martedì 15 settembre 2015

Siccità e alluvioni: la nuova normalità

di Jacopo Simonetta


Il giorno dodici Agosto ero a Rossano Calabro.   In poche ore sono caduti 15 cm di pioggia, tanti quanti avrebbero dovuto caderne in 5 mesi, solo che non erano caduti.

Alluvioni e nubifragi sono spettacolari e drammatici.   Nel giro di poche ore ci sono grossi danni, spesso morti, feriti e dispersi.   Accorrono elicotteri e mezzi anfibi, mentre video e foto diventano virali su internet, amici e conoscenti telefonano angosciati ed i sindaci rilasciano proclami roboanti.


Le siccità sono infide e neglette.  Si sviluppano silenziosamente per anni, spesso per decenni, senza che apparentemente succeda niente di straordinario.   Solo climatologi, naturalisti ed i contadini ci fanno caso, ma non ci sono foto o video spettacolari da postare.   Le autorità semplicemente ignorano la cosa finché non si prosciugano i rubinetti di qualche città o quando collassa un intero settore economico.    Allora scatta l’emergenza e come tale viene trattata:  laddove ce lo si può ancora permettere, si tenta di sostituire con un fiume di soldi i fiumi di acqua che sono scomparsi.   Ma non funziona mai, spesso anzi contribuisce a peggiorare le cose perché non si capiscono, o non si vogliono capire, due punti fondamentali:

1 – Siccità ed alluvioni sono in buona misura due facce della stessa medaglia.

2 – Tanto l’una che l’altra non sono un’emergenza, ma la nuova normalità che ci accompagnerà nel corso del secolo a venire e probabilmente molto oltre.

Come tutti i fenomeni complessi, anche questi derivano da intricati sistemi di concause e di retroazioni, ma tre punti fondamentali dovrebbero essere abbastanza chiari anche per degli amministratori.

A – Cambiamento climatico.   Oramai dovrebbero saperlo davvero tutti.   Vi è in corso un rapido aumento della temperatura media terrestre, ma l’incremento è diverso da un posto e da un periodo all'altro e ci sono anche zone e periodi in cui la temperatura è più bassa del solito.   Questo altera la circolazione delle masse d’aria e, dunque, la distribuzione delle piogge.   Cioè ci sono posti o periodi in cui piove di più ed altri in cui piove di meno.   In molte zone della Terra, e fra queste l’Italia, la pioggia è diminuita considerevolmente (in Versilia dove abito, circa il  30% meno in 30 anni).   Ma soprattutto si sta consolidando una situazione in cui per molti mesi non  piove o quasi, per poi “rimettersi in pari” nel giro di poche ore.    C’è una ragione precisa per questo:  le tempeste sono il modo con cui l’atmosfera dissipa l’energia in eccesso che ha accumulato, perlopiù durante i mesi di siccità. E quando la pioggia cade sul terreno inaridito e denudato, I danni sono inevitabili.

Dunque lo stesso fenomeno, il Riscaldamento Climatico, provoca sia un aumento nella frequenza e durata delle siccità, sia un aumento della frequenza e dell’intensità dei nubifragi.    Dunque, considerando gli scenari prevedibili, entrambi i fenomeni costituiscono oramai il clima attuale e prossimo futuro del nostro Paese, oltre che di molti altri.    Anzi, un peggioramento è sicuro, anche se non quantificabile adesso.   Continuare a fingere che si tratti di fenomeni eccezionali non servirà ad altro che a dilapidare le poche risorse ancora disponibili per adattarci.

2 – Urbanizzazione.   Abbiamo passato 50 anni a costruire case, strade e capannoni dovunque ci facesse comodo.   A varie riprese il governo ha cercato di metterci una pezza imponendo controlli e cautele.   Tutto puntualmente disatteso dagli enti locali che hanno gestito queste cose come mere trafile burocratiche, anziché usarle per dire dove non si doveva costruire e basta.   Il risultato è che una miriade di corsi d’acqua sono diventati canali o tubi che bastano quando piove poco.   Ma quando piove tanto l’acqua torna a passare dove passava prima; cioè lungo le strade ed attraverso le case che sono state costruite dentro o a ridosso degli antichi alvei.
Anche in questo caso, la risposta emergenziale consiste nel ricostruire quello che c’era dov'era.   Oltre ad alzare gli argini, cementare le sponde ad atre misure del genere che, è vero, riducono la frequenza delle esondazioni, ma al prezzo di renderle ancora più rovinose.

