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lunedì 8 giugno 2020

Giornata Mondiale degli Oceani: Un post di Ilaria Perissi sul nuovo libro "Il Mare Svuotato"

Il nuovo libro di Ugo Bardi e Ilaria Perissi è ricco di informazioni e di dettagli poco noti sul mare e sulla pesca. Qui, Ilaria ce ne descrive una curiosità trattata nel libro: cos'ha a che fare la pesca con la scollatura femminile?


Guest post di Ilaria Perissi


In occasione della odierna Giornata Mondiale degli Oceani🐳 potrebbe interessarvi sapere che la moda del #decolleté femminile potrebbe avere a che fare con la storia della pesca e non per ragioni frivole...bensì per la cura delle malattie ossee come #osteoporosi e #rachitismo.

Queste malattie si manifestano sia in età adulta che in età pediatrica quando la nostra dieta non contiene abbastanza #vitaminaD e non ci esponiamo a sufficienza alla #LucedelSole: per questa ragione sono storicamente più ricorrenti nei paesi nordici, ma ...non da sempre!

Infatti, solo da quando il nord Europa cominciò ad essere più urbanizzato dall'arrivo di persone che lasciarono le coste meridionali in concomitanza con il declino delle Impero Romano (V secolo d.C.), il pesce, ricco in Vitamina D (formula chimica nella foto), che rappresentava l'elemento fondamentale della dieta degli europei del Nord, non era più sufficiente a sfamare la crescente popolazione e la dieta fu integrata principalmente con cereali. Già che in questi paesi l'irraggiamento solare -che serve per attivare vitamina D nel processo di calcificazione ossea- non era molto, se in più la vitamina D cominciava a scarseggiare, l'aumento delle suddette malattie ossee fu la conseguenza.

Il rimedio era allora "scoprirsi" di più, ma non che questo venne fatto coscientemente: nessuno aveva la minima idea di cosa fosse la vitamina D e che ruolo avesse nel metabolismo umano. È probabile che, semplicemente, la #moda, che variava a quell’epoca così come varia oggi, abbia fatto si che le donne che scoprivano un po’ di più il collo e le spalle, presentavano una salute e una forma migliore e così il loro stile è stato imitato dalle altre.

Ma come mai proprio spalle e collo? Perchè non le gambe o le braccia? ....eh eh...per l'intera storia vi invito a leggere Il Mare Svuotato di Ugo Bardi e Ilaria, lo trovate su Amazon e in Libreria! https://www.amazon.it/mare-svuotato-Ilaria-Perissi/dp/8835981387

Da una idea di Ugo Bardi!


sabato 5 marzo 2016

L'intossicazione dei pesci

Studio: l'aumento delle emissioni di biossido di carbonio costituiscono una minaccia di “intossicazione” anticipata rispetto a quanto si pensasse per i pesci degli oceani del mondo

Da “UNSW Australia”. Traduzione di MR

Di Deborah Smith

Le concentrazioni di biossido di carbonio nell'acqua di mare potrebbero raggiungere livelli sufficienti ad “intossicare” i pesci e a disorientarli molti decenni in anticipo di quanto si pensasse, con implicazioni gravi per la pesca mondiale, hanno scoperto gli scienziati della UNSW. Lo studio della UNSW, pubblicato sulla rivista Nature, è la prima analisi globale dell'impatto dell'aumento delle emissioni di biossido di carbonio da combustibili fossili sulle variazioni naturali delle concentrazioni di biossido di carbonio degli oceani del mondo.

“I nostri risultati sono stati impressionanti ed anno enormi implicazioni per la pesca globale e per gli ecosistemi marini del pianeta”, dice l'autore principale, il dottor Ben McNeil, del Centro di ricerca sul cambiamento climatico della UNSW. “Alte concentrazioni di biossido di carbonio causano l'intossicazione dei pesci – un fenomeno noto come ipercapnia. Essenzialmente, i pesci si perdono in mare. Il biossido di carbonio altera i loro cervelli e i pesci perdono il loro senso della direzione e la capacità di ritrovare la strada di casa. Non sanno nemmeno dove si trovino i loro predatori. “Abbiamo dimostrato che se l'inquinamento atmosferico da biossido di carbonio continua ad aumentare, i pesci e le altre creature marine nelle zuppe di CO2 degli oceani Pacifico del sud e Atlantico del nord avranno episodi di ipercapnia da metà di questo secolo – molto prima di quanto era stato previsto e con effetti più dannosi di quanto pensato. “Entro il 2100, si pensa che le creature di quasi la metà degli oceani della superficie mondiale saranno colpite da ipercapnia”. Lo studio è dei dottori McNeil e Tristan Sasse della Scuola di Matematica e Statistica della UNSW.

