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domenica 11 giugno 2023

Che Pena il Dibattito sul Clima


Dal "Fatto Quotidiano" del 24 Maggio 2023


Il disastro dell’Emilia-Romagna ha generato un’accesa discussione fra quelli che lo attribuiscono al cambiamento climatico e quelli che lo danno come dovuto alla cementificazione o ai verdi che non vogliono tagliare gli alberi. E’ parte del dibattito sul clima che, purtroppo, è degenerato in una polemica assai semplificata, per non dir di peggio. Oltre ad accusare (o scagionare) il CO2 per i fenomeni estremi, non c’è molto di più che ragionamenti sul fatto che “il clima è sempre cambiato,” e vaghi discorsi sugli elefanti di Annibale, o le Alpi prive di ghiaccio nel Medio Evo. E da questo se ne dovrebbe dedurre che il cambiamento non è colpa dell’uomo e non azzardatevi a togliermi la mia suv. Dall’altra parte, si tende a liquidare le obiezioni parlando di “negazionismo” (termine che non uso e che suggerirei a tutti di non usare) e con il concetto che “il 99% degli scienziati è d’accordo, e allora tacetevi”.

E’ un peccato che il dibattito sul clima si sia ridotto a questo basso livello. Ma è un fatto che la politica vuole certezze; pochi e semplici concetti in bianco e nero. Invece, la scienza (quella vera, non quella dei televirologi) tende sempre a sfumature di grigio. Questo è vero in particolare per la scienza del clima; una faccenda complessa e incerta, ed è proprio questo che la rende così affascinante. Forse anche i negazionisti… (oops, scusate, mi è sfuggito!) la troverebbero affascinante se avessero voglia di fare uno sforzo per capirla.

Su questo punto, vi posso raccontare di qualche sviluppo recente. Per cominciare, c’è un articolo in preparazione di James Hansen e altri che fa il punto su quello che si sa sul clima degli ultimi 66 milioni di anni, il periodo chiamato “Cenozoico”. Quello, per intendersi, dei mammiferi dopo l’estinzione dei dinosauri. E, per la felicità di quelli che dicono che “il clima è sempre cambiato”, beh, è proprio vero: all’inizio del Cenozoico le temperature erano qualcosa come 10-12 gradi più alte di oggi. Era un mondo diverso, senza ghiacci ai poli, con il livello del mare più alto di circa 60 metri rispetto all’attuale, e molte altre cose.

Il punto è, tuttavia, che il clima non cambia per caso. Ci sono delle ragioni che lo destabilizzano ed è questo il soggetto dell’articolo di Hansen. Viene fuori che siamo oggi in condizioni di concentrazioni di gas serra tali che a lungo andare potremmo tornare alle condizioni dell’inizio del Cenozoico; ovvero 10 gradi in più di temperatura, con gli annessi 60 metri di innalzamento del livello del mare. Non succederà a breve scadenza ma, quantomeno, è una strada un po’ pericolosa quella che abbiamo preso.

C’è poi di un altro articolo recente, che studia un argomento complementare, ovvero i fattori che tendono a stabilizzare il clima. Anche qui, leggiamo una storia affascinante: sono questi fattori che hanno reso possibile la sopravvivenza della vita terrestre per miliardi di anni. Questo studio è una conferma della cosiddetta “Ipotesi Gaia” presentata tempo fa da Lynn Margulis e James Lovelock. Ma non facciamoci troppe illusioni: sono fenomeni molto lenti se confrontati con l’esistenza umana. Su scale di tempi relativamente brevi – meno di qualche migliaio di anni – non compenseranno la perturbazione antropogenica attuale.

Per finire, un cenno a un articolo al quale ho contribuito anch’io sul ruolo delle foreste nella regolazione del clima e dell’umidità atmosferica. Viene fuori che le foreste stabilizzano sia il clima come le precipitazioni quando sono in buona salute e potrebbero avere un effetto benefico nell’evitare disastri come quello recente in Emilia-Romagna. Ma, anche qui, l’azione umana in termini di tagli indiscriminati e cementificazione ha fatto danni.

Tutte queste cose sono affette da inevitabili incertezze e risultano incomprensibili da chi vede il mondo in bianco e nero, come è normale nel dibattito politico. Ma, nel dubbio, io prenderei qualche precauzione. Oltre alle cose che già sappiamo su come combattere il riscaldamento globale, io lascerei anche le foreste in pace e ne pianterei di nuove.

martedì 10 agosto 2021

Consenso: un'arte che stiamo perdendo. Il caso della scienza del clima

 

Dal blog "The Seneca Effect"

Nel 1956, Arthur C. Clarke scrisse "The Forgotten Enemy", una storia di fantascienza che trattava del ritorno dell'era glaciale ( fonte immagine ). Sicuramente non era la migliore storia di Clarke, ma potrebbe essere stata la prima scritta su quell'argomento da un noto autore. Diversi altri autori di fantascienza hanno esaminato lo stesso tema, ma ciò non significa che, a quel tempo, esistesse un consenso scientifico sul raffreddamento globale. Significa solo che un consenso sul riscaldamento globale è stato ottenuto solo più tardi, negli anni '80. Ma quali meccanismi sono stati utilizzati per ottenere questo consenso? E perché, oggigiorno, sembra impossibile raggiungere il consenso su qualsiasi cosa? Questo post è una discussione su questo argomento che usa la scienza del clima come esempio.

 

di Ugo Bardi

 

Forse ricorderete come, nel 2017, durante la presidenza Trump, sia circolata brevemente sui media l'idea di organizzare un dibattito sui cambiamenti climatici sotto forma di un incontro "squadra rossa contro squadra blu" tra gli scienziati del clima ortodossi e i loro avversari. Gli scienziati del clima erano inorriditi all'idea. Erano particolarmente sgomenti per le implicazioni militari dell'idea "rosso contro blu" che suggeriva il modo in cui avrebbe potuto essere organizzato il dibattito. Da parte del governo, invece, si è subito capito che in un dibattito scientifico equo la loro parte non aveva nessuna possibilità di successo. Quindi, il dibattito non ha mai avuto luogo ed è un bene che sia stato così. Forse chi lo proponeva aveva buone intenzioni (o forse no), ma in ogni caso sarebbe degenerato in una rissa e avrebbe creato solo confusione.

Eppure, la storia di quel dibattito che non si è mai tenuto suggerisce un punto che la maggior parte delle persone comprende: la necessità del consenso . Nulla nel nostro mondo può essere fatto senza una qualche forma di consenso e la questione del cambiamento climatico ne è un buon esempio. Gli scienziati del clima tendono ad affermare che esiste un consenso e talvolta lo quantificano come il 97% o addirittura il 100%. I loro avversari affermano il contrario

In un certo senso hanno ragione entrambi. Esiste un consenso sul cambiamento climatico tra gli scienziati, ma questo non è vero per il grande pubblico. I sondaggi dicono che la maggior parte delle persone ha delle nozioni sui cambiamenti climatici e concorda sul fatto che bisogna fare qualcosa al riguardo, ma non è la stessa cosa di un consenso approfondito e informato. Inoltre, questa maggioranza scompare rapidamente non appena è il momento di fare qualcosa che tocca il portafoglio di qualcuno. Il risultato è che, per più di 30 anni, migliaia dei migliori scienziati del mondo hanno continuato ad avvertire l'umanità di una terribile minaccia in arrivo, e non è stato fatto nulla di serio per fermarla. Solo proclami, greenwashing e "soluzioni" che peggiorano il problema (l'" economia basata sull'idrogeno " ne è un buon esempio).

