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sabato 4 febbraio 2023

La Fine dell'Internazionalismo: e ora come la mettiamo con il cambiamento climatico?

 



L'Internazionale Comunista nasce al tempo della Comune di Parigi, verso il 1870. Una reazione contro la vittoria del nazionalismo Prussiano sopra l'internazionalismo che il secondo impero francese di Napoleone III ancora coltivava. Ma, nonostante l'internazionalismo di maniera del comunismo sovietico, il trionfo del nazionalismo è stato completo durante il ventesimo secolo. E oggi ci ritroviamo di fronte a un ritorno di fiamma del nazionalismo più esasperato sotto il nome di "sovranismo." 


Come possiamo affrontare problemi globali in una prospettiva nazionale? Sembra un'impresa persa in partenza, e probabilmente lo è. Di fronte ai problemi sempre più pressante del cambiamento climatico, del degrado dell'ecosistema, dell'esaurimento delle risorse, la società umana si sta rifugiando in un nazionalismo sempre più esasperato. Ma allora, cosa fare? 

Sono pochi che ci stanno ragionando sopra. Uno è Daniele Conversi che mette i problemi sul piatto con il suo recente libro "Cambiamenti Climatici, Antropocene e Politica", e non a caso, riparte dal Club di Roma per rivisitare la situazione attuale. Il Club era stato forse la prima entità che al tempo dello studio del 1972, "I Limiti dello sviluppo" che aveva cercato di affrontare problemi globali con un approccio globale. Era stato un fallimento, ma anche un punto di partenza che aveva generato molti tentativi paralleli di gestire le risorse globali per il bene di tutta l'umanità.

Sfortunatamente, dopo 50 anni di lavoro non abbiamo visto nessun progresso reale nel tentativo di costruire strutture globali per gestire i beni comuni del pianeta. Con i problemi globali che diventano sempre più pressanti, più il dibattito si rifugia in un nazionalismo esasperato che prende oggi il nome di "sovranismo." 

Quest'anno, abbiamo visto il crollo rapido e probabilmente irreversibile di certe entità che una volta sembravano una solida base sulla quale costruire delle azioni a livello planetario. La COP27 -- la conferenza delle parti sul cambiamento climatico -- si è svolta quest'anno a Sharm el Sheik, in Egitto, dando più che altro l'impressione di un viaggio-vacanze organizzato dal ClubMed, completo con la dimostrazione di un set di pentole in vendita a prezzi modici. Poi, l'incontro annuale del "World Economic Forum" a Davos ha visto la prudente assenza di molti dei leader mondiali, lasciando spazio a creature che sono ormai ridotte a caricature di se stessi, come Klaus Schwab che sembra sempre di più il fratello cattivo di Babbo Natale (quello che ti porta via i regali). Per non parlare dell'OMS, che sta suscitando l'ira funesta di tutti quanti cercando di imporre un trattato internazionale sulle emergenze pandemiche, senza neanche un briciolo di pudore per ammettere di aver completamente sballato la gestione di quella del Covid. E non dimentichiamoci dell'IPCC. Vi ricordate dell'IPCC? L'international panel sul cambiamento climatico. Sapete che ha tirato fuori uno dei suoi rapporti l'anno scorso? Un rapporto importantissimo. Certo... Ah... e poi l'Unione Europea.... Europea cosa?

Insomma, se ne è sciolto di ghiaccio in Groenlandia dal tempo in cui Peccei cercava di mettere insieme i leader mondiali per concordare azioni a livello internazionale che portassero a una miglior distribuzione e una miglior gestione dei beni comuni del pianeta. Non è detto che non si riesca ad arrivarci attraverso un "Nazionalismo Verde" come nota Conversi nel suo libro. Certamente, è un'impresa molto in salita, ma come dice lui a conclusione del libro "nulla dovrebbe essere escluso a priori." Parlarne non vuol dire che li si possano risolvere, ma perlomeno si può provare a parlarne in modo realistico, senza pensare che certi fantasmi del passato abbiano ancora rilevanza nel mondo attuale.


sabato 28 gennaio 2023

Ugo Bardi: traditore del catastrofismo. (ovvero, perché il collasso non è un evento, ma un processo)

Tu, Reginaldo, traditore tre volte: traditore di me come mio vassallo temporale, traditore di me come tuo signore spirituale, traditore di Dio nel profanare la Sua Chiesa. (TS Eliot, "Assassinio nella cattedrale") 


Circa dieci anni fa, l'amico e collega Massimo Nicolazzi scriveva che l'inversione del trend discendente della produzione di petrolio negli Stati Uniti non poteva più essere trascurata. Ho commentato dicendo che si trattava di un flash di breve durata che non poteva durare a lungo.

Si è visto poi che Nicolazzi aveva ragione e io torto. Ormai, la crescita della curva della produzione petrolifera statunitense dura da più di dieci anni ed è ancora in corso: non è stata solo un'oscillazione di breve durata. Certo, non può durare per sempre ma, per il momento, ha cambiato tutto. Ad esempio, ha riportato l'impero americano sulla via del dominio mondiale teorizzata dai neocon negli anni '90. 

Ciò significa che la teoria del "picco del petrolio" di Hubbert è sbagliata e deve essere scartata? Ovviamente no. Significa solo rafforzare alcune delle regole di base dei sistemi complessi. Ad esempio, quello che dice "i sistemi complessi ti sorprendono sempre", oppure anche " non prendere mai un esempio come una regola ".

Quindi, quando si ha a che fare con il crollo (che io chiamo il "Seneca Cliff", o "Dirupo di Seneca") dovremmo sempre ricordare che il  crollo non è un evento, è un processo. I crolli hanno una storia, sono il risultato dell'interazione di più fattori, e allo stesso modo i processi che generano il collasso possono anche generare il suo contrario, che io tendo a chiamare il "rimbalzo di Seneca", è normale, non c'è nulla di definitivo nell'universo, i crolli esistono perché  il vecchio deve lasciare spazio al nuovo. 

Di recente, per un altro cambiamento inaspettato, ho identificato una nuova tendenza : la rapida crescita della produzione di energia rinnovabile in tutto il mondo. Una tendenza che può essere ben descritta da alcuni recenti studi in termini di EROEI (energia restituita per energia investita) delle rinnovabili che è diventato parecchie volte superiore a quello dei combustibili fossili. Non c'è da stupirsi che stiamo assistendo, o lo vedremo presto, a un effetto porta girevole nella produzione di energia. Fuori i fossili, dentro le rinnovabili.  La storia fa rima, come al solito!

Quindi, proprio come l'affermazione di Nicolazzi sul tight oil era odiata dagli estremisti del picco del petrolio (incluso me), le mie affermazioni sulle rinnovabili sono state interpretate come un'offesa mortale dagli estremisti catastrofisti. Non si può credere quanto siano stati sgradevoli i loro commenti: oltre a bollarmi come un incompetente, un idiota e ignorante delle leggi fondamentali della fisica, il catastrofismo sembra essere strettamente legato al cospirazionismo, quindi c'è chi ha scritto che non posso dire la verità perché sono ricattato dai poteri forti (no, davvero, qualcuno ha scritto proprio così!). 

Il problema è che la scienza dei sistemi complessi non è mai bianca o nera. Non ammette verità assolute, né è gentile con le persone che vivono tra compiacenza e panico (le due modalità di funzionamento degli esseri umani secondo James Schlesinger). La scienza dei sistemi complessi è, beh, complessa e ha bisogno di un po' di flessibilità mentale per essere compresa. Non che ci vogliano capacità mentali sovrumane, niente affatto. È solo che devi liberarti dal modo schematico di ragionare che normalmente viene imposto a tutti noi dai media. 

Ho cercato di spiegare questi punti nel mio libro "Before Collapse" -- che è stato recentemente tradotto in spagnolo. Jorge Riechmann ha scritto una prefazione all'edizione spagnola dove fa un ottimo lavoro nel riassumere i punti principali del libro. Mi chiama " un collapsologo molto ottimista ", che potrebbe essere una buona definizione se capisci che non significa che i collassi non esistano. Esistono eccome! È solo che dobbiamo imparare a convivere con loro. 

 

La prefazione del libro in versione spagnola "Before Collapse", tradotta in Italiano. La versione inglese è disponibile a questo link . 


Collassare Meglio (Note su un libro ottimista sui collassi)

Di JORGE RIECHMANN

(Pubblicato come introduzione al libro di Ugo Bardi Antes del colapso , edito da Los libros de la catarata nel 2022). 


1 Al culmine dell'ondata di caldo del giugno 2022, l'antropologo francese Sylvain Perdigon ha ricordato come nel 2014 una meteorologa della TV francese abbia presentato le ipotetiche previsioni del tempo per il 18 agosto 2050 come parte di una campagna per allertare sulla realtà del cambiamento climatico. Ora la sua previsione di temperature estreme per quel giorno lontano era diventata la previsione effettiva per metà giugno 2022.[1] Le previsioni del tempo per il 2050 sono ora quelle reali.

