tempi, una società che doveva integrare ed armonizzare i suoi diversi elementi culturali. Pensate al personaggio di Quequegg, l'isolano tatuato che appare molto presto nel racconto e che, in un certo senso, lo caratterizza. Ma se il Pequod è l'America, è anche una società che sta già affrontando i suoi limiti nella ricerca di una risorsa che sta scomparendo: le balene. E' per questo che ho descritto “Moby Dick” come “La più grande storia del picco del petrolio mai scritta”.

Con “Star Trek”, abbiamo di nuovo un microcosmo della società americana, anche se, in questo caso, è un microcosmo galattico. Ma questa società futura ha ancora di fronte il problema che aveva il Pequod, un problema sentito molto profondamente negli anni 60, quando è nata la serie: quello dei limiti dell'espansione umana. In Star Trek, gli esseri umani possono viaggiare nella Galassia ma non possono (o non vogliono) espandersi in essa. L'economia della “Federazione Unita dei Pianeti” sembra essere un'economia di stato stazionario, non sembra che siano ossessionati dalla crescita, di fatto potrebbero non usare nemmeno i soldi! In Star Trek non vediamo nessuna crescita economica, nessun aumento della popolazione, nessuna produzione industriale, nessun tentativo umano di sterminare razze aliene per colonizzare altri pianeti. La Enterprise salta di pianeta in pianeta senza fermarsi mai da nessuna parte, senza lasciare mai una traccia durevole al suo passaggio. E' come la scia lasciata dalla Pequod sul mare, che scompare senza lasciare traccie.

Con Star Trek, quindi, se il problema sono i limiti, e non si può continuare a sterminare alieni per impadronirsi dei loro pianeti, allora la soluzione è l'armonia nella diversità, come uno dei temi principali di “Moby Dick” con l'equipaggio multirazziale della Pequod. Il punto centrale di “Star Trek” non è la tecnologia, non è il futuro, sono le persone. Ed un personaggio in particolare: il primo ufficiale Spock, l'equivalente di Quequegg in Moby Dick. L'alieno da integrare e, allo stesso tempo, rispettare. Notate come la relazione del Capitano Kirk e Spock riflette quella di Quequegg e Ishmael di Moby Dick. In tutti e due i casi, i protagonisti riconoscono la loro rispettiva diversità culturale e si rispettano l'un l'altro. Come a bordo della Pequod, il ponte della Enterprise è un luogo in cui le diversità individuali non sonoignoraterifiutate, sono accettate e valorizzate. In Star Trek manca il personaggio negativo del Capitano Achab di Moby Dick, quindi enfatizza ancora di più i risultati positivi della collaborazione dei diversi individui. E' questo il “segreto” di Star trek: amonia nella diversità.

In un certo senso, il messaggio di Star Trek riecheggia quello dei “Limiti dello Sviluppo (Crescita)”, lo studio del 1972 che per primo ha quantificato i limiti fisici della crescita umana sulla superficie della terra. Lo studio è stato il risultato dell'intuizione di un uomo, Aurelio Peccei, che si è posto la domanda di come gli esseri umani potessero vivere in giustizia e prosperità su un pianeta limitato. La risposta che ha ottenuto dagli scienziati è stata un'affermazione dell'ovvio: la specie umana non può crescere per sempre in un pianeta finito. Poco è stato detto nello studio dei “Limiti” sul destino della specie umana al di là dei freddi grafici e delle tavole e questa è stata una delle ragioni della sua caduta nei decenni successivi alla sua pubblicazione. Ma Peccei non aveva in realtà chiesto dei grafici. Aveva posto una domanda a cui i computer non potevano rispondere a quel tempo e a cui non possono rispondere oggi. La vera risposta era che non ci serve crescere per sempre per vivere in armonia senza perdere la nostra diversità.

E' una risposta che Peccei aveva sicuramente in testa, ma che è stata messa in ombra, e alla fine persa, dal grande rumore creato dal dibattito sui Limiti della crescita. Ma forse possiamo ancora trovarla ancora ed uno dei luoghi in cui la possiamo trovare è nelle parole di Spock “Lunga vita e prosperità”. Semplicemente, potremmo vivere a lungo e prosperare se volessimo, ma non abbiamo imparato a farlo. Probabilmente non lo faremo mai e il ponte di comando dell'astronave Terra rimane occupato da psicopatici omicidi.

h/t ad Alexander Stefes per la discussione che mi ha portato a scrivere questo post.




