domenica 26 febbraio 2012

Libero accesso alla Scienza

Traduzione dall'originale in inglese su Cassandra's Legacy di Massimiliano Rupalti

Di Ugo Bardi


Lungi dall'essere una torre d'avorio, oggigiorno la scienza sembra piuttosto una cittadella malconcia assediata da un esercito di orchi. Non aiuta il fatto che gli scienziati non sembrano capire che il pubblico ha il diritto di avere accesso ai risultati del lavoro di ricerca realizzato coi soldi delle loro tasse. Abbiamo bisogno di rendere più aperta la scienza se vogliamo agire sulla base della conoscenza che la scienza produce. (immagine da "crossbow and catapults


Negli anni 90, quando internet era giovane, mi era venuta in mente l'idea di fare una “rivista ad accesso libero” su quello che a quel tempo era il mio campo scientifico: la scienza della superficie. L'idea era che la ricerca scientifica è pagata dal pubblico e che, per questo motivo, i risultati della ricerca scientifica devono essere liberamente accessibili al pubblico. Quindi, insieme ad alcuni colleghi, abbiamo fatto partire un sito internet chiamato "The Surface Science Forum" che pubblicava articoli sulla scienza delle superfici liberamente accessibili sul Web, aggirando le tradizionali riviste scientifiche.

Non è stato un successo. Il “Surface science forum” è sopravvissuto per alcuni anni e non ha mai avuto un impatto reale. Nel 2000 mi stavo spostando in un campo diverso ed ho deciso di chiudere il forum. Se siete curiosi, lo potete ancora trovare qui. Ma i problemi con gli articoli scientifici che il forum aveva provato ad affrontare ci sono ancora e, col tempo, diventano sempre più seri. Non molto tempo fa, George Monbiot ha dato una buona descrizione di questi problemi in un articolo sul "The Guardian" dice:

La sfiducia (nella scienza) è stata moltiplicata dagli editori di riviste scientifiche, le cui pratiche monopolistiche fanno sembrare le aree dominate dalla camorra un paradiso e che sono da lungo tempo in attesa di un rinvio alla Competition Commission. Non pagano nulla per la maggior parte del materiale che pubblicano, inoltre, anche se siete collegati ad un istituto accademico, vi chiederanno 20 sterline o più per un singolo articolo. In alcuni casi ne chiedono decine di migliaia per un abbonamento attuale. Se gli scienziati vogliono che la gente cerchi almeno di capire il loro lavoro, dovrebbero mettere in piedi un rivolta su scala globale contro le riviste che li pubblicano. Non è più accettabile che i custodi del sapere si comportino come dele guardie che cacciano i proletari dalle grandi tenute.

Ciò che Monbiot dice è vero: nel dare il risultato del proprio lavoro agli editori gratuitamente, gli scienziati vengono sfruttati come se fossero dei raccoglitori stagionali di frutta. Naturalmente, non ci sarebbe niente di sbagliato in questo modo di fare se il denaro pagato per avere accesso ai saggi scientifici andasse a finanziare la ricerca o a pagare servizi utili alla ricerca. Ma non è così che funziona. Gli editori commerciali non finanziano la ricerca ed hanno dei costi molto modesti per la loro attività. Il "peer review", per esempio, è fatto dagli scienziati gratuitamente (ancora!).

Gli scienziati non dovrebbero starsene zitti ma, di solito, non protestano. Questo loro comportamento è il risultato di un fattore specifico: il fatto che i saggi scientifici sono una specie di “valuta” nel mondo scientifico. I soldi, come si sa bene, non sono altro che credito, e, per gli scienziati, ogni articolo o pubblicazione è una forma di credito che può essere riscattato in seguito, in termini di avanzamento di carriera, contributi, posizioni accademiche e cose simili. E' “denaro”, per farla breve.

