venerdì 3 aprile 2015

Il problema del debito man mano che raggiungiamo i limiti del petrolio

DaOur Finite World”. Traduzione di MR

Di Gail Tverberg

(Questa è la terza parte della mia serie – Una nuova teoria di energia ed economia. Questi sono i link alla prima e alla seconda parte).

Molti lettori mi hanno chiesto di spiegare il debito. Essi si chiedono anche “Perché non possiamo semplicemente cancellare il debito e ricominciare da capo?” se stiamo raggiungendo i limiti e questi limiti minacciano di destabilizzare il sistema. Per rispondere a queste domande, devo parlare del tema delle promesse in generale, non solo quello che chiameremmo debito. In un certo senso, il debito ed altre promesse sono ciò che tiene insieme le nostra economia in rete. Il debito ed altre promesse permettono la divisione del lavoro, perché ognuno può “pagare” gli altri del gruppo per il lavoro con una promessa di qualche genere, piuttosto che con un pagamento immediato in beni.

L'esistenza del debito ci permette di avere molte forme di pagamento convenienti, come le banconote, le carte di credito e gli assegni. Indirettamente, le molte forme convenienti di pagamento permettono il commercio ed anche il commercio internazionale.



Figura 1. Cupola costruita con i Bastoncini di Leonardo

Ogni debito, e di fatto ogni promessa di qualsiasi tipo, comporta due parti. Dal punto di vista di una parte, l'impegno è quello di pagare una certa quantità (o una certa quantità più l'interesse). Dal punto di vista dell'altra parte, si tratta di un guadagno futuro – una quantità disponibile in un conto in banca, o una busta paga o un impegno da parte di un governo a pagare delle indennità di disoccupazione. Le due parti sono in un certo senso legate fra loro da questi impegni in un modo analogo a quello in cui gli atomi sono legati nelle molecole.

Non ci si può sbarazzare del debito senza sbarazzarsi dei benefici che il debito fornisce – il che è un enorme problema. E' stato scritto molto sulle bolle del debito ed i collassi del passato. La situazione che abbiamo di fronte oggi è diversa. In passato, l'economia mondiale stava crescendo, anche se un'area specifica stava raggiungendo i limiti, come per esempio la troppa popolazione in relazione al terreno agricolo. Anche se un'area locale collassava, il resto del mondo poteva andare avanti senza di loro. Ora, l'economia mondiale è molto più collegata, quindi un collasso in un'area condiziona anche altre aree. C'è molto più pericolo di un collasso diffuso. La nostra economia è costruita sulla crescita economica. Se la quantità di beni e servizi prodotti ogni anno comincia a scendere abbiamo un enorme problema. Ripagare i prestiti diventa molto più difficile.


Figura 2. Ripagare i prestiti è facile in un'economia in crescita, ma molto più difficile in un'economia in contrazione.

Infatti, in un'economia in contrazione, le promesse che non sono debito, come le promesse di pagare le pensioni e le spese mediche per gli anziani come parte delle tasse, diventano a loro volta più difficili da pagare. La quantità che ci resta di spese voluttuarie diventa molto inferiore. Queste pressioni tendono a spingere un'economia ulteriormente verso la contrazione e rende le nuove promesse ancora più difficili da ripagare. 

La natura del debito

In senso allargato, il debito è una promessa di qualcosa di valore in futuro. Con questa definizione allargata, è chiaro che una banconota da 10 dollari è una forma di debito, perché è una promessa che ad un certo punto in futuro voi o, la persona a cui passate la banconota da 10 dollari, sarete capaci di scambiare la banconota da 10 dollari con qualcosa di valore. In un certo senso, anche le monete d'oro sono una promessa di valore per il futuro. Questa però non è necessariamente una promessa sulla quale possiamo contare. A volte in passato le le monete d'oro sono state confiscate. I derivati ed altri prodotti finanziari hanno a loro volta caratteristiche di debito. Per capire quanto sia importante il debito, dobbiamo pensare ad un'economia senza debito.

Un'economia del genere potrebbe avere un mercato centrale dove ognuno porta beni da scambiare. Ma anche in un'economia del genere, ci sarebbe un problema se non c'è una corrispondenza precisa delle necessità. Se porto mele e voi portate patate, possiamo scambiarcele a vicenda (“barattare”). Ma se voi non avete bisogno di patate? Potremmo avere la necessità di portare un terza persone nel cerchio, così ognuno di noi può ricevere ciò che vuole. Visto che il baratto è così complicato, non è mai stato usato per le transazioni quotidiane all'interno delle comunità

Un approccio che sembrava funzionare meglio è menzionato nel libro di David Graeber Debito: i primi 5.000 anni. Con questo sistema, un tempio gestiva un mercato. L'operatore del mercato forniva un “prezzo” per ogni oggetto, in termini di un'unità comune, come “stai di grano”. Ogni persona poteva portare beni al mercato (e forse anche servizi – lavorerò per un giorno in una vigna) e scambiarli con altri in base al valore. Non servivano in realtà “soldi” perché l'operatore prendeva una tavoletta d'argilla e su quella faceva il calcolo del valore in “stai di grano” che la stessa persona riceveva in cambio e si assicurava che le due cose combaciassero.

Naturalmente, appena permettiamo che “un giorno di lavoro” sia scambiato in questo modo, torniamo al problema delle promesse future e di assicurare che si verifichino realmente. Inoltre, se permettiamo ad una persona di riportare un bilancio da un giorno all'altro – per esempio portando una grande quantità di beni che non possono essere venduti in un giorno – entriamo nell'area delle promesse future. O se permettiamo ad un contadino di comprare semi a credito, con una promessa di ripagarli quando arriva il raccolto entro pochi mesi, ancora una volta entriamo nell'area della promesse future. Quindi anche in questa situazione semplice, dobbiamo essere capaci di gestire il problema delle promesse future. 

Promesse future anche prima del debito

Ogni qualvolta ci sia una divisione del lavoro, ci deve essere un accordo su come avrà luogo quella divisione – quali sono le responsabilità di ogni partecipante. Nel caso più semplice, ci sono i cacciatori-raccoglitori. Se c'è la decisione per cui gli uomini si occuperanno della caccia e le donne si occuperanno della raccolta e dei bambini, allora deve esserci un accordo su come funzionerà la disposizione. L'approccio usuale sembra sia stato una specie di “economia del dono”. In un'economia del genere, tutti condividevano qualsiasi cosa fossero in grado di ottenere con gli altri e guadagnavano lo status a seconda della quantità che potevano mettere in condivisione. Al posto del coinvolgimento di un debito formale, c'era un accordo tacito secondo cui se le persone volevano partecipare al gruppo dovevano seguire le regole dettate quella particolare cultura dettava, compreso, molto spesso, condividere tutto. Le persone che non seguivano le regole venivano escluse. A causa della difficoltà di vivere da soli in un ambiente del genere, chi lo era probabilmente moriva. Così, i partecipanti erano in un certo senso legati insieme dai costumi che sottostavano alle economie del dono.