martedì 17 marzo 2015

Declino energetico e allocazione delle risorse

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR


Cari lettori,

nelle ultime settimane ho percepito una certa ondata di commenti, su diversi forum di Internet (nel forum di Crashoil naturalmente, ma anche in commenti di notizie nei quotidiani ed altri media digitali) in cui si pretende di fare a meno del problema del declino energetico. In generale, questi commenti – molte volte dal tono dispregiativo e vessatorio, a volte perfino personalizzando gli attacchi contro le persone che, come me, ci dedichiamo a parlare di questi temi – di solito basano le loro “contro-argomentazioni” ai gravi problemi esposti qui su una qualche meraviglia tecnologica o risorsa favolosa che stanno per arrivare nelle nostre case. Così, un giorno si ricorre alla vecchia falsità della “sempre incombente” rivoluzione degli idrati di metano o clatrati, mentre altri danno un eco smisurato all'ultimo annuncio commerciale della società Tesla Motor o si fa girare la quintessenza del grafene. Qualche mese fa i temi di moda erano i reattori a fusione portatili o il riutilizzo delle plastiche per fare combustibile domestico (tema, di sicuro, già affrontato da tempo in questo blog). Seguendo il solito ordine nell'avvicendamento di messia energetici, nei prossimi mesi sentiremo parlare del grande potenziale dello sfruttamento dei residui e probabilmente di qualcosa collegata all'idrogeno, la fotosintesi artificiale o i miglioramenti nel rendimento dei pannelli solari. E così in un ciclo perpetuo in cui le tecno fantasie si avvicendano senza fine da un insieme di queste che dopotutto, come attestato dalla loro ripetizione continua, è abbastanza limitato.

Accenditi, sintonizzati, abbandonati

Dahowtosavetheworld.ca”. Traduzione di MR (h/t Paul Chefurka)

Di Dave Pollard


Sfondo da psp.88000.org 

Marshall McLuhan ha avuto l'idea giusta sul fatto di lottare per essere presenti in un mondo che è sempre più assente, inquieto, sconnesso e distratto. Il processo di passare dall'assenza mentale alla presenza, sto apprendendo, comporta tre fasi, catturate perfettamente nella celebre espressione “Accenditi, sintonizzati, abbandonati” (l'espressione è stata resa popolare da Timothy Leary, ma almeno secondo Wikipedia lui ha riconosciuto che è stata coniata da McLuhan).

lunedì 16 marzo 2015

La popolazione è il vero problema

Dalla pagina FB di Bodhi Paul Chefurka. Traduzione di MR


C'è una vecchia argomentazione ripetuta su cosa abbia più impatto sul pianeta – la popolazione o il consumo, i nostri numeri o i nostri livelli di attività. Ho creduto per diversi anni che i livelli di attività, o il consumo, siano il fattore chiave, uno che dovrebbe essere affrontato anche più urgentemente della crescita della popolazione. Tuttavia, sto per cambiare i miei punti di vista. Mentre il nostro consumo è di fatto la causa immediata dell'impatto ambientale umano, mi sono reso conto che la popolazione è in realtà la chiave del puzzle in alcuni modi non banali.

Gli scienziati Luis Bettencourt e Geoffrey West (ex direttore dell'Istituto Santa Fe) hanno pubblicato una serie di saggi sulla relazione dell'attività umana con le popolazioni delle città. Ciò che hanno scoperto è che le attività che si basano sulla creatività umana (comprese le attività economiche e di ricerca e sviluppo) hanno seguito una curva di crescita che è collegata alla popolazione. Man mano che la popolazione di una città aumenta, la sinergia raggiunta mettendo più persone in contatto più ravvicinato fra loro causa che i livelli della loro attività crescano più rapidamente della popolazione. Bettencourt e West hanno identificato un'equazione conosciuta come “legge di potenza” che ne descrive l'effetto, ne ho parlato brevemente in una nota su FB sul fenomeno dello scaling superlineare.

Di recente ho lavorato ulteriormente sulla connessione fra la nostra popolazione mondiale in crescita e la crescita dell'attività umana complessiva come viene rappresentata dal PIL a dollaro costante nel periodo dal 1950. Essenzialmente, ho considerato il mondo come una singola “città” la cui popolazione cresce nel tempo. Ciò che ho scoperto valida le scoperte di West e Bettencourt a livello globale. Man mano che la nostra popolazione cresce, la nostra attività economica creativa (e quindi il nostro impatto planetario) cresce anche più rapidamente, con una connessione di legge di potenza chiaramente osservabile fra le due. Inoltre, l'esponente che collega le due è altamente superlineare – un valore notevole di 2,65 negli ultimi 60 anni. In altre parole, quando la nostra popolazione raddoppia, la nostra attività economica, ed i suoi conseguenti impatti ambientali, aumenta di sei volte.

