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mercoledì 20 settembre 2023

Casa di Legno o Casa di Pietra? Tutte e due hanno le loro ragioni di essere

 


Un contributo di Saverio Aiolfi. Come personale commento, mi trovo in queste settimane intento a traslocare in una casa costruita nel '700. Con dei muri in pietra spessi 30 centimetri, questa vecchia magione ha una inerzia termica gigantesca, è un po' l'antitesi di quella di legno che descrive Aiolfi. Entrambe richiedono un certo adattamento alle condizioni climatiche esterne. entrambe hanno una loro logica che è il risultato di secoli di evoluzione. Sono molto diverse dalle case di oggi, pensate più come astronavi che isolano gli abitanti dai cambiamenti esterni. E spesso isolano troppo. Sono delle trappole mortali che trattengono tutti i veleni prodotti all'interno, come pure l'umidità. Insomma, più andiamo avanti, più facciamo errori. Ma leggetevi questa storia raccontata da Aiolfi. Certe volte si riesce anche a rimediare. 


Mi chiamo Saverio Aiolfi e abito nella bassa parmense, precisamente a Carzeto di Soragna.

Nell'ormai lontano 2006 ho deciso di dare vita al mio sogno di trasferirmi in campagna e costruire una casa che fosse il più possibile ecologica ma anche più economica di una casa in muratura (è sempre stata una mia convinzione, e lo è tutt'ora, che l'ecologia non deve essere una cosa per ricchi).

Ho quindi comprato un vecchio rustico da abbattere con un po' di terra intorno e ho iniziato a studiare il mondo delle case in bioedilizia.

Fin dall'inizio mi sono reso conto di quanto fosse una giungla quel mondo, tra metodi diversi di costruzione, materiali diversi utilizzati, prezzi molto più alti di quelli che mi aspettassi, e tantissimo marketing che fa leva sulla forma cercando di nascondere la sostanza.

Mi sono concentrato sulle case in legno, che ritengo essere la risorsa rinnovabile per eccellenza per realizzare edifici abitativi, e dopo quasi due anni di studi e più di venti preventivi chiesti sono riuscito a trovare una soluzione con un rapporto qualità/prezzo tra i migliori sul mercato e soprattutto con un costo inferiore ad una casa tradizionale (considerando i prezzi di costruzione della mia zona).

Purtroppo anche in questo settore come in praticamente tutti gli altri il marketing la fa da padrone, e questo porta troppo spesso a fare scelte che poi si rivelano sbagliate o non ottimali. L'unico modo per non farsi fregare dal marketing è metterci il tempo e l'impegno necessario per acquisire le competenze che servono a fare le scelte giuste, o quantomeno a ridurre gli errori il più possibile. Purtroppo la maggior parte delle persone non ha né il tempo né la voglia (e a volte nemmeno la capacità) di approfondire un determinato argomento ad un livello tale da diventare un piccolo esperto in materia, ma in seguito questa superficialità si paga in maniera spesso irreparabile.

Come metodo di costruzione ho scelto la blockhaus, in modo tale da avere tutte le pareti perimetrali portanti fatte da travi di legno bilamellare (dieci centimetri di spessore, e il fatto che sia bilamellare conferisce maggiore resistenza e stabilità alla casa rispetto al “vecchio” tronco singolo), poi chiaramente c'è anche la coibentazione (fibra di legno, altri dieci centimetri di spessore) e il rivestimento interno in perlinato. Il legno è padrone assoluto.

Questo tipo di parete, assieme al tetto coibentato allo stesso modo e ventilato, permette di ottenere un edificio in classe energetica A1.

Le pareti fatte in questo modo sono inoltre naturalmente traspiranti, il che non solo garantisce un ottimo comfort abitativo, ma impedisce anche la formazione di ristagni di umidità e quindi di muffe.

In pratica viene coniugato un metodo di fabbricazione antico con i progressi della tecnologia per ottenere dal legno il meglio come materiale da costruzione.

A volte mi capita di parlare con persone che mi dicono di aver fatto anche loro una casa ecologica e ad alta prestazione energetica, poi quando chiedo informazioni sulla tipologia scelta c'è quasi sempre da mettersi le mani nei capelli.

