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giovedì 16 febbraio 2023

Come mai si peggiora sempre tutto quello che si cerca di migliorare? Il "Piano Scuola 4.0"

 


Di Sergio Xxxx (anonimizzato su richiesta dell'autore)


In questi giorni i Collegi Docenti delle scuole primarie e secondarie si stanno esprimendo  sull'adesione al "piano scuola 4.0". Sono i finanziamenti previsti dal PNRR destinati alla progettazione di "ambienti didattici innovativi"; progetto che dati i molti vincoli, si traduce in  "fate le scelte che volete, ma  l'importante è che compriate giocattoli digitali".

Evidentemente il governo (quello di prima, ma anche quello di adesso) pur avendone l'autorità, temendo le proprie scelte sciagurate che indebitano il paese, chiede l'avallo espresso alle singole scuole nella loro autonomia di giudizio.

Ieri se ne è discusso nel mio Collegio Docenti, un istituto di istruzione superiore che accorpa un istituto tecnico e un liceo artistico (*nota)


Ho  espresso un intervento che riporto qui sotto, in ogni caso l'adesione al piano è passata ugualmente. Allego anche la relazione della commissione del senato citata.

Buona fortuna a tutti!
Sergio

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Ad un primo superficiale impatto  il prof. Xxxx era inizialmente lieto che venissero finalmente stanziati dei fondi per la scuola,  mentre il cittadino Xxxx era molto  preoccupato, perché i fondi non sono a fondo perduto, ma costituiscono un prestito che il suo paese dovrà rimborsare. Solo il 30% degli importi è a fondo perduto, il resto del prestito andrà rimborsato, con gli interessi. Nel complesso sono cifre importanti!

Non è un buon momento per l'economia del nostro paese coinvolto in una guerra con una nazione  che fino a poco tempo fa era fra i suoi principali fornitori di materie prime. Se l'economia non riparte, sarà impossibile onorare i debiti. I paesi che non  onorano questo tipo di debiti vengono  commissariati. La sanità pubblica smantellata, gli aereoporti privatizzati, etc.. Questo triste scenario si è concretizzato in passato  in un paese vicino: la Grecia. I fondi del PNRR possono fare la differenza  solo se sono un game-changer, un innesco capace di aprire nuove possibilità e fare ripartire l'economia.

I fondi del PNRR dedicati alla scuola possono stimolare questa svolta? Il prof. Xxxx darà la sua valutazione sugli aspetti didattici:

Ho testato l'uso delle recenti  lavagne digitali . Per scrivere bisogna restare ad una spanna dallo schermo, che è come quello di un gran televisore e dopo tre ore viene il mal di testa. Chi insegna materie come
matematica, fisica, chimica  deve scrivere un sacco. Proiettare video o slides può essere utile, ma non segna l'agognata svolta!

A queste considerazioni si aggiungono i rischi delll'uso degli strumenti digitali. Noi che i giovani li vediamo tutti i giorni sappiamo che possono facilmente dimenticare a casa il quaderno, il libro, la squadra. L'unica cosa che, potete star certi, non dimenticheranno mai è il telefono cellulare, che di solito è un dispositivo digitale.

Chiamiamola con il suo nome: dipendenza.

Queste sono semplici osservazioni mie sul campo, ma la settima  commissione permannete del Senato della Repubblica, che si occupa di istruzione, l'estate del 2021, a conclusione di una indagine conoscitiva durata due anni, in cui sono stati auditi molti esperti, psichiatri, medici, pedagogisti, ha  depositato una  relazione di cui vi leggerò qualche  stralcio.

"A conclusione dell'indagine conoscitiva  sull'impatto del digitale sugli studenti con particolare riferimento ai processi di apprendimento:"

I RISULTATI DELL’INDAGINE

Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo- scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica...

Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche.

Fra le conclusioni si legge:

Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite non  sono emerse evidenze scientifiche sull'efficacia del digitale applicato all'insegnamento. Anzi tutte le ricerche scientifiche internazionali

citate  dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti che i  loro redditi futuri.