https://www.youtube.com/watch?v=eD4xwGhyh9k

L'ipercapnia nell'oceano è prevista sopraggiungere quando le concentrazioni di biossido di carbonio atmosferiche superino le 650 ppm. Gli scienziati della UNSW hanno utilizzato un database globale delle concentrazioni di biossido di carbonio nell'acqua di mare raccolto durante gli ultimi 30 anni come parte di una varietà di programmi oceanografici. “Abbiamo quindi ideato un metodo numerico per elaborare i massimi ed i minimi naturali mensili delle concentrazioni di biossido di carbonio durante l'anno sulla superficie degli oceani del mondo, sulla base di queste osservazioni”, dice il dottor Sasse. “Questo ci ha permesso di prevedere per la prima volta che queste oscillazioni naturali saranno amplificate fino a dieci volte in alcune regioni dell'oceano per la fine del secolo, se le concentrazioni di biossido di carbonio atmosferico continuano ad aumentare”. Per aiutare ad accelerare quest'importante are di ricerca, gli scienziati della UNSW hanno anche offerto premi ad altri ricercatori che possono migliorare i loro risultati. “Prevedere l'inizio della ipercapnia è difficile, a causa dalla mancanza di misurazioni oceaniche globali delle concentrazioni di biossido di carbonio”, dice McNeil. “Stiamo sfidando altri scienziati con approcci predittivi innovativi a scaricare l'insieme dei dati che abbiamo usato, impiegare i loro metodi numerici e condividere le loro previsioni finali, per vedere se possono battere il nostro approccio”. La competizione e i premi sono descritti sul sito web thinkable.org, di cui il dottor of Dr McNeil è fondatore.

Contatti media:

Dottor Ben McNeil: b.mcneil@unsw.edu.au
Dottor Tristan Sasse: t.sasse@unsw.edu.au
Addetta stampa scientifica della UNSW: Deborah Smith: 9385 7307, 0478 492 060, deborah.smith@unsw.edu.au

domenica 11 ottobre 2015

Il paguro costretto a vivere in un tappo di dentifricio: sempre peggio l'inquinamento da plastica della Terra

Da “Daily Mail”. Traduzione di MR (via Population Matters)

  •  Un recente studio suggerisce che l'oceano contiene otto milioni di tonnellate di rifiuti
  •  E' abbastanza per riempire quattro borse della spesa ogni 30 cm di linea di costa sulla Terra
  •  L'immagine, presa a Cuba, è solo una di una serie di immagini scioccanti che mostrano la  portata dell'inquinamento da plastica sulla Terra


Di Ellie Zolfagharifard

Questo paguro senza casa è ricorso alluso di un tappo di dentifricio per proteggere il suo corpo. E' una scena straziante che rivela la dura realtà dell'inquinamento da plastica e di quello che sta facendo alle creature marine della Terra. Secondo stime recenti, l'oceano contiene otto milioni di tonnellate di rifiuti – abbastanza da riempire cinque borse della spesa ogni 30 cm di linea di costa sul pianeta.


Senza casa e disperato, questo paguro è ricorso all'uso di un tappo di dentifricio per proteggere il suo corpo. Quest'immagine è stata caricata dall'utente di Reddit Hscmidt dopo che la sua fidanzata ha individuato il piccolo paguro che si aggirava su una spiaggia a Cuba

L'immagine è stata caricata dall'utente di Reddit, Hscmidt, dopo che la sua fidanzata ha individuato il piccolo paguro che si aggirava su una spiaggia a Cuba. I paguri usano conchiglie usate come riparo e per dare ai loro corpi soffici una protezione in più dai predatori. I paguri hanno spesso la necessità di trovarsi nuovi ripari, di solito sotto forma di altre conchiglie, man mano che crescono. “All'inizio ho pensato che fosse carino, ma poi mi sono reso conto di cosa significhi realmente”, ha scritto un utente di Reddit riguardo all'immagine. 