Il grafico dimostra questa connessione. La linea blu è il PIL reale dal 1950. La linea rossa mostra la curva del PIL da me calcolata derivata dalla sola popolazione mondiale usando l'equazione della legge di potenza mostrata nel grafico. Come potete vedere, la correlazione è notevolmente stretta.
Questo mi suggerisce che senza accordi internazionali draconiani per regolare l'attività economica, fino a quando la nostra popolazione continua a crescere, il nostro impatto sul pianeta continuerà a surclassarla. Ciò è dovuto alla sinergia creativa del numero di persone in aumento, che sono collegate sempre più da vicino all'interno della “città” globale, attraverso le reti di trasporto e comunicazione in espansione.

Le Erinni: mitologia del collasso della civiltà.

di Jacopo Simonetta.

Se ci fidiamo di Georges Dumézil, una delle peculiarità delle civiltà indo-europee è organizzare i concetti  per triadi.   Secondo l’illustre studioso, fra le mitologie derivate dalla (presunta) mitologia arcaica comune, quella greca è quella più aperta agli influssi ed ai “prestiti” provenienti da altre culture e tradizioni.
   Questo la rende una fonte poco affidabile per chi studia la tradizione indio-europea arcaica, ma in cambio la rende una fonte inesauribile di ispirazione e conoscenza.

Fra le numerose “triadi” della tradizione ellenica, ve ne sono alcune decisamente rilevanti, soprattutto fra le divinità ingiustamente definite “minori” dai libri di scuola.   Ingiustamente perché molte di queste divinità detengono invece un potere più antico e profondo di quello degli stessi Dei olimpici.

Questa singolare predilezione per il numero tre potrebbe risultare semplicemente dalla tradizione, ma sono molti i casi in cui i fenomeni naturali si presentano ad un’analisi scientifica contemporaneamente unici e triplici.  

In un mio precedente post ho proposto un’analogia fra le Parche e le tre leggi della termodinamica (sensu Roddier 2012).Qui vorrei parlare di un’altra triade della mitologia greca: le Erinni.   Solitamente chiamate Eumenidi, o con altri appellativi, per evitare di pronunciarne il nome.
Come molte altre divinità, sono nel numero di tre, ma costituiscono un’unità inscindibile.   Ma a differenza delle Chere, delle Arpie o delle Gorgoni, le Erinni vengono evocate dal compimento di un delitto particolarmente efferato, in particolare l’uccisione di uno od entrambi i genitori
Chi è perseguitato da esse non ha scampo.   Tutto ciò che farà per migliorare la propria sorte gli si ritorcerà contro, tutto ciò che gli dava piacere gli darà dolore, tutto ciò che gli dava speranza si dimostrerà catastrofico.   Finché diventerà pazzo; sarà travolto da una furia autodistruttiva che lo condurrà ad una morte orribile.

Molta letteratura ha interpretato queste divinità in chiave psicologica, cioè come personificazioni del rimorso.   E’ una delle molte chiavi di lettura possibili; un’altra è cercare realtà fisiche dietro il simbolo. Può il mito delle Erinni aiutarci a capire quello che sta accadendo a tutti noi ora?   Ovviamente, è opinabile, ma propongo la seguente corrispondenza.

Aletto ("l'incessante").    Sappiamo, o dovremmo sapere, che la nostra civiltà e la nostra stessa vita dipendono dalla disponibilità di risorse.   Risorse che ci permettono di fare cose diverse a seconda della loro natura, qualità e quantità, al netto del lavoro e delle risorse che dobbiamo impiegare per estrarle dall’ecosistema e trasformarle in modo da poterle utilizzare.    E sappiamo, o dovremmo sapere, che cominciamo ad avere dei problemi seri con parecchie delle risorse principali e meno sostituibili come acqua, suolo, biodiversità, petrolio, ecc.

Tisifone ("la vendicatrice").   Tutto ciò che proviene da una qualche forma di fonte, finisce dopo l’uso in una qualche discarica.   Le discariche principali sono gli oceani e l’atmosfera, in cui si accumulano la maggior parte dei nostri rifiuti solidi, liquidi e gassosi.    Ma molte altre ce ne sono, in particolare i suoli e le acque dolci.    Da queste discariche, una parte dei materiali può essere recuperata sotto forma di risorse, generalmente previo un complicato e lungo giro attraverso quei cicli bio-geo-chimici che stiamo con successo facendo a pezzi.    Non solo, l’inquinamento danneggia le risorse ( si pensi alle acque) e dunque aggrava l’azione di Aletto.