Gli editori scientifici sono riusciti ad accreditarsi come delle “banche” della conoscenza scientifica. In quanto banche, garantiscono il valore della valuta che gestiscono; di fatto la creano sotto forma di saggi pubblicati. Quindi è comprensibile che gli scienziati non vogliano vedere svalutata la loro valuta. Pubblicare fuori dal sistema, per uno scienziato, è l'equivalente di stampare banconote false. Non è solo senza valore, potrebbe avere un valore negativo, danneggiando la reputazione dello scienziato. Ad esempio, in certi ambienti, avere un blog è considerato una macchia sulla reputazione di uno scienziato. Questo è stato l'atteggiamento che ha condannato il “Surface Science Forum” e che è ancora quello prevalente nella scienza.

Ma i tempi cambiano rapidamente. Una volta la scienza poteva essere vista come una torre d'avorio, in grado di mantenere la propria valuta. Ora, somiglia di più ad una cittadella malconcia assediata da un esercito di orchi con le catapulte. La situazione è particolarmente pesante per la scienza del clima, oggetto di campagne politiche progettate per distruggere la reputazione di singoli scienziati così come dell'intero settore. Il pubblico tende a chiedere alla scienza soluzioni miracolose ai nostri problemi e la gente è delusa quando gli si dice che non ve ne sono. La gente delusa tende ad essere aggressiva, come potete vedere, a mo' di esempio, in alcuni commenti sul recente imbroglio dell'E-Cat. In questa situazione, i tradizionali metodi di pubblicazione scientifica non andranno ad accrescere il prestigio della scienza.

Fortunatamente, sembra che gli scienziati stiano scoprendo che non si possono più basare sui vecchi metodi. Tendono a pubblicare sempre di più su "riviste ad accesso libero", che non esistevano fino a poco tempo fa. Ora esiste un "movimento per la scienza aperta" ed uno per boicottare Elsevier, individuata, fra i molti editori scientifici, come uno il cui comportamento è particolarmente negativo.

Tutto ciò e sufficiente? Di sicuro è uno sviluppo positivo, ma dobbiamo fare di più. La scienza non è una torre d'avorio e nemmeno una cittadella assediata. E' un'impresa progettata per produrre conoscenza ed abbiamo un gran bisogno di questa conoscenza in questo momento difficile. Non è abbastanza rendere accessibile questa conoscenza a coloro che l'hanno pagata, dobbiamo anche batterci per renderla comprensibile a coloro che possono basare le proprie azioni di di essa. Come farlo? Be', ci sono molti modi. Tanto per cominciare, perché non tenete un blog anche voi?

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giovedì 23 febbraio 2012

Il destino delle nuove verità: il picco del petrolio compare su “Nature”

Da Cassandra's Legacy. Traduzione di Massimiliano Rupalti


"E' il destino abituale delle nuove verità quello di cominciare come eresie e finire come superstizioni" (Thomas Henry Huxley, 1880) Sopra: un grafico dall'articolo di James Murray e David King pubblicato su Nature, 26.01.2012, vol 481, p. 435


Con la pubblicazione di un importante articolo su “Nature” nel gennaio 2012, il concetto di “Picco del Petrolio” ha fatto un altro passo avanti nel dibattito sull'esaurimento delle risorse. Questo articolo mi ha fatto ripensare agli ultimi dieci anni di lavoro che ho svolto come membro di ASPO,, the association for the study of peak oil. Avevamo ragione con la nostra previsione di un picco del petrolio incombente? In un certo senso sì, ma la sfera di cristallo è sempre nebbiosa e non potrebbe essere altrimenti. Le previsioni di ASPO erano fondamentalmente giuste ma, come tutte le previsioni, erano approssimate.

Lavorando con un modello semplificato basato sul primo lavoro di Hubbert degli anni 50, il fondatore di ASPO, Colin Campbell e Jean Laherrere, hanno proposto nel 1998 che il futuro della produzione petrolifera avrebbe seguito una curva che avrebbe raggiunto il suo picco in qualche momento fra il 2005 ed il 2010, per poi declinare. All'interno del modello di Hubbert c'era integrato il concetto che i costi di estrazione in graduale crescita avrebbero ridotto i profitti dell'industria e l'avrebbero costretta a ridurre gli investimenti.