Ad un certo punto, man mano che si è costruita più di un'economia, c'è stata la necessità di uno o più capi, così come un qualche modo di sostenerli finanziariamente. Così, si è presentato anche il bisogno di una specie di tassazione. Mentre la tassazione per sostenere il capo non veniva considerata debito, questa ha molte delle caratteristiche del debito. Si tratta di un obbligo di pagamento continuo. Il capo e gli altri membri del gruppo pianificano le loro vite come se questa situazione dovesse continuare. In un certo senso, i servizi di governo e la tassazione risultante aiutano a legare insieme l'economia.  

Benefici del debito

I benefici del debito sono davvero grandi, compresi i seguenti
  1. Il debito permette che si facciano transazioni che non avvengono esattamente nello stesso momento e luogo. Posso ordinare beni e farmeli consegnare a casa. Un datore di lavoro può pagarmi per un mese di lavoro con un assegno anziché dovermi dare cibo o altri articoli di baratto che corrispondono ad ogni ora che lavoro. Non c'è bisogno di avere miliardi di monete d'oro (o altre valute di metallo prestabilite) per facilitare qualsiasi transazione e di portarsele in giro. Ognuno di noi può avere un conto in banca. Dal punto di vista della banca, la quantità contenuta in un conto bancario è un obbligo (debito) dovuto al depositante. 
  2. Il debito addizionale dà potere d'acquisto addizionale ai singoli individui, ai governi o alle imprese. I fondi addizionali disponibili possono essere spesi immediatamente. Molto spesso, il rimborso (con gli interessi) viene spalmato su diversi anni, rendendo accessibili i beni che non lo sarebbero. Così il debito aumenta la “domanda” di beni ed anche di commodity usate per creare quei beni.
  3. Siccome il debito rende i beni più accessibili, il debito addizionale tende a “pompare” il prezzo dei beni. Questi prezzi più alti fanno sì che per le imprese valga la pena di piantare più acri di cibo. Il debito, in particolare il debito a basso costo, rende accessibile alle imprese la costruzione di nuove fabbriche e l'apertura di nuove miniere.
  4. Il debito permette un forte incremento dello standard di vita, come quello ottenuto aggiungendo carbone o petrolio ad un'economia. Il debito permette l'acquisto di beni che cambieranno sostanzialmente il futuro di una persona, come il passaggio in un nuovo paese, o l'acquisto di un'educazione universitaria, o l'acquisto di un veicolo per le consegne per far partire un'attività. Senza debito, è improbabile che sarebbe mai stato possibile estrarre i combustibili fossili; i consumatori non sarebbero mai stati in grado di permettersi i beni forniti dai combustibili fossili e le imprese avrebbero avuto difficoltà a finanziare le molte nuove fabbriche necessarie per produrre i beni usando questi combustibili. Vedete il mio post Perché Malthus ha sbagliato la sua previsione.
  5. Aggiungere debito è auto-rinforzante. Supponete che una quantità considerevole di debito venga aggiunta per ciò che è considerato un buon obbiettivo, come estrarre petrolio in Nord Dakota. Le società petrolifere useranno il debito che ricevono per molti scopi diversi – compreso pagare i dipendenti, le royalty ai proprietari terrieri e le tasse allo stato. I dipendenti compreranno nuove case ed automobili, stipulando prestiti. I residenti del Nord Dakota che ricevono le royalty potrebbero decidere di stipulare dei prestiti per ristrutturare le proprie case, aspettandosi che le royalty continueranno ad arrivare. Lo stato potrebbe sistemare le proprie strade con i propri proventi, dando ulteriore reddito (che potrebbe portare a nuovo debito) ai lavoratori stradali. Una catena di negozi potrebbe decidere di costruire un nuovo punto vendita (prendendo in prestito soldi per farlo), alimentando ulteriormente la catena. Ciò che accade è che, indirettamente, il debito delle nuove società petrolifere rende molte persone più ricche, almeno temporaneamente. Questi individui temporaneamente più ricchi possono “avere diritto” a prestiti più consistenti di quanto non sarebbe possibile diversamente, dando loro di più da spendere e permettendo ad altri ancora di avere diritto ai prestiti.  
  6. Accordi che non sono debito, ma più di debito subordinato, fanno sentire le persone più sicure del sistema attuale. Ci sono programmi assicurativi piani pensionistici e per i conti bancari, fino alla copertura di bilanci determinati per conto. Questi programmi assicurativi generalmente non contengono molti soldi, in confronto a ciò che assicurano. Ma fanno sentire bene le persone, specialmente se c'è un governo che potrebbe subentrare e prendere in consegna, al di là del reale finanziamento del programma assicurativo. 

Cosa c'è di sbagliato nel debito e in altre promesse finanziarie

  1. Come detto all'inizio del post, il debito funziona molto male se l'economia è in contrazione.
    Diventa impossibile ripagare il debito con gli interessi, senza ridurre il reddito voluttuario. I programmi governativi, come il servizio sanitario per gli anziani, diventa a sua volta più costoso in relazione ai redditi attuali. 
  2. I pagamenti degli interessi sul debito tendono a trasferire  ricchezza dai membri più poveri della società a quelli più ricchi.
    Gli economisti hanno avuto la tendenza ad ignorare il debito, perché rappresenta una transazione più o meno bilanciata fra due individui. Però rimane il fatto che i membri più poveri delle società si trovano particolarmente nella necessità di debito e molti pagano tassi di interesse molto alti. Coloro che prestano soldi tendono ad essere più ricchi. A causa di questo assetto, nel tempo i pagamenti degli interessi tendono ad aumentare le disparità di ricchezza. 
  3. Troppo spesso, il flusso dei pagamenti dal quale dipende il debito si dimostra insostenibile.
    Nell'esempio fatto sopra, tutti pensano che il petrolio del Nord Dakota continuerà per un po', quindi stipulano prestiti come se fosse così. Se invece non è così, c'è una situazione difficile. Nel caso dei prestiti studenteschi negli Stati Uniti, molti studenti non sono mai in grado di avere posti di lavoro con salari sufficientemente alti per pagare i prestiti ricevuti. 
  4. I governi tendono a implementare programmi che sono più costosi di quelli che potrebbero realmente permettersi sul lungo termine.
    Man mano che un'economia diventa più ricca (a causa dell'uso di più combustibili fossili), c'è una tendenza ad aggiungere nuovi programmi. Vengono aggiunte cure mediche e pensioni per gli anziani, così come le indennità di disoccupazione e livelli scolastici più avanzati. Sfortunatamente, è difficile stimare opportunamente quali saranno i costi a lungo termine di questi programmi. Inoltre, anche se i programmi fossero sostenibili con un alto livello di combustibili fossili, quasi sicuramente non lo sarebbero se la disponibilità di energia declina. E' virtualmente impossibile ritirare i programmi, anche se non sono garantiti, una volta che le persone pianificano la loro vita sui nuovi programmi. La Figura 3 mostra un grafico delle spese del governo ststunitense (tutti i livelli) in confronto ai salari (comprese le quantità pagate ai titolari delle aziende, compresi gli agricoltori). Uso questa base, piuttosto che il PIL, perché i salari non sono stati al passo col PIL negli ultimi anni. Le quantità mostrate comprendono programmi come la Sicurezza Sociale e le prestazioni sanitarie per gli anziani, in aggiunta alla spesa su cose come scuola, strade e assicurazione di disoccupazione.

