giovedì 8 gennaio 2015

La mente dei negazionisti climatici

Da “eurekalert”. Traduzione di MR

Gli atteggiamenti nei confronti del cambiamento climatico dipendono dal senso di appartenenza delle persone al pianeta


Una nuova ricerca condotta dall'Università di Exeter ha scoperto che le persone che hanno una percezione dello spazio a livello globale più ampio del livello nazionale è più probabile che accettino che il cambiamento climatico sia causato dalle attività umane. 

Una nuova ricerca condotta dall'Università di Exeter ha scoperto che le persone che hanno una percezione dello spazio a livello globale più ampio del livello nazionale è più probabile che accettino che il cambiamento climatico sia causato dalle attività umane. Questa è la prima che viene mostrato volta che l'accettazione delle cause umane del cambiamento climatico è  collegato alla percezione dello spazio a livello globale. Le scoperte hanno delle implicazioni significative sia per la comunicazione del cambiamento climatico sia per la comprensione di spazio ed identità. Lo studio “Il mio paese o il mio pianeta?”, esplorando l'influenza degli attaccamenti ai luoghi e delle credenze ideologiche molteplici che pesano sugli atteggiamenti e le opinioni verso cambiamento climatico, ha scoperto che gli individui con attaccamenti globali più forti di quelli locali è più probabile che percepiscano il cambiamento climatico come un'opportunità piuttosto che una minaccia – per esempio, percependo gli impatti economici che emergono dalle risposte al cambiamento climatico ed il potenziale per costruire un senso della comunità più forte in tutto il mondo. Questi individui erano con più frequenza donne, più giovani e non si identificavano con nessuna religione, era più probabile che votassero verde e che fossero caratterizzati da livelli minori di credenze autoritarie a di dominio sociale di destra.

Il professor Patrick Devine-Wright di Geografia dell'Università di Exeter ha detto: “I risultati di questo studio suggeriscono che gli attaccamenti al locale non sono fortemente legati alle credenze sul cambiamento climatico. Coloro che hanno una più forte percezione del globale piuttosto che del nazionale è più probabile che accettino che il cambiamento climatico sia causato dalle azioni umane e possa essere un'opportunità, per la società, di unire le persone, non solo una minaccia all'economia”. Le persone di solito vedono il senso delllo spazio in termini puramente locali – l'area intorno a dove vivono. Lo studio amplia questa percezione in modi importanti per includere forme di appartenenza nazionali e globali – conosciuti come attaccamenti ai luoghi ed alle identità. La ricerca è stata condotta in Australia, in collaborazione con il Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), usando un metodo di indagine con un campione che rappresenta una nazione. Il professor Devine-Wright ha detto: “Dato che lo studio è stato condotto in Australia, dobbiamo replicarlo in altri contesti nazionali, per esempio nel Regno Unito o negli Stati Uniti, per vedere se si troveranno risultati analoghi”.

Lo studio è pubblicato nella rivista Global Environmental Change: http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0959378014001794 

mercoledì 7 gennaio 2015

L'industria petrolifera del Mare del Nord è “vicina al collasso”

Da “BBC News”. Traduzione di MR (h/t Dario Zampieri)

Di Ben King, giornalista economico, BBC News


L'industria petrolifera del Regno Unito è in “crisi” per la diminuzione dei prezzi, ha detto un leader del settore alla BBC.

Le compagnie petrolifere e i fornitori di servizi stanno tagliando il personale e gli investimenti per risparmiare soldi. Robin Allan, presidente dell'associazione di esploratori Brindex, ha detto alla BBC che l'industria era “vicina al collasso”. Quasi nessun progetto nel Mare del Nord è redditizio con il petrolio al di sotto dei 60 dollari al barile, dichiara.