Come modello di “primo livello”, quello di Hubbert non è male ed i modelli di ASPO hanno colto molto bene i problemi che l'industria petrolifera stava per affrontare. Dal 2004 in poi, i prezzi sono schizzati a livelli che hanno cambiato tutto nel mercato del petrolio. Ma la produzione di petrolio, intesa come “tutti i liquidi” (cioè, incluso il petrolio da sabbie bituminose, biocarburanti, ecc.) non ha mostrato un picco ben definito e non si è visto nemmeno, per ora, il declino che aveva previsto il modello di Hubbert. Ostinatamente, la produzione ha rifiutato di scendere e potrebbe anche mostrare un modesto aumento in tempi recenti. Questo non invalida il modello: come tutti i modelli, è un'approssimazione della realtà. Di certo, i livelli di produzione attuali si possono mantenere soltanto con i prezzi altissimi degli ultimi tempi. Se i prezzi non si fossero alzati, avremmo molto probabilmente visto il picco già da un pezzo.

Il “picco del petrolio” è stato spesso criticato sulla base di un'idea classica nella scienza economica, cioè che i prezzi fanno da mediatori fra domanda e offerta. Quindi, i prezzi del petrolio dovrebbero definire cosa si deve essere annoverato come “riserve”, intese come qualcosa che può essere, e sarà, estratto. I prezzi più alti dovrebbero generare nuove riserve e così non saremmo mai a corto di nulla. I dati recenti mostrano che questa critica non era sbagliata, anche se non proprio giusta, ma anche che le sue conseguenze erano forse inattese persino per chi le proponeva. Quando nel mercato del petrolio si è cominciata a percepire la scarsità, il meccanismo di correzione dei prezzi ha avuto effetto. I prezzi sono saliti e, secondo la teoria economica standard, questo doveva stimolare la produzione. Lo ha fatto, in parte, ma con il petrolio greggio l'effetto è stato di mettere l'industria in un vicolo cieco. Più i prezzi alti rendevano la produzione redditizia, più i costi di produzione aumentavano. Chiaramente, era una cosa che non poteva continuare all'infinito: a un certo punto dovevamo arrivare a un limite.


Questo meccanismo è colto molto bene da Murray e King nel loro articolo su Nature. Il grafico mostrato all'inizio di questo post lo mostra molto chiaramente. Oltre un certo prezzo, la produzione non risponde più. Diventa “inelastica”. Il grafico dev'essere letto tenendo in considerazione l'evoluzione temporale sia dei prezzi sia della produzione: prezzi molto alti sono un fenomeno recente e quello che vediamo è ciò che io chiamo una corsa al successo. Anche con i prezzi del petrolio in aumento, il meglio che possa fare l'industria è di tenere la produzione costante la produzione di combustibili liquidi.

Così, stiamo vedendo che il meccanismo dei prezzi potrebbe rallentare il declino previsto della produzione, ma al costo di causare altri problemi, forse anche peggiori. Con prezzi alti, l'economia mondiale deve stanziare sempre più risorse per l'estrazione del petrolio e queste risorse devono venire da qualche parte. Siccome l'economia non cresce più, tenere la produzione di petrolio costante significa che alcuni settori devono contrarsi e questo non avviene in modo indolore. Molta dell'attuale agitazione politica nelle nazioni povere, per esempio, è dovuta agli alti prezzi del cibo, a loro volta legati agli alti costi del petrolio. E, con prezzi così alti, vediamo l'effetto perverso per cui i produttori si possono permettere consumi più alti, ma, di conseguenza, rimane meno petrolio per gli importatori. In un certo senso, molte nazioni importatrici hanno già superato il loro picco del petrolio.