sabato 5 settembre 2015

Come il cambiamento climatico si manifesta nei dettagli della vita degli oceani

Da “New York Times”. Traduzione di MR 

Di William J. Broad



Marcos Chin

Il piccolo pesce noto come Vinciguerria Poweria è parte di un romanzo poliziesco che influenza tutto, dall'alimentazione del pianeta al monitoraggio della salute dell'oceano per imparare come prevedere meglio il cambiamento climatico. Il caso si svolge nell'area oscura dell'oceano – una regione tenebrosa che si estende da appena sotto le acque illuminate dal sole alle profondità di 1.000 metri. La sua oscurità viene spezzata solo dai raggi che filtrano giù nei giorni limpidi. Questa luce debole, anche al suo massimo, è insufficiente a sostenere la fotosintesi e le piante microscopiche. Quindi la zona non può alimentare una catena alimentare oceanica dal nulla. 

lunedì 22 settembre 2014

Temperatura oceanica in aumento: è l'Oceano Pacifico che decide?

Da “Skeptical Science”. Traduzione di MR

Di Rob Painting

Punti chiave:


  • Anche se l'oceano si è fortemente riscaldato, la temperatura globale di 'superficie' nel 21° secolo è stata più lenta dei decenni precedenti. Uno dei primi sospettati di questo è stato l'aumento degli Alisei che aiutano a mescolare il calore al di sotto della superficie dell'oceano – parte di un'oscillazione naturale conosciuta come Oscillazione del Pacifico Interdecennale (OPI).
  • Una ricerca pubblicata di recente, Chen & Tung (2014), sostiene che sono i cambiamenti nella salsedine (salinità) dell'acqua di mare nel Nor Atlantico è responsabile della variazione su scala decennale nell'assorbimento di calore dell'oceano, piuttosto che la OPI, in quanto l'aumento di salinità rende l'acqua di superficie più densa e pertanto facilita lo sprofondamento dell'acqua trasportata in direzione del polo.
  • L'analisi personale di Chen & Tung, tuttavia, mostra che il riscaldamento dell'Oceano Atlantico del Nord ha raggiunto un picco nel 2006 ed è declinato da allora, mentre il riscaldamento delle profondità dell'oceano, nel suo complesso, no. 
  • Questa nuova ricerca conferma i precedenti lavori (Meehl et al [2011] e Meehl et al [2013]) implicando che l'aumento, anche se probabilmente temporaneo, della miscelazione del calore negli strati più profondi dell'oceano è un contributo chiave al tasso più lento del riscaldamento di superficie nel 21° secolo.  



Figura 1 – I tassi di riscaldamento dell'oceano nel suo complesso e per singoli bacini oceanici fino a 1.500 metri di profondità. In particolare le osservazioni mostrano un maggiore riscaldamento degli strati più profondi, col riscaldamento più forte dell'oceano profondo che avviene nell'Atlantico e negli Oceani meridionali. Immagine da Chen e Tung (2014).

Riscaldamento dell'oceano: contesto di fondo


Nonostante questo riscaldamento degli oceani indotto dai gas serra, l'oceano non si scalda in maniera lineare a causa di diversi fattori, uno dei quali è una variazione naturale su base decennale nel modo in cui il calore viene miscelato negli oceani dai venti – l'Oscillazione del Pacifico Interdecennale (OPI). La OPI è, essenzialmente, un'oscillazione della forza dei venti (principalmente degli Alisei tropicali) che promuovono la miscelazione del calore verso l'interno dell'oceano, condizionando così le temperature di superficie. 

Il principale meccanismo della miscelazione all'interno dell'oceano dovuta al vento (fino a circa 2.000 metri di profondità) avviene attraverso la convergenza dell'acqua calda tropicale di superficie nei vortici subtropicali oceanici. Questi vortici subtropicali oceanici sono grandi masse rotanti di acqua di superficie che occupano le medie latitudini di ogni bacino oceanico. L'acqua di superficie viene trasportata verso i vortici subtropicali a causa dei venti che la trascinano sulla superficie del mare. Piuttosto che viaggiare nella stessa direzione degli Alisei, il flusso netto di acqua degli strati di superficie condizionati dal vento sono a 90° rispetto alla direzione di viaggio – verso destra nell'Emisfero Settentrionale e verso sinistra in quello Meridionale. Ciò avviene perché la Terra ruota rapidamente al di sotto delle correnti di superficie e risulta in una “apparente deflessione”. L'impatto che questo ha è molto reale, tuttavia. 



