giovedì 10 marzo 2016

I “Limiti dello Sviluppo” aveva ragione: la popolazione dell'Italia comincia a calare

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR




Lo scenario “caso base” descritto nell'edizione del 2004 de “I Limiti dello Sviluppo”, un aggiornamento dello studio originale sponsorizzato dal Club di Roma e pubblicato nel 1972. Notate come la popolazione mondiale dovrebbe iniziare a declinare qualche anno dopo il picco dell'economia mondiale. Non stiamo ancora vedendo questo declino a livello globale, ma potremmo vederlo in alcune regioni particolari del mondo, in particolare in Italia. 

Di Ugo Bardi

Si stanno accumulando sempre più dati a smentire la leggenda degli “errori” che ha accompagnato lo studio intitolato “I limiti dello Sviluppo” (The Limits to Growth - LTG). Per esempio, Graham Turner ha mostrato come i dati storici dell'economia mondiale hanno seguito piuttosto da vicino le curve dello scenario “caso base” presentato nel 1972. Ma il fatto che questo scenario abbia funzionato bene fino all'inizio del XXI secolo non significa che continuerà a funzionare allo stesso modo in futuro. Lo scenario prevede un collasso economico mondiale che dovrebbe cominciare ad un certo punto durante i primi due-tre decenni del secolo. Chiaramente, l'economia mondiale non è collassata, finora, anche se si potrebbe obbiettare che sta mostrando segnali terribili del fatto che stia cominciando proprio a farlo. Ma non possiamo ancora provare che lo scenario base fosse giusto.

Tuttavia, lo scenario base del collasso di LTG è una media di tutto il mondo e potremmo immaginare che, se l'economia deve collassare in media, alcune parti di essa dovrebbero collassare prima. E, infatti, sembra che alcune economie locali stiano proprio facendo questo. Potrebbe benissimo essere che un paese come l'Italia sia già ben avanti nel processo di collasso economico, quindi non stiamo solo assistendo al declino del suo PIL, ma anche all'inizio di un declino irreversibile della popolazione. Se fosse così, lo scenario caso base di LTG si sta verificando in Italia e probabilmente non solo in Italia.

Così, cerchiamo di fare un confronto qualitativo dello scenario LTG e dei dati reali dell'Italia. Per prima cosa, lo scenario mostra in che modo il consumo di risorse naturali deve raggiungere un massimo e poi declinare, seguito da un traiettoria simile per quanto riguarda la produzione industriale. In Italia abbiamo superato quel punto da un pezzo. Come potete vedere nella figura in basso, proveniente da un precedente post su Cassandra's Legacy, il consumo dell'Italia di idrocarburi fossili (di gran lunga la sua fonte principale di energia) ha raggiunto il picco nel 2005, seguito dal picco del PIL nel 2008. Considerando che il PIL è una misura della produzione economica generale di un paese, possiamo considerarlo come proporzionale ai parametri che erano indicati come produzione industriale ed agricola nello studio LTG (i dati del 2015 indicano un piccolo aumento del PIL per l'Italia, ma questo cambia poco nella tendenza complessiva).


Quindi potremmo dire che, in Italia, lo scenario caso base di LTG si è verificato in termini di comportamento dell'economia del paese. Ma, se così fosse, ad un certo punto dovremmo aspettarci il picco e l'inizio del declino di un'altra curva dello scenario: quella della popolazione. E, infatti, sembra che stiamo assistendo esattamente a questo. Ecco i dati più recenti dell'ISTAT.


Si può vedere il ragguardevole salto verso l'alto del tasso di mortalità del 2015: corrisponde a 16.500 morti in più rispetto alle nascite. Nonostante l'afflusso di immigrati, l'Italia ha perso 139.000 residenti nel 2015. Non si tratta di una grande perdita (0,23%), ma è significativa. E non si era mai verificata durante i decenni passati. Inoltre, l'Italia vede per la prima volta da decenni una riduzione dell'aspettativa di vita alla nascita (da 80,3 a 80,1 anni per i maschi e da 85 a 84,7 anni per le femmine).