Non solo.   La superfici urbanizzate scaricano l’acqua piovana il più rapidamente possibile in un reticolo di fiumi e fossi sempre più stretti per fare spazio a qualcosa di redditizio.   Ma le conurbazioni hanno anche bisogno di enormi quantità di acqua (fra  100 ed i 200 litri al giorno a cranio) e di cibo, per produrre il quale non c’è altro modo che irrigare.   Di qui lo sfruttamento sempre più ossessivo di ogni risorsa idrica residua, fino al completo prosciugamento del territorio.   In Italia, il 90% delle aree umide è stato spazzato via fra la metà dell’ XIX e la metà del XX secolo.   I fiumi sono invece stati prosciugati o quasi in anni più recenti mediante la sistematica captazione delle sorgenti.   Miriadi di pozzi legali e non pompano ininterrottamente acqua da falde acquifere sempre più profonde, con consumi energetici sempre maggiori.   Il risultato è che la quantità di acqua che circola in superficie e nel suolo è diminuita drammaticamente.  E con essa la piovosità, specialmente estiva.   Si perché, contrariamente a quanto ancora si impara a scuola, la maggior parte dell’acqua che piove sulla terra non evapora dal mare, bensì dalle paludi, dai fiumi, dal suolo e dalle foreste.

3 – La guerra contro la vegetazione.   Uno dei mantra che si odono a seguito di ogni alluvione e frana è quello delle “montagne abbandonate”, presunta causa di ogni disastro.   Ebbene, l’agricoltura di sussistenza in aree marginali è interessante sotto molti aspetti, ma, salvo casi particolari, non sotto quello del presidio idrogeologico.   Tanto è vero che la situazione idrogeologica dello Stivale è considerevolmente migliorata nei decenni compresi tra il 1950 ed il 1980 proprio a seguito dell’abbandono di colture e pascoli.   Del resto, sulle colline intorno a Rossano Calabro gli oliveti sono tuttora alacremente coltivati ed è proprio grazie a questi zelanti agricoltori che è difficile trovarvi un filo d’erba.   Il risultato è che il 12 agosto centinaia, probabilmente migliaia, di tonnellate di terra sono confluiti ad intasare il poco che restava dei fiumi.

E’ verissimo che gran parte del nostro attuale patrimonio forestale avrebbe bisogno di oculati interventi di disetaneamento ed incremento della biodiversità, ma ciò non toglie che, nel complesso, il tasso di erosione sia diminuito considerevolmente.  Tanto da contribuire a porre in pericolo l’esistenza di molte spiagge.   Per una volta, non ci sarebbe quindi da lamentarsi,  ma desta preoccupazione il ritorno alla ribalta del legname come materiale da costruzione e, soprattutto, da ardere.  Al di là dell’etichettatura “sostenibile” che oramai accompagna qualunque nefandezza, nessuno, infatti, sembra intenzionato a verificare gli attuali tassi di accrescimento dei boschi.   Tassi che, però, sappiamo essere molto più bassi di quanto non sia riportato sui manuali in conseguenza del differente regime pluviometrico di cui si diceva all'inizio.  Il problema non è dunque se si possono o meno tagliare i boschi, perché ovviamente si.   Il problema è quanto si possono tagliare: un argomento su cui né gli industriali, né le amministrazioni hanno alcuna voglia di vederci chiaro.

Comunque, anche se il crollo del prezzo del petrolio potrà fermare temporaneamente l’assalto ai boschi, la siccità aumenta il rischio e la gravità degli incendi i quali, a loro volta, favoriscono la siccità.   E’ vero che i servizio anti-incendio si è dotato di mezzi potenti, ma ciò non ha potuto impedire un aumento degli incendi.   “Il numero annuo di incendi in Italia è passato da 6.000 negli anni '60, a 12.000 negli anni'80 e a 15.000 oggi corrispondenti a 42 incendi al giorno, quasi 2 all'ora


La morale di queste poche note è semplice e complessa ad un tempo: danni climatici consistenti e crescenti sono inevitabili e, se volessimo mitigarli, dovremmo  fare sostanzialmente il contrario di quello che stiamo facendo.  
Ad esempio, demolire strade e palazzi per ripristinare gli alvei fluviali, con la loro vegetazione caratteristica.   Dovremmo anche ridurre i consumi idrici, liberare sorgenti e ripristinare paludi per mitigare contemporaneamente sia le siccità che le tempeste.   Contemporaneamente, dovremmo ridurre i consumi energetici per contribuire il meno possibile all'effetto serra.