Per quanto riguarda la crisi ecosociale e la tragedia climatica, tutto sta sistematicamente andando sistematicamente peggio del previsto, come ci ricorda spesso Ferran Puig Vilar. Ad esempio, il danno che i climatologi si aspettavano diventasse visibile a metà del 21° secolo è già qui con noi. "L'umanità sembra intenzionata a giocare a un micidiale gioco della roulette russa in cui il clima terrestre è un'arma carica", scrive il professor Ugo Bardi in questo libro.

2 Stiamo vivendo una fine del mondo. Non la fine del mondo: Madre Terra sarà ancora lì. I livelli base della vita su Gaia[2] - batteri, archaea, funghi, alghe, licheni e molti tipi di piante - sono straordinariamente resistenti. Ma il mondo come l'abbiamo conosciuto - la Terra familiare e facilmente abitabile dell'Olocene - si sta auto-distruggendo davanti ai nostri occhi; e gli sforzi disperati di molte persone per aggrapparsi a quella normalità familiare - e ora del tutto irrecuperabile - non alleviano la nostra situazione, anzi la aggravano.

Non è la fine del mondo - non è la morte di Gaia, non è la fine della vita sul pianeta Terra - ma è la fine del nostro mondo. Cosa si fa in una situazione del genere?

3. Ad esempio, leggere Ugo Bardi. Persone vicine ai Libros de la Catarata conoscono già il professore fiorentino: è stata un'ottima idea tradurre e pubblicare nel 2014 il suo libro I limiti dello sviluppo rivisitato, un'analisi approfondita e lucida di quell'importantissimo libro del 1972, I limiti dello sviluppo, il primo rapporto al Club di Roma. A cinquant'anni dalla pubblicazione di quell'opera pionieristica (utilizzando la modellazione del sistema mondo grazie alla dinamica dei sistemi), che permise di comprendere la tendenza all'overshoot seguita dal collasso che caratterizza le società industriali, è il momento opportuno per recupera quel primo libro di Bardi in spagnolo - e sarebbe un ottimo accompagnamento a quello che ora tieni tra le mani, caro lettore, lettore curioso.[3][4] The Limits to Growth Revisited, il primo libro di Bardi in spagnolo,

4. Ugo Bardi, teorico dei sistemi complessi (quei sistemi che presentano forti effetti di retroazione, li definisce a un certo punto di questo libro),[4] riflette da più di un decennio sull'"Effetto Seneca" partendo da una prima intuizione nel 2011;[5] nella primavera del 2017 ha pubblicato The Seneca Effect: Why Growth is Slow but Collapse is Rapid (Springer, 2017); poi, nel 2020, Before the Collapse, questo secondo libro sull'effetto Seneca che ora è tradotto in spagnolo. Se si dovesse chiamare qualcuno collapsologo in senso proprio, per il suo impegno per una comprensione quanto più oggettiva e razionale possibile di questo genere di fenomeni, sarebbe il professor Bardi, del Dipartimento di Chimica dell'Università di Firenze.

La forte interconnessione tra i sottosistemi di un sistema complesso può portare, a seguito dell'impatto di una perturbazione su uno o alcuni di questi nodi o sottosistemi, al collasso dell'intera rete. Così, lo sviluppo di sistemi complessi risponde spesso a quello che il professor Bardi chiama L'Effetto Seneca: è un processo asimmetrico, dove la crescita è lenta e il declino è molto marcato. La catastrofe arriva molto prima di quanto la nostra intuizione si aspetterebbe e tende a coglierci alla sprovvista.

Si occupa anche, in queste pagine, dei precipizi di Seneca, delle strozzature di Seneca, dei rimbalzi di Seneca: il filosofo cordovano dà molto gioco nelle mani del fisico-chimico fiorentino.

5. Se in un libro la parola superamento compare già nella prefazione, come qui, abbiamo un'indicazione che probabilmente parlerà di cose essenziali.

E a proposito di overshoot ecologico seguito da collasso, vorrei qui segnalare quella che mi sembra una contraddizione interna tra le spiegazioni proposte dal nostro autore. A un certo punto sostiene che "se le élite americane hanno deciso che non c'è speranza di salvare il mondo intero, la cosa logica da fare è entrare in 'modalità inganno' e lasciare morire la maggior parte delle persone": ecco perché Donald Trump e il Partito Repubblicano sono negazionisti del clima. Non è che ignorano la realtà dei fatti biofisici di base, ma accettano un genocidio su larga scala da cui le élite saranno risparmiate. In un secondo momento, però, il professore fiorentino suggerisce il contrario: «Nessuno sembra capire che il problema, oggi, non è allargare i confini del proprio Paese,

6. Bardi insiste molte volte che "il collasso non è un errore, è un tratto caratteristico" dei sistemi complessi nell'Universo in cui abitiamo (p. 40). Anche se non possiamo evitare tutti i collassi (e ogni sistema complesso collasserà, con un tempo sufficiente), possiamo almeno provare a prepararci a loro e collassare meglio. Before the Collapse (titolo che suggerisce un doppio significato: prima del crollo, sì, ma anche di fronte al crollo) è una buona guida per quel viaggio, e i frequenti tocchi di umorismo con cui l'autore sdrammatizza il suo argomento di studio, di per sé - non è necessario insistere - molto drammatiche, sono apprezzate. Insieme all'umorismo, l'ampia contestualizzazione (in definitiva in un contesto cosmico e della Grande Storia) è un'altra risorsa che aiuta a sdrammatizzare.

7. Qualcosa di molto attraente del professor Bardi è il suo appetito interdisciplinare. Un appetito che finalmente prende forma in una cultura molto ampia, non solo in materia di chimica e fisica ma anche di materie umanistiche (con particolare attenzione alla storia): il suo lavoro offre molti materiali per quella Terza Cultura (costruire ponti tra scienze naturali, scienze sociali e umanistiche) che Francisco Fernández Buey ci chiedeva.[6][7].

8. Il collasso non è un fallimento dei sistemi complessi, insiste il professore fiorentino, ma una caratteristica del loro modo di funzionare: l'Universo è così. Sarebbe una posizione pessimista? Ma il pessimismo è vietato nelle nostre fila! Se non si manifesta almeno un ottimismo sufficientemente muscolare della volontà, si rischiano severi rimproveri.

Ebbene: contro l'ottimismo forzato a cui tanti prescrittori vorrebbero sottoporci a destra e a manca (perché il pessimismo, si dice spesso, smobilita e funziona come una profezia che si autoavvera), lo sforzo razionale di Bardi per comprendere le dinamiche del collasso è molto molto da accogliere. (Confesso che, avendo esaurito rovinosamente il ciclo di mobilitazione emancipatrice del movimento 15-M (gli spagnoli " indignados ", gli "oltraggiati"), sentire l'aggettivo "illusionario" in contesti di dibattito politico mi fa ribollire le viscere piuttosto che sollevarmi spiriti). E per chi preferisce non pensare a nessun tipo di collasso senza santificarsi, c'è già l'energica e contro-apocalittica Rosi Braidotti, o la più prossima Zamora Bonilla.[7] 

9. Bardi è un collassologo molto ottimista. Lo sa chiunque abbia seguito il suo coinvolgimento nei dibattiti sulle transizioni energetiche nell'ultimo decennio. Questo ottimismo si manifesta ad esempio in un articolo come "La via del seminatore: una strategia per raggiungere la transizione energetica",[8] la sua particolare Parabola del seminatore evocata anche in questo libro, piena di fiducia nella possibilità tecnica di un buon passaggio alle fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, il suo realismo socio-politico lo porta a moderare questo ottimismo tecnologico: una tale transizione sarebbe possibile, sì, ma è estremamente improbabile a giudicare dal corso politico che stanno seguendo le nostre società.

Al direttore della CIA e segretario alla Difesa degli Stati Uniti James Schlesinger è attribuita un'osservazione che Bardi riprende più volte in questo libro: gli esseri umani avrebbero solo due modi di operare, l'autocompiacimento e il panico. Per smentirlo, sarebbe necessario che i nostri processi di riflessione e deliberazione ci permettano di prepararci veramente (su scala socialmente significativa) per un futuro di cui non sapremo mai la configurazione, ma la cui struttura di collasso ecosociale è oggi ben distinguibile. L'intero sforzo dispiegato in questo lavoro ha lo scopo di fornirci gli strumenti intellettuali per tale compito.

