martedì 29 giugno 2021

Il Collasso della Scienza: il caso di Katherine Flegal e le Guerre degli Obesi

 


Due settimane fa, Katherine Flegal ha pubblicato su "Progress in Cardiovascular Disease" un resoconto delle critiche ricevute da un suo articolo precedente (2005) sull'effetto dell'obesità sulla salute. L'articolo era stato pubblicato su JAMA (Journal of the American Medical Association).

Nel 2005, Flegal aveva sostenuto sulla base dei dati disponibili che un moderato eccesso di peso è associato a una vita media leggermente più lunga. L'avesse mai detto! Il suo articolo è stato attaccato, demolito, distrutto, infamato, maltrattato, disintegrato, fatto in spezzatino e servito col prezzemolo in tutti i modi possibili dentro e fuori dall' "establishment" scientifico. Una specie di "feeding frenzy" tipo quella degli squali nei documentari del National Geographic. 
 
Non ho la possibilità di controllare direttamente la veridicità delle affermazioni della dott.sa Flegal, ma quello che racconta mi sembra perfettamente sensato sulla base della mia esperienza personale. Era già successo qualcosa di simile negli anni 1970s, quando gli squali dell'accademia si erano scatenati contro il rapporto del 1972 del Club di Roma "I Limiti dello Sviluppo," che andava contro l'idea che lo sviluppo economico avrebbe potuto e dovuto continuare all'infinito. Ancora prima, i carnivori avevano fatto a pezzi e divorato il lavoro di Rachel Carson "Primavera Silenziosa" del 1962 che dava fastidio all'industria dei pesticidi.
 
La situazione non è migliorata da allora. In sostanza, quello che chiamiamo "La Scienza" (alle volte espresso come "Scienzah") sta andando giù in una spirale vorticosa attraverso il tubo di scarico del lavandino. Ci sono molte ragioni per questa situazione, ma la principale è la "finanzializzazione" della scienza. Molto di quello che si fa e si dice, specialmente nella scienza medica, è sotto il controllo diretto degli enti finanziatori privati, come pure degli editori scientifici che ci fanno sopra enormi profitti. Gli scienziati stessi hanno cominciato ad assaggiare il gusto dei soldi e di quanto si possa guadagnare trasformandosi in superstar televisive.
 
E questi sono i risultati. Qualunque cosa che vada contro gli interessi dell'industria che finanzia la ricerca ha le stesse probabilità di sopravvivenza di una sardina nella vasca degli squali tigre. 

Vi passo un pezzetto del lavoro della Flegal, tradotto in Italiano (grassetto mio). 

Una ricercatrice un po' ingenua pubblica un articolo scientifico su una rivista rispettabile. Pensava che il suo articolo fosse semplice e difendibile. Ha utilizzato solo dati disponibili pubblicamente e i suoi risultati erano coerenti con gran parte della letteratura sull'argomento. I suoi coautori includevano due illustri statistici. Con sua sorpresa, la sua pubblicazione è stata accolta con attacchi insoliti da alcune fonti inaspettate all'interno della comunità di ricerca. Questi attacchi sono arrivati spesso non dai normali canali di discussione scientifica. La sua ricerca è diventata il bersaglio di una campagna aggressiva che includeva insulti, errori, disinformazione, post sui social media, pettegolezzi e manovre dietro le quinte e lamentele al suo datore di lavoro. L'obiettivo sembrava essere quello di minare e screditare il suo lavoro. La controversia era qualcosa di deliberatamente fabbricato e gli attacchi consistevano principalmente in ripetute affermazioni di opinioni preconcette. Ha imparato in prima persona l'antagonismo che potrebbe essere provocato da scoperte scientifiche che si rivelano scomode. Le linee guida e le raccomandazioni dovrebbero essere basate su dati oggettivi e imparziali. Lo sviluppo della politica di salute pubblica e delle raccomandazioni cliniche è complesso e deve essere basato sull'evidenza piuttosto che sulla convinzione. Questo può essere difficile quando è coinvolto un argomento scottante.
A naïve researcher published a scientific article in a respectable journal. She thought her article was straightforward and defensible. It used only publicly available data, and her findings were consistent with much of the literature on the topic. Her coauthors included two distinguished statisticians. To her surprise her publication was met with unusual attacks from some unexpected sources within the research community. These attacks were by and large not pursued through normal channels of scientific discussion. Her research became the target of an aggressive campaign that included insults, errors, misinformation, social media posts, behind-the-scenes gossip and maneuvers, and complaints to her employer. The goal appeared to be to undermine and discredit her work. The controversy was something deliberately manufactured, and the attacks primarily consisted of repeated assertions of preconceived opinions. She learned first-hand the antagonism that could be provoked by inconvenient scientific findings. Guidelines and recommendations should be based on objective and unbiased data. Development of public health policy and clinical recommendations is complex and needs to be evidence-based rather than belief-based. This can be challenging when a hot-button topic is involved.



