venerdì 30 ottobre 2020

Progettiamo oggi il paradigma socio-economico del domani

 

di Marco Montecchi

Fisico Ricercatore presso ENEA

mmonthy@gmail.com

+39 348 596 8888

Un esercizio per delineare un nuovo sistema socio-economico realmente sostenibile, basato su un “salto evolutivo” rispetto alle attuali regole che ci governano. E’ ormai ampiamente dimostrata l’insostenibilità di un sistema economico basato sulla crescita della produzione di beni, essendo inesorabilmente destinato al collasso quando applicato in un mondo finito con risorse limitate: non ci sono più terre da esplorare; almeno nel breve e medio periodo, non ci sono più territori da colonizzare; in altre parole il mondo è diventato un sistema chiuso in cui ogni strategia basata su un ulteriore ampliamento è destinata al fallimento con conseguenze disastrose per tutti. In una nuova vision l’Europa può giocare un ruolo molto importante e ridiventare la guida per un mondo nuovo in cui la parola chiave siano “benessere” e “buona vita”.

 

      1. Il problema: il pensiero unico

La necessità di adottare un nuovo paradigma socio-economico, alternativo al modello corrente neoliberista, è sempre più impellente:

  1. sfruttiamo più risorse di quanto la Terra possa offrire. Nel 2019 l’overshoot day è anticipato al 29 Luglio! Il miglioramento rilevato nel 2020, 22 Agosto, è solo temporaneo, dovuto al rallentamento imposto dalla pandemia Covid-19;

  2. il Pianeta è sfigurato dall’antropizzazione dilagante;

  3. l’eccessivo rilascio di gas serra sta inducendo rilevanti cambiamenti climatici;

  4. la quota di lavoro umano necessaria è rapidamente erosa dal poderoso sviluppo di intelligenza artificiale e robot;

  5. capitalismo e neoliberismo sono oramai entrati in una crisi sistemica causata dalla finitezza del Pianeta e delle sue risorse, solo ritardata dall’economia del debito.

Purtroppo le classi dirigenti non sembrano cogliere la gravità della situazione, rimanendo ostaggio del mito della “crescita” e del “lavoro” stile vecchio millennio. Sarebbe, invece, necessario adoperarsi per progettare un paradigma socio-economico alternativo per poi avere il coraggio e la lucidità Politica di intraprendere i primi passi realizzativi.

 

      1. Avvertenze per i progettisti

Nel progettare un nuovo paradigma socio-economico si dovrebbe tener conto che:

A) fissata una soglia minima alla qualità di vita che si vuole garantire ad ogni essere umano, esiste un limite alla numerosità della popolazione umana affinché non si consumino più risorse di quante il pianeta riesca a rigenerare, o si inducano cambiamenti climatici per eccesso di consumi energetici, o si stravolga la biosfera per eccessiva antropizzazione del territorio.

B) infatti per non destabilizzare il pianeta con il riscaldamento globale, una volta risolto il problema della emissione di gas serra, esiste comunque un limite massimo all’energia fruibile dall’uomo sulla Terra, in quanto a fine uso la gran parte di essa viene convertita in energia termica. Attualmente l’ammontare di energia prodotta (trasformata, per essere più precisi) dall’uomo è circa 10-4 rispetto al quantitativo di energia che la Terra riceve dal Sole, contro il 10-2 del minore irraggiamento di energia nello spazio causato dall’effetto serra. Quindi, eliminato il problema dell’emissione di gas serra, potremmo ancora accrescere il quantitativo di energia prodotta solo di un ordine di grandezza (ossia 10), altrimenti saremo nuovamente nella condizione di indurre cambiamenti climatici. Morale: dobbiamo accettare l’idea dell’esistenza di un limite al quantitativo di energia di cui possiamo disporre sulla Terra, indipendentemente dalla fonte utilizzata, anche se nel caso delle fonti rinnovabili l’impatto è minore in quanto esse attingono al quantitativo di energia che la Terra riceve dal Sole, posticipando il momento della sua conversione in energia termica; di contro la fonte nucleare (sia da fissione che da fusione) impatta per intero, in quanto trasforma energia che era immagazzinata sotto forma di legami nucleari in energia termica.

C) inoltre, per non alterare la biosfera, l’antropizzazione deve essere limitata ad una frazione della superficie terrestre; infatti il sistema suolo-atmosfera è di tipo complesso, regolato da leggi Fisiche non lineari. Data la complessità, una variazione minima in una piccola parte del sistema, può innescare una catena di eventi con ripercussioni enormi sull’intero sistema complesso spostando significativamente le condizioni di equilibrio in modo assai difficilmente prevedibile, con serie conseguenze sulle varie forme di vita attuali.

D) la logica del profitto, che soggiace a capitalismo e Neoliberismo, non è compatibile né al regime stazionario richiesto dalla finitezza del Pianeta, né alla drastica riduzione dell’ammontare della quota di lavoro umano necessario (“lavoro necessario”) dovuta all’avvento di robots sempre più evoluti e al contemporaneo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

E) L’uomo è un animale sociale guidato dalla ricerca del benessere con esiti che possono spaziare dal puro egoismo alla totale abnegazione per un qualche scopo trascendente l’individuo stesso; ama primeggiare, distinguersi e assicurarsi il meglio. Ad esempio ci si può sentire appagati sia dal consumare un pasto prelibato che dal premurarsi di offrire cibo a qualche bisognoso affamato. Questo spiega l’ampio spettro dell’agire umano: dalle peggiori nefandezze ad azioni ammirevoli e nobili. Purtroppo mediamente l’agire umano è piuttosto meschino: guidato dal tornaconto personale, magari familiare e più raramente del gruppo di appartenenza; nell’ultimo caso facilmente l’agire è a scapito di uno o più gruppi concorrenti. 

 

      1. Utopia Sostenibile: un esempio di modello alternativo

Premessa. Utopia Sostenibile è il modello socio-economico che ho voluto tratteggiare a dimostrazione della possibilità di poter concepire paradigmi alternativi. Non è assolutamente mia intenzione convincere il lettore che sia il migliore dei paradigmi; anzi, vorrei fosse da stimolo per ognuno a prefigurare una propria alternativa. Sarebbe poi molto utile confrontare i diversi modelli per cercare di delinearne di nuovi, più evoluti, basati sulle idee migliori; alla fine si potrebbe quindi convergere su una rosa ridotta dei paradigmi più promettenti, condivisi.

Principi fondamentali. E veniamo all’Utopia Sostenibile: il suo tratto principale è la sostituzione della logica del profitto con i valori di Solidarietà, Condivisione e Bene Comune; come sarà meglio chiarito a breve, il nuovo cittadino non è più mosso dalla bramosia di potere, denaro e accumulo, ma dalla ricerca della gratificazione per accrescimento personale e per riconoscenza sociale. Tali valori implicano un salto evolutivo della società umana, allontanandola con decisione dagli albori della preistoria. All’individuo è riconosciuta unicità e libertà di scelta, ma lo si educa per rinforzare le modalità di ricerca del benessere che abbiano esiti non egoistici e fare maturare in lui una visione olistica del sistema in cui vive e agisce, per renderlo consapevole e quindi più responsabile nel suo agire.

