Visualizzazione post con etichetta falsa pausa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta falsa pausa. Mostra tutti i post

sabato 21 marzo 2015

Il probabile nuovo grande picco di riscaldamento dell'atmosfera nei prossimi 5 anni

Da “Motherboard”. Traduzione di MR (h/t Micheal Mann)



Di Nafeez Ahmed

Lasciate perdere la cosiddetta “pausa” del riscaldamento globale – una nuova ricerca dice che dovremmo essere prossimi ad un'era di riscaldamento profondamente accelerato. Mentre il tasso di riscaldamento atmosferico ha effettivamente rallentato negli ultimi anni a causa di diversi cicli meteorologici naturali – dai quali nascono le tiritere degli scettici sulla “pausa” - il riscaldamento globale, complessivamente, non si è fermato. Anzi. In realtà ha accelerato, drammaticamente, ma mano che il calore in eccesso è stato assorbito dagli oceani. Abbiamo solo cominciato a renderci conto della portata di questo fenomeno negli ultimi anni, dopo che gli scienziati hanno sviluppato nuove tecnologie capaci di misurare le temperature dell'oceano con una profondità ed una precisione precedentemente non disponibili.

Nel 2011, un saggio su Geophysical Research Letters ha fatto la somma totale dei dati del riscaldamento di terra, aria e oceani. Nel 2012, l'autore principale di quello studio, l'oceanografo John Church, ha aggiornato la sua ricerca. Quello che ha scoperto è stato scioccante: negli ultimi decenni, il cambiamento climatico ha aggiunto in media intorno ai 125 trilioni di Joule di energia termica agli oceani al secondo. Come trasmettere questo fatto straordinario? La sua squadra si è inventata un'analogia: era più o meno la stessa quantità di energia che sarebbe stata rilasciata dalla detonazione di due bombe atomiche della dimensione di quella di Hiroshima. In altre parola, questi scienziati hanno scoperto che il clima dell'antropocene sta scaldando gli oceani ad un tasso equivalente a due bombe di Hiroshima al secondo. Ma man mano che arrivavano i nuovi dati, la situazione sembrava peggiore: negli ultimi 17 anni, il tasso di riscaldamento è raddoppiato a circa quattro bombe al secondo. Nel 2013, il tasso di riscaldamento è triplicato, diventando l'equivalente di 12 bombe di Hiroshima al secondo.

Quindi non solo il riscaldamento si sta intensificando, sta anche accelerando. Bruciando combustibili fossili, gli esseri umani stanno di fatto facendo scoppiare 370 milioni di bombe atomiche all'anno negli oceani – questo, insieme all'eccessivo assorbimento di biossido di carbonio da parte dell'oceano, ha alimentato l'acidificazione degli oceani e ora minaccia l'intera catena alimentare marina così come gli animali che si alimentano di specie marine. Come, ehm, molti esseri umani.

Secondo il nuovo saggio di una squadra altamente specializzata di scienziati del clima, una ragione chiave per la quale gli oceani stanno assorbendo tutto questo calore negli ultimi decenni (mascherando così la portata del riscaldamento globale permettendo alle temperature medie atmosferiche di aumentare più lentamente) è dovuto all'Oscillazione Decennale del Pacifico (ODP) uno schema meteorologico simile a El Niño che può durare fra i 15 e i 30 anni.

Nella sua fase positiva precedente, che è stata fra il 1977 e il 1998, la ODP ha significato che gli oceani assorbivano meno calore, operando quindi da acceleratore sulle temperature atmosferiche. Dal 1998, la ODP è stata in una fase ampiamente negativa, durante la quale gli oceani assorbono più calore dall'atmosfera.

Tali cicli oceanici decennali si sono interrotti di recente e sono diventati più sporadici. L'ultima fase prevalentemente negativa, è stata intervallata da una breve fase positiva che è durata tre anni fra il 2002 e il 2005. Gli autori del nuovo studio, il climatologo della Penn State Michael Mann, il geologo dell'Università del Minnesota Byron Steinman e il meteorologo della Penn State Sonya Miller, sottolineano che la ODP, così come l'Oscillazione Atlantica Multidecennale (OAM), hanno così giocato un grande ruolo nello smorzamento temporaneo del riscaldamento atmosferico.

“In altre parole, il 'rallentamento è transitorio e probabilmente scomparirà presto”.