10. Insieme alla storia dell'imperatrice romana Galla Placidia, il Giappone nel periodo Edo è un secondo grande esempio storico positivo da cui possiamo imparare a pensare alle transizioni verso la sostenibilità. "Ciò che ci racconta la storia di Edo Japan corrisponde a ciò che sappiamo sui sistemi complessi: tendono alla stabilità. In altre parole, la nostra attuale fissazione per la crescita potrebbe essere solo una stranezza della storia destinata a scomparire in futuro quando saremo costretti a vivere entro i limiti dell'ecosistema terrestre." Tuttavia, avverte Bardi nel 2020 con parole che assumono una cupa risonanza nel 2022, «c'è una condizione di cui abbiamo urgente bisogno per questo: la pace, come ci dice l'esperienza di Edo». Lungi dal portare avanti una pacificazione delle relazioni internazionali che consenta di far fronte ai processi di collasso ecosociale in atto, il 24 febbraio,

In questi tempi fatidici, El País scrive con esaltazione sull'Unione Europea come "nuova potenza geopolitica" (1 marzo 2022). Anche David Rieff, nella pagina accanto, sottolinea che "l'Europa sta entrando in una nuova era di hard power". Laddove avremmo bisogno di gaia-politica e di un livello senza precedenti di cooperazione internazionale, la vecchia geopolitica della competizione distruttiva tra gli stati-nazione e i blocchi che stanno formando si sta approfondendo: un mondo di "Imperi combattenti" (Rafael Poch de Feliu) [9] E il quadro generale è un ecocidio che include nel suo seno tutti i tipi di promesse di genocidio.

Il mondo già pessimo che avevamo si sta trasformando, sotto i nostri occhi spalancati, in uno molto peggiore. "Non si sarebbe mai dovuto arrivare a questo" potrebbe essere la risposta a quasi tutto ciò che ci sta accadendo. Ma ci siamo già, e da lì tocca a noi agire ora... Ricordando, ad esempio, questi versi di Brecht:[10]

Quando comincerà la guerra/ i tuoi fratelli potranno essere trasformati/ e i loro volti potranno non essere più riconoscibili/ ma tu devi rimanere lo stesso/ andranno in guerra, non/ come macello, ma/ come lavoro serio. Tutto/ avranno dimenticato. Ma tu/ non devi dimenticare nulla.// Ti verseranno acqua di fuoco giù per la gola/ come gli altri. Ma devi rimanere sobrio.

11. Tenendo presente tutto il gioco che il cosiddetto " senequismo " spagnolo ha dato nella storia delle idee nel nostro paese (con contributi eccezionali come quelli di Ángel Ganivet o María Zambrano), e come a volte il filosofo stoico romano nato a Cordoba sia arrivato a incarnare il saggio per eccellenza nell'immaginario popolare spagnolo (in modo tale che l'espressione "è un Seneca" è usata per lodare la saggezza di qualcuno), non è male che il filo conduttore della riflessione di Bardi sia proprio un pensiero del filosofo cordovano. crollo in una delle sue lettere a Lucilio: "Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza se le cose potessero essere restaurate appena sono distrutte; ma è vero il contrario: la crescita è lenta, ma la rovina è rapida».[11] Declineremo, ma potremmo crollare.

Crolleremo, ma potremmo crollare meglio. Bardi delinea una strategia di Seneca che può aiutarci in questo: accettare che il cambiamento è necessario e che, in molti casi, opporvisi porta a un collasso più rapido. Accettare l'inevitabile ci permetterà di prepararci meglio al collasso (e forse anche di evitare il collasso): "La strategia di Seneca non è contrastare la tendenza del sistema ad andare in una certa direzione, ma guidarlo in modo tale che il collasso non non devono verificarsi. La chiave della strategia è impedire al sistema di accumulare così tanta tensione da essere poi costretto a scaricarla bruscamente. Verso la fine del libro viene suggerita una nozione di eco-stoicismo,[12] poco prima di ricordare la stimolante e inedita storia di Galla Placidia, l'ultima imperatrice romana.

12. Scriveva anche Seneca: "Vivi ogni giorno come se un giorno fosse tutta la tua vita". Consigli niente male per tempi difficili come i nostri. Di Bardi possiamo anche dire: questo ragazzo è un Seneca!


Appunti

[1] Tweet del 15 giugno 2022: https://twitter.com/sylvaindarwish/status/1537181101357256704

[2] Vale la pena qui ricordare che Ugo Bardi è uno dei difensori scientifici della teoria di Gaia: si veda ad esempio il suo saggio "Gaia esiste! Ecco la prova" sul blog Cassandra's Legacy, 4 agosto 2019; https://cassandralegacy.blogspot.com/2019/08/gaia-exists-here-is-proof.html . Per la sua idea di Gaia come olobionte, vedi ad esempio https://cassandralegacy.blogspot.com/2020/06/gaia-is-one-of-us-onward-fellow.html

Bardi, la cui effervescenza intellettuale ci rallegra e talvolta ci travolge, ha recentemente aperto un nuovo e stimolante blog sui Proud Holobionts (vedi ad es. https://theproudholobionts.blogspot.com/2022/06/survival-of-fittest-or -non-sopravvivenza-di.html ). Il testo introduttivo di quel blog recita:

Siamo tutti olobionti: gruppi di organismi che si aiutano a vicenda. Come esseri umani, non potremmo sopravvivere senza i microrganismi che popolano i nostri corpi. Ma tutte le creature viventi sulla Terra sono olobionti e l'ecosistema stesso è un gigante olobionte (che alcuni chiamano "Gaia"). Il concetto di olobionte può essere utilizzato anche per strutture, imprese, stati, idee e ideologie non biotiche reali e virtuali, nonché per il comportamento delle idee ("memi") sul World Wide Web. Il termine holobiont è stato introdotto da Lynn Margulis nel 1991. È stata anche co-sviluppatrice del concetto di Gaia.

[3] Bardi ricorda parte della sua analisi de I limiti dello sviluppo nel primo capitolo di questo libro, "The Science of Doom: Shaping the Future".

Consentitemi una piccola digressione. Il negazionismo dei limiti biofisici che prevale nella cultura dominante può essere ben studiato attraverso due casi esemplari: quello che può essere definito il "caso Georgescu Roegen" e poi il "caso Limits to Growth" negli anni '70 (sul primo si veda il nostro libro Bioeconomics for the 21st Century Actualidad de Nicholas Georgescu-Roegen, a cura di José Manuel Naredo, Luis Arenas e Jorge Riechmann in Catarata, Madrid 2022). E poi, dagli anni '90 in poi, è impressionante il rifiuto di affrontare il riscaldamento globale, che è spettacolarmente illustrato dal "caso Nordhaus". William Nordhaus, uno degli economisti più bellicosi contro I limiti dello sviluppo dal 1972, è stato insignito del cosiddetto "Premio Nobel" per l'economia nel 2018. Nel suo discorso di accettazione a Stoccolma, questo economista neoclassico ha suggerito che la "politica ottimale" per affrontare il cambiamento climatico si tradurrebbe in un "riscaldamento globale accettabile" di circa 3°C entro il 2100 e 4°C entro il 2150! I climatologi (e gli scienziati di altre discipline), a differenza degli economisti neoclassici (che purtroppo sono arrivati ​​a dominare la loro disciplina, annullando i rivali che sostenevano teorie economiche più ragionevoli), ritengono che un riscaldamento globale di questa portata sarebbe catastrofico (probabilmente incompatibile con la mera sopravvivenza della specie umana). Questa è la follia del BAU (Bisnes Comodecustom)... a differenza degli economisti neoclassici (che purtroppo sono arrivati ​​a dominare la loro disciplina, annullando i rivali che sostenevano teorie economiche più ragionevoli), ritengono che un riscaldamento globale di questa portata sarebbe catastrofico (probabilmente incompatibile con la mera sopravvivenza della specie umana).

[4] “Un sistema è complesso se, e solo se, esibisce forti effetti di feedback. Ogni giorno ci confrontiamo con sistemi complessi: animali, persone, organizzazioni, ecc. Non è difficile capire cosa è complesso e cosa no : dipende se la reazione alle perturbazioni esterne è dominata o meno dal feedback. Pensa a un sasso paragonato a un gatto..."

[5] Vedi il suo blog https://thesenecaeffect.blogspot.com/

[6] Francisco Fernández Buey, Para la Tercera Cultura (a cura di Salvador López Arnal e Jordi Mir), El Viejo Topo, Barcellona 2013.

[7] Buon commento in Asier Arias, "¿Quién son los contra-apocalípticos?", nella raccolta artigianale di testi nella rivista digitale 15/1515 numero -8 ½, primavera 2022, p. 69-77. Anche su https://www.15-15-15.org/webzine/2021/09/11/quienes-son-los-contra-apocalitticos/

[8] Ugo Bardi, Ilaria Perissi, Denes Csala e Sgouris Sgouridis: "La via del seminatore: una strategia per raggiungere la transizione energetica", International Journal of Heat and Technology vol. 34, numero speciale 2, ottobre 2016; DOI: https://doi.org/10.18280/ijht.34S211 ; https://www.researchgate.net/publication/316337020_The_Sower's_way_to_strategy_to_attain_the_energy_transition.