Joule-coin, valore dei beni e flusso naturale della valuta. Purtroppo non basta enunciare dei buoni principi innovatori per innescare un cambiamento; servono anche azioni decise e coraggiose che comportino un cambiamento sostanziale del contesto di vita e quindi del comportamento delle persone. Il grimaldello che propongo per forzare la transizione è il combinato di tre parti:

  1. allineare l’unità di valuta sull’unità Fisica dell’energia, il Joule (Joule-Coin);

  2. ancorare il valore di ogni bene al corrispettivo quantitativo di energia necessario alla sua realizzazione e smaltimento a fine vita, se di bene materiale si tratta.

  3. adottare per la valuta il flusso naturale dell’energia, riconoscendo ad ogni cittadino l’Energia di Cittadinanza per il solo fatto di esistere e di far parte della società

E’ bene sottolineare che a differenza delle valute attuali, Il JouleCoin non è stazionario, ma viene “coniato” nel momento in cui l’equivalente ammontare di energia è reso disponibile e si “annichilisce” nel momento in cui esso è utilizzato per acquisire un dato bene.

Questa proposta colpisce il cuore del sistema corrente: il denaro; le società cosiddette evolute ne sono ossessionate. Il denaro è stato lo strumento principe per andare oltre il baratto. Semplificando, all’inizio il valore di una moneta era conferito dal materiale stesso in cui era prodotta; è seguita una fase in cui il suo valore era garantito dalla riserva aurea dello stato; infine questo compito è stato lasciato al mercato, ovvero alla finanza.

Dal mio punto di vista, di Fisico, tutto ciò non mi è mai apparso convincente, per la mancanza di oggettività. La proposta in oggetto è articolata in modo tale da stravolgere completamente l’approccio: il valore del denaro è oggettivamente ed univocamente ancorato all’energia, il Joule; il valore di ogni cosa (materiale ed immateriale) è ancorato oggettivamente e univocamente al quantitativo di energia richiesto per produrla/realizzarla; se bene materiale, a questa va aggiunto l’ammontare di energia necessaria al suo smaltimento al termine del ciclo di vita. Fine dell’arbitrarietà, fine della speculazione finanziaria.

A completamento del cambiamento, nell’Utopia Sostenibile il flusso del denaro-energia è ricondotto a quello naturale: ogni forma di vita sulla Terra si sviluppa tra i mille rivoli di conversione dell’energia, a partire da quella solare di tipo elettromagnetico, distribuita nell’intervallo UV-VIS-NIR, ricevuta dalla superficie terrestre, a quella infrarossa riemessa dalla Terra verso lo spazio; a cui si deve aggiungere quella immagazzinata, più o meno a lungo, in forma di legame chimico. Per avere stazionarietà climatica, l’ammontare dell’energia ricevuta dal Sole deve coincidere con la somma di energia immagazzinata più quella riemessa nello spazio, pena riscaldamento o raffreddamento globale. In questo fluire si sviluppa anche la vita dell’uomo, al pari di tutte le altre forme di vita. Appare così evidente che l’uomo abbia diritto a usufruire gratis della sua quota di energia, solo per il fatto di esistere. Il lavoro propriamente detto che gli si richiede per poter usufruire della Energia di Cittadinanza nell’ambito dell’Utopia Sostenibile è ridotto allo stretto necessario per mantenere efficiente la società in cui vive; infatti sono la società e il bagaglio di conoscenze acquisite che consentono di innalzare il tenore della qualità di vita rispetto al livello primordiale. E’ quindi essenziale che il cittadino comprenda l’importanza del prendersi cura in prima persona della società e della cultura.

Sottolineiamo che in questo scenario la Politica e la pianificazione dello sviluppo, o meglio del progresso sostenibile, saranno automaticamente modulate sull’ammontare effettivo di energia disponibile, possibilmente ottenuta da fonti rinnovabili. Differentemente dalla concezione Neoliberista, la produzione di beni e servizi dovrà essere limitata a quanto effettivamente necessario/richiesto. Rispetto alla situazione corrente di consumismo sfrenato e spreco di risorse, questo punto è rivoluzionario; la sua attuazione sottende l’adozione di un’oculata pianificazione annuale di produzione e sviluppo.

Lo Stato come direttore d’orchestra. Nell’Utopia Sostenibile ogni anno lo Stato disporrà dell’ammontare totale dell’energia generata in modo rinnovabile e sostenibile. Una quota sarà trattenuta dallo Stato per svolgere tutte le attività di bene comune, quali realizzazione e mantenimento delle infrastrutture (centrali per la trasformazione dell’energia, vie di comunicazione, telecomunicazioni, acqua, gas, elettricità) e garantire servizi di pubblica utilità (ospedali, scuole, servizio civile, etc.); la parte rimanente andrà equamente suddivisa tra i cittadini a mo’ di Energia di Cittadinanza.

Nel pensiero appena formulato è comparsa la figura dello Stato. A scanso di malintesi vorrei subito precisare che lo Stato a cui penso non è meramente impositivo, ma ha la funzione importantissima di coordinare l’agire umano nella società; altrimenti si rischierebbe l’incoerenza delle azioni individuali, a detrimento delle caratteristiche dell’impatto umano sul pianeta. Auspico un rapporto Stato-Cittadino simile a quello che vige tra direttore d’orchestra e musicista: ogni musicista ha il suo spartito; il direttore d’orchestra lavora per rendere l’esecuzione del brano armoniosa. Proseguendo in questa analogia, come affermato da un mio buon amico e collega violinista, il musicista non prova senso di costrizione nel suonare in una orchestra per il semplice motivo che questo è frutto di una sua scelta. Analogamente il cittadino-musicista dovrebbe avere la possibilità di scegliere la comunità a cui associarsi in base ad affinità: verosimilmente il nuovo sistema socio-economico si realizzerà in una moltitudine di comunità interconnesse; ognuna sarà contraddistinta da caratteristiche specifiche indotte sia dal territorio che dagli individui che la compongono.

Ben consapevole di quanto lo Stato possa comportare derive autoritarie o quantomeno distopiche, invito il lettore a segnalarmi forme organizzative alternative, più leggere, che assicurino una sufficiente grado di coordinazione e coerenza dell’agire umano.

In cambio della fruizione dell’Energia di Cittadinanza, il cittadino dovrà rendersi disponibile a dedicare parte del suo tempo allo svolgimento di una delle funzioni di interesse sociale non demandabili a robots e macchine. Questo è il nuovo concetto di occupazione. Pertanto per definizione nell’Utopia Sostenibile non ci può essere disoccupazione! I compiti andranno distribuiti tenendo conto delle attitudini e possibilmente dei desideri individuali; gli obiettivi minimi andranno calibrati sulle capacità e possibilità individuali. Con il progredire della tecnica, l’ammontare complessivo delle attività di pubblica utilità da far svolgere ad umani sarà sempre più esiguo; pertanto l’individuo disporrà sempre più di tempo libero. Insomma nel nuovo contesto tutti hanno un’occupazione, ma con impegno ridotto al minimo indispensabile.