Cos'è successo quindi? Durante questo periodo, mostrano Mann e la sua squadra, c'è stato un aumento del “seppellimento di calore” nell'Oceano Pacifico, cioè un maggiore assorbimento di tutto il calore equivalente di centinaia di milioni di bombe di Hiroshima. Per alcuni, ciò ha creato la falsa impressione, osservando soltanto le temperature medie globali dell'aria di superficie, di “pausa” del riscaldamento. Ma come ha detto Mann, la combinazione della OAM e della ODP “probabilmente compensano il riscaldamento antropogenico dell'ultimo decennio”. Pertanto, la “pausa” in realtà non esiste, piuttosto è un artefatto delle limitazioni dei nostri diversi strumenti di misura.

“La 'falsa pausa' viene in parte spiegata dal raffreddamento dell'Oceano pacifico negli ultimi 1-2 decenni”, mi ha detto Mann, “ma è probabile che si inverta presto: in altre parole, il 'rallentamento' è transitorio e probabilmente sparirà presto”.

La scomparsa del 'rallentamento' significherà, in termini tangibili, che gli oceani assorbiranno meno calore. Mentre tutto il calore accumulato nell'oceano “certamente non tornerà fuori”, mi ha detto lo scienziato climatico capo della NASA, il dottor Gavin Schmidt, è probabile che significhi che meno riscaldamento atmosferico finirà per essere assorbito. “I cicli oceanici possono modulare l'assorbimento di calore antropogenico, come alcuni hanno speculato per quanto riguarda l'ultimo decennio circa, ma... il prossimo flusso andrà ancora nell'oceano”.

Secondo Mann e la sua squadra, a un certo punto ciò si manifesterà sotto forma di un'accelerazione dell'aumento delle temperature globali medie dell'aria di superficie. Nel loro studio su Science, osservano: “Dati gli schemi delle variazioni storiche passate, questa tendenza probabilmente si invertirà con la variabilità interna, aggiungendosi al riscaldamento antropogenico nei prossimi decenni”.

Quindi ad un certo punto, nel prossimo futuro, la ODP passerà dalla sua attuale fase negativa ad una positiva, riducendo la capacità degli oceani di accumulare calore dall'atmosfera. Questa fase positiva della ODP vedrà quindi un rapido aumento delle temperature globali dell'aria di superficie, man mano che la capacità degli oceani di assorbire tutte quelle bombe di Hiroshima equivalenti declina – e le lascia accumulare nei nostri cieli. In altre parole, dopo anni di riscaldamento più lento del previsto, potremmo improvvisamente sentire il calore.

Quando accadrà? Nessuno lo sa per certo, ma alla fine dello scorso anno, sono emersi dei segnali che il passaggio di fase ad una ODP positiva potrebbe avvenire proprio in questo momento. Nei cinque mesi prima di novembre 2014, le differenze delle misure della temperatura di superficie nel Pacifico sono diventate positive, secondo il NOAA. Questo è il passaggio positivo più lungo rilevato in circa 12 anni. Anche se è troppo presto per determinare con certezza se questo sia, di fatto, l'inizio di un passaggio della ODP ad una nuova fase positiva, questa interpretazione è coerente con le attuali variazioni di temperatura, che durante una fase ODP positiva dovrebbe essere relativamente te calda nel Pacifico tropicale e relativamente fredda nelle regioni a nord di circa 20 gradi di latitudine.

Nel gennaio 2015, sono emersi ulteriori segni del fatto che la ODP ora è in transizione verso una nuova fase calda. “Il riscaldamento globale sta per subire una spinta”, ha azzardato il meteorologo Eric Holthaus. I dati recenti che includono l'intensificazione della siccità e gli avvistamenti di pesci tropicali al largo della costa dell'Alaska “sono ulteriori prove di un riscaldamento dell'oceano inconsueto”, che suggerisce che una transizioni della ODP “potrebbe già essere in corso una nuova fase calda”.