 


 

martedì 22 giugno 2021

Epidemie, Petrolio, Trappole per Topi, e Esplosioni Nucleari: L'universo funziona sempre nello stesso modo.




C'è una certa logica nel modo in cui funziona l'universo e quindi non sorprende che gli stessi modelli possano descrivere fenomeni che sembrano essere completamente diversi. Qui, vi faccio vedere come le stesse equazioni descrivono le reazioni a catena che governano fenomeni così diversi come la diffusione di un'epidemia, il ciclo di estrazione del petrolio greggio e persino la reazione nucleare che crea esplosioni atomiche. Tutti questi fenomeni dipendono dall'efficienza del trasferimento di energia, il parametro noto negli studi energetici come EROEI (energy return on energy invested), e "fattore di trasmissione" (R) nei modelli epidemiologici. Anche il classico esperimento fatto con trappole per topi e palline da ping-pong può essere descritto con le stesse equazioni.


Potreste trovare sorprendente che i modelli epidemiologici condividono lo stesso nucleo di equazioni dei modelli che descrivono il ciclo di estrazione del petrolio. Ma è proprio così, e non è solo questione di petrolio: gli stessi modelli sono usati per descrivere reazioni chimiche, il sovrasfruttamenteo delle risorse naturali, l'industria della pesca, la diffusione di memi sul Web, e anche la reazione a catena nucleare che porta a esplosioni nucleari. È sempre la stessa idea: il sistema cresce rapidamente sfruttando una risorsa disponibile: petrolio, pesce, nuclei atomici, o persone da infettare. Poi, esaurita la risorsa, le cose si calmano. Alla fine, è forse il modo più tipico che l'universo utilizza per dissipare i potenziali energetici che ha a disposizione. Come sempre, l'entropia governa tutto!

Modellare questi fenomeni ha una storia che inizia con il modello sviluppato negli anni ' 20 da Vito
Volterra e Alfred Lotka. Oggi, va sotto il nome di modello di "Lotka-Volterra" o, a volte, modello "predatore-preda". Questa origine non è normalmente riconosciuta da quelli che lavorano nel campo dell'epidemiologia, ma il "nocciolo" del modello è lo stesso: il virus è un predatore e noi siamo la preda. L'unica differenza è che un ciclo epidemico è così breve, tipicamente pochi mesi, che la preda, le persone, non si riproducono durante il ciclo. Quindi, se pensiamo che le compagnie petrolifere siano predatori e che i giacimenti petroliferi siano la preda, allora abbiamo di nuovo lo stesso modello. E possiamo anche vedere la reazione a catena che si svolge durante la fissione nucleare come generato da neutroni che agiscono come predatori e nuclei atomici che agiscono come preda. Nell'interpretazione mostrata nella clip sopra, le palline da ping-pong sono il predatore e le trappole per topi sono la preda.

Per descrivere il modello, concentriamoci sull'epidemiologia. Questi modelli sono spesso chiamati "SIR", con l'acronimo che viene dai termini in inglese "susceptible, infected, recovered". In Italiano, abbiamo "suscettibile, infetto, guarito." L'idea è che lo stock delle persone infette cresce proporzionalmente sia agli stock delle persone suscettibili, sia a quello degli infetti, è un ciclo di feedback. E' questo che genera la crescita attraverso un meccanismo che si chiama feedback, ovvero più il sistema cresce, più cresce rapidamente. Con il progredire dell'epidemia, ovviamente, il virus esaurirà le persone suscettibili, la crescita rallenterà e, alla fine, lo stock degli infetti inizierà a diminuire. Poi, l'epidemia sarà finita.

Quindi, vediamo cosa produce il modello nella sua versione più semplice. L'ho fatto usando il pacchetto Vensim (TM) di dinamica dei sistemi.




