mercoledì 9 settembre 2015

L'epidemia di obesità: un altro problema che non sappiamo come risolvere

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR


Di Ugo Bardi


Un mercato di periferia vicino a Firenze, pochi giorni fa. Questo mercato è frequentato solo da residenti e fornisce una buona prova del fatto che gli italiani, in media, non sono tanto grassi. La maggior parte delle persone che vedete camminare nella foto sono ragionevolmente in forma ed ho cercato con fatica di trovare qualcuno che fosse realmente obeso, ma non ne ho visto nemmeno uno. Risulta infatti che l'Italia è meno colpita dall'epidemia di obesità della maggior parte (anche se non di tutti) dei paesi del mondo occidentale. Ma le cose stanno cambiando rapidamente. Nonostante la dieta mediterranea, anche gli italiani stanno via via guadagnando peso e diventando obesi. L'epidemia di obesità  sembra essere uno di quei problemi che continuano a peggiorare e che semplicemente non sappiamo come risolvere. 


Sappiamo tutti che il mondo soffre di un'epidemia di obesità, che colpisce in particolare i paesi ricchi dell'occidente. Ma cosa rende grasse le persone, esattamente? Si potrebbe dire perché mangiano troppo e fanno pochissimo esercizio e questo sarebbe, ovviamente, vero. Ma i grassi devono essere demonizzati perché non riescono a controllare il loro appetito? Essere sovrappeso e, in particolare, essere obesi, comporta ogni tipo di problema di salute, se ai grassi dicono anche che è colpa loro questo aggiunge ulteriore miseria ad una condizione già triste (*). Eppure questo è un atteggiamento comune (vedete DeShazo et. al.). Ma considerate che è stato sviluppato un intero campo scientifico con lo scopo specifico di creare cibo così gustoso che non si riesce a smettere di mangiarlo. E viene fuori che abbiamo un'intera industria, quella alimentare, dedita a far mangiare di più le persone e un'altra, l'industria farmaceutica, che cerca di farle mangiare meno. Una situazione senza via di uscita.

martedì 8 settembre 2015

Il crollo della popolazione di fitoplancton

Da “Scientific American”. Traduzione di MR (via Antonio Turiel)

I ricercatori scoprono problemi nel fitoplancton, la base della catena alimentare, che hanno implicazioni sulla rete alimentare marina e sul ciclo mondiale del carbonio.

Di Lauren Morello

Le piante microscopiche che formano la base della rete alimentare marina stanno declinando, come dice uno studio pubblicato il 29 luglio su Nature. I piccoli organismi, conosciuti come fitoplancton, fagocitano anche il biossido di carbonio per produrre la metà dell'ossigeno del mondo – eguagliando quella degli alberi e delle piante sulla terraferma. Ma il loro numero è diminuito dall'alba del XX secolo, con conseguenze sconosciute per gli ecosistemi oceanici e per il ciclo del carbonio del pianeta.

I ricercatori dell'Università Dalhousie del Canada dicono che la popolazione globale di fitoplancton è crollata di circa il 40% dal 1950. Ciò si traduce in una diminuzione annuale di circa l'1% della popolazione media di plancton fra il 1899 e il 2008. Gli scienziati credono che l'aumento delle temperature di superficie del mare ne siano le responsabili. “E' molto inquietante pensare alle implicazioni potenziali di un declino di un secolo della base della catena alimentare”, ha detto l'autore principale Daniel Boyce, un ecologo marino. Queste comprendono l'interruzione della rete alimentare marina ed effetti sul ciclo del carbonio mondiale. In aggiunta al consumo di CO2, il fitoplancton può influenzare la quantità di calore che viene assorbito dagli oceani del mondo ed alcune specie emettono molecole di solfato che promuovono la formazione di nuvole.