Figura 2 – tensione annuale del vento (vedi vento medio) negli oceani globali fra il 1982 e  il 2004. Le macchie verde chiaro vicino all'equatore in entrambi gli emisferi rappresentano gli alisei e le aree da circa 35° verso i poli mostrano i venti occidentali dominanti di media latitudine. Da locazione e direzione di questi venti dominanti abbiamo la convergenza delle correnti oceaniche a circa 30-40° in entrambi gli emisferi. Immagine del GODAS del NOAA.

Mentre le acque calde tropicali di superficie viaggiano verso il polo, incontrano un flusso diretto verso l'equatore creato dai venti occidentali di media latitudine e questa convergenza di superficie causa l'accumulo di massa d'acqua al centro del vortice. Senza poter andare da nessun'altra parte, la convergenza di superficie forma una corrente verticale conosciuta come “pompa di Ekman” (Ekman [1905]) che trasporta il calore in profondità. Per mantenere un equilibrio, c'è un ritorno di flusso d'acqua, in profondità, verso l'equatore e i poli. Notate che c'è anche un trasporto verso il polo nelle correnti poco profonde al limite occidentale di ogni vortice oceanico subtropicale – conosciute come correnti del confine occidentale. 


Figura 3 – Un rafforzamento della circolazione del vortice fra il 2004 e il 2008 è indicato dall'aumento dell'altezza sterica per i 500 decibar di livello di pressione (quasi 500 metri) relativi a 2.000 decibar (quasi 2.000 metri). Immagine adattata da Roemmich & Gilson (2009).

L'Oceano Atlantico: un autista o un passeggero?

Chen e Tung (2014) analizzano i dati del contenuto di calore dell'oceano conservati da un gruppo di ricerca giapponese, Ishii et al (2005), e fanno diverse dichiarazioni sulle cause delle fluttuazioni multidecennali del tasso di miscelazione del calore dell'oceano. La principale fra tutte queste dichiarazioni è che il cambiamento di salinità del Nord Atlantico è responsabile delle fluttuazioni decennali, non i cambiamenti degli Alisei e dei venti occidentali di media latitudine (la OPI) – come suggerito da Meehl et al (2011), Meehl et al (2013) e England et al (2014), per esempio. Una delle motivazioni date da Chen e Tung per aver scartato il ruolo della OPI nel riscaldamento dell'oceano profondo è la previsione secondo la quale il bacino dell'Oceano Pacifico avrebbe dovuto scaldarsi di più durante l'attuale fase negativa della IPO (dal 2000 ad oggi). In un comunicato stampa Tung dichiara: 

“La scoperta è una sorpresa, visto che le teorie attuali avevano indicato l'Oceano Pacifico come colpevole per aver nascosto il calore”.

E nel saggio stesso gli autori scrivono:

“Ciononostante, neanche le serie di dati supportano il risultato del modello di  Meehl et al. secondo cui l'accumulo di calore in questo strato (300-700 metri) del Pacifico domini sui bacini oceanici durante i periodi di iato”.

Questo non è del tutto corretto. Come mostrato nella Figura 4, le simulazioni del modello climatico di Meehl et al avevano il grosso dell'immagazzinamento di calore dell'oceano che avveniva nell'Oceano Meridionale e nel Pacifico, ma gran parte dell'immagazzinamento nell'oceano profondo durante i decenni corrispondenti alla OPI è stato nell'Atlantico e negli Oceani Meridionali. Due ragioni per cui questo debba essere così nel mondo reale sono che, per prima cosa, i vortici subtropicali dell'Emisfero Meridionale sono situati prevalentemente nell'Oceano Meridionale e nell'Atlantico Meridionale e, secondo, che parte del calore in arrivo nel bacino dell'Oceano pacifico in realtà non resta lì. Non solo il calore viene trasportato verso il polo in direzione, e attraverso, i vortici e c'è solo un vortice subtropicale nel Pacifico (il Nord Pacifico), ma c'è una “perdita” dal Pacifico con le correnti che viaggiano attraverso l'Arcipelago indonesiano nell'Oceano Indiano. E la “perdita” verso l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico (attraverso il Passaggio di Drake) nell'Oceano Atlantico (Dong et al [2011], Backeberg et al [2012]). In aggiunta, l'Oceano Atlantico è il solo bacino in cui ci sia una corrente calda di superficie in direzione dell'Equatore (parte della Meridional Overturning Circulation) e questo alla fine porta calore verso in Nord Atlantico – dove questo sprofonda.