Nota come il numero di persone sensibili (curva blu) diminuisce gradualmente. Invece, il numero di casi per unità di tempo (curva verde) e le persone infette totali (curva rossa) mostrano un ciclo di crescita e declino. Infine, le persone guarite (curva grigia) crescono e poi si stabilizzano. (potrebbero anche morire, le equazioni non cambiano.)

Nel caso dell'epidemia di Covid, il mostriciattolo peduncoluto ci ha fatto impazzire non poco arrivando a ondate invece che in una sola curva. Ma se guardate le curve recenti, vedrete che le "curve a campana" sono quelle, anche se sono più d'una, principalmente come risultato di fattori stagionali e di varianti che si susseguono a ondate.

Confrontiamo con i modelli di estrazione di minerali: i nomi delle variabili cambiano, ma il modello è lo stesso

Sensibili - > Risorse Petrolifere
Tasso di infezione - > produzione di petrolio
Infetto -> Petrolio Estratto

Lo illustriamo con un caso molto evidente: quello della produzione di carbone in Inghilterra (figura di Ugo Bardi)


La curva è sempre la stessa, come vedete.

Si può fare la stessa cosa con altri fenomeni. Ad esempio, nel caso del "modello di trappola per topi" vista all'inizio di questo post, abbiamo

Sensibili -> palline intrappolate
Tasso di infezione -> numero di trappole che scattano per unità di tempo.
Infetto -> numero di palline in volo
Guariti -> palline a terra

Quello che vedete nella figura è un grafico fatto a partire dal filmato messo on line dal Dr. Little dell'Università di Berkeley.

E ritorniamo alla curva di Hubbert! La cosa curiosa è che sul web trovate decine di questi esperimenti con le trappole per topi e nessuno che abbia mai usato la teoria SIR o Lotka-Volterra per interpretarli. 

Bene, insieme a Ilaria Perissi, la mia collaboratrice, ci stiamo lavorando sopra. Abbiamo un modello che dovrebbe descrivere i risultati dell'esperimento, quindi si tratta di provare.


Vedete Ilaria impegnata con le trappole per topi. Vi dirò che la cosa si è rivelata per niente facile: le maledette trappole tendono a scattare per conto loro. Per ora, siamo riusciti più che altro a farci male alle dita. Probabilmente non è così difficile come costruire una bomba atomica, ma un certo impegno lo richiede. Prima o poi, ci riusciremo. 

E da quel punto in poi, si aprono infinite possibilità! 



venerdì 18 giugno 2021

Rivelazione - Discorso alle cellule malate, il nuovo libro di Bruno Sebastiani

 


La teoria cancrista, secondo cui l’umanità è divenuta un tumore sulla Terra, consta di tre testi base (“Il Cancro del Pianeta”, “Il Cancro del Pianeta Consapevole” e “L’Impero del Cancro del Pianeta”). A questi ora se ne aggiunge un quarto, “Rivelazione – Discorso alle cellule malate”.

Qualcuno può domandare: ve ne era bisogno? la teoria non era stata già sufficientemente sviluppata nei tre saggi sin qui pubblicati?

Ebbene, non solo di questo quarto volume vi era bisogno, ma di ogni altro ulteriore che uscirà in futuro, scritto da me o da chi vorrà aderire alla teoria.

L’enorme mole di testi e di dottrine che Homo sapiens ha prodotto in cinquemila anni di storia per giustificare e glorificare la sua superiorità su ogni altra specie non può essere certo confutata con i pochi argomenti racchiusi in un volumetto di 200 pagine.

È dunque necessario produrre idee su idee, ragionamenti su ragionamenti, ciascuno finalizzato a rovesciare l’insana tesi secondo cui è nostro diritto sottomettere ogni elemento della natura.

In questa ottica si inserisce ora “Rivelazione – Discorso alle cellule malate”, libro che intende aprire gli occhi di Homo sapiens facendo leva sui falsi miti costruiti dalla ragione e poi dalla ragione ripudiati.

L’uomo, infatti, sin dalla sua uscita dallo stato di natura ha iniziato a costruire intorno a sé un castello ideologico sempre più complesso al fine di dare un senso alla propria esistenza e di giustificare il proprio diritto di supremazia sugli altri viventi.