Il cittadino utilizzerà la sua quota energia per disporre di tutto il necessario per la sopravvivenza; con il surplus potrà beneficiare di beni, servizi e svaghi di importanza non strettamente vitale, secondo i propri gusti, in piena libertà, ma rispettando le regole di convivenza e i vincoli di sostenibilità. Avrà diritto alla fruizione secondo i propri desideri delle strutture sociali e alla piena disponibilità del tempo rimanente.

Tenendo conto dell’indole umana, per invogliare il cittadino a prendersi cura del bene comune, gli saranno riconosciute ricariche di energia supplementari qualora, al di là delle sue mansioni di competenza, avrà conseguito pregevoli risultati di pubblica utilità.

Problema esistenziale e rischio di decadenza. Una volta che sia stata ampiamente garantita la sussistenza, ogni uomo necessita di porsi un qualche importane obiettivo esistenziale da perseguire nel corso della propria vita. La crescente disponibilità di tempo libero e di benessere renderanno più difficile l’individuazione di obiettivi esistenziali; molti uomini, annoiati dalla vita e alla ricerca di emozioni forti, potrebbero estraniarsi ricorrendo a droghe e/o realtà virtuali; la società potrebbe andare in decadenza. Diversamente l’uomo del domani dovrebbe sfruttare la maggiore disponibilità di tempo libero per dedicarsi a una qualche forma di sapere o di espressione artistica, dovrebbe dedicarsi al prossimo, all’ambiente, accrescere la sua consapevolezza, cercando di contenere la sua brama di potere e di possesso.

L’educazione, garantita dallo Stato, favorirà la maturazione di una visione olistica e sarà tesa ad incoraggiare ed aiutare il cittadino-studente ad individuare e sviluppare le sue migliori attitudini e capacità. Una volta formato, l’individuo potrà scegliere tra le mansioni sociali quella/e di maggiore gradimento, compatibili con la sua formazione. Anche successivamente l’accrescimento personale sarà una fonte importante di gratificazione.

La Ricerca e lo Studio in ogni settore saranno incoraggiati senza alcun limite, nel rispetto di un codice etico condiviso e saranno supportati in base alla rilevanza sociale e/o importanza culturale.

Per evitare che la società degradi verso un agglomerato di monadi, al di là dei limiti tecnologici per l’automazione delle attività necessarie, sarebbe opportuno che il cittadino continuasse comunque a dedicare parte del suo tempo nel prendersi cura degli altri e del bene comune. Anche perchè questo impegno, se svolto con cura e passione, verrà premiato con la riconoscenza sociale che è enormemente più appagante di qualsiasi tornaconto materiale.

Limite demografico. Per garantire la quasi stazionarietà del sistema sarà necessario governare l’andamento demografico, preferibilmente sensibilizzando la società e la curando la consapevolezza del singolo. Più precisamente, definito il tenore della qualità di vita che si vuole garantire ad ogni individuo, la popolosità dovrebbe rispettare il più stringente tra i seguenti tre vincoli: 1) mantenere il fabbisogno energetico al di sotto della soglia oltre cui c’è il rischio di innescare cambiamenti climatici; 2) mantenere il consumo di risorse naturali entro le capacità rigenerative del pianeta; 3) mantenere la frazione di territorio antropizzato al di sotto della soglia oltre cui c’è il rischio di modificare la biosfera.

La transizione. A meno di malaugurati eventi catastrofici che lascino spazio ad una ricostruzione ex-novo, la transizione avverrà gradualmente; ad esempio si introdurranno nuovi indici nella determinazione del PIL (ad oggi elemento fondamentale per determinare il valore di un sistema paese) tali da valorizzare la “buona vita” e il “benessere” dell’individuo. Una transizione in cui Solidarietà, Condivisione e Bene Comune assumano sempre maggiore valore e l’agire umano sia sempre più modulato sull’effettivo quantitativo di energia ottenuta in modo sostenibile. Automatizzazione e Intelligenza Artificiale saranno utilizzati per ridurre il “lavoro necessario” e lasciare sempre più tempo alla “libera occupazione”.

Un esempio per comprende meglio l’Utopia Sostenibile. Come cittadino, per avere diritto al dividendo di energia di cittadinanza, dovrò impegnarmi a ricoprire una quota di “lavoro necessario” (ossia non eseguibile da macchine e robot) che mi sarà assegnata tenendo conto sia della mia formazione che delle mie attitudini; ad esempio potrei eseguire lavori di ecologia ambientale. Sarò motivato ad eseguire bene il “lavoro necessario” sia perché mi è consono, sia perché ci metto la faccia e potrò godere del riconoscimento sociale conseguente ad un lavoro ben fatto.

Con il quantitativo di energia pro-capite sarò in grado di assicurarmi vitto, alloggio e l’acquisizione dei beni accessori di mio interesse (ad esempio una motocicletta o l’impianto Hi-Fi) il cui valore è fissato univocamente al quantitativo di energia necessaria per produrli.

Sono libero di utilizzare il tempo rimanente nelle occupazioni che più mi aggradano; ad esempio, oltre che coltivare affetti e amicizie, potrei partecipare ad un gruppo di ricerca scientifica nel campo delle energie rinnovabili e suonare in un gruppo musicale.

Inoltre, potrò godere di buoni premio energia quando il mio operato avrà rilevanti ricadute sociali.


      1. Passi successivi auspicabili

Come già dichiarato, non è assolutamente mia intenzione propagandare l’Utopia Sostenibile come il miglior paradigma socio-economico alternativo; piuttosto vorrei stimolare ogni lettore a sviluppare un proprio modello alternativo. Al contempo vorrei innescare una seria fase progettuale in cui, a partire dal confronto dei diversi modelli proposti, si riesca ad elaborarne di più evoluti e promettenti, giungendo ad una rosa ristretta di proposte più evolute e condivise.

Si dovranno quindi sollecitare organismi sovranazionali, come la UE o l’ONU, a sponsorizzare la creazione di comunità pilota in cui testare i modelli più promettenti. Ad esempio in Italia si potrebbe sfruttare l’enorme potenziale delle zone interne appenniniche, oramai in stato di semi-abbandono.

La fase di sperimentazione in campo è necessaria e fondamentale per validare il paradigma; permetterà di apportare modifiche e di valutare l’efficacia del modello sulla base dei risultati ottenuti.

Disporre di un campionario di paradigmi socio-economici ben definiti e già valutati in campo sarà di grande aiuto per i decisori politici quando la crisi del sistema attuale si acuirà e si verificheranno collassi regionali a cui si dovrà dare risposta apportando cambiamenti sistemici concreti e sostanziali.