La scomparsa del ghiaccio marino artico spesso

Da “Arctic News”. Traduzione di MR

Di Sam Carana


[ Vedi l'immagine completa su facebook]

Il ghiaccio marino artico è in uno stato pietoso. Il 16 agosto 2015, l'estensione del ghiaccio marino artico era di 5.786 milioni di kmq, l'estensione minore ma registrata in questo periodo dell'anno eccetto per il 2007, 2011 e 2012, come illustrato nell'immagine a destra.

La situazione di oggi è anche peggiore di quanto si possa concludere quando si guarda alla sola estensione del ghiaccio marino. Il ghiaccio spesso è virtualmente assente in confronto alla situazione del 2012 più o meno in questo periodo dell'anno, come illustrato dall'immagine sotto che confronta lo spessore del ghiaccio marino il 16 agosto 2012 (sinistra) e il 16 agosto 2015 (destra).


lunedì 7 settembre 2015

La gestione della cacca urbana

Dafromfilmerstofarmers”. Traduzione di MR (via Maurizio Tron)


Un impianto di trattamento fognario ad Amburgo, in Germania: la cacca non è mai stata così bella (foto: Mark Michaelis)

I saggi del dottor Merdaiolo ("pooper" in originale), numero 3:

Proprio la settimana scorsa la Città di Toronto è stata informata dal Ministro dell'Ambiente che ora deve avvertire la popolazione ogni qualvolta gli impianti di trattamento delle acque vengono bypassati e gli scarichi vengono mandati nel lago Ontario. Si dice che queste evenienze siano dovute alle forti piogge che chiedono il loro pedaggio sul “vecchio sistema fognario” di Toronto, una cosa che si dice che avvenga circa 3 volte al mese, per tutto l'anno. Secondo Mark Mattson, direttore della onlus Lake Ontario Waterkeeper, le strade e i porti di Toronto sono state inondate da più di un miliardo di litri di liquami nel luglio 2013, quando sono caduti più di 90 mm di pioggia sulla città in sole due ore. Ciò, tuttavia, non sembra essere un'avvenimento straordinario, visto che lo stato di New York quest'estate ha analogamente promulgato leggi che richiedono di avvertire la popolazione entro quattro ore degli scarichi inviati nei loro bacini. “Penso che ci sia una vera richiesta di questa informazione”, ha detto Mattson, un punto difficile da confutare visto che “diportisti, canoisti ed escursionisti su molti fiumi e sentieri” menzionati da Mattson probabilmente non vogliono imbattersi in un'invasione di roba marrone galleggiante nelle loro passeggiate del sabato pomeriggio.

domenica 6 settembre 2015

Se un grado in più vi sempra poco, pensate a un aumento di sei metri del livello del mare

Da “Iflscience”. Traduzione di MR (via Maurizio Tron)

Di Caroline Reid


Foto: Riscaldamento globale – iceberg del ghiacciaio San Rafael in Patagonia, Cile. ribeiroantonio/Shutterstock.


Una nuova analisi ha esaminato gli effetti della fusione delle calotte glaciali polari ed il conseguente aumento dei livelli del mare negli ultimi 3 milioni di anni. Il saggio riassume 30 anni di ricerca sulla relazione fra la fusione delle calotte glaciali, la fluttuazione dei livelli del mare e i livelli di biossido di carbonio in atmosfera. La sua conclusione più sorprendente: i livelli del mare sono saliti di 6 metri diverse volte in passato e questo aumento è stato indotto da un aumento delle temperature medie di solo 1 o 2°C. Ciò potrebbe farci scoprire che gli attuali livelli di biossido di carbonio in atmosfera sono equivalenti a quelli stimati essere presenti tre milioni di anni fa, quando i livelli del mare sono aumentati di 6 metri.