                         
    Figura 3. Confronto di spese e entrate del governo statunitense (tutti i livelli insieme) sulla base dei dati dell'Ufficio per la Ricerca Economica degli Stati Uniti. 

    Chiaramente, le spese governative sono aumentate molto più rapidamente dei salari. Immagino che questo valga in molti paesi.
  5. Non c'è nessun collegamento reale fra quantità di debito emesso e ciò che verrà effettivamente prodotto in futuro.
    Ci viene detto che i soldi sono una riserva di valore e che questi trasferiscono il potere d'acquisto dal presente al futuro. In altre parole, non possiamo contare sui bilanci dei nostri conti in banca e, di fatto, in tutti i titoli cartacei straordinari. Questa storia è vera soltanto se l'economia può continuare a creare una quantità di beni e servizi crescente per sempre. Se, infatti, la produzione di beni e servizi scende drammaticamente (molto probabilmente perché i prezzi non possono crescere a sufficienza per incoraggiare una sufficiente estrazione di beni), abbiamo un grosso problema. Per ogni anno, tutto ciò che abbiamo a disposizione è la quantità reale di risorse che possono essere tirate fuori dal sottosuolo, più la quantità reale di cibo che può essere coltivato. Insieme, queste quantità determinano in che modo sono disponibili molti beni e servizi. I soldi fungono da distributori dei beni e dei servizi disponibili. Presumibilmente, le persone che lavorano all'estrazione e alla produzione di questi beni e servizi devono essere pagate per prime, o tutto il processo si fermerebbe. Questo lascia fondamentalmente le “rimanenze” da condividere fra coloro che ora sono sostenuti dagli i9ntroiti delle tasse e da coloro che possiedono titoli cartacei di qualche tipo. E' difficile immaginare che chiunque, oltre ai lavoratori che producono i beni e i servizi, avrà molto se perdiamo l'uso dei combustibili fossili. I lavoratori diventeranno meno efficienti e la produzione diminuirà troppo.  
  6. I derivati ed altri prodotti finanziari espongono il sistema finanziario a rischi significativi. Alcune grandi banche hanno scoperto di poter guadagnare introiti considerevoli vendendo derivati ed altri prodotti finanziari, permettendo alle persone o alle imprese essenzialmente di scommettere su certi risultati – come il crollo del prezzo del petrolio al di sotto di un dato prezzo, o la crescita molto rapida dei tassi di interesse, o una certa società che fallisce. Finché tutto va bene, non c'è un problema enorme. La preoccupazione ora è che con i prezzi dei beni che cambiano rapidamente, e i livelli delle valute che cambiano rapidamente, le società potrebbero fallire e potrebbero essere innescati grandi pagamenti. In teoria, alcuni di questi pagamenti potrebbero essere compensativi – i soldi dovuti da un cliente potrebbero compensare i soldi dovuti ad un altro cliente. Ma anche se fosse così, i default a volte possono impiegare anni per assestarsi. Potrebbero anche esserci problemi con molti dei prodotti con la capacità di una delle parti di pagare. Un particolare problema con molti dei prodotti è l'uso del modello tariffario di Black-Scholes. Questo modello è applicabile quando gli eventi sono indipendenti e distribuiti normalmente. Non è così quando ci avviciniamo ai limiti petroliferi e ad altri limiti di un mondo finito. 
  7. I governi tendono ad essere negativamente condizionati da un'economia in contrazione, quindi potrebbero essere di poco aiuto quando ci serve di più.
    Come osservato in precedenza, i pagamenti ai governi si comportano praticamente come il debito. Man mano che un'economia si contrae, i programmi che sembravano sostenibili in passato diventano meno sostenibili ed devono essere tagliati con urgenza. Così, i governi tendono ad avere problemi esattamente nello stesso momento in cui li hanno le banche ed altri prestatori. I governi dei paesi “sviluppati” ora hanno livelli di debito che sono alti per gli standard storici. Se c'è un'altra grossa crisi finanziaria, il piano sembra essere quello di usare salvataggi delle banche analoghi a quelli di Cipro, invece di salvare le banche usando il debito governativo. In un auto-salvataggio, i depositi bancari vengono scambiati col patrimonio della banca in fallimento. Per esempio, a Cipro il 37% dei depositi oltre i 100.000 euro sono stati trasformati in azioni di Classe A della banca. Questo approccio ha molte difficoltà. Le imprese hanno bisogno dei loro fondi, per scopi come il pagamento dei dipendenti e la costruzione di nuove fabbriche. Se i loro fondi vengono presi in un salvataggio interno, la capacità dell'impresa di andare avanti potrebbe esserne danneggiata. Anche i singoli consumatori dipendono dai loro conti bancari. Come osservato sopra, l'assicurazione sul deposito in teoria è disponibile, ma la vera quantità di fondi per questo scopo è molto bassa in confronto alla quantità potenzialmente a rischio. Quindi torniamo al problema se i governi possano e saranno in grado di salvare le banche ed altre istituzioni finanziarie dal fallimento. 
  8. Serve più debito per nascondere la mancanza di crescita economica in un'economia mondiale sofferente. Questo debito diventa sempre più difficile da ottenere, man mano che i salari ristagnano a causa dei ritorni decrescenti.
    Se i salari crescono abbastanza velocemente, i salari stessi possono essere usati per pompare la domanda di beni e così aumentare i prezzi. I nostri salari sono praticamente fermii salari medi sono diminuiti negli Stati Uniti. Se i salari non crescono a sufficienza, l'aumento del debito dev'essere usato per accrescere la domanda. Il debito sta crescendo lentamente nel settore famigliare, secondo le cifre compilate dal McKinsey Global Institute. Il debito delle famiglie è cresciuto solo del 2,8% all'anno fra il quarto trimestre del 2007 e il quarto trimestre del 2014, in confronto al 8,5% all'anno nel periodo fra il quarto trimestre del 2000 e il quarto trimestre del 2007. Anche includendo la domanda delle imprese, il debito non sta crescendo abbastanza rapidamente per mantenere alti i prezzi dei beni. Questa mancanza di crescita sufficiente del debito (e mancanza di crescita della domanda oltre al debito in crescita) sembra essere un motivo importante della diminuzione dei prezzi di molti beni dal 2011.
  9. Politica diversa rispetto ai tassi di interesse e quantitative easing  sembra avere la possibilità di fare a pezzi il sistema finanziario mondiale.
    In un'economia in rete, non allontanarsi troppo dallo status quo è un indubbio vantaggio. Se le politiche statunitensi hanno l'effetto di aumentare il valore del dollaro e le politiche di altri paesi hanno la tendenza ad abbassare le loro valute, l'effetto netto è quello di rendere il debito detenuto in altri paesi ma denominato in dollari statunitensi impagabile. E rende anche inaccessibile i beni venduti dalle società americane. L'economia, per come è oggi, è stato reso possibile da paesi che lavorano insieme. Con le sanzioni contro l'Iran e Russia, ci stiamo già allontanando da questa situazione. I prezzi del petrolio bassi ora stanno mettendo a rischio le economie degli esportatori di petrolio. Man mano che i paesi provano approcci diversi riguardo i tassi di interessi, questo aggiunge un'altra forza ancora, demolendo le economie. 
  10. L'economia comincia a comportarsi in modo molto strano quando troppo dell'attuale reddito è bloccato nel debito e in strumenti simili al debito.
    I modelli economici suggeriscono che se i prezzi del petrolio scendono, la domanda di petrolio crescerà in modo robusto e e l'offerta scenderà rapidamente. Se i produttori di petrolio sono protetti da contratti futuri che bloccano un prezzo alto, potrebbero non rispondere nella maniera attesa. Infatti, se sono obbligati a effettuare i pagamenti del debito,potrebbero continuare a trivellare anche quando altrimenti non avrebbe senso finanziario farlo. Analogamente, i consumatori sono a loro volta condizionati da impegni precedenti. Se gran parte del reddito dei consumatori è legato ai pagamenti del condominio, dell'auto e delle tasse, questi potrebbero non avere molta capacità di rispondere ai prezzi del petrolio più bassi. Al posto di aumentare le spese voluttuarie, i consumatori potrebbero saldare parte del loro debito con il loro reddito ritrovato.
Conclusione