Quindi, la costruzione del consenso è una questione fondamentale. La si può chiamare una scienza o vederla come ciò che altri chiamano "propaganda". Alcuni rifiutano l'idea stessa come una forma di "controllo mentale" o la praticano in vari metodi di negoziazione basata su regole. È un argomento affascinante che va al cuore della nostra esistenza di esseri umani in una società complessa. 

Qui, invece di affrontare la questione da un punto di vista generale, discuterò un esempio specifico: quello del "raffreddamento globale" contro il "riscaldamento globale", e come si è ottenuto un consenso sul fatto che il riscaldamento sia la vera minaccia. È una disputa che spesso si dice sia la prova che non esiste consenso nella scienza del clima. 

Avrete sicuramente sentito la storia di come, solo pochi decenni fa, il "raffreddamento globale" fosse la visione scientifica generalmente accettata del futuro. E come quegli sciocchi scienziati hanno cambiato idea, passando invece al riscaldamento. Al contrario, potreste anche aver sentito che questo è un mito e che non c'è mai stato un consenso sul fatto che la Terra si stesse raffreddando.

Come sempre, la  realtà è più complessa di quanto la politica voglia che sia. Il raffreddamento globale come consenso scientifico è una delle tante leggende generate dalla discussione sui cambiamenti climatici e, come la maggior parte delle leggende, è sostanzialmente falsa. Ma ha perlomeno alcuni collegamenti con la realtà. È una storia interessante che ci dice molto su come si ottiene il consenso nella scienza. Ma dobbiamo cominciare dall'inizio.

L'idea che il clima della Terra non fosse stabile è emersa a metà del XIX secolo con la scoperta delle passate ere glaciali. A quel punto, una domanda ovvia era se le ere glaciali potessero tornare in futuro. La questione è rimasta al livello di speculazioni sparse fino alla metà del XX secolo, quando il concetto di "nuova era glaciale" è apparso nella "memesfera" (l'insieme dei memi pubblici umani). Possiamo vedere questa evoluzione utilizzando Google "Ngrams", un database che misura la frequenza delle stringhe di parole in un ampio corpus di libri pubblicati ( Grazie, Google !!).

 

Vedete che la possibilità di una "nuova era glaciale" è entrata nella coscienza pubblica già negli anni '20, poi è cresciuta e ha raggiunto un picco nei primi anni '70. Altre stringhe come "Earth cooling" e simili danno risultati simili. Si noti inoltre che il database "English Fiction" genera un picco per il concetto di "nuova era glaciale" all'incirca nello stesso periodo, negli anni '70. In seguito, il raffreddamento è stato completamente sostituito dal concetto di riscaldamento globale. Possiamo vedere nella figura sottostante come è arrivato il crossover alla fine degli anni '80.

 


Anche dopo che iniziò a declinare, l'idea di una "nuova era glaciale" rimase popolare e i giornalisti amavano presentarla al pubblico come una minaccia imminente. Ad esempio, Newsweek ha pubblicato un articolo intitolato "The Cooling World " nel 1975, ma il concetto ha fornito un buon materiale per il genere catastrofico. Ancora nel 2004, era alla base del film " The Day After Tomorrow. "

Questo significa che gli scienziati credevano che la Terra si stesse raffreddando? Ovviamente no. Non c'era consenso sulla questione. Lo stato della scienza del clima fino alla fine degli anni '70 semplicemente non consentiva certezze sul clima futuro della Terra.

Ad esempio, nel 1972, il noto rapporto al Club di Roma,  "I limiti alla crescita ", rilevava la crescente concentrazione di CO2 nell'atmosfera, ma non affermava che avrebbe causato il riscaldamento - evidentemente il problema non era ancora chiaro nemmeno per gli scienziati impegnati in studi sull'ecosistema globale. 8 anni dopo, nel 1980, gli autori del " The Global 2000 Report to the President of the US " commissionato dal presidente Carter, avevano già una comprensione molto migliore degli effetti sul clima dei gas serra. Tuttavia, non hanno escluso il raffreddamento globale e ne hanno discusso come uno scenario plausibile.

Il Global 2000 Report è particolarmente interessante perché fornisce alcuni dati sull'opinione degli scienziati del clima così com'era nel 1975. Sono stati intervistati 28 esperti ai quali è stato chiesto di prevedere la temperatura media mondiale per l'anno 2000. Il risultato è stato nessun riscaldamento o un riscaldamento minimo di circa 0,1 C. Nel mondo reale, tuttavia, le temperature sono aumentate di oltre 0,4 C nel 2000. Chiaramente, nel 1980, non esisteva un consenso scientifico sul riscaldamento globale. Sul punto si veda anche l'articolo di Peterson (2008 ) che analizza la letteratura scientifica degli anni Settanta. Trovava che la maggior parte degli articoli erano in favore del riscaldamento globale, ma anche una minoranza significativa sosteneva l'assenza di variazioni di temperatura o il raffreddamento globale.

Ora stiamo arrivando al punto veramente interessante di questa discussione. Il consenso sul riscaldamento della Terra non esisteva prima degli anni '80, ma poi è diventato la norma. Come è stato ottenuto?

Ci sono due interpretazioni che fluttuano oggi nella memesfera. Una è che gli scienziati hanno concordato una cospirazione globale per terrorizzare il pubblico sul riscaldamento globale al fine di ottenere vantaggi personali. L'altra che gli scienziati sono analizzatori di dati a sangue freddo e che hanno fatto come disse John Maynard Keynes: "Quando ho nuovi dati, cambio idea". 

Entrambi sono leggende. Quello sulla cospirazione scientifica è ovviamente ridicolo, ma il secondo è altrettanto sciocco. Gli scienziati sono esseri umani e i dati non sono un vangelo di verità. I dati sono sempre incompleti, affetti da incertezze e devono essere selezionati. Prova a invetare la legge di gravitazione universale di Newton senza ignorare tutti i dati sulla caduta di piume, fogli di carta e uccelli, e capirai cosa intendo. 

In pratica, la scienza è nata come una macchina per la costruzione del consenso. Si è evoluta proprio allo scopo di assorbire nuovi dati in un processo graduale che non porta (normalmente) al tipo di divisione partigiana tipica della politica. 

La scienza utilizza un procedimento derivato da un antico metodo che, in epoca medievale, era chiamato disputatio e che affonda le sue radici nell'arte della retorica dell'antichità classica. L'idea è quella di discutere i problemi mettendo uno di fronte all'altro i campioni delle diverse tesi e cercando di convincere un pubblico informato utilizzando i migliori argomenti che possono raccogliere. La disputatio medievale poteva essere molto sofisticata e, ad esempio, ho discusso la " Controversy of Valladolid " (1550-51) sullo stato degli indiani d'America. Le Disputstiones teologiche normalmente non potevano armonizzare posizioni veramente incompatibili, ad esempio convincendo gli ebrei a diventare cristiani (è stato tentato più di una volta, ma vi potete immaginare i risultati). Ma a volte portavano a buoni compromessi e mantenevano il confronto a livello verbale (almeno per un po').

