giovedì 20 marzo 2014

La follia del presidente Putin

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

di Dmitri Orlov

Juliette Bates
[Grazie mille a Max che mi ha aiutato a mettere insieme questo articolo]

Di tutte le varie interpretazioni che i leader occidentali e i commentatori hanno dato del perché il presidente della Federazione Russa abbia risposto in quel modo agli eventi in Ucraina nel corso di febbraio e marzo 2014 – rifiutandosi di acconsentire all'instaurazione di un regime neofascista a Kiev e sostenendo il diritto della Crimea all'autodeterminazione – quella più impressionante e illuminante è che sia impazzito. Impressionante ed illuminante, cioè, per quanto riguarda l'Occidente stesso.

In tempi passati, lo scenario internazionale rifletteva un ordine multipolare, una molteplicità di ideologie in competizione, modelli alternativi di organizzazione sociale ed economica. Allora le azioni di un altro paese potevano essere capite nei termini della sua ideologia alternativa. Anche riguardo alle figure estreme – Stalin, Hitler, Idi Amin, Pol Pot – chiamarli folli era un esempio di iperbole, un modo esagerato di descrivere la sfacciataggine con la quale hanno perseguito i loro obbiettivi politici razionalmente determinati. Ma quando il Cancelliere Angela Merkel si chiede se Putin viva “in un altro mondo”, facendo eco a un tema della narrativa dei media occidentali, la questione sembra implicare qualcosa di letterale.

Mettiamo in dubbio la salute di qualcuno quando non riusciamo a spiegarne il comportamento o la logica sulla base di un intendimento comune di realtà consensuale. Diventano del tutto imprevedibili per noi, capaci di andare aventi in una normale conversazione un momento e saltarci alla gola quello successivo. Le loro azioni appaiono avventate e disordinate, come se vivessero in un mondo parallelo, ma completamente diverso da quello in cui viviamo noi. Putin è dipinto come un mostro e l'Occidente si comporta in modo sconcertante e impaurito. Il finto shock col quale l'Occidente guarda agli sviluppi in Crimea potrebbero essere visti come una tattica progettata per isolare e intimidire Vladimir Putin. Il fatto che questa tattica non solo non funzioni, ma in realtà si ritorca contro chi la mette in pratica, cambia il falso shock in shock vero: le medicine occidentali non funzionano più – su sé stesso e su chiunque altro.

L'Occidente – cioè, gli Stati Uniti e l'Unione Europea – ha giocato il ruolo di primario psichiatra nel manicomio del mondo fin da quando l'URRS è crollata. Prima del 1990 il mondo era nettamente diviso fra due ideologie in competizione bloccate in un punto morto nucleare. Ma poi Mikhail Gorbachov ha capitolato. E' stato un campione dei “valori umani comuni” e voleva risolvere il conflitto delle superpotenze in modo pacifico, mettendo insieme il meglio di entrambi i sistemi (tutte le vittorie umanistiche del socialismo sovietico più tutta la seducente e consumistica prosperità del capitalismo americano).

Ma di fatto Gorbachov ha capitolato; l'URRS e stata smembrata e, nel corso degli anni 90, la Russia stessa è andata vicino ad essere distrutta e smembrata. Anche se in Occidente, dove è ancora una figura popolare, Gorbachov viene ritenuto l'orchestratore di una dissoluzione pacifica dell'URRS, il seguito caotico del collasso dell'URRS è stato un evento estremamente traumatico, con un'enorme perdita di vite. Quando Putin chiama il collasso dell'URRS “la più grande catastrofe geopolitica del secolo”, riecheggia il sentimento di molti Russi – che, a proposito, amano chiamare Gorbachov “Mishka mécheny” (“Michele il segnato” - segnato dal diavolo, cioè).

Durante il periodo post collasso la Russia non poteva fornire alcuna ideologia per competere. Infatti, non aveva affatto un'ideologia, eccetto per un impianto di liberalismo occidentale che, data la mancanza di un quadro legale fattibile o tradizioni di proprietà privata e di società civile, si è trasformata rapidamente in un tipo di banditismo particolarmente brutale. Ma poi è arrivato Putin e, usando la sua esperienza nel KGB e i collegamenti con altri “poteri forti” post sovietici, ha confezionato un nuovo ordine, che prima ha decimato, o soppiantato o assorbito i banditi e poi ha imposto ciò che Putin ha chiamato “la dittatura della legge”. Questo è il primo pezzo importante della nuova ideologia russa: è la legge che conta e nessuno può esserne al di sopra – neanche gli Stati Uniti.

Ora, confrontate il concetto di “dittatura della legge”, interna così come internazionale, come è stato promulgato da Putin, a quella specie di legge che ora prevale negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti ora ci sono due categorie di persone. Ci sono coloro che sono al di sopra della legge: il governo americano e le sue agenzie, comprese NSA, FBI, DOD, ecc.; il finanzieri di Wall Street e il governo ombra degli appaltatori che non vengono mai perseguiti per i loro crimini; i super ricchi che sono politicamente collegati e possono prevalere legalmente contro chiunque semplicemente tirando soldi agli avvocati.

E quindi ci sono coloro che sono al di sotto della legge: tutti gli altri. Questi sono fra le persone più mansuete del mondo, vivono nella paura costante di essere denunciati e deprivati dei propri risparmi – o arrestati, intimiditi per accettare un patteggiamento e rinchiusi. Ora possono essere detenuti indefinitamente senza un'accusa. Possono essere rapiti da qualsiasi parte del mondo, trasportati in un “sito oscuro” e torturati. Possono essere messi sotto processo senza essere informati dell'accusa e condannati sulla base di prove che vengono loro tenute segrete. Le loro comunità possono essere poste sotto legge marziale senza motivo. Individualmente, si può loro sparare a vista senza provocazione o sospetto o illecito. All'estero, quando feste di matrimonio e funerali vengono messi sotto attacco da droni selvaggi, questo è un crimine di guerra – a meno che non ci sia dietro Washington, nel qual caso si tratta solo di un “danno collaterale”.

Grazie alla inesorabile sorveglianza della NSA, ora non abbiamo alcuna privacy e non possiamo avere segreti. Per esempio, il Cancelliere tedesco Merkel è decisamente “al di sotto della legge”. Quando, grazie ad Edward Snowden, ha scoperto che la NSA stava spiando le sue conversazioni al cellulare, si è sentita oltraggiata e se ne è lamentata con amarezza. A differenza di Putin, lei non è “matta”: è una partecipante volontaria ad una realtà consensuale in cui ciò che dice Washington è la legge e quello che dice lei è solo rumore, a beneficio del mantenimento dell'illusione della sovranità tedesca. A suo beneficio, chiediamole nella sua lingua madre tedesca: “Frau Merkel, glauben sie wirklich dass die amerikanischen Politiker Übermenschen und die Deutschen und Russen und Ukrainer Untertanen sind?” (Signora Merkel, crede davvero che i superuomini politici americani, i tedeschi, i russi e gli ucraini siano suoi sudditi?)

La seconda innovazione di Putin è quella che lui chiama “democrazia sovrana”. E' un sistema di democrazia rappresentativa che è completamente impermeabile alla manipolazione politica estera. Be', non completamente impermeabile: proprio come è una cosa buona. E' vero che di tanto in tanto una piccola infiammazione da qualche parte è salutare per mantenere il sistema immunitario attivo, è considerato salutare che gli intellettuali anticonformisti di Mosca e San Pietroburgo – molti dei quali, nella loro follia giovanile, adorano ancora l'Occidente – si vadano a far malmenare periodicamente dalla polizia antisommossa. L'adorazione sembra reciproca e guardare i media occidentali che adorano un pugno di nullità la cui idea di arte pubblica è quella di andare nei supermercati e infilarsi polli congelati nella vagina (cioè le “Pussy Riots”) fornisce il necessario sollievo comico. Ma il il firewall del conservatorismo russo rimane impenetrabile alle avance occidentali (come ha evidenziato il professor Cohen di recente, prima dell'agitazione degli americani sui diritti degli omosessuali, i gay russi venivano chiamati “finocchi”; ora vengono chiamati “finocchi americani” ed i diritti degli omosessuali i Russia hanno fatto un gigantesco passo indietro).

Ancora una volta, confrontiamo questo allo stato delle cose che oggi prevale negli Stati Uniti, dove il presidente Obama ha annunciato, durante il suo discorso di quest'anno sullo Stato dell'Unione, che, visto che il Congresso non collabora con lui, di governare per decreto (“ordine esecutivo”, in americano burocratese). In risposta, il Congresso sta facendo una bozza di legge che punta a costringere l'amministrazione Obama ad applicare le leggi del Congresso. Apparentemente, hanno smarrito tutte le copie della costituzione americana, che descrive già questo stesso processo in considerevole dettaglio. La loro apparenza studiata di stallo legislativo infinito sembra essere un velo progettato per oscurare il lavoro vero di distribuzione di finanziamenti inappropriati fra i finanziatori della loro campagna elettorale – finanziamenti che ora si aggirano sui trilioni di dollari all'anno. Aggiungete a questo il fatto che metà del Congresso americano ha promesso un'alleanza con Israele. Agli occhi dei russi, gli Stati Uniti non sono né sovrani né una democrazia; sono il corpo incancrenito di una democrazia alimentato dai più grassi avvoltoi del pianeta.