Nella relazione vengono  formulati  alcuni auspici:

- interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i beneficidel digitale applicato all'insegnamento.
- incoraggiare nelle scuole  la lettura su carta, la scrittura a mano e l'esercizio della memoria.

Per me la conclusione è chiara: i rischi superano gli eventuali benefici. Se il collegio è ancora in grado di esercitare la sua autonomia nelle scelte didattiche, dovrebbe rifiutare le proposte del piano 4.0.

Buona fortuna a tutti!
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(*nota:  il matrimonio del tecnico con l'artistico purtroppo non è la consapevole  fusione di umanesimo e scienza che qualche  violinista auspica, è solo la  scelta pratica e concreta del provveditore locale  dettata dal gioco delle figurine degli edifici scolastici)
 

mercoledì 24 agosto 2022

Al di là dei miti e dei campanilismi, siamo sicuri che il sistema scolastico italiano funzioni a dovere?

di Fabio Vomiero

E mentre il tempo passa trasformando mondi e società, le campagne elettorali rimangono sempre più uguali a loro stesse: stessi protagonisti, stessi argomenti, stessi atteggiamenti, stessi linguaggi, stessa mediocrità; e intanto i problemi continuano ad aggravarsi. Sarà che il popolo, termine orribile ma che in questo caso bene si addice, è ciò che si merita? Potrebbe anche essere, in fondo ognuno ha sempre la propria quota di responsabilità da scontare.

Ma dicevamo i problemi, tantissimi ovviamente, ne scegliamo uno, la scuola, con riferimento in particolare a quella secondaria (medie e superiori).

Sì, perchè evidentemente c'è la sensazione che molti, compresi i nostri politici, non sappiano nemmeno di che cosa si stia parlando visto che generalmente gli unici parametri utilizzati su cui tentare di abbozzare eventualmente qualche considerazione o valutazione di massima, sono i dati forniti dagli enti di elaborazione statistica tipo OCSE (PISA e PIACC), in cui la scuola italiana, se si leggono gli articoli, una volta è entusiasticamente prima in europea https://www.supereva.it/e-la-scuola-italiana-la-migliore-deuropa-secondo-locse-35732 e un'altra invece è soltanto penosamente trentaseiesima tra i cinquantasette Paesi più sviluppati del mondo https://beppegrillo.it/la-scuola-in-italia-e-nel-mondo/

Meglio allora non fidarsi più di tanto ed essere pragmatici, chiunque conosca un po' di epistemologia e in particolare la complessa relazione che esiste tra dato e teoria, può capire bene quale possa essere la reale confidenza e significatività di questi dati.

Ma già il fatto che la scuola di oggi sia praticamente uguale a sè stessa da decenni, può benissimo generare, a ragione, qualche legittimo sospetto. Non siamo più, infatti, ai tempi della riforma Gentile (1923), e le varie "riformine" che nel frattempo si sono succedute negli anni (Falcucci, Berlinguer, Moratti, Gelmini, Renzi), probabilmente pensate con modalità e finalità spesso inutili o sbagliate, non sembrano avere sortito, come era prevedibile, un grande successo; una su tutte, l'alternanza scuola-lavoro, ora detta PCTO. Per non parlare poi delle ultime boutade riguardanti i banchi con le rotelle o i bonus per gli insegnanti cosiddetti "esperti", sulla base di quali criteri non è dato sapere.

Comunque sia, il risultato complessivo di queste riforme, che in alcuni casi hanno il sapore di essere state fatte più con lo scopo di far vedere che si è fatto qualcosa piuttosto che in un'ottica di una progettualità veramente utile e consapevole è che la scuola, di fatto, rimane un sistema isolato da una burocrazia soffocante, autoreferenziale e ancora pieno di problemi concreti. Studenti spesso maleducati, studenti disinteressati che disturbano e fungono da zavorra per il percorso formativo delle intere classi, insegnanti spesso inadeguati, classi troppo numerose, svilimento del ruolo dell'insegnante con la trovata dei percorsi didattici ossessivamente programmati e uniformati, durata della classica "ora" di lezione probabilmente troppo lunga, riunioni per il corpo docente inutili e ridondanti, ricorso a "progetti" extrascolastici di tutti i tipi che spesso non servono a niente se non alla perdita di tempo per gli studenti e via dicendo.