Nella scienza moderna, le regole sono leggermente cambiate, ma l'idea rimane la stessa: gli esperti cercano di convincere i loro avversari usando i migliori argomenti che possono raccogliere. Deve essere una discussione, non un litigio. Le buone maniere vanno mantenute e la caratteristica fondamentale è saper parlare una lingua reciprocamente comprensibile. E non solo: i relatori devono concordare su alcuni principi di base della cornice della discussione.  Durante il Medioevo, i teologi discutevano in latino e concordavano che la discussione doveva essere basata sulle scritture cristiane. Oggi gli scienziati discutono in inglese e concordano sul fatto che la discussione debba essere basata sul metodo scientifico.

Nei primi tempi della scienza si usavano dibattiti uno contro uno (forse ricorderete il famoso dibattito sulle idee di Darwin che coinvolse Thomas Huxley e l'arcivescovo Wilberforce nel 1860). Ma, al giorno d'oggi, è raro. Il dibattito si svolge in convegni e seminari scientifici a cui partecipano parecchi scienziati che guadagnano o perdono "punti prestigio" a seconda di quanto sono bravi a presentare le proprie opinioni. Occasionalmente, un presentatore, in particolare un giovane scienziato, può essere "fatto alla griglia" dal pubblico in una piccola rievocazione delle cerimonie di raggiungimento della maggiore età dei nativi americani. Ma, cosa più importante di tutte, durante la conferenza si svolgono discussioni informali. Questi incontri non devono essere vacanze, sono funzionali allo scambio di idee faccia a faccia. Come ho detto, Si fa molta scienza nelle mense e davanti a un bicchiere di birra. Probabilmente, la maggior parte delle scoperte scientifiche inizia in questo tipo di ambiente informale. Nessuno, per quanto ne so, è mai stato colpito da un raggio di luce dal cielo mentre guardava una presentazione in power point.

Sarebbe difficile sostenere che gli scienziati siano più abili nel cambiare le loro opinioni di quanto i teologi medievali e gli scienziati più anziani tendano ad attenersi alle vecchie idee. A volte si sente dire che la scienza avanza un funerale alla volta; non è sbagliato, ma sicuramente un'esagerazione: le opinioni scientifiche cambiano anche senza dover aspettare che muoia la vecchia guardia. Il dibattito in una conferenza può decisamente spostarsi in una certa direzione sulla base della brillantezza di uno scienziato, della disponibilità di buoni dati e della competenza complessiva dimostrata. 

Posso testimoniare che, almeno una volta, ho visto qualcuno del pubblico alzarsi dopo una presentazione e dire: "Caro signore, ero di parere diverso fino a quando non ho sentito il suo discorso, ma ora mi ha convinto. Mi sbagliavo e lei è nel giusto. " (e vi posso dire che questa persona aveva più di 70 anni, i bravi scienziati possono invecchiare bene, come succede per il vino). In molti casi, la conversione non è così improvvisa e così spettacolare, ma succede. Ovviamente, il denaro può fare miracoli nell'influenzare le opinioni scientifiche ma, finché ci atteniamo alla scienza del clima, non ci sono molti soldi coinvolti e la corruzione non è diffusa come in altri campi, come in medicina.

Quindi, possiamo immaginare che negli anni '80 la macchina del consenso abbia funzionato come avrebbe dovuto e ha portato l'opinione generale degli scienziati del clima a passare dal raffreddamento al riscaldamento. È stata una buona cosa, ma la storia non è finita con questo. Restava da convincere le persone al di fuori del ristretto campo della scienza del clima, e questo non era ovvio. 

Dagli anni '90 in poi, la disputatio è stata dedicata a convincere sia gli scienziati che lavorano in campi diversi dal clima sia il pubblico informato. C'era un problema serio in questo: la scienza del clima non è una cosa da dilettanti, è un campo in cui l'effetto Dunning-Kruger (persone che sopravvalutano la propria competenza) può essere dilagante. Gli scienziati del clima si sono trovati a dover affrontare vari tipi di oppositori. In genere, scienziati anziani che si rifiutavano di accettare nuove idee o, a volte, geologi che vedevano la scienza del clima invadere il loro territorio e risentirsi per questo. Occasionalmente, gli avversari potevano segnare punti nel dibattito concentrandosi su punti ristretti che loro stessi non avevano completamente compreso (ad esempio, il "punto caldo troposferico" era un trucco alla moda). Ma quando il dibattito coinvolgeva qualcuno che conosceva abbastanza bene la scienza del clima, il destino degli avversari era segnato: finivano asfaltati facilmente.

Questi dibattiti sono andati avanti per almeno un decennio. Forse conoscete il libro del 2009 di Randy Olson, " Non essere uno scienziatcosì" che descrive questo periodo. Olson ha sicuramente capito il punto fondamentale del dibattito: devi rispettare il tuo avversario se vuoi convincere lui o lei, e anche il pubblico. Sembrava funzionare, lentamente. Si facevano progressi e il problema climatico diventava sempre più noto.

E poi, qualcosa è andato storto. Di brutto. Gli scienziati si sono trovati improvvisamente coinvolti in un altro tipo di dibattito per il quale non avevano alcuna formazione e poca comprensione. Vedete in Google Ngrams come l'idea che il cambiamento climatico fosse una bufala è decollata negli anni 2000 ed è diventata una caratteristica della memesfera. Notate come è cresciuto rapidamente: ha avuto un culmine nel 2009, con lo scandalo Climategate, ma non è diminuito in seguito.



Era un modo completamente nuovo di discutere: non più una disputatio. Niente più regole, niente più rispetto reciproco, niente più linguaggio comune. Solo slogan e insulti. Uno scienziato del clima ha descritto questo tipo di dibattito come come essere coinvolti in una "rissa da bar a mani nude". Da lì in poi, la questione climatica si è politicizzata e fortemente polarizzata. Nessun progresso è stato fatto e nessun progresso si sta facendo in questo momento.

Perché è successo? In gran parte, è stato a causa di una campagna di pubbliche relazioni professionale volta a denigrare gli scienziati del clima. Non sappiamo chi l'abbia progettata e pagata ma, sicuramente, esistevano (ed esistono ancora) lobby industriali che avrebbero perso molto se si fosse attuata un'azione decisa per fermare il cambiamento climatico. Chi ha ideato la campagna ha avuto vita facile contro un gruppo di persone tanto ingenue in termini di comunicazione quanto esperti in materia di scienze del clima. 

La storia di Climategate è un buon esempio degli errori commessi dagli scienziati . Se leggete l'intero corpus delle migliaia di email rilasciate nel 2009, da nessuna parte troverate che gli scienziati stavano falsificando i dati, erano coinvolti in cospirazioni o cercavano di ottenere guadagni personali. Ma sono riusciti a dare l'impressione di essere una cricca settaria che si rifiutava di accettare le critiche dei suoi avversari. In termini scientifici, non hanno fatto nulla di male, ma in termini di immagine è stato un disastro. Un altro errore degli scienziati del clima è stato quello di cercare di schiacciare i loro avversari rivendicando il 97% del consenso scientifico. Anche supponendo che sia vero (potrebbe anche essere), gli si è ritorto contro, dando ancora una volta l'impressione che gli scienziati del clima siano autoreferenziali e non tengano conto delle obiezioni degli altri. 