Quali sono state le cause di questo declino della popolazione? Ce ne sono diverse e l'estate torrida del 2015 ha sicuramente giocato un ruolo nella morte di più persone anziane  del solito, come potete vedere nella figura sotto (ancora una volta da fonte ISTAT).


Poi sono state proposte altre cause. Il generale invecchiamento della popolazione, la crisi economica, il peggioramento della dieta, l'inquinamento, i costi più alti delle cure mediche ed altro. Ma il punto qui non è discutere queste queste diverse cause, la maggior parte delle quali hanno probabilmente avuto un ruolo nel declino. Il punto è che abbiamo assistito esattamente a quello che ci potevamo aspettare di vedere se gli scenari di LTG avessero descritto la situazione italiana: un declino della popolazione che doveva seguire il declino del PIL.

Naturalmente, abbiamo dati soltanto di un anno e non possiamo dire se quello che stiamo vedendo è una tendenza a lungo termine o solo una fluttuazione statistica. Eppure, è difficile non pensare che il degrado delle condizioni sociali ed economiche in italia, così come il degrado dell'ecosistema, non stiano chiedendo il loro tributo alla popolazione. E che di fatto stiamo vendendo realizzarsi gli scenari di LTG.


mercoledì 9 marzo 2016

Cosa vogliono questi catastrofisti?




Immagine: i contatti del blog "Effetto Risorse" secondo Google Blogger


Credo che Dario Fo non abbia mai dato una definizione di "catastrofista", ma penso di poter parafrasare una sua vecchia definizione di "masochista" dicendo che "Il catastrofista è uno che gli piacciono le cose che gli fanno schifo."

Mi è venuta in mente questa cosa dopo aver visto il balzo in avanti folgorante nei contatti di "Effetto Risorse" dopo che abbiamo pubblicato tre post pesantemente catastrofisti, uno dietro l'altro. Non che si possa mai prevedere cosa andrà virale sul Web, ma credo che si possa dire che il catastrofismo tira e tira parecchio. Non solo fra i catastrofisti, ma anche fra gli anti-catastrofisti (vedi l'orribile articolo di Aldo Grasso sul "Corriere")

Ora, fa sempre piacere avere un impatto, ma non è che lo scopo di questo blog sia di "fare audience." Nemmeno per idea. E' però interessante questo fatto del catastrofismo rampante. Si sa che tutto quello che esiste esiste perché ha una ragione di esistere, e questo deve essere vero anche per il catastrofismo. Mi sa che molta gente percepisca, a qualche livello più o meno conscio, che c'è qualcosa di profondamente bacato nel modo in cui ci stiamo gestendo questo povero pianeta. E cerca, per quanto possibile, di informarsi (oppure anche di inveire contro i catastrofisti).

Quindi, tutto questo interesse nelle catastrofi è bene oppure male? In principio, potrebbe anche essere bene ma c'è il problema che nessuno fa niente in proposito (a parte inveire contro i catastrofisti). Mi viene in mente una cosa che mi disse una volta Dennis Meadows, uno degli autori dei "Limiti dello Sviluppo". "L'errore che abbiamo fatto non è stato di prevedere problemi, ma di non prevedere soluzioni."

In effetto, credo che Meadows abbia ragione. E' che è inutile parlare di catastrofi se non si parla anche dei modi per evitarle. Mettiamo soltanto la gente di cattivo umore (o rendiamo felici quelli che gli piacciono le cose che gli fanno schifo). E allora smettiamo di dire che l'energia rinnovabile non serve a niente. Non sarà la soluzione a tutti i problemi, ma è molto meglio che stare al buio a mugugnare.




Crisi globale: uno sguardo nell'altra direzione.

Di Jacopo Simonetta

Quando si parla e si scrive della crisi che minaccia la nostra civiltà, si focalizza l’attenzione sulle risorse che l’economia richiede in quantità crescenti.   Si ragiona quindi su come i ritorni decrescenti nello sfruttamento delle risorse pongano un’ipoteca sulle possibilità di ulteriore sviluppo dell’economia globale. 