Vi è pertanto la fondata sensazione che la scuola attuale stia gradualmente perdendo la sua primaria vocazione e si stia trasformando sempre di più da un processo di effettiva formazione culturale, educazione e allenamento per l'intelletto di persone che dovranno formare la futura classe dirigente, ad un semplice consorzio di enti di formazione squisitamente tecnico-didattica e con marcati connotati di concorrenza mercantilistica, con buona pace del pensiero sistemico, del ragionamento critico e del problem solving.

D'altra parte anche il ragionamento di base è in effetti piuttosto semplice. Se tutti sanno che nel momento stesso in cui si esce dalla scuola, si dimentica automaticamente almeno metà di tutte le nozioni che si sono apprese, e un altro 30% di nozioni non serviranno praticamente a nulla, perchè essere allora tanto ossessionati da questa didattica? Non si potrebbe invece metter mano finalmente ai programmi oramai obsoleti dando loro una bella rinfrescata, tagliando dove c'è da tagliare e introducendo materie e argomenti molto più utili e attuali non soltanto come fonte di conoscenza concreta, ma anche come materiale di discussione e di allenamento per lo sviluppo indispensabile di un pensiero critico e sistemico? Ecologia, geopolitica, elementi di sociologia, educazione sanitaria ed alimentare, epistemologia, logica, igiene del ragionamento e della discussione, per esempio.

Ecco, io osservo una scuola che, per vari motivi (ricordo che incredibilmente sta scomparendo anche il tema di italiano), è molto poco preparata nello sviluppare e coltivare le abilità trasversali fondamentali della persona nel suo complesso ed è invece molto più concentrata su una generica didattica spesso esasperata e, probabilmente, in certi contesti, inutile se non addirittura controproducente.

Un giorno, durante una mia supplenza di scienze in un liceo scientifico ho chiesto ai colleghi perché i programmi di scienze fossero così assiduamente concentrati sulla chimica rispetto per esempio alla biologia e alle bioscienze. Mi è stato risposto che è così perché riguardo alla biologia, essendo una disciplina nozionistica, la si può studiare anche da soli e perché gli esami di ingresso all'università di solito puntano di più sulla chimica. Già, il numero chiuso alle università, altro autoevidente nonsenso logico, non si capisce ancora se portato avanti per una reale necessità, oppure per tentare di nascondere come al solito sotto il tappeto i cocci della nostra misera visione prospettica.

Ad ogni modo, per il giorno dopo, ho subito preparato una lezione dal titolo "perchè la biologia non deve essere considerata una disciplina soltanto di tipo nozionistico".

Ecco perchè, a mio parere, occorre fare una doverosa riflessione non soltanto sul sistema in sè, ma anche sulla preparazione e sulla idoneità degli insegnanti e sulle relative modalità di reclutamento e messa a ruolo. C'è da chiedersi, quantomeno, se siano veramente le soluzioni migliori questi dispendiosi concorsi con domande didattiche a crocette dove il neolaureato (spesso ancora immaturo sotto altri aspetti) o chi ripete sempre le stesse cose da anni, è ovviamente avvantaggiato (a volte anche copiando e passandosi le risposte), o il fatto che le supplenze (sempre molto importanti) siano assegnate soltanto in base a delle graduatorie di punteggio dove chi capita capita, senza nemmeno un colloquio preliminare.

Pertanto non lo so, ma l'aria che si respira all'interno delle scuole e le evidenze riguardanti un certo tipo di postura socioculturale corrente, inevitabilmente riflessa nel comportamento e nell'atteggiamento cognitivo ed intellettuale di molti giovani e meno giovani di oggi, sembrano purtroppo confermare in pieno queste mie perplessità.


giovedì 9 luglio 2020

Covid-19: Cosa Rischiano i Bambini e i Ragazzi a Scuola?






