giovedì 6 ottobre 2022

Mai Baciare un'Aliena! Ovvero: la morte della scienza



Mi ricordo di aver letto un romanzo di fantascienza, parecchi anni fa, del quale mi è rimasto in mente la descrizione dell'incontro di un'astronave aliena e una umana da qualche parte nel mezzo della galassia. Nel romanzo, gli umani e gli alieni respirano atmosfere diverse e possono entrare in contatto solo attraverso una barriera di vetro, ma, lentamente, cominciano a capirsi. A un certo punto, uno degli astronauti terrestri approfondisce talmente il rapporto con un'aliena che il capitano lo deve redarguire, dicendogli: "Stai attento, Non è il caso che tu ti innamori di un'aliena verde che respira cloro e beve acido cloridrico." (Il romanzo era dello scrittore sovietico Ivan Yefremov, se mi ricordo correttamente). 

Non ci capita spesso di innamorarci di femmine aliene con la pelle in teflon, però succede alle volte di essere affascinati dalla diversità, dallo scoprire dei mondi completamente inaspettati. A volte, dei mondi anche sconvolgenti, che non vorresti esistessero. Ma la diversità di arricchisce sempre e comunque. Se qualcosa esiste -- e forse da qualche parte esistono veramente alieni (e aliene) che respirano cloro -- ci deve essere qualche ragione per la quale esistono. 

Un'esperienza del genere l'ho avuta leggendo un post sul blog di un mio amico, Un testo che posso definire soltanto come alieno. Non che non sia comprensibile: è scritto in una lingua terrestre che riesco, più o meno, a decifrare. Ma non ci trovo una sola frase che sia coerente con la mia visione dell'universo. Nulla che corrisponda ai dati che ho, o con la quale potrei essere anche vagamente d'accordo. Per quanto ne posso dire io, potrebbe venire da un altra galassia. Provate a leggerlo anche voi. Se avete un minimo di educazione di tipo tecnico-scientifico, avrete anche voi la stessa impressione. 

Attenzione! Non sto pubblicando questo testo per esporlo al ludibrio di chicchessia, e nemmeno per criticarlo. Anzi, sono ammirato dalla franchezza dell'autrice, che non conosco personalmente ma che sono straconvinto sia un'ottima persona. Se vi presento questo testo, è un po' come per presentarvi un ode funebre. Questo testo non è una poesia, ma in un certo senso ha un valore poetico. E' un'ode alla morte della scienza. 

La scienza, si, quella che era partita dagli astronomi del rinascimento che meticolosamente, faticosamente, notte dopo notte, raccoglievano dati sul moto dei pianeti e delle stelle. Forse pensavano davvero che ci fossero degli angeli a spingere, ma questo non rendeva il loro lavoro meno meticoloso. La scienza di Galileo, quella che "la sapienza è figliola della sperienza." La scienza, quella fatta del "1% di ispirazione e il 99% di traspirazione," quella per cui niente che non sia rigorosamente provato è vero, e dove tutto è quantificato, tutto è misurato, tutto è valutato. Quella scienza che ci insegnavano quando eravamo matricole all'università. Forse non era mai veramente esistita, ma ci credevamo. E se ci credevamo, in un certo senso esisteva. 

Ed è tutto svanito. Non so a voi che effetto fa vedere la faccia di uno dei tanti virologi televisivi che hanno imperversato negli ultimi due anni e mezzo. A me, fa un effetto tipo quello che mi aspetterei se baciassi un'aliena che ha appena bevuto uno Spritz all'acido cloridrico. E non sono il solo ad avere questa sensazione. Conosco tantissime persone che si sono sentite pesantemente imbrogliate da come sono state trattate durante gli ultimi due anni e mezzo, sempre con la scusa della "scienza." Queste persone hanno perso ogni fiducia nella scienza, perlomeno in quella "ufficiale." Non che siano diventati tutti terrapiattisti, ma ora notano i tanti imbrogli che ci stanno rifilando in nome della scienza. E mi sa che queste persone non siano dalla parte dei più tonti nella curva gaussiana. 

Purtroppo, si può anche esagerare con questo atteggiamento. E' anche venuto fuori un gruppo di persone che rifiutano la scienza in toto e si rifanno una loro visione dell'universo sulla base di presupposti completamente diversi. Come fa, fra i tanti, l'autrice di questo testo. E non c'è modo di mettersi d'accordo. La scienza (quella cosa che chiamavamo "scienza") parte da certi presupposti, postulati se volete. Non li si possono veramente dimostrare. Si possono accettare o rifiutare. Se uno li rifiuta, ne possiamo solo prendere atto. Ed è colpa degli scienziati se agli occhi di tanta gente la scienza è diventata un'accozzaglia di corrotti imbroglioni al soldo dei poteri forti. 

Può darsi che, come tante altre cose, tipo il comunismo o il culto di Giove Pluvio, anche la scienza abbia concluso il suo ciclo. Forse così doveva essere per qualche ragione -- forse qualcuno, nei quartieri alti, ha voluto distruggerla perché dava fastidio con la sua insistenza su certe cose tipo la necessità di far qualcosa contro il cambiamento climatico. Comunque sia, così è andata. 

E allora? Beh, non ci resta che marciare verso il futuro al buio, con gli occhi bendati, e con il nervo ottico reciso. Cosa mai ci potrebbe succedere di male?   

UB



<..> Occorre tenere presente che gli stessi centri di potere (militare in primis) che cavalcano il catastrofismo climatico antropico e forniscono le loro soluzioni, sono gli stessi che hanno costruito la “narrazione” dei cambiamenti climatici, consapevoli del ruolo e del potere che una simile narrazione poteva comportare in futuro.