Animismo e miti si sono nel tempo trasformati in Grandi Favole (alias “religioni”), le quali hanno governato il mondo fino a qualche secolo fa e che ancora tanta influenza hanno in alcune aree del Pianeta.

Ma la cosiddetta “civiltà” contemporanea ha voltato le spalle a questo tipo di costruzioni ideologiche e l’essere umano ha pressoché smesso di ricercare il senso della propria esistenza, dedicandosi interamente al godimento dei beni materiali.

È così caduto il velo che nascondeva la nostra vera natura di cellule tumorali, ma non ce ne siamo resi conto.

Abbiamo edificato “L’Impero del cancro del Pianeta” e grazie alle sue rigide strutture organizzative riusciamo a sfamare otto miliardi di uomini con trenta miliardi di animali (che in attesa della macellazione devono essere a loro volta sfamati) e con una infinita quantità di vegetali (per produrre i quali le foreste scompaiono anno dopo anno e lasciano il posto a sconfinati campi di monoculture).

Questo Impero non potrà vivere a lungo e la sua caduta sarà la più rovinosa della storia.

Per aprire gli occhi a chi non vuole guardare questa realtà avevo già scritto “Il Cancro del Pianeta Consapevole”.

Ma, poiché l’egoismo antropocentrico continua imperterrito a dilagare, a quel libro ora si aggiunge “Rivelazione – Discorso alle cellule malate”.

In quest’ultima opera la “Rivelazione” finale ruota intorno al concetto de “i limiti dell’intelligenza” (al quale è dedicato un intero capitolo). Questo concetto è fondamentale nella teoria cancrista, secondo solo al concetto dell’abnorme evoluzione subìta del nostro cervello.

Se quest’ultima ci ha trasformati in cellule tumorali, i limiti dell’intelligenza ci impediscono di edificare strutture artificiali equilibrate e durature come quelle naturali che abbiamo distrutto.

Questi limiti, oltretutto, non ci consentono di innalzarci alla conoscenza delle verità ultime, e questa, in estrema sintesi, è la Rivelazione finale che il mio saggio intende offrire all’attenzione dell’uomo contemporaneo.

Nel libro, ovviamente, il ragionamento è assai più articolato e complesso, con una conclusione “a sorpresa”.

Al termine del “discorso”, infatti,  si giunge alla conclusione che il contenuto del messaggio “rivelato” altro non è che la riproposizione in termini attuali di quanto era contenuto nelle antiche dottrine mistiche “apofatiche” (nel mio articolo “Apologia dell’Apofatismo” vi è una sommaria descrizione di queste ultime).

Questo concetto de “i limiti dell’intelligenza” è di una tale importanza che in un prossimo futuro gli dedicherò un apposito saggio.

Tutti i maggiori filosofi hanno discettato intorno alle enormi potenzialità della ragione umana e hanno costruito ambiziosi castelli ideologici per tentare di scalare il cielo. Basti pensare alle varie le dimostrazioni razionali dell’esistenza e onnipotenza di Dio.

Qualcuno, per la verità, ha avvertito che oltre a un certo limite non era possibile andare (in particolar modo gli appartenenti alle citate dottrine “apofatiche”), ma i più hanno ignorato questi avvertimenti e si sono inoltrati fin nei più impervi sentieri dell’essere.

A questo orgoglio intellettuale ha fatto da contraltare un analogo orgoglio scientifico, e il combinato disposto di queste due devastanti funzioni cerebrali ha dato vita alla più rovinosa aggressione al corpo del Pianeta.

Cellule sane (animali e vegetali), rocce, terra, sottosuolo, nulla è stato risparmiato dall’aggressività del cancro del Pianeta, neppure le acque dei fiumi e del mare, né l’aria del cielo.

Forse non siamo più in tempo per salvare la biosfera, ma qualunque sia la nostra sorte non possiamo esimerci dal tentare di fare ogni sforzo per raddrizzare l’imbarcazione che sta affondando. Arrendersi prima del tempo significa solo accelerare la fine.

Ben venga dunque la “Rivelazione” della nostra vera natura e ogni altro messaggio finalizzato a conseguire il medesimo obiettivo.

E ben vengano le manifestazioni di consenso e di supporto nei confronti di chi sta dalla parte della Natura contro l’antropocentrismo dilagante.



martedì 8 giugno 2021

Clima: cosa ci ha insegnato la pandemia?

