mercoledì 18 marzo 2015

Cosa possiamo ancora imparare da “Star Trek”: una saga di armonia nella diversità

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Star Trek, una serie TV a basso costo. Modellini di cartone, pochi e semplici effetti speciali, un numero di attori ridotto sempre impegnato nello stesso set del ponte di comando di una astronave. Eppure, ha influenzato un'intera generazione. 


La morte di Leonard Nimoy, l'attore che impersonava Spock nella serie TV originale di “Star Trek” ha messo fine a un'era. Star Trek è stata la saga del XX secolo, un modo di vedere il mondo. Ad alcuni di noi potrebbe sembrare una visione del tutto obsoleta, oggi, ma deve averci raccontato qualcosa di profondo, di importante, se ha avuto così successo, se è stato così seguito, così venerato da così tante persone. Qual è stato quindi il segreto della serie? Non sono state le diavolerie tecnologiche, è stato il lato umano della storia. E' stata una storia che ci ha raccontato come fosse possibile avere armonia nella diversità.

Le origini letterarie di Star Trek risalgono all'Odissea, ma il suo antenato più prossimo è “Moby Dick” di Herman Melville. Con tutte le differenze del caso, le similitudini sono molte ed ovvie. Una è che il Pequod, la nave di Moby Dick, e la Enterprise, l'astronave di Star Trek, non attraccano da nessuna parte, vagabondano semplicemente sugli oceani e nello spazio interstellare. E, nonostante tutte le diavolerie tecnologiche coinvolte, il ponte di comando dell'Enterprise somiglia praticamente a quello di una nave del XIX secolo. (E forse, Ulisse in persona non si sarebbe trovato a disagio sulla sedia del capitano Kirk sull'Enterprise)-

E' stato osservato molte volte che il microcosmo di Melville riecheggia la struttura della società americana dei suoi tempi, una società che doveva integrare ed armonizzare i suoi diversi elementi culturali. Pensate al personaggio di Quequegg, l'isolano tatuato che appare molto presto nel racconto e che, in un certo senso, lo caratterizza. Ma se il Pequod è l'America, è anche una società che sta già affrontando i suoi limiti nella ricerca di una risorsa che sta scomparendo: le balene. E' per questo che ho descritto “Moby Dick” come “La più grande storia del picco del petrolio mai scritta”.

Con “Star Trek”, abbiamo di nuovo un microcosmo della società americana, anche se, in questo caso, è un microcosmo galattico. Ma questa società futura ha ancora di fronte il problema che aveva il Pequod, un problema sentito molto profondamente negli anni 60, quando è nata la serie: quello dei limiti dell'espansione umana. In Star Trek, gli esseri umani possono viaggiare nella Galassia ma non possono (o non vogliono) espandersi in essa. L'economia della “Federazione Unita dei Pianeti” sembra essere un'economia di stato stazionario, non sembra che siano ossessionati dalla crescita, di fatto potrebbero non usare nemmeno i soldi! In Star Trek non vediamo nessuna crescita economica, nessun aumento della popolazione, nessuna produzione industriale, nessun tentativo umano di sterminare razze aliene per colonizzare altri pianeti. La Enterprise salta di pianeta in pianeta senza fermarsi mai da nessuna parte, senza lasciare mai una traccia durevole al suo passaggio. E' come la scia lasciata dalla Pequod sul mare, che scompare senza lasciare traccie.

Con Star Trek, quindi, se il problema sono i limiti, e non si può continuare a sterminare alieni per impadronirsi dei loro pianeti, allora la soluzione è l'armonia nella diversità, come uno dei temi principali di “Moby Dick” con l'equipaggio multirazziale della Pequod. Il punto centrale di “Star Trek” non è la tecnologia, non è il futuro, sono le persone. Ed un personaggio in particolare: il primo ufficiale Spock, l'equivalente di Quequegg in Moby Dick. L'alieno da integrare e, allo stesso tempo, rispettare. Notate come la relazione del Capitano Kirk e Spock riflette quella di Quequegg e Ishmael di Moby Dick. In tutti e due i casi, i protagonisti riconoscono la loro rispettiva diversità culturale e si rispettano l'un l'altro. Come a bordo della Pequod, il ponte della Enterprise è un luogo in cui le diversità individuali non sonoignoraterifiutate, sono accettate e valorizzate. In Star Trek manca il personaggio negativo del Capitano Achab di Moby Dick, quindi enfatizza ancora di più i risultati positivi della collaborazione dei diversi individui. E' questo il “segreto” di Star trek: amonia nella diversità.

In un certo senso, il messaggio di Star Trek riecheggia quello dei “Limiti dello Sviluppo (Crescita)”, lo studio del 1972 che per primo ha quantificato i limiti fisici della crescita umana sulla superficie della terra. Lo studio è stato il risultato dell'intuizione di un uomo, Aurelio Peccei, che si è posto la domanda di come gli esseri umani potessero vivere in giustizia e prosperità su un pianeta limitato. La risposta che ha ottenuto dagli scienziati è stata un'affermazione dell'ovvio: la specie umana non può crescere per sempre in un pianeta finito. Poco è stato detto nello studio dei “Limiti” sul destino della specie umana al di là dei freddi grafici e delle tavole e questa è stata una delle ragioni della sua caduta nei decenni successivi alla sua pubblicazione. Ma Peccei non aveva in realtà chiesto dei grafici. Aveva posto una domanda a cui i computer non potevano rispondere a quel tempo e a cui non possono rispondere oggi. La vera risposta era che non ci serve crescere per sempre per vivere in armonia senza perdere la nostra diversità.

E' una risposta che Peccei aveva sicuramente in testa, ma che è stata messa in ombra, e alla fine persa, dal grande rumore creato dal dibattito sui Limiti della crescita. Ma forse possiamo ancora trovarla ancora ed uno dei luoghi in cui la possiamo trovare è nelle parole di Spock “Lunga vita e prosperità”. Semplicemente, potremmo vivere a lungo e prosperare se volessimo, ma non abbiamo imparato a farlo. Probabilmente non lo faremo mai e il ponte di comando dell'astronave Terra rimane occupato da psicopatici omicidi.

h/t ad Alexander Stefes per la discussione che mi ha portato a scrivere questo post.