sabato 5 settembre 2015

Come il cambiamento climatico si manifesta nei dettagli della vita degli oceani

Da “New York Times”. Traduzione di MR 

Di William J. Broad



Marcos Chin

Il piccolo pesce noto come Vinciguerria Poweria è parte di un romanzo poliziesco che influenza tutto, dall'alimentazione del pianeta al monitoraggio della salute dell'oceano per imparare come prevedere meglio il cambiamento climatico. Il caso si svolge nell'area oscura dell'oceano – una regione tenebrosa che si estende da appena sotto le acque illuminate dal sole alle profondità di 1.000 metri. La sua oscurità viene spezzata solo dai raggi che filtrano giù nei giorni limpidi. Questa luce debole, anche al suo massimo, è insufficiente a sostenere la fotosintesi e le piante microscopiche. Quindi la zona non può alimentare una catena alimentare oceanica dal nulla. 

giovedì 3 settembre 2015

Perché la signora Maria non capisce il cambiamento climatico: analfabetismo funzionale e ascesa della “nonpropaganda”

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Immagine dello Skills Outlook 2013 dell'OCSE. Questi dati mostrano che la maggior parte delle persone nei paesi OCSE hanno capacità molto limitate di gestire informazioni contrastanti. Questa mancanza di abilità è la fonte della propaganda tradizionale (che presente alle persone un singolo lato del problema) ma anche dell'ascesa della “nonpropaganda”, cioè la presentazione di informazioni così contrastanti che il pubblico non riesce ad arrivare a una conclusione stabile. Il risultato sono incertezza ed immobilismo. La apropaganda è stata usata con grande efficacia sul problema del cambiamento climatico. 


La storia ufficiale che si trova normalmente sulla questione dell'alfabetizzazione è che le persone in tutto il mondo stanno diventando sempre più istruite, cioè sempre più capaci di leggere e scrivere. Eppure, c'è un altro lato dell'alfabetizzazione: è il concetto “competenza dell'alfabetizzazione” che classifica le persone a seconda della loro capacità di capire quello che leggono.

Un recente sondaggio su questo punto è stato pubblicato dall'OCSE. Si tratta di un documento corposo di oltre 460 pagine che esamina le capacità di comprensione ed elaborazione  di un testo da parte dei cittadini dei paesi dell'OCSE. Il risultato è una suddivisione in 5 “livelli di alfabetizzazione”, come si può vedere nella figura all'inizio di questo post. Le definizioni esatte di questi livelli le potete trovare a pagina 64 del documento ma, riassumendo, i livelli più bassi al di sotto di 1, 1 e 2, sono relativi alle persone capaci di arrivare solo ai livelli più semplici di comprensione di un testo. Anche al livello 3, si potrebbe essere capaci di effettuare deduzioni sulla base del testo letto, ma i testi non devono contenere “informazioni conflittuali”. Solo ai livelli 4 e 5 è richiesta una qualche capacità di discernere criticamente i dati da informazioni in contrasto.

Come al solito, qualsiasi cosa si legga sul Web dev'essere valutata con molta cautela. Qual è l'affidabilità di questi dati? Perché 5 livelli e non di più, o di meno? Che significato hanno questi risultati? Digerire il lungo rapporto dell'OCSE non è un'impresa facile, ma penso che, per prima cosa, possiamo dire ciò che non è questa classificazione: coloro che non raggiungono i livelli più alti non sono necessariamente stupidi. Per esempio, i miei amici Rom andrebbero molto male nel test, visto che molti di loro sono realmente analfabeti, non solo funzionalmente. Ma posso assicurarvi che sono estremamente intelligenti, solo con un diverso tipo di intelligenza.

Poi, la sostanza del saggio dell'OCSE non è difficile: i test misurano la capacità delle persone di elaborare un testo scritto e di estrapolarne il significato. E se vieni classificato, diciamo, al livello 2, significa che hai fallito il test per il livello 3, per esempio mostrando di non essere capace di “costruirsi un significato su ampie parti di testo”. E se vieni classificato al livello 3, significa che hai sbagliato i test per il livello 4, per esempio identificare e definire “informazioni contrastanti”. In breve, sembra che ovunque nei paesi OCSE la maggior parte delle persone (di solito più del 90% della popolazione) non sono in grado di valutare criticamente le informazioni contrastanti.