Vi passo qui di seguito un testo scritto da un gruppo di ricercatrici italiane che è veramente una boccata di ossigeno nello tsunami di fesserie e di bugie che ci sta sommergendo. Non un testo facile, non un testo annacquato. Un esame approfondito della letteratura scientifica. Non è un testo di opinioni, è un testo di dati e di fatti. E che arriva alla conclusione che il rischio di un ritorno a scuola per i nostri bambini è minimo o inesistente, e che -- soprattutto -- è trascurabile rispetto ai danni psicologici che i bambini ricevono standosene isolati a casa.

La cosa più bella è il successo che questo testo ha avuto. Pubblicato sul sito Facebook "Pillole di Ottimismo" è stato condiviso oltre 2500 volte in 24 ore. E' un risultato eccellente considerato il marasma che è Facebook al momento attuale. Dei circa 500 commenti, praticamente tutti sono favorevoli, molti ringraziano per la spiegazione. Soprattutto, sono genitori e mamme preoccupate per i loro bambini costretti in una situazione innaturale di isolamento e segregazione. 

Come sappiamo, l'informazione pubblica in Italia è dominata da sorgenti di informazione completamente inaffidabili e di solito impegnate nel raccontarci bugie. Ma quest storia ci fa vedere come c'è ancora spazio per raccontare le cose come stanno. C'è ancora gente in grado di recepire un messaggio anche complesso quando capiscono che gli autori (le autrici, in questo caso) hanno lavorato seriamente per fare un servizio di informazione pubblica. (UB)



Covid-19: cosa è successo ai bambini e ai ragazzi?


Da "Pillole di Ottimismo", 8 Luglio 2020

Alessandra Basso (TINT, Università di Helsinki), Valentina Flamini (Biologa molecolare) Eleonora Franchini (docente di scuola secondaria di secondo grado), Sara Gandini (IEO, SEMM)

I bambini non sono i più colpiti da questa pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime”. Così apre il report delle nazioni unite dedicato all’impatto del Covid-19 sui bambini (1).
Effetti della chiusura delle scuole

La chiusura delle scuole e il confinamento domestico hanno rappresentato un grosso sacrificio per le categorie più giovani che hanno subito un cambiamento repentino e prolungato della loro quotidianità. Bambini e ragazzi sono stati costretti a rinunciare alla scuola, luogo insostituibile non solo per il loro bisogno di apprendimento, ma anche di crescita sociale ed emotiva. Questa rinuncia ha generato una sofferenza che è stata comunicata in modi diversi, spesso con segnali di iperattività e irrequietezza, oppure, al contrario, con la comparsa di abulia, stanchezza, disturbi del sonno (2).

Numerosi studi hanno dimostrato che il confinamento domestico e la chiusura delle scuole hanno avuto conseguenze negative gravi e di lunga durata sulla salute fisica e psicologica dei bambini. Gli effetti sulla salute fisica sono legati soprattutto ad una alimentazione meno sana, una diminuita attività fisica e all’aumento dell’uso di dispositivi elettronici: televisione, cellulare e video-giochi (3).

Gli effetti sul benessere psicologico ed emotivo erano già stati ampiamente documentati durante le epidemie di SARS e Ebola, e sono stati confermati dalle indagini condotte nei mesi scorsi. Il confinamento domestico, infatti, ha causato un aumento del livello di stress che può avere effetti a lungo termine sul benessere di bambini e ragazzi e aumenta il rischio di sviluppo di malattie mentali nell’età adulta. Uno studio del 2013, per esempio, ha evidenziato un livello di stress-post traumatico quattro volte superiore nei bambini sottoposti a misure di confinamento domestico rispetto a quelli non sottoposti alla quarantena (4). Tra i sintomi più diffusi, ci sono l’insorgenza di nuove paure (come la paura di essere contagiati), l’ansia da separazione, segnali di regressione, disturbi del sonno, irritabilità e comportamento oppositivo.