Certamente è un tema di estremo interesse, ma qui io suggerisco di voltarsi e dare un’occhiata dall'altra parte; cioè a cosa succede dove scarichiamo le risorse usate.

In effetti, la nostra società (come tutte le altre nella storia) è una struttura dissipativa.   Ciò significa che esiste solamente in quanto è capace di dissipare energia, accumulando informazione al proprio interno.  Questo genera un anello di retroazione positiva: più energia permette di costruire più complessità e più complessità necessita, ma anche permette, un maggiore flusso di energia.

Io penso che il punto cruciale sia questo: alla fin fine, la ricchezza non è altro che informazione accumulata nel sistema socio-economico di varie forme (ad esempio bestiame, infrastrutture, sistemazioni agrarie, macchine, costruzioni, libri, internet eccetera.) La popolazione umana è particolare perché costituisce essa stessa una grossa fetta dell’informazione accumulata nel sistema sociale.   Quindi, da un punto di vista termodinamico, noi siamo parte integrante della “ricchezza”, mentre da un punto di vista economico la gente può essere vista semmai come il denominatore della ricchezza globale.

Le leggi fisiche ci assicurano che l’accumulo di informazione all'interno di un determinato un sistema è possibile solo aumentando l’entropia al di fuori di esso.   E’ una norma generale a proposito delle strutture dissipative, ma la nostra civiltà è unica nella storia per le sue dimensioni.   Oggi circa il 97% della biomassa di vertebrati terrestri è composta da noi e dai nostri simbionti (bestiame).   Usiamo circa il 50% della produttività primaria, più quasi 20 TWh all'anno che ricaviamo dai combustibili fossili ed altre fonti inorganiche.

Ai suoi albori, la nostra moderna civiltà si comportò allo stesso modo di tutte le altre nella storia: appropriandosi di bassa entropia sotto forma di cibo, bestiame, minerali, schiavi, petrolio, carbone eccetera.   E scaricando alta entropia nella biosfera in forme diverse come inquinanti, semplificazione di ecosistemi, estinzioni, calore, eccetera.   Oppure scaricando entropia ad altre società sotto forma di guerre, migrazioni eccetera.
Ma  mano che l’economia industriale ha soggiogato e sostituito le altre, è diventata l’unico sistema economico globale.   In tal modo, necessariamente, ha trovato sempre più difficoltà a dissipare energia fuori da se stessa.  
In pratica, le discariche (sink) sono diventate un problema prima dei pozzi (well).   Ma ricordiamoci che per mantenere il proprio livello di complessità, una struttura dissipativa ha bisogno di un flusso crescente di energia, cioè ha bisogno sia di pozzi che di discariche inesauribili.

Oggi, sia l’inquinamento globale, sia l’immigrazione di massa verso i paesi più industrializzati evidenziano che il nostro sistema non è più in grado di espellere alta entropia fuori da se stesso, semplicemente perché di questo “fuori” ce ne è sempre di meno.    Ma se l’alta entropia non è scaricata fuori dal sistema, necessariamente si accumula entro di esso.   E man mano che fluisce più energia, aumenta l’entropia interna, minando la complessità.   Una tipica dinamica di Ritorni Decrescenti.   Forse possiamo vedere in questo una retroazione negativa che sta fermando la crescita economica e che, forse, sbriciolerà l’economia globale in qualche decennio.Se questo ragionamento fosse corretto, la crisi economica e politica, la disgregazione sociale e, alla fine, la disintegrazione degli stati non sono altro che l’aspetto visibile dell’entropia che cresce all'interno del mostro meta-sistema.

Attualmente, la società globale è talmente grande e complessa da essere articolata in moltissimi sub-sistemi correlati fra loro.   Stiamo quindi gestendo le cose in modo da aumentare l’entropia nelle parti più periferiche del meta-sistema.   Ad esempio alcuni paesi, classi sociali subalterne e, soprattutto, i giovani che pagheranno il prezzo di tutto il benessere che abbiamo avuto noi.
Ma questo sistema provoca instabilità politica, sommosse e masse di migranti verso il cuore del sistema. Ciò significa anche che la classe dirigente mondiale ha perduto la capacità di capire e/o controllare le dinamiche interne del sistema socio-economico.