Che i cambiamenti climatici dipendano dalla storia terrestre e dai suoi cicli naturali di raffreddamento e riscaldamento è un’ipotesi sensata dal momento che la terra non è una macchina; è un organismo vivo che evolve, che influenza altri organismi e che da essi è influenzato. Poi c’e’ la responsabilità di quella parte di umanità che ha danneggiato e danneggia tutt’ora lo strato dell’ozono con l’esplosione di bombe nucleari e con il lancio di razzi e di satelliti, che utilizza tecnologie elettromagnetiche capaci di modificare la ionosfera, che irrora i cieli con sostanze che schermano la luce solare apportando una modifica delle condizioni climatiche, oltre ad essere nocive per tutti gli esseri viventi.

Forse l’inganno della co2 come il peggiore dei mali possibili si svela quando realizziamo che non è un inquinante, è il componente principale degli esseri viventi, e senza di essa le piante non sopravvivono….. e nemmeno gli esseri umani, per lo meno fino a quando resteranno tali 

Si potrebbe pensare che ne è stata immessa in eccesso, ma allora perché dalla storia della terra emerge che i periodi con più concentrazione di CO2 (superiore a quello attuale) corrispondevano ad una massima esplosione della vita vegetale? e poi perché i “negazionisti dei cambiamenti climatici” che vedono nel programma di decarbonizzazione una catastrofe ambientale vengono oscurati senza permettere loro un confronto?

Una volta si accusavano giustamente i negazionisti di essere pagati dalle compagnie petrolifere per negare il riscaldamento climatico (poi modificato in cambiamento).

Con la stessa foga avremmo dovuto chiederci da chi erano finanziati i promotori del catastrofismo climatico (Al Gore, Club di Roma, ONU, OMS IPCC, NATO WWF…….. dietro di loro avremmo trovato Rockfeller, Soros, la monarchia inglese……)

Io non so che impatto ha la CO2 sul cambiamento del clima, ma soprattutto non so se il clima sta cambiando e quali sono le cause, di sicuro i signori del male non dichiareranno mai guerra alla macchina bellica e alle sue emissioni di cloruri metalli pesanti radiazioni e co2, come non se la prenderanno mai con i razzi che portano in cielo i satelliti di Musk e di Bezos.

Se la prendono guarda caso con la molecola meno nociva tra le tante…… chissà, forse un giorno oltre ad accusarci di essere in troppi, ci chiederanno di ridurre l’espirazione di anidride carbonica…… così come alcuni “ambientalisti” stanno colpevolizzando i cadaveri degli alberi di emettere co2 durante la decomposizione.

Nel frattempo, con la scusa dell’emergenza energetica, in alcune parti dell’Europa (Romania) si sta autorizzando l’abbattimento delle foreste “protette”, si sta implementando l’utilizzo di gas di scisto, sta aumentando l’utilizzo del carbone, si stanno riattivando centrali nucleari, si impongono pericolosi rigassificatori ad alto tasso di inquinamento, aumenta l’estrazione di petrolio, si installeranno mostruose pale eoliche e fotovoltaico ovunque….. insomma, stiamo assistendo ad una accelerazione della distruzione della terra e “all’inevitabile” aumento di co2 in atmosfera.

Bene ha scritto un mio amico del ridicolo orologio che segna il tempo che manca alla catastrofe….. perché è anche nei particolari grotteschi che si scorge l’inganno. A tal proposito è utile ricordare alcune celebri dichiarazioni apocalittiche provenienti da voci “autorevoli”: ONU 1989: se non si inverte il riscaldamento globale entro il 2000 l’innalzamento dei mari provocherà disastri,

Al Gore 2008: l’intera calotta polare artica scomparirà entro 5 anni (2013).

Di queste dichiarazioni con date sparate a “caso” ce ne sono state una infinità e tutte quante hanno avuto il compito di instillare paura, di far prendere confidenza con un futuro pericolo e con la necessità che qualcuno lo gestisse.

Questa mattina il cielo era blu, pulito, poi i soliti aerei hanno cominciato ad irrorare formando una sottile velatura. E’ il caso di dire che ce la fanno proprio sopra gli occhi! Tante persone non hanno più memoria dei bei cieli blu del passato. E’ come se il cielo fosse un’entità che non gli “appartiene”, non è affare loro…… e a me questa mentalità preoccupa molto di più della CO2.

La realtà è che ci ingannano indicandoci un problema per nasconderne altri e ben più gravi. Trasformando la co2 da molecola che sostiene la vita in un ennesimo nemico invisibile da combattere,i signori del male hanno intrapreso lo scontro finale contro la natura, che si chiama transizione ecologico/digitale. Si sta realizzando il piano per controllare e manipolare la vita, clima compreso, perciò possiamo individuare nella teoria dei cambiamenti climatici lo strumento per portarlo a compimento, e con la benedizione della massa green, diventata utile idiota dell’ Agenda transcodigitale.

Secondo la testimonianza di Nigel Calder, alla fine degli anni 80 Margaret Thatcher andò alla Royal Society e disse ai tecnici dell’IPCC: “ecco i soldi per provare la tesi del riscaldamento globale di origine antropica!”. Loro elaborarono il primo grande rapporto che predisse il disastro climatico come risultato del riscaldamento globale. Quando Calder andò alla conferenza stampa scientifica, rimase impressionato da due cose: Primo, la semplicità e la forza d’urto del messaggio. Secondo, la totale indifferenza riguardo a tutta la scienza climatica di quel tempo e in particolar modo al ruolo del sole, che invece era stato l’argomento di un importante incontro alla Royal Society soltanto alcuni mesi prima.





sabato 1 ottobre 2022

La Fine dell'Era Industriale? Come tornare ad essere contadini poveri




Dal "Fatto Quotidiano" del 29 Settembre 2022

di Ugo Bardi

I convulsi eventi sulla scena geopolitica mondiale continuano a prenderci di sorpresa. Cosa c’è dietro la distruzione del gasdotto Nord Stream? Non possiamo dire chi sia stato, ma una cosa è certa: il conflitto che stiamo vedendo è una guerra per le risorse molto di più di quanto non sia una guerra guerreggiata. Per capire cosa sta succedendo, dobbiamo tornare indietro nel tempo a trovare le radici della situazione attuale. 