Se l'attuale sistema economico collassa e diventa necessario crearne un altro, il nuovo sistema dovrà avere a che fare col fatto di avere una quantità di beni e servizi disponibili sempre minore per un periodo di transizione piuttosto lungo. Questo è uno dei grafici che ho mostrato in passato su come la crescita dei prodotti energetici, e quindi la crescita in beni e servizi, potrebbe apparire.


Figura 4. Stima della produzione di energia futura dell'autrice. Dati storici basati sulla BP adattati ai raggruppamenti della IEA. 

A causa di ciò, il nuovo sistema dovrà essere molto diverso da quello attuale. La maggior parte delle promesse dovranno essere di breve durata. I trasferimenti fra persone che vivono in una particolare area potrebbero ancora essere facilitati da un sistema finanziario, ma sarebbe difficile avere contratti a lungo termine e a lunga distanza. Di conseguenza, la nuova economia avrà probabilmente bisogno di essere molto più semplice di quella attuale. E' dubbio che possa includere i combustibili fossili. Molte persone chiedono perché non possiamo semplicemente cancellare il debito e ricominciare da capo. Fare questo probabilmente significherebbe cancellare anche tutti i conti in banca. Gran parte dei nostri attuali posti di lavoro probabilmente sparirebbe. Saremmo probabilmente senza rete elettrica e senza petrolio per le auto. Sarebbe molto difficile ricominciare da una situazione del genere. Dovremmo davvero ricominciare dal nulla. Non ho parlato delle distinzioni fra “fondi presi in prestito” e “patrimonio netto accumulato”. Una tale distinzione è a sua volta importante. Se ci sono problemi reali, tutto ciò che non è fisico finisce nella categoria generale di “ricchezza sulla carta”. Non possiamo contare sulla ricchezza sulla carta (o, in quel campo, su nessuna ricchezza) sul lungo termine. Ogni anno, la quantità di beni e servizi che l'economia può produrre è limitata dalle prestazioni dell'economia stessa, dati i limiti che stiamo raggiungendo. Se la quantità di questi beni e servizi comincia a crollare rapidamente, i governi potrebbero fallire, in aggiunta ai nostri problemi coi default del debito. Coloro che hanno ricchezza sulla carta non possono contare di ricevere molto. I lavoratori che producono qualsiasi bene e servizio che vengono realmente prodotti dovranno probabilmente essere pagati per primi.   

giovedì 2 aprile 2015

10 buone ragioni per non trivellare

Un interessante articolo di Giuliano Garavini che si fa tutte le domande giuste. Dal blog dell'associazione "Paolo Sylos Labini"



Un articolo di Giuliano Garavini

Il decreto legge chiamato “sblocca Italia”, tra le altre cose, è anche un decreto “sblocca trivelle”.  Le decine di migliaia di cittadini che vi sono opposti in tutta Italia sono stati definiti con disprezzo “comitatini”.

Ecco dieci buone ragioni per interrompere da subito esplorazioni e trivellazioni sia in Adriatico che sulla terraferma.

1. Oggi l’offerta mondiale di petrolio è maggiore della domanda. Il prezzo del Brent si aggira sui 55 dollari al barile, meno della metà della sua quotazione a giugno del 2014. In queste circostanze lasciare il petrolio sottoterra è il modo migliore per valorizzarlo. Estrarlo è invece il modo migliore per sperperare una ricchezza non rinnovabile che in futuro varrà di più.