Nella comprensione contemporanea russa, l'Ucraina neanche è sovrana (è aperta alla manipolazione straniera sfacciata) e pertanto il suo governo è illegittimo. Il referendum del dicembre 1991 che ha dato l'indipendenza all'Ucraina è stato condotto in violazione della costituzione che vigeva allora e l'indipendenza ucraina è pertanto a sua volta illegittima. Visto che il recente rovesciamento armato del governo ucraino è stato allo stesso modo contrario alla costituzione ucraina, l'Ucraina non ha più per niente una costituzione. Il referendum della Crimea, d'altra parte, è un'espressione legittima della volontà del popolo in assenza di una qualsiasi autorità legittima, pertanto fornisce una base legale solida per andare avanti. Il fatto che il governo statunitense, e altri che lo seguono, abbia dichiarato che il referendum della Crimea sia illegale non vale nulla: non ha il potere di inventare leggi per conto della Russia ed è fuori dalla competenze di politica interna della Russia.

* * *

Si potrebbe contrassegnare l'ascesa degli Stati Uniti al ruolo di psichiatri del mondo circa dalla fine della guerra fredda. E' crollato il Muro di Berlino e il Capitalismo Occidentale, la Democrazia e i Liberalismo sembrava che avessero vinto. La visione occidentale unificata di come funziona il mondo, di cosa fa andare avanti la società, di cosa quale sia la forma  più produttiva di organizzazione economica, sociale e produttiva ha prevalso sull'intero pianeta. Francis Fukuyama ha pubblicato il suo trattato involontariamente esilarante sulla “Fine della Storia”. In questo contesto, negando alla Federazione Russa la cortesia di permetterle di avere una visione coerente e alternativa, gli Stati Uniti stanno tentando di riguadagnare l'illusione di una supremazia incontrastata, della loro egemonia assoluta, del loro ruolo di capi moralizzatori ed arbitri di cosa è normale ed anormale nel pensiero e nel comportamento. Perché o il mondo è impazzito o dev'essere impazzito Putin. La precedente diagnosi sembra essere stata errata: “L'ho guardato negli occhi. L'ho trovato molto diretto e affidabile. Abbiamo avuto un dialogo molto buono. Ero in grado di sentire la sua anima; un uomo profondamente impegnato col proprio paese e i migliori interessi del suo paese”, ha detto George W. Bush del presidente Putin al Summit in Slovenia nel 2001. Ed ora il paziente sta diventando pazzo e l'Occidente sta cercando disperatamente di trascinarlo indietro al manicomio.

Anche la simpatia per questi guardiani di questo manicomio è dovuta. Gli sviluppi in Ucraina e Crimea sono particolarmente problematici per l'Occidente, perché violano la concezione lineare della storia dell'Occidente. A questo proposito, le nazioni avanzate del primo mondo occidentali anticipano la concorrenza e cercano, semplicemente per la loro grande compassione, di incoraggiare gli sbandati come l'Ucraina sulla via verso l'entrata come membri dell'Unione Europea e della NATO, l'unione monetaria ed una bancarotta nazionale lenta e controllata nelle mani del FMI. Il crollo dell'Unione Sovietica è stata una chiave di volta psicologica in questa storia che si raccontano. Prosperano nella loro storia, perché questa li definisce e dà loro il senso di significato e di scopo. Qualsiasi cosa mini le loro premesse e fondamenti di base è profondamente fastidiosa. Tuttavia, molti esempi di fallimenti non mitigati nel 21° secolo sono difficili da ignorare ed hanno fatto risuonare questa narrativa come sempre più traballante. Con momenti topici come l'11 settembre, il fiasco in Afghanistan, la guerra civile in corso in Iraq, la fusione della finanza globale del 2008, la disoccupazione e la stagnazione economica irrisolvibili che affliggono l'Occidente in questi primi 15 anni del 21° secolo e poi dei fiaschi in seria in Libia, Siria, Egitto ed ora Ucraina, diventa facile vedere il significato speciale che questo particolare confronto con Vladimir Putin abbia per la fragile psiche occidentale.

Il viaggio ascendente dell'Occidente nella storia lineare sembra essere finito. Il paradosso sottostante a questo confronto è che una situazione con poste così basse – la Crimea e le tendenze politiche di uno stato minore fallito – abbia assunto vaste proporzioni, questo suggerisce un significato più profondo. L'agitazione politica che ha messo radici nel suolo fertile che divide l'Oriente dall'Occidente, in Ucraina, che si traduce letteralmente come “terra di confine”, funge da potente simbolo del declino dell'egemonico dell'Occidente. Questo confronto continua a gettare ombre di proporzioni storiche perché l'autorità dello psichiatra e del poliziotto del mondo viene apertamente sfidata. La breve illusione del trionfo dell'Occidente scricchiola. Non siamo entrati in una qualche fase post storica, in un qualche futuro fondamentalmente nuovo. I prigionieri si stanno liberando e sembra come se lo psichiatra sia stato quello pazzo per tutto il tempo.

Considerate l'asimmetria. Cos'è l'Ucraina è per l'Occidente se non una pedina politica est europea nello scacchiere geopolitico, uno che si deve evitare che si unisca alla Russia in linea con la tendenza generale? Ma per la Russia, l'Ucraina è una parte storica di sé stessa, il luogo della prima capitale russa Kievan Rus (da dove è stata spostata, alla fine a Mosca, poi a San Pietroburgo, poi ancora a Mosca). E' una regione in cui la Russia ha 11 secoli di storia linguistica, culturale e politica comune. Metà dell'Ucraina consiste di terre Russe  Kharkov fosse russa (perché lo è) e ad un certo punto sono rimasto sorpreso di scoprire che ora avrei avuto bisogno di un visto per andarci – perché ero rimasto bloccato dal lato sbagliato della frontiera rinominato Kharkiv. (In caso ve lo chiedeste, per trasformare in ucraino, prendete il russo e sostituite 'y', 'o' e 'e' con 'i', 'i', con 'y' e 'g' con 'h'. Per ritrasformarlo chiedete a un russo). A partire dal dicembre scorso, i russi di Kharkov e di altre regioni russe dell'Ucraina sono rimasti bloccati dalla parte sbagliata del confine, soggetti ad un governo instabile, disfunzionale e notevolmente corrotto, per 22 anni. E' un piccolo miracolo che ora agitino bandiere russe in modo sfrenato.

Persino il confuso John Kerry è stato recentemente sentito concedere che la Russia abbia “interessi legittimi” in Ucraina. Sfidando la Russia sull'Ucraina, l'Occidente non sta solo attraversando una “linea rossa” immaginaria che Obama ama proclamare in continuazione. Instaurando un regime neo fascista, rabbiosamente anti-russo a Kiev, ha superato il doppio giallo, garantendo una collisione frontale. La questione è quale lato sopravviverà a questa collisione: la colonna di carri armati russa o la Limousine di John Kerry? La mossa di apertura dell'Occidente è di negare i visti e congelare i conti di certi ufficiali e uomini di affari russi, che o non hanno conti bancari in Occidente o hanno già ritirato i soldi lo scorso venerdì ( per la cifra di un paio di miliardi di dollari) e non stanno pianificando di viaggiare verso gli Stati Uniti.

La Russia ha promesso di rispondere “simmetricamente”. Nel proprio arsenale c'è: far scoppiare l'enorme bolla finanziaria e causare una ripresa del collasso finanziario del 2008 con qualsiasi mezzo, dal richiedere oro al posto della moneta a corso forzoso come pagamento di petrolio e gas, al buttar via le riserve di dollari americani (di concerto con la Cina), al mettere l'UE sulla rotta veloce verso il collasso economico dando alla valvola del gas naturale una leggera girata in senso orario, al lasciare le truppe degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan (che sono in procinto di evacuare) incagliate e senza rifornimenti dichiarando forza maggiore sull'attuale accordo di cooperazione in vigore, in cui gran parte delle loro strade di rifornimento sono autorizzate a passare in territorio russo. Questo se la Russia decide di agire con decisione. Ma la Russia potrebbe anche scegliere di fare poco o niente, il quindi solo contagio finanziario del default azionario dell'Ucraina, insieme alle agitazioni finanziarie sul caos ucraino, che interrompe le consegne di gas naturale all'Europa, potrebbero essere abbastanza per far cadere il vacillante castello di carte dell'Occidente.