Nel frattempo, il sovraccarico delle discariche (sink) sta cominciando a deteriorare i pozzi di bassa entropia (well).   Esempi evidenti sono l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, l’acidificazione degli oceani, l’estinzione di specie, la distruzione di ecosistemi e molto altro ancora.   Alla fine, man mano che l’economia cresce, il sistema sociale necessariamente perde la sua capacità di dissipare energia all'esterno, condannandosi così alla disintegrazione.

Si può trovare lo stesso fenomeno ad una scala minore.   Ad esempio un singolo organismo, come un essere umano.   Se è disponibile un buon flusso di energia in forma di cibo e calore, un bambino cresce diventando un adulto forte e sano.   Un buon flusso di energia durante la vita adulta significa una buona qualità di vita e la possibilità di sviluppare cultura, abilità, arte, scienza e di restare sani per molto tempo.  Scarsa energia significa malnutrizione e malattia.   Ma anche se il corpo assorbe più di quanto riesca a dissipare ci sono problemi come ingrassamento, malattie ed obesità; in definitiva una brutta vita con una prematura morte.

Troviamo sostanzialmente lo stesso fenomeno a scala maggiore.   Anche la Terra nel suo insieme è una struttura dissipativa ed un sistema complesso.   Non ha alcun problema dalla parte del suo pozzo principale: il Sole.   Possiamo contare sul fatto che i circa 86.000 TWh che riceviamo mediamente dal Sole non diminuiranno.   Anzi, semmai aumenteranno molto gradualmente in tempi estremamente lunghi.
 
Eppure proprio ora l’intera Biosfera sta collassando in una delle più gravi crisi mai verificatesi nei circa 4,5 miliardi di anni della sua storia.   Una crisi risultante dell’attività umana che riduce la capacità dell’ecosistema di dissipare l’energia in entrata, in particolare come risultato dell’effetto serra prodotto bruciando combustibili fossili.   Così l’entropia interna cresce minando ulteriormente gli ecosistemi e riducendo la complessità.   Potenzialmente, producendo un disastro globale di portata geologica.

In conclusione, suggerisco che, nei prossimi decenni, l’aumento dell’entropia sarà un problema anche più drammatico del rifornimento di energia.   
Solamente una drastica riduzione nell'ingresso di energia nel sistema socio-economico potrebbe salvare al Biosfera.   Ma ci sarebbe un prezzo elevato da pagare perché una riduzione nel flusso di energia significa necessariamente una riduzione della complessità e della quantità di informazione accumulata nel sotto sistema umano.   In parole povere, questo significherebbe miseria e morte per la maggior parte della popolazione attuale, anche se significherebbe speranza per quella del futuro. 
  
In definitiva, affinché  possano nascere nuove civiltà, è necessario che la nostra collassi abbastanza in fretta da lasciare un pianeta abitabile ai nostri discendenti.

martedì 8 marzo 2016

I mari si stanno sollevando al ritmo più rapido degli ultimi 28 secoli

Da “The New York Times”. Traduzione di MR (via Cristiano Bottone)

Di Justin Gillis


Juan Carlos Sanchez ha remato su un kayak con le proprie scarpe su una strada allagata di Miami Beach lo scorso anno. Lynne Sladky/Associated Press