Nel libro “Mare e Sardegna” (1921) l’autore, D.H. Lawrence, ci racconta come un soggetto favorito nelle conversazioni fra gli italiani del tempo erano gli insulti verso l’Inghilterra. Era perché il carbone inglese era diventato caro, cosa gli italiani attribuivano alla malvagità degli Inglesi. Il termine “Perfida Albione” era stato inventato molto tempo prima, ma cominciava a diventare di moda a quell’epoca. 

La storia del carbone inglese in Italia ci illustra i fattori ancora oggi in gioco nel funzionamento dell’economia italiana. L’industria italiana ha bisogno di energia, ma in Italia non ci sono risorse energetiche fossili sufficienti. Così, la rivoluzione industriale era arrivata in Italia nell’800 portata dal carbone inglese, importato via mare. Ma, con la fine della prima guerra mondiale, il carbone inglese era diventato improvvisamente molto più caro di prima. Non era perché gli inglesi fossero perfidi (forse un tantino si, ma non peggio di tanti altri), era per via dell’esaurimento delle risorse. Come aveva già previsto alcuni decenni prima l’economista inglese William Jevons, i costi di estrazione del carbone erano sempre più alti. Così, la produzione di carbone inglese aveva raggiunto il suo picco nel 1914 e aveva cominciato un declino irreversibile. Negli anni 1930, la carenza di carbone aveva costretto l’Italia a un abbraccio mortale con la Germania – che ancora poteva produrlo a prezzi bassi. I risultati li sappiamo tutti. 

Uscita con le ossa rotte dalla seconda guerra mondiale, l’industria italiana riuscì a risorgere grazie al petrolio statunitense fornito abbondanza con il piano Marshall. Anche per il petrolio, tuttavia, l’esaurimento doveva farsi sentire prima o poi. Nel 1970, gli Stati Uniti arrivarono al loro picco di produzione. Ne seguì la prima grande “crisi del petrolio,” ma il mercato globale riuscì a compensare il declino con altre sorgenti. Nel frattempo, si diffondeva un nuovo combustibile fossile: il gas naturale. Gradualmente, l’Europa si orientava verso importazioni dalla Russia mediante gasdotti. Con il gas a costi relativamente bassi, il sistema industriale italiano poteva sopravvivere.

Negli ultimi 10 anni, però, le cose sono cambiate radicalmente. Con la tecnologia del “fracking”, gli Stati Uniti sono riusciti a invertire il declino della loro produzione sia di gas che di petrolio. Di conseguenza, si sono riaffacciati sul mercato mondiale come esportatori. Questo spiega molte cose: il mercato del petrolio e del gas è strategico nel grande gioco del dominio mondiale e in questo gioco non ci sono regole. Buttar fuori la Russia dal mercato dell’Europa occidentale rende possibile all’industria americana di riprendersi un mercato che avevano perso da tempo. E’ quello che sta succedendo. Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream è un segnale che il gas Russo non arriverà più in Europa. 

E adesso? In questo gioco strategico globale, tutto cambia sempre. E’ vero che le importazioni dagli Stati Uniti sono oggi in grado di sostituire il gas russo in Europa (a parte richiedere un aumento sostanziale della produzione USA, forse non impossibile). Ma è anche vero che importare gas naturale dagli USA è possibile soltanto in forma di gas naturale liquido e questo comporta grossi costi, come pure un pesante contributo al riscaldamento globale dovuto alle inevitabili perdite nel processo. A questo si aggiunge un’incognita fondamentale: fino a quando riusciranno gli Stati Uniti a mantenere la loro produzione ai livelli attuali? 

Il fracking è stato visto come una tecnologia miracolosa, ma non è così. La produzione sia di gas che di petrolio negli USA è piatta da qualche anno mentre le proiezioni non parlano di una ripresa della crescita rapida nel prossimo futuro. Come sempre, le previsioni sono difficili, ma di una cosa possiamo essere sicuri: nessuna risorsa minerale è infinita e prima o poi ci troveremo di fronte al picco del gas da fracking. E tutto ricomincia da capo con la ricerca affannosa di energia per tenere in piedi la società industriale. 

Per quanto riguarda l’Italia, ci troviamo in una posizione di estrema debolezza. Ci mancano le infrastrutture (i rigassificatori) necessarie per importare gas liquefatto. Li possiamo costruire, ma ci vorrà tempo e, nel frattempo, l’industria italiana potrebbe subire dei danni irreparabili. Non è detto poi che quando avremo i rigassificatori ci sarà gas disponibile da importare. Non solo, ma l’industria italiana potrebbe ritrovarsi a non essere competitiva sul mercato mondiale se deve sobbarcarsi gli alti costi del gas naturale liquido. In entrambi i casi, potremmo essere di fronte alla fine del ciclo industriale dell’economia italiana, circa due secoli dopo il suo inizio. Il problema è che, prima della rivoluzione industriale, in Italia c’erano meno di 20 milioni di abitanti e le carestie non erano rare. Tornare a quelle condizioni non sarebbe indolore (per dirla molto diplomaticamente). 

Sembra chiaro che per noi non ci sono altre vie di uscita che una sterzata decisa verso le rinnovabili, già oggi molto meno costose di qualsiasi combustibile fossile e in grado di sostituirli completamente. Questo i politici non l’hanno ancora capito, ma ci metterebbe al riparo da nuove crisi di disponibilità di energia e dai ricatti dei produttori. Ma non è una cosa che si possa fare dall’oggi al domani. Solo una soluzione diplomatica al conflitto in Ucraina ci darebbe il tempo per costruire una nuova infrastruttura basata sulle rinnovabili. Ce la faremo? Nulla vieta di provarci. 



giovedì 22 settembre 2022

Votiamo? Boh, ma perché no?