Come ha detto Thomas Huxley molto tempo fa, è il destino abituale delle nuove realtà di cominciare come eresie e finire come superstizioni. Il picco del petrolio è sicuramente iniziato come superstizione ed è ancora considerato tale in alcuni circoli. Ma, dopo gli eventi degli anni scorsi sta anche ottenendo lo status di verità, come mostrato dall'articolo di Murray e King, che hanno capito chiaramente cosa ci sia alla base dell'idea. In qualche modo, tuttavia, il picco del petrolio sta anche assumendo alcuni elementi di superstizione, da che ha mancato di tenere conto del meccanismo dei prezzi. Alla fine, la realtà potrebbe essere meglio descritta da qualcosa come il “modello di Seneca” che tiene conto di effetti di second'ordine e che prevede un plateau di produzione seguito da un brusco declino. Anche questo modello potrebbe essere un'eresia, adesso, ma un giorno potrebbe diventare una realtà e poi un superstizione. Come sempre, il futuro non è mai quello di una volta.






Riferimenti

Il saggio di Murray and King su Nature è qui (a pagamento)
Una sintesi si può trovare su Scientific American qui.
Un commento New York Times è qui.
Una critica di Michael Levi può essere trovata qui.
Ed una difesa dia parte di Mason Inman, qui.

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Nota 1. Sono completamente d'accordo con l'approccio di Murray e King riguardo alla relazione fra il picco del petrolio ed il cambiamento climatico. E' vero che i due problemi sono strettamente legati e che dovrebbero essere affrontati insieme. Tuttavia, penso anche che gli autori dovrebbero essere più attenti al modo in cui presentano questo problema. All'inizio dell'articolo dicono. “... i continui dibattiti sulla qualità della scienza del cambiamento climatico e dubbi sulla scala degli impatti ambientali negativi hanno ostacolato l'azione politica contro le crescenti emissioni di gas serra. Ma qui c'è un argomento potenzialmente più persuasivo per ridurre le emissioni globali: l'impatto del declino delle forniture di petrolio sull'economia”. Considerato il numero di cospirazionisti che ci sono in giro, questo paragrafo potrebbe essere sicuramente visto come la “prova” che il picco del petrolio è una truffa creata dalla perfide compagnie petrolifere in modo da forzare i clienti a pagare più cara la benzina. Inoltre non ha senso, secondo me, dire che la scarsità è un buon argomento per convincere la gente a consumare meno. Lo sarebbe, se la gente si comportasse razionalmente, ma la maggior parte della gente non lo fa. Questo mi ricorda un'esperienza che ho avuto qualche tempo fa, quando ho presentato il caso del picco del petrolio ad un ricco  magnate. Mi ha risposto qualcosa tipo, “penso che tu abbia ragione. Allora immagino che mi dovrei comprare una nuova Ferrari e consumare più che posso, finché posso”.

Nota 2. I lettori italiani di questo blog potrebbero essere interessati a questo paragrafo del saggio di Murray e King. Credo che sia assai azzeccato. “Un altro esempio dell'effetto dell'aumento dei prezzi del petrolio si può vedere in Italia. Nel 1999, quando l'Italia ha adottato l'Euro, il surplus annuale del commercio era di 22 miliardi di dollari. Da quel momento, il bilancio del commercio italiano si è drammaticamente modificato e il paese ora ha un deficit di 36 miliardi di dollari. Anche se questo spostamento ha molti motivi, compreso l'aumento delle importazioni dalla Cina, l'aumento del prezzo del petrolio è stato il più importante. Nonostante una diminuzione delle importazioni di 338.000 barili al giorno rispetto al 1999, l'Italia ora spende 55 miliardi di dollari all'anno per importare petrolio, rispetto ai 12 miliardi del 1999. Questa differenza è prossima all'attuale deficit annuale del commercio. Il prezzo del petrolio è probabilmente stato un forte contributo alla crisi dell'Euro nel sud dell'Europa, dove le nazioni sono completamente dipendenti dal petrolio estero”.