Sono quasi tutte case “all'americana”, con una sottile intelaiatura in legno che fa da struttura portante e poi tutto il resto sono materiali isolanti (la maggior parte delle volte di bassa qualità e non certo ecologici come polistirene, lana di vetro, lana di roccia) e rivestimenti in cartongesso o intonaci sigillanti che rendono la casa una scatola che non respira.

Io le chiamo “le case di cartapesta”.

Gli unici reali vantaggi sono i bassi consumi e l'elevata classificazione energetica (da B in su). Purtroppo i mass media parlano solo di questi ultimi aspetti dato che sono quelli a più alto impatto emotivo e di maggiore facilità comunicativa tralasciando totalmente gli aspetti più tecnici; la gente si ferma alla superficie e il marketing ha gioco facile nel vendere delle case che sono destinate a durare pochi decenni e poi devono essere demolite.

Io ho preferito pensare al futuro, non solo mio ma anche di chi verrà dopo di me.

Tornando a noi, nell'estate del 2009 è iniziata la costruzione, e pochi mesi dopo ero già nella mia nuova casa, quindi i tempi di costruzione sono stati brevissimi.

Oltre ad essere al 100% ecologica è anche al 100% elettrica, alimentata da pannelli fotovoltaici e con impianto di riscaldamento / raffrescamento / acqua calda sanitaria a pompa di calore.

In quegli anni praticamente nessuno progettava case unendo tutti questi elementi, e le persone con cui ne parlavo facevano facce molto perplesse mentre ascoltavano il mio racconto. Alcuni hanno anche cercato di dissuadermi sottolineando i rischi di andare incontro all'ignoto facendo cose che quasi nessuno faceva, però le idee in testa erano chiare e soprattutto supportate da una conoscenza approfondita della materia. E poi nella mia vita ho sempre fatto scelte controcorrente.

I vantaggi si sono visti fin da subito, e vanno ben oltre la soddisfazione di aver costruito qualcosa di totalmente ecologico e alimentato solo con energia rinnovabile.

La spesa annua per l'energia ammonta in media a 200 euro, quindi praticamente niente. Il conteggio è fatto considerando sia quello che spendo per prelevare dalla rete elettrica nazionale l'energia che mi serve quando i pannelli non producono, sia quello che ricavo immettendo nella rete l'energia che non uso quando i pannelli producono più di quello che mi serve.

Considerando che produco in media sette megawatt all'anno e ne consumo in media circa 5 e mezzo, dovrei in realtà essere in guadagno, ma purtroppo lo scambio sul posto non è un reale scambio: ciò che immetto in rete mi viene pagato in base al PUN (prezzo unico nazionale), vale a dire che mi viene pagata solo l'energia, mentre io in bolletta pago anche tutti i costi accessori, da qui la differenza.

Negli ultimi anni si stanno diffondendo le batterie di accumulo per immagazzinare l'energia prodotta dai pannelli e non usata in tempo reale. Personalmente credo che al momento (anno 2023) siano troppo costose e poco performanti e che quindi nonostante tutto sia ancora più conveniente rimanere allacciati alla rete elettrica nazionale, ma sono fiducioso che nei prossimi anni la tecnologia renderà conveniente anche la totale indipendenza energetica, se non altro per singole abitazioni o piccoli gruppi di esse.

Il comfort abitativo è nettamente migliore rispetto alle case in muratura, sia perché la parete traspirante fa in modo che l'umidità dentro casa si senta molto meno (grande vantaggio in pianura padana), sia perché viene trasmessa l'impressione di vivere dentro alla natura e non in un involucro artificiale.

La casa è inoltre naturalmente antisismica, per come è costruita. Questo aspetto non viene mai considerato perché si pensa che i terremoti tanto in pianura non ci sono, oltre al fatto che costruire antisismico costa tantissimo e quindi si scarta a prescindere; qui invece è tutto compreso nel prezzo.

In definitiva devo dire che fare una casa di questo tipo è stata una delle decisioni migliori che ho preso nella mia vita.