Sono anni che non guardo un notiziario in TV. Quanto ai giornali, mi può occasionalmente capitare di dare una sbirciata alla prima pagina mentre prendo un caffé al bar. Credo che questo metodo di tenermi in contatto (o meglio, fuori dal contatto) con quelle cose che chiamiamo "notizie" abbia un buon effetto sulla mia salute mentale. 

Tuttavia, fra sbirciatine e qualche accenno sul Web, mi pare di capire che ci sono due cose di cui si discute animatamente sui media in questo periodo. Una è la morte di un'anziana signora in Inghilterra. Un'altra è il rumore prodotto da un gran numero di persone di aspetto non rassicurante che vorrebbero che noi mettessimo una crocetta su un particolare quadratino in una scheda, questa settimana. 

Per l'anziana signora inglese, le mie condoglianze. Il suo nome mi suona conosciuto, anche se non l'ho mai sentita esprimere pubblicamente qualcosa che trovassi anche minimamente interessante. Per la crocetta, beh, conosco il meccanismo di questa strana cosa che si chiama "elezioni." L'ho imparato qualche anno fa, quando ho partecipato a un dibattito sull'energia nucleare, a quel tempo una delle priorità del governo Berlusconi appena eletto. 

La cosa che ho imparato in quel dibattito non riguardava l'energia nucleare, ma la democrazia. Il rappresentante del governo che partecipava ha detto subito all'inizio che lui non era lì per dibattere niente. Era lì, ci ha detto, solo per spiegare ai cittadini italiani i vantaggi che avrebbero ottenuto dalle nuove centrali. Era scritto nel loro programma elettorale che le avrebbero costruite e quindi l'idea di costruirle non era in discussione. 

Non era assolutamente vero. Nel programma di Forza Italia c'era solo la vaga promessa di "partecipare a progetti di ricerca internazionali sull'energia nucleare". Uomo bianco con accento milanese parlava con lingua biforcuta. Ma anche se qualcuno glie lo avesse fatto notare, sicuramente avrebbe ribattuto che la frase nel programma andava "interpretata" o qualcosa del genere. 

Questo era prima di Fukushima. Quando è successo, mi è quasi dispiaciuto per lui, poveraccio. 

In ogni caso, sembra che il fatto di mettere una crocetta su una certa casellina su un foglio di carta vuol dire dare il potere a certi tizi dalla faccia per niente rassicurante di fare assolutamente quello che gli pare con in nostri soldi e con le nostre vite, con l'unica condizione che, anni dopo, i cittadini potrebbero decidere di mettere la crocetta su un'altra casellina. 

E allora? Beh, allora tutta la faccenda delle elezioni è un esercizio poco utile che poi ci porterà ad avere questi tizi in grado di fare tutto quello che gli pare solo perché potranno dire di essere stati eletti dal popolo. Una volta, l'imperatore era considerato un Dio vivente, non mi sembra che ci fosse gran differenza. 

Per cui, ho il massimo rispetto per quelli che hanno deciso di astenersi. Personalmente, tuttavia, siccome ci sono delle persone intelligenti e in gamba -- e che considero miei amici -- che si presentano nella lista di ISP (Italia Sovrana e Popolare), metterò la mia crocetta sulla loro casella. Se un amico ti chiede un piacere, è il minimo che puoi fare. Per loro, lo faccio volentieri, anche se non so se gli auguro veramente di essere eletti. Personalmente preferirei una tortura con dei tratti di corda. 

E quindi andiamo avanti. Da qualche parte prima o poi arriveremo. 

UB




 

sabato 17 settembre 2022

La Caccia alle Streghe e le tre Leggi dello Sterminio di Massa



Lo sterminio delle streghe è un punto oscuro nella storia d'Europa, che tendiamo a considerare come il risultato della diffusione di varie forme di superstizione. Ma, come sempre, le cose sono più complesse di quanto sembri a prima vista. La caccia alle streghe aveva un oscuro segreto: il fatto che uccidere le streghe era un buon affare per molte persone perché i beni delle vittime potevano essere confiscati. Lo potete vedere in questa illustrazione tratta dal libro "England's grievance found..." di Ralph Gardiner, 1655. Nota, a destra, la scena descritta nel testo come "Il cacciuatore di streghe prende i soldi per la sua opera."

Tradotto e riadattato da "The Seneca Effect" The Age of Exterminations (I): Who are the Typical Victims?


Se pensiamo alla storia delle cacce alle streghe del XVI-XVII secolo in Europa, l'impressione più comune è che la tipica strega fosse una vecchia megera che viveva in una capanna ai margini del villaggio, sola con un gatto nero.

Ma no, non era così. Forse questo tipo di persone marginali venivano occasionalmente uccise come streghe, ma non erano le vittime usuali. In realtà la caccia alle streghe aveva una forte componente monetaria e spesso veniva praticata con l'obiettivo di lucrare sulla confisca dei beni delle vittime. Non erano donne povere e indigenti ma, piuttosto, membri della classe mercantile in Europa, a quel tempo in crescita. 

L'aspetto redditizio della caccia alle streghe è stato spesso ignorato dagli storici, ma è stato rivalutato ed evidenziato negli ultimi tempi, ad esempio da Johannes Dillinger (2021) e da Shmakov e Petrov (2018). La lettura di entrambi gli articoli è altamente suggerita e fornisce una notevole ricchezza di dati sul meccanismo finanziario che ha portato alla caccia alle streghe. La caccia alle streghe non si faceva (o si faceva raramente) dove il governo non permetteva la confisca dei beni delle vittime. Uccidere le streghe, quindi, era una delle tante forme di rapina legalizzata nella storia.