[9] Si veda ad esempio Rafael Poch, "Lo que nos van explicando sobre la guerra", ctxt, 1 maggio 2022; https://ctxt.es/es/20220501/Firmas/39740/Rafael-Poch-Rusia-Putin-ucrania-guerra-origen-otan-europa-estados-unidos-imperios-combatientes-consecuencias.htm

[10] Bertolt Brecht, Más de cien poemas. Hiperión, Madrid 2005, p. 211.

[11] Riporto la traduzione di Francisco Navarro, Epístolas morales de Séneca, Madrid 1884, p. 370.

[12] Potremmo parlare di un eco-stoicismo taoista che si articola in considerazioni come questa: «Come tutti gli esseri umani, gli stoici avevano i loro limiti, ma credo che Seneca e altri come Epitteto e Marco Aurelio abbiano compreso un punto fondamentale che la maggior parte dei loro contemporanei dimenticavano, proprio come spesso dimentichiamo. È che i sistemi complessi vengono gestiti meglio "seguendo il flusso" piuttosto che cercando di forzarli nella forma che vogliamo. Questo può effettivamente peggiorare le cose, come un altro moderno ci ha detto il filosofo Jay Forrester quando ha parlato di 'spingere le leve nella direzione sbagliata'".

giovedì 6 ottobre 2022

Mai Baciare un'Aliena! Ovvero: la morte della scienza



Mi ricordo di aver letto un romanzo di fantascienza, parecchi anni fa, del quale mi è rimasto in mente la descrizione dell'incontro di un'astronave aliena e una umana da qualche parte nel mezzo della galassia. Nel romanzo, gli umani e gli alieni respirano atmosfere diverse e possono entrare in contatto solo attraverso una barriera di vetro, ma, lentamente, cominciano a capirsi. A un certo punto, uno degli astronauti terrestri approfondisce talmente il rapporto con un'aliena che il capitano lo deve redarguire, dicendogli: "Stai attento, Non è il caso che tu ti innamori di un'aliena verde che respira cloro e beve acido cloridrico." (Il romanzo era dello scrittore sovietico Ivan Yefremov, se mi ricordo correttamente). 

Non ci capita spesso di innamorarci di femmine aliene con la pelle in teflon, però succede alle volte di essere affascinati dalla diversità, dallo scoprire dei mondi completamente inaspettati. A volte, dei mondi anche sconvolgenti, che non vorresti esistessero. Ma la diversità di arricchisce sempre e comunque. Se qualcosa esiste -- e forse da qualche parte esistono veramente alieni (e aliene) che respirano cloro -- ci deve essere qualche ragione per la quale esistono. 

Un'esperienza del genere l'ho avuta leggendo un post sul blog di un mio amico, Un testo che posso definire soltanto come alieno. Non che non sia comprensibile: è scritto in una lingua terrestre che riesco, più o meno, a decifrare. Ma non ci trovo una sola frase che sia coerente con la mia visione dell'universo. Nulla che corrisponda ai dati che ho, o con la quale potrei essere anche vagamente d'accordo. Per quanto ne posso dire io, potrebbe venire da un altra galassia. Provate a leggerlo anche voi. Se avete un minimo di educazione di tipo tecnico-scientifico, avrete anche voi la stessa impressione. 

Attenzione! Non sto pubblicando questo testo per esporlo al ludibrio di chicchessia, e nemmeno per criticarlo. Anzi, sono ammirato dalla franchezza dell'autrice, che non conosco personalmente ma che sono straconvinto sia un'ottima persona. Se vi presento questo testo, è un po' come per presentarvi un ode funebre. Questo testo non è una poesia, ma in un certo senso ha un valore poetico. E' un'ode alla morte della scienza. 

La scienza, si, quella che era partita dagli astronomi del rinascimento che meticolosamente, faticosamente, notte dopo notte, raccoglievano dati sul moto dei pianeti e delle stelle. Forse pensavano davvero che ci fossero degli angeli a spingere, ma questo non rendeva il loro lavoro meno meticoloso. La scienza di Galileo, quella che "la sapienza è figliola della sperienza." La scienza, quella fatta del "1% di ispirazione e il 99% di traspirazione," quella per cui niente che non sia rigorosamente provato è vero, e dove tutto è quantificato, tutto è misurato, tutto è valutato. Quella scienza che ci insegnavano quando eravamo matricole all'università. Forse non era mai veramente esistita, ma ci credevamo. E se ci credevamo, in un certo senso esisteva. 

Ed è tutto svanito. Non so a voi che effetto fa vedere la faccia di uno dei tanti virologi televisivi che hanno imperversato negli ultimi due anni e mezzo. A me, fa un effetto tipo quello che mi aspetterei se baciassi un'aliena che ha appena bevuto uno Spritz all'acido cloridrico. E non sono il solo ad avere questa sensazione. Conosco tantissime persone che si sono sentite pesantemente imbrogliate da come sono state trattate durante gli ultimi due anni e mezzo, sempre con la scusa della "scienza." Queste persone hanno perso ogni fiducia nella scienza, perlomeno in quella "ufficiale." Non che siano diventati tutti terrapiattisti, ma ora notano i tanti imbrogli che ci stanno rifilando in nome della scienza. E mi sa che queste persone non siano dalla parte dei più tonti nella curva gaussiana. 

Purtroppo, si può anche esagerare con questo atteggiamento. E' anche venuto fuori un gruppo di persone che rifiutano la scienza in toto e si rifanno una loro visione dell'universo sulla base di presupposti completamente diversi. Come fa, fra i tanti, l'autrice di questo testo. E non c'è modo di mettersi d'accordo. La scienza (quella cosa che chiamavamo "scienza") parte da certi presupposti, postulati se volete. Non li si possono veramente dimostrare. Si possono accettare o rifiutare. Se uno li rifiuta, ne possiamo solo prendere atto. Ed è colpa degli scienziati se agli occhi di tanta gente la scienza è diventata un'accozzaglia di corrotti imbroglioni al soldo dei poteri forti. 

Può darsi che, come tante altre cose, tipo il comunismo o il culto di Giove Pluvio, anche la scienza abbia concluso il suo ciclo. Forse così doveva essere per qualche ragione -- forse qualcuno, nei quartieri alti, ha voluto distruggerla perché dava fastidio con la sua insistenza su certe cose tipo la necessità di far qualcosa contro il cambiamento climatico. Comunque sia, così è andata. 

E allora? Beh, non ci resta che marciare verso il futuro al buio, con gli occhi bendati, e con il nervo ottico reciso. Cosa mai ci potrebbe succedere di male?   

UB



<..> Occorre tenere presente che gli stessi centri di potere (militare in primis) che cavalcano il catastrofismo climatico antropico e forniscono le loro soluzioni, sono gli stessi che hanno costruito la “narrazione” dei cambiamenti climatici, consapevoli del ruolo e del potere che una simile narrazione poteva comportare in futuro.

Che i cambiamenti climatici dipendano dalla storia terrestre e dai suoi cicli naturali di raffreddamento e riscaldamento è un’ipotesi sensata dal momento che la terra non è una macchina; è un organismo vivo che evolve, che influenza altri organismi e che da essi è influenzato. Poi c’e’ la responsabilità di quella parte di umanità che ha danneggiato e danneggia tutt’ora lo strato dell’ozono con l’esplosione di bombe nucleari e con il lancio di razzi e di satelliti, che utilizza tecnologie elettromagnetiche capaci di modificare la ionosfera, che irrora i cieli con sostanze che schermano la luce solare apportando una modifica delle condizioni climatiche, oltre ad essere nocive per tutti gli esseri viventi.

Forse l’inganno della co2 come il peggiore dei mali possibili si svela quando realizziamo che non è un inquinante, è il componente principale degli esseri viventi, e senza di essa le piante non sopravvivono….. e nemmeno gli esseri umani, per lo meno fino a quando resteranno tali 

Si potrebbe pensare che ne è stata immessa in eccesso, ma allora perché dalla storia della terra emerge che i periodi con più concentrazione di CO2 (superiore a quello attuale) corrispondevano ad una massima esplosione della vita vegetale? e poi perché i “negazionisti dei cambiamenti climatici” che vedono nel programma di decarbonizzazione una catastrofe ambientale vengono oscurati senza permettere loro un confronto?

Una volta si accusavano giustamente i negazionisti di essere pagati dalle compagnie petrolifere per negare il riscaldamento climatico (poi modificato in cambiamento).