“Si ritirano tutti” 

“Ciò è già successo in precedenza e l'industria si adatta, ma l'adattamento è quello di tagliare le
persone, tagliare i progetti e ridurre i costi ovunque sia possibile e questo è doloroso per il nostro personale, doloroso per le compagnie e doloroso per il paese. Siamo vicini al collasso. In termini di nuovi investimenti – non ce ne saranno, tutti si stanno ritirando, le persone vengono licenziate dalla maggior parte delle società questa settimana e in quelle a venire. I bilanci per il 2015 vengono tagliati da tutti”. Il signor Allan ha detto che molti dei dei tagli ai posti di lavoro in tutta l'industria non sarebbero stati annunciati pubblicamente. I lavoratori del petrolio lavorano spesso come liberi professionisti e sono più facili da licenziare per i datori di lavoro. Le sue osservazioni fanno eco ai commenti fatti dal veterano del petrolio e consigliere governativo Sir Ian Wood, che la settimana scorsa ha previsto un'ondata di perdite di posti di lavoro nel Mare del Nord nei prossimi 18 mesi.




Crisi petrolifera: Il destino di Willy il Coyote

Da “Bloomberg” Traduzione di MR (h/t Alexander Ač)

Gli investitori petroliferi sul punto di perdere trilioni di dollari in beni. Gore: è il momento di Willy il Coyote

Di Alex Morales

Clima: adesso o mai più

Una grande minaccia alle società di combustibili fossili si è spostata improvvisamente dai margini al centro della scena con un drammatico annuncio della più grande società energetica tedesca ed una lettera della Banca d'Inghilterra. Una minoranza in crescita di investitori e regolatori stanno sondando la possibilità che i depositi di petrolio, gas e carbone non fruttati – valutati complessivamente in trilioni di dollari – possano diventare beni immobilizzati quando i governi adottano politiche più stringenti sul cambiamento climatico.

http://www.bloomberg.com/video/popout/m8L74EMUTziIrLxK4HrVKw/143.641/

Il concetto che acquisisce trazione da Wall Street alla City di Londra è semplice. I limiti delle emissioni di biossido di carbonio saranno necessari per mantenere gli aumenti della temperatura a 2°C, secondo gli scienziati del clima il massimo consigliabile. Senza tecnologie per catturare i gas di scarico della combustione di combustibili fossili, la maggior parte dei depositi di petrolio, gas e carbone conosciuti dovrebbero rimanere sottoterra. Una volta raggiunto quel punto, diventano immobilizzati. Coi rappresentanti di più di 190 paesi riuniti per discutere le regole climatiche a Lima, l'argomento per cui bruciare tutto il petrolio, gas e carbone conosciuti del mondo distruggerebbe l'atmosfera si sta spostando oltre il regno dell'attivismo ambientalista.


Fonte: Warner Bros. via Everett Collection Wile E. Coyote.


Il collasso del prezzo del petrolio del 2014

DaPost Carbon Institute”. Traduzione di MR

In due settimane da quando questo testo è stato scritto, la situazione va sempre di più verso il collasso, con i prezzi ormai scesi sotto i 50 dollari al barile (UB)

Di Richard Heinberg


Immagine delle nubi temporalesche sul petrolio via shutterstock. Riprodotta con autorizzazione.

I prezzi del petrolio sono crollati della metà dalla fine di giugno. Questo è uno sviluppo significativo per l'industria del petrolio e per l'economia globale, anche se nessuno sa esattamente come l'industria o l'economia risponderanno sul lungo termine. Visto che è quasi la fine dell'anno, forse è un buon momento per fermarsi e chiedersi. (1) Perché sta accadendo? (2) Chi vince e chi perde sul breve termine? (3) Quale sarà l'impatto sulla produzione petrolifera nel 2015?