Ma non ho mai letto un piano d’intervento che comprenda questi tre punti.

lunedì 14 settembre 2015

Mazzucco e gli allunaggi: nuovo insulto all'intelligenza umana




Il solo fatto che questo video di Mazzucco esista è prova indiscutibile del declino generalizzato delle capacità ragionative umane che vediamo in questo periodo storico. Veramente, credo che solo la legge universale che dice "non c'è limite al peggio" possa spiegare una cosa del genere.

Allora esaminiamo questo video. Per prima cosa, secondo Mazzucco dovremmo credere che gli astronauti non erano mai andati sulla luna perché avevano una "faccia triste" alla conferenza stampa; il che è di per se una fesseria lunare. Poi, viene fuori nel film che gli astronauti hanno detto che non avevano visto le stelle quando erano erano sulla Luna e questo prova che non ci erano stati. Anche questa è una fesseria planetaria, ma merita un attimo di discussione.

Vi ricordate, forse, che nei vecchi romanzi di fantascienza si raccontava che gli astronauti vedevano le stelle a occhio nudo nello spazio. Era una convenzione letteraria, un po' come i phasers e la warp speed di "Star Trek". Ma gli autori di quei romanzi sulla Luna non c'erano mai stati e non si erano resi conto che sulla Luna, durante il giorno lunare, le stelle non si vedono a occhio nudo. Non le si vedono semplicemente perchè gli occhi umani (nudi) si adattano alla luminosità dell'ambiente e durante il giorno lunare, la Luna è illuminata dal sole esattamente come la Terra. Altri astronauti hanno raccontato di aver visto le stelle dallo spazio, ma solo quando la navicella era nel cono d'ombra della Terra e loro stessi avevano abbassato le luci interne.

Questa è la parte "scientifica" della bufala, ma la vera nequizia del film è come Marzucco stesso non si renda conto della contraddizione in cui cade. Facciamo un'analisi logica di una cosa illogica: o le stelle non si vedono dalla Luna di giorno (caso 1), oppure le si vedono (caso 2), tertium non datur.  Ora, ci sono due possibilità:

1. E' vero il caso 1 (le stelle non si vedono). Quindi gli astronauti hanno semplicemente detto la verità. Se per caso sulla Luna non c'erano andati avrebbero potuto pensare e raccontare che le stelle si potevano vedere e allora si che sarebbe stata prova di un imbroglio. Invece, le loro dichiarazioni non sono evidenza di un complotto; anzi, il contrario. 

2. E' vero il caso 2 (le stelle si vedono). Questo è contro la fisica, ma ammettiamolo per la discussione. Allora, se sulla Luna gli astronauti non ci sono mai stati, i complottatori che hanno ordito l'inganno avrebbero dovuto e potuto addestrarli a raccontare che cosa si vedeva (o pensavano avrebbero dovuto vedere) dalla superficie della Luna; ovvero le stelle. E invece gli astronauti hanno raccontato esattamente il contrario. Quindi, anche qui, nessuna evidenza di complotto.

In sostanza, il fatto che gli astronauti abbiano detto senza esitazioni che le stelle dalla Luna non le hanno viste, non solo non prova il complotto ma è, semmai, una forte indicazione che gli astronauti sulla Luna ci sono stati per davvero (posto che ci  fosse bisogno di un'indicazione del genere). Insomma, Mazzucco costruisce tutto il suo argomento su degli elementi che indicano l'esatto contrario di quello che lui vorrebbe provare. 