Con la stessa foga avremmo dovuto chiederci da chi erano finanziati i promotori del catastrofismo climatico (Al Gore, Club di Roma, ONU, OMS IPCC, NATO WWF…….. dietro di loro avremmo trovato Rockfeller, Soros, la monarchia inglese……)

Io non so che impatto ha la CO2 sul cambiamento del clima, ma soprattutto non so se il clima sta cambiando e quali sono le cause, di sicuro i signori del male non dichiareranno mai guerra alla macchina bellica e alle sue emissioni di cloruri metalli pesanti radiazioni e co2, come non se la prenderanno mai con i razzi che portano in cielo i satelliti di Musk e di Bezos.

Se la prendono guarda caso con la molecola meno nociva tra le tante…… chissà, forse un giorno oltre ad accusarci di essere in troppi, ci chiederanno di ridurre l’espirazione di anidride carbonica…… così come alcuni “ambientalisti” stanno colpevolizzando i cadaveri degli alberi di emettere co2 durante la decomposizione.

Nel frattempo, con la scusa dell’emergenza energetica, in alcune parti dell’Europa (Romania) si sta autorizzando l’abbattimento delle foreste “protette”, si sta implementando l’utilizzo di gas di scisto, sta aumentando l’utilizzo del carbone, si stanno riattivando centrali nucleari, si impongono pericolosi rigassificatori ad alto tasso di inquinamento, aumenta l’estrazione di petrolio, si installeranno mostruose pale eoliche e fotovoltaico ovunque….. insomma, stiamo assistendo ad una accelerazione della distruzione della terra e “all’inevitabile” aumento di co2 in atmosfera.

Bene ha scritto un mio amico del ridicolo orologio che segna il tempo che manca alla catastrofe….. perché è anche nei particolari grotteschi che si scorge l’inganno. A tal proposito è utile ricordare alcune celebri dichiarazioni apocalittiche provenienti da voci “autorevoli”: ONU 1989: se non si inverte il riscaldamento globale entro il 2000 l’innalzamento dei mari provocherà disastri,

Al Gore 2008: l’intera calotta polare artica scomparirà entro 5 anni (2013).

Di queste dichiarazioni con date sparate a “caso” ce ne sono state una infinità e tutte quante hanno avuto il compito di instillare paura, di far prendere confidenza con un futuro pericolo e con la necessità che qualcuno lo gestisse.

Questa mattina il cielo era blu, pulito, poi i soliti aerei hanno cominciato ad irrorare formando una sottile velatura. E’ il caso di dire che ce la fanno proprio sopra gli occhi! Tante persone non hanno più memoria dei bei cieli blu del passato. E’ come se il cielo fosse un’entità che non gli “appartiene”, non è affare loro…… e a me questa mentalità preoccupa molto di più della CO2.

La realtà è che ci ingannano indicandoci un problema per nasconderne altri e ben più gravi. Trasformando la co2 da molecola che sostiene la vita in un ennesimo nemico invisibile da combattere,i signori del male hanno intrapreso lo scontro finale contro la natura, che si chiama transizione ecologico/digitale. Si sta realizzando il piano per controllare e manipolare la vita, clima compreso, perciò possiamo individuare nella teoria dei cambiamenti climatici lo strumento per portarlo a compimento, e con la benedizione della massa green, diventata utile idiota dell’ Agenda transcodigitale.

Secondo la testimonianza di Nigel Calder, alla fine degli anni 80 Margaret Thatcher andò alla Royal Society e disse ai tecnici dell’IPCC: “ecco i soldi per provare la tesi del riscaldamento globale di origine antropica!”. Loro elaborarono il primo grande rapporto che predisse il disastro climatico come risultato del riscaldamento globale. Quando Calder andò alla conferenza stampa scientifica, rimase impressionato da due cose: Primo, la semplicità e la forza d’urto del messaggio. Secondo, la totale indifferenza riguardo a tutta la scienza climatica di quel tempo e in particolar modo al ruolo del sole, che invece era stato l’argomento di un importante incontro alla Royal Society soltanto alcuni mesi prima.





venerdì 5 agosto 2022

Quando le buone Intenzioni fanno solo danni. L'ordinanza contro gli sprechi di acqua a Firenze

 


La situazione dell'invaso di Bilancino che rifornisce di acqua Firenze. Quest'anno è piovuto meno di altri anni, ma la situazione non è assolutamente di emergenza. Ci sono oltre 60 milioni di metri cubi nell'invaso, più o meno come gli anni scorsi. Questa quantità è più che sufficiente per arrivare all'inverno, quando ricomincerà a piovere. Il problema della siccità NON è un problema di quantità di pioggia, è un problema di distribuzione della pioggia.  


Qui abbiamo un buon esempio di come la politica del "fare qualcosa" da l'impressione che i politici facciano qualcosa di utile, mentre in realtà non lo stanno facendo. Anzi, peggiorano la situazione.  

Qui, Carlo Cuppini, fra le altre cose un mio vicino di casa, racconta la storia dell'ordinanza che vieta di innaffiare orti e giardini a Firenze fino al 30 Settembre. Serve a qualcosa? 

In realtà, è solo greenwashing. Il problema che abbiamo a Firenze non è che manchi l'acqua. La situazione dell'invaso di Bilancino, che ci rifornisce di acqua, è del tutto normale per questa stagione dell'anno -- con 60 milioni di metri cubi d'acqua non ci sono problemi. Il problema climatico non si manifesta in termini di quantità assolute, ma in termini di distribuzione. Abbiamo estati più calde e più secche, e inverni più umidi, ma la quantità di pioggia non è cambiata molto negli ultimi anni. 

Ma il politico non può limitarsi a dire "le cose non vanno poi così male" -- deve "fare qualcosa," mostrarsi attivo, poter dire "siamo intervenuti con forza di fronte all'emergenza." Notate la frase chiave dell'intervista di Carlo Cuppini:

ci sono state pressioni: l'autorità idrica ha mandato la richiesta di fare ordinanze contro lo spreco dell'acqua il 3 giugno; molti sindaci le hanno fatte subito; noi siamo gli ultimi, abbiamo rimandato, ma alle riunioni era tutto un dire "perché noi l'abbiamo fatta e Firenze non fa l'ordinanza?", alla fine abbiamo dovuto farla anche noi.

Invece, bisognerebbe fare qualcosa di serio per riportare la situazione idrica e meteorologica a quella che era una volta. A parte la lotta contro le emissioni di gas serra, c'è una questione di riforestazione e di cura del suolo in modo tale che non si perda immediatamente la pioggia che arriva -- con tutti i danni che fanno le piogge intense. Ma questo è complicato, costoso, e richiede tempo. Invece, (altra frase chiave dell'intervista) "qualcosa bisogna pur fare."

E qui stiamo.


di Carlo Cuppini

Ve lo riferisco con riluttanza, sgomento. Non avrei neanche voglia di scriverlo, questo post. Ma devo farlo.

Questa mattina mi sono attaccato al telefono per avere delucidazioni sull'ordinanza che vieta, tra l'altro, di innaffiare orti e giardini a Firenze fino al 30 settembre (vedi mio post di ieri "Declinazioni provinciali...").

L'impiegato della Direzione Ambiente che mi ha risposto mi ha detto che non sapeva niente e mi ha dato il diretto di un dirigente. Quello, appena ha capito che volevo parlare dell'ordinanza 157, mi ha stoppato e mi ha dato il numero della persona che ha scritto il documento (non farò il nome, perché lo scopo di questo posto non è fare gogne mediatiche: giornalisti eventualmente interessati ad approfondire, contattatemi in privato).

L'ho chiamata, mi ha risposto, abbiamo avuto una lunga e cordiale conversazione. Io non ho fatto polemiche: non volevo affermare le mie ragioni, volevo capire le sue, e per questo volevo che si sentisse a suo agio, che si sentisse compresa.

Le ho chiesto prima di tutto se l'ordinanza avesse delle omissioni, dei sottintesi, delle deroghe non espresse. Risposta: quello che c'è scritto è.

Le ho chiesto se quindi avrei dovuto lasciare seccare le mie piante di pomodori. Risposta: sì, a meno di ingegnarsi (attingere acqua a una fonte, ricavarla da un pozzo...).

Le ho chiesto del prato. Risposta: anche quello, da far seccare.

Le ho chiesto se, oltre ai pomodori e al prato, dovrei lasciar morire anche gli alberi e le piante che si trovano nel mio giardino. Risposta: eh, bisogna ingegnarsi.

Le ho chiesto se il Comune di Firenze è cosciente che questa ordinanza condanna alla distruzione migliaia e migliaia di piante e alberi nel territorio comunale; le ho chiesto a che genere di idea "green" corrisponda questa strategia. Risposta: sì, certo, ne siamo coscienti, ma qualcosa bisogna sacrificare. È meglio sacrificare i suoi pomodori che un'attività produttiva, no?