Mentre non è ancora chiaro se la ODP stia realmente passando ad una nuova fase proprio ora, quando lo farà non sarà bello. Gli scienziati del britannico Hadley Centre del Met Office condotti dal dottor Chris Roberts del Gruppo per gli Oceani e la Criosfera, stimano in un nuovo saggio su Nature che c'è un 85% di possibilità che la “falsa pausa” finirà entro i prossimi 5 anni, seguita da uno scoppio di riscaldamento che probabilmente consisterà in un decennio circa di oscillazioni di oceano caldo. Roberts e la sua squadra hanno scoperto che un periodo di “rallentamento” di solito (60% delle volte) è seguito da un rapido riscaldamento al doppio del tasso di fondo per almeno cinque anni e potenzialmente più a lungo. E principalmente, questo riscaldamento sarebbe concentrato nell'Artico, una regione dove le temperature sono già più alte della media globale e che è riconosciuto essere il barometro della salute del clima globale perché i cambiamenti nell'Artico alterano drammaticamente le tendenze altrove. I recenti eventi meteorologici estremi in tutto il mondo sono stati attribuiti alla fusione delle calotte glaciali dell'Artico  e all'impatto sulle circolazioni oceaniche e il jet stream.

Ciò che questo significa, se il Met Office ha ragione, è che probabilmente abbiamo cinque anni (probabilmente di meno) prima di essere testimoni di un'ondata sovraccarica di rapido riscaldamento globale che potrebbe durare un decennio, destabilizzando ulteriormente il sistema climatico in modi profondamente imprevedibili.

giovedì 19 marzo 2015

Le oscillazioni climatiche e la falsa pausa del riscaldamento globale

Dahuffingtonpost”. Traduzione di MR


Di Michael Mann

No, il cambiamento climatico non sta attraversando uno iato. No, attualmente non c'è una “pausa” del riscaldamento globale.

Nonostante le diffuse dichiarazioni di questo genere nei circoli degli oppositori, il riscaldamento antropogenico del globo procede senza sosta. Infatti, come riportato qui su The Huffington Post proprio il mese scorso, l'ultimo anno (2014) è stato probabilmente l'anno più caldo mai registrato.

E' vero che la superficie della Terra si è riscaldata un po' meno di quanto abbiano previsto i modelli negli ultimi due decenni e mezzo circa. Ciò non significa che i modelli siano sbagliati. Piuttosto, ciò indica una discrepanza che è probabilmente emersa da una combinazione di tre fattori principali (vedete la discussione sul mio pezzo dello scorso anno su Scientific American). Questi fattori includono la probabile sottostima del reale riscaldamento che si è verificato, a causa di lacune nei dati osservati. In secondo luogo, gli scienziati non hanno incluso nelle simulazioni del modello alcuni fattori naturali (eruzioni vulcaniche di basso livello ma persistenti e una piccola diminuzione dell'attività solare) che avevano un'influenza leggermente raffreddante sul clima terrestre. Infine, c'è la possibilità che le oscillazioni naturali interne della temperatura potrebbero aver mascherato parte del riscaldamento di superficie negli ultimi decenni, proprio come un'infiltrazione di aria artica può mascherare il riscaldamento stagionale della primavera durante un tardo episodio freddo. Lo si potrebbe chiamare “dissuasore di velocità” del riscaldamento globale. In effetti l'ho fatto.

Alcuni hanno sostenuto che queste oscillazioni abbiano contribuito in modo sostanziale al riscaldamento del globo negli ultimi anni. In un articolo i miei colleghi Byron Steinman, Sonya Miller ed io, nell'ultimo numero della rivista Science, mostriamo che la variabilità interna del clima ha in vece parzialmente compensato il riscaldamento globale. Ci siamo concentrati sull'Emisfero Nord ed il ruolo giocato dalle due oscillazioni climatiche conosciute come l'Oscillazione Atlantica Multidecennale o “AOM” (un termine da me coniato nel 2000, come ho raccontato nel mio libro La mazza da hockey e le guerre del clima) e la cosiddetta Oscillazione Pacifica Decennale  o “OPD” (noi usiamo un termine leggermente diverso – Oscillazione Pacifica Multidecennale o “OPM” per chiamare le caratteristiche più a lungo termine di questa oscillazione apparente). L'oscillazione nell'Emisfero Nord in temperature medie (che chiamiamo Oscillazione Multidecennale dell'Emisfero Nord o “OMEN”) si è scoperto che risulta da una combinazione della AOM e della OPM.

In numerosi studi precedenti, queste oscillazioni sono state collegate a qualsiasi cosa, al riscaldamento globale, alla siccità nella regione di Sahel in Africa, all'aumento dell'attività degli uragani nell'Atlantico. Nel nostro articolo, mostriamo che i metodi usati in gran parte se non in tutti questi studi precedenti, sono stati errati. Non danno la risposta corretta se vengono applicati alla situazione (una simulazione di un modello climatico) in cui la vera risposta è conosciuta.