2. Non solo non si dovrebbe procedere a nuove trivellazioni, ma lo Stato dovrebbe imporre ai pozzi in funzione di ridurre la produzione. Se c’è troppo petrolio e i prezzi calano in modo abnorme, bisogna produrne di meno in previsione di tempi migliori. Si può fare e si deve fare: la regolazione statale della produzione l’hanno inventata e imposta per primi negli anni ’30 quel paradiso dei petrolieri che sono gli Stati Uniti, attribuendo il potere di controllo ad un’istituzione chiamata Texas Railroad Commission.

3. Le royalty pagate in Italia sulla produzione di greggio sono oltraggiosamente basse: tra il 7 e il 10 per cento per il petrolio su terra e il 4 per cento per quello in mare. A questo si aggiunge lo scandalo che le prime 20mila tonnellate di petrolio prodotto su terraferma e 50mila prodotte in mare sono del tutto esenti royalties! Le royalties non hanno nulla a che vedere con le tasse (quelle che le società pagano sui loro profitti). Esse rappresentano il corrispettivo che gli operatori (società petrolifere) pagano al proprietario del terreno per sfruttare una risorsa naturale esauribile. In tutto il mondo (tranne negli Stati Uniti) il proprietario del terreno è lo Stato. l voler seguire l’esempio della Germania le royalty pagate in Bassa Sassonia sono oggi del 37 per cento! La prima cosa da fare è raddoppiare le royalties al 20 per cento. Ogni punto di royalty meno del 20 per cento è un furto ai danni dei cittadini italiani. La produzione del tutto esente da royalty è un furto con scasso.

4. Gli italiani non traggono alcun beneficio diretto dal consumare petrolio prodotto sul territorio nazionale. Al consumatore italiano non cambia nulla, una volta che fa il pieno dal benzinaio, che il petrolio venga dalla Basilicata o dal Golfo Persico. Tanto vale comprarlo nei Paesi dove esso può essere prodotto con minori danni per l’ambiente e a costi molto più bassi. Quelli che parlarono di “sicurezza energetica” in relazione al gas e al petrolio prodotto in Italia sono comici involontari. L’Italia potrebbe garantirsi la “sicurezza energetica” solo in due modi: smettendo di utilizzare del tutto le energie fossili o tornando a colonizzare la Libia.

5. Secondo gli studi di Nomisma, gli unici effettuati (Prodi è tra i grandi sponsor delle trivellazioni), lo Stato incasserebbe da un raddoppio della produzione di idrocarburi circa 1,2 miliardi di euro l’anno per i prossimi dieci anni. Ma lo studio era del 2014, prima del tracollo dei prezzi del petrolio! Oggi queste stime andrebbero per lo meno dimezzate a 600 milioni di euro l’anno. Dunque si tratterebbe di un introito, certo interessante in tempo di vacche magre, ma assolutamente irrisorio se comparato alla liquidazione delle riserve italiane: un patrimonio per le generazioni future cui finora abbiamo lasciato in eredità solo un bel cumulo di debito pubblico.

6. Nessuno ci ruba il nostro petrolio. Questo lo dicono i gran maestri delle trivellazioni con in testa (scusate il gioco di parole) Chicco Testa. Testa e sodali affermano che in Adriatico, se non lo fanno gli italiani, saranno i Croati ad estrarre il nostro gas e il nostro petrolio ciucciandocelo via da sotto il naso. Cito il Presente di Federpetroli Marsiglia che di idrocarburi dovrebbe intendersene: “Un giacimento è molto vasto, formato da vari pozzi. Sono stupidaggini di persone non competenti quando si legge che la Croazia ci ruberà il nostro petrolio. Non perdiamo idrocarburo”.

7. Argomento ricorrente dei trivellatori è che gas e petrolio italiani ridurrebbero la bolletta energetica degli italiani. A parte che questo sarebbe vero solo se a produrre idrocarbuti fosse unicamente l’ENI (cosa che non è). Bisogna poi capire quanti dei soldi intascati dall’ENI restino effettivamente nel nostro Paese reinvestiti per creare occupazione e nella ricerca, quanti finiscano nella casse di società controllate di ENI, magari in Olanda, o peggio vengano utilizzati per pagare tangenti in Algeria o in Nigeria.

8. Il patrimonio paesaggistico, storico e artistico dell’Italia è, oltre che un bene comune da preservare, anche una fonte di reddito indiscutibilmente superiore a qualsiasi possibile incasso dalle vendita di idrocarburi. Visitando una piattaforma ENI in Adriatico posso testimoniare che l’azienda presta la massima attenzione alla sicurezza e che il personale tecnico della società è degno della massima fiducia. Ma si riuscisse pure a scongiurare ogni possibile fuoriuscita di gas o di olio, si riuscisse a mitigare l’impatto sull’ambiente marino delle trivellazioni, come si fa a non tenere in considerazione l’impatto di centinaia di piattaforme in mezzo al piccolo mare Adriatico? E cosa resterà di questo cimitero di ferro arrugginito una volta terminato il proprio lavoro di suzione? Difficile non ritenere questo scenario una terribile pubblicità negativa per il turismo.

9. L’Italia è un Paese densamente popolato, a forte rischio idrogeologico, soggetto a terremoti. Ogni volta che la terra si scuote riprendono i dibattiti scientifici sul ruolo delle estrazioni di petrolio e di gas e delle “reiniezioni” nei pozzi nello stimolare i terremoti. Ancora una volta: perché non comprare petrolio da Paesi che sono semidesertici e che dai proventi della vendita degli idrocarburi, pagati il loro giusto prezzo, possono ricavare le risorse che servono sia per sostentare al meglio la propria popolazione che per approfittare della manifattura e delle competenze italiane? Anche in Paesi come l’Algeria, che dipendono in tutto dagli introiti degli idrocarburi, vi sono vivaci e coraggiosissime proteste contro il fracking in pieno deserto. Non dovremo dare l’esempio anche noi prendendoci cura del nostro territorio?

10. La vera fonte energetica del futuro, prima ancora delle rinnovabili, è il “risparmio energetico”. Questa è una frontiera che ha praterie davanti a sé e nella quale dovrebbero investire le imprese energetiche italiane, diversificando opportunamente la propria attività. A me, per esempio, fa piacere vedere ENI associata al car-sharing. Solo dal risparmio energetico può nascere un vero beneficio per la bolletta energetica dell’Italia, accoppiata ad miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Il binomio perfetto. Occorre permettere alle società energetiche di guadagnare sul risparmio energetico, sulle nuove tecnologie e sull’efficienza delle infrastrutture. Regalare loro petrolio va nella direzione opposta.

Il collasso dei ghiacci antartici: commenti e reazioni

Commenti di Alessandro Pulvirenti al post del primo di aprile di ieri, che descriveva il rapidissimo e improvviso  collasso dei ghiacci antartici con conseguente allagamento delle città costiere sotto 60 metri di acqua.