Nota 3. David King è una mia vecchia conoscenza e per molti anni abbiamo lavorato in parallelo in studi di scienza della superficie. Non sono sicuro se ci sono delle ragioni profonde che fanno passare le persone impegnate nella scienza delle superfici allo studio del picco del petrolio ma, evidentemente, ne esistono almeno due casi!



martedì 21 febbraio 2012

Cassandra va forte sul web!



Cassandra va veramente forte sul Web: gli ultimi rating su "ebuzzing" danno questo blog al quarto posto fra i blog scientifici italiani. Si trova al numero 193 nella classifica generale, che è molto alto per un blog scientifico. Sono risultati veramente notevoli per un blog del tutto artigianale che non ha finanziamenti o sponsor e che non fa uso di tecniche di SEO (search engine optimization).

Per cui, volevo ringraziare i lettori per il loro supporto e anche tutti quelli che si sono messi all'anima di tradurre (rigorosamente gratis) dall'inglese i post che faccio sul blog "sorella", Cassandra's legacy. In particolare, volevo ringraziare Massimiliano Rupalti ("Rupo"), che è stato veramente superattivo negli ultimi tempi.

Quindi, continuiamo così; vi invito a seguire questo e altri blog che fanno informazione seria e affidabile su argomenti come il cambiamento climatico (per esempio "Climalteranti") e sul problema energetico e delle risorse, (per esempio il blog di ASPO-Italia.)

lunedì 20 febbraio 2012

Scioccante: il ritiro del ghiaccio Artico rilascia gas serra mortali


Questo post illustra un fenomeno che avevo messo in luce qualche giorno fa in un post intitolato "idrati di metano, la prossima bomba in comunicazione climatica". L'articolo è apparso sul Daily Mail il 13 Dicembre 2011. Descrive cose vere e preoccupanti, ma in modo eccessivamente sensazionalistico (per esempio con l'uso del termine "gas serra mortali") e non bastano certo le dichiarazioni del Dr. Smiletov per concludere che la fine del mondo sta arrivando a breve scadenza! Tuttavia, mi è parso il caso di pubblicarlo (tradotto da Massimiliano Rupalti) in quanto illustra come il problema degli idrati si stia diffondendo sulla stampa e potrebbe diventare una vera e propria "bomba mediatica" che vedremo esplodere nel prossimo futuro. 

Un team di ricerca russo sorpreso dalla scoperta di 'fontane' di metano che fuoriescono fino in superficie

Di Steve Connor Author Biography
Giovedì 13 Dicembre 2011

Pennacchi di metano drammatici e senza precedenti – un gas serra 20 volte più potente del biossido di carbonio - sono stati visti fuoriuscire sulla superficie dell'Oceano Artico da scienziati impegnati in un'estesa indagine della regione.

La scala ed il volume delle fuoriuscite di metano hanno sorpreso il responsabile del team di ricerca russo, che ha indagato il fondale marino della piattaforma artica della Siberia orientale al largo della Russia del nord per quasi 20 anni.

In un'intervista esclusiva a The Independent, Igor Semiletov, della sezione dell'Estremo Oriente dell'Accademia Russa delle Scienze, ha detto che non aveva mai assistito prima alle dimensioni ed alla forza con cui il metano viene rilasciato sotto il mar Artico.

Già in precedenza avevamo trovato strutture a forma di torcia come queste, ma erano soltanto di una decina di metri di diametro. Questa è la prima volta che abbiamo trovato infiltrazioni continue, potenti ed impressionanti di più di mille metri di diametro. E' sbalorditivo”. Ha detto il Dr Semiletov. “Sono stato molto colpito dalle dimensioni gigantesche ed dall'alta densità dei pennacchi. Su un'area relativamente piccola ne abbiamo trovati più di 100, ma su un'area più grande è possibile che ce ne siano migliaia”.