Gli scienziati hanno dichiarato che il peggioramento delle inondazioni di marea nelle comunità costiere americane è in gran parte una conseguenza dei gas serra da attività umana e che il problema diventerà di gran lunga peggiore nei prossimi decenni. Quelle emissioni, principalmente dovute alla combustione di combustibili fossili, stanno causando l'innalzamento dell'oceano al tasso più rapido almeno dalla fondazione dell'Antica Roma, hanno detto gli scienziati. Hanno aggiunto che in assenza di emissioni umane, la superficie dell'oceano salirebbe meno rapidamente e potrebbe persino scendere. L'inondazione di marea sempre più di routine sta rendendo la vita miserabile in luoghi come Miami Beach; Charleston, Carolina del Sud  Norfolk, Virginia, anche nei giorni di sole. Anche se questi tipi di inondazione spesso producono solo 30-60 cm di acqua salata permanente, stanno rendendo la vita difficile in molte città uccidendo prati ed alberi, bloccando le strade di quartiere e intasando i tombini, inquinando le riserve di acqua dolce e a volte mettendo in difficoltà intere comunità isolane  invadendo per ore le strade che le collegano alla terraferma. 

lunedì 7 marzo 2016

Luca Mercalli colpisce duro. E qualcuno accusa il colpo



La trasmissione di Sabato scorso di "Scala Mercalli" ha generato un commento abbastanza delirante di Aldo Grasso sul "Corriere della Sera." A parte il rifugiarsi nelle offese per mancanza di argomenti, basta notare con che argomenti (per così dire) se la prende con Mercalli per aver criticato il carbone.

Secondo Grasso, qualcuno che ha "sostituito la caldaia a gas per risparmiare" verrebbe "fulminato dallo sguardo Mercallesco." Ma, per favore, un attimo di logica: come si collegano queste due cose? Cosa c'entra il carbone con una caldaia a metano? E perché Mercalli dovrebbe "fulminare" uno che ha fatto una cosa buona migliorando l'efficienza della sua caldaia? E non è la sola mancanza di logica di un articolo senza capo né coda dove si sostiene che Mercalli dovrebbe andare a spaccare a martellate i pannelli fotovoltaici che lui stesso ha installato. Ma perché mai?

Luca Mercalli, evidentemente, ha colpito duro se genera queste reazioni scomposte. Speriamo che continui così!



L'impero delle bugie

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR


La colonna traiana è stata costruita per celebrare le vittorie degli eserciti Romani nelle conquiste della Dacia, durante il secondo secolo D.C. Mostra che i Romani conoscevano ed usavano la propaganda, anche se in forme che a noi sembrano primitive. A quei tempi, proprio come ai nostri, un impero morente poteva essere tenuto insieme per un po' dalle bugie, ma non per sempre. 


di Ugo Bardi


All'inizio del quinto secolo D.C., Agostino, vescovo di Ippona, ha scritto il suo “De Mendacio” (“Del mentire”). Leggendolo oggi, potremmo sorprenderci di quanto fosse rigido e severo Agostino nelle sue conclusioni. Un cristiano, secondo lui, non poteva mentire in nessuna circostanza, nemmeno per salvare vite o per evitare la sofferenza a qualcuno. In seguito i teologi hanno sostanzialmente ammorbidito questi requisiti, ma c'era una logica nella posizione di Agostino se consideriamo i suoi tempi: l'ultimo secolo dell'Impero Romano.

Ai tempi di Agostino, l'Impero Romano era diventato un impero di bugie. Fingeva ancora di sostenere lo stato di diritto, di proteggere la gente dagli invasori barbari, di mantenere l'ordine sociale. Ma tutto ciò era diventato un brutto scherzo per i cittadini di un impero ridotto a niente di più che una gigantesca macchina militare dedita all'oppressione dei molti per conservare il privilegio di pochi. L'impero stesso era diventato una bugia: che esisteva per la grazia degli Dei che premiavano i Romani a causa delle loro virtù morali. Nessuno poteva crederci più: è stato il collasso del tessuto stesso della società, la perdita di ciò che gli antichi chiamavano auctoritas, la fiducia che i cittadini avevano verso i loro capi e verso le istituzioni dello stato.