Permettetemi di citare un altro esempio di dibattito scientifico che è deragliato ed è diventato politico. Ho già citato lo studio del 1972 "I limiti della crescita". Era uno studio scientifico, ma il dibattito che ne seguì era al di fuori delle regole del dibattito scientifico. Una "frenesia alimentare" tra gli squali sarebbe una descrizione migliore di come gli economisti del mondo si sono uniti per fare a pezzi lo studio. Il "dibattito" si è rapidamente riversato sulla stampa ufficiale e il risultato è stata una demonizzazione generale dello studio, accusato di aver fatto "previsioni sbagliate" e, in alcuni casi, di pianificare lo sterminio dell'umanità. (Parlo di questa storia nel mio libro del 2011 " The Limits to Growth Revisited.") La cosa interessante (e deprimente) che possiamo imparare da questo vecchio dibattito è che non sono stati fatti progressi in mezzo secolo. Avvicinandosi al 50° anniversario della pubblicazione, possiamo trovare la stessa critica ripubblicata di nuovo sui siti Web, "previsioni sbagliate", e tutto il resto. 

Quindi, siamo bloccati. C'è una speranza per invertire la situazione? Difficilmente. La perdita della capacità di ottenere un consenso sembra essere una caratteristica dei nostri tempi: i dibattiti richiedono un minimo di rispetto reciproco per essere efficaci, ma questo si è perso nella cacofonia del web. L'unica forma di dibattito che rimane è quella rudimentale che vede i candidati presidenziali scambiarsi goffamente luoghi comuni tra loro ogni quattro anni. Ma un vero dibattito? Niente da fare, è sparito come le dispute tra teologi nel Medioevo.

La discussione sul clima, così come su tutte le questioni importanti, si è spostata sul Web, in gran parte sui social. E l'effetto è stato devastante sulla costruzione del consenso . Una cosa è guardare un essere umano dall'altra parte di un tavolo con due bicchieri di birra nel mezzo, un'altra è vedere un pezzo di testo cadere dal nulla come commento al tuo post. Questa è una ricetta per il litigio, e funziona così ogni volta. 

Inoltre, non aiuta che gli incontri e le conferenze scientifiche internazionali siano quasi scomparsi in una situazione che scoraggia gli incontri di persona. Gli incontri online si sono rivelati ore di noia in cui nessuno ascolta nessuno e tutti sono felici quando finisce. Anche se riesci a essere presente a un incontro di persona, non aiuta che il tuo collega ti appaia sotto forma di un contenitore di virus pericolosi, mascherato e da tenere sempre a distanza, se possibile dietro una barriera di plexiglas. Non è il modo migliore per stabilire un rapporto umano.

Questo è un problema fondamentale: se non si può costruire un consenso attraverso un dibattito, l'unica altra possibilità è usare il metodo politico. Significa raggiungere la maggioranza attraverso un voto (e si noti che nella scienza, come nella teologia, il voto non è considerato una tecnica accettabile di costruzione del consenso). Dopo il voto, la parte vincente può imporre la propria posizione alla minoranza usando una combinazione di propaganda, intimidazione e, a volte, forza fisica. Una tecnica estrema di costruzione del consenso è lo sterminio degli avversari. È stato fatto così spesso nella storia che è difficile pensare che non sarà fatto di nuovo su larga scala in futuro, forse nemmeno in uno remoto. Ma, a parte le implicazioni morali, il consenso forzato è costoso, inefficiente e spesso porta a stabilire dogmi. Quindi è impossibile adattarsi ai nuovi dati quando arrivano. 

Allora, dove stiamo andando? Le cose continuano a cambiare continuamente; forse troveremo nuovi modi per ottenere consenso anche online, il che implica, come minimo, non insultare e attaccare il tuo avversario fin dall'inizio. Per quanto riguarda una lingua comune, dopo che siamo passati dal latino all'inglese, potremmo ora passare a "Googlish", una nuova lingua mondiale che potrebbe forse essere strutturata per evitare scontri di assoluti - forse potrebbe essere solo priva di imprecazioni, forse potrebbe avere alcune caratteristiche specifiche che aiutano a creare consenso. Sicuramente serve una riforma della scienza che sbarazzi della corruzione dilagante in molti campi: il denaro è una sorta di consenso, ma non quello che vogliamo.

O, forse, potremmo sviluppare nuovi rituali. I rituali sono sempre stati un mezzo potente per ottenere consensi, basti pensare alla messa cristiana (la chiesa cristiana non si è ancora resa conto di aver ricevuto un colpo mortale dalle regole anti-virus ). I rituali possono essere trasferiti online? O avremmo bisogno di incontrarci di persona nella foresta come le "persone del libro" immaginate da Ray Bradbury nel suo romanzo del 1953 " Fahrenheit 451 "? Non lo possiamo dire. Non ci resta che cavalcare l'onda del cambiamento che, al giorno d'oggi, sembra essere diventata un vero tsunami. Galleggeremo o affonderemo? Chi puo 'dirlo? La riva sembra essere ancora lontana.


h/t Carlo Cuppini e "moresoma"



 

martedì 28 gennaio 2020

Come Smentire la Scienza del Clima


Karl Popper e la falsificazione delle teorie scientifiche.

Cosa c'entra una cernia con la scienza del clima? Un po' è perché io e la collega Perissi stiamo lavorando al nostro nuovo libro sull'"Economia Blu" e quindi abbiamo i pesci per la testa. Ma, in realtà, c'è un nesso. Leggete qui di seguito e tutto vi sarà rivelato.


Karl Popper è un filosofo che si occupa di epistemologia e le sue idee hanno a che vedere con molte cose nella scienza, anche con i cambiamenti climatici. In sostanza, Popper dice che le teorie scientifiche si possono falsificare ma mai veramente "provare". Alle volte questa idea va sotto il nome di "principio del cigno nero". Uno può ragionevolmente sostenere che tutti i cigni sono bianchi, ma questa idea è soggetta a essere smentita se per caso qualcuno trova che da qualche parte c'è un cigno nero, o magari anche solo grigio. Insomma, una teoria può essere bella ed elegante quanto si vuole, ma basta un singolo fatterello, magari brutto e sgraziato, per smentirla.

Ora, se ci pensate bene, molto dell'impegno dei nemici della scienza del clima ha una base popperiana anche se, probabilmente, molti di loro non se ne sono resi conto (e nemmeno sanno chi è Popper). Quasi nessuno della scalcagnata banda dei denigratori si pone come obbiettivo di creare una teoria alternativa all'interpretazione corrente del cambiamento climatico (*). No, loro cercano il "cigno nero", il "fatterello bruttino" che invalida tutta la struttura. Gli esempi classici sono gli elefanti di Annibale, il vino in Inghilterra nel Medio Evo, la "terra verde" che sarebbe stata la Groenlandia al tempo dei vichinghi e cose del genere. Il ragionamento è che la scienza del clima prevede che sia il consumo di combustibili fossili a causare il riscaldamento globale, ma allora come sta che c'erano dei periodi caldi anche quando non si bruciavano combustibili fossili?