Gli scienziati stimano che ci siano centinaia di migliaia di tonnellate di metano imprigionate sotto il Permafrost artico che si estende dalla terraferma al fondo del mare relativamente poco profondo della piattaforma artica della Siberia orientale. Una delle più grandi paure è quella che, con lo scomparire del ghiaccio del mar Artico in estate ed il rapido aumento delle temperature in tutta la regione che già stanno fondendo il Permafrost siberiano, il metano lì sotto intrappolato possa improvvisamente essere rilasciato nell'atmosfera portandoci a rapidi e cruenti cambiamenti climatici.

Il team del Dr Semiletov ha pubblicato uno studio nel 2010 che stima che le emissioni di metano da questa regione fossero di circa otto milioni di tonnellate all'anno, ma le ultime spedizioni suggeriscono che questo fosse un dato che sottostima il fenomeno.
Nella tarda estate, il vascello di ricerca russo Academician Lavrentiev ha condotto un'indagine estesa di circa 10.000 miglia quadrate del mare al largo della costa siberiana. Gli scienziati hanno utilizzato quattro strumenti altamente sensibili, sia sismici sia acustici, per monitorare le “fontane” o pennacchi di bolle di metano che risalgono fino alla superficie dal fondo del mare.

“In un'area molto piccola, meno di 10.000 miglia quadrate, abbiamo contato più di 100 fontane o strutture a forma di torcia che risalgono gorgogliando la colonna d'acqua e si iniettano direttamente nell'atmosfera dal fondo del mare”, Ha detto il Dr. Semiletov. “Abbiamo effettuato controlli presso circa 115 punti stazionari ed abbiamo scoperto campi metaniferi di dimensione fantastica – penso di una dimensione mai vista prima. Alcuni pennacchi erano di chilometri o più larghi e le emissioni andavano dirette in atmosfera. La concentrazione era centinaia di volte maggiore del normale”.

Il Dr. Semiletov ha reso pubbliche le sue scoperte per la prima volta la scorsa settimana all'incontro dell'American Geophysical Union a San Francisco.

Traduzione di Massimiliano Rupalti

domenica 19 febbraio 2012

Riscaldamento globale: il grande complotto



Che cosa vi sembra più verosimile?

(a sinistra)

I gruppi ambientalisti a livello regionale e locale

Stanno spendendo le limitate risorse disponibili

In un complotto che coinvolge il 90% della comunità scientifica

Che ha lo scopo di creare un imbroglio per distruggere l'economia

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(A destra)

Le compagnie petrolifere

Spendono i loro osceni profitti

Per corrompere tutti quelli che ci stanno

Per proteggere i loro profitti e limitare la loro futura responsabilità legale sui danni che provocano con l'inquinamento che causano

venerdì 17 febbraio 2012

Idrati di Metano: la prossima bomba mediatica nel dibattito sul cambiamento climatico.

Traduzione da Cassandra's Legacy di Massimiliano Rupalti


Il metano rilasciato dal ghiaccio è un fenomeno spettacolare e pericoloso. Non solo perché il metano si può incendiare, ma perché, su larga scala, questo rilascio può generare un rapido e devastante riscaldamento globale. E' probabile che presto il problema passi dalle riviste scientifiche alla stampa tradizionale. Potrebbe essere, quindi, una vera bomba mediatica nel dibattito (il video mostra Katey Walter dell'Università dell'Alaska alle Fairbanks che sta sperimentando questo metano intrappolato nel ghiaccio).

Come gas serra, il metano è più potente dell'anidride carbonica, ma c'è una differenza molto più importante fra i due gas. Le emissioni di biossido di carbonio sono qualcosa che creiamo e che possiamo controllare, almeno in linea di principio. Se smettiamo di bruciare combustibili fossili smettiamo di generare CO2. Ma con il metano è un'altra cosa. Non abbiamo nessun controllo diretto sulle enormi quantità di metano sepolte nel ghiaccio del permafrost e nel fondo degli oceani sotto forma di “idrati” e “clatrati”.