Figura 4 – Tassi di riscaldamento dell'oceano per ogni bacino oceanico negli anni di iato (nesun riscaldamento o riscaldamento ridotto) e in tutti gli altri anni negli esperimenti del modello climatico effettuati in Meehl (2011). 

Quindi, nonostante gran parte del calore entri nell'oceano attraverso il Pacifico, non c'è nessuna aspettativa realistica per cui tutto il calore immagazzinato durante l'attuale fase negativa della OPI sarebbe immagazzinata lì. Il modello climatico del modello climatico del NCAR usato da Meehl et al potrebbe non simulare correttamente la durata della OPI (essendo ogni fase lunga circa 10 anni anziché 25-30) e il modo esatto di immagazzinamento di calore dell'oceano, ma ha simulato la maggior parte dell'immagazzinamento dell'oceano profondo che ha luogo nell'Oceano Meridionale e nell'Atlantico. La straordinaria intensità degli Alisei in tempi recenti (Merrifield [2011], England et al [2014]) potrebbero andare in qualche modo nella direzione di spiegare le discrepanze, o forse i modello climatico è solo insufficiente a questo riguardo. 

Il meccanismo della salinità

Chen e Tung dichiarano che sono i cambiamenti nel Nord Atlantico il motore di una variazione decennale della miscelazione dell'oceano, piuttosto che la OPI. Sfortunatamente gli autori non forniscono nessuna analisi o specifiche per sostenere questa dichiarazione. Non forniscono neanche una spiegazione in quanto al perché, quando il riscaldamento e la salinità del Nord Atlantico sono diminuiti dal 2006, il riscaldamento totale dell'oceano profondo è continuato. Il Capovolgimento di Circolazione dell'Atlantico Meridionale (CCAM) – il trasporto di acqua calda tropicale di superficie verso nord - è di fatto alimentato da acqua densa che sprofonda nel Nord Atlantico e che viaggia verso l'Equatore negli strati più profondi, ma ha anche una componente alimentata dal vento. 
Una spiegazione più probabile del forte riscaldamento del Nord Atlantico, una che spiegherebbe molte delle osservazioni in tutto il mondo, che che gli Alisei rafforzati dalla metà degli anni 90 in poi siano i principali responsabili. Mentre il vortice subtropicale del Nord Atlantico ha girato in risposta alla forzante degli Alisei, la corrente del golfo, la potente corrente del confine occidentale a forma di nastro che viaggia verso nord lungo la costa Nord Americana lungo il bordo del vortice, si è intensificata. Un volume più grande del normale di acqua calda e salata tropicale è stata trasportata verso nord con la corrente ed è stata poi tirata giù nell'oceano nella regione intorno ai 60° Nord – dove avviene lo sprofondamento dell'acqua densa. In una fase OPI negativa dovremmo attenderci di vedere  due regioni regioni di calore sprofondare nel Nord Atlantico; nell'area in cui avviene lo sprofondamento dell'acqua densa (circa 60° Nord) e al di sotto del vortice subtropicale del Nord Atlantico (fra i 30 e i 40° Nord) dove avviene la convergenza di superficie. Nell'analisi di Chen e Tung si mostra che è così.


Figura 5 – Riscaldamento dell'Oceano Atlantico fino a 1.500 metri nel periodo 1999-2012, un periodo che copre la maggior parte dell'attuale fase negativa della OPI. Immagine adattata da Chen e Tung (2014). 