 

Clima, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è la differenza fra sogni e realtà

Clima, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è la differenza fra sogni e realtà
Da "Il Fatto Quotidiano" del 9 Aprile 2021
di Ugo Bardi

Arriva proprio in questi giorni dal Noaa (l’ente nazionale per l’amministrazione degli oceani e dell’atmosfera degli Stati Uniti) una discreta doccia fredda (in effetti calda, addirittura bollente) su quelli che speravano che la pandemia avesse aiutato a ridurre il problema del cambiamento climatico. Dice il Noaa che i livelli dei due gas serra principali, biossido di carbonio e metano, “hanno continuato la loro crescita nel 2020, nonostante il rallentamento economico causato dalla risposta alla pandemia” e anche che “la concentrazione di CO2 di oggi è comparabile a quella del periodo caldo del Pliocene, circa 3,6 milioni di anni fa”.

In sostanza, non è cambiato nulla. Eppure in Italia si parla di una riduzione del 10% delle emissioni di CO2 nel 2020. In tutto il mondo ci si attesta sul 6-7% in meno. Come è possibile che questo non abbia avuto effetto sulle concentrazioni atmosferiche? Per alcuni, è una cosa talmente sorprendente che c’è chi ha cominciato a dire che tutta la storia del riscaldamento globale causato dall’uomo è una balla colossale. Ma non è così. Immaginatevi di stare riempiendo di acqua una vasca da bagno. Se chiudete un po’ il rubinetto, ma non del tutto, non vi aspettate di certo che il livello dell’acqua diminuisca. Non diminuisce nemmeno se chiudete completamente il rubinetto, a meno che la vasca non perda dal tappo.

Per quanto riguarda il CO2, c’è un “rubinetto” che sono le emissioni umane, mentre il “tappo” è l’assorbimento dell’ecosistema che elimina circa il 50% delle emissioni umane. Non ci aspettiamo certamente che una riduzione del 7% delle emissioni porti a un calo nelle concentrazioni. Al massimo, dovrebbe mostrarsi come una riduzione della velocità di crescita. Ma, nei dati, questo effetto viene completamente mascherato dalle variazioni stagionali.

Tuttavia, perlomeno le emissioni si sono un po’ ridotte: era un obiettivo che si cercava di ottenere da decenni, senza riuscirci. Se rimangono attivi i vari blocchi e le restrizioni, ci possiamo aspettare altri cali delle emissioni. Se questo continuasse per qualche anno, allora potremmo vedere il CO2 nell’atmosfera rallentare la crescita e potrebbe anche cominciare a scendere. Certo, però, che il prezzo da pagare sarebbe spaventoso se questi metodi drastici sono l’unico modo di arrivarci.

In effetti, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa in termini di clima è la differenza fra sogni e realtà. Quando si parlava di ridurre le emissioni, c’era chi parlava di “decrescita felice” e chi di “disaccoppiamento”. Ovvero, si sosteneva che riducendo i consumi saremmo stati più felici e, non solo, sarebbe stato addirittura possibile continuare a far crescere l’economia. Certo, e sarà anche Natale tre volte all’anno. A questo punto, con un milione di posti di lavoro persi nel 2020 e l’economia a pezzi, dovremmo aver imparato che il cosiddetto “disaccoppiamento” non è tanto semplice come sembrava. E che la decrescita è tutt’altro che felice.

E allora? Con l’esaurirsi della pandemia c’è chi spera in un ritorno rapido al mondo di prima. Ammesso che ci si possa arrivare (cosa molto dubbia), questo ci riporterà anche ai problemi di prima: come ridurre le emissioni se continuiamo ad affidarci ai combustibili fossili? Se non le riduciamo, ritornare al Pliocene potrebbe essere anche peggio della decrescita infelice, specialmente se consideriamo che durante il Pliocene faceva molto più caldo di oggi e il livello del mare era circa 25 metri più alto. Per gli australopitechi di quell’epoca andava benissimo, ma per noi sarebbe un po’ dura adattarsi.

E allora dobbiamo cercare di barcamenarci il meglio possibile. Dopotutto, la situazione non è disperata. Gli ultimi dati disponibili indicano che l’energia rinnovabile è diventata la tecnologia di energetica meno costosa in assoluto. Questa è una strada che ci si apre davanti per liberarci dei combustibili fossili senza dover far decrescere rapidamente l’economia, con tutta l’infelicità del caso. Vediamo di imboccarla con decisione, altrimenti saranno guai.