Le ho chiesto se dunque la mia famiglia deve davvero rinunciare alle quattro piante di pomodori che soddisfano interamente il nostro fabbisogno fino a ottobre. Risposta: Sì, è meglio che lei perda i suoi pomodori, tanto può comprarli al supermercato, piuttosto che togliere l'acqua a un autolavaggio, che poi entra in ballo un discorso di occupazione, di sindacati...

Le ho chiesto se il territorio di Firenze sta vivendo davvero una crisi idrica così drammatica da preferire la distruzione del verde, degli alberti, delle piante. Risposta: In realtà no, l'invaso di Bilancino è ancora pieno per l'80% [più o meno come l'anno scorso, e l'anno prima, e l'anno prima ancora in questo periodo – nota mia]; ma ci sono state pressioni: l'autorità idrica ha mandato la richiesta di fare ordinanze contro lo spreco dell'acqua il 3 giugno; molti sindaci le hanno fatte subito; noi siamo gli ultimi, abbiamo rimandato, ma alle riunioni era tutto un dire "perché noi l'abbiamo fatta e Firenze non fa l'ordinanza?", alla fine abbiamo dovuto farla anche noi.

Le ho chiesto se la distruzione del verde riguarderà anche i produttori. Risposta: no, le attività produttive non possono essere toccate, neanche l'autolavaggio, per l'appunto. L'ordinanza riguarda solo le utenze domestiche.

Le ho chiesto del verde pubblico. Risposta: eh, anche noi abbiamo dovuto decidere. Ci siamo messi intorno a un tavolo e abbiamo fatto una lista: questo prato lo salviamo, quest'altro lo lasciamo seccare. Pensando anche agli investimenti fatti: se un prato era stato piantato qualche mese prima non si poteva far seccare. Facciamo tanti investimenti per il verde...

Le ho chiesto se aveva presente la differenza tra far seccare un prato o un'aiuola, che poi ripianti i semi e dopo tre settimane sono uguali, e far morire un albero vecchio di dieci, venti, trent'anni, con tutte le sue relazioni complesse con l'ecosistema. Risposta: Eh, bisogna che uno si ingegni.

Le ho chiesto se queste decisioni non siano in contraddizione con la norma che impedisce di abbattere un albero che si trovi nel proprio giardino senza un apposito permesso e senza che sia prevista la sua sostituzione. Risposta elusiva.

Le ho chiesto se per caso l'ordinanza sia stata fatta con la convinzione che tanto verrà ignorata da moltissime persone e non farà grossi danni. Risposta: Le norme vanno rispettate; ma poi basta vedere quanti cartelli di divieto di sosta ci sono, e quante macchine parcheggiate...

Le ho chiesto come potrei ignorare questa norma se avessi un vicino litigioso e incattivito nei miei confronti, che non vede l'ora di avere un pretesto per mettermi nei guai e che chiamerebbe immediatamente la municipale vedendomi con la sistola in mano. Risposta: be', sì, del resto le norme sono fatte per essere rispettate, non per essere eluse.

Ho chiesto se quindi il Comune sia cosciente del fatto che con questa ordinanza – salvo ribellione in massa – trasformerà la città di Firenze in un deserto nel giro di tre mesi, con relativo aumento della temperatura, distruzione dell'ecosistema, della catena alimentare, della biodiversità. Risposta: Sì, ma anche se in questo momento noi non siamo in emergenza, qualcosa bisogna pur fare.
La conversazione è stata davvero pacata e piacevole. Nessuna provocazione, polemica o protesta da parte mia. Non volevo prendermela con la dottoressa XY: volevo capire. Volevo ascoltare la voce dell'ultimo anello della catena che rappresenta la follia al potere. E in questo sono stato accontentato: era una persona normale.
Normali e perbene sono le persone che negli ultimi due anni e mezzo hanno varato, votato, apprezzato, rispettato - senza mai osare fare un rilievo critico –i i provvedimenti che stanno alla base di questa deriva irrazionale, dispotica, punitiva e totalitaria, ormai talmente diffusa nella mentalità comune da essere diventata invisibile, completamente disciolta, e quindi inarginabile e incommentabile. Infatti sono andato in internet e non ho trovato un solo articolo o commento critico su questa norma (che si ritrova quasi identica in molti Comuni dal Nord al Sud della Penisola). Neanche uno. Davvero non avevate capito che i "noi consentiamo / noi non consentiamo" avrebbero portato dritto a questo? Adesso è dura tornare indietro. E non so neanche quanti vorrebbero farlo.
Io penso agli orti che in questo momento si stanno seccando. Agli animali, che, di conseguenza, stanno morendo. Penso agli alberi decennali che stanno morendo. Penso all'invaso di Bilancino che oggi contiene 60 milioni di metri cubi d'acqua, pronti per essere utilizzati. Penso a quanta acqua serve per produrre un chilo di carne o un hamburger. A quanta viene divorata dal digitale (guardare un film in streaming costa 400 litri d'acqua, ci diceva nel 2016 l'Imperial College - io ne uso 40 al giorno per irrigare i miei 30 metri di orto-giardino). Penso alle mie piante, che danno da mangiare a me e ai miei figli, che in questo momento "dovrebbero" stare morendo.

Penso che adesso è abbastanza fresco per uscire e dare una bella annaffiata.

Anche le tartarughe ne saranno contente, e anche il discreto popolo degli insetti. L'alveare, incastonato nel buco tra le pietre del muro davanti alla casa, brulica di api. E pensare che stiamo solo a un chilometro da Porta Romana.
E mi chiedo infine: c'è un avvocato, un giurista, un magistrato, disposto a dire che, semplicemente, questa follia non si può fare, perché una follia del genere - a livello giuridico e politico - ha la stessa legittimità, giustificazione e plausibilità di altre follie ancora più criminali?

venerdì 15 luglio 2022

Clima: un'altra previsione azzeccata di Ugo Bardi!




Questo articolo l'avevo pubblicato sul Fatto Quotidiano meno di due settimane fa. Ero sicuro che del disastro della Marmolada non si sarebbe più parlato dopo qualche giorno al massimo, e avevo ragione. (Va bene, potete dirlo: mi piace vincere facile!) Comunque, solo per rinfrescarvi la memoria, date un'occhiata al filmato qui sopra di un bel ghiacciaio del Kyrgystan che crolla. Notate come quelli che facevano le riprese ci sono rimasti sotto! Per fortuna se la sono cavata.  


La Marmolada – un’altra tragedia. Ma l’inazione riguardo al cambiamento climatico continua.

Da "Il Fatto Quotidiano" del 4 Luglio 2022

Di Ugo Bardi


Oltre a essere stato una tragedia, il disastro della Marmolada è stato un altro chiodo nella bara metaforica di chi continua a sostenere che il riscaldamento globale è un imbroglio ordito dagli scienziati per farci pagare più cara la benzina. Ma possiamo scommettere che a breve anche questo disastro sarà dimenticato e continueremo tranquilli per la strada che abbiamo preso. Quella di ignorare completamente il cambiamento climatico.

Se ci fate caso, è un pezzo che il dibattito sul clima è quasi completamente scomparso dai media. Quando se ne parla, se ne parla negli angoli bui dei dibattiti televisivi, oppure si creano trappole mediatiche per ridicolizzare lo scienziato di turno. E’ successo recentemente a Luca Mercalli che, invitato a Cartabianca a parlare di clima, a un certo punto non ne ha potuto più di fesserie, si è alzato e se n’è andato.

Di questo, ve ne accorgete anche dai titoli dei giornali del giorno dopo il disastro della Marmolada. Se si parla di clima, se ne parla solo in qualche trafiletto laterale, oppure indirettamente, come effetti dell’“ambiente”. Perlomeno, hanno smesso di fare battute sceme sui “gretini”. Ma sicuramente ricominceranno a breve. Come pure ricominceranno a dare la colpa al sole, ai movimenti planetari, o a Belzebù in persona. Dare la colpa a qualcun altro è uno degli hobby più diffusi al mondo.

Il problema non sarebbe nemmeno che di clima se ne parli tanto oppure no. E’ che, chiaramente, il governo non considera il clima una priorità. Non solo non fa nulla di sostanziale, ma peggiora le cose, per esempio programmando il ritorno al carbone, notoriamente la sorgente di energia più sporca di tutte. Peggio ancora sta facendo l’Unione Europea che sta programmando di classificare il gas naturale come una “sorgente rinnovabile”. Per chi non lo sapesse, il gas “naturale” è formato principalmente da metano fossile che è un gas serra molto più potente dell’anidride carbonica. Le inevitabili perdite nell’estrazione e nel trasporto rendono il gas naturale uno dei fattori principali nel riscaldamento globale. Classificarlo per legge come “rinnovabile” è un po’ come falsificare la data di nascita sulla carta di identità per sembrare più giovani.