Proponiamo e testiamo un metodo alternativo per identificare queste oscillazioni, che fa uso delle simulazioni climatiche usate nel più recente rapporto dell'IPCC (la cosiddetta simulazione “CMIP5"). Queste simulazioni sono usate per stimare la componente dei cambiamenti di temperatura dovuta all'aumento delle concentrazioni di gas serra e di altri impatti umani più gli effetti delle eruzioni vulcaniche e dei cambiamenti osservati nell'attività solare. Quando vengono rimosse tutte queste influenze, la sola cosa che rimane devono essere le oscillazioni interne. Mostriamo che il nostro metodo dà la risposta corretta se viene testato con le simulazioni dei modelli climatici.


Storia stimata della “AOM” (blu), del “OPM” (verde) e del “OMEN” (nero). Le incertezze sono indicate dalle ombreggiature. Notate come la AOM (blu) ha raggiunto un leggero picco di recente, mentre la OPM  sta scendendo molto drammaticamente. La seconda rappresenta la recente discesa precipitosa della OMEN. 

Applicando il nostro metodo alle osservazioni climatiche reali (vedi figura sopra), scopriamo che la OMEN ha attualmente una tendenza al ribasso. In altre parole, la componente oscillatoria interna sta attualmente compensando parte del riscaldamento dell'Emisfero Nord che altrimenti sperimenteremmo. Questa scoperta si espande sul nostro lavoro precedente giungendo a conclusioni analoghe, ma nello studio attuale localizziamo meglio la fonte della flessione. La tanto decantata AOM sembra avere dato un contributo relativamente piccolo ai cambiamenti di temperatura su vasta scala negli ultimi due decenni. La sua ampiezza è stata piccola e attualmente è relativamente piatta, avvicinandosi alla cresta di un piccolo picco verso l'alto. Ciò contrasta con la OPM, che tende nettamente verso il basso. E' quel declino della OPM (che è collegato alla predominanza di condizioni fredde di tipo La Niña nel Pacifico tropicale nell'ultimo decennio) che sembra responsabile del declino della OMEN, vedi il rallentamento del riscaldamento o la “falsa pausa” come l'ha definita qualcuno.

La nostra conclusione che il raffreddamento naturale nel pacifico è un contributo principale al recente rallentamento del riscaldamento su vasta scala è coerente con alcuni altri studi recenti, compreso uno studio sul quale ho commentato precedentemente mostrando che i venti più forti del normale nel pacifico tropicale durante il decennio scorso hanno condotto ad una maggiore risalita dell'acqua fredda di profondità nel Pacifico orientale equatoriale. Un altro lavoro Kevin Trenberth e John Fasullo del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica (CNRA) mostra che c'è stato un aumento dello sprofondamento del calore al di sotto della superficie nell'Oceano Pacifico in questo lasso di tempo, mentre un altro studio ancora di James Risbey e dei suoi colleghi dimostra che le simulazioni del modello che seguono più da vicino la sequenza di eventi osservata di El Niño e La Niña nell'ultimo decennio tendono a riprodurre il rallentamento del riscaldamento.

E' possibile che la flessione della OPM stessa rifletta una “risposta drammatica” del clima al riscaldamento globale. Infatti, ho suggerito questa possibilità in precedenza. Ma le simulazioni del modello climatico allo stato dell'arte analizzate nel nostro studio attuale suggeriscono che questo fenomeno è una manifestazione di oscillazioni interne puramente casuali al sistema climatico.

Questa scoperta ha ramificazioni potenziali per i cambiamenti climatici che vedremo nei prossimi decenni. Come osserviamo nell'ultima frase del nostro articolo:

Dati gli schemi della variazione storica passata, questa tendenza probabilmente si invertirà con la variabilità interna, andandosi ad aggiungere al riscaldamento antropogenico nei prossimi decenni.

Questa forse è l'implicazione più preoccupante del nostro studio, perché implica che la “falsa pausa” potrebbe semplicemente essere stata una causa di falsa compiacenza, quando si tratta di evitare il cambiamento climatico pericoloso.

Michael Mann è Professore Emerito di Meteorologia all'Università di Stato della Pennsylvania ed autore de La mazza da hockey e le guerre del clima: dispacci dalla linea del fronte (ora disponibile in edizione economica con una prefazione speciale di Bill Nye "The Science Guy").