Per raggiungere questi risultati è necessario un lavoro di squadra: il singolo può fare poco o nulla!

domenica 25 ottobre 2020

PANDEMIA: E' POSSIBILE CHE QUALCUNO CI ABBIA NASCOSTO LA VERITA'?

 Post apparso il 2 Ottobre 2020 su "Pillole di Ottimismo"

Nota: dalla data di pubblicazione di questo post su Facebook, tre settimane fa, la situazione in Bielorussia non è cambiata in modo sostanziale. I dati che arrivano parlano di un modesto aumento dei casi e di una mortalità che rimane molto bassa, intorno ai 4-5 casi giornalieri. 


Di Ugo Bardi -- Docente presso il dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze. (1)

💊💊💊 Girano non poche leggende a proposito della pandemia di Covid-19. Si dice che i governi ci abbiano taciuto la reale portata dell'epidemia per evitare il panico, oppure, al contrario, che i danni dovuti al vengano esagerati per spaventarci. Tuttavia, se andiamo ad analizzare i dati, vediamo che sono nel complesso affidabili, eccetto in alcuni casi particolari. 💊💊💊

Diceva Andreotti che "a pensar male di solito ci si azzecca." Probabilmente è vero, ma a seguire la regola in modo letterale si rischia di perdersi nel complottismo più becero, quello che va dai falsi allunaggi alle scie chimiche (e tutto il resto). Se però la prendiamo come un invito a verificare tutto quello che ci raccontano, allora è un utile invito alla prudenza.

Nel caso della pandemia da COVID-19, non sono mancate le speculazioni e le leggende. Una è che l'epidemia avrebbe fatto molte più vittime di quelle indicate dai dati ufficiali, ma che i governi non l'hanno detto per non scatenare il panico. L'altra è l'esatto opposto, ovvero che l'epidemia non esiste, se non come un'invenzione dei governi per instaurare una dittatura.

Vi anticipo che un esame dei dati disponibili mostra che queste sono soltanto leggende, perlomeno per quello che riguarda l'Europa e il mondo occidentale. Ma è comunque un esercizio interessante andare nei dettagli per verificare come stanno le cose.

Possiamo cominciare dicendo che non è mai possibile dire con assoluta certezza se qualcosa è vero o falso: un esempio classico è che non è possibile dimostrare che gli unicorni non esistono. Però è possibile basarsi sull'idea che se una cosa è vera deve essere confermata da più di un set di dati indipendenti.

Nel caso della pandemia da COVID-19, siamo di fronte a una storia abbastanza nuova per cui i set di dati che possiamo confrontare non sono tantissimi. Ma possiamo ragionare che la pandemia dovrebbe aver causato un significativo aumento della mortalità generale, un set di dati non direttamente correlati al numero di decessi diagnosticati come causati dal COVID-19. La consistenza di questi due set di dati la possiamo verificare: la mortalità in eccesso deve confermare che l'epidemia ha causato vittime.

Forse vi ricordate che a Marzo c'è stato qualcuno che ha usato questo metodo per sostenere che l'epidemia non esisteva. Ahimé, se uno vuol fare il cacciatore di bufale bisogna che abbia un minimo di competenza nel trattare i dati. Come ho scritto in un mio post di qualche mese fa (2), la pretesa dimostrazione dell'inesistenza della pandemia era semplicemente un abbaglio basato su dati sbagliati.

Fortunatamente, i dati buoni ci sono e possiamo trovarli, per esempio, in un set di dati di 24 paesi europei forniti da "Euromomo," European Mortality Monitor, un'agenzia che lavora in collaborazione con l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). In questi dati, vedete molto bene l'eccesso di mortalità che corrisponde all'effetto della pandemia. (3) 

 

Nella figura, vi faccio vedere i dati per l'Italia. Vedete un picco di mortalità che corrisponde bene al periodo della fase epidemica del COVID-19. E' più intenso di altri picchi stagionali correlati a malattie dell'apparato respiratorio. Questo ci dice che l'epidemia c'è stata e ha colpito duro, NON è stata un invenzione dei governi per imbrogliarci!

Non entriamo ora nei dettagli del confronto quantitativo fra mortalità totale e mortalità da COVID (per una discussione, leggete questo interessante articolo su Nature (4)). Limitiamoci a notare che i paesi Europei coperti dalla rete di Euromomo hanno strutture sociali e sanitarie simili, quindi ci aspettiamo che diano risultati simili in termini di rapporto fra mortalità totale in eccesso e mortalità attribuita al COVID.

Allora, andiamo a mettere i dati tutti insieme nel grafico che vi faccio vedere. Sull'asse X ho messo i dati di mortalità di Euromomo, misurati come l'altezza dei picchi. E' un'approssimazione ma sufficiente per quello che vogliamo vedere. Sull'asse Y ho messo i dati dei decessi da COVID-19 per milione di persone. Notate subito che c'è una certa proporzionalità: la grande maggioranza dei punti si mantengono in vicinanza di un valore medio rappresentato dalla retta che passa attraverso il grafico. (attenzione che la retta non indica i valori "giusti" è semplicemente una media ottenuta per regressione numerica). Certo, alcuni paesi, tipo il Belgio, sembrano aver esagerato nell'attribuire i decessi al Covid-19, mentre altri, come la Grecia, sono stati molto più prudenti nelle loro diagnosi (forse troppo). In ogni caso, un certo accordo c'è, anche se non perfetto. E' una buona indicazione che i dati sono affidabili entro i limiti della normale incertezza di questo tipo di misure.

Ma cosa succede fuori dall'Europa occidentale? Ci sono molti casi nei dati globali dove è difficile fidarsi dei dati forniti semplicemente perché certi paesi sono troppo poveri per potersi permettere un sistema di monitoraggio affidabile dell'epidemia. C'è però un caso interessante sul quale vorrei attirare la vostra attenzione: quello della Bielorussia.

La Bielorussia è un paese europeo, anche se non parte dell'Unione Europea. Quindi, non ci aspetteremmo grandi differenze in confronto al resto dell'Europa. Ma la Bielorussia ha la particolarità di essere uno dei pochi paesi al mondo, forse l'unico in Europa, a non aver preso quasi nessuna precauzione a proposito dell'epidemia (5). Niente lockdown, niente distanziamento, niente mascherine, niente del genere. Il presidente Lukashenko ha esplicitamente dichiarato che in Bielorussia si doveva continure a fare tutto come prima, epidemia o no.

Nonostante la mancanza di misure di contenimento, i dati ufficiali indicano che la Bielorussia è stata pochissimo colpita dall'epidemia di COVID-19. Il governo riporta una mortalità totale di appena 89 decessi per milione di persone, che è sei volte meno del valore per l'Italia. Ma possiamo fidarci dei dati ufficiali?