Una recente indagine condotta dal Gaslini di Genova rileva problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% dei bambini minori 6 anni, e nel 71% di bambini e ragazzi compresi tra i 7 e i 18 anni (5). Sempre in Italia, lo studio osservazionale condotto da Pisano, Galimi e Cerniglia ha fatto emergere una prevalenza di comportamenti oppositivi (il 53% dei bambini mostra segni di irritabilità e intolleranza alle regole), e anche di comportamenti adattivi (il 49% è apparso capace di adattarsi alle regole del confinamento), ma ammonisce che questi indizi di resilienza possano in realtà nascondere un maggiore disagio psicologico (6). La chiusura delle scuole, inoltre, causa un ritardo nel conseguimento degli obiettivi scolastici e più in generale dello sviluppo socio-emotivo nell’età evolutiva. Un mese di vita pesa in modo molto differente nell’età dello sviluppo rispetto all’età adulta.

Non si tratta solo delle opportunità di apprendimento andate perdute, ma anche del rischio di dimenticare quello che è stato acquisito fino a quel momento con il risultato di un regresso duraturo che difficilmente potrà essere recuperato. In passato, studi sulla chiusura estiva e sull’interruzione dei servizi scolastici causata da eventi metereologici hanno dimostrato effetti duraturi nell’apprendimento scolastico: ogni 10 giorni di chiusura straordinaria provocano una diminuzione del 5% del numero di studenti che raggiungono gli obiettivi di fine anno (7, 8).

Un recente articolo di Guido Neidhöfer, inoltre, mette in luce come la pandemia e le misure restrittive abbiano effetti differenziati sui bambini, colpendo più gravemente quelli provenienti da contesti svantaggiati, e di conseguenza possano inasprire le disuguaglianze sociali nel lungo periodo (9).

L’articolo rileva che la pandemia e le conseguenti misure restrittive possono ingrandire le disuguaglianze economiche e sociali agendo su più livelli. Da una parte, la riduzione del rendimento scolastico associata alla chiusura delle scuole incide sulle future competenze professionali e sui redditi una volta entrati nel mondo del lavoro. Negli Stati Uniti, il costo della chiusura delle scuole in termini di mancati rendimenti futuri è stato stimato al 12,7% del PIL. Gli studenti provenienti da contesti svantaggiati hanno minori opportunità educative oltre alla scuola e pertanto sono più esposti a questo effetto collaterale. Un secondo veicolo di inasprimento delle disuguaglianze sociali è legato agli effetti del lockdown sul lavoro dei genitori. I lavoratori meno qualificati, e ancora di più quelli del settore informale, sono i più vulnerabili alla riduzione dei salari e alla perdita del lavoro. Di conseguenza, le famiglie in fondo alla distribuzione reddituale affrontano una riduzione più accentuata delle risorse economiche e questo ha un impatto profondo sulle opportunità dei figli.

Un documento firmato da 9 reti di associazioni (circa duecento in tutto) che lavorano con bambini e ragazzi in Italia sottolinea le disuguaglianze nelle opportunità di crescita, di apprendimento e di sviluppo nel nostro paese: secondo dati Istat 2018/2019, il 12,3% dei ragazzi di 6-17 anni vive in case prive di pc o tablet; secondo dati Eurostat 2019, il 10,7% dei giovani di 15-19 anni non sono occupati e non sono in formazione. Il documento evidenzia inoltre che l’educazione è cruciale per ridurre le disuguaglianze: secondo l’ONU e un’ampia letteratura scientifica nazionale e internazionale, l’investimento in educazione, in particolare quella dei bambini in età 0-2, è quello maggiormente in grado di prevenire le ineguaglianze nel corso della vita.

Che ruolo hanno i bambini nella trasmissione del virus?


Stanti gli studi scientifici e le evidenze dagli altri paesi ad oggi disponibili sul ruolo dei bambini nella trasmissione del virus, l’apertura delle scuole non dovrebbe creare paure perché i dati sono rassicuranti: i bambini e i ragazzi si ammalano meno e hanno meno probabilità di trasmettere il virus alle persone con cui entrano in contatto. Mentre è noto che i bambini siano veicolo di infezione per malattie come l’influenza stagionale, gli studi finora condotti mostrano che ciò non sia vero nel caso del COVID-19 (10, 11, 12).