Quindi, cosa rimane della egemonia globale dell'Occidente e del suo diritto di giocare da psichiatra del mondo? Fate di questo ciò che vorrete, ma alcune lezioni sembrano molto chiare. Primo, ora sembra che, dal punto di vista della Russia, avere buone relazioni con Washington sia del tutto opzionale, ma che l'Ucraina sia molto più importante. L'America è superflua. Secondo, all'Unione Europea non è stato chiesto di scegliere un nuovo padrone, ma l'obbedienza servile ai diktat di Washington non ha portato bene e potrebbe lasciarla a rabbrividire al buio il prossimo inverno senza che Mosca abbia alcuna colpa, quindi la UE dovrebbe cominciare ad agire in accordo con il suo ovvio interesse, piuttosto che contro di esso.




mercoledì 19 marzo 2014

Gail Tverberg: il crollo della fornitura mondiale di petrolio


Questo pezzo di Gail Tverberg potrebbe prendere come titolo il vecchio slogan pubblicitario della Pirelli "La potenza è nulla senza controllo." L'autrice sostiene, infatti, che non abbiamo tanto un problema di disponibilità di risorse petrolifere, quanto un problema di controllare la loro estrazione. Questo controllo, oggi, è assicurato dal sistema finanziario che, come sappiamo, è estremamente fragile e soggetto a collassi improvvisi. Un nuovo collasso come quello del 2008 appare probabile per il prossimo futuro e genererebbe il crollo della produzione petrolifera - come era già successo nel 2008. E' uno dei tanti modi di vedere il "collasso di Seneca" (U.B.)



Da “Our Finite World”. Traduzione di MR


  Di Gail Tverberg

Quiz: Cosa provocherà il crollo della fornitura mondiale di petrolio?


  1. Troppo poco petrolio nel sottosuolo.
  2. I prezzi del petrolio sono troppo bassi per i produttori.
  3. I prezzi del petrolio sono troppo alti per i consumatori da portare a recessione, default del debito e alla fine a un taglio della disponibilità del credito e prezzi del petrolio molto bassi.
  4. Gli esportatori di petrolio sono soggetti a disordini civili e rovesciamenti di governo, a causa dei prezzi bassi e/o dell'esaurimento delle riserve.
  5. La mancanza di denaro (e di risorse fisiche che possano essere acquistate con quel denaro) per estrarre il petrolio dal sottosuolo. 
  6. Problemi legati all'inquinamento – troppo smog in Cina; troppi problemi col fracking; troppi problemi con il CO2.
  7. L'attuale sistema finanziario crolla e può essere rimpiazzato soltanto da uno che permetta molto meno debito. I prezzi del petrolio rimangono troppo bassi sotto un tale sistema. 


Dal mio punto di vista, ogni risposta diversa dalla prima è probabile che sia almeno parzialmente giusta. Alla fine, il problema è che per estrarre petrolio, o qualsiasi altro combustibile fossile, dobbiamo mantenere insieme i sistemi finanziari e politici. Ci si può attendere che questi sistemi falliscano ben prima che finiamo il petrolio nel sottosuolo. Gran parte del petrolio nel sottosuolo (così come gran parte dei combustibili fossili nel sottosuolo) saranno lasciati nel sottosuolo, dal mio punto di vista. Basare le stime sulla futura produzione di petrolio sulle riserve di petrolio è probabile che dia un'indicazione di gran lunga troppo alta rispetto alla reale produzione futura. Numeri ancora più assurdi provengono dall'uso dei numeri delle “risorse” (che sono maggiori di quelli delle riserve) per fare stime della produzione petrolifera futura. La produzione di carbone e gas naturale è probabile che crolli esattamente nello stesso momento in cui lo fa il petrolio, perché è probabile che i problemi siano finanziari e politici, non problemi di “risorse nel sottosuolo”.

L'applicazione diretta della Teoria di M. King Hubbert è sbagliata

M. King Hubbert è conosciuto per le sue stime della produzione petrolifera futura (1956, 1962, 1976) basate sulle quantità di riserve. Ci sono due cose importanti da osservare sulle sue stime:

(a) Le stime di riserva di petrolio usate sono di riserve petrolifere a flusso libero del tipo che i geologi stavano attualmente osservando. Così, sono ristretta alle riserve “economiche da estrarre"

(b) Quando Hubbert ha mostrato grafici della produzione petrolifera mondiale che seguono una curva in genere simmetrica (quindi la discesa sembra un'immagine nello specchio di quella della salita), Hubbert ha mostrato anche altre fonti di fornitura energetica (nucleare nei sui primi saggi, solare negli ultimi) che salivano a livelli alti, prima che la produzione mondiale di petrolio diminuisse. Ha anche parlato di fare combustibili liquidi usando enormi quantità di energia più biossido di carbonio e acqua – in altre parole, invertendo la combustione (1962). Per far decollare il nucleare o il solare a questi livelli molto alti, questi dovrebbero essere estremamente economici.

Le ipotesi fatte da M. King Hubbert sono effettivamente ipotesi che permetterebbero all'economia di continuare a crescere e al sistema finanziario di “rimanere in piedi”. Se una persona guarda alla situazione attuale, le cose sono molto diverse. Non abbiamo una fornitura di combustibile sostitutiva che permetterà all'economia di continuare a crescere a prescindere dal consumo di combustibili fossili. Le riserve pubblicate includono grandi quantità di petrolio nel sottosuolo che non sono del tipo economico da estrarre. Estrarre tale petrolio sarà impossibile se i prezzi del petrolio sono molto bassi, o se manca la disponibilità di credito. E' una tentazione per gli osservatori guardare le riserve di petrolio e dare per scontato che vada tutto bene, ma non è proprio il caso.

Problema fondamentale: la futura estrazione di petrolio e la futura sostituzione sono incerte

Un problema fondamentale è “l'incertezza” delle riserve dichiarate e le quantità di risorsa: C'è un sacco di petrolio nel sottosuolo, se siamo realmente in grado di tirarlo fuori. Tirarlo fuori richiede la combinazione di un sistema finanziario che ci permetta di farlo (prezzi sufficientemente alti per i produttori, adeguata disponibilità di credito per i produttori, investimento azionario disponibile in caso il credito non lo sia, compratori che si possano permettere i prodotti) e un sistema politico che permetta che questo accada (cittadini che non facciano sommosse per mancanza di cibo in paesi che estraggono petrolio; banche aperte in paesi che cercano di importare petrolio; connessioni di mercato adeguate fra paesi). Analogamente, la sostituzione è possibile fra prodotti energetici se è possibile superare i molti ostacoli coinvolti nel farlo. Ci sono due ostacoli di costi: il costo più alto attuale del sostituto e il costo della transizione. Il costo di transizione arriva ad essere molto alto se ci sono molti “costi sommersi” che vengono persi – per esempio, se i cittadini vengono costretti a passare rapidamente da auto a benzina ad auto elettriche in modo tale che il valore di rivendita delle loro auto a benzina crolla precipitosamente. C'è anche un ostacolo tecnologico: dobbiamo avere la tecnologia per permettere di usare la diversa fonte energetica. Se il costo del sostituto è più alto del costo della fonte energetica originale, un cambiamento verso il sostituto tende a far contrarre l'economia, perché i salari andranno “meno lontano”. Se i cittadini devono pagare molto di più per le nuove auto, o se l'elettricità è più cara, i cittadini taglieranno le spese voluttuarie. Questo taglio delle spese porterà a licenziamenti nei settori voluttuari e renderà più difficile per il governo raccogliere sufficiente gettito fiscale.

Un altro problema fondamentale: l'aumento dei salari non tiene il passo dell'aumento dei prezzi del petrolio (o dell'energia)

Agli economisti piace farci credere che ci paghiamo semplicemente i salari a vicenda. I salari possono aumentare arbitrariamente in modo molto indipendente dal fatto di creare realmente beni e servizi usando prodotti energetici. Sfortunatamente, questo non sembra essere vero nella pratica. Sulla base della mia ricerca, negli Stati Uniti gli alti prezzi del petrolio sono associati a salari stagnanti, al netto dell'inflazione. I salari non aumentano velocemente quanto i prezzi del petrolio. Piuttosto, i salari tendono ad aumentare quando i prezzi del petrolio sono bassi, rendendo beni e servizi abbordabili. Parte del problema con i prezzi del petrolio in aumento è che questi si irradiano nell'economia in molti modi: prezzi del cibo più alti, perché per produrre e trasportare il cibo si usa petrolio; prezzi più alti dei metalli, perché per produrre metalli si usa petrolio e in prodotti finiti superiori, come automobili e nuove case, perché viene usato petrolio per produrli. Coi salari che non crescono a sufficienza rispetto ai prezzi del petrolio, i lavoratori ritengono di dover tagliare i beni voluttuari. Il risultato è la recessione ed i licenziamenti. Documento questo problema nell'articolo Limiti della fornitura di petrolio e crisi finanziaria continua, pubblicato nella rivista Energy nel 2012. Il rovescio della medaglia di questo problema è che senza salari in aumento rapido quanto quello del costo dell'estrazione del petrolio, è difficile che il prezzo di vendita salga a sufficienza da garantire un margine di profitto adeguato ai produttori di petrolio. Sono i prezzi del petrolio inadeguati per i produttori che sembrano essere il problema attuale. Parlo di questo problema in due recenti post: Cosa ci aspetta? Prezzi del petrolio più bassi nonostante i maggiori costi di estrazione e L'inizio della fine? Le compagnie petrolifere tagliano le spese. Gli economisti non pensano che i prezzi possano rimanere troppo bassi per i produttori. Può accadere, perché il loro modello di domanda e offerta non è corretto in un mondo con limiti energetici. Anche se i prezzi aumentano ancora temporaneamente, la recessione torna a colpire e torniamo di nuovo a prezzi bassi.