Epperò a Mazzucco non glie la fai: lui li guarda in faccia gli astronauti e basta quello per capire che è tutto un comblotto. Sicuro. Guardateli in faccia, non basta quello? E poi, arriva un imbecille con una bibbia in mano...... e uno si dovrebbe stupire che gli astronauti reagiscono come quando ti arriva un messaggio che ti dice che hai vinto un milione di dollari alla lotteria del Madagascar? Come dicevo, un insulto per l'intelligenza umana.



h/t Argento Fisico




Deez Nuts: ma come si fa a credere che il riscaldamento globale sia tutta colpa del CO2?


Ragazzi, questa ve la devo raccontare perché è decisamente troppo bella (per così dire. Diciamo che è di una bellezza un po' mostruosa).

Allora, l'altro giorno esce un post di Dana Nuccitelli sul blog "Effetto Risorse" dove si fa vedere che l'effetto del sole sul cambiamento climatico terrestre è molto debole rispetto a quello dei gas serra, tipo il CO2. Come prevedibile, questo ha generato diversi commenti indispettiti da parte di quelli che continuano a credere che i gas serra non possono essere gas serra perché l'idea che lo siano gli da fastidio. Di questi ameni commenti, quasi tutti anonimi, uno è particolarmente ameno (sempre per così dire). Eccolo qua:

Perfetto, siamo a posto...il sole non è il motore delle temperature del pianeta bensi sono 400 parti di CO2 per milione di parti di aria a scatenare la catastrofe....ma, volevo sapere, durante la stagione fredda (si può dire fredda? non vorrei offendere nessuno!) dove va a svernare l'anidride? Deve essere un posto bellissimo perchè per tutto l'inverno non la si trova ed infatti da noi fa tanto freddo solo per questo motivo...non potrebbe magari rendersi utile attraverso un po di telelavoro?

Ci vuole un attimo per assaporare la bestialità quasi sublime di questo commento. Non ci credereste, ma questo qui veramente sostiene che l'arrivo della "stagione fredda" implica la domanda "dove va a svernare l'anidride?" (intesa, immagino, come carbonica).

Non so quale perversa involuzione cefalica abbia portato l'anonimo commentatore a questa affermazione, ma si potrebbe pensare che non si rende conto che, se nell'emisfero Nord fa più freddo, allo stesso tempo nell'emisfero sud fa più caldo, per cui la temperatura media rimane più o meno la stessa e non c'è nessun bisogno di immaginarsi che la concentrazione di CO2 nell'atmosfera dovrebbe cambiare. (Sono possibili altre interpretazioni di questo commento, alcune anche implicanti una bestialità ancora maggiore).

Era tale la fesseriaggine del commento che mi sono limitato a rispondere che era "da incorniciare." Al che l'anonimo mi ha risposto tutto inviperito con un commento offensivo (non passato, in accordo con le regole di questo blog). In questo secondo commento mi accusa "di non possedere nozioni di dinamica atmosferica, fisica solare e di base, astronomia." No, dico.... giuro.....  Ha scritto proprio così! Ovvero, si prende veramente sul serio!

Insomma, credo che un esempio migliore di effetto Dunning Kruger sia difficile da trovare. Per quelli di voi che non sanno che cos'è, si spiega in due parole dicendo che gli incompetenti non si rendono conto di esserlo. C'è un corollario che dice che più sono incompetenti, meno se ne rendono conto e anche questo direi che è ben spiegato da questo commento.

 Ma forse non vale la pena scomodare Dunning e Kruger per qualcosa che si descrive meglio con questo filmatino che è andato molto di moda ultimamente negli USA, "Deez Nuts" ("so' fesserie")





domenica 13 settembre 2015

La crisi del picco del petrolio: un buco da 4 trilioni di dollari

Da “Post Carbon Institute”. Traduzione di MR (via (Maurizio Tron)