Ritornando al principio di Andreotti (a non fidarsi, di solito ci si azzecca), diciamo che qualche dubbio sulla bontà dei dati che arrivano dalla Bielorussia è legittimo. Per cercare di verificare come stanno le cose, ho provato a mettere i dati per la Bielorussia nello stesso grafico per altri paesi europei. Attenzione: la Bielorussia non è fra i paesi monitorati da Euromomo, per cui ho dovuto fare una stima a partire dai dati sulla mortalità in eccesso riportati da Mastitsky (6) (ho preso un valore di 6000 morti in eccesso), supponendo che la proporzionalità con lo Z-score sia la stessa che vale per gli altri paesi Europei. La mortalità ufficiale da Covid, invece, si trova nelle banche dati più comuni. Il risultato è che il dato per la Bielorussia è nettamente fuori posto sul grafico.

 

Basta questo risultato a concludere che i dati della mortalità da COVID per la Bielorussia sono stati alterati? No, perché i dati sulla mortalità in eccesso arrivano da fonti non validate e, sempre interpretando Andreotti, è bene non fidarsi di nessuno. Diciamo che abbiamo un'indicazione che qualcosa non va. E ci sono anche altri dati che puntano nella stessa direzione.

Vi ricordate cosa vi dicevo nelle pillole precedenti? Le curve della diffusione dell'epidemia sono normalmente "a forma di campana" (non necessariamente simmetrica) o a volte appaiono come una sovrapposizione di curve a campana. Ora, se guardate la curva per i casi positivi in Bielorussia (in fondo a questo post) vedete che non è proprio "a campana", come nel caso dell'Italia e di tanti altri paesi. La parte centrale è appiattita e il risultato è qualcosa che ha la forma di un cappello. Guardate anche la scala e notate come non sorpassa mai il valore di 1000 casi al giorno, si ferma sempre un po' più sotto. Diciamo che la cosa è un tantino sospetta. Se poi andiamo a vedere la curva per i decessi, in Bielorussia, è piatta con un valore quasi costante di 5-6 morti al giorno. Anche questo lo possiamo vedere come un tantino improbabile. 

 


 

Per finire, vi posso raccontare che ho fatto un test della validità dei dati della Bielorussia usando la "Legge di Benford" che è un metodo statistico per verificare se i dati sono stati manipolati. I risultati di questo test non vanno presi come niente di probante, solo un'indicazione. In ogni caso, viene fuori che i dati Bielorussi non seguono la legge di Benford e quindi sono sospetti (i dati li ho presi da OMS, il test di Benford l'ho fatto usando il sito (7)). Incidentalmente, vi posso dire che l'Italia da il risultato "giusto" al test di Benford -- nessuna indicazione di imbrogli.

Messi insieme, questi risultati ci dicono qualcosa. Come vi dicevo prima, non si potrà mai provare con assoluta certezza che un unicorno non esiste, ed è lo stesso per la manipolazione dei dati in Bielorussia. Però qualche legittimo dubbio ce lo possiamo anche avere. Notate però che c'è comunque un limite a quanto si può intervenire sui dati. Anche il lavoro di Matsitsky (6), che è molto critico nei riguardi del governo, non arriva alla conclusione che in Bielorussia l'epidemia ha fatto danni catastrofici. Secondo i suoi dati, la mortalità è stata circa la stessa che in Italia.

Se allora è vero che la Bielorussia non è andata peggio di altri paesi, qualcuno potrebbe essere tentato di concludere che il lockdown non serve a niente ma, attenzione: non è decisamente il caso di lanciarsi in generalizzazioni globali a partire da un piccolo paese di cui abbiamo solo dati incerti. Fra le altre cose, se consideriamo la mediana dell'età della popolazione, è di 45 anni in Italia contro 40 in Bielorussia. Questo vuol dire che in Bielorussia c'è un numero molto più ridotto di anziani che, come sappiamo, sono i più vulnerabili al COVID-19. Una valutazione dell'efficacia del lockdown richiederà una comparazione di dati molto più completi e la potremo fare solo nel futuro.

Mi sono un po' dilungato sul caso della Bielorussia per farvi vedere come anche per un governo nazionale non è facile imbrogliare sui dati senza farsi scoprire o, perlomeno, senza destare sospetti. Se altri stati l'avessero fatto, qualcuno se ne sarebbe accorto. Su questa base, possiamo dire che i dati sull'epidemia che le varie agenzie governative forniscono sono nel complesso affidabili, perlomeno in Europa Occidentale.

Quindi, qui da noi non c'è ragione di farsi trascinare dall'idea che vorrebbe che l'epidemia sia un complotto dei poteri forti, e nemmeno di farsi prendere dal panico per il sospetto che le cose siano peggiori di come appaiono. Questo non vuol dire che i media non possano esagerare nel modo in cui presentano i dati per farli sembrare più catastrofici di quanto non siano. Anzi, lo fanno quasi sempre per eccesso di sensazionalismo. Così, per sapere come stanno andando veramente le cose in Italia vi suggerisco di leggere le "Pillole" giornaliere di Paolo Spada (8) come antidoto alle esagerazioni dei media.


mercoledì 21 ottobre 2020

"Sapere di non sapere" o "Sapere di non poter sapere"?


Raffaello Sanzio, La Scuola di Atene, 1509 - 1511

 

Post di Bruno Sebastiani

 

Il titolo di questo articolo può sembrare un gioco di parole o uno scioglilingua. L’antinomia che sottintende ha invece l’ambizione di far emergere una verità fondamentale per la nostra storia passata e futura.

Vediamo dunque di esaminare partitamente le due frasi e cosa si cela dietro ad ognuna di esse.

Il “sapere di non sapere”, come noto, è l’insegnamento base del metodo socratico. Il filosofo ateniese, secondo la testimonianza che ci ha lasciato Platone, dichiarò davanti ai suoi accusatori:

“[…] di cotest’uomo [un tale che aveva fama di sapiente, NdA] ero più sapiente io: in questo senso, che l’uno e l’altro di noi due poteva pur darsi non sapesse niente né di buono né di bello; ma costui credeva sapere e non sapeva, io invece, come non sapevo, neanche credevo sapere; e mi parve insomma che almeno per una piccola cosa io fossi più sapiente di lui, per questa che io, quel che non so, neanche credo saperlo.” (Apologia, 21c, in Platone, Opere, vol. I, Laterza, Bari 1967)

Questa consapevolezza di sapere di non sapere è stata storicamente all’origine della sete di sapere, che Socrate seppe coltivare tanto abilmente mediante la “maieutica”, il metodo che conduceva i suoi interlocutori ad accorgersi della propria ignoranza e a riconoscere la verità, di contro alle proprie precedenti false presunzioni.

A buon diritto si può ritenere che questo metodo sia stato il primo pilastro del sapere scientifico. Se uno sa di non sapere cerca di accrescere le sue conoscenze cautamente, dando credito solo a prove provate. Da qui trasse origine l’abiura dei miti fantasiosi ai quali tutti i popoli primitivi si erano sempre affidati per dare un significato alle realtà che il loro intelletto non era in grado di spiegare.