Per ulteriori approfondimenti si può leggere il blog https://laveracasadilegno.wordpress.com/ nel quale ho caricato tantissime foto e raccontato molti più dettagli in vari articoli.

Negli anni ho inoltre continuato a tenermi aggiornato sulla materia e di conseguenza esperienza e competenze sono aumentate e migliorate, tanto che oggi potrei realizzare qualcosa di ancora migliore.

Quasi quasi la vendo e ne faccio un'altra! :-)

martedì 8 giugno 2021

Clima: cosa ci ha insegnato la pandemia?

 

Clima, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è la differenza fra sogni e realtà

Clima, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è la differenza fra sogni e realtà
Da "Il Fatto Quotidiano" del 9 Aprile 2021
di Ugo Bardi

Arriva proprio in questi giorni dal Noaa (l’ente nazionale per l’amministrazione degli oceani e dell’atmosfera degli Stati Uniti) una discreta doccia fredda (in effetti calda, addirittura bollente) su quelli che speravano che la pandemia avesse aiutato a ridurre il problema del cambiamento climatico. Dice il Noaa che i livelli dei due gas serra principali, biossido di carbonio e metano, “hanno continuato la loro crescita nel 2020, nonostante il rallentamento economico causato dalla risposta alla pandemia” e anche che “la concentrazione di CO2 di oggi è comparabile a quella del periodo caldo del Pliocene, circa 3,6 milioni di anni fa”.

In sostanza, non è cambiato nulla. Eppure in Italia si parla di una riduzione del 10% delle emissioni di CO2 nel 2020. In tutto il mondo ci si attesta sul 6-7% in meno. Come è possibile che questo non abbia avuto effetto sulle concentrazioni atmosferiche? Per alcuni, è una cosa talmente sorprendente che c’è chi ha cominciato a dire che tutta la storia del riscaldamento globale causato dall’uomo è una balla colossale. Ma non è così. Immaginatevi di stare riempiendo di acqua una vasca da bagno. Se chiudete un po’ il rubinetto, ma non del tutto, non vi aspettate di certo che il livello dell’acqua diminuisca. Non diminuisce nemmeno se chiudete completamente il rubinetto, a meno che la vasca non perda dal tappo.

Per quanto riguarda il CO2, c’è un “rubinetto” che sono le emissioni umane, mentre il “tappo” è l’assorbimento dell’ecosistema che elimina circa il 50% delle emissioni umane. Non ci aspettiamo certamente che una riduzione del 7% delle emissioni porti a un calo nelle concentrazioni. Al massimo, dovrebbe mostrarsi come una riduzione della velocità di crescita. Ma, nei dati, questo effetto viene completamente mascherato dalle variazioni stagionali.

Tuttavia, perlomeno le emissioni si sono un po’ ridotte: era un obiettivo che si cercava di ottenere da decenni, senza riuscirci. Se rimangono attivi i vari blocchi e le restrizioni, ci possiamo aspettare altri cali delle emissioni. Se questo continuasse per qualche anno, allora potremmo vedere il CO2 nell’atmosfera rallentare la crescita e potrebbe anche cominciare a scendere. Certo, però, che il prezzo da pagare sarebbe spaventoso se questi metodi drastici sono l’unico modo di arrivarci.

In effetti, se la pandemia ci ha insegnato qualcosa in termini di clima è la differenza fra sogni e realtà. Quando si parlava di ridurre le emissioni, c’era chi parlava di “decrescita felice” e chi di “disaccoppiamento”. Ovvero, si sosteneva che riducendo i consumi saremmo stati più felici e, non solo, sarebbe stato addirittura possibile continuare a far crescere l’economia. Certo, e sarà anche Natale tre volte all’anno. A questo punto, con un milione di posti di lavoro persi nel 2020 e l’economia a pezzi, dovremmo aver imparato che il cosiddetto “disaccoppiamento” non è tanto semplice come sembrava. E che la decrescita è tutt’altro che felice.