Gli idrati di metano sono delle vere e proprie bombe climatiche che possono esplodere da sole anche a causa di un innesco relativamente debole da parte di un riscaldamento globale. Un sufficiente riscaldamento causerebbe la decomposizione di alcuni idrati che rilascerebbero il metano in atmosfera. Questo metano creerebbe più riscaldamento e questo genererebbe ulteriore decomposizione degli idrati. Il processo si sosterrebbe da sé a tassi crescenti finché non si esaurisca il metano nei giacimenti. Questo significherebbe pompare in atmosfera davvero tanto metano. Ci sono stime diverse della quantità di idrati esistenti, ma è certamente grande – molto probabilmente più grande della quantità totale di carbonio presente in atmosfera oggi sotto forma di CO2. Gli effetti di questo rapido rilascio di così tanto metano sarebbero devastanti: un cambiamento climatico improvviso che potrebbe portare ad un vera catastrofe planetaria. E' uno scenario chiamato giustamente la “pistola a clatrati”. E il bersaglio siamo noi.

La gente è spaventata dalle cose che non capisce bene e che sa di non poter controllare. Questo è certamente il caso degli idrati di metano. Noi non sappiamo quanto siano verosimili gli scenari peggiori, né l'esatta scala temporale del cambiamento che definiamo “improvviso”. Sappiamo solo che il metano sta venendo rilasciato dagli idrati oggi e che la concentrazione di metano in atmosfera sta salendo. Non possiamo dire se questo sia lo sparo della pistola a clatrati, ma è abbastanza per essere spaventati. Non so voi, ma io lo sono.

Nel frattempo, un'altra esplosione sembra in fase di detonazione, questa volta nei media. La tendenza ha avuto inizio con gli studi sulle riviste scientifiche. Prima del 1999, non c'era un solo articolo sul tema nel database di "sciencedirect. Nel 2011, sono state pubblicati 49 articoli e la tendenza sembra essere esponenziale. Sul Web, Google Trends non da ancora un aumento significativo del numero di ricerche col termine “idrati” o “clatrati”. Ma troviamo circa 40.000 pagine che hanno a che fare con la combinazione “cambiamento climatico”, “rilascio di metano” e idrati. Anche la stampa tradizionale comincia a parlare del tema. Finora, il problema degli idrati di metano è stato in gran parte assente dal dibattito sul cambiamento climatico. Ma le cose potrebbero cambiare rapidamente.

Lo scenario del rilascio di metano ha tutte le caratteristiche necessarie per cogliere l'attenzione della gente. E' spettacolare, gigantesco, biblico ed anche rapido. Ha anche un nome che suona sinistro: la “pistola a clatrati”. Non ha niente a che vedere con gli scenari piuttosto banali dell'IPCC, che si trascinano lentamente verso la fine del 21° secolo. Gli scenari dell'IPCC non intendevano far paura. A nessuno interessa una rana che bolle lentamente. Ma ricordate il film del 2004 “The day after tomorrow”? Quello che ci spaventa, prevalentemente, sono gli eventi catastrofici improvvisi. Ora, immaginate un film commerciale hollywoodiano sulla pistola a clatrati. Vedremmo uragani enormi, siccità bibliche, ondate di calore mortali, inondazioni devastanti..... Non importa come venga raccontata la storia, è una vera e propria bomba mediatica.

Prima di continuare, mi preme fare una puntualizzazione. Permettetemi di chiarire che NON sto dicendo che noi (scienziati, attivisti, giornalisti o chi sia) dovremmo esagerare i pericoli in modo da spaventare la gente con la teoria del metano. Assolutamente NO. Al contrario, la mia idea è che un pubblico impaurito NON è una buona cosa per ragioni che spiegherò fra poco. Detto questo, andiamo avanti.

Supponiamo quindi che la storia dei clatrati diventi largamente conosciuta, come reagirà il pubblico? Secondo James Schlesinger, la gente ha solo due modalità di funzionamento: compiacenza e panico”. La bomba mediatica dei clatrati potrebbe portare ad uno spostamento di paradigma sul clima e spingere l'opinione pubblica improvvisamente dalla parte opposta del dilemma: dalla compiacenza al panico.