Una indagine condotta nella regione francese Crépy-en-Valois, a nord-est di Parigi, recentemente pubblicata, ha analizzato l’andamento dell’epidemia su un campione di 1.340 persone, di cui 510 bambini di sei diverse scuole elementari. Prima che le scuole chiudessero per le vacanze di febbraio e per il successivo lockdown, sono stati riportati solo tre casi di infezione riconducibile al Sars-Cov-2 nei bambini i quali, peraltro, hanno manifestato sintomi lievi della malattia (11). La bassa percentuale degli infettati tra il personale docente (7,1%) e non docente (3,6%), contrapposta all’alta percentuale degli infetti tra i genitori dei bambini (61,0%) ha portato alla conclusione che i bambini non siano stati il veicolo per la trasmissione del virus. I ricercatori ipotizzano che, al contrario, possano essere stati i genitori ad infettare i figli e non viceversa.

Un altro studio condotto tra aprile e maggio a Parigi, la regione più colpita dall’epidemia in Francia, su 605 bambini e ragazzi di età compresa fra gli zero e i 15 anni conferma i risultati dell’indagine preliminare appena descritta: i bambini sembrano essere meno suscettibili alla malattia e sono probabilmente anche poco contagiosi (10). I ricercatori hanno combinato i risultati di tamponi e test sierologici con lo scopo di valutare la diffusione del virus tra i più giovani. Si è visto che fratelli e sorelle all’interno di famiglie con almeno un membro affetto non risultavano più facilmente positivi al tampone né all’esame sierologico e questo conferma che il contagio dei bambini avvenga attraverso i genitori.

Anche un recente studio condotto da Andrea Crisanti a Vò Euganeo, che uscirà a breve su Nature, conferma che i bambini non si ammalano anche in presenza di una forte esposizione: dei 234 bambini sotto i 10 anni presi in considerazione, nessuno è risultato positivo al virus, nemmeno i 13 che hanno vissuto a contatto con positivi in grado di trasmettere l’infezione (13).

Le scuole hanno ricominciato la didattica in presenza in diversi stati europei. In Germania la spinta alla riapertura è seguita ai risultati di uno studio preliminare di quattro università tedesche (Heidelberg, Friburgo, Tubinga e Ulm) su 2.500 bambini di età compresa fra uno e dieci anni e i loro genitori. Dai test effettuati è emerso che nel periodo preso in esame, tra aprile e maggio, un bambino e un genitore si sono ammalati, mentre 64 sono risultati positivi al test sugli anticorpi, dunque avevano contratto il virus senza accorgersene. Meno di un terzo dei contagiati erano bambini. Nella maggioranza di casi di genitori contagiati, poi, non si osservava l’infezione nei figli, confermando che i bambini sono meno suscettibili al virus Sars-Cov-2 (14).

In Olanda alla riapertura delle scuole, avvenuta gradualmente fra l’11 maggio e l’8 giugno, senza misure di distanziamento sociale stringenti, non è conseguita l’insorgenza di focolai e i test condotti sul personale scolastico dal 6 maggio in poi non ha mostrato un aumento dei casi in percentuale positivi al Sars-Cov-2 (12). L’esperienza olandese conferma, ancora una volta, l’impatto minimo della riapertura delle scuole sull’evoluzione della pandemia.

Conclusioni

Alla luce delle recenti evidenze scientifiche rispetto ai rischi di contagio da parte dei bambini e ragazzi, possiamo concludere che la riapertura delle scuole non sembra influire in maniera determinante sull’andamento della pandemia da Sars-Cov-2 mentre la chiusura rischia di minare la salute psico-fisica, l’apprendimento scolastico e la socialità delle future generazioni, soprattutto per i bambini e ragazzi provenienti da contesti più difficili. Resta aperta la riflessione sulle “modalità di apertura” che auspichiamo tengano conto dei dati scientifici prodotti, oltre che delle esperienze già in atto nei paesi citati, e mirino a ristabilire in bambini e ragazzi la serenità e spontaneità nell’incontro con l’altro.