1. Perché sta accadendo?


martedì 6 gennaio 2015

Il crollo dell'industria petrolifera

DaThe Guardian”. Traduzione di MR

Un articolo di poche settimane fa, reso estremamente attuale dall'ulteriore crollo del prezzo del petrolio (UB 

Le aziende petrolifere del Regno Unito affondano mentre il prezzo del petrolio cade

Le insolvenze fra le società di servizi di petrolio e gas del Regno Unito triplicano nel 2014 fra paure di crollo della domanda e eccesso di offerta




Piattaforma petrolifera nel Mare del Nord. Il greggio Brent ha chiuso al di sotto dei 62 dollari al barile venerdì, il minimo in cinque anni e mezzo. Foto:  Alamy

La caduta del prezzo del petrolio ha portato le insolvenze fra le società di servizi di petrolio e gas a triplicare finora quest'anno, mentre ulteriori progetti per 55 miliardi di sterline sono riportate sotto minaccia. Il greggio Brent ha chiuso al di sotto dei 62 dollari al barile venerdì, il minimo un cinque anni e mezzo, fra paure di crollo della domanda ed eccesso di offerta, mentre l'economia globale rallenta. Una decisione  del mese scorso dell'OPEC, che fornisce circa il 40% del petrolio mondiale, di mantenere la produzione invariata nonostante il crollo del prezzo è servita solo a far scivolare il greggio ancora più in basso. Domenica, il ministro per l'energia degli Emirati Arabi Uniti, Suhail Al-Mazrouei, ha detto che l'OPEC non taglierebbe la produzione di greggio nemmeno se il prezzo scendesse a 40 dollari al barile. Ad una conferenza a Dubai, ha detto a Bloomberg: “Non cambieremo idea perché sono scesi da 60 a 40 dollari. Non stiamo puntando il prezzo, il mercato si stabilizzerà da solo”.

L'industria delle sabbie bituminose al collasso

DaThe Ecologist”. Traduzione di MR

Questo articolo è di circa un mese fa - la situazione attuale dei prezzi del petrolio sotto i 50 dollari al barile lo rende ancora più attuale in una situazione che si sta facendo sempre più disastrosa ogni giorno che passa. Non è più il caso di domandarsi che cosa ha causato il collasso dei prezzi del petrolio. ma che cosa sarà causato dal collasso dei prezzi del petrolio (UB)


L'industria delle sabbie bituminose affronta una perdita 'esistenziale' di 246 miliardi di dollari







La Miniera di Sabbie Bituminose Syncrude 'Aurora', a nord di Fort McMurray, Canada. Foto: Elias Schewel via Flickr. 

L'estrazione delle sabbie bituminose canadesi è più che una semplice catastrofe ambientale, scrive Gregory McGann. Si sta dimostrando anche una disastro economico, con investimenti massicci a rischio mentre il crollo dei prezzi del petrolio fa arenare le sabbie bituminose. Una delle forme più distruttive di produzione petrolifera è finanziariamente priva di senso ed affronta il collasso totale, secondo un nuovo rapporto della Carbon Tracker Initiative (CTI), Sabbie bituminose: schede informative. Il rapporto suggerisce che gli investitori sono stati fuorviati sulla fattibilità economica della produzione di sabbie bituminose, cosa che sta facendo un danno irreparabile alla foresta boreale incontaminata del Canada nord occidentale. La CTI, una società di analisi finanziaria ambientalmente consapevole, sostiene che i progetti futuri di sabbie bituminose, oltre ad essere disastrose ambientalmente, sono anche finanziariamente catastrofiche e stanno portando i loro investitori verso gravi perdite. Nonostante il recente e drammatico crollo dei prezzi del petrolio, le società non hanno tenuto conto del rischio di ulteriori crolli dei prezzi. I progetti di sabbie bituminose, coi loro alti costi di produzione, sono particolarmente vulnerabili, in quanto il prezzo del petrolio che declina può facilmente spazzare via tutta la loro redditività. “Le pressioni del costo che affronta l'industria petrolifera mostra alcuni segni di cedimento”, dichiara il rapporto – eppure le compagnie si rifiutano semplicemente di riconoscerlo.


lunedì 5 gennaio 2015

Zone morte nei mari: sempre più diffuse

Da “CBC News”. Traduzione di MR (h/t Alexander Ač)

Il riscaldamento globale aumenta la diffusione di zone morte nei mari e nei fiumi

Il dilavamento dei fertilizzanti e il riscaldamento intasano l'acqua di nutrienti e sottraggono ossigeno alla vita acquatica