E allora? Con l’esaurirsi della pandemia c’è chi spera in un ritorno rapido al mondo di prima. Ammesso che ci si possa arrivare (cosa molto dubbia), questo ci riporterà anche ai problemi di prima: come ridurre le emissioni se continuiamo ad affidarci ai combustibili fossili? Se non le riduciamo, ritornare al Pliocene potrebbe essere anche peggio della decrescita infelice, specialmente se consideriamo che durante il Pliocene faceva molto più caldo di oggi e il livello del mare era circa 25 metri più alto. Per gli australopitechi di quell’epoca andava benissimo, ma per noi sarebbe un po’ dura adattarsi.

E allora dobbiamo cercare di barcamenarci il meglio possibile. Dopotutto, la situazione non è disperata. Gli ultimi dati disponibili indicano che l’energia rinnovabile è diventata la tecnologia di energetica meno costosa in assoluto. Questa è una strada che ci si apre davanti per liberarci dei combustibili fossili senza dover far decrescere rapidamente l’economia, con tutta l’infelicità del caso. Vediamo di imboccarla con decisione, altrimenti saranno guai.

 

sabato 5 dicembre 2015

Il Pensiero Odierno


Un post di Marco Sclarandis

riferito a questo: 

http://www.mission-innovation.net/
http://www.breakthroughenergycoalition.com/en/?WT.mc_id=11_29_2015_16_Announcement_BG-TW_&WT.tsrc=BGTW


Il pensiero odierno:

Io ormai spero solo che la gente creda al miracolo. Perchè se un miracolo si sta compiendo, ma la gente non ci crede, è come se non si compisse.

E credo che fisicamente il miracolo possa avvenire. Non credo che i miracoli siano delle violazioni ad hoc delle leggi fisiche, ma siano eventi rari ma reali e possibili che fanno gridare al miracolo solo a causa della nostra ignoranza del mondo fisico.

L’intreccio quantistico, l’effetto tunnel, sembrano magie, prodigi, miracoli, masono eventi reali e in un certo senso ordinari. Forse un Lucrezio, un Leonardo, un Archimede, dopo un iniziale sconcerto li avrebbero poi considerati per quello che sono, fisica, meravigliosa , ma fisica. Certo che organizzare tutto di modo che, per sventare una sciagura occorra proprio un miracolo mi pare il massimo della malvagia superstizione.

E’ ciò che stiamo facendo da decenni, non da stregoni apprendisti, ma da maghi di lungo e detestabile corso.

Credo che questo decalogo incompleto, deriso, frainteso e sciattamente divulgato da soloni, predicatori, e agitatori di popolo sia quanto di meglio per far apparire il miracolo su questa sventurata Terra.

Onore e merito a Serge Latouche:

Rivalutare. I valori sono diventati vuoti simulacri, sostituiti da megalomania individuale, egoismo e rifiuto della morale. Occorre rivendicare valori come l’altruismo, la collaborazione, il piacere, il locale.

Riconcettualizzare. La mancanza di valori dà luogo ad una visione diversa del mondo. Occorre ridefinire concetti come la ricchezza/povertà, la rarità/abbondanza distinguendo gli elementi reali da quelli di creazione artificiale.

Ristrutturare. Adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori.

Ridistribuire. La ridistribuzione delle ricchezze e delle risorse ha un effetto positivo sulla riduzione del consumo, per due fattori: ridimensionamento del potere dei consumi del Nord e diminuzione dello stimolo al consumo vistoso.

Rilocalizzare. Segue il principio del “think global, act local” per il quale occ orre produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari ai bisogni delle popolazioni.

Ridurre. Ridurre non significa necessariamente tornare indietro. Significa limitare/eliminare il sovraconsumo ed abbattere gli sprechi. La riduzione noncoinvolge solo le risorse, ma anche aspetti sociali come il tempo dedicato al lavoro.

Riutilizzare/Riciclare. È necessario ridurre lo spreco, combattere l’ obsolescenza delle attrezzature e riciclare rifiuti non riutilizzabili.

Riconoscere la necessità del cambiamento, questa l’aggiungo io, ma questo dovrebbe essere il primo comandamento.




Marco Sclarandis