 

mercoledì 2 giugno 2021

Covid: La Fine dell'Università

 Le lezioni all’università diventeranno come i Ted: docenti comunicatori e giovani sempre più soli

da "Il Fatto Quotidiano" del 20 Maggio 2021

di Ugo Bardi

 

Si avvia a concludersi il secondo anno accademico dell’era post-Covid. È stato ancora un anno in didattica a distanza (Dad) ma stavolta in modalità “duale.” Per via del distanziamento, non tutti gli studenti potevano entrare nelle aule e quindi avevano l’opzione di seguire i corsi a distanza per mezzo di una telecamera. In pratica il duale è stato alternato a periodi di completa didattica a distanza, ma in ogni caso ha confermato i problemi avevo descritto in un post precedente.

Uno dei problemi principali è che nell’università si fa ancora lezione con il docente che parla e gli studenti che ascoltano: è la didattica cosiddetta “erogativa” che vede gli studenti come dei secchi da riempire. Potrebbe anche andar bene per certe cose, ma il problema è che la tecnologia cambia completamente il modo di fare le cose, anche se non lo vorremmo. Per esempio, potete benissimo dire che la vostra macchina è una “berlina,” ma questo non vuol dire che sia tirata da cavalli e abbia un cocchiere, come avevano le berline di due secoli fa. Allo stesso modo, quello che si fa in Dad viene chiamato “lezione” ma non è la stessa cosa che si faceva prima.

Una lezione universitaria tradizionale “frontale” di un paio d’ore è pesante. Però si regge abbastanza bene se il docente ha una capacità che si acquisisce con l’esperienza: capire se gli studenti lo stanno seguendo oppure no. Gli studenti ti possono mandare dei messaggi chiarissimi anche senza dire una parola: lo si vede dal linguaggio del corpo: sguardo, posizione, movimenti, eccetera. E se vedi che non ce la fanno più, puoi rallentare, fare una pausa, fermarti a spiegare, tornare indietro, e altre cose. Insomma, la lezione in presenza è sempre interattiva. Ovviamente, non è detto che funzioni sempre bene ma, comunque vada, docenti e studenti sono esseri umani che si ritrovano faccia a faccia per due ore. Non si possono ignorare reciprocamente per tutto il tempo.

Trasportate la stessa lezione in Dad ed è un disastro. Ti trovi di fronte gli studenti in forma di immagini grandi come francobolli. E nemmeno tutti mostrano la loro faccia, invocando una cattiva connessione. Forse è una scusa, forse no, comunque non li puoi obbligare. Così ti ritrovi a “parlare al nulla” senza avere la minima idea se quello che stai dicendo viene recepito. Le cose non cambiano in modalità duale. Più della metà degli studenti rimangono in virtuale e i professori sono bloccati nel campo visivo della telecamera senza poter veramente interagire con i coraggiosi in aula.

Ne consegue che la Dad segna un cambiamento profondo nella struttura e nei metodi delle lezioni. La lezione “frontale” (chiamatela “cattedratica”, se volete) è altrettanto obsoleta delle carrozze a cavalli. Il futuro è probabilmente qualcosa di simile ai seminari TED che trovate sul Web. Presentazioni brevi ed efficaci, fatte dagli esperti più rinomati nei vari settori, gestite da professionisti della comunicazione. Cose ben diverse da quello che un docente può fare da solo, arrangiandosi il meglio che può fra le mille incombenze che si ritrova addosso.

Se si va verso qualcosa del genere, come sembra inevitabile, un gran numero di docenti dell’università italiana risulterà ridondante, più o meno come i cocchieri delle carrozze di una volta. Non è detto che non sia una cosa buona, ma il problema non è quello. È che l’università – come tutta la scuola – è uno dei pochi luoghi dove i giovani possono ancora socializzare e crescere come persone. Se restano chiusi in casa, davanti allo schermo di un computer, il risultato lo potete ancora chiamare scuola, ma non lo è più, allo stesso modo in cui la potenza di un’automobile si può ancora misurare in cavalli vapore, ma i cavalli non ci sono più. Ed è una cosa a cui dobbiamo pensare se non vogliamo tirar su una generazione di disadattati.