Un'anatra nuota nella Green Bay del Lago Michigan nei pressi di un cumulo di alghe. La baia è uno dei tanti bacini d'acqua che hanno sviluppato zone morte, aree in cui il dilavamento di fertilizzanti e acque reflue ha creato livelli eccessivi di nutrienti che accumulano microbi ma sottraggono ossigeno alla vita acquatica. Un nuovo studio ha scoperto che il riscaldamento globale peggiora il problema delle zone morte. (Jim Matthews/Press-Gazette/Associated Press)

Il riscaldamento globale gioca probabilmente un ruolo maggiore di quanto ritenuto precedentemente nelle zone morte in oceani, laghi e fiumi nel mondo e peggiorerà soltanto, secondo un nuovo studio. Le zone morte si verificano quando il dilavamento di fertilizzanti intasano le vie d'acqua con nutrienti, come l'azoto e il fosforo. Ciò porta ad un'esplosione di microbi che consumano ossigeno e ne esauriscono la sua presenza nell'acqua, danneggiando la vita acquatica. Gli scienziati sanno da tempo che l'acqua più calda peggiora questo problema, ma in un nuovo studio pubblicato lunedì sulla rivista Global Change Biology dello Smithsonian, i ricercatori hanno scoperto circa due dozzine di modi diversi – biologicamente, chimicamente e fisicamente – in cui il cambiamento climatico peggiora l'esaurimento di ossigeno. “Abbiamo sottostimato l'effetto del cambiamento climatico sulle zone morte”, ha detto l'autore principale dello studio Andrew Altieri, un ricercatore del centro tropicale dello Smithsonian a Panama.

Riscaldamento nel Golfo di St. Lawrence

Il riscaldamento globale aggrava il problema dell'esaurimento
dell'ossigeno causato dal dilavamento perché le acqua più calde
contengono meno ossigeno. L'eccesso di microbi e la mancanza
di ossigeno nelle zone morte danneggiano i pesci
e l'altra vita acquatica.
(Andrew Altieri/Smithsonian Institution/ Associated Press)
I ricercatori hanno esaminato 476 zone morte in tutto il mondo – 264 negli Stati Uniti. Hanno scoperto che i modelli climatici computerizzati standard prevedono che, in media, la temperatura di superficie intorno a queste zone morte aumenterà di poco più di 2°C dagli anni 80 e 90 alla fine di questo secolo. Il maggior riscaldamento previsto è di circa 4°C dove il fiume St. Lawrence si riversa nell'oceano in Canada. Le zone morte più importanti degli Stati Uniti, il Golfo del Messico e la Baia di Chesapeake, è previsto che si riscaldino rispettivamente di 2,3°C e 2,7°C. L'acqua più calda, che contiene meno ossigeno, si aggiunge al problema del dilavamento, ha detto il coautore Keryn Gedan, che lavora sia allo Smithsonian sia all'Università del Maryland. Ma l'acqua più calda condiziona le zone morte anche mantenendo l'acqua più separata, così che l'acqua profonda povera di ossigeno si mescola di meno.

“E' come una salsa italiana che non avete agitato, in cui l'olio e l'acqua sono separati”, ha detto Altieri. Quando l'acqua si riscalda, il metabolismo della vita acquatica aumenta, facendogli richiedere più ossigeno proprio mentre i livelli di ossigeno stanno già diminuendo. Altri modi in cui il cambiamento climatico condiziona le zone morte sono le estati più lunghe, l'acidificazione dell'oceano e il cambiamento degli schemi di venti e correnti, dice lo studio. Donald Boesch, un ecologo dell'Università del Maryland che non ha fatto parte dello studio e lavora in un altro dipartimento rispetto a Gedan, ha detto che non ci sono prove sufficienti per dire che il cambiamento climatico ha già giocato un ruola così grande nella diffusione delle zone morte. Ma ha detto che lo studio ha probabilmente ragione nell'avvertire che il riscaldamento futuro renderà il problema anche peggiore.