Referenze


(1) UN Policy Brief: The Impact of COVID-19 on children, 15 April 2020
(2) Pellai, Alberto (2020) Il distanziamento fisico e i bisogni evolutivi del bambino.
(3) Pietrobelli A, Pecoraro L, Ferruzzi A, et al. Effects of COVID-19 Lockdown on Lifestyle Behaviors in Children with Obesity Living in Verona, Italy: A Longitudinal Study [published online ahead of print, 2020 Apr 30]. Obesity (Silver Spring). 2020;10.1002/oby.22861. doi:10.1002/oby.22861
(4) Sprang G, Silman M. Posttraumatic stress disorder in parents and youth after health-related disasters. Disaster Med Public Health Prep. 2013;7(1):105-110. doi:10.1017/dmp.2013.22
(5) Uccella, Sara, Fabrizio De Carli, Lino Nobili et al. Impatto Psicologico e Comportamentale sui Bambini delle Famiglie in Italia. Gaslini, Università degli Studi di Genova.
(6) Pisano, Luca, Domenico Galimi e Luca Cerniglia (2020) A qualitative report on exploratory data on the possible emotional/behavioral correlates of Covid-19 lockdown in 4-10 years children in Italy.
(7) Marcotte, Unscheduled School Closings and Student Performance
(8) Cooper, H., Nye, B., Charlton, K., Lindsay, J., & Greathouse, S. (1996). The Effects of Summer Vacation on Achievement Test Scores: A Narrative and Meta-Analytic Review. Review of Educational Research, 66(3), 227–268. https://doi.org/10.3102/00346543066003227
(9) Long run consequences of the COVID-19 pandemic on social inequality
Portrait of Guido Neidhöfer di Guido Neidhöfer
https://www.latinamerica.undp.org/…/consecuencias-de-la-pan…
(10) Assessment of spread of SARS-CoV-2 by RT-PCR and concomitant serology in children
in a region heavily affected by COVID-19 pandemic.
Robert Cohen, Camille Jung,, Naim Ouldali, Aurélie Sellam, Christophe
Batard, Fabienne Cahn-Sellem, Annie Elbez, Alain Wollner, Olivier Romain,
François Corrard, Said Aberrane, Nathalie Soismier, Rita Creidy, Mounira Smati
Lafarge, Odile Launay, Stéphane Béchet, Emmanuelle Varon, Corinne Levy
(11) SARS-CoV-2 infection in primary schools in northern France: A retrospective cohort study in an area of high transmission, 23 juin 2020.
Arnaud Fontanet, MD, DrPH, Rebecca Grant, Laura Tondeur, MSc, Yoann Madec, PhD, Ludivine Grzelak, Isabelle Cailleau, MSc, Marie-Noëlle Ungeheuer, MD, PhD, Charlotte Renaudat, MD, Sandrine Fernandes Pellerin, PhD, Lucie Kuhmel, MD, Isabelle Staropoli, François Anna, Pierre Charneau, Caroline Demeret, Timothée Bruel, PhD, Olivier Schwartz, PhD, Bruno Hoen, MD, PhD
(12) Children and COVID-19, National Institute for Public Health and Environment
https://www.rivm.nl/…/novel-coronavi…/children-and-covid-19…
(13) https://www.adnkronos.com/…/coronavirus-crisanti-bambini-fi…
(14) Prevalence of COVID-19 in children in Baden-Württemberg Preliminary study report Klaus-Michael Debatin et al.
https://www.klinikum.uni-heidelberg.de/…/Prevalence_of_COVI…

sabato 1 giugno 2019

Ma i Giapponesi sono più intelligenti degli Italiani?

Giapponesi molto intelligenti


In questi giorni, mi è capitato davanti un qualcosa abbastanza allucinante, Un rapporto OCSE di cui vi passo qualche dato qui di seguito.


Allora, quello che vedete sono i punteggi ottenuti ai test da italiani e da giapponesi a seconda dei vari livelli scolastici; "secondary" sta per "scuole medie", mentre "tertiary" significa "università"

Vedete come i giapponesi con un titolo di studio liceale hanno un livello medio di alfabetizzazione leggermente superiore di quello dei laureati italiani. Questo mi spiega, fra le tante cose, la ragione di certe esperienze allucinanti che ho avuto con i miei studenti. In ogni caso, è solo uno dei dettagli del rapporto OCSE, dove l'Italia ne esce con le ossa rotte non solo in confronto con il Giappone. Ovviamente, questo non vuol dire che gli Italiani siano più stupidi dei Giapponesi o di altri, però l'intelligenza deve essere accoppiata con un certo grado di cultura e di competenza, altrimenti serve a poco.