Megera ("la maligna").   Ma la “tenaglia” che sta stritolando il nostro presente ed il nostro futuro non ha due sole ganasce, bensì tre.   Fra le fonti e le discariche, si trova l’intero nostro mondo fatto di processi produttivi, reti  di comunicazione, organizzazioni sociali, sistemi politici ecc.    Un mondo che sta cercando di mantenere il controllo della situazione mediante livelli crescenti di complessità.   Ma ad ogni incremento della complessità, aumentano i costi della medesima, non solo in termini monetari, ma anche di materiali, energia, spazio, ecc.   Chi  è minimamente pratico di ciò che sono oggi gli uffici di un normale comune, stenterebbe a credere come erano solo 30 anni addietro.   Per citare un solo, banale esempio.

Inoltre, incrementare la complessità richiede incrementare i consumi e dunque contribuisce sia ad impoverire le fonti, in particolare di energia, sia a saturare le discariche.  

Dunque esaurimento delle fonti (wells), saturazione delle discariche (sinks) ed aumento della complessità costituiscono un infernale girotondo al cui centro ci siamo noi.

Se un’analogia esiste fra le Erinni e la triplice tempesta che si sta scatenando sulle nostre teste, quale delitto può essere stato così terribile da evocarle?

Quando si parla di orrori, la nostra mente moderna corre immediatamente alle guerre ed alle infinite forme di  violenza con cui gli uomini tormentano se stessi.    Ma nella mitologia greca l’aver compiuto stragi e saccheggi non vale assolutamente ad evocare la calamità suprema impersonata dalla Erinni.   Per giungere a tanto è necessario che la violenza sia portata contro la propria stessa stirpe ed in particolare i genitori.   Possiamo considerare che, collettivamente, l’umanità si sia macchiata di un simile delitto?    Direi proprio di si, se consideriamo che la Biosfera è sicuramente la “famiglia” da cui l’umanità è nata e nel cui seno è finora vissuta.

In quest’ottica, la furia autodistruttiva che sta dilagando nel mondo appare essere esattamente il risultato della persecuzione erinnica.   Tutto ciò che facciamo ci si ritorce contro.   Tutto ciò in cui speriamo, si rivela una minaccia; Laddove cerchiamo piacere troviamo dolore.   Cerchiamo di aumentare la produttività e l’efficienza, per scoprire che così spingiamo la disoccupazione e la miseria.   Facciamo figli per perpetuare la nostra stirpe, ma questo non fa che accrescere la minaccia di catastrofe per la nostra specie.   Sviluppiamo tecnologie per ridurre gli effetti negativi della nostra economia, e li usiamo per accrescerli ulteriormente.    Speriamo che la crescita economica ci salvi dal collasso, ma è proprio questa crescita che spalanca la voragine sotto i nostri piedi.

Alla fine, molti sono travolti dalla folle idea che fare qualcosa di terribile può portarci fuori dalla trappola.   La furia autodistruttiva con cui gli integralisti islamici si accaniscono sul loro stesso patrimonio di civiltà e perseguitano la loro stessa gente mi pare appartenga a questa categoria.   Come vi appartengono la furia masochista dei rinascenti nazionalismi e la follia con cui il capitalismo agonizzante si avventa contro qualunque cosa potrebbe assicurare la vita degli uomini in un futuro oramai molto prossimo.

La potenza del mito risiede nella sua capacità di suggerire per via intuitiva concetti che sarebbero troppo difficili da analizzare.    I limiti dello sviluppo appartengono a questa categoria.   Anche i migliori gruppi di studio interdisciplinare, dotati dei più fantasmagorici strumenti di rilevazione ed analisi riescono ad analizzare solo una piccola parte di ciò che sta accadendo.

La fiducia nella mitologia dei nostri avi avrebbe potuto farci capire, molto più semplicemente, che devastare la propria casa e cercare di asservire o distruggere l’intera Biosfera erano un viatico sicuro per una bruttissima fine.   Abbiamo invece avuto fiducia in un altro mito, molto più moderno : quello del progresso che, al contrario, ci ha convinti del nostro buon diritto nel compiere le stesse azioni che le “antiche superstizioni” sconsigliavano.

Chi aveva ragione lo stiamo vedendo.   E se qualcuno non è ancora convinto, nessun problema: basterà aspettare ed osservare quel che succede.