In compenso, il governo ci propina quotidianamente storielle sulla fusione nucleare, senza preoccuparsi del fatto che nessuno sa come costruire un impianto che possa produrre energia nel mondo reale. Parla vagamente ripartire con le centrali nucleari a fissione, senza preoccuparsi di spiegarci quanto tempo ci vorrebbe per costruirle, o da dove dovrebbe venire l’uranio per alimentarle. Come pure ci presenta l’idrogeno come la meraviglia salvifica che ci risolverà tutti i problemi, dimenticandosi che l’idrogeno non esiste in natura e che bisogna produrlo.

Insomma, non siamo messi bene. C’è una frase lapidaria che gira sul Web in questi giorni che dice “godetevi questa estate, perché sarà la più fresca del resto della vostra vita.” Mi sa che sarà proprio così.

Ma ci sono anche ragioni di speranza. Una è che con il fatto che i costi dei fossili sono andati alle stelle, l’energia rinnovabile è diventata ancora più conveniente di quanto non lo fosse già. E allora, l’unica cosa che può fermare la transizione alle rinnovabili è la burocrazia, l’idiozia, o tutte e due le cose insieme. E questo è quello che sta succedendo con l’impianto eolico di Villore, ancora bloccato per l’opposizione dal ministero della cultura, nonostante sia stato approvato da tutti gli enti competenti. Speriamo che questa tragedia almeno faccia rinsavire qualcuno: fare qualcosa di serio per il clima sarebbe il miglior omaggio alle vittime innocenti del disastro.




sabato 18 giugno 2022

La non-"transizione ecologica" mostrata da una breve sequenza di grafici significativi



Un post di Fabio Vomiero. Immagini senza testo



Popolazione mondiale


Consumi energetici globali


Emissioni globali di CO2 antropica


Concentrazione di CO2 atmosferica


Temperature globali


Anatomia comparata del cervello animale



domenica 12 settembre 2021

Cambiamenti climatici: qual è la cosa peggiore che ci potrebbe capitare?

Un Brontotherium, una creatura simile ai moderni rinoceronti che visse fino a circa 35 milioni di anni fa in un mondo che era di circa 10 gradi centigradi più caldo del nostro. In questa scena, vediamo una pianura erbosa, ma la Terra era per lo più forestata a quell'epoca. Forse ci stiamo muovendo verso condizioni simili, anche se non è ovvio che gli esseri umani potrebbero cavarsela altrettanto bene di come ha fatto questo bestione ( immagine dalla BBC ).

 Traduzione da "The Seneca Effect"


Come era prevedibile, il sesto rapporto di valutazione dell'IPCC è sprofondato come una pietra sul fondo della memesfera pochi giorni dopo la sua presentazione. In parole povere, nessuno è interessato a sacrificare qualcosa per invertire la tendenza al riscaldamento e, molto probabilmente, non si farà nulla. 

Attenzione: non sto dicendo che non si possa più fare nulla. Penso che dovremmo continuare a fare ciò che possiamo, il più a lungo possibile. L'energia rinnovabile offre speranza per mitigare la pressione sul clima e dovremmo cercare di fare del nostro meglio per muoverci nella giusta direzione. Ma, a questo punto, potremmo aver superato il punto di non ritorno ed essere in caduta libera verso un mondo sconosciuto. Allora, qual è la cosa peggiore che ci può capitare?

I modelli non possono aiutarci troppo a rispondere. I sistemi complessi - e il clima della Terra è uno di essi - tendono ad essere stabili, ma quando superano i punti critici, cambiano rapidamente e in modo imprevedibile. Quindi, il meglio che possiamo fare è immaginare scenari basati su ciò che sappiamo, usando il passato come guida.

Supponiamo che gli umani continuino a bruciare combustibili fossili per qualche altro decennio, magari rallentando un po', ma ancora intenzionati a bruciare tutto ciò che è bruciabile, disboscare ciò che è disboscabile e sterminare ciò che è sterminabile. Di conseguenza, l'atmosfera continua a riscaldarsi, e così pure l'oceano lo fa. Poi, ad un certo punto -- bang! -- le concentrazioni di gas serra aumentano, il sistema entra in una fase di trasformazione accelerata e subisce una rapida transizione verso un mondo molto più caldo.

Il nuovo stato potrebbe essere simile a quello che era la Terra circa 50 milioni di anni fa, durante l'Eocene. A quel tempo la concentrazione di CO2 nell'atmosfera era dell'ordine delle mille parti per milione (oggi è di circa 400) e la temperatura media superficiale era di circa 10-12 gradi C superiore a quella attuale. Faceva caldo, ma la vita prosperava e la Terra era un pianeta rigoglioso e boscoso. In linea di principio, gli esseri umani potrebbero vivere in un clima simile a quello dell'Eocene. Il problema è che arrivarci potrebbe essere una corsa difficile, per non dire altro.

Nessuno può dire quanto velocemente potremmo arrivare a un nuovo Eocene, ma i punti di svolta dei sistemi complessi sono veloci, quindi non abbiamo bisogno di milioni di anni. Stiamo pensando, più probabilmente, a migliaia di anni e cambiamenti significativi potrebbero verificarsi in secoli o addirittura in decenni. 

Quindi, proviamo un esercizio per considerare l'ipotesi peggiore: ipotizzando un riscaldamento di 6-10 gradi che si verifica in un arco di tempo dell'ordine di 100-1000 anni, cosa ci aspetteremmo? Dipende non solo dalle temperature, ma dall'interazione di molti altri fattori, tra cui l'esaurimento dei minerali, il collasso economico e sociale e altri. Ora vi propongo una serie di scenari disposti da non così male a molto male. Ricordatevi che queste sono possibilità, non previsioni.


1. Eventi meteorologici estremi: uragani e simili . Questi eventi sono spettacolari e spesso descritti come la principale manifestazione del cambiamento climatico. Tuttavia, non è ovvio che un mondo più caldo mostrerà fenomeni atmosferici più violenti. Un uragano è una macchina termica che trasferisce il calore da una zona calda a una fredda. È più efficiente, e quindi più potente, maggiore è la differenza di temperatura. Da quello che sappiamo, in un mondo più caldo queste differenze dovrebbero essere inferiori a quelle che sono ora, quindi il potere degli uragani sarebbe ridotto, non potenziato. Potremmo però avere molta più pioggia perché un'atmosfera calda può contenere più acqua, e questa è una tendenza già rilevabile. Ma non dobbiamo aspettarci megadisastri che ci porterebbero - da soli - verso il collasso o l'estinzione. Gli eventi meteorologici estremi sarebbero principalmente locali e difficilmente una minaccia esistenziale per la civiltà umana. 

2. Incendi. Temperature più elevate significano maggiori possibilità di incendio, ma la temperatura non è l'unico parametro che entra in gioco. Le tendenze degli ultimi decenni indicano un debole aumento dela frequenza degli incendi nella zona temperata e, naturalmente, gli incendi fanno danni a chi non ha pensato troppo prima di costruire una casa di legno in una foresta di eucalipti. Tuttavia, per quanto ne sappiamo, gli incendi erano meno comuni nell'Eocene di quanto non lo siano ora, che è quello che ci aspetteremmo per un mondo di foreste tropicali. Gli incendi non dovrebbero rappresentare una minaccia per il futuro, anche se potremmo assistere a un temporaneo aumento della loro frequenza e intensità durante il periodo di transizione.

3. Ondate di calore.Non c'è dubbio che le ondate di calore uccidono e che stanno diventando sempre più frequenti. Un clima simile all'Eocene significherebbe che le persone che vivono in quella che è oggi la zona temperata sperimenterebbero le estati sotto forma di una serie continua di ondate di calore estremo. Parigi, ad esempio, avrebbe un clima simile a quello attuale di Dubai. Non sarebbe piacevole, ma è anche vero che a Dubai in estate si sopravvive usando l'aria condizionata e prendendo altre precauzioni. Finché manteniamo una buona fornitura di elettricità e acqua, le ondate di calore non rappresentano una grave minaccia. Senza elettricità, invece, il disastro incombe. Le ondate di calore potrebbero costringere una frazione importante della popolazione nelle zone equatoriali e temperate a spostarsi verso nord o trasferirsi sulle montagne (se ce ne sono), o, semplicemente, morire dove si trova. Il bilancio delle future ondate di calore è impossibile da stimare, ma potrebbe significare la morte di milioni o decine di milioni di persone. Potrebbe non distruggere la civiltà, ma gli umani dovrebbero allontanarsi dalle regioni tropicali del pianeta.