Un altro problema fondamentale: i ritorni decrescenti

I ritorni decrescenti si verificano quando ci vuole sempre più energia o altre risorse per produrre la stessa quantità di beni. Nel caso dell'offerta di petrolio, raggiungiamo i ritorni decrescenti perché le compagnie estraggono il petrolio facile prima. Così, il prezzo del petrolio aumenta perché quello che può essere prodotto più economicamente è in gran parte finito. Se vogliamo ottenere più petrolio, dobbiamo estrarre quello più costoso da estrarre. Un modo per capire cosa fanno i ritorni decrescenti è quello di pensare ad un'economia che produce due tipi di beni e servizi:

  1. I beni e servizi che il consumatore vuole realmente – come cibo, acqua potabile, trasporto che prende il consumatore da porta a porta, beni elettronici e edilizia che soddisfi le necessità della persona.
  2. Tutte quelle “cose” intermedie che servono per fare i prodotti finali del punto (1).  

Ciò che accade coi ritorni decrescenti è che una parte sempre maggiore del lavoro fisico e delle risorse vanno a finire nei prodotti intermedi, lasciandone sempre di meno per produrre prodotti finali e meno per “far crescere” realmente l'economia. In un certo senso, è come se stessimo diventando sempre meno efficienti nel produrre beni e servizi finali. Dal mio punto di vista, questa è una delle ragioni principali per cui i salari smettono di aumentare mentre i prezzi del petrolio aumentano e mentre altri prezzi energetici aumentano.

Un altro problema fondamentale: il tasso di crescita dell'offerta di energia è strettamente legato al tasso di crescita del PIL

Usiamo l'energia per fare beni e servizi, quindi è ovvio che usare più energia porterebbe a una maggiore crescita del PIL. Gli economisti non necessariamente concordano con questo. A volte sono dell'opinione che la connessione abbia a che fare solo con la “domanda” - in altre parole, quando l'economia cresce rapidamente ha bisogno di più petrolio e di prodotti energetici per sostenere la propria crescita. Parlo del discorso di Steve Kopits su questo tema in L'inizio della fine? Le compagnie petrolifere tagliano le spese. Una cosa che forse non è ovvia è il fatto che l'offerta di energia economica tende a decollare più facilmente di quella costosa. L'offerta di energia economica richiede un investimento relativamente inferiore. I beni creati usando l'offerta di energia economica tendono a non essere costosi, rendendoli più facili da vendere ai consumatori e più competitivi sul mercato mondiale. Parlo di questi problemi su I limiti del petrolio riducono il PIL; l'Alleggerimento Quantitativo dipana un problema.

Un altro problema fondamentale: il ruolo del debito

Il debito a lungo termine gioca un ruolo estremamente importante nell'economia, perché permette ai consumatori di comprare beni costosi come case e automobili che altrimenti non potrebbero permettersi e perché permette alle aziende di investire in progetti prima di aver risparmiato profitti sufficienti dai progetti precedenti per finanziare i nuovi progetti. Permette anche ai governi di spendere più soldi di quelli che hanno sotto forma di tasse. Tutto questo potere d'acquisto tende a sostenere il prezzo dei beni come petrolio e metalli, rendendo fattibile la loro estrazione. Abbiamo avuto una possibilità di capire quale ruolo importante giochi il debito nel 2008, durante la crisi del debito della seconda metà dell'anno. Durante quel periodo, il prezzo del petrolio è crollato dal toccare brevemente i 147 dollari ai 30 dollari. Le grandi banche avevano bisogno di essere salvate e la compagnia di assicurazione AIG è stata rilevata dal governo degli Stati uniti per problemi coi derivati.

Figura 1. Prezzo del petrolio “spot” settimanale West Texas Intermediate, basato su dati EIA.

Il grande crollo del prezzo del petrolio del 2008 era dovuto ad un crollo della domanda di petrolio a causa della mancanza di disponibilità di credito. Ho scritto un articolo nel 2008 sull'enorme impatto che questa diminuzione della disponibilità del credito ha avuto sui prezzi dell'energia di tutti i tipi, persino dell'uranio. Una preoccupazione correlata si riferisce al fatto che “prendere in prestito dal futuro” - che è quello che facciamo col debito a lungo termine, è un grande affare più fattibile in un'economia in crescita di quanto lo sia in un'economia in contrazione. Ci sono molti default nel secondo caso, perché la gente continua a perdere il lavoro e le imprese continuano a chiudere.

Figura 2. Ripagare i prestiti è facile in un'economia in crescita, ma molto più difficile in un'economia in contrazione.

La preoccupazione che ho è che la crescita economica rallenti, raggiungeremo un punto in cui il debito a lungo termine diventa difficile da ottenere. La mancanza di credito del 2008 non è stata rimessa completamente a posto. E' stato solo con l'aiuto dell'Alleggerimento Quantitativo (AQ), che ha aggiunto più domanda al mercato a causa dei tassi di interesse molto bassi, che i prezzi del petrolio sono stati in grado di aumentare di nuovo dopo il crollo del 2008. Con la crescita economica molto lenta che abbiamo sperimentato di recente, è stato necessario usare l'AQ per mantenere i tassi di interesse bassi a sufficienza perché la gente si potesse permettere di comprare case e automobili. Se l'economia passa dall'aggiungere debito al sottrarre debito, è probabile che vedremo un enorme calo dei prezzi del petrolio, probabilmente simile a quello del 2008 fino a a circa una trentina di dollari. Se questo può accadere ancora, non è chiaro se la Federal reserve sarebbe in grado di trovare un modo di far di nuovo crescere i prezzi, perché sta già usando un'enorme quantità di incentivi e quindi ha meno opzioni rimaste. Se i prezzi del petrolio scendono ad un livello basso e rimangono bassi, una grande parte della produzione petrolifera sarà discontinua. Saranno fatte pochissime nuove trivellazioni. Effetti simili è probabile che avvengano per gli altri combustibili fossili e anche per l'estrazione dei metalli. Una tale diminuzione della produzione di petrolio è probabile che sia netta – almeno pari a quella di quando è collassata l'ex Unione Sovietica. La produzione di petrolio è scesa di circa il 10% all'anno e anche altri usi energetici sono diminuiti rapidamente. I clienti come l'Ucraina e la Corea del Nord hanno assistito a declini netti delle loro importazioni di petrolio.

Un altro problema fondamentale: il finanziamento del governo

I governi sono possibili solo grazie ai surplus di un'economia. Surplus più grandi permettono più impiegati e più servizi governativi. Mario Giampietro (2009) è un ricercatore che scrive specificamente di questo problema. Inoltre, mentre un'economia cresce, l'aumento degli introiti delle tasse rende facile aggiungere più programmi e servizi. Quando un'economia raggiunge i ritorni decrescenti, studi di economie passate mostrano che un inadeguato finanziamento del governo è uno dei maggiori colli di bottiglia. Questo avviene perché il crollo delle risorse pro capite porta ad una maggiore disparità di salario, coi nuovi lavoratori che trovano difficile trovare lavori ben pagati. I governi sono chiamati a fornire più programmi d'assistenza nel momento esatto in cui la loro capacità di raccogliere finanziamenti sufficienti per pagare questi programmi è carente. Un grande fattore che porta al collasso è l'incapacità dei governi di raccogliere tasse sufficienti da cittadini sempre più poveri.