È una storia affascinante che ha a che fare con la nascita del capitalismo in Europa. Durante il XVI e il XV secolo, l'Europa si stava spostando da un'economia agricola quasi pura a un'economia commerciale e industriale che prevedeva la formazione di una classe mercantile che si sarebbe impegnata in attività come il prestito di denaro, la produzione di medicinali, e altri servizi. Fu tra i membri di questa nuova classe che furono trovate le "streghe". L'aristocrazia terriera d'Europa trovò conveniente usare le tecniche di propaganda dell'epoca per sollevare la plebaglia contro questa nuova classe media e incorporarne i beni. È stata una lotta di classe che si è estinta solo quando la classe media è cresciuta a un livello di ricchezza e potere tale da poter rifiutare di essere vittimizzata. Un paio di secoli dopo, con la rivoluzione francese, fu il turno della classe mercantile di prendersi una meritata vendetta sulla nobiltà agraria, che fu sterminata in massa senza neanche bisogno di accusarli di stregoneria. 

La caccia alle streghe, quindi, era solo uno dei tanti casi in cui il trasferimento di ricchezza non era ottenuto dal commercio ma dallo sterminio. Possiamo trovare molti esempi nella storia in cui una popolazione in espansione ha invaso la terra di un'altra popolazione, l'ha sterminata (perlomeno i maschi) e si è presa la terra (e spesso le donne). Un caso particolare è quando lo sterminio viene effettuato contro persone che appartengono, almeno in teoria, alla stessa società degli sterminatori. La caccia alle streghe ne fu un esempio, ma la madre di tutti gli stermini fu quella degli ebrei in Germania durante il regime nazista. Le ragioni ideologiche della persecuzione degli ebrei erano prominenti nei media e nella storiografia successiva, ma il fattore che spinse lo sterminio fu che gli ebrei erano relativamente ricchi e che le loro proprietà potevano essere confiscate a beneficio degli sterminatori. Altrimenti, non si troverebbe una logica nelle azioni del governo tedesco che incoraggiava lo sterminio di una categoria di persone che sarebbe stata utile allo sforzo bellico (gli ebrei tedeschi avevano combattuto per la Germania durante la prima guerra mondiale). Ma, chiaramente, lo sterminio portava un beneficio economico immediato agli sterminatori. 

Ci sono altri esempi di questo tipo, tra cui lo sterminio dei Catari europei (una setta cristiana) in Europa (1209-1229 d.C.), quello degli Armeni all'inizio del XX secolo, i Ruandesi, i Cambogiani e molti altri . L'ultimo caso è l'accusa fatta in questo periodo al governo cinese di sterminare gli Uiguri, una popolazione che vive nello Xinjiang, una provincia nord-occidentale della Cina. Senza entrare nei dettagli, possiamo dire che tutti questi stermini hanno diversi punti in comune.

1. Un sottogruppo relativamente ricco della società che può essere identificato da tratti fisici, linguistici o culturali, sufficientemente ampio da dare un buon reddito se sconfitto e depredato dei suoi beni.

2. Una situazione economica, sociale o militare difficile che porta i gruppi dominanti a cercare nuove risorse.

3. La mancanza di efficaci capacità di difesa militare da parte del sottogruppo.

Se queste condizioni sono verificate, è forte la tentazione per un governo o per un potente gruppo politico di sfruttare la situazione convincendo le persone che il sottogruppo è composto da persone malvagie: rubano i bambini, ti lanciano incantesimi, mangiano cose disgustose, puzzano, qualunque cosa. Dopo una campagna propagandistica sufficientemente intensa, si può passare all'eliminazione fisica della categoria e i loro beni possono essere confiscati.

È successo così tante volte nella storia che è impensabile che non accada più. Non c'è dubbio che siamo in un momento difficile, sia economicamente che militarmente. Quindi, per le élite è forte la tentazione di identificare uno o più sottogruppi da sterminare e derubare dei loro beni. Chi potrebbero essere le prossime vittime?

La domanda è interessante, e lascio la risposta ai lettori di questo blog. (ne riparleremo in un prossimo post).



venerdì 9 settembre 2022

L'era dei massacri- IX: come crearsi il proprio stato



Il "Chushingura" (忠臣蔵)  è una versione romanzata della storia dei 47 ronin giapponesi che hanno scelto di vendicare la morte del loro padrone, anche a costo della loro vita. L'evento avvenne nel 1701 a Edo  (sopra, un'interpretazione di Utagawa Hiroshige). Gran parte del valore emotivo del Chushingura deriva dal contrasto tra i ronin, che vedevano il mondo in termini di onore personale, e il governo, che vedeva solo le leggi e la loro rigida applicazione. Sarebbe possibile contrastare il predominio dello stato creando nuovi tipi di strutture sociali, magari diversi tipi di stati, che replichino alcune delle caratteristiche delle antiche associazioni basate sull'onore? Non è un compito facile, certo, ma le cose cambiano sempre e il futuro potrebbe riservare grandi sorprese.    

Tradotto da "The Seneca Effect"


Gli stati sono le macchine per uccidere più spietate mai create nella storia dell'umanità. 
Sono gestiti da entità chiamate "governi" che rivendicano il diritto di sequestrare la tua proprietà, costringerti a parlare una lingua specifica, bombardare intere popolazioni, mandarti a morire in una trincea umida in montagna e molto altro ancora. Certo, puoi sempre dirgli che sei scontento di quello che stanno facendo e che, un giorno, li punirai segnando una croce su un certo simbolo su un pezzo di carta chiamato scheda elettorale. E così avranno quello che si meritano. Di sicuro. 