Agostino reagiva a tutto questo. Cercava di ricostruire la “auctoritas”, non sotto forma di mero autoritarismo di un governo oppressivo, ma sotto forma di fiducia. Così, ricorreva al'autorità più alta, Dio stesso. Costruiva la sua argomentazione sul prestigio che i cristiani avevano guadagnato ad un prezzo molto alto coi loro martiri. E non solo questo. Nei suoi testi, in particolare nelle sua “Confessioni” Agostino si apriva completamente ai suoi lettori, raccontando loro tutti i suoi pensieri ed i suoi peccati nei minimi dettagli. Era, ancora una volta, un modo per ricostruire la fiducia mostrando che non aveva motivazioni nascoste. E doveva essere severo nelle sue conclusioni. Non poteva lasciare alcuna apertura che permettesse all'Impero delle Bugie di tornare.

Agostino e gli altri antichi padri cristiani erano impegnati, per prima cosa, in una rivoluzione epistemologica. Paolo di Tarso aveva già capito questo punto quando aveva scritto: “ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro, poi vedremo faccia a faccia”. Era il problema della verità, come vederla? Come determinarla? Nella visione tradizionale dell'epistemologia, la verità veniva riportata da un testimone di cui ci si poteva fidare. L'epistemologia cristiana è partita da questo per costruire il concetto di verità come risultato della rivelazione divina. I cristiani chiamavano Dio stesso come testimone.

Era una visione spirituale e filosofica, ma anche una visione molto pratica. Oggi diremmo che i cristiani dei tempi del tardo Impero Romano erano impegnati nella “rilocalizzazione”, abbandonando le strutture costose ed indifendibili del vecchio Impero per ricostruire una società basata sulle risorse locali e l'amministrazione locale. L'era che ne è seguita, Il Medioevo, può essere vista come un periodo di declino ma è stata, piuttosto, un adattamento necessario alla condizioni economiche del tardo Impero. Alla fine, tutte le società devono fare i conti con la verità. L'Impero Romano d'Occidente come struttura politica e militare non poteva farlo. E' dovuto sparire, in quanto era inevitabile.

Ora, passiamo ai nostri tempi e siamo arrivati al moderno impero delle bugie. Nella situazione attuale, non penso debba dirvi niente che non sappiate già. Durante gli ultimi decenni, la montagna di bugie che ci hanno propinato è stata compensata dalla perdita disastrosa di fiducia nei nostri capi da parte dei cittadini. Quando i sovietici hanno lanciato il loro primo satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957, nessuno dubitava che fosse vero e la reazione dell'Occidente è stata quella di lanciare il loro satellite. Oggi, moltissime persone negano persino che gli Stati Uniti abbiano spedito degli uomini sulla Luna negli anni 60. Potrebbero essere ridicolizzati, potrebbero essere etichettati come teorici della cospirazione, certo, ma ci sono. Forse lo spartiacque di questo collasso di fiducia è stata la storia delle “armi di distruzione di massa” che ci hanno raccontato fossero nascoste in Iraq. Non è stata la loro prima bugia, ma non sarà l'ultima. Ma come ci si può mai fidare di un'istituzione che mente così sfacciatamente? (e che continua a farlo?).

Oggi, ogni affermazione da parte di un governo o da parte di qualsiasi fonte anche lontanamente “ufficiale” sembra generare un'affermazione opposta e parallela di negazione. Sfortunatamente, l'opposto di una bugia non è necessariamente la verità e ciò ha originato un castello barocco di bugie, contro-bugie e contro-contro-bugie. Pensate alla storia degli attacchi dell' 11 settembre a New York. Da qualche parte, nascosta sotto la massa di leggende e miti che si sono accumulati su questa storia, ci deve essere la verità, una qualche forma di verità. Ma come trovarla quando non ti puoi fidare di niente di ciò che leggi nel web?

Oppure, pensate al picco del petrolio. Al livello più semplice di interpretazione cospirazionista, il picco del petrolio può essere visto come una reazione alle bugie delle società petrolifere che nascondono l'esaurimento delle loro risorse. Ma potreste anche vedere il picco del petrolio come una truffa creata dalle società petrolifere per cercare di nascondere il fatto che le loro risorse sono in realtà abbondanti – persino infinite, secondo la leggenda diffusa del “petrolio abiotico”. Ma, per altri, l'idea che il picco del petrolio è una truffa creata per nascondere l'abbondanza potrebbe essere una truffa di ordine superiore creata per nascondere la scarsità. Teorie di cospirazione di ordine superiore sono possibili. E' un universo frattale di bugie, dove non ci sono punti di riferimento per dirci dove ci troviamo.