Il problema della scala mobile a due direzioni

Per come la vedo, l'economia per come è attualmente costruita da solo due opzioni: su e giù. Gli indicatori della “scala mobile verso l'alto” sono

  1. Energia a buon mercato
  2. Offerta di energia in crescita 
  3. Crescita del PIL
  4. Crescita dei salari
  5. Crescita del debito
  6. Programmi di assistenza governativi in crescita

Gli indicatori della “scala mobile verso il basso” sono

  1. Offerta energetica cara da produrre
  2. Offerta di energia che cresce lentamente
  3. La crescita del PIL ritarda o declina
  4. I salari arrancano
  5. L'eccezionale debito tende a contrarsi
  6. Incapacità in aumento di finanziare i programmi di governo


I due ammazza-accordi rispetto a queste due Scale mobili sono

  • Passare dalla crescita dell'offerta di debito alla contrazione dell'offerta di debito. E' come passare dall'economia Keynesiana all'opposto. O dall'avere una carta di credito con un grande quantitativo disponibile al dover pagare il vecchio debito della carta di credito senza aggiungerne di nuovo. 
  • Incapacità in aumento di finanziare i programmi di governo


Le due ragioni sopraelencate sono il motivo per cui mi aspetto che problemi finanziari e governativi conducano alla fine dell'attuale sistema. I ritorni decrescenti stanno già conducendo a prezzi del petrolio più alti facendoci passare dalla scala mobile verso l'alto a quella verso il basso. Ho dei dubbi sul fatto che possiamo ristabilire un uso diffuso del debito diffuso a lungo termine dopo un collasso, perché per allora l'economia sarà chiaramente in contrazione. Si sente spesso la gente parlare di sbarazzarsi del sistema bancario a riserva frazionaria perché richiede la crescita per essere mantenuta, ma di fatto avere un sistema del genere è stato molto utile per permettere l'estrazione dei combustibili fossili e all'economia di usare metalli e cemento in quantità. La disponibilità di titoli è stata a sua volta utile. Una parte essenziale dell'economia di oggi sono le linee di approvvigionamento molto lunghe. Queste permettono che vengano fatti prodotti molto complessi, usando gli approvvigionamenti da tutto il mondo. Ciò che abbiamo scoperto nella crisi del credito del 2008 è che molte aziende (sia grandi che piccole) in queste catene di approvvigionamento sono state duramente colpite dalla mancanza di disponibilità di credito. Vedo questo problema come molto difficile da risolvere. Se non può essere risolto, dovremo affrontare il fatto di fare beni localmente tramite aziende più piccole e linee di approvvigionamento molto più corte. Sarebbe un sistema diverso da quelle che abbiamo oggi e probabilmente sosterrebbe una popolazione mondiale più piccola.

Molti “picchisti” penserebbero che in qualche modo sia possibile “scendere al piano rialzato” ed avere un'economia attuabile simile a quella di oggi con una piccola quantità di costose rinnovabili più un continuo approvvigionamento di combustibili fossili. Ho difficoltà a vedere questo accadere realmente. Un problema è la probabilità che l'approvvigionamento di combustibile fossile declinerà rapidamente a causa del prezzo basso. Un altro problema potenziale è un grande taglio della disponibilità del credito che rende le transazioni difficili; un terzo problema sono i problemi governativi, in quanto le tasse sono inferiori a quello che serve per finanziare i programmi. In teoria potremmo tornare alla scala mobile verso l'alto se troviamo combustibili alternativi che soddisfino tutte le specifiche richieste - molto economici; disponibili in grandi quantità; in espansione anno dopo anno; che possano essere trasformati in combustibili liquidi simili al petrolio e non inquinanti. Ciò sembra improbabile adesso. Altrimenti, ciò che abbiamo è la “cosa” che che abbiamo oggi, finché dura. L'economia non si fermerà in un attimo. Abbiamo anche l capacità di riciclare le cose che non possiamo più usare, questo potrebbe essere più utile in un altro luogo. I pannelli solari che la gente possiede attualmente continueranno a funzionare per un po' (specialmente off-grid) e la rete continuerà probabilmente per un po'. Sappiamo che molte hanno vissuto in economie locali, prima che avessimo i combustibili fossili ed è probabile che sia di nuovo possibile. Certo è che viviamo in tempi interessanti.



martedì 18 marzo 2014

Toccare un nervo scoperto della tribù anti-scienza: Lawrence Torcello sulla disinformazione sul clima

Da “The frog that jumped out”. Traduzione di MR

Lawrence Torcello deve aver toccato un nervo scoperto della tribù anti-scienza, almeno a giudicare dagli insulti che sta ricevendo per questo articolo, (provate a cercare “Torcello” e “climate” su Google e vedrete cosa intendo). Nell'articolo, Torcello comincia dal terremoto del 2009 che ha colpito la città de L'Aquila, causando centinaia di vittime. Ne è seguito un processo in cui diversi scienziati italiani sono stati accusati di negligenza colposa e giudicati colpevoli. In alcuni casi, i giudici sono stati accusati di “medievalesimo”, ma in un commento al blog di Michael Tobis ho osservato che gli scienziati, qui in Italia, si sono fatti prendere dalla loro paura di essere etichettati come “catastrofisti” ed hanno finito per dire ai cittadini che non c'era ragione per preoccuparsi a causa di un possibile terremoto. Il collegamento con l'attuale dibattito sul clima è evidente e Torcello lo esamina qui in profondità.

Ugo Bardi 

La disinformazione sul clima è negligenza colposa? 

Di Lawrence Torcello 

L'importanza di comunicare chiaramente la scienza la pubblico non dovrebbe essere sottovalutata. Capire bene il nostro ambiente naturale e condividere quell'informazione può essere una questione di vita o di morte. Quando si tratta di riscaldamento globale, gran parte del pubblico rimane nella negazione riguardo una serie di fatti sui quali la maggioranza degli scienziati concorda. Con una posta così alta, una campagna di disinformazione dovrebbe essere considerata negligenza colposa. Il terremoto che ha scosso L'Aquila nel 2009 fornisce un caso di studio interessante di comunicazione raffazzonata. Questo disastro naturale ha lasciato più di 300 vittime e quasi 66.000 senzatetto. In una strana successione di eventi, sei scienziati italiani e un funzionario locale della Protezione Civile sono stati successivamente condannati a sei anni di prigione.


La sentenza è stata pensata comunemente per condannare gli scienziati che hanno mancato di prevedere un terremoto. Al contrario, come l'esperto di valutazione del rischio ha indicato David Ropeik, il processo è stato in realtà sul fallimento degli scienziati nel comunicare chiaramente i rischi al pubblico. Le parti condannate sono state accusate di fornire “informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie”. Come ha dichiarato un cittadino:

Tutti sappiamo che i terremoti non possono essere previsti e che l'evacuazione non era un'opzione. Tutto ciò che volevamo era un'informazione più chiara sui rischi, in modo da fare le nostre scelte.

Il punto cruciale è che gli scienziati, quando sono stati consultati sulle scosse in corso nella regione, non hanno concluso che un terremoto devastante fosse impossibile a L'Aquila. Ma quando il Ministro della Difesa ha tenuto una conferenza stampa dicendo che non c'era pericolo, non hanno fatto alcun tentativo di correggerlo. Non credo che la comunicazione scientifica fatta male debba essere criminalizzata, perché fare questo probabilmente scoraggerebbe gli scienziati dal coinvolgersi col pubblico.

Ma la tragedia de L’Aquila ci ricorda quanto sia importante la comunicazione scientifica chiara e quanto ci sia in gioco riguardo alla comprensione pubblica della scienza. Altrove ho sostenuto che gli scienziati hanno un obbligo etico di comunicare le proprie scoperte quanto più chiaramente possibile al pubblico, quando tali scoperte sono rilevanti per la politica pubblica. Analogamente, credo che gli scienziati abbiano il conseguente obbligo di correggere la disinformazione pubblica in modo piì visibile ed inequivocabile possibile. Molti scienziati riconoscono questi obblighi morali civici. Il climatologo Michael Mann ne è un buon esempio; Mann di recente ha posto il problema dell'impegno pubblico in un editoriale sul New York Times: Se vedi qualcosa, dì qualcosa.

Disinformazione e negligenza colposa 

Tuttavia, i critici del case de L'Aquila si sbagliano se concludono che la negligenza colposa non dovrebbe mai essere collegata alla disinformazione scientifica. Considerate i casi in cui la comunicazione della scienza viene attaccata intenzionalmente per tornaconto politico o finanziario. Immaginate se a L'Aquila, gli scienziati stessi avessero fatto un tentativo di comunicare il rischio di vivere in una zona sismica. Immaginate che anche avessero raccomandato un piano scientificamente informato ma costoso di preparazione al terremoto.

Se quelli con un interesse politico o finanziario all'inazione avessero finanziato una campagna organizzata per screditare le scoperte riconosciute della sismologia, e per qualche ragione non ci si fosse affatto preparati, molti di noi sarebbero d'accordo sul fatto che in finanziatori della campagna negazionista sarebbero stati criminalmente responsabili delle conseguenze di quella campagna. Io sostengo che questo è proprio quello che sta succedendo con l'attuale e ben documentato finanziamento del negazionismo del riscaldamento globale. Molte più morti di quelle del terremoto de L'Aquila possono essere attribuite al cambiamento climatico e possiamo essere certi che le morti per il cambiamento climatico continueranno ad aumentare col riscaldamento globale. Ciononostante, il negazionismo climatico rimane un serio deterrente contro una significativa azione politica negli stessi paesi che sono maggiormente responsabili della crisi.

Finanziamento del negazionismo climatico

Abbiamo buone ragioni per considerare che il finanziamento del negazionismo climatico sia criminalmente e moralmente colposo. L'accusa di negligenza criminale e morale dovrebbe essere estesa a tutte le attività dei negazionisti climatici che ricevono un finanziamento come parte di una campagna per minare la comprensione pubblica del consenso scientifico.