Il nuovo modo “razionale” di osservare i fenomeni della natura diede concretamente avvio allo sviluppo di scienza e tecnica, il cui percorso di crescita era stato fino ad allora di tipo prevalentemente empirico.

Il “sapere di non sapere” accelerò dunque in modo decisivo il cammino dell’uomo verso quel progresso materiale di cui oggi stiamo vivendo lo stadio terminale, pre-agonico per il mondo della natura.

In questo momento, tanto tragico quanto decisivo per la prosecuzione della nostra avventura sulla Terra (e per quella di tanti altri esseri viventi da noi assurdamente compromessi), è quanto mai opportuno a mio avviso ripensare a quella locuzione e vedere come avrebbe dovuto essere formulata per limitare i danni che il nostro intelletto ha causato alla biosfera (e per ridurne i futuri).

Il “non sapere” cui si fa cenno è infatti privo di condizioni. Possiamo non sapere come si costruisce una casa, come si progetta una centrale nucleare, come si assembla una bomba atomica. Ma il non saperlo implica che possiamo anche impararlo, e quindi poi saperlo fare, come di fatto si è verificato. E se abbiamo imparato a costruire case, centrali nucleari e bombe atomiche, perché non dovremmo essere in grado di impiantare microchip nel cervello, colonizzare Marte o divenire immortali?

Sennonchè c’è anche il risvolto della medaglia, e cioè l’insieme dei problemi che la nostra dissennata opera di devastazione del pianeta pone oggi sotto gli occhi di tutti.

Sapevamo di non sapere, abbiamo immaginato che il sapere ci avrebbe resi onnipotenti, l’abbiamo in parte raggiunto e messo in pratica senza tener conto dei limiti delle nostre capacità cognitive.

Il nostro cervello ha subìto una evoluzione tanto abnorme quanto eccezionale rispetto a ogni altro essere vivente, ma le sue capacità elaborative sono rimaste infime rispetto alla complessità del mondo della natura.

Vi è anche un elemento dimensionale da prendere in considerazione: siamo minuscoli organismi abbarbicati su una briciola di materia che vaga nell’immensità dello spazio. Anche senza far ricorso a elaborati concetti filosofici, come possiamo immaginare che nella nostra scatola cranica risieda un sistema informatico in grado di padroneggiare l’intero universo?

La riprova dell’impossibilità di un siffatto padroneggiamento ci deriva proprio dai danni irreparabili che abbiamo causato all’ambiente e che ci stanno conducendo all’ecocatastrofe. Ogni avanzamento della nostra condizione materiale ha sempre generato squilibri nel mondo della natura, dapprima minimi, poi via via sempre maggiori fino ai livelli di guardia ora raggiunti. Tutto ciò a causa delle limitate capacità del nostro intelletto, non in grado di intervenire positivamente sugli ingranaggi ultra sofisticati della biosfera.

Quale avrebbe dovuto essere quindi la corretta locuzione che, in alternativa al “sapere di non sapere”, avrebbe potuto limitare i danni che stiamo procurando al pianeta?

Avremmo dovuto essere consapevoli della limitatezza delle nostre possibilità intellettive e avremmo dovuto coltivare il “sapere di non poter sapere”.

Ciò ci avrebbe indotto a minimizzare i nostri interventi nel corpo vivo della natura consigliandoci di accontentarci di quel poco (in realtà molto!) che la natura dispensa equamente a tutti i suoi figli.

Non avremmo dovuto desiderare di accaparrarci la fetta più grossa delle risorse della Terra, schiavizzando o portando all’estinzione le altre specie viventi, non fosse altro per non innescare quel processo distruttivo che alla lunga condurrà anche alla nostra autodistruzione.

Tutto questo ragionamento prescinde dall’altro elemento che ci ha sospinti su questa strada, e cioè quella “volontà di potenza” di nietzschiana memoria, che a mio avviso altro non è che la sublimazione dell’istinto di conservazione prodotta dall’abnorme evoluzione del cervello verificatasi nell’uomo.

Ma di questo elemento avremo occasione di parlare in altra sede.

Avendo citato Nietzsche mi sembra invece opportuno riportare il pensiero introduttivo di “Su Verità e Menzogna in senso extramorale” che il filosofo tedesco scrisse nel 1873, a soli 29 anni:

In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della “storia del mondo”: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.”

Un’ultima notazione di tipo personale.

Dal 2018 all’inizio del 2020 ho tenuto su Neuroscienze.net una rubrica dal titolo “I limiti dell’intelligenza”, il cui obiettivo era di argomentare come il nostro cervello, per quanto abnormemente evoluto e superiore in potenza elaborativa a quello di ogni altro essere vivente, non potesse oltrepassare una determinata soglia cognitiva, relativamente elevata ma in assoluto infima.

Terminata la collaborazione con quel sito, ho provveduto a inserire i quattordici articoli pubblicati nel mio blog personale, in modo da renderli liberamente disponibili a chiunque.

Questo l’indirizzo dove reperirli: https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/2019/10/06/i-limiti-dellintelligenza/.

Con il presente scritto ho tentato di riassumere il senso di ciò che ho inteso dire nei vari articoli di quella rubrica, tanto breve quanto a durata, ma tanto densa quanto a significato.

sabato 17 ottobre 2020

EPIDEMIA: COSA POSSIAMO IMPARARE DAL CASO SVEDESE?


Mentre qui da noi la "seconda ondata" del COVID-19 sta terrorizzando un po' tutti, vale la pena di riconsiderare il caso della Svezia, tanto vituperato durante il periodo del lockdown. Bene: i dati sono chiari. La Svezia sta vedendo un modesto aumento dei casi positivi, ma niente di paragonabile all'impennata che stiamo vedendo in altri paesi europei, inclusa l'Italia. La mortalità in Svezia rimane vicina a zero e il governo non impone nessuna nuova misura di contenimento: niente mascherine, niente scuole chiuse, niente coprifuoco, niente del genere. 

Sulle ragioni di questa differenza ognuno avrà sicuramente le sue opinioni, ma di certo la Svezia continua ad andare controcorrente. Così, vi ripropongo un post che ho pubblicato a Settembre su Facebook e che ha avuto un notevole successo: 180mila visualizzazioni, 1.200 condivisioni, e altro. E' stato tale il successo che è stato ripreso e commentato dal "Corriere della Sera." 

Sembra che ci sia molto bisogno che qualcuno fornisca informazioni corrette sull'epidemia in corso che possano bilanciare le esagerazioni che si leggono sui titoli dei giornali. Questo è quello che sta facendo il gruppo fondato da Guido Silvestri, "Pillole di Ottimisto" che comprende un buon numero di ricercatori in vari campi, dalla medicina alla statistica, che fanno del loro meglio per informare il pubblico sulla base dei dati reali.


EPIDEMIA: COSA POSSIAMO IMPARARE DAL CASO SVEDESE?