Alla fine, si tratta di un problema di epistemologia. Lo stesso che risale all'affermazione di Ponzio Pilato “cos'è la verità?”. Dove dovremmo trovare la verità nel nostro mondo? Forse nella scienza? Ma la scienza sta rapidamente diventando una setta marginale di persone che farfugliano di catastrofi a venire, persone alle quali nessuno crede più dopo che non sono stati capaci di mantenere le loro promesse di energia troppo a buon mercato da poterla misurare, viaggi interplanetari e macchine volanti. Quindi, tendiamo a cercarla in cose come la “democrazia” e a credere che una maggioranza votante in qualche modo definisca la “verità”. Ma la democrazia è diventata un fantasma di sé stessa: come possono i cittadini fare una scelta informata dopo che abbiamo scoperto il concetto di “gestione della percezione" (in precedenza chiamata “propaganda”)?

Seguendo una traiettoria parallela a quella degli antichi Romani, non siamo ancora arrivati ad avere un imperatore semidivino che risiede a Washington D.C. E a considerarlo come il depositario di una verità divina. E non vediamo ancora una nuova religione prendere il sopravvento ed espellere quelle vecchie. Al momento, la reazione contro le bugie ufficiali assume più che altro la forma che chiamiamo “atteggiamento cospirazionista”. Anche se largamente disprezzato, il cospirazionismo non è necessariamente sbagliato. Le cospirazioni esistono e molta della disinformazione che si diffonde nel web deve essere creata da qualcuno che sta cospirando contro di noi. Il problema è che il cospirazionismo non è una forma di epistemologia. Una volta che decidi che ogni cosa che leggi è parte di una grande cospirazione, a quel punto ti sei chiuso in una scatola epistemologica ed hai buttato via la chiave. E, come Pilato, puoi solo chiedere “cos'è la verità?”, ma non la troverai mai.

E' possibile pensare ad una “epistemologia 2.0” che ci permetterebbe di riguadagnare la fiducia nelle istituzioni e sui nostri compagni esseri umani? Probabilmente si ma, in questo momento, vediamo come in uno specchio, in modo oscuro. Di certo qualcosa si sta agitando, là fuori, ma non ha ancora assunto una forma riconoscibile. Forse sarà un ideale, forse una rivisitazione di una vecchia religione, forse una nuova religione, forse un nuovo modo di vedere il mondo. Non possiamo dire che forma assumerà la nuova verità, ma possiamo dire che niente può nascere senza la morte di qualcosa. E che tutte le nascite sono dolorose ma necessarie.




domenica 6 marzo 2016

Una seconda rispostina a Rubbia: un po' più di serietà e di rigore non guasterebbero



In un post precedente, intitolato "Una rispostina a Rubbia," Claudio della Volpe, dell'Università di Trento, ha commentato sulle molteplici inesattezze ed errori di un intervento a ruota libera di Carlo Rubbia al Senato. Della Volpe commenta soltanto sugli errori di climatologia, ma non sulle soluzioni che Rubbia tira fuori per il cambiamento climatico. Sfortunatamente, se Rubbia ha cominciato male il suo intervento lanciandosi in ardite speculazioni sugli elefanti di Annibale, lo finisce forse peggio con le sue considerazioni sul gas naturale che meritano decisamente un'ulteriore "rispostina."

Nel suo intervento, Rubbia sostiene che ci sono enormi riserve di  gas naturale, citando i clatrati di metano contenuti nel permafrost. Su questa base, Rubbia dichiara che le energie rinnovabili sono completamente inutili e che un processo che lui sta studiando ci permette di ottenere energia dal gas naturale senza emettere gas serra. Il processo consiste nel trasformare il metano in carbonio ("grafite," secondo Rubbia) e idrogeno.