Alcune persone potrebbero vederlo come una cosa buona: assisteremmo finalmente ad uno sforzo per fare qualcosa per evitare il cambiamento climatico. Ma non è affatto ovvio che sarebbe una cosa positiva. La cose fatte di fretta non sono necessariamente ben fatte. Probabilmente assisteremmo ad uno sforzo frenetico per “fare qualcosa”, non importa cosa, non importa come. Se l'esperienza passata con la crisi energetica ci insegna, le possibilità di adottare le soluzioni migliori sono poche (guardate, per esempio, il clamore sui biocarburanti) E' probabile che cercheremmo una soluzione miracolosa nella geoingegneria su larga scala. Sequestro della CO2, particelle di solfato nell'atmosfera alta, specchi nello spazio, dipingere i tetti di bianco e chi più ne ha più ne metta.

Funzionerebbero queste azioni? Forse sì, ma ci muoveremmo in un territorio completamente sconosciuto. Non sappiamo quali possano essere le soluzioni migliori e non possiamo essere sicuri degli effetti collaterali della maggior parte di esse. E poi, l'energia necessaria per la geoingegneria non potrebbe portare ad un maggior consumo di combustibili fossili e, di conseguenza, alla produzione di più gas serra? E, ancora, supponiamo che la geoingegneria abbia successo nel raffreddare il pianeta, la gente non tornerebbe alla compiacenza e dichiarerebbe che la pistola a clatrati era una truffa sin dall'inizio? Mentre ci addentriamo nel futuro, i problemi che abbiamo creato sembrano diventare sempre più grandi proprio come diventa evidente che noi, come specie, semplicemente non siamo attrezzati con gli strumenti necessari per risolverli.

Le cose sarebbero state molto più semplici se avessimo trovato un accordo per affrontare il problema climatico alla radice. Questo avrebbe fornito un obbiettivo chiaro da raggiungere e poco spazio alle grandi oscillazioni nella percezione da parte della gente. Ma sembra che sia già troppo tardi per una strategia basata sui cambiamenti graduali. Le cose continuano a cambiare e la sola cosa certa è che non possiamo restare inattivi di fronte ai cambiamenti. Quindi preparatevi per il prossimo grande cambiamento: la bomba mediatica dei clatrati sta per detonare!

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Alcuni articoli e post recenti sul rilascio di metano dagli idrati. Questa lista non intende essere completa o rappresentativa, serve solo a dare un'idea di come il dibattito si stia scaldando (una metafora molto appropriata, in questo caso).

Much ado about methane - David Archer on RealClimate

An online model of methane in the atmosphere, by David Archer, RealClimate

Dave Archer wrong to dismiss concern about potential methane runaway in Arctic, by
Gary Houser on "Climate change, the next generation"


How much time is there left to act? By Sam Carana on Geoengineering

Methane: a worse worst-case scenario, by "The Tracker", theidiottracker

Wetting the stratosphere, boiling the oceans, Eli Rabett, RabettRun

mercoledì 15 febbraio 2012

Grazie a Dio non sono paranoico! Diffusi i documenti dei propagandisti anti-scienza dello Heartland Institute




Come si suol dire, chi la fa l'aspetti. Dopo il "climategate," che aveva messo in piazza la posta privata dei climatologi; viene fuori adesso il "denialgate", ovvero sono stati diffusi i documenti interni dello Heartland Institute, organizzazione dedicata a fare propaganda anti-scientifica diretta in particolare contro la scienza del clima. Ne ha parlato per primo "desmog blog" a questo link, ma la faccenda sta rimbalzando in giro per il Web un po' dovunque

Per il momento, questa storia è ancora a uno stadio preliminare e la veridicità dei documenti diffusi su internet è da verificare. Comunque, hanno tutto l'aspetto di essere veri. Fanno vedere come esista un'organizzazione ben finanziata che si dedica a screditare la scienza. E' quello che ho sempre detto (anche nel post precedente a questo). Grazie a Dio, non sono paranoico!!!