Di Ugo Bardi -- Docente presso il dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze. (1)

💊💊💊 La Svezia è stata accusata di non aver applicato misure abbastanza severe contro l'epidemia di coronavirus. Eppure, non ha fatto peggio di altri paesi Europei e non è nemmeno vero che non abbia applicato misure di contenimento. Al momento, l'epidemia sembra essersi completamente esaurita in Svezia e non c'è evidenza di una "seconda ondata" in arrivo. 💊💊💊

Gli svedesi sono stati ampiamente vituperati sui media e sui social per come hanno gestito l'epidemia di coronavirus. Sono stati accusati di leggerezza, di crudeltà, di aver tentato di sterminare i propri anziani, di applicare politiche eugenetiche, di aver cercato l'immunità di gregge a spese della salute dei cittadini, e molte altre cose. Ma, se andiamo a verificare, queste accuse si rivelano false o esagerate. Allora, vediamo cosa è successo veramente in Svezia.

Per prima cosa, i numeri. Ad oggi, la Svezia ha avuto circa 5800 decessi attribuiti al Covid-19 su una popolazione di circa 10 milioni di persone. Ovvero, una mortalita di circa lo 0.06%, praticamente uguale a quella dell'Italia (2). Nella classifica mondiale per numero di decessi rapportati alla popolazione, la Svezia si colloca al tredicesimo posto secondo "worldometer," ben entro la media dei paesi europei. 


 

Come vedete nella figura, l'epidemia in Svezia ha seguito una curva "a forma di campana" come è tipico per tutte le epidemie. Vediamo nella curva una salita rapida che si riferisce alla zona Sud nel paese che ha una densità di popolazione simile a quella dei paesi del centro e sud Europa. Segue una "coda" discendente che è il risultato della lenta diffusione del virus nelle zone poco popolate del Nord (3), E' un effetto simile a quello che si è visto negli Stati Uniti, anche lì per via della disomogeneità della distribuzione della popolazione (4). Come risultato, l'epidemia è declinata più lentamente in Svezia che in altri paesi. Tuttavia, da oltre un mese la mortalità è scesa quasi a zero.

Al momento, in Svezia si riportano 1-2 decessi al giorno attribuiti al Covid-19, con dei giorni senza alcun decesso. Per quanto riguarda i casi positivi, anche in Svezia il virus non è scomparso, ma rimane endemico nella popolazione, come si osserva un po' ovunque nel mondo. Il rapporto fra risultati positivi e test si mantiene costante intorno a 1,3% (5), circa lo stesso valore che troviamo in Italia. Nemmeno in termini di ospedalizzazioni risulta che ci siano problemi. In sostanza, in Svezia l'epidemia si è praticamente esaurita e per ora non c'è traccia dell'arrivo della temuta "seconda ondata."

Dati questi risultati, recentemente le autorità svedesi hanno "dichiarato vittoria" nella lotta contro il covid (5), allentando notevolmente le restrizioni. Al momento, le misure raccomandate dal governo consistono unicamente nel lavarsi le mani, tenere le distanze, stare a casa se malati. Non si parla di mascherine, di restrizioni, niente chiusure (6). Quasi nessuno porta la mascherina in pubblico (7).

Quindi, possiamo dire che in Svezia le cose vanno bene. Ma allora perché tanta polemica? Principalmente, l'accusa è che la Svezia ha trascurato le misure di contenimento, come si evince da un confronto con i paesi confinanti, in particolare con la Norvegia, dove la mortalità è stata molto minore.

Ma ci sono grossi problemi con questa accusa. Per prima cosa, non è vero che la Svezia non abbia applicato misure di contenimento. Al contrario, la Svezia ha fatto più o meno le stesse cose fatte negli altri paesi (8). La differenza è stata che il governo faceva delle raccomandazioni piuttosto che usare divieti. Per esempio, il governo non ha chiuso in casa i cittadini per decreto, ma gli Svedesi sono rimasti a casa il più possibile, come gli era stato raccomandato di fare. Nei momenti più difficili dell'epidemia, in Svezia nessuno cantava dai balconi ma l'atmosfera generale era molto simile a quella che c'era in Italia. Niente traffico, locali vuoti, poca gente in giro, distanziamento, eccetera. Fra le tante cose, i viaggi aerei interni alla Svezia sono stati praticamente azzerati durante l'emergenza, pur non essendo proibiti.

E non è che in termini di misure di contenimento i norvegesi abbiano fatto cose molto diverse da quelle che hanno fatto gli svedesi. Anche Il "lockdown" norvegese è stato molto leggero: nemmeno i norvegesi hanno chiuso in casa i loro cittadini per decreto (9). E' difficile pensare che dettagli come una chiusura più lunga delle scuole siano sufficienti per spiegare i differenti risultati fra Norvegia e Svezia, Questo specialmente considerando che il primo ministro Norvegese, Erna Solberg, ha dichiarato che alcune delle misure prese erano state inutili e che la Svezia aveva fatto meglio della Norvegia (10).

Ma allora quali fattori potrebbero spiegare le differenze fra Svezia e Norvegia? Uno potrebbe essere l'inquinamento atmosferico. Si sa che esiste una correlazione fra inquinamento e mortalità da Covid-19 (11). Si sa anche che la Norvegia è un paese meno industrializzato e meno popolato della Svezia -- quindi anche meno inquinato (12). In questo senso, il caso della Svezia somiglia molto al caso del'Italia, dove la massima mortalità è stata nelle zone inquinate della Pianura Padana.

Se l'inquinamento può essere stato un fattore nella diffusione dell'epidemia, sembra però che le differenze fra Svezia e Norvegia si spieghino principalmente con un altro fattore: la gestione delle case di riposo per anziani. Qui, il caso della Svezia è stato simile a quello dell'Italia e le autorità svedesi hanno francamente ammesso di essersi trovati impreparati a gestire l'emergenza (13) delle case di riposo, dove si sono verificati la maggior parte dei decessi, circa 3/4 del totale (14). Invece pare che la Norvegia abbia una gestione migliore delle case di riposo per anziani: istituzioni più piccole e più gestibili e in più la tradizione di assistere gli anziani nelle loro abitazioni (15). Per queste ragioni, in Norvegia ci sono stati meno contatti fra persone il cui sistema immunitario è indebolito dall'età avanzata.

In fin dei conti, vediamo come i "cattivi" svedesi non lo siano stati affatto. Come tutti i governi, nelle fasi iniziali dell'epidemia hanno navigato a vista, cercando di fare il meglio possibile. Hanno scelto di gestire l'epidemia più che altro responsabilizzando i propri cittadini e ci sono riusciti abbastanza bene, sicuramente non peggio della media dei paesi Europei. Soprattutto, non peggio di paesi come l'Italia che invece hanno scelto di usare misure molto rigide per contrastare l'epidemia. Avrebbero potuto fare di meglio? Forse, ma la cosa certa è che gli svedesi non hanno trascurato la gestione dell'epidemia, come invece sono spesso accusati di aver fatto. Allora, invece di lanciare insulti e accuse, cosa possiamo imparare dall'esperienza svedese? Vediamo qualche punto interessante.