La California, vista la grave siccità che ha patito, pretende che il 30% del ghiacciaio venga dato a loro.

Il presidente USA, visti i possibili giacimenti di petrolio, ha dichiarato che: "c'è bisogno di esportare la democrazia in Antartide".

I Pinguini hanno fatto una riunione d'emergenza e hanno preparato i loro missili di ghiaccio.

Molti pensano che la colpa sia della "Germania e della Merkel".

Famosi commentatori della TV dicono che è colpa dell'Euro, se si stanno sciogliendo i ghiacciai, in quanto il tasso di cambio termico è rimasto bloccato per troppo tempo per colpa della moneta unica.

Alcuni pensano che i Rettiliani stiano aprendo una porta spazio-temporale sotto i ghiacciai e finirà per teletrasportare l'intero mondo nell'aldilà.

L'ISIS ha rivendicato lo scioglimento dei ghiacciai è minaccia di fare sciogliere pure quello del polo Nord.

La Lega Nord si è detta tranquilla, in quanto è un problema del SUD. A loro interessa solo il Nord.

La Mogherini ha dichiarato che la colpa è della Russia ed annuncerà a breve nuove sanzioni.

La Gelmini annuncia che: il collasso dei ghiacciai, ha fatto crollare il tunnel in cui passavano i neutrini.

Renzi annuncia che: visto il cambiamento climatico, per migliorare la ripresa, darà 80 kg di ghiaccio ad ogni dipendente.

I cinesi, vista la buona idea, hanno fatto una copia e anche loro hanno un ghiacciaio che si sta sciogliendo.

Il figlio di Neil Armstrong annuncia: "Questo è un piccolo passo per un ghiacciaio, ma un grande balzo per l'umanità... verso la catastrofe!".

Un americano che era li, ha chiamato alla base è ha detto:"Houston abbiamo un problema!".

Mario Draghi annuncia che, per limitare la crisi dei ghiacciai, c'è bisogno di stampare 1000 miliardi di euro.

"Piove governo ladro!" verrà modificato in: "Si scioglie... governo ladro!"

Noé è stato richiamato d'urgenza per una consulenza; si prevede la costruzione di una grande Arca.




mercoledì 1 aprile 2015

Ultimissime: comincia il collasso dei ghiacciai antartici occidentali

Tradotto dal blog "Resource Crisis"




Una spaccatura gigantesca nel ghiacciaio dell'Antartide Occidentale come mostrata da una foto satellitaria. L'intero ghiacciaio ha cominciato a muoversi verso il mare.


Un rapporto IPCC diffuso oggi mostra dati satellitari relativi a una gigantesca spaccatura nel ghiacciaio dell'Antartide Occidentale, indicando che l'intero ghiacciaio ha cominciato a muoversi verso il mare. Alcuni rapporti recenti avevano già indicato che il processo di fusione dei ghiacci stava verificandosi più rapidamente di quanto non ci si aspettasse, ma i nuovi dati indicano un collasso rapidissimo e inatteso. Secondo la IPCC, alle velocità misurate, il collasso del ghiacciaio antartico occidentale sarà completo in meno di un decennio.
 
Il risultato del collasso del ghiacciaio sarà un incremento del livello globale del mare di circa 5 metri. Se lo stesso fenomeno interesserà tutta l'Antartide, come sembra sia il caso secondo alcuni dati riportati dall'IPCC, il risultato finale sarà un aumento del livello del mare di circa 60 metri. Il rapporto dell'IPCC non si dilunga sulle conseguenze sulle città costiere e sulle zone popolate a bassa quota sul livello del mare.

La maggioranza dei commenti a questo rapporto sembrano essere d'accordo sul fatto che i dati satellitari indicano veramente una velocità di fusione molto alta per il ghiacciaio antartico, come si ammette anche fra gli "scettici". Anthony Watts, famoso per il suo blog "Watt's up with that?" riferisce che si sente "vendicato" dai nuovi risultati che provano che i modelli climatici dell'IPCC erano sbagliati non essendo stati in grado di prevedere la rapidità della fusione dei ghiacci. Il visconte Cristopher Monckton ha commentato che il suo modello climatico "irriducibilmente semplice" "mostra che "il riscaldamento globale non ha niente a che fare con il collasso dell'Antartide, dato che "la pausa nel riscaldamento globale continua"

Molti scienziati hanno anche commentato sulle recenti notizie relative all'Antartide. Michael Mann, della Penn State University, ha dichiarato che "Quei ghiacciai hanno preso una bella botta dalla mazza da hockey!" Altri scienziati hanno dichiarato di sentirsi contenti dato che non saranno più chiamati "catastrofisti" e "allarmisti", ma molti hanno dichiarato di essere preoccupati perché, una volta dimostrato che il riscaldamento globale esiste per davvero, i loro contratti di ricerca potrebbero essere tagliati. 

Negli ambienti politici, la destra vede l'allagamento delle città della costa come una "punizione divina" per i peccati commessi in queste città (specialmente a New York). I giusti, si dice, saranno certamente risparmiati dalle onde incombenti, proprio come Mosè e il popolo eletto furono risparmiati quando attraversarono il Mar Rosso. I commenti della sinistra sono generalmente positivi, dato che si ritiene che l'allagamento delle regioni industrializzate e popolate della costa ridurrà l'inquinamento. Si spera anche che questo darà delle opportunità per delle comunità più resilienti e uno stile di vita a crescita zero basato su risorse locali.
La reazione dell'industria in generale è stata di cauto ottimismo. i portavoce dell'industria petrolifera e dell'industria minerale riferiscono di grande interesse nello sfruttamento minerale delle terre antartiche lasciate libere dai ghiacci, che si ritiene contengano petrolio, gas, carbone e molti altri minerali importanti. L'industria edile riferisce anche di un grande interesse in nuove opportunità di mercato, come la costruzione di barriere anti-allagamento e la rilocazione di intere città nell'entroterra. "Mai prima di ora", riferisce un portavoce dell'industria, "le prospettive dell'industria del cemento sono state tanto brillanti.
Anche a Washington, il nuovo rapporto IPCC è visto con cauto ottimismo. Il presidente ha parlato di una "nuova frontiera" che si sta aprendo con la fusione dei ghiacci antartici. Ha usato la frase "vai verso sud, giovane!" per indicare la nuova direzione per la crescita dell'economia

Altre notizie su questo soggetto: "La grande fusione della Groenlandia: minaccia o opportunità?"



Nota: mi hanno detto che qualcuno potrebbe prendere questo rapporto come una cosa seria; quindi fatemelo dire esplicitamente, nel caso: questo è un post del primo di Aprile. I ghiacci antartici si stanno fondendo, ma non così velocemente come si dice qui. 

martedì 31 marzo 2015

Il collasso della bolla dello scisto porta anche il collasso del negazionismo climatico?

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


La stampa occidentale è stata impegnata in una grande campagna pubblicitaria destinata a convincere il pubblico che il Cambiamento Climatico non esiste o non è causato dall'uomo. Forse questa campagna potrebbe finire presto, insieme al collasso della bolla del petrolio e del gas di scisto negli Stati Uniti


Così, abbiamo oggi un candidato presidenziale negli Stati Uniti che nega esplicitamente il ruolo umano nel cambiamento climatico (e nel fare questo si paragona a Galileo!). Non è solo, la maggioranza del Senato americano sembra prendere la stessa posizione. Inoltre, l'opinione pubblica negli Stati Uniti, in gran parte, sembra essere meno incline a vedere il cambiamento climatico come un problema serio che non l'opinione pubblica di qualsiasi altro grande paese del mondo (immagine sotto da Ecowatch).


lunedì 30 marzo 2015

Persefone e Thanatos: la morte nell'era post-picco

di Jacopo Simonetta

Pochi giorni fa, scorrendo un notiziario, sono stato colpito da questa frase:

“L’86 per cento dei decessi è provocato da malattie croniche, che colpiscono più dell’80 per cento delle persone oltre i 65 anni. Una vera piaga, che costa alla sanità 700 miliardi di euro all'anno” (cioè poco meno dell’80% del budget sanitario UE ).

A me non manca molto alla fatidica soglia dei 65 anni, ma ricordo bene che, quando ero bambino, lo stesso concetto sarebbe stato espresso nei seguenti termini: "l’86% delle persone muore di vecchiaia; siamo una comunità pacifica e prospera.”

In fondo, contrarre una malattia cronica a 65 anni, in mancanza di cure adeguate, significa morire intorno ai 70.   Grosso modo l’età a cui sono defunti  la stragrande maggioranza dei nostri antenati che non lo hanno fatto prima. Non per nulla Dante stesso definisce “il mezzo del cammin di nostra vita” i suoi 35 anni.

Che cosa è cambiato di così radicale in così poco tempo?    Non la paura della Morte, ché c’è sempre stata.   La mia ipotesi è che sia cambiato molto profondamente il nostro atteggiamento verso il limiti che le leggi della natura (od il volere divino che dir si voglia) ci impongono.   La morte essendo il supremo fra questi limiti.

Chi sostiene che l’Uomo (astrazione collettiva di noi stessi) abbia sempre cercato di superare i suoi limiti ha probabilmente ragione, ma solo in parte.   Da un lato, effettivamente, la storia ci insegna che le società umane hanno sempre tentato, con maggiore o minore successo, di crescere  superando i limiti ecologici imposti dal loro ambiente.    Le armi, l’agricoltura, le costruzioni, il disboscamento, la medicina e la magia sono solo alcuni fra gli innumerevoli esempi possibili.

Tuttavia, è anche vero che tutte le culture, meno la nostra, hanno sempre posto l’accento sul fatto che l’uomo saggio è colui che conosce e rispetta i limiti.   La morale popolare, non meno delle scuole filosofiche, incoraggiava la gente ad accettare il mondo com'è.   Il cercare di soverchiare le forze che si oppongono ai nostri desideri era visto come un fatto quanto meno imprudente, se non decisamente riprovevole; finanche blasfemo.  

Chi si ribella al volere Divino,  di solito viene duramente punito.

L’idea che, al contrario, sia eroico infrangere i ceppi imposti da tanto vecchiume intellettuale, asservendo all'Uomo le leggi stesse della natura è, credo, un concetto presente sotto traccia fin dall'antichità, ma diventato dominante solo con l’Illuminismo.   E solo nel corso del XX secolo ha guadagnato le masse popolari, almeno in occidente.  

Penso che la ragione di questa radicale trasformazione sia, in gran parte, connessa con quella che potremmo chiamare la “rivoluzione petrolifera” che, per quasi un centinaio d’anni, ci ha permesso di infrangere quasi tutti i limiti che la storia ci aveva insegnato a considerare invalicabili.    Per fare un solo esempio, abbiamo potuto volare e ben più in alto degli uccelli, fin sulla Luna.  Ed abbiamo potuto curare la maggior parte delle malattie ereditate dal nostro passato.   Certo, nel frattempo ne abbiamo create di nuove, ma comunque l’industria sanitaria globale è in grado di assicurarci oggi 10 anni buoni di vita in più rispetto ai nostri bisnonni.

Naturalmente a patto di poter disporre di cure adeguate che, per l’appunto, hanno un prezzo di circa 700 miliardi di euro l’anno.   Pari a circa 1400 euro l’anno a cittadino europeo, bambini compresi.   Chi potrebbe dire di no?
Ma si tratta solo della classica “punta dell’iceberg”.   In ogni aspetto della nostra vita attuale, gli anziani gravano sulle spalle dei giovani in un’infinità di modi.    Dalla competizione per il lavoro, al fatto che i giovani devono oggi versare circa 1/3 dei loro proventi per pagare, a persone che nella vita hanno guadagnato molto più di loro, delle pensioni che loro avranno mai.   O che, nella migliore delle ipotesi, avranno molto più tardi e molto più misere.

L’allungamento della aspettativa media di vita è senz'altro la più popolare delle conquiste della modernità e quella a cui siamo meno disposti a rinunciare.   Possiamo tollerare tagli drastici a qualunque aspetto della nostra vita: dall'occupazione agli stipendi, dalla difesa alla tutela dell’ambiente in cui viviamo; ma non ai servizi sanitari.   E ciò malgrado gli ultimi anni dei malati cronici non siano certamente “rose e fiori”; anzi somiglino spesso ad un autentico calvario, sia per i malati che per le loro famiglie.

Certamente abbandonare i vecchi nella sofferenza sarebbe infame.   Ma è giusto che chi si è mangiato la mela dei migliori 50 anni dell’intera storia dell’umanità si mangi adesso anche il torsolo?   E' possibile e legittimo cercare un compromesso fra questi due estremi?   Chi deve decidere quando è il momento di “staccare la spina”?

Questioni estremamente delicate che hanno a che fare con il nebuloso confine fra cura ed accanimento terapeutico, fra sostegno al trapasso ed eliminazione; e molto altro ancora.

Non mi sentirei di dare un giudizio etico di questo genere, ma di sicuro, una società che intende sopravvivere non destina ai vecchi più risorse di quelle che destina ai giovani.   Non lo hanno mai fatto le società che sono sopravvissute a lungo.

E questo ci riporta al nostro rapporto con i limiti in generale e con la Morte in particolare.

La Morte è un fatto estremamente semplice, ma un concetto estremamente complesso che, nelle culture politeiste, si riverbera sull'esistenza di una nutrita schiera di divinità connesse con questo semplice evento.   Qui vorrei ricordarne solo due, fra le tante: Thanatos e Persefone.

Thanatos impersona la Morte come annientamento dell’individuo che, semplicemente, cessa di esistere.   Un aspetto certamente reale della Morte e l’unico che interessi noi oggi.
Persefone rappresenta invece la Morte nel suo aspetto soccorrevole e consolatorio.   E’ colei che sottrae i malati, i vecchi ed i feriti al dolore ed alla paura, per dar loro pace e riposo.   Un aspetto non meno reale del primo, ma che noi abbiamo dimenticato.  

Un fatto singolare questo, giacché fra la civiltà classica e la civiltà illuminista ci sono oltre 1.000 anni di civiltà cristiana.    Apparentemente, la fede in una vita eterna dopo la morte del corpo avrebbe dovuto sviluppare un buon rapporto con la Morte, mentre è proprio alla fantasia medioevale che dobbiamo l’immagine attuale dello scheletro con la falce.    A dire il vero, in molte rappresentazioni di età feudale, non mancava una vena di ironia o di polemica sociale; ma forse per effetto della Peste Nera, la “danza macabra” è diventar sempre più macabra, fino a raggiungere l’apoteosi della tetraggine ossessiva del XVII secolo.

Forse, ma è un’ipotesi personale, un simile sviluppo è dipeso dal fatto che la paura dell’inferno ha prevalso sulla speranza nel Paradiso.

Comunque sia, per noi oggi la Morte è annientamento e nessuno è disposto a subirla senza combattere.   Anche per i parenti e gli amici, lasciar morire qualcuno è spesso avvertito come un tradimento.  

Una cosa che ci tocca molto profondamente, eppure ancora oltre questo livello ce n’è un altro, che tocca direttamente l’archetipo su cui si fonda la nostra, attuale, visione del mondo: il Progresso.  

Per oltre un secolo abbiamo faticosamente guadagnato anni di vita.   Da quando siamo nati, abbiamo vissuto nella certezza che il progresso avrebbe ricacciato lo spettro della morte sempre più lontano nel tempo.     Possiamo ora comprendere che morire ad un’età ragionevole è la miglior cosa che possiamo fare per aiutare il nostro prossimo?    Tornare ad accettare  il limite supremo rischierebbe di spalancare la porta all'accettazione di tutti gli altri limiti che abbiamo tanto orgogliosamente infranto e questo significherebbe rinunciare a tutto ciò in cui abbiamo creduto e crediamo.   Non lo faremo.

Una ventina d’anni fa battevo le scuole e le riunioni dicendo che ridurre i consumi  non era una scelta, perché si sarebbero ridotti comunque.   La scelta, sostenevo, era tra ridurli subito diventando più furbi, oppure aspettare che si riducessero da soli, diventando più poveri.    Abbiamo scelto la seconda opzione e stiamo cominciando a vedere quali ne siano le conseguenze.

Con l’accorciamento della vita media è un poco la stessa storia.    Possiamo scegliere se farlo oggi che siamo ancora in grado di alleviare le sofferenze e facilitare il trapasso, oppure aspettare che accada come conseguenza di un tracollo economico.    In altri termini, non possiamo evitare di morire, ma possiamo scegliere fra Persefone e Thanatos.    L’accettazione ci porta in grembo alla prima, l’ostinazione ci consegna al secondo.  

Vorrei qui concludere con tre citazioni: una di un filosofo antico, una di un sapiente moderno, una di un vecchio minatore francese:

“La morte, il più atroce di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la Morte non c'è, quando c'è Lei non ci siamo noi.”
Epicuro

“La morte è l’artificio tramite il quale si tramanda la Vita”
Johann Wolfgang von Goethe

“Mah, io credo che bisogna anche andarsene, se vogliamo lasciare qualcosa agli altri.”
Le père Fargeix


domenica 29 marzo 2015

Il Tao della Liberazione



Il Tao va molto di moda in questi ultimi anni, e per delle buone ragioni. Tanto è vero che io stesso porto spesso con me, mentre viaggio in aereo, una copia del "Tao Te Ching" nella traduzione di Ursula Le Guin. E' un'ottima lettura per l'unico posto rimasto (per ora) libero da Internet: la cabina di un aereo in volo.

Quindi, mi sono avvicinato con un certo interesse a questo libro di Boff e Hathaway, senza spaventarmi troppo delle sue 686 pagine. Devo dire, ne valeva la pena. E' decisamente un bel libro, ben scritto e ben argomentato.

Gli autori del "Tao della Liberazione" si sono presi un bell'impegno a raccontare in un unico testo praticamente la "teoria del tutto" così come la vediamo in questi anni del secolo ventunesimo; passando dalla cosmologia alla teologia, comprendendo l'ecologia e la psicologia. Nessuno dei due è uno scienziato, ma quando hanno affrontato argomenti strettamente scientifici lo hanno fatto correttamente, senza sbavature e senza errori; senza cadere (non troppo, perlomeno) nelle chiacchere vaporose sulla scienza "olistica" e "post-einsteiniana" che fa spesso Fritjof Capra che (purtroppo) firma l'introduzione. Insomma, vale la pena di leggere questo libro per farsi un'idea di tutto quello che passa nella "mente collettiva" umana in questo difficile periodo.

Il problema con questo libro è che, come tanti libri di questo genere, è pieno di esortazioni a fare certe cose. Ma come passiamo dalla teoria alla pratica?

Al momento, intorno a noi, tutti sono pienamente convinti che i guai che stiamo passando siano dovuti agli immigrati e all'Euro  - ne consegue che buttando in mare gli immigrati e tornando alla vecchia lira, tutti i problemi si risolveranno per incanto e vivremo felici e contenti.

Come possiamo contestare un'opinione cosi largamente condivisa? Presentare nel dibattito il concetto di Tao della liberazione, oppure il microcosmo olistico, non è cosa facile, anche se uno ci volesse provare.

Dovremmo trovare il modo di passare dall'esortazione all'azione. Ma come? Qualcuno ha qualche idea?




(h/t Giorgio Mastrorocco)