Una volta, c'era la possibilità di andarsene. Gruppi di persone motivate potevano defilarsi dalla banda di assassini psicopatici che affermavano di essere i loro padroni e stabilirsi da qualche altra parte per creare un nuovo stato. In passato lo avevano fatto i Padri Pellegrini e in seguito i Mormoni. Non sempre funzionava bene, ma almeno era una possibilità. Ma ora, ovviamente, in quale parte del mondo potresti rifugiarti? Gli unici luoghi teoricamente liberi dalla giurisdizione di qualche stato sono isolette remote o le piattaforme petrolifere abbandonate. Sembrerebbe non esserci speranza. Eppure, potrebbero esserci dei modi se pensiamo fuori dagli schemi. 

Primo, cos'è esattamente uno stato? Nella versione moderna, uno stato è definito dalla terra che controlla: i suoi confini. Ma ciò che tiene davvero unito lo stato è il suo controllo sul denaro. Lo stato emette denaro (in realtà, lo fanno le banche centrali, autorizzando anche le banche ordinarie a fare lo stesso. Ma è comunque tutto sotto il controllo statale). Poi, lo stato si riprende il denaro che ha emesso sotto forma di tasse, multe e altre forme di estorsione. È questo circolo vizioso che mantiene i cittadini legati allo stato in una relazione che possiamo solo definire una versione soft della schiavitù (forse nemmeno così soft). Hai bisogno di soldi per sopravvivere e l'unico modo per ottenerli è obbedire allo stato. Negli ultimi tempi, abbiamo visto gli stati muoversi direttamente per sequestrare i conti bancari di quei cittadini ritenuti colpevoli di dissenso. Era un modo per sottolineare che i cittadini non possiedono realmente i soldi che credono di possedere. Tutti i soldi appartengono allo Stato. (*)

A causa dell'enorme potere del denaro, tutto ciò che si trova all'interno dei confini di uno stato è assolutamente, completamente e irreversibilmente sotto il controllo dello stato. Fuori c'è un altro stato, altrettanto assolutista, sospettoso, paranoico e governato dallo stesso tipo di psicopatici assassini. Se sei figlio/a di cittadini di un certo stato, sei per definizione schiavo del governo di quello stato. Si chiama " ius sanguinis ". Alcuni stati applicano lo ius soli, che afferma che i cittadini sono quelle persone nate all'interno del confine dello stato. Non cambia nulla rispetto al fatto che non hai scelta. 

Ma non è sempre stato così. Nei tempi antichi, il tuo posto nella società non era definito da confini fisici e nemmeno dal denaro, ma dalla tua fedeltà a un signore al quale avevi giurato fedeltà. Una promessa di fedeltà non era uno scherzo. Implicava un profondo legame di obblighi reciproci basati sull'onore personale. Per rendersi conto di quanto possa essere profondo quel legame, basti pensare alla storia dei quarantasette ronin giapponesi , che presero come missione quella di vendicare la morte del loro signore. La loro azione è stata una sfida diretta al potere dello stato giapponese, che ha reagito condannandoli tutti a morte.

A differenza della moderna cittadinanza in uno stato, la fedeltà era, entro certi limiti, una scelta. Il tuo "stato" era dove si trovava il tuo signore, indipendentemente dai confini fissi. Potete vedere un'eco di questi antichi usi nel romanzo " Dune " di Frank Herbert. È quando l'Imperatore ordina alla casa degli Atreidi di lasciare i loro possedimenti sul pianeta Caledon e di trasferirsi ad Arrakis. I seguaci degli Atreidi non sono legati a Caledon, si spostano tutti con i loro signori ad Arrakis.

Per qualche ragione, molto probabilmente a causa della pervasiva corruzione portata dal denaro, l'idea di giurare fedeltà a una casata nobile è del tutto fuori moda, al giorno d'oggi. Ma le cose cambiano continuamente. Gli stati sono diventati tali mostruosità che molte persone stanno ragionando per sostituirli con qualcos'altro o, almeno, per renderli un po' più flessibili, meno violenti e assetati di sangue. Ed ecco che arriva una possibilità: il Metaverso .   

So che, per molti di noi, il termine "Metaverso" è quasi la stessa cosa della schiavitù da parte di uno stato totalitario. Ma quando appare una nuova tecnologia, non si sa mai come potrebbe evolversi e a cosa potrebbe portare. Su questo argomento, ho avuto un lampo di comprensione quando ho letto l'articolo "Virtual Reality and the Network State " di Ryan Matters, appena apparso su "Off Guardian". Assolutamente da leggere. Consentitemi di riportare qui alcuni dei punti che Matters fa, citando il suo post. 

Il termine "metaverso" è stato utilizzato per la prima volta dal futurista e scrittore di fantascienza Neal Stephenson nel suo libro Snow Crash del 1992 per descrivere una realtà virtuale 3D "teorica" ​​che la gente comune potrebbe occupare. ....

Uno sguardo più approfondito al lavoro di Stephenson rivela alcuni temi interessanti, poiché l'elenco degli argomenti esplorati nei suoi libri si legge come l'agenda dell'incontro di una sessione a porte chiuse a Davos; cambiamenti climatici, pandemie globali, guerra biologica, nanotecnologie, geoingegneria, robotica, crittografia, realtà virtuale, l'elenco potrebbe continuare.
In effetti, non solo Stephenson ha scritto del "metaverso" prima che diventasse una cosa, ma alcune persone attribuiscono persino al suo libro Cryptonomicon del 1999 il merito di aver abbozzato le basi del concetto di criptovaluta!

Come alcuni scrittori di fantascienza prima di lui, Stephenson è chiaramente al corrente di più di quanto lascia intendere. E i suoi stretti rapporti con tecnocrati miliardari come Bezos e Gates alimentano solo i miei sospetti sul fatto che non sia semplicemente un romanziere con una buona immaginazione e una straordinaria abilità nel prevedere il futuro.