1. Lockdown. C'è chi ha detto che il caso svedese dimostra che il lockdown è stato inutile. Questo non è affatto detto. Abbiamo visto che gli Svedesi hanno praticato misure di contenimento simili a quelle di altri paesi, eccetto che non erano imposte per legge ma soltanto raccomandate. Ci possiamo solo domandare cosa sarebbe successo in Italia se il nostro governo avesse fatto una politica "svedese," dando fiducia ai propri cittadini invece di tartassarli con decreti, regole, e multe. Avrebbero gli italiani seguito le raccomandazioni come hanno fatto gli svedesi? Non lo sapremo mai perché non è stato fatto.

2. Immunità di Gregge. Una delle accuse più comuni alla Svezia è stata quella di aver cercato di infettare quanti più cittadini possibile allo scopo di ottenere l "immunità di gregge". Questa, però, è una leggenda. Non solo l'accusa è stata smentita più volte dalle autorità svedesi stesse (16), ma semplicemente non sta in piedi. Se l’obiettivo fosse stato favorire le infezioni, gli Svedesi non avrebbero raccomandato ai cittadini nessuna misura di contenimento, come invece hanno fatto. In realtà, gli svedesi, come tutti in Europa, hanno mirato ad "abbassare la curva" per evitare un sovraccarico degli ospedali. Anche in Svezia ci si basava sui modelli matematici che prevedevano che l'allentamento delle misure di contenimento avrebbe causato la ripresa immediata dell'epidemia. In realtà, questo non è successo e i modelli hanno ancora una volta fallito clamorosamente con le loro predizioni (17). Ma questo vuol dire che gli svedesi hanno ottenuto la mitica "immunità di gregge"? In principio, non dovrebbe essere possibile: il numero delle persone immunizzate sembrerebbe troppo piccolo per questa interpretazione. Ma è anche vero che la questione potrebbe essere molto più complessa di quanto non sembri. E' stato detto che potrebbe esistere un' "immunità pregressa" al virus che già oggi ne blocca la diffusione (18). Questo vorrebbe dire aver raggiunto l'immunità di gregge senza averla cercata! Ma è ancora troppo presto per dire se questa interpretazione è valida. Ne sapremo certamente di più nel futuro.

3. Danni all'economia. La Svezia non si è salvata da un forte declino economico, come è successo agli altri paesi europei. Tuttavia, la Svezia ha fatto meglio di altri paesi, perdendo circa l'8,6% del suo PIL, molto meglio dell'Italia (perdita del 12,5%) e della Spagna (oltre il 18% di perdita) (19). E' poco probabile che questa differenza dipenda dal modello svedese di contenimento. Più che altro è correlata al fatto che l'economia della Svezia dipende meno di altre dal turismo internazionale, circa il 3% del PIL.

4. Informazione inaccurata. Il linciaggio mediatico subito dalla Svezia sia in Italia che a livello internazionale è poco meno di uno scandalo. Solo un esempio fra i tanti: sul sito delle "iene" potevamo leggere poco tempo fa un titolone sul "disastro svedese" (20). Titolo esagerato, accuse basate su dati parziali, un articolo senza capo nè coda. E, fra le altre cose pieno di errori. Per esempio, dice che in Europa "solo il Regno Unito e Belgio hanno registrato più morti" della Svezia. Non è vero: in Europa, davanti alla Svezia ci sono anche la Spagna e l'Italia (e anche Andorra e San Marino, piccoli, ma sempre paesi europei) (2). Per non parlare poi dei paesi extra-europei che hanno fatto peggio della Svezia, gli USA per esempio, perché non parlarne? E poi c'è la critica alla Svezia perché "l’epigone del fallimento del piano di Stoccolma è il tentativo fallito di raggiungere la cosiddetta immunità di gregge.” Ma, come si diceva prima, gli Svedesi NON hanno cercato di raggiungere l'immunità di gregge. Proprio un bell'epigone: accusare qualcuno di non essere riuscito a fare qualcosa che non stava cercando di fare! E ci sarebbero tante altre cosette da criticare nell'articolo che non vi sto a dettagliare. Insomma, se volete informarvi, non chiedete alle iene o altri animali non particolarmente esperti di epidemie. Usate la vostra testa e verificate quello che vi raccontano perché spesso non ve la raccontano giusta.

Alla fine dei conti, con le loro scelte alle volte fuori dal coro, gli svedesi ci hanno dimostrato che non c'è un solo modo di fronteggiare l'epidemia. Per esempio, al momento in Svezia la mascherina non è obbligatoria e quasi nessuno la porta (7). Questo vuol dire che nei prossimi mesi potremo confrontare i risultati svedesi con quelli di paesi dove la mascherina è più diffusa, come in Italia, e potremo quindi valutarne l'efficacia. E' un bel piacere che ci fanno: invece di insultarli, li dovremmo ringraziare!

Per finire, se masticate bene l'inglese, potete sentire una valutazione recente dell'andamento dell'epidemia in un intervista all'epidemiologo di stato svedese, Anders Tegenell (segnalazione di Maurizio Rainisio) (21).


1. http://ugobardihomepage.blogspot.com/…/ugo-bardis-personal-…
2. https://www.worldometers.info/coronavirus/#countries
3. https://www.europeandatajournalism.eu/…/A-fraction-of-Europ…
4. https://www.facebook.com/pillolediottimismo/posts/170575788016234
5, https://www.thetimes.co.uk/…/were-vindicated-say-swedes-aft…
6. https://www.folkhalsomyndigheten.se/…/protect-yourself-and…/
7. https://www.ft.com/con…/3148de6c-3b33-42d3-8cf6-d0e4263cea82
8. https://en.wikipedia.org/wiki/COVID-19_pandemic_in_Sweden
9. https://en.wikipedia.org/wiki/COVID-19_pandemic_in_Norway
10. https://www.telegraph.co.uk/…/coronavirus-norway-wonders-s…/
11. https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3572548
12. https://res.mdpi.com/…/article_depl…/atmosphere-11-00467.pdf
13. https://www.aftonbladet.se/…/regeringen-styr-riket-jag-lede…
14. https://www.thelocal.se/…/swedish-death-toll-passes-4000-as…
15. https://journals.sagepub.com/…/full/10.1177/1403494820944073
16. https://www.newsweek.com/herd-immunity-definitely-not-swede…
17. https://ugobardi.blogspot.com/…/il-grande-disastro-dei-mode…
18. https://www.nature.com/articles/s41577-020-0389-z
19. https://www.bbc.com/news/business-53664354
20. https://www.iene.mediaset.it/…/svezia-lockdown-giornali-dis…
21. https://youtu.be/hStrML7vk5k

Figura da: https://ourworldindata.org/coronavirus/country/sweden… (dati aggiornati al 17 Settembre 2020)