La negligenza colposa viene normalmente intesa come risultato di mancanze nell'evitare pericoli ragionevolemtne prevedibili o la minaccia di danni alla sicurezza pubblica conseguente a certe attività. Coloro che finanziano le campagne di negazionismo climatico possono ragionevolmente prevedere la diminuzione della capacità del pubblico di rispondere al cambiamento climatico come risultato del loro comportamento. Infatti, l'incertezza pubblica riguardo alla scienza del clima, e la risultante mancata risposta al cambiamento climatico, è lo scopo intenzionale dei negazionisti motivati.

La mia argomentazione probabilmente solleva un comprensibile, se fuorviata, preoccupazione riguardo alla libertà di parola. Dobbiamo fare la distinzione cruciale fra la libertà di di ognuno di dire le proprie credenze impopolari e il finanziamento di una campagna organizzata strategicamente per minare la capacità pubblica di sviluppare ed esprimere opinioni informate. Proteggere la seconda come forma di libertà di parola forza la definizione di libertà di parola fino al punto di minarne il concetto stesso.

Cosa dobbiamo farne di coloro che stanno dietro al ben documentato finanziamento da parte delle multinazionali del negazionismo del riscaldamento globale? Coloro che si battono per assicurarsi che vengano date al pubblico “informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie”? Credo che li capiamo correttamente se sappiamo che non solo sono corrotti e subdoli, ma criminalmente negligenti nel loro intenzionale disprezzo della vita umana. E' tempo che le società moderne interpretino e aggiornino di conseguenza il loro sistema legale.




lunedì 17 marzo 2014

L'importante e il secondario

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

Secondario

di Antonio Turiel

Cari lettori,

Il problema della disponibilità di energia sta diventando sempre più evidente e questo inspessisce la discussione pubblica di questo problema in tutti gli ambiti, il che comprende i commenti delle notizie dei quotidiani online ma anche i forum delle pagine web più disparate, che vanno da quelle degli appassionati di automobili a quelle di coloro che denunciano le prossime bolle finanziarie spagnole; dalle pagine web ecologiste e ambientaliste a quelle degli appassionati di pallacanestro. Con troppa frequenza, ancora, si osservano errori di concetto che sono ricorrenti anche nella discussione pubblica, come per esempio identificare l'energia con l'energia elettrica (quando quest'ultima rappresenta solo il 21% dell'energia finale in Spagna e il 10% nel mondo) o confondere risorse con riserve, o riserve con produzione. Questo blog ha portato il suo granello di sabbia in questa discussione e vedo che di tanto in tanto viene citato questo o quell'articolo pubblicato qui per sostenere alcune argomentazioni. Parlo di questo perché ultimamente ho visto che vengono criticate le posizioni di chi divulga il problema della scarsità di risorse, e in particolare la posizione di questo blog, perché secondo i nostri detrattori prendiamo le previsioni peggiori, per quanto riguarda la produzione di petrolio ed altre risorse. A mo' di esempio, vi mostro un confronto recente fra diversi modelli della produzione di petrolio per i prossimi anni da parte di varie persone e gruppi di ricerca: 

Come si vede, c'è una certa disparità rispetto alla data esatta del picco di produzione di petrolio (inteso come tutti i liquidi del petrolio, visto che come sappiamo il petrolio greggio ha raggiunto il suo picco verso il 2006). Chi si trova in questa faccenda da poco tempo non si renderà conto di un dettaglio rilevante: le differenze fra le date stimate da parte diversi gruppi che con metodologie rigorose cercano di stimarle, sono sempre più piccole. Fino a solo 5 anni fa era comune trovare differenze che arrivavano fino a qualche decennio (lasciando da parte qualche sproposito senza basi tecniche che parlava di secoli, ovviamente non sostenuto da nessuno che fosse legato a questo campo). Oggigiorno, le differenze si riducono approssimativamente a un decennio e la maggior parte delle previsioni di trovano separate di pochi anni l'una dall'altra. E' ovvio che all'approssimarsi della data in questione (di nuovo insisto, per tutti i liquidi del petrolio, visto che il petrolio greggio, che è più del 80% del petrolio consumato, è già in declino) le possibili differenze diminuiscono e alla fine l'unica cosa che rimane da discutere è la rapidità del declino. Ma il fatto è che queste differenze, come ora spiegheremo, sono del tutto secondarie, visto che ci sono altri fattori che pesano molto di più sul corso che prenderanno gli eventi. 

La prima cosa che si deve capire è che non si possono fare correttamente modelli della parte destra della curva di produzione di petrolio. Tutti i modelli presumono sempre tassi di declino post-zenit abbastanza leggeri e progressivi, per cui si deve sempre supporre che ci sia un'altra fonte di energia a raccogliere il testimone. Pensate che la disponibilità di energia è fondamentale per poter produrre i metalli e il cemento che richiedono sia gli stessi sistemi di produzione di energia come l'industria, sia le abitazioni, per non parlare dell'energia consumata dai diversi macchinari. Se comincia a mancare l'energia anche semplicemente per la manutenzione, tutta la società potrebbe collassare rapidamente come un castello di carte. Ma non è chiaro quale fonte possa raccogliere il testimone in tempo (eccetto il carbone) e per un tempo prolungato (cosa che nemmeno il carbone potrà fare). Di fatto, la diminuzione dell'EROEI – il rendimento energetico – dei giacimenti che rimangono disponibili è da un po' che si verifica. Questa diminuzione di rendimento è ciò che ha fatto sì che le grandi compagnie petrolifere si siano lanciate in una folle corsa nella quale le loro spese aumentano ad una velocità frenetica, ma disgraziatamente la quantità di petrolio che producono è sempre più piccola, come mostra questo grafico preso dall'articolo del Wall Street Journal linkato sopra.   

E nonostante quanto quest'investimento sia colossale e poco profittevole, dal punto di vista della IEA, come riflette il suo ultimo rapporto, c'è un problema di mancanza di investimento. Di fatto, la IEA invia un messaggio ai naviganti per dire che se non si realizzano investimenti adeguati, la prospettiva per la produzione di petrolio è abbastanza nera, come illustra il seguente grafico preso dal rapporto annuale del 2013 (WEO 2013):

Questo discorso sulla necessità di aumentare l'investimento upstream (a monte) incorre nell'errore abituale di slegare l'economia dall'energia. Proprio perché l'energia è più difficile da ottenere (in termini energetici), per questo - si dice - bisogna investire più soldi per arrivare però a cosa? Soltanto ad estrarre meno petrolio. Il problema, alla fine, è che quelle petrolifere sono compagnie private come tutte le altre e logicamente ciò che cercano è aumentare il profitto. Gli amministratori delegati di queste compagnie sono sempre più criticati per il basso rendimento delle loro strategie di investimento e, anche se cercano di rimanere nell'affare, alla fine l'opzione più sensata consiste nello smettere di investire nella produzione di petrolio. Cosicché alla fine c'è da aspettarsi che il declino sia molto più rapido e improvviso di quello che risulta dai modelli ideali. 

Di fatto, non solo è difficile fare modelli del declino, non si possono fare nemmeno modelli accurati del picco: ci sono fattori che tendono a diminuire la produzione rispetto al modello, ma anche altri fattori che tendono ad aumentarla. Gli anni precedenti all'arrivo del picco si caratterizzano per un aumento della produzione inferiore a quello dei decenni passati, il che implica che neanche la domanda potrà crescere al tasso abituale. Ciò scatena molti meccanismi. In primo luogo, carenza di petrolio scatena una crisi economica. Ma poi provoca la mobilitazione di risorse di qualità peggiore per cercare di aumentare la produzione. Queste risorse, oltre a non poter essere prodotte che su una scala piuttosto limitata, hanno un rendimento energetico molto minore, cioè un EROEI più basso, generalmente al di sotto del valore limite di 10 che di solito segna la differenza fra ciò che è redditizio e ciò che non lo è. La produzione di questi petroli meno redditizi è coperta da quelli di maggior rendimento (EROEI alto) che sono ancora maggioritari, ma che sono già in declino. La combinazione di entrambi permette certamente di aumentare la produzione, ma fa abbassare l'EROEI dell'insieme, cosa pericolosa perché rende più probabile un collasso repentino, ma permette anche di prolungare un po' di più la festa. Ricordiamo, tuttavia, che l'energia netta che ci arriva dal petrolio è già in netta diminuzione.

Ma c'è dell'altro. Il crollo della produzione dell'energia mondiale non dice come lo vivranno i diversi paesi, ed anche prima di giungere al picco del petrolio certi paesi possono già iniziare il proprio declino. In un post recente, Ugo Bardi ci mostra che in meno di 10 anni in Italia il consumo di petrolio è sceso di più del 30%, mentre se si considera l'insieme degli idrocarburi (vedi grafico in basso), si trova intorno al 25%. Un tale crollo è stato accompagnato da un crollo del PIL, anche se di minor entità (e, significativamente dal punto di vista causale, il picco del consumo di idrocarburi precede di uno o due anni quello del PIL). 