Ma ahimè, dobbiamo tornare all'argomento in questione: il metaverso, un mondo virtuale in cui
puoi occuparti di molte delle interazioni e degli eventi quotidiani della tua vita quotidiana, nella forma del tuo avatar. Questa forma può essere un essere umano, animale o qualcosa di più astratto con il suo aspetto personalizzabile.
Sì, è giusto. Puoi essere quello che vuoi essere. Il tuo avatar (una parola resa popolare da Stephenson!) Potrebbe essere un ragazzo, una ragazza, un cane, un bufalo, un tostapane - qualsiasi cosa tu voglia!

Puoi quindi interagire con gli avatar di altre persone in questo mondo virtuale. Nel Metaverso puoi acquistare e vendere terreni, assistere a concerti e visitare musei, costruire una casa e altro ancora.

Come mostra il lavoro di Neal Stephenson, il "metaverso" non è un'idea nuova. Il concetto è stato gradualmente trapelato nella cultura tradizionale negli ultimi vent'anni e più. Basti pensare a videogiochi come Second Life e film come The Matrix o Ready Player One.

È stato solo l'anno scorso (2021) che Facebook si è rinominato "meta", posizionandosi per un futuro in cui giocherà un ruolo di primo piano nello sviluppo dell'infrastruttura per realizzare il metaverso.
Non sei ancora sicuro di come tutto questo sta insieme? Semplice: con un mondo virtuale come il "metaverso" arriva denaro virtuale e beni virtuali, ovvero criptovaluta e NFT. Senza criptovaluta, il metaverso non sarebbe possibile. (...)
A parte le implicazioni filosofiche e psicologiche del vivere la vita in una realtà virtuale, web3 porta con sé tutti i tipi di nuovi possibili futuri, alcuni dei quali potrebbero effettivamente essere un miglioramento del modo in cui la società funziona attualmente, con la sua dipendenza da banche centrali corrotte e infiltrati governi.

Il futurista ed ex CTO di Coinbase, Balaji Srinivasan, immagina un mondo in cui la blockchain ha consentito alle comunità online di "materializzarsi" nel mondo reale come stati indipendenti e sovrani. Chiama questo concetto lo "stato della rete" e lo definisce come segue:
Il Network State è una nazione digitale lanciata prima come comunità online prima di materializzarsi fisicamente sulla terraferma dopo aver raggiunto la massa critica.
In altre parole, lo “stato rete”, secondo Srinivasan, sarà la prossima versione dello stato nazione. Sostiene che, a causa della natura decentralizzata della blockchain, gli stati della rete inizieranno come comunità geograficamente decentralizzate, connesse tramite Internet.

Questa comunità sarà composta da persone normali che credono in una causa comune; sarà un gruppo capace di azione collettiva. Alla fine, la comunità inizierà a costruire la propria economia interna utilizzando la criptovaluta.

Ciò consentirà loro di iniziare a tenere incontri di persona nel mondo reale e alla fine di finanziare appartamenti, case e persino città per creare strutture di co-living e portare i membri della comunità digitale nel mondo reale.

La fase finale del processo prevede che la nuova comunità negozi il riconoscimento diplomatico dai governi preesistenti, aumentando la sovranità e diventando un vero e proprio stato rete.

Questo ci porta alla definizione più complessa del concetto di Srinivasan:
Uno stato di rete è una rete sociale con un'innovazione morale, un senso di coscienza nazionale, un fondatore riconosciuto, una capacità di azione collettiva, un livello di civiltà personale, una criptovaluta integrata, un governo consensuale limitato da uno smart contract sociale, un arcipelago di territori fisici finanziati in crowdfunding, una capitale virtuale e un censimento a catena che dimostra una popolazione, un reddito e un'impronta immobiliare abbastanza grandi da ottenere una certa misura di riconoscimento diplomatico.
La filosofia di Srinivasan è interessante e, nonostante sia un autoproclamato transumanista, potrebbe aver delineato un percorso realistico per ottenere l'indipendenza dallo stato mondiale controllato centralmente e sempre più autoritario.
È davvero possibile? Per lo meno, è una possibilità interessante. Se ci pensate, tutti gli stati sono virtuali. Lo stesso vale per il denaro: è un'entità puramente virtuale. Ora, il punto chiave di uno stato metaverso sarebbe una criptovaluta integrata basata sulla tecnologia blockchain. Esiste un interessante parallelismo tra il concetto di "onore" e quello di "blockchain". Il tuo onore è determinato principalmente da ciò che hai fatto in passato. Come ha osservato Massimo Decimo Meridio", ciò che fai nella vita, riecheggia nell'eternità ". È proprio come una blockchain che non può essere modificata una volta stabilita.

Naturalmente, come lo stato reale, il metastato non sarebbe solo virtuale: si estenderebbe nel mondo reale con entità reali. Potrebbe avere una polizia, leggi, immobili e altro ancora. Potrebbe persino avere un esercito nel mondo reale e impegnarsi in trattati diplomatici con altri meta stati o reali. La differenza principale è che gli stati virtuali non avrebbero confini. Coesisterebbero nelle stesse aree, anche se i loro cittadini potrebbero tendere a vivere in regioni specifiche. 

Non è così inverosimile come potrebbe sembrare a prima vista: l'idea fluttua nella memesfera. Ad esempio,  Neil Degrassse Tyson ha  proposto nel 2016 uno stato virtuale che ha chiamato " #Rationalia " la cui costituzione consisterebbe in un'unica riga "  Tutte le politiche devono essere basate sul peso delle prove. " Le reazioni sono state prevalentemente negative per diversi buoni motivi, principalmente perché l'idea di Tyson mancava dell'elemento fondamentale di un metastato, la criptovaluta integrata. Ma i metastati esistono già in una forma embrionale: sono chiamati "corporazioni". Più specificamente, sono " multinazionali." Ciò di cui hanno bisogno per diventare metastati a tutti gli effetti è la propria valuta. Sarebbe un piccolo passo per una società, ma un grande passo per l'umanità. Le aziende non sono estranee dall'emettere la propria valuta: vi ricordate la canzone di Merle Travis, " 16 ton"? Il protagonista della canzone dice che "deve la sua anima al negozio aziendale". Significa che l'azienda stava attuando un circuito valutario chiuso in cui gli stipendi dei lavoratori potevano essere spesi solo presso il negozio aziendale. In un certo senso, ha emesso la propria valuta. 