Questi sarebbero, appunto, "fatterelli bruttini" che dovrebbero invalidare la teoria del cambiamento climatico antropogenico, ma in realtà sono solo storie fantasiose senza base nei fatti. E anche se fossero veri, non invaliderebbero niente perché la scienza del clima NON dice che soltanto i fossili fanno cambiare il clima.

Ci sono anche  esempi un tantino più seri di fatterelli in contrasto con le teorie correnti. Uno è quello della "hot spot troposferica" che i modelli prevedevano e che fino ad alcuni anni fa non si trovava nei dati sperimentali. Se le cose restavano così, sarebbe stato necessario rivedere i modelli, ma ora la hot spot si vede, quindi questa storia non invalida più niente.

Più in generale, possiamo dire che Popper non ha torto, ma le sue idee vanno viste un po' in prospettiva. Diciamo che ci sono due tipi di teorie scientifiche, le "teorie-avannotto" e le "teorie-cernia." (vi dicevo che c'entrava la cernia in questo post!). Gli avannotti sono teorie appena nate, oppure non ancora cresciute, che nuotano indifese nel gran mare della scienza. Sono facilmente divorate dal primo squaletto che passa di lì. Le cernie, invece, sono dei bestioni grossi e cattivi che non si fanno mangiare facilmente neanche da uno squalo tigre. E tendono a divorare gli avannotti come se fossero grissini.

Le teorie-avannotto sono quelle che si falsificano facilmente con il metodo popperiano. Per esempio, arriva uno che ti dice che i cambiamenti climatici sono causati dalle variazioni nell'attività solare (c'è pieno di questi qui, lì fuori). Bene: mettiamo insieme in un bel diagramma l'attività solare e la temperatura terrestre, come vedete qui sotto.


Vedete? L'accordo è pessimo. Il fatterello distrugge la teoria, l'avannotto è divorato dalla cernia. Non era nemmeno una teoria: era solo una proposta di correlazione che poi, alla fine, non esiste.

Viceversa, pensate a una teoria bene assodata come la legge di gravitazione universale di Newton: non è una teoria-avannotto, è una teoria-cernia. Come la vorreste falsificare? Forse trovando un albero dove le mele cadono dai rami verso l'alto? Buona fortuna, chissà che non ne trovate qualcuno agli antipodi, dove notoriamente la gente sta a testa in giù.

E' anche vero che la teoria di Newton è soltanto un'approssimazione, una teoria migliore è la relatività generale di Einstein. Ma qui sta la differenza: la teoria di Einstein NON invalida la teoria di Newton. La integra descrivendo quello che succede in condizioni estreme, per esempio se vi trovate a essere risucchiati da un buco nero. Però, a meno che non vi capiti spesso di avere a che fare con dei buchi neri, la versione di Newton della legge di gravità vi basta e vi avanza.

La scienza del clima non è così assodata come la teoria della gravitazione universale, ma è comunque un bestione che non è facile da ingoiare per un pescetto appena nato. Il concetto di riscaldamento globale causato dai gas serra ha resistito a molteplici tentativi di falsificazione quando ancora era una bestiolina un po' delicata, al tempo in cui fu proposto, oltre un secolo fa. Adesso è parte di un intero edificio scientifico basato su almeno 50 anni di studi, esperimenti, e modelli. Allora, come vorreste demolire la scienza del clima? Dimostrando che i gas serra non assorbono nell'infrarosso? Buona fortuna: è una cosa nota da più di un secolo.

Questo vuol dire che la scienza del clima è "scienza accertata" e non cambierà più? Assolutamente no. Vuol dire solo che ha passato la barriera popperiana della falsificazione. A questo punto, la si può modificare, integrare, perfezionare, tutto quello che volete, ma certe cose rimangono accertate -- proprio come è accertato che le mele cadono dagli alberi. Non ci sono dubbi sul fatto che il CO2 sia un gas che riscalda la Terra, ma c'è ancora molto da discutere -- e se ne discute --  su quanto esattamente la riscaldi e in quale frazione rispetto ad altri fattori che alterano il clima: altri gas, l'albedo, le nuvole, eccetera. Andando avanti con gli studi si arriva a quantificare meglio il problema che abbiamo davanti, ma la sua natura di fondo non cambia.
 
Insomma, la scienza non è un sistema formale di aquisizione di conoscenza, è molto di più un sistema euristico che va avanti cercando di fare il meglio possibile. La scienza del clima non è una scienza esatta ed elegante come, per esempio, la termodinamica classica. E' una scienza complicata con tante incertezze. Ma è una scienza che va avanti, con quelli che ci studiano sopra che cercano di fare del loro meglio. Lo fanno nonostante gli sbalestrati che continuano a tirar fuori i Vichinghi e gli elefanti di Annibale.



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(*)Nota: che io sappia esiste solo un modello che si può definire "serio" che cerca di costruire una teoria alternativa a quella che vede il riscaldamento corrente il risultato dell'aumento di concentrazione dei gas serra (ce n'è anche uno non serio, quello di Scafetta, ma un modello che non si basa su principi fisici non serve a niente). Il modello è quello della "cosmoclimatologia" di Henrik Svensmark, basato sulla correlazione del clima con l'intensità dell'irradiazione solare.

Oggi, il modello di Svensmark non se lo fila più nessuno. Non che fosse sballato in partenza, ma non era veramente un modello: rimane allo stadio di una proposta basata su una correlazione che si è rivelata molto debole. Ma il vero problema è che non è stato possibile trovare dei parametri del modello che lo mettano in grado di spiegare il rapido riscaldamento della Terra degli ultimi 30 anni circa. Ovvero, era anche questa una teoria-avannotto demolita da un fatterello bruttino. Non che questo abbia convinto i proponenti -- per gli esseri umani, cambiare idea sembra essere la cosa più difficile dell'universo e lo stesso Svensmark, invece di prendere atto che i dati non convalidavano la sua teoria, ha detto che la teoria era giusta e che erano i dati a essere sbagliati. Poi ha cominciato ad andare ai convegni sponsorizzati dallo Heartland institure (quelli che sponsorizzano anche il nostro Franco Battaglia). Non so se nell'epistemologia popperiana si tenga conto di quando uno scienziato va fuori di testa, ma in ogni caso non direi che quando succede non butta bene per il modello che quello scienziato ha proposto.





martedì 31 ottobre 2017

Scienziati derelitti? E' proprio vero che quando non hai più argomenti, non ti restano che gli insulti.

La saggezza convenzionale dice che non ci si dovrebbe mettere in polemica con certa gente; in primo luogo non serve e poi gli dai una visibilità che non si meritano. Ma farò un'eccezione per questo post di Massimo Lupicino su "Climatemonitor," che riproduco nella sua interezza più sotto. Non è una cosa bella, ma è un buon esempio di come ci si può ridurre quando non hai più argomenti e non ti restano che gli insulti. O, forse, è semplicemente il caldo eccessivo per la stagione che da alla testa.

Non faccio ulteriori commenti - mi sembra che non ce ne sia bisogno - e lascio il giudizio ai lettori (UB).