I seguenti grafici (per gentile concessione di Juan Carlos Barba) illustrano il caso della Spagna, che è solo leggermente migliore di quello dell'Italia. Il primo grafico mostra che il consumo di petrolio della Spagna è crollato di più del 22% (non stagionale) dai sui massimi storici

mentre il PIL (espresso in indice normalizzato, a prezzi costanti, prendendo a riferimento il 2008) è crollato di più del 7%

(ancora una volta, il disaccoppiamento più che significativo fra consumo di petrolio e PIL suggerisce che le cifre ufficiali del PIL spagnolo vengano alterate). 

C'è ancora grasso da bruciare, come spiega Ugo Bardi nel suo post sull'Italia: in primo luogo si abbandonano gli usi ricreativi e voluttuari del petrolio (le gite nel fine settimana, l'acquisto di prodotti superflui), il che permette di mitigare la discesa del PIL associata alla mancanza di petrolio. Tuttavia, il consumo di energia ha sempre un significato economico, anche se all'inizio colpisce i settori meno produttivi e, ahimè, i redditi delle classi inferiori. Pero dopo un po' il grasso, il superfluo, finisce. E se continua ad arrivare meno petrolio si arriva all'osso e quindi il nucleo del sistema produttivo e della società si vedono compromessi. 

Pertanto, discutere se il picco del petrolio sia un po' prima o un po' dopo è una discussione vuota, visto che alla fine discutiamo del nostro arrivo ad un punto pericoloso, i cui effetti si stanno già manifestando. Tentare di sapere se con tutti i liquidi del petrolio si può arrivare un po' più lontano quando il petrolio greggio è arrivato al suo picco significa non voler vedere la gravità della situazione attuale. E non vi fate ingannare: il fracking è solo una bolla e gli Stati Uniti non saranno mai energeticamente autosufficienti. Solo con un grande sforzo contabile, mescolando tutte le categorie, riescono ad arrivare quasi al livello del 1970, come mostra il seguente grafico sulla previsione fatta dal Dipartimento dell'Energia sull'evoluzione della produzione di tutti i liquidi del petrolio negli Stati Uniti (il grafico è stato estratto da un post del blog di riferimento in francese Oilman): 

Come si vede, gli Stati Uniti non giungeranno mai ad essere autosufficienti (la fascia azzurra in alto rappresenta le importazioni nette), Peggio ancora, nella falsa percezione di abbondanza petrolifera degli Stati Uniti ifluisce molto l'aver confuso la definizione di quello che è il petrolio, come spiega Kurt Cobb in questo articolo

Chi si diverte a discutere se il picco sarà un po' più tardi o un po' prima si concentra sul superfluo, visto che non c'è niente che indichi che questo punto si possa posticipare se non di qualche anno, con conseguenze funeste, visto che non stiamo ammortizzando convenientemente il capitale investito nelle nostre infrastrutture. Tale atteggiamento somiglia a quello dei negazionisti del cambiamento climatico: un richiamo all'inattività centrato su dubbi di carattere tecnico e con poco contenuto reale, in realtà del tutto secondari. E la cosa che l'espressione di tali dubbi nasconde è il desiderio di non cambiare ciò che è importante: il nostro sistema economico in modo che sia sostenibile. 

Si può semplificare questa posizione (quella di concentrarsi sul dettaglio – quando avverrà esattamente il picco – e ignorare la cosa fondamentale – l'inesorabile necessità di cambiare il sistema economico) dicendo che è un processo di negazione di una realtà sgradevole (la prima fase del processo descritto da Kübler-Ross). Spesso, tuttavia, la cosa è più sottile. La critica al sistema capitalista e l'annuncio che è arrivata alla fine del suo ciclo utile è visto con molto sospetto da molti settori della popolazione, generalmente ben informati, che vedono la denuncia dei problemi del cambiamento climatico e della scarsità di risorse come scuse per introdurre un ordine del giorno “di sinistra” per smantellare il sistema economico che ha portato molto progresso e sviluppo all'umanità. Tuttavia, la critica che si fa da parte della Scienza (tanto per il Cambiamento Climatico quanto per lo studio della disponibilità di risorse naturali) non sono di carattere ideologico, solo di carattere logico. Non si tratta di introdurre dietro le quinte ricette di sinistra, visto che oltretutto queste, in generale, non mettono in discussione il sistema produttivo, pertanto non apportano un'alternativa reale al problema. Non si tratta, quindi, di un problema di sinistra e destra, così come vengono concepite in occidente. Si tratta di lasciare un futuro ai nostri figli, si tratta di aprire gli occhi e di accettare la realtà così com'è. Si tratta, insomma, di smettere di perder tempo su ciò che è secondario e approcciarsi a ciò che è importante. 

Saluti.
AMT


domenica 16 marzo 2014

Previsioni climatiche: mettiamo le cose in chiaro

Da “NEF”. Traduzione di MR

Foto: James Willamor 

Di Griffin Carpenter 

Le previsioni climatiche sono precise. E' un fatto. Coloro che argomentano contro il cambiamento climatico cercano sempre di discreditare la scienza – i modelli usati dai climatologi in particolare. Insistono che tali previsioni sono troppo imprecise ed incerte per giustificare l'adozione di provvedimenti, ma una nuova ricerca di NEF mostra che questo proprio non è vero. Ora abbiamo oltre vent'anni di previsioni da parte del IPCC. Nonostante una infinita raffica di critiche nei media, queste previsioni si stanno dimostrando molto precise. Come mostrato sotto, le tendenze annuali delle concentrazioni di carbonio, le temperature globali e i livelli del mare sono bene allineate con le previsioni originarie riportate dall'IPCC e la maggioranza dei cambiamenti climatici ricadono nell'intervallo previsto. La scienza del clima si sta guadagnando i propri galloni:

Fonte: IPCC

Infatti, le previsioni climatiche stanno di fatto superando molte delle previsioni economiche chiave citate dai dipartimenti governativi e dai giornalisti.

Guardando una selezione di previsioni a lungo termine – popolazione, debito/PIL e prezzo del petrolio – possiamo vedere che non solo molte delle osservazioni reali ricadono ben al di fuori dell'intervallo previsto, anche la tendenza prevista è ben al di fuori del segno. Ma avete mai sentito condannare queste misure come “parole senza senso” nei media?












Fonti: ONS (Ufficio Nazionale di Statistica), HM Treasury (Tesoreria di Sua Maestà), EIA


Il buon senso ci dice che le decisioni di politica pubblica devono essere basate sulle informazioni e gli strumenti che abbiamo a disposizione. Ciò che mette in chiaro il nostro nuovo saggio è che le previsioni del cambiamento climatico offrono la stessa certezza, se non maggiore delle previsioni economiche a lungo termine. La polemica secondo la quale la scienza del clima è troppo incerta per informare le decisioni di spesa a lungo termine non può più essere usata come copertura intellettuale.



Cosa sono i norvegesi senza neve?

Da “Yr.no” Traduzione di MR (da una precedente traduzione in inglese di Francesca Ruscillo)


Cosa sono  i norvegesi senza neve? Inverno, neve e sci significano per noi tanto quanto la famiglia reale o la bandiera norvegese, dicono gli storici. Se la neve scompare, cosa ne sarà di noi? 


Metri e metri di neve e una capacità popolare di gestirla perfettamente. Questo è un tratto tipico dei norvegesi e di come pensiamo noi stessi, secondo lo storico Karsten Alnæs. 

Se il riscaldamento globale continua, per la fine di questo secolo la neve potrebbe essere storia nella Norvegia invernale. 

Se la neve scompare creerà molta frustrazione, dice lo storico, che spiega anche che la neve è un importante simbolo di identificazione come la bandiera o il Re.

18° secolo: la neve comincia ad essere parte dell'identità norvegese già nella seconda metà del secolo. 

La Norvegia era sotto la dominazione danese e a Copenhagen gli studenti norvegesi cercavano qualcosa che fosse tipicamente norvegese. E' quando vai in giro e incontri degli stranieri che cominci a vedere chi sei, dice Karsten Alnæs. 

Gli studenti si aggrappavano all'essenza norvegese: un clima rigido, freddo e neve. Scrivevano canzoni e poesie. Le leggende raccontano che Johan Nordal Brun andava in giro solo con la maglietta in pieno inverno, vantandosi di quanto poteva resistere. Il messaggio è chiaro: l'inverno e la neve rendono i norvegesi duri e resistenti, mentre i danesi e la gente delle latitudini più meridionali sono “deboli”. 

Più tardi nel 18° secolo, l'interesse per la neve e il freddo ha subito un nuovo rialzo, quando Nansen ha attraversato la Groenlandia e Roald Admunsen è diventato il primo a raggiungere il Polo Sud. 

2014: le competizioni sciistiche. 

Oggi i norvegesi adorano la neve in modo diverso, più romantico, dice Alnæs. Si tratta del desiderio koderno di allontanarsi dalla città e andare in campagna. Abbiamo tempo e soldi per avere uno stile di vita all'aperto e godere dell'inverno, non di sopravvivergli. Ha anche a che fare con la sciocchezza degli atleti e dello sport, aggiunge Alnæs. 