Il rapporto dell'OCSE non usa il termine “analfabetismo funzionale”, ma sembra che questo venga normalmente usato per descrivere i livelli 1 e 2, cioè persone non sufficientemente capaci da essere in grado di affrontare pienamente la complessa società attuale. E' un risultato scioccante: quasi il 50% della popolazione dei “ricchi” paesi dell'OCSE sono in queste condizioni (*). Anche se si limita la definizione di analfabetismo funzionale al livello 1, si tratta comunque una grande percentuale della popolazione, probabilmente molto più ampia di quanto gran parte di noi avrebbe mai pensato.

Ci possiamo domandare se questi risultati sono applicabili a tutte le forme di comunicazione, compreso, per esempio, ciò che le persone sentono in TV. Questo punto non viene discusso nel rapporto dell'OCSE, ma penso che sia difficile sfuggire alla conclusione che sì, non ci dovrebbero essere grandi differenze. I dati fanno riferimento a persone che sanno leggere e se qualcuno di loro ha un risultato così scarso nonostante sia in grado di capire le parole scritte, perché dovrebbero avere un risultato diverso se messi di fronte a parole dette? Quindi, una volta visti questi risultati, gran parte delle buffonate politiche in corso assumono un nuovo significato. Alcuni politici, pare, hanno raggiunto il successo confezionando il loro messaggio a livelli facilmente comprensibili dalla gran parte degli “analfabeti funzionali” del proprio paese. Berlusconi, in Italia, ne è un buon esempio, oggigiorno Trump sembra stia usando le stesse tattiche negli Stati Uniti. Questo modo di comunicare è l'essenza di quello che chiamiamo “propaganda” (oggigiorno le definiamo “pubbliche relazioni” o “creazione del consenso”). Consiste nel presentare soltanto un aspetto di ogni problema, convenientemente confezionato in semplici slogan: niente sottigliezze di sorta. Funziona: la maggior parte delle persone normalmente non cercherà o considererà informazioni contrastanti.

Ed ora passiamo alla domanda che volevo esaminare in questo post: qual è la rilevanza di questi dati sulla competenza di alfabetizzazione rispetto al problema del cambiamento climatico? Come tutti sappiamo, il cambiamento climatico è un tema estremamente complesso che richiede anni di studio per essere compreso nei dettagli. Tuttavia, il problema può anche essere riassunto in un'unica affermazione che dice: “se continuiamo a bruciare combustibili fossili, avremo di fronte un grande disastro”. E' lo stesso tipo di affermazione che dice: “se continui a fumare rischi il cancro al polmone”. E per capire questo non c'è bisogno di essere degli esperti in epidemiologia. Gran parte dei problemi possono essere presentati in modi che possono essere capiti dalle persone a tutti i livelli della scala di alfabetizzazione, persone che, come dicevo prima, non sono stupide e perfettamente in grado di capire cos'è male e cos'è bene per loro.

Il problema della scala di alfabetizzazione è un altro: ha a che fare col dibattito sul cambiamento climatico. Qui vediamo lo sviluppo di una tecnica di comunicazione che sfrutta la mancanza di alfabetizzazione funzionale di una gran parte dell'opinione pubblica. Potremmo chiamare questa tecnica “nonpropaganda”. La propaganda tradizionale (letteralmente, “ciò che deve essere propagato") punta a passare un messaggio semplificato eliminando o nascondendo tutte le informazioni contrastanti. Un messaggio diretto, come si dice alle volte in Italia "alla signora Maria" che si suppone non abbia più della licenza elementare.