La scorsa settimana i giornalisti del Wall Street Journal si sono messi giù ed hanno fatto un po' di conti. Hanno guardato a quando veniva venduto il petrolio nella primavera del 2014 (oltre 100 dollari al barile), a quanto viene venduto oggi (sotto i 50 dollari) ed hanno concluso che se i prezzi rimangono bassi nei prossimi tre anni, all'industria globale del petrolio e i paesi che finanzia mancheranno 4,4 trilioni di dollari in introiti. Man mano che queste società petrolifere, nazionalizzate e scambiate pubblicamente, produrranno circa la stessa quantità di petrolio nei prossimi anni, i 4 trilioni di dollari dovranno provenire principalmente da profitti e spese di capitale. Ed è qui che viene il problema per il futuro dell'offerta di petrolio. Le grandi società petrolifere, specialmente quelle che esportano gran parte della loro produzione, se la sono passata piuttosto bene negli anni scorsi. Le società petrolifere nazionali hanno realizzato grandi profitti per i loro padroni politici. Quelle scambiate pubblicamente hanno sviluppato una tradizione di pagare i buoni dividendi che detestano tagliare. Ciò fa si che siano principalmente le spese di capitale sull'esplorazione per la produzione di più petrolio nei prossimi anni a fare un tuffo come parte del colpo dei 4 trilioni introiti. Anche se i prezzi del petrolio di 50 dollari al barile o meno non continuassero per i prossimi tre anni, ciò comporta comunque um crollo degli introiti di 1,5 trilioni di dollari all'anno o circa tre volte le spese di capitale previste di circa 500 società petrolifere recentemente esaminate.

sabato 12 settembre 2015

Dodici modi per comunicare il cambiamento climatico in modo più efficace

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Cristiano Bottone)

Sii coerente, parla dei rischi piuttosto che delle incertezze, usa delle immagini, racconta storie di esseri umani e dai il messaggio principale prima degli avvertimenti



Un nuovo manuale suggerisce che coloro che comunicano il cambiamento climatico usino storie ed immagini per rendere più accattivanti i rapporti scientifici complessi. Foto: Ryan McGinnis/Alamy

Di Adam Corner

L'incertezza è una caratteristica inevitabile del dibattito sul cambiamento climatico – proprio come di ogni altro problema complesso scientifico o sociale. Ma gli scettici hanno usato (ed in alcuni casi abusato) della presenza di incertezza nelle proiezioni climatiche per sostenere che la scienza non è sufficientemente definita da giustificare politiche di taglio del carbonio. In risposta, gli scienziati – che tendono per natura alle sfumature, alla cautela e all'andare per tentativi nel loro stile di comunicazione – si sono spesso sentiti spesso costretti a mettere in primo piano le incertezze e gli avvertimenti nel proprio lavoro al posto di concentrarsi sui molti aspetti della scienza del clima sui quali c'è un forte consenso. Purtroppo, le norme che governano il dialogo fra scienziati sono spesso in conflitto diretto coi canoni della comunicazione efficace. Messaggi semplici e concisi sono difficili da estrapolare da dati complessi e caotici.

venerdì 11 settembre 2015

Una recensione di Extracted di Ugo Bardi

Da “OneManTalk.com”. Traduzione di MR (via Club of Rome)

Di Stephen Northey



Mio voto: 7 /10

Titolo: Extracted, come la ricerca della ricchezza minerale ha saccheggiato il pianeta (Link amazon)

Autore: Ugo Bardi



Extracted potrebbe essere descritto come la storia delle risorse della società. Da dove sono venute e dove vanno. Le risorse hanno permesso alla società di sviluppare le moderne tecnologie che stanno alla base del nostro attuale stile di vita. Insieme a questo viene però un livello di dipendenza dalle risorse minerali. Un livello che sarà difficile da sostituire se le risorse dovessero finire.

giovedì 10 settembre 2015

No, il sole non ci salverà dal riscaldamento globale

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Dante Lucco)

Un minimo solare compenserebbe non più di un decennio di riscaldamento globale antropogenico


Anche il più grande minimo solare avrebbe un impatto minore sulle temperature globali in confronto al rapido riscaldamento derivante dall'inquinamento di carbonio umano. Foto: Solar Dynamics Observatory/Nasa

Di Dana Nuccitelli

Alcuni miti-zombie non vogliono proprio morire. Infatti, questo l'ho smentito due anni fa proprio qui sul Guardian. Per riassumere, diversi studi scientifici si sono posti questa domanda, “se il Sole dovesse entrare in un'altra fase quieta prolungata (un grande minimo solare), questo in che modo impatterebbe sulla temperatura globale di superficie”? Tutti gli studi concordano, non causerebbe un raffreddamento maggiore di 0,3°C, che sarebbe sufficiente solo a compensare temporaneamente un decennio di riscaldamento globale antropogenico.