Cominciamo dal fatto che nessuno è mai riuscito a estrarre metano dal permafrost, se non a livello di test sperimentali. Così, queste "enormi riserve" al momento, si trovano soltanto sulla carta. Di certo, se fossero facili da estrarre qualcuno le avrebbe già estratte.  Poi, il processo di combustione incompleta che trasforma metano in idrogeno e "carbon black" (detto normalmente "nerofumo" in italiano) è cosa nota da molto tempo. Il problema è che trasformare il gas naturale in questo modo è sfavorito dal punto di vista termodinamico, ovvero richiede energia invece di produrla. E' anche vero, tuttavia, che si può recuperare energia dalla combustione dell'idrogeno prodotto con un bilancio finale che è teoricamente positivo, ovvero produce energia. Ma bisogna vedere con quanta efficienza lo si può fare nella pratica. Dai dati disponibili, sembra che nella migliore delle ipotesi il processo non sia più efficiente di quello della "sequestrazione" tradizionale del CO2. Non per niente, questo processo non è mai stato utilizzato per produrre energia ma solo per produrre nerofumo e/o idrogeno.

Anche assumendo che ci sia qualche vantaggio energetico nella combustione incompleta del metano, ci sono comunque dei problemini sui quali Rubbia glissa alla grande. Supponiamo di realizzare questo processo su una scala tale da avere un effetto sul cambiamento climatico. Siamo a parlare di qualcosa come 10 miliardi di tonnellate di carbonio in forma di CO2 prodotte tutti gli anni dalla combustione dei combustibili fossili. Questa è la quantità che dobbiamo eliminare, o perlomeno ridurre sostanzialmente. Ora, se lo potessimo trasformare in carbonio solido, è vero che non genererebbe riscaldamento globale. Ma dove la cacciamo questa enorme massa di robaccia? Di certo, se siete preoccupati dell'inquinamento da nanoparticelle (e dovreste esserlo) non sembra proprio una buona idea crearne qualche miliardo di tonnellate in più; circa un fattore mille più grande dell'attuale produzione di nerofumo. E tenete conto che il nerofumo è un materiale tossico e potenzialmente cancerogeno. Forse lo potremmo trasformare in grafite, riducendone il volume e la pericolosità (questa sembra essere l'idea di Rubbia, che non menziona il nerofumo, ma solo la grafite). Ma questo richiede alte temperature e sarebbe un ulteriore costo energetico.
  
E, infine, che sia grafite o nerofumo, questa massa enorme di carbonio rimarrebbe comunque un materiale infiammabile. Dovunque ci possa venire in mente di metterlo, c'è il rischio di incendi. E se questa roba prende fuoco si trasforma in CO2 e siamo al punto di partenza: abbiamo lavorato tanto per niente - anzi, per fare di peggio. Potremmo forse mettere tutto questo carbonio sottoterra? Certo, aiuterebbe a ridurre il rischio, ma a un ulteriore costo energetico: vi immaginate le immense gallerie che dovremmo scavare? E, anche così, non vuol dire che il rischio di incendi verrebbe eliminato. Lo sapevate che ci sono delle miniere di carbone che sono in fiamme da decenni e non si riesce a spegnerle? Il problema degli incendi è un ostacolo fondamentale anche per altri schemi di rimozione del carbonio dall'atmosfera, per esempio per l'idea di trasformarlo in "biochar" e sparpagliarlo nel terreno. E' per questo che in questo campo si parla quasi esclusivamente di sequestro del CO2 che, pur con tutti i problemi associati, non rischia di prendere fuoco.

Alla fine dei conti, non è privo di senso esplorare l'idea di una combustione incompleta del metano che potrebbe essere utile per qualche scopo. Ma non la si può presentare come la soluzione ovvia al problema climatico, glissando su tutti i problemi associati e sostenendo nel contempo che le rinnovabili non servono a nulla. Insomma, in queste cose ci vorrebbe un po' più di serietà e di rigore, soprattutto da parte di un premio Nobel.