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Vi ho sbirciati in posti che mi ero ripromesso di non frequentare, come fa un guardone consapevole della sua debolezza e della somma inutilità del gesto. E vi ho visti.
Vi ho visti rabbiosi, lividi, stupefatti e mortalmente offesi dalla sola idea che qualcuno la possa pensare diversamente da voi.
Vi ho visti pavoneggiarvi nel citare a sproposito altisonanti leggi della fisica, ed essere spernacchiati nel vostro stesso campo da forumisti di passaggio, radiati con effetto immediato dalla comunità, immagino per lesa maestà climatista.
Vi ho visti inveire contro chi si è permesso di raccontare altre storie rispetto a quelle che più vi piacciono. Storie comunque referenziate e argomentate, a differenza di quelle che amate leggere e sentire ripetere dalla gran parte dei media.
Vi ho visti insultare persone per nome e cognome, talvolta vostri colleghi ben più noti e titolati di voi, spargendo escrementi nel ventilatore, insinuando in modo volgare e basso.
Vi ho visti definire Christy un dilettante, una macchietta, un non-scienziato. Dall’alto delle vostre cattedre virtuali fatte di sproloqui e di invettive su siti più o meno desolati della provincia dell’Impero Climatista. E che cosa sarà mai l’onorificenza per “Eccezionale merito Scientifico” conferita dalla vostra (altrimenti) amata NASA allo stesso Christy, al cospetto della vostra manciata di “like” sui social network?
Vi ho visti irridere rispettati e stimati scienziati italiani del clima, che ai benpensanti come voi piace chiamare in altri contesti “cervelli in rientro”. Liquidandoli come “astrologi”, negando loro la dignità stessa di scienziato o ricercatore. Titoli che invece vengono generosamente riconosciuti a venditori di olio di serpente che impazzano sui media ma che si comportano come chi la scienza non l’ha mai frequentata in vita sua, nemmeno su Second Life.
Vi ho visti diffidare i pochi forumisti che vi leggevano dal frequentare siti pericolosi, accusati di diffondere fake news. Come si faceva molti anni addietro con quei libri sconvenienti che poi gli stessi censori andavano a leggersi di nascosto, abbandonandosi a pensieri impuri.
Vi ho visti, non mi siete piaciuti, ma sono contento che esistiate. Perché “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Lo dice l’Articolo 21 della Costituzione italiana. E non c’è narrativa pelosa sulle fake news o sull’hate speech che tenga, a fronte di questo diritto. Specie quando la narrativa in questione sembra nata dall’esigenza di chiudere la bocca a qualcuno, magari per lasciare qualcun altro libero di inveire ed insultare a difesa della causa “giusta”.
Vi ho visti, non mi siete piaciuti, ma vi voglio bene. Perché siete dei derelitti, esattamente come il sottoscritto, nel momento in cui andate a sbirciare in casa altrui per poi parlarne male in casa propria, e diffidare altri dal fare la stessa cosa. E quindi, a mo’ di ramoscello d’olivo, vi dedico anche una canzone (una cover in realtà) che vi piacerà, perché è seria come le vostre cause e compunta come le vostre sembianze quando ci annunciate come intendete salvare il mondo. A pensarci bene sembra scritta proprio per voi, anzi, per noi: You’re my Ramshackle, and I’ll love you clean” recita il ritornello, che mi piace tradurre: “Sei il mio derelitto, e ti vorrò bene, se ti dai una ripulita” (in calce il testo completo, con traduzione 😉 )
Allora, ce la diamo, questa ripulita?

sabato 30 luglio 2016

Il confronto fra scienziati del clima e i loro detrattori: non c'è proprio partita



La società chimica italiana ha preso una netta posizione in favore della scienza del clima


Ho raccontato in un post precedente della figuraccia che ha fatto la società italiana di fisica rifiutandosi di firmare un documento condiviso da 14 società scientifiche italiane a sostegno della scienza del clima. Poi, hanno fatto anche di peggio con le giustificazioni che hanno dato. Non certamente una bella figura per la fisica italiana, il cui prestigio era già scosso dall'appoggio che il Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna aveva inizialmente dato alla storia del'E-Cat.

Al contrario, la società di chimica italiana ha preso una netta posizione in favore della scienza del clima. Nell'articolo riportato qui di seguito, "Saperescienza" racconta la storia, sfortunatamente dandone un'interpretazione un tantino semplificata, come se fosse una partita di calcio fra la società di chimica e quella di fisica. In realtà, nel campo della scienza del clima, se si mettono a confronto i veri scienziati e i loro detrattori, non c'è proprio partita. Per fortuna, l'articolo termina in modo corretto dicendo che " astensioni come quelle della Società Italiana di Fisica rischiano di alimentare lo scetticismo con gravi effetti sulle politiche ambientali di contenimento di un fenomeno che è tutt'altro che sottovalutabile."

(U.B.)

I cambiamenti climatici e l' "astensione" della Società Italiana di Fisica

13 Luglio 2016

I cambiamenti climatici sono un'emergenza da fronteggiare, determinata dall'attività umana? "Sì", per i chimici italiani, "ni" per i fisici. Almeno questo è quello che sembra emergere dalle prese di posizione della Società Chimica Italiana (SCI) e della Società Italiana di Fisica (SIF). O meglio, dalla non presa di posizione di quest'ultima.

Mentre la SCI, in un documento, riconosce infatti nei cambiamenti climatici una delle "principali minacce per lo sviluppo sostenibile" e si associa alla necessità, globalmente percepita, di ridurre le emissioni di gas serra e di adottare adeguati piani di adattamento agli impatti negativi previsti dagli attuali modelli climatici, la SIF preferisce non esprimersi in modo così netto.

Alla fine dell'anno scorso, dodici associazioni scientifiche italiane hanno sottoscritto la "Dichiarazione sui cambiamenti climatici" approvata alla vigilia della COP21 di Parigi, con la vistosa eccezione della SIF, che ha fatto togliere il suo logo. Pomo della discordia, una parola: "inequivocabile".

Nella dichiarazione, presentata in occasione dello "Science Symposium on Climate" che si è tenuto a Roma nella sede FAO, infatti, si trova questo passaggio: "l'influenza umana sul sistema climatico è inequivocabile ed è estremamente probabile che le attività umane siano la causa dominante del riscaldamento verificatosi a partire dalla metà del XX secolo". Ma, secondo la SIF, "alcune certezze non sono certezze, occorre fare attenzione" ha dichiarato la presidentessa Luisa Cifarelli, che continua: "non esistono le equazioni del clima. E io non mi trovo d'accordo con l'affermazione che il ruolo dell'uomo nel riscaldamento sia inequivocabile". La SIF avrebbe preferito parole come "verosimiglianza" o "probabilità", ma la proposta non è stata accolta dagli altri scienziati, anzi Cifarelli è stata, come riferisce lei stessa, "trattata male".

L'IPCC (Intergovernmental panel on climate change) organo ufficiale dell'ONU e autorità di riferimento in fatto di cambiamenti climatici, sostiene essere "molto probabile che l'influenza umana sia la causa dominante del riscaldamento osservato nel XX secolo", dove "molto probabile" corrisponde a una probabilità del 95 per cento. E' sufficiente per usare la parola "inequivocabile"?