Il riscaldamento accelerato della superficie potrebbe arrivare prima del previsto

Nel paragrafo conclusivo del loro saggio, Chen e Tung scrivono:

“Il prossimo El Niño, se avviene in un anno o qualcosa del genere, potrebbe temporaneamente interrompere lo iato ma, siccome il calore planetario sprofonda nell'Atlantico e negli Oceani Meridionali e rimane intatto, lo iato dovrebbe continuare su scala decennale”.

Gli autori si riferiscono al tasso rallentato del riscaldamento di superficie dal 2000. Potrebbero aver ragione sul fatto che questo continui ancora per un po', ma la loro analisi potrebbe anche suggerire una conseguenza piuttosto diversa. Come detto precedentemente, il riscaldamento del Nord Atlantico e l'anomalia della salinità hanno raggiunto un picco nel 2006 e poi hanno declinato fino al 2012 – la fine del periodo di analisi. Come Chen e Tung piuttosto giustamente evidenziano, il riscaldamento esteso nell'oceano Nord Atlantico (e la disintegrazione in corso della calotta glaciale della Groenlandia) devono avere causato un afflusso di acqua dolce e reso le acqua di superficie più galleggiante laggiù – forse rallentando lo sprofondamento di acqua densa. Ciò potrebbe aiutare a spiegare il rallentamento del Capovolgimento di Circolazione dell'Atlantico Meridionale (CCAM) dal 2006 in poi ma, a prescindere, il rallentamento del CCAM dovrebbe aiutare a far tornare il sistema climatico verso la fase OPI positiva. 

Forse il modo più rapido per illustrare questo, senza addentrarci in una lunga spiegazione, è guardare ai “decenni di accelerazione del riscaldamento” da Meehl (2013) – un analogo per la fase positiva della OPI. I tratti caratteristici dei “decenni di riscaldamento accelerato” sono un raffreddamento anomalo sulla superficie del vortice subpolare del Nord Atlantico (un vortice che circola in senso orario a sud della Groenlandia) e il raffreddamento di tutti i vortici subtropicali quando cominciano a girare verso il basso in risposta alla debole forzante del vento. La ragione del declino delle temperature di superficie del mare in queste località è a causa del trasporto ridotto di calore lungo la superficie dell'oceano dai tropici – dove il riscaldamento solare è più intenso. 


Figura 6 – Temperature di superficie dei decenni di riscaldamento accelerato fase positiva della OPI) nel modello climatico  CCSM4. Immagine da Meehl (2013). 

Non solo il CCAM ha rallentato (Cunningham et al [2013]), ma le temperature di superficie nel vortice subpolare del Nord Atlantico hanno cominciato a diminuire, così come le temperature di superficie del vortice subtropicale del Nord Pacifico - meglio illustrato dall'Oscillazione Decennale del Pacifico (ODP), fortement epositiva quest'anno. Queste osservazioni fanno pensare ad un rallentamento del trasporto di calore dai tropici – almeno nel Nord Atlantico e nel Nord Pacifico. Se sono solo aberrazioni o un'indicazione di un cambiamento della fase della OPI in arrivo diventerà più chiaro col tempo. 

Il riscaldamento globale è bloccato su “Play”

Gli oceani globali coprono circa il 93.4% delle riserve globali di calore della Terra e nonostante un tasso più lento di riscaldamento della superficie durante gli ultimi 16 anni, l'atmosfera si è comunque riscaldata  e gli oceani si sono riscaldati anche più di prima. Come rivelato da una ricerca precedente (Levitus [2012], Nuccitelli [2012] e Balmaseda [2013]), non solo gli oceani si stanno scaldando, ma l'oceano profondo si sta scaldando in un modo senza precedenti. 

Costruendo sul lavoro precedente, il modello climatico esaminato da Meehl et al (2011) e (2013) ha dimostrato che i decenni di iato (decenni nel modello con poco o nessun riscaldamento di superficie) sono avvenuti quando il calore anomalo è stato assorbito dall'oceano profondo. Lo schema delle temperature di superficie nei decenni di iato è molto simile alla fase negativa della OPI. Quindi, nonostante alcune discrepanze, il modello indica la OPI come una delle cause del rallentamento del riscaldamento di superficie. 
Dallo studio iniziale di Meehl et al, sono stati pubblicati una manciata di saggi che tendono a sostenere le loro scoperte chiave (per esempio, Kosaka & Xie [2013]). Anche se questi autori intimano diversamente, quello di Chen e Tung (2014) è un altro saggio su quella linea. Hanno confermato che gli oceani si sono riscaldati in modo sostanziale, in maniera più evidente negli strati più profondi, e che il più forte riscaldamento durante questa attuale fase negativa della OPI è stato nelle profondità degli Oceani Meridionale ed Atlantico. Benché abbiano proposto il meccanismo della salinità come motore della variazione decennale della variazione della miscelazione del calore nell'oceano, hanno fornito poco in questo saggio per supportarlo. 