Therese Johaug che attraversa la linea del traguardo a Holmenkollen con un grido primordiale. La solare, forte e gioviale Marit Biørgen. Entrambe tengono in vita il mito secondo cui la “Norvegia è meglio con gli sci ai piedi”. 

La neve è un simbolo di identità così forte oggi come ieri, solo in un altro modo, indica Alnæs. 

La gente della costa può sciare? 

E' difficile da credere, ma già oggi la neve è rara in alcune zone della fredda Norvegia. Utsira, al largo di Haugesund, è uno di quei posti: lì la temperatura media in inverno è al di sopra dello zero. Ecco perché l'isola non ha un inverno proprio, non nel modo in cui lo definiscono i meteorologi. 

Su Utsira c'è un altro elemento meteorologico che da l'identità. Il vento influenza qualsiasi cosa, dal vestiario al modo in cui crescono gli alberi a dove attraccano i traghetti, sul lato settentrionale o meridionale dell'isola. 

La neve norvegese è minacciata 

L'inverno verde di Utsira in futuro potrebbe diventare una regola più che un'eccezione, visto che la previsione dei ricercatori climatici è che il clima diventerà più mite e più umido. Le analisi fatte da Dagrun Vikmar Schuler, ricercatore climatico all'Istituto di Meteorologia, mostrano che l'inverno sta cambiando in due modi: il primo è che la stagione della neve sta diventando più breve in tutto il paese. L'autunno e la primavera si stanno avvicinando fra loro (a spese dell'inverno). L'estate si gode la vittoriosa e diventa più lunga. Il secondo è che la quantità di neve sta cambiando in tutto il paese. Qui i ricercatori climatici dividono il secolo in 2 parti: 

fino al 2050 la quota della neve si ritirerà a 800-900 metri. 

Al di sopra di questa altitudine ci sarà sempre più neve, mentre ci sarà più pioggia nelle aree più basse. Le tipiche località sciistiche, come Ustaoset, Hemsedal o Geilo possono avere più neve nei prossimi decenni. Allo stesso tempo la cosa sembra preoccupante per luoghi come Tyrvann, che si trovano a 500 metri sul livello del mare. 

Nell'ultima metà del secolo, le quote della pioggia e della neve si ritireranno sempre di più. 

Ci sarà quindi meno neve anche in luoghi più alti. Le piste da sci a Ustaoset, Hemsedal e Geilo potrebbero quindi essere verdi per tutto l'anno, perché ci può essere una maggiore variazione di anno in anno. 

La previsione per il futuro mostra solo una media del meteo, sottolinea Schuler. Anche se la media implica poca neve, alcuni inverni nevosi come li conosciamo oggi potrebbero ancora verificarsi. 

La neve diventa un lontano ricordo.

Cosa succederebbe ai norvegesi ed alla loro identità se la neve scompare? Penso che provocherà una grande frustrazione, dice lo storico Karsten Alnæs. La gente cercherà la neve nella Nordmarka (foreste a nord di Oslo). 

Ciò ha sollevato grandi preoccupazioni, ma a così breve termine l'identità non era in pericolo. Ma se il futuro sarà senza neve, alla fine la neve diventerà un lontano ricordo e perderà di interesse, conclude lo storico. 

Mappa: gli inverni futuri possono rivelarsi così

La mappa mostra come potrebbe essere l'inverno secondo la previsione dei ricercatori climatici nel periodo fra il 2071 e il 2100, in confronto al periodo normale fra il 1961 e il 1990 (che è stato un periodo prodigo di neve). Qui si ipotizza che le nostre emissioni di gas serra saranno di livello medio in futuro. 

Dalla mappa, si può per esempio leggere questo:

  • Oslo potrebbe avere 50-60 giorni di neve in meno ogni anno, di media
  • Høyfjellet nel sud della Norvegia potrebbe avere 30-40 giorni in meno di neve ogni anno, in media. 
  • Finnmarksvidda potrebbe avere 30-40 giorni di neve in meno ogni anno, in media.
  • Høyereliggende e parti più alte della costa Norvegese potrebbero avere 80 giorni di neve in meno all'anno, di media. Praticamente, con questi 80 giorni di meno , significa che l'inverno dura un mese di meno sia all'inizio che alla fine. 

sabato 15 marzo 2014

Maledetti Troll!!!






Da ZeroHedge. Traduzione di MR

Perché i Troll iniziano le guerre dei flame: imprecare e insultare blocca la capacità di pensare e concentrarsi

Gli studi di psicologia mostrano che imprecare ed insultare nelle discussioni su Internet bloccano la nostra capacità di pensare. Due professori di scienza della comunicazione dell'Università del Wisconsin a Madison - Dominique Brossard e Dietram A. Scheufele – hanno scritto lo scorso anno sul New York Times:

In uno studio pubblicato in rete lo scorso mese nel Journal of Computer-Mediated Communication, noi e tre altri colleghi facciamo una relazione su un esperimento progettato per misurare quello che si potrebbe chiamare “l'effetto sgradevole”.

Abbiamo chiesto ai 1.183 partecipanti di leggere attentamente un post su un blog fittizio che spiegava i potenziali rischi e vantaggi di un nuovo prodotto tecnologico chiamato nanosilver. Queste particelle infinitesimali d'argento, più piccole di 100 miliardesimi di metro in ogni dimensione, hanno diversi benefici potenziali (come le proprietà antibatteriche) e rischi (come la contaminazione dell'acqua), riportava l'articolo online. 

Poi abbiamo fatto leggere ai partecipanti i commenti al post, presumibilmente di altri lettori, e rispondere a domande riguardanti il contenuto dell'articolo stesso. 

Metà del nostro campione è stato esposto a commenti di lettori civili e l'altra metà a commenti di lettori maleducati – anche se il contenuto, la lunghezza e l'intensità reale dei commenti, che variava dal sostenere la nuova tecnologia all'essere diffidente per i rischi, erano coerenti in entrambi i gruppi. La sola differenza era che quelli maleducati contenevano epiteti e parolacce, come: “Se non vedi i benefici dell'uso della nanotecnologia in questo tipo di prodotto, sei un'idiota” e “Sei stupido se non pensi ai rischi per i pesci e per le altre piante e animali nell'acqua contaminata con l'argento”. 

I risultati sono stati sia sorprendenti sia inquietanti. I commenti incivili non solo hanno polarizzato i lettori, ma hanno spesso cambiato l'interpretazione dei partecipanti della notizia stessa

Nel gruppo civile, coloro che inizialmente supportavano o non supportavano la tecnologia – che abbiamo identificato con domande in un sondaggio preliminare – hanno continuato a sentirsi allo stesso modo dopo aver letto i commenti. Coloro che sono stati esposti ai commenti maleducati, tuttavia, hanno finito per avere una comprensione molto più polarizzata dei rischi connessi alla tecnologia

Includere anche soltanto un attacco ad personam in un commento di un lettore è stato sufficiente a far pensare ai partecipanti che il lato negativo della tecnologia di cui si parlava fosse maggiore di quanto avessero pensato in precedenza

Mentre è difficile quantificare gli effetti distorsivi di tali cattiverie online, sono destinate ad essere piuttosto consistenti, in particolare – e forse ironicamente – nel campo delle notizie scientifiche. 
Quindi, perché la gente trolla in modo maleducato?

Gli psicologi dicono che gran parte di loro sono psicopatici, sadici e narcisisti che si divertono in questo modo. E' facile sottostimare quanti di questi tipi di squilibrati ci siano là fuori: ci sono milioni di sociopatici nei soli Stati Uniti.

Ma anche le agenzie di intelligence stanno intenzionalmente disturbando la discussione politica sul web e attacchi ad personam, insulti e tattiche da 'divide et impera' sono tutte tecniche di disturbo ben conosciute e frequentemente usate.

Ora sapete perché... le guerre dei flame polarizzano il pensiero e bloccano la capacità di concentrarsi sul reale argomento e sui fatti in discussione.

Infatti, questa tattica è così efficace che lo stesso sapientone potrebbe agire su entrambi i fronti della battaglia.

Postscriptum: Fortunatamente, non è poi così difficile fermare il loro disturbo... basta indicare quello che stanno facendo.

Per esempio, ho scoperto che postare una cosa di questo genere può essere molto efficace:

Buon Numero 1!

Questo potrebbe essere meglio se il troll è un sociopatico:

Questo tipo di "intrattenimento" non è più appropriato altrove?

(includete il link, così la gente può vedere a cosa vi state riferendo).

La ragione per cui questo funziona è che gli altri lettori impareranno come funzionano le tattiche di disturbo specifiche usate... contestualmente, come vedere la natura selvaggia avendo in mano una guida, di modo che si impara quello che si vede “sul campo”. Allo stesso tempo, risulterete divertenti, scanzonati e intelligenti... anziché oppressivi e troppo intensi.

Provate... funziona.