Al di là della terminologia, la posizione della SIF è stata molto criticata ed è stata in alcuni casi definita "irresponsabile", per esempio da Ferdinando Boero, professore di biologia dell'università del Salento e dell'Istituto di scienze marine del Cnr. Quello che è sicuro è che i negazionismi sui cambiamenti climatici non sono certo stati superati e hanno un discreto peso, a livello scientifico e politico, e astensioni come quelle della Società Italiana di Fisica rischiano di alimentare lo scetticismo con gravi effetti sulle politiche ambientali di contenimento di un fenomeno che è tutt'altro che sottovalutabile.


mercoledì 23 settembre 2015

Oltre il 99% l'accordo fra gli scienziati sull'origine umana del cambiamento climatico di origine umana

Da “Cleantechnica”. Traduzione di MR (via Dante Lucco)


... E ora parleremo col Dr. Jenkins del National Institute of Health a proposito dei risultati del suo studio di tre anni. E poi per un'opinione differente parleremo con Roger, qui, che mi sembra di capire ha raggiunto conclusioni opposte smplicemente pensandoci sopra mentre era seduto sul divano.


Di Sandy Dechert

James L. Powell, direttore del Consorzio Nazionale di Scienze Fisiche e informatore sul negazionismo del cambiamento climatico, ha la missione di aggiornare media e lettori su quanti scienziati credono che la gente causi il cambiamento climatico. Il numero del cambiamento climatico antropogenico è maggiore di quanto pensiate.

sabato 22 giugno 2013

Quando l'oncologo fuma sigarette

In questo articolo, Rob Hopkins critica in modo piuttosto pesante la presentazione del centro di ricerca Hadley sul cambiamento climatico che lui e un gruppo di visitatori hanno ricevuto. In effetti, l'atteggiamento della guida descritto da Hopkins si riscontra in non pochi ricercatori e scienziati e non solo in Inghilterra. Sanno che stanno lavorando su un soggetto dal quale dipende la vita e la morte non soltanto di loro stessi, ma di tutto il genere umano. Eppure, non riescono ad "agganciare" alla pratica quotidiana le conseguenze di quello che fanno. E' un po' come vedere un oncologo che si fuma una sigaretta dopo l'altra - e succede! Non è che non sa che le sigarette fanno venire i tumori, ma non riesce ad assimilare emotivamente la nozione e a metterla in pratica. Succede anche ai climatologi, non tutti hanno la lucidità e lo spessore morale di un James Hansen che mette in gioco la sua reputazione dicendo le cose come stanno. Insomma, ancora un esempio di come non riusciamo a renderci conto delle conseguenze di quello che sappiamo (UB)

“Mi scusi... cosa?”: visita al Met Office Hadley Centre


Di Rob Hopkins
Da “Transition Culture”. Traduzione di MR


Il Met Office, vicino Exeter

L'altro giorno io e un amico abbiamo portato i nostri bambini piccoli a fare un giro al centro Met Office, vicino a Exeter. Il Met Office è la sede dell'Hadley Centre, uno dei centri più avanzati in cui hanno luogo le modellizzazioni e le ricerche sul cambiamento climatico. Si è rivelato essere un evento che mi ha lasciato sia arrabbiato sia perplesso e con alcune riflessioni che vorrei condividere con voi. Il giro in sé ha poca importanza ai fini di questo pezzo, a parte dire che è stato in grado di trasformare qualcosa che potevano essere alcune ore davvero interessanti in tre ore piuttosto tediose. Certamente non è un giro pensato per destare l'interesse dei bambini. Il punto più basso secondo me, tuttavia, è stato quando abbiamo effettivamente raggiunto l'Hadley Centre. Ecco la scena...

Il mio gruppo arriva nell'Hadley Centre

Il mio gruppo di circa 40 persone, prevalentemente pensionati in gita di gruppo, arriva negli uffici vuoti (be', è un sabato) dell'Hadley Centre. Ora, per coloro che non sanno, l'Hadley Centre è una specie di terra santa della ricerca climatica. Ecco cosa dice il loro sito Web su ciò che fanno:

  • “Produciamo un'orientamento di valore mondiale sulla scienza del cambiamento climatico e forniamo un centro focale nel Regno Unito per quanto riguarda i problemi scientifici associati alla scienza del clima. In gran parte cofondato dal Dipartimento per l'Energia e il Cambiamento Climatico (DECC) e dal Defra (il Dipartimento per l'Ambiente, il Cibo, e gli Affari Rurali), forniamo un'informazione approfondita e consiglio al Governo sui problemi della scienza del clima. In quanto uno dei centri più importanti per la ricerca sulla scienza climatica, i nostri scienziati danno un contributo significativo alla letteratura peer-reviewed e ad una varietà di rapporti sulla scienza del clima, compreso il Rapporto di Valutazione dell'IPCC. Le nostre proiezioni climatiche sono state la base per la Revisione Stern sull'Economia del Cambiamento Climatico”. 


E' un ufficio enorme, piuttosto anonimo, e noi ci troviamo posizionati a ferro di cavallo intorno alla nostra guida (i nostri figli sono annoiati inutilmente da questo momento e sono andati fuori per una passeggiata intorno alle scrivanie, così ho dovuto tenere un occhio su di loro ed uno sulla guida). La guida comincia a raccontarci che questo è uno dei centri più importanti per la ricerca climatica nel mondo, i cui dati e modelli si trovano alla base di gran parte del lavoro in corso nel mondo.

L'Hadley Centre

Lui dice (o le parole suonano in questo modo), “nella storia, il mondo si è già riscaldato, in occasioni precedenti, molto di più di quanto vediamo oggi. In questo contesto storico allargato, il riscaldamento che vediamo oggi è relativamente minore. Io penso che sia inevitabile che bruceremo tutti i combustibili fossili che ci sono. Per esempio, io stesso guido una macchina che consuma molto, credo che voi stessi vi divertireste ad usarla”. Ero basito. Poi ha continuato, come in molte occasioni durante la visita, a lodare gli uffici del Met Office e dire quanto fossero allo stato dell'arte dell'efficienza energetica. Quando è arrivato il momento delle domande, il mio amico gli ha chiesto “da quello che ha detto, sembra che tutto il cambiamento climatico sia un fenomeno interamente naturale sul quale l'attività umana non ha avuto alcuna influenza. Potrebbe chiarire questo punto?” La guida allora ha detto che no, naturalmente non intendeva dire questo e che naturalmente era tutto dovuto all'attività umana e che non voleva dare quella impressione.

Il mio migliore momento personale del giro: le nuvole di lana appese al soffitto della mensa del Met Office

Gli ho chiesto come fosse per lui lavorare all'Hadley Centre, con tutti quei dati e informazioni che elaborano ogni giorno. Negli Stati Uniti, gli scienziati del clima come James Hansen stanno uscendo dall'imparzialità scientifica e vengono arrestati per aver fermato camion di carbone e cose simili. Ho chiesto se anche lui sentiva un impulso simile. Lui ha detto che come persona al servizio del pubblico (il Met Office è un'istituzione del Governo del Regno Unito) da contratto non può prendere parte a nessuna dimostrazione. Poi ha è andato avanti dando una panoramica molto buona della fusione del ghiaccio dell'Artico, del perché fosse importante e del perché questo abbia rappresentato un anello di retroazione importante e così via. Ma per me il danno era fatto. 