In sostanza, niente di nuovo: la scuola italiana è un disastro e lo sappiamo tutti. Non credo che ci siano colpe particolari in questa vicenda, è solamente la combinazione di un certo numero di fattori che si auto-rinforzano. Un paese economicamente debole, strangolato dalla burocrazia e governato da una classe di parassiti ignoranti si trova in difficoltà in una situazione di competizione internazionale sempre più dura.

Ne consegue che l'economia va male e i nostri studenti non trovano che studiare sia un buon investimento del loro tempo. Come dico spesso, prendersi una Laurea oggi vuol dire cinque anni di sofferenze in cambio di una vita di disoccupazione. I migliori se ne vanno a lavorare all'estero, lasciando qui i meno bravi che diventano politici o insegnanti. La scuola ne risente in termini di qualità, quelli che cercano di far qualcosa per migliorare si trovano di fronte a un muro di burocrazia che impedisce di fare qualsiasi cosa.

Ma, consoliamoci, in qualsiasi cosa si può sempre peggiorare. Dopo che qualcuno ha parlato di ritornare al grembiulino per le elementari, qualcuno potrebbe proporre seriamente di tornare al Minculpop. Oppure, potrebbe piovere.












venerdì 3 maggio 2019

The song peak


I miei ragazzi
 Ai miei ragazzi di terza media cerco di far capire cosa ci aspetta in termini di transizioni e utilizzi dei materiali, soprattutto in campo energetico. Uno dei concetti che essi imparano, in quest’ambito, è proprio quello del picco, declinato prima sul petrolio e, mano a mano, su altri importanti materie prime (uranio, metalli preziosi e via dicendo).
Mi sono interrogato se questa visione possa essere applicata in altri campi e, da bravo ingegnere dei sistemi, mi sono risposto che andamenti analoghi possono essere trovati in ogni campo in cui ci sia una ricerca condizionata da una dimensione fissa del serbatoio da cui si pesca (almeno nel termine della corrente vita della specie umana).
Fenomeni di questo tipo, purtroppo, non possono che condizionare anche aspettative e speranze delle generazioni: se negli anni ’50 c’era il sogno americano in tutto il suo splendore, adesso abbiamo spesso l’incubo distopico dell’apocalisse declinata in tutte le sue forme (invasioni, guerre globali, virus e simili amenità).
Pare che l’abbondanza relativa di risorse (estraibili e utilizzabili senza sforzi) sia in grado di influenzare i temi che il cinema ci propone, probabilmente anticipando tendenze già visibili.

E la musica?

Cosa c’è di più sottile e insieme corposo che definisce lo stato d’animo di un’epoca? Cosa meglio descrive il sentimento di un’epoca?
Prendiamo in considerazione la cosiddetta musica leggera dalla fine degli anni 40 del XX secolo ad oggi:


Essa si può sommariamente dividere in Rock e Pop e, in entrambi i casi, parte da vincoli non superabili che descrivono il “giacimento” di melodie e ritmica da cui è possibile attingere per creare una canzone. Ancora una volta il giacimento è una super-semplificazione di un fenomeno che porta, tra le migliaia di canzoni prodotte, quelle che fanno veramente successo e che verranno ricordate nel tempo.
La tesi è quindi che le migliori canzoni, quelle da ricordare, abbiano un andamento nel tempo simile a quello che descrive il comportamento di una risorsa mineraria finita: una crescita, un picco, un declino più o meno pronunciato. I migliori motivi saranno scoperti con andamento crescente (maggior impiego di risorse in termini di persone che si mettono a creare attratte dai guadagni, 1945-1965) fino alla saturazione e al declino (1965-oggi) a causa dei maggiori mezzi impiegati su un “serbatoio” di motivi migliori via via in esaurimento (pur in presