domenica 18 gennaio 2015

L'Oceano Minacciato

Da “stateoftheocean.org”. Traduzione di MR (h/t Alexander Ač)

I principali fattori che distruggono la salute dell'oceano

La minaccia più grande alla salute dell'Oceano è il cambiamento climatico, coi i suoi super pericoli gemelli dell'aumento delle temperature del mare e dell'acidificazione. Se avessimo il potere e le risorse per affrontarle da soli, lo faremmo. Ma visto che non possiamo, il compito di IPSO (International Programme on the State of the Ocean) è quello di ridurre gli altri principali stress sull'Oceano – riassunti sotto – per dargli le migliori possibilità di affrontare il cambiamento climatico.

Cambiamento climatico


Sia l'aumento delle temperature del mare sia la sua acidificazione sono destinate a diventare sempre più estreme durante questo secolo, insieme ad altri impatti climatici come l'aumento dei livelli del mare e più frequenti – e più forti – tempeste. L'aumento delle temperature del mare sta già avendo una grande influenza sulla distribuzione delle specie marine e, come per l'aumento delle temperature sulla terraferma, sulla tempistica dei cicli della vita nell'Oceano. Sono anche parzialmente responsabili del fenomeno dello sbiancamento dei coralli, devastando grandi aree delle barriere coralline mondiali. L'acidificazione dell'oceano è un risultato diretto dell'assorbimento di biossido di carbonio da parte dell'oceano. Questo minaccia tutti gli animali e le piante marine che secernono carbonato di calcio come parte della loro struttura. Crediamo che ciò abbia già causato una riduzione della dimensione e dei tassi di crescita di alcuni animali marini.


Soluzione: Ridurre le emissioni di CO2

Sfruttamento eccessivo della pesca

A parte il cambiamento climatico, lo sfruttamento eccessivo della pesca rappresenta la minaccia più grande alla salute dell'Oceano. Stiamo prendendo circa 9.000-10.000 tonnellate di pesce dall'Oceano ogni ora (sulla base di una pesca di 80-90 milioni di tonnellate all'anno). I metodi di pesca usati – così come la vastità del saccheggio – stanno avendo effetti devastanti sia sul pesce cercato sia virtualmente su tutte le creature marine, dagli uccelli marini al corallo. In conseguenza di pratiche di pesca insostenibili, pesci che prima erano abbondanti – come il merluzzo dell'Atlantico nord occidentale – ora sono in grado di produrre solo una frazione del cibo reso in passato. Tuttavia, una recente ricerca ha mostrato che applicando pratiche di gestione preventiva, la pesca può essere sostenibile e fornire cibo alle future generazioni in modo redditizio. I nuovi metodi di gestione della cattura dei pesci marini riconosce che il ruolo della pesca deve essere visto come parte dell'ecosistema. Questo è cruciale, data la richiesta futura che verrà posta sulla catena alimentare da una popolazione mondiale in aumento. Le nuove pratiche sostenibili comprendono lo sviluppo di reti di aree marine protette e sistemi di proprietà della pesca da parte degli stessi pescatori.

Soluzione: Migliore gestione della pesca

Distruzione dell'habitat

Stiamo distruggendo gli habitat marini nell'Oceano e due modi significativi. In primo luogo, quando eliminiamo direttamente l'habitat in questione: distruggendo le comunità del fondo marino come le barriere coralline attraverso pratiche di pesca a strascico, per esempio. E in secondo luogo, quando cambiamo l'ambiente marino attraverso attività che alterano la qualità dell'acqua, rendendola inadatta per molti degli animali marini che hanno precisi requisiti ambientali. Il risultato in entrambi i casi è la perdita di habitat marini che sostengono le specie, le comunità e – alla fine – gli ecosistemi.

Soluzione: Riserve marine

Estrazione

Quando petrolio e gas vengono estratti dal fondo del mare, rilasciano idrocarburi ed altri inquinanti nell'oceano. In aggiunta agli effetti devastanti dell'inquinamento causato dalle perdite di petrolio, il processo stesso di estrazione del petrolio produce sedimenti sottili che vengono rilasciati sul fondo del mare e che possono essere contaminati da fanghi di trivellazione tossici. I sondaggi del fondo del mare che usano metodi acustici per la prospezione del petrolio potrebbero anche danneggiare gli ecosistemi marini tramite gli impatti del suono sui mammiferi marini e sui pesci. Al momento, le società minerarie stanno anche formulando piani per esplorare persino l'oceano profondo per le sue ricchezze minerarie. Ciò include gli habitat come le bocche idrotermali, che sono l'habitat di specie rare ed uniche.

Soluzione: Riserve marine

Inquinamento

Gran parte dell'inquinamento dell'oceano ha origine dall'industria, dall'agricoltura o dalle fonti domestiche sulla terraferma – o scaricate direttamente o che lo raggiungono tramite fiumi e correnti aeree. Il rilascio di liquami e rifiuti negli ecosistemi costieri aumenta direttamente l'attività microbica attraverso il rifornimento di materia organica. Questa a sua volta esaurisce l'ossigeno nella colonna d'acqua e può portare allo sviluppo di “zone morte” nelle acque costiere. In altri luoghi, questo arricchimento artificiale delle acqua costiere causa la diffusione di pericolose fioriture algali che avvelenano l'altra vita marina. In aggiunta, metalli pesanti, Inquinanti Organici Persistenti (IOP), plastica, petrolio e pesticidi hanno tutti effetti devastanti sulla vita marina e vengono trasferiti verso l'alto nella catena alimentare fino ad avere un impatto diretto sulla salute umana.

Soluzione: Riserve marine

Introduzione di specie aliene

Gli ecosistemi marini sono costituiti da specie che interagiscono fra loro, e coi loro ambienti, in modi che si sono evoluti in milioni di anni. Ora, noi trasportiamo le specie marine e le loro larve per enormi distanze e le introduciamo in ecosistemi alieni. Ciò può avvenire deliberatamente o accidentalmente (per esempio quando l'acqua di zavorra viene presa a bordo in una regione viene dispersa in un'altra). In entrambi i modi, questo può mettere sotto grave stress gli ecosistemi se le specie aliene crescono eccessivamente rispetto alle specie native o introducono malattie esotiche. Nei casi peggiori – specialmente se in combinazione con fattori di stress umani, come la pesca eccessiva – gli ecosistemi colpiti possono collassare completamente, come è accaduto nel Mar Nero negli anni 90.

Soluzione: Riserve marine


Temperature globali in aumento? Fosse solo quello il problema......

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (h/t Luca Pardi)

Oceani sempre più acidi minacciano le popolazioni di mitili del mondo

Le conchiglie dei molluschi potrebbero diventare più fragili mentre il cambiamento climatico causa l'aumento dell'acidità degli oceani del mondo, hanno avvertito gli scienziati


Il biossido di carbonio in atmosfera provoca l'acidificazione degli oceani e riduce la concentrazione dei minerali di cui hanno bisogno i molluschi per costruire le loro conchiglie. Foto: Yoppy Pieter/Getty Images


La popolazione mondiale di mitili potrebbe essere minacciata se il cambiamento climatico rende gli oceani più acidi, hanno avvertito gli scienziati. Le conchiglie dei mitili diventano più fragili quando si formano in acqua più acide, ha riportato l'Università di Glasgow nella rivista della Royal Society Interface. Il biossido di carbonio nell'atmosfera è la causa per cui gli oceani diventano più acidi e riducono la concentrazione dei minerali che i mitili necessitano per generare le loro conchiglie, secondo gli scienziati. Tuttavia, hanno anche scoperto che potrebbero avere un meccanismo biologico di difesa intrinseco che aumenta lo spessore della conchiglia quando le temperature dell'acqua aumentano di 2°C.

Il dottor Fitzer ha detto: “Ciò che abbiamo scoperto in laboratorio è che gli aumentati livelli di acidificazione nei loro habitat hanno un impatto negativo sulla capacità dei mitili di creare le loro conchiglie. Abbiamo lavorato coi colleghi della nostra Scuola di Ingegneria per esaminare la durezza delle conchiglie dei mitili delle acque più acide rispetto a quelli in condizioni controllate. Ciò che abbiamo scoperto è stato che le conchiglie esterne di calcite dei mitili, superata una certa soglia di acidità erano più rigide e più dure, rendendole più fragili e soggette a rompersi sotto pressione e l'aragonite dell'interno delle conchiglie è diventata più morbida”.

L'industria dei crostacei vale più di 250 milioni di sterline all'anno nell'economia del Regno Unito e una larga parte è costituita dai mitili e dalle ostriche, ha riportato il Dipartimento per gli Affari Ambientali, Alimentari e Rurali del Regno Unito nel 2012. I mitili contribuiscono per circa 7 milioni di sterline alla sola economia scozzese, con alti crostacei che contribuiscono per 1,4 milioni di sterline, secondo l'atlante marino del governo scozzese pubblicato nel 2011.


sabato 17 gennaio 2015

L'imbroglio del cambiamento climatico: le temperature non salgono più dal 1998.....

.... oops! Sembra proprio che non sia così. Il 2014 è stato l'anno più caldo mai registrato!



Link - : il 2014 è stato l'anno più caldo mai registrato.

E intanto il metano continua a venir fuori.....

DaEurekaAlert!”. Traduzione di MR (h/t Alexander Ač)

Al largo della Siberia sta fuoriuscendo metano

Centro per gli idrati di gas, il clima e l'ambiente dell'Artico - CAGE


Il Mare di Kara è una sezione dell'Oceano Artico fra Novaya Zemlya e la Penisola di Yamal sulla terraferma della Siberia. Il Permafrost siberiano si estende fino al fondo del Mare di Kara e si sta scongelando. Foto: NASA


La Penisola di Yamal in Siberia è recentemente diventata famosa nel mondo. Crateri spettacolari, apparsi dal nulla nel Permafrost della zona, hanno scatenato ipotesi di significativo rilascio di  metano in atmosfera. Una cosa meno conosciuta è che c'è molto di metano rilasciato dal fondo del mare al largo della Penisola Occidentale di Yamal. Il gas viene rilasciato in un'area di almeno 7.500 m2, con sbuffi di gas che si estendono fino a 25 metri nella colonna d'acqua. Tuttavia, c'è ancora una grande quantità di gas che è bloccato da una calotta di Permafrost. E questo Permafrost si sta scongelando. “Lo scongelamento del Permafrost sul fondo dell'oceano è un processo in corso che probabilmente viene accentuato dal riscaldamento globale degli oceani”, dice Alexey Portnov, ricercatore al Centre for Arctic Gas Hydrate, Climate and Environment (CAGE) della UiT, L'Università dell'Artico Norvegese. Portnov ed i suoi colleghi hanno recentemente pubblicato due articoli sul Permafrost al largo dell'Ovest di Yamal, nel Mare di Kara. Gli articoli si occupano dell'estensione del Permafrost sul fondo dell'oceano e di come sia collegato al significativo rilascio di metano.

Suolo permanentemente ghiacciato

Il Permafrost, come implica la parola stessa, è suolo permanentemente ghiacciato per due anni o più. Perché qualcosa rimanga permanentemente ghiacciata, la temperatura deve naturalmente rimanere al di sotto degli 0°C. “L'Artico di terra è sempre ghiacciato, le temperature media del terreno sono basse in Siberia, il che mantiene il Permafrost  fino a 600-800 metri di profondità. Ma l'oceano è un'altra cosa. Le acquw profonde di solito sono vicine o sopra lo zero. Teoricamente, pertanto, non potremmo mai avere del Permafrost spesso in mare”, dice Portnov. “Tuttavia, 20.000 anni fa, durante l'ultimo massimo glaciale, il livello del mare è sceso a 120 metri più in basso di quanto sia oggi. Ciò significa che l'area della piattaforma poco profonda di oggi era terraferma. Era Siberia. E la Siberia era congelata. Il Permafrost sul fondo dell'oceano di oggi si è formato in quel periodo. L'ultimo massimo glaciale è stato il periodo della storia del pianeta in cui le calotte glaciali ricoprivano una parte significativa dell'Emisfero Settentrionale. Queste calotte glaciali hanno avuto un impatto profondo sul clima della Terra, causando siccità, desertificazione e una drammatica diminuzione dei livelli del mare. Molto probabilmente la Penisola di Yamal non era ricoperta di ghiaccio, ma era esposta a condizioni estremamente fredde. Quando è finita l'era glaciale circa 12.000 anni fa e il clima si è riscaldato, i livelli dell'oceano sono aumentati. Il Permafrost è stato sommerso dall'acqua dell'oceano ed ha iniziato il suo lento scongelamento. Una delle ragioni per cui non si è scongelato completamente finora è che le temperature delle acque di profondità sono basse, circa -0,5°C. Ma questo potrebbe benissimo cambiare.

Un fragile sigillo che sta perdendo

In precedenza è stato proposto che il Permafrost del Mare di Kara, e di altre aree dell'Artico, si estendesse ad una profondità fino a 100 metri, creando un sigillo che il gas non può superare. Portnov e i suoi colleghi hanno scoperto che la piattaforma a Ovest di Yamal sta perdendo, molto, a profondità molto inferiori di quella. Quantità significative di gas stanno fuoriuscendo a profondità fra i 20 e i 50 metri. Ciò suggerisce che un sigillo del Permafrost continuo è molto più piccolo di quanto proposto. Vicino alla costa, il sigillo del Permafrost potrebbe essere spesso poche centinaia di metri, ma si assottiglia verso i venti metri di profondità. Ed è fragile. “Il Permafrost si sta scongelando da due lati. L'interno della Terra è caldo e sta scaldando il Permafrost dal basso. Si chiama flusso di calore geotermico e avviene in continuazione, a prescindere dall'influenza umana”. Dice Portnov.

Evoluzione del Permafrost

Portnov ha usato dei modelli matematici per mappare l'evoluzione del Permafrost ed ha quindi calcolato il suo degrado dalla fine dell'ultima era glaciale. L'evoluzione del Permafrost ci da un'indicazione di cosa potrebbe accadere in futuro. Sul fondo, la temperatura dell'oceano è di 0,5°C, lo spessore massimo possibile del Permafrost impiegherebbe probabilmente 9.000 anni per scongelarsi. Ma se questa temperatura aumenta, il processo andrebbe molto più velocemente, perché lo scongelamento avviene anche dall'alto. “Se la temperatura degli oceani aumenta di due gradi, come suggerito da alcuni rapporti, accelererà enormemente lo scongelament. Un riscaldamento del clima potrebbe portare ad un rilascio di gas esplosivo dalle aree poco profonde”. Il Permafrost impedisce la liberazione del gas metano dei sedimenti. Ma stabilizza anche gli idrati di gas, strutture simili al ghiaccio che di solito per formarsi hanno bisogno di alte pressioni e basse temperature. “Gli idrati di gas si formano normalmente in profondità marine al di sopra dei 300 metri, perché dipendono dall'alta pressione. Ma sotto il Permafrost l'idrato di gas potrebbe rimanere stabile anche dove la pressione non è così alta, a causa delle temperature costantemente basse”. Gli idrati contengono enormi quantità di gas metano e si crede che sia la destabilizzazione di questi idrati che ha causato i crateri nella Penisola di Yamal.

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Riferimenti:

Portnov, A. Mienert, J. Serov, P. 2014 Modellare l'evoluzione del Permafrost sottomarino sensibile al clima dell'Artico in regioni di estesa espulsione di gas nella piattaforma ad Ovest di Yamal. Rivista di Ricerca Geofisica: Bioscienze 119 (11) http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2014JG002685/abstract

Anche: Portnov, A. et.al. 2013 Decomposizione del permafrost marino e massiccio rilascio di metano dal fondo del mare a profondità >20 m nella piattaforma a Sud di Kara. Rivista di Ricerca Geofisica 40 (15)
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/grl.50735/abstract 

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Italia: paese di eroi, santi, poeti, e economisti



Chiedete una cosa qualsiasi a qualcuno che si occupa di "scienze esatte", tipo fisica, chimica o cose del genere, e quello (o quella) vi premetterà una serie di distinzioni, tipo "se è vero che....", "tenendo conto dell'incertezza dei dati.....", "entro i limiti dell'errore sperimentale...." e cose del genere.

Passate ora all'economia, che è tutto fuori che una scienza esatta, e i praticanti del caso non avranno dubbi. La causa della crisi? Vi diranno con grande sicurezza che è colpa di cose tipo debito pubblico, tasse, spread, credito, costo del lavoro, eccetera. In questo periodo, sembra che sia tutta colpa dell'Euro e non ci sono dubbi in proposito - è così e basta. Strano, perché al tempo dell'introduzione dell'Euro, la maggioranza dei politici (che si basavano su quello che gli dicevano gli economisti) erano d'accordo che era una cosa meravigliosa.

Ma è così che vanno le cose e nel dibattito sui media non puoi metterti a fare tante distinzioni. Devi dire qual'è il problema e qual'è la soluzione. Lo devi dire con grande sicurezza; solo così qualcuno ti darà retta. Se poi viene fuori che la soluzione non funziona (come è quasi sempre il caso), darai la colpa a quelli che non l'hanno applicata bene, o non in misura sufficiente. Economisti e politici hanno perfezionato quest'arte a un livello sopraffino.


Ora, è arrivato su questo blog un commento da parte di qualcuno che si firma "Bazaar" (che è quasi certamente un noto economista italiano). Bazaar ci fa dei complimenti, per i quali ringaziamo, ma anche ci critica dicendo che "le crisi economiche sono crisi di domanda, non di offerta", dimostrando ancora una volta come l'assoluta sicurezza delle proprie opinioni sia un marchio di fabbrica degli economisti. Avrà ragione lui.... forse. Comunque, Marco Sclarandis gli risponde nel post che segue (più sotto, trovate il commento di Bazaar)

Risposta a Bazaar

Di Marco Sclarandis

Bazaar: tu dici:

"Le crisi economiche sono crisi di domanda non di offerta."

Giusto.

Peccato che la risposta è già e sarà sempre di più:

"Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, meglio ancora, chi ha preso ha pre
so, scurdammoce 'o passato".

Di certe cose, è vero, ne abbiamo in abbondanza e non ci saranno mai problemi di offerta. La Terra contiene tantissimo ferro, tant'è che il suo campo magnetico deriva dal suo nucleo, che sappiamo essere principalmente di ferro. E per generare un campo del genere, di ferro bisogna che ce ne sia parecchio, cosa che è, infatti; miliardi di miliardi di tonnellate.

Ma non tutto sulla terra è abbondante come il ferro e non è la mancanza del ferro in sé come  di tante altre risorse sulla Terra, ad essere ostacolo ad un certo tipo di crescita, ma il fatto che la loro disponibilità dipende sostanzialmente dall'energia che è necessariasaria per ottenerle.

Un esempio per tutti:

Il gallio, proprio quello che insieme all'arsenico e al diabolico ingegno del premio nobel 2014 Nakamura, è quella  "merce" che è indispensabile per fabbricare i LED (Light Emitting Diode).

Che da decenni baluginano dagli elettrodomestici e da anni addobbano il Natale,
le fiere delle porchette e dei tartufi, e ormai illuminano tinelli, sottoscala,vicoli, sottopassi e oscurità varie.

Proprio quel tenero e svenevole elemento chimico numero 31(tanto da fondersi al calore ed ardore di una coppia di giovinetti), non viene estratto da alcuna miniera, semplicemente perchè non ne esistono. Il gallio è un impurezza di altri metalli che estraiamo.

E, su Wikipedia, leggiamo:  "By 2012 world production of gallium was an estimated 273 metric tons."

Non c'è nemmeno bisogno di tradurre.(ma sì diciamolo: 273 tonnellate all'anno, sì 273, tonnellate all'anno. Tutto qui. D'oro se ne estrae ben di più)

C'è chi ha solo un piccolo fardello di conoscenze sia d'economia di finanza e d ecologia, ma batte in perspicacia quelli che hanno al seguito una folla di portatori da spedizione Himalaiana.

Due conti d'aritmetica sul retro d'una busta di recupero e anche la casalinga di Voghera, il bracciante di Pachino, e l'ex assessore di Abbiategrasso capiscono
che questa  luce del futuro che ci arriva dal gallio, fulgida, fredda, copiosa, munifica e commercialmente entusiasmante, ebbene anche questa luce iperuranica proietta delle ombre luciferine su tutti noi.

E il gallio non è il solo elemento raro, costoso, difficile da estrarre, che non ricicliamo per niente. Allora, non ci sarà mai una crisi di offerta per questi elementi? Ne siamo proprio sicuri?

A meno che.................

Marco Sclarandis





Quest'analisi è basata su assunti neoclassici rigettati da almeno un secolo e tornati in voga con il pensiero unico neoliberale alla fine degli anni '60.

Lo dico senza vena polemica: il vero problema di chi si approccia all'ecologia - e che ha un minimo bagaglio culturale economico - è, nella mia esperienza, l'indissolubile storico legame tra la lotta per il monopolio delle risorse naturali e la gestione intelligente delle stesse.

Questo articolo mostra come l'ecologia sia generalmente strumentalizzata a fini monopolistici.

Le crisi economiche sono crisi di domanda non di offerta.

Dopo quel bel post sul (non) dibattito economico degli ultimi 40'anni torno ad essere diffidente rispetto a chi non afferra l'ordine causativo rispetto alle dinamiche sociali.

Per il lavoro sulla climatologia che viene fatto, invece, davvero un ottimo lavoro: semplice nei contenuti sintetici e ottimi contributi degli interventori. Complimenti





 

venerdì 16 gennaio 2015

Il picco del fosforo

Daizreal.eu”. Traduzione di MR (h/t Maurizio Tron)

Che ci crediate o no, il picco del fosforo è probabilmente la nostra emergenza globale più grande, ma difficilmente qualcuno ne parla.


Il problema

Il fosforo è uno degli elementi più importanti della vita. E' un componente principale di RNA, DNA ed ATP (la molecola prodotta dalla fotosintesi che porta l'energia alle altre cellule della pianta, che a sua volta ci fornisce l'energia). Dei nutrienti usati come mattoni della vita, gli elementi che seguono hanno tutti fasi gassose alle temperature e pressioni che si trovano sulla superficie della Terra e sono pertanto facilmente redistribuite attraverso l'aria:

  • Idrogeno
  • Ossigeno
  • Carbonio
  • Azoto
  • Zolfo

Tuttavia, gli elementi che seguono sono solidi o liquidi e non si spostano facilmente:

  • Fosforo
  • Sodio
  • Potassio
  • Calcio
  • ed altri 64

In un ecosistema naturale o in una piccola fattoria tradizionale, le piante prendono queste molecole dal suolo e dall'aria per svilupparsi. Gli animali mangiano le piante ed usano le stesse molecole per costruire i propri corpi. Quando le piante e gli animali muoiono, i microbi riportano le molecole al suolo. All'infinito. Dall'altra parte, con il nostro attuale sistema agricolo industriale, le piante fanno la loro parte e prendono le molecole che devono prendere, ma poi le mandiamo in un allevamento o in una città dove vengono consumate e si decompongono lontano da dove provengono.


Le molecole degli elementi facilmente trasportabili via aria vengono sostituiti in modo relativamente facile, ma le molecole di elementi solidi e liquidi non torneranno al campo dal quale provengono per molto, molto tempo.
Il fosforo è più sensibile degli altri a questo squilibrio perché è 10 volte più concentrato negli esseri viventi che nella crosta terrestre. Nessuno degli altri è più concentrato negli esseri viventi in questo modo. Il fosforo è stato messo originariamente nel suolo dalla disgregazione delle rocce di fosfati. Ciò è ancora in corso, ma quel processo ha impiegato milioni di anni per accumulare le riserve che abbiamo usato nell'ultimo secolo. Per sostituire il fosforo mancante, estraiamo rocce di fosfato, lo maciniamo e lo spargiamo sul suolo per le piante perché lo usino come DNA, pareti cellulari, ecc. Questa era sembrata un grande idea quando l'abbiamo pensata 170 anni fa. E' continuata a sembrare una buona idea fino a 40 anni fa, quando abbiamo cominciato a notare due grandi problemi con questo sistema:

Grande Problema 1

Il fosforo che non viene usato viene dilavato nei fiumi ed infine giunge nell'oceano. Il fitoplancton (alghe) dell'oceano è molto felice delle nuova abbondanza. Ingrassa e si riproduce in modo prolifico. Il problema arriva quando il plancton muore. Quando le alghe si decompongono, i batterie che ne sono responsabili usano troppo dell'ossigeno disciolto nell'acqua, uccidendo qualsiasi altra cosa nell'area.



Grande problema 2

Abbiamo già usato metà della roccia di fosfato disponibile. Secondo uno studio di Patrick Dery, il picco del fosforo si è verificato negli Stati Uniti nel 1988 e nel resto del mondo nel 1989. Altri pensano che ci troviamo ancora a 30 anni dal picco, ma non importa chi ha ragione. In entrambi i casi, a meno che non cambiamo ciò che stiamo facendo adesso, avremo esaurito la nostra disponibilità del mattone centrale della vita entro poche centinaia di anni da quando è stato scoperto e non sappiamo come farne dell'altro.

Usi attuali di roccia di fosfato estratta:

  • 90% fertilizzanti
  • 5% supplementi alimentari animali
  • 5% bibite, dentifricio, detergenti, ecc. 

La soluzione

Per fortuna, la soluzione è facile. Lo abbiamo fatto per i nostri primi 100.000 anni e siamo le uniche creature che attualmente non lo fanno. La risposta è mangiare, defecare e morire nello stesso posto. Ciò non significa che dobbiamo fare tutti i contadini, ma significa che dobbiamo ridiventare local-ivori e smettere di fare gli schizzinosi rispetto al fatto che siamo animali che fanno parte della rete della vita. Piantate cibo nel vostro giardino. Comprate il cibo che non coltivate da contadini del posto. Insistete sulla carne allevata al pascolo. Compostate ogni materiale organico che potete trovare. Defecate in un secchio. Quando è tempo di morire, fatevi seppellire nella terra senza involucri, di modo che un albero possa formarsi dalle vostre molecole.




L'America perderà la guerra del prezzo del petrolio

DaBloomberg”. Traduzione di MR 

Di Leonid Bershidsky

La debacle finanziaria che ha colpito la Russia quando il prezzo del greggio Brent è sceso del 50% negli ultimi quattro mesi ha oscurato quella che potenzialmente attende l'industria dello scisto degli Stati Uniti nel 2015. E' il momento di prestarvi attenzione, perché è improbabile che l'Arabia Saudita ed altri grandi produttori del Medio Oriente chiudano un occhio e taglino la produzione e il prezzo ora si sta avvicinando ai livelli in cui la produzione statunitense comincerà a chiudere. I rappresentanti dell'OPEC hanno detto per settimane che non avrebbero pompato meno petrolio a prescindere da quanto scendesse il prezzo. Il ministro del petrolio saudita Ali Al-Naimi ha detto che neanche 20 dollari al barile innescherebbero un ripensamento. Le reazioni iniziali negli Stati Uniti sono state fiduciose: i produttori statunitensi erano abbastanza resilienti, avrebbero continuato a produrre anche a prezzi di vendita molto bassi perché il costo marginale del pompaggio dai pozzi esistenti era persino più basso; l'OPEC avrebbe perso perché la sicurezza sociale della rete dei suoi membri dipende dal prezzo del petrolio. E comunque, l'OPEC era morta. Quell'ottimismo ricordava la reazione cavalleresca della Russia all'inizio della scivolata del prezzo. Ad ottobre, il presidente russo Vladimir Putin ha detto che “nessuno dei protagonisti seri” era interessato ad un prezzo del petrolio al di sotto degli 80 dollari. Questa compiacenza ha portato la Russia sul baratro: venerdì, Fitch ha retrocesso il suo rating a poco più che spazzatura e probabilmente scenderà più in basso mentre il rublo continua a svalutarsi in linea col crollo del petrolio.

In genere è una cattiva idea comportarsi in modo spavaldo in una guerra di prezzi. Per definizione, tutti si faranno del male e ogni vittoria può essere soltanto relativa. Il vincitore è colui che riesce a sopportare di più il dolore. La mia scommessa finora è sui sauditi – e, anche se potrebbe sembrare controintuitivo, sui russi. Per ora, il solo segno che la produzione statunitense di petrolio greggio possa contrarsi è il crollo del numero di piattaforme petrolifere operative negli Stati Uniti. E' sceso a 175° la scorsa settimana, 61 in meno della settimana precedente e 4 in meno di un anno fa. La produzione di petrolio, tuttavia, è ancora a livelli record. Nella settimana che è terminata il 2 gennaio, quando il numero di piattaforme è a sua volta diminuito, ha raggiunto 9,13 milioni di barili al giorno, come mai prima. Le società petrolifere stanno solo fermando la produzione dei loro pozzi peggiori, che producono pochi barili al giorno – coi prezzi attuali, quei pozzi non valgono il prezzo dell'affitto delle attrezzature. Siccome nessuno sta tagliando la produzione, il prezzo continua a scendere. Oggi il Brent era a 48,27 dollari al barile e le tendenze portano ancora al ribasso. Tutto ciò alla fine avrà un impatto. Secondo una analisi fresca fresca di  Wood Mackenzie, “un prezzo del Brent di 40 dollari al barile o inferiore vedrebbe i produttori ridurre la produzione ad un livello al quale ci sarebbe una riduzione significativa della fornitura globale di petrolio. Col Brent a 40 dollari, 1,5 milioni di barili al giorno sono a bilancio negativo coi, col contributo maggiore che proviene da diversi progetti di sabbie bituminose in Canada, seguita dagli Stati Uniti e quindi dalla Colombia”. Ciò non significa che una volta che il Brent tocca i 40 dollari – e questo è il livello che si aspetta ora Goldman Sachs, dopo essersi arresa sulla sua previsione che l'OPEC avrebbe ammiccato – la produzione da scisto scenderà automaticamente di 1,5 milioni di barili al giorno. Molti fracker statunitensi continueranno a pompare in perdita perché hanno dei debiti da ripagare, circa 200 miliardi di dollari in totale di debito, paragonabile ai bisogni finanziari delle società petrolifere di stato della Russia.

Il problema dei fracker statunitensi è che è impossibile rifinanziare quei debiti se stai seminando contante. Ad un certo punto, se i prezzi restano bassi, le società più sotto pressione andranno a gambe all'aria e quelle più di successo non saranno in grado di rilevarle perché non avranno né il contante né la fiducia degli investitori che le aiuterebbero a garantire il finanziamento del debito. Le insolvenze e la mancanza di espansione alla fine porteranno a tagli della produzione. La statunitense EIA prevede ancora che la produzione statunitense di greggio avrà una media di 9,3 milioni di barili al giorno, 700.000 barili al giorno in più del 2014. Ma se il Brent va a 40 dollari, quella previsione se ne va dalla finestra. E' probabilmente troppo ottimistica persino ora. In quanto ai sauditi e agli Emirati Arabi Uniti, loro continueranno a pompare. Sono paesi, non imprese, e non possono semplicemente chiudere bottega e andare a casa – hanno ancora bilanci da finanziare e nessun sostituto del petrolio come fonte di riserve internazionali. La Russia, il terzo maggior produttore di petrolio al mondo dopo Stati Uniti ed Arabia Saudita, è molto più instabile delle monarchie petrolifere mediorientali, ma è nella stessa situazione: il petrolio è la sua linfa vitale. Questa potrebbe essere una battagli prolungata e sanguinosa con un risultato incerto. Il prezzo del petrolio è piuttosto inelastico ai cambiamenti a breve termine di domanda e offerta. Il suo corso sarà, pertanto, ampiamente dettato dalle notizie e dalla reazione del mercato ad esse. Un'ondata di fallimenti nell'industria dello scisto degli Stati Uniti probabilmente lo farebbe salire, perché sarà percepito come un fattore negativo per l'offerta.

Quanto in alto arriverà, tuttavia, è imprevedibile. Potrebbe realmente aumentare a sufficienza da permettere un consolidamento dell'industria statunitense dello scisto, dandogli una seconda possibilità  e portando i paesi dell'OPEC, la Russia, il Messico e la Norvegia in difficoltà maggiori – o potrebbe semplicemente assestarsi ad un livello che farebbe dimenticare agli Stati Uniti il suo boom dello scisto. Ciò avrebbe conseguenze terribili per la ripresa economica statunitense. Potrebbe essere ora che il governo statunitense consideri se vuole alzare la posta in questa guerra dei prezzi, entrandoci come paese sovrano. Ciò potrebbe significare il salvataggio o il sussidio temporaneo dei produttori dello scisto. Dopotutto, stanno competendo con degli stati adesso, non con imprese come loro.