domenica 13 aprile 2014

Sempre più acidi gli oceani. E sempre più in fretta

Da “Climate Progress”. Traduzione di MR

Di Emily Atkin




Una barriera corallina norvegese con gorgonie e madrepore in Norvegia. Foto AP Photo/Geomar, Karen Hissmann

E' conoscenza comune nella comunità scientifica che il cambiamento climatico alla fine acidificherà gli oceani rendendoli aspri. Ciò che è una conoscenza meno comune è quando esattamente accadrà. Nell'Oceano Pacifico tropicale, tuttavia, le risposte stanno diventando un po' più chiare – e non sono piacevoli. Secondo uno studio pubblicato da scienziati del NOAA e dell'Università di Washington mercoledì, la quantità di biossido di carbonio ne Pacifico tropicale è aumentata più rapidamente di quanto previsto negli ultimi 14 anni, rendendo quella parte dell'oceano molto più acida di quanto si credesse in precedenza. “Ipotizziamo che gran parte dell'aumento di biossido di carbonio [nel Pacifico tropicale] sia dovuto al CO2 antropogenicoha detto a E&E News Adrienne Sutton, una ricercatrice presso l'Istituto Congiunto per lo Studio dell'Atmosfera e dell'Oceano del NOAA all'Università di Washington. In altre parole, gli scienziati dicono che i loro risultati mostrano che gran parte dell'aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio possono essere attribuite al cambiamento climatico antropogenico. Questo perché mentre la quantità di CO2 nell'atmosfera aumenta ad un tasso di circa 2 ppm all'anno, parti del Pacifico tropicale hanno visto un aumento delle concentrazioni di CO2 fino a 3,3 ppm all'anno. Lo studio del NOAA ha monitorato i livelli di CO2 su sette boe nel Pacifico tropicale a partire dal 1998.


E' stata una grossa sorpresa. Non ci aspettavamo di vedere tassi così forti”, ha detto la Sutton. Anche se la frase “riscaldamento globale” in genere evoca immagini di un'atmosfera più calda, il fenomeno probabilmente ha un impatto ugualmente grande sui nostri oceani. Quando grandi concentrazioni di CO2 vengono rilasciate nell'atmosfera, l'oceano finisce per assorbirne circa un quarto, secondo il NOAA. Il CO2, a sua volta, rende l'oceano più acido. Alcuni scienziati sostengono che le nostre emissioni di CO2 cambiano la chimica dell'oceano più rapidamente di quanto sia cambiata in milioni di anni. Questo, secondo un rapporto di mercoledì della BBC News, promette di avere un effetto dannoso sul corallo – una parte vitale dell'ecosistema oceanico. “Siamo molto preoccupati perché i piccoli di corallo trovano molto difficile sopravvivere in alti livelli di CO2, quindi le barriere non saranno in grado di ripristinare sé stesse” ha detto alla BBC Katharina Fabricius dell'Istituto Australiano di Scienze Marine. “E' molto, molto grave”. L'acidificazione danneggia anche i pesci, facendo perdere ad alcuni il senso dell'odorato e facendoli “agire in modo incauto in presenza di predatori”, ha riportato la BBC.

Il rapporto più recente dell'IPCC dell'ONU ha detto che c'era una sicurezza alta che il cambiamento climatico esacerberà l'aumento di CO2 nell'atmosfera, causando quindi un maggiore assorbimento da parte degli oceani che diventano così acidi. Ci sono anche prove emergenti del fatto che il processo di acidificazione dell'oceano possa essere arrivato al limite, contribuendo realmente al cambiamento climatico stesso. Secondo un articolo sulla rivista Nature, l'acqua di mare intrisa di biossido di carbonio causerà il rilascio nell'atmosfera da parte del plancton di alcuni sui composti.