Se sopravviviamo al collasso globale e se gli stati tradizionali mantengono le loro abitudini malvagie, un giorno potremmo davvero scegliere di diventare cittadini di uno stato virtuale. Ci libererebbe dai mostri paranoici che ora governano il mondo? Chi lo sa? Il futuro ti sorprende sempre!

giovedì 1 settembre 2022

Piantare alberi serve veramente a qualcosa?





Dal "Fatto Quotidiano" del 2 Agosto 2022

Sembra che si stia concludendo questa caldissima estate con i temporali che hanno alleviato un po’ la siccità e il caldo afoso, perlomeno al Nord – ma causando anche, come al solito, dei grossi danni. Se questa è la tendenza per i prossimi anni, non siamo messi bene. Negli ultimi anni, è venuto di moda piantare alberi per evitare, o perlomeno mitigare, la siccità e i disastri correlati. Ma serve veramente a qualcosa? Oppure è soltanto un modo per i politici di farsi belli?

Per prima cosa, ci dobbiamo domandare se la siccità è legata al cambiamento climatico. Una correlazione diretta è difficile da stabilire, ma i modelli ci dicono che gli eventi estremi tendono ad aumentare in frequenza con il riscaldamento globale. Quello che sta succedendo è che piove di più in inverno, a volte con risultati catastrofici, mentre piove di meno in estate, con risultati altrettanto catastrofici in termini di siccità. Questo corrisponde a quello che abbiamo visto questa estate in Italia.

Quindi, la prima ricetta contro la siccità è contrastare il cambiamento climatico. Questo si può fare riducendo le emissioni di gas serra (principalmente il biossido di carbonio, CO2), ovvero smettendo di bruciare combustibili fossili. Ma per questo, comunque vada, ci vorrà tempo. Nel frattempo, gli alberi possono darci una mano?

Certamente piantare alberi dove prima non ce n’erano ha l’effetto di assorbire un po’ di carbonio dall’atmosfera, e questo riduce l’effetto riscaldante. Tenete conto, però, che una volta che l’albero è cresciuto, non assorbe più carbonio. Se poi viene tagliato per farci pellet per le stufe, allora siamo di nuovo al punto di prima, con il carbonio assorbito che ritorna nell’atmosfera.

Ma gli alberi hanno anche effetti sul clima che non dipendono dal biossido di carbonio. Non entro qui nel discorso dell’effetto che le foreste hanno sulla temperatura dell’atmosfera. E’ una storia molto complicata, ma ci sono buoni motivi per ritenere che l’effetto complessivo sia un raffreddamento, anche se è difficile quantificarlo.

A proposito della siccità, i contadini di una volta dicevano che gli alberi “portavano la pioggia”. Avevano ragione, anche se non sapevano perché. Anche qui, la storia è complicata, ma ha a che vedere con la “evapotraspirazione”, il meccanismo con cui gli alberi pompano acqua dalle radici alle foglie. Un effetto dell’evapotraspirazione è che le foreste rilasciano enormi quantità di vapore acqueo nell’atmosfera, che in certe condizioni può ritornare a terra sotto forma di pioggia. Non solo, ma gli alberi emettono anche composti organici che tendono a formare nuclei di condensazione che, anche loro, favoriscono la pioggia. Infine, la condensazione genera la cosiddetta “pompa biotica” che porta vapore acqueo dal mare alla terra. Anche questo effetto favorisce la pioggia.

Quindi, piantare alberi dovrebbe aiutarci contro la siccità. Ma c’è un problema: in Italia, la superficie forestata è raddoppiata negli ultimi 50 anni (vedi l’articolo recente di Agnoletti e altri). E allora perché abbiamo oggi un problema di siccità che non sembra esistesse nel passato? Su questo punto, ho interpellato la collega Anastassia Makarieva, esperta di clima e di fisica dell’atmosfera. Fra le altre cose è stata lei (insieme a Viktor Gorshkov) a sviluppare il concetto di “pompa biotica”, importantissimo per capire il funzionamento della biosfera. Dice Anastassia che “c’è una soglia di concentrazione di vapore acqueo necessaria per generare la pioggia. Se il vapore acqueo emesso dagli alberi non è sufficiente per generare la condensazione, quest’acqua è perduta inutilmente. E’ quello che succede con la maggior parte delle foreste italiane. Sono il risultato di una crescita disordinata in aree prima occupate dall’agricoltura. Sono delle ‘foreste bambine’ che traspirano in un regime sotto la soglia della condensazione, quindi non generano pioggia. Invece, le foreste naturali mature traspirano quando è necessario e riducono al minimo le fluttuazioni del ciclo dell’acqua, le ondate di calore, la siccità e le inondazioni”.

In sostanza, serve a poco piantare alberi più o meno a casaccio per combattere la siccità. Come sempre, le vere soluzioni non sono quelle più semplici, ma una volta capito come stanno le cose, ci possiamo lavorare sopra in molti modi. Uno dei più efficaci (anche se non il solo) è creare foreste mature e vitali che possano fare il loro mestiere di regolare le fluttuazioni del ciclo dell’acqua. Dopotutto, anche le “foreste bambine” prima o poi diventeranno grandi. Ma solo se le lasciamo crescere in pace.