Giorno dopo giorno lui e i suoi colleghi portano il Grande Pubblico Britannico in giro per il Met Office, li portano all'Hadley Centre e parlano del cambiamento climatico. Con la fiducia sulla scienza climatica da parte del pubblico precaria, a dir poco, e con quotidiani come il Daily Mail che continuano a pubblicare sciocchezze demenziali sul cambiamento climatico, se c'è un posto nel mondo in cui alla gente può essere ben disposta ascoltarlo per quello che è, questo deve senz'altro essere dentro l'Hadley Centre. Lui ha sottolineato che devono state molto attenti a non essere 'politici', a non dare le proprie opinioni in termini di cosa possiamo fare per il cambiamento climatico, piuttosto di concentrarsi sulla scienza. Ma non abbiamo sentito niente di questo. Avrebbe potuto dire che: 
  • Le temperature globali sono già aumentate di 0,8°C rispetto ai livelli preindustriali, con altri 0,6°C inevitabili a causa del ritardo temporale degli impatti delle emissioni
  • Le istituzioni mondiali più rispettate hanno tutte dichiarato che ci sono forti prove che l'attività umana stia alimentando l'amento delle temperature
  • Anche livelli relativamente bassi di biossido di carbonio hanno dimostrato di avere una gamma di impatti nel mondo
  • Sulla nostra attuale traiettoria di emissioni, gli scienziati stimano aumenti fra i 2,4 e i 6,4 °C per il 2100
  • Delle 2795 gigatonnellate di carbonio che abbiamo identificato, la scienza ci dice che possiamo bruciarne solo 565 gigatonnellate se vogliamo mantenere l'aumento della temperatura mondiale al di sotto dei +2°C
  • Stiamo già vedendo estremi atmosferici e impatti climatici, come la fusione del ghiaccio dell'Artico, che sta accelerando in modo allarmante
Non c'è niente di controverso o di 'politico' in questo. Presumibilmente queste cose si trovano nei rapporti che l'Hadley Centre pubblica un giorno sì e uno no, il loro pane quotidiano. Oppure potrebbero mostrare questo grafico a settori: 


Potrebbero chiedere ai membri più anziani del gruppo se, durante la loro vita, hanno notato il cambiamento del clima ed ascoltare le loro storie. Ma no, quello che abbiamo avuto è stato il tentativo di un pezzo umoristico su come noi non possiamo fare niente comunque, quindi possiamo anche continuare semplicemente a guidare finché i combustibili fossili non siano tutti finiti. Posso capire che giro guidato dopo giro guidato per gente che potrebbe sembrare indifferente a quello di cui stai parlando ti può portare ad una posizione in cui la prendi con leggerezza per mantenere la loro attenzione. Ma questo è un atteggiamento pigro ed è una completa rinuncia alla responsabilità inerente all'essere rappresentanti dell'Hadley Centre, che sta nell'Hadley Centre. Mi sono ricordato del recente ed eccellente articolo di George Marshall Le ragioni per cui i disastri potrebbero non aumentare la preoccupazione sul cambiamento climatico. Marshall ha visitato una città in Texas dove 1.700 case sono recentemente andate perdute in un enorme incendio, le cui cause erano direttamente collegate al cambiamento climatico. Spesso si sente parlare di un altro “eccezionale” evento meteorologico naturale disastroso, “che cosa servirà perché la gente veda che il cambiamento climatico sta avvenendo?” Come dice Marshall: “I disastri possono far aumentare la fiducia e la certezza sociale”. Il suo pezzo è affascinante in quanto, nonostante un tale evento, coloro che credevano nel cambiamento climatico ci hanno creduto ancora più fortemente, vedendo gli incendi come prova del loro credere, e coloro che non ci credevano hanno usato l'esperienza in modo analogo per rafforzare le loro posizioni. Marshall ha scritto che:  

  • “La consapevolezza sul cambiamento climatico è complessa e mediata da atteggiamenti socialmente costruiti. E' importante riconoscere che molti degli ostacoli sociali e culturali alla credenza non vengono rimossi dai grandi impatti e potrebbero, di fatto essere rafforzati”. 

Quando si è radicati in un'analisi particolare del cambiamento climatico, è sempre più facile circondarsi di gente e media che sostengono la tua vecchia visione. Twitter ci permette semplicemente di accedere alle notizie provenienti da gente con la quale siamo d'accordo. Google, basandosi sulle pagine Web che visitiamo, comincia a filtrare la nostra visione del mondo per cui possiamo ricevere solo le notizie con le quali siamo d'accordo. Cerchiamo i quotidiani che sostengono la nostra visione del mondo. E' solo in rare occasioni, come in una visita guidata al Met Office, per scoprire come fanno le previsioni del tempo in tivù, che la nostra visione del mondo può essere autorevolmente cambiata. 

Se qualcuno mi avesse detto in modo autorevole, essendo io uno che dedica la propria vita lavorativa all'attivismo sul clima, che sbagliavo ad essere preoccupato dalla fusione del ghiaccio Artico, questo sarebbe certamente stato cibo per la mente e sarei andato via con l'idea di approfondire. Come dice Marshall:
  • “Accettare il cambiamento climatico antropogenico richiede un alto grado di autocritica ed anche di capacità di dubitare di sé stessi. Richiede una preparazione ad accettare la responsabilità personale per gli errori collettivi e per intere società accettare il bisogno di un grande cambiamento collettivo. E, inevitabilmente, questo processo di accettazione genererebbe dibattito e conflitto intensi”.
Quale migliore opportunità per una tale discussione di un sabato mattina al Met Office? Forse ho avuto una guida impreparata. Forse tutti gli altri ricevono il tipo di presentazione che ho suggerito sopra, a parte il mio gruppo. Forse l'esperienza di coloro che tengono le visite guidate è che se discutono il cambiamento climatico in un modo significativo le persone si ribellano e cominciano a tirar loro i cestini della carta e le spillatrici. O forse è semplicemente più facile prenderla alla leggera per mandare la gente a casa con l'impressione che il cambiamento climatico non è colpa loro e che non ci sia niente che possano fare. Se avessimo un grave problema di salute, uno che abbiamo negato, uno per cui riempiamo i nostri giorni di distrazioni per evitare di riconoscerlo realmente e uno per il quale evitiamo gli amici che ti voglio dire cosa sia realmente, poi abbiamo bisogno di circostanze particolari per portarci ai nostri sensi. Come ha mostrato il pezzo di Marshall, anche un episodio di mala sanità può essere giustificato ed attribuito a qualcos'altro. Ciò di cui abbiamo bisogno è di trovarci in un ambulatorio e che un dottore/dottoressa ce lo racconti per quello che è, per definire un prognosi con chiarezza e compassione. Giungere al punto di trovarsi in quell'ambulatorio può essere in sé un viaggio, ma una volta che ti trovi lì, dipende dall'abilità del dottore l'essere in grado di raccontarti come stanno le cose. Se questi ci scherza sopra e ti dice quanto sia uno sforzo inutile migliorare, come sia orribile la medicina che non la prenderebbe lui stesso ed è più divertente non farlo, questo sarebbe la più spaventosa inadempienza al proprio dovere. Il mio giro all'Hadley Centre mi ha fatto sentire come se avessi incontrato un dottore del genere. Vergogna.