4. Innalzamento del livello del mareQui ci troviamo di fronte a una potenziale minaccia che va dal facilmente gestibile all'esistenziale, a seconda di quanto velocemente si sciolgono le calotte glaciali. L'attuale velocità di 3,6 mm/anno significa 3-4 metri di dislivello in mille anni. In tale arco di tempo, sarebbe ragionevolmente possibile adeguare le strutture portuali e spostarle nell'entroterra via via che il livello del mare aumenta. Ma se la velocità di salita aumenta, come previsto, le cose si fanno dure. Dover ricostruire l'intera infrastruttura commerciale marittima in pochi decenni sarebbe impossibile, per non parlare della possibilità di eventi catastrofici che coinvolgano grandi masse di ghiaccio che si schiantano in mare all'improvviso. Se perdiamo i porti, perdiamo il sistema commerciale marittimo. Senza di essa, miliardi di persone morirebbero di fame. A lungo termine, le calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartide dovranno sciogliersi completamente. L'innalzamento del livello del mare ha il potenziale di causare il collasso della civiltà umana, anche se non per causare l'estinzione della specie.

5. Crollo dell'agricolturaIn linea di principio, i cambiamenti climatici possono avere effetti dirompenti sull'agricoltura. Tuttavia, finora il riscaldamento non ha influito troppo sulla produttività agricola. Supponendo che non ci siano grandi cambiamenti improvvisi, l'agricoltura può continuare a produrre ai tassi attuali fintanto che viene fornita con 1) fertilizzanti, 2) pesticidi 3) meccanizzazione, 4) irrigazione. Eliminiamo uno di questi 4 fattori e i campi di grano si trasformano in un deserto (gli organismi geneticamente modificati (OGM) potrebbero non aver bisogno di pesticidi, ma hanno altri problemi). Mantenere questa fornitura richiede molta energia e questo potrebbe essere un grosso problema in futuro. La produzione artificiale di alimenti con energia fotovoltaicapotrebbe venire in soccorso, ma è ancora una tecnologia sperimentale e potrebbe arrivare troppo tardi. Poi, naturalmente, la tecnologia può fare ben poco contro i cambiamenti meteorologici importanti. Immaginate che il monsone annuale indiano dovesse scomparire: molto probabilmente sarebbe impossibile sostituire la pioggia monsonica con l'irrigazione artificiale e il risultato sarebbe centinaia di milioni di persone che muoiono di fame. La mancanza di cibo è uno dei principali assassinidella storia, direttamente o indirettamente come conseguenza delle epidemie che sfruttano le popolazioni indebolite. Non più di un secolo e mezzo fa, la carestia uccise direttamente circa il 30% della popolazione irlandese e il bilancio sarebbe stato maggiore se alcuni non fossero stati in grado di emigrare. Se estrapoliamo questi numeri al mondo di oggi, si parla di miliardi di vittime. Le carestie sono tra le maggiori minacce per l'umanità nel prossimo futuro, anche se il cambiamento climatico sarebbe solo un co-fattore nel generarle. Le carestie possono causare danni sufficienti a causare un collasso economico, sociale e culturale, anche se non l'estinzione della specie, perlomeno non direttamente. 

6. Collasso dell'ecosistema. La storia della Terra ha visto diversi casi di collassi ecosistemici che hanno comportato estinzioni di massa: i principali sono indicati come "Le cinque grandi estinzioni". La più grande ebbe luogo alla fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa. In quel caso, l'ecosistema si riprese dalla catastrofe, ma andò vicino a perdere tutti i vertebrati. La maggior parte delle grandi estinzioni sono correlate alle emissioni vulcaniche del tipo chiamato "grandi province ignee" che generano grandi quantità di gas serra. Il risultato è un riscaldamento sufficiente a sconvolgere l'ecosistema. L'attuale tasso di emissioni causate dall'uomo è più grande di qualsiasi altra cosa mai sperimentata dall'ecosistema prima, ma è improbabile che arrivi a livelli che potrebbero causare un disastro simile al Permiano. A differenza dei vulcani, a cui non interessa la biosfera, gli esseri umani verrebbero spazzati via molto prima di poter pompare abbastanza CO2 nell'atmosfera da causare la morte della biosfera. Tuttavia, un sostanziale collasso ecosistemico potrebbe essere causato da fattori quali l'eliminazione di specie chiave (ad esempio le api), l'erosione, l'inquinamento da metalli pesanti, l'arresto delle correnti oceaniche termoaline e altri. Il problema è che non abbiamo idea della scala temporale coinvolta. Alcune persone stanno proponendo la "estinzione umana a breve termine" (NTE) che si potrebbe verificare in pochi decenni al massimo. Non è possibile dimostrare che si sbagliano, anche se la maggior parte delle persone che studiano la questione tendono a pensare che il tempo necessario dovrebbe essere molto più lungo. Il collasso dell'ecosistema è una minaccia reale: se è successo in passato, potrebbe ripetersi in futuro. Potrebbe non essere definitivo e l'ecosistema probabilmente si riprenderebbe come ha fatto in passato. Ma, se accadrà, sarà la fine degli umani come specie (e di molte altre specie). 

7, L'imprevisto.Molte cose potrebbero causare un cambiamento improvviso e inaspettato dello stato del sistema. Ad esempio, concentrazioni di CO2 dell'ordine di 1.000 ppm potrebbero rivelarsi velenose per una biosfera che si è evoluta per concentrazioni molto più basse. Ciò porterebbe a un rapido collasso dell'ecosistema. Poi, l'inquinamento da metalli pesanti potrebbe ridurre così tanto la fertilità umana che gli esseri umani si estinguerebbero in un paio di generazioni (siamo particolarmente sensibili all'inquinamento perché siamo predatori apicali). In questo caso, la perturbazione umana sul clima scomparirebbe rapidamente, anche se gli effetti del passato si farebbero sentire ancora per molto tempo. Oppure, possiamo pensare a una guerra nucleare su larga scala. Provocherebbe un temporaneo "inverno nucleare" generato dall'iniezione di polvere che riflette la luce nell'atmosfera. Il conseguente raffreddamento interromperebbe l'agricoltura e ucciderebbe una grande frazione della popolazione umana. Dopo alcuni anni, però, il riscaldamento tornerebbe per vendicarsi con gli interessi. Oppure, potremmo pensare all'apparizione di un'intelligenza artificiale così evoluta da decidere che siamo una seccatura e sterminare l'umanità. Forse manterrebbe alcuni esemplari in uno zoo. Oppure, una vita basata sul silicio potrebbe trovare che l'intera biosfera è una seccatura e procederebbe a sterilizzare il pianeta. In tal caso, potremmo essere trasferiti come creature virtuali in un universo virtuale creato dall'IA stessa. E questo potrebbe essere esattamente quello che siamo! Questi scenari estremi sono improbabili, ma chi lo sa?

 


Quindi, ci troviamo sulla vetta del Dirupo di Seneca,  il picco della curva che descrive le rapide transizioni di fase di sistemi complessi sulla base del principio che "la crescita è lenta, ma la rovina è rapida ". Vediamo una valle verde in lontananza, ma la strada che scende dalla scogliera è così ripida e accidentata che è difficile dire se sopravvivremo alla discesa. 

La cosa più preoccupante non è tanto la ripida discesa in sé, ma che la maggior parte degli umani non solo non la capisce, ma nemmeno è in grado di percepirla. Anche dopo che la discesa è iniziata (e potrebbe essere già iniziata), è probabile che gli esseri umani fraintendano la situazione, attribuiscano il cambiamento ad agenti malvagi (i Verdi, i comunisti, i trumpisti o altro) e reagiscano in un modo che peggiorerà la situazione. Nella migliore delle ipotesi con un esteso greenwashing, nella peggiore con programmi di sterminio su larga scala.

Quindi, potremmo benissimo scomparire come specie in un futuro non remoto. Ma potremmo anche sopravvivere al disastro e riemergere dall'altra parte della transizione climatica. Per coloro che ce la faranno, il nuovo Eocene potrebbe essere un buon mondo in cui vivere, caldo e lussureggiante, ricco di vita. Forse alcuni dei nostri discendenti useranno lance con punta di pietra per cacciare un futuro equivalente dell'antica brontotheria dell'Eocene. E, chissà, potrebbero essere più saggi di quanto lo siamo stati noi. 

Che gli umani sopravvivano o meno, l'ecosistema planetario - Gaia - si riprenderà dalla perturbazione umana, anche se potrebbero volerci alcuni milioni di anni prima che riacquisti la squisita complessità dell'ecosistema com'era prima che gli umani quasi lo distruggessero. Ma Gaia non ha fretta. La Dea è benevola e misericordiosa (anche se a volte spietata) e vivrà per diverse centinaia di milioni di anni dopo che anche l'esistenza degli umani sarà stata dimenticata.