La nonpropaganda (quello che non deve essere propagato), invece, punta a fermare la propagazione di un messaggio presentando moltissime informazioni contrastanti ad un'opinione pubblica incapace di valutarle pienamente. La nonpropaganda funziona e fa miracoli. I dati dell'OCSE mostrano che non più di circa il 5% della popolazione in gran parte dei paesi OCSE si può districare in un dibattito complesso che comporta molte informazioni contrastanti. Ora, guardate il dibattito sulla scienza del clima e vedete che l'idea di presentare “entrambe le parti” del problema è ben lungi dal significare una informazione equilibrata. E' una strategia che confonde l'opinione pubblica. Non è molto costosa, ben alla portata delle lobby che perderebbero soldi in caso di un'azione seria sul cambiamento climatico. Ed è incredibilmente efficace. Guardate i sondaggi di Gallup: notate come l'opinione pubblica sia confusa e facilmente sviata da informazioni irrilevanti (il “climategate”) o da false informazioni (“la pausa”).

Quindi, come combattiamo la nonpropaganda climatica? Per prima cosa, non aspettiamoci che i governi lavorino per coltivare la capacità delle persone di ragionare. Mi darete di cospirazionista, ma immagino che la maggior parte dei governi siano del tutto felici se i loro cittadini non sono tanto bravi a valutare criticamente le informazioni (nonostante tutto il discorso nel rapporto dell'OCSE sulla necessità di cittadini più abili). Poi, si può fare poco per cambiare una situazione che si è evoluta nell'arco di diversi decenni di sviluppo dei mass media. La nonpropaganda è economica e funziona molto bene: resterà con noi per un bel po' di tempo.

Eppure, capire come funziona la nonpropaganda è un grande passo avanti. Per prima cosa, è un ulteriore chiodo nella bara del cosiddetto modello di “deficit di informazione”, cioè dell'idea che se spieghiamo al pubblico come stanno le cose col cambiamento climatico, il pubblico capirà e farà qualcosa. Non funziona: all'opinione pubblica non mancano le informazioni, ne ha troppe! E' semplicemente incapace di farsi un'idea. Quindi ne consegue che dobbiamo concentrarci nel produrre informazione di alta qualità, riconoscibile come tale. Non significa che ci dovremmo nascondere dietro l'ingresso a pagamento delle riviste scientifiche, ma che non ci dovremmo impegnare in quel tipo di dibattito di basso livello tipico dei commenti infestati dai troll dei blog. In altre parole, non dobbiamo inseguire i negazionisti per cercare di dimostrare che si sbagliano. Ciò genera solo confusione.

Poi, notate come ha reagito in modo furioso l'opinione negazionista alla scoperta che il 97% degli scienziati climatici in attività sono d'accordo con l'idea che il cambiamento climatico esiste ed è causato principalmente dagli esseri umani. Il meme del 97%, infatti, distrugge la base stessa della loro strategia di nonpropaganda. Mostra che c'è un ampio consenso fra gli scienziati sul problema. E' una cosa che le persone di tutti i livelli di alfabetizzazione possono percepire correttamente. E, lasciatemelo ripetere ancora una volta, non importa quale sia il livello di alfabetizzazione, la maggior parte delle persone NON sono stupide. Se un dottore di cui vi fidate vi dice di smettere di fumare, potreste non essere degli epidemiologi, ma sapete che fareste meglio a smettere. Se il 97% degli scienziati del clima mondiali (ed anche il Papa) ci dicono che dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili, allora potete anche non essere degli scienziati del clima, ma sapete che è meglio se facciamo qualcosa per questo. Così, ecco un altro punto sul quale concentrare i nostri sforzi.

Non facile, lo capisco, ma come ha detto Sun Tzu, se conosci il tuo nemico e conosci te stesso non hai bisogno di aver paura del risultato di cento battaglie.



(*) E' discreto mistero il perché l'Italia, il paese che un tempo ha prodotto Dante Alighieri, vada così male nell'elenco dell'alfabetizzazione. D'altra parte, dopo aver visto questi dati, non ci si sorprende più del fatto che l'Italia sia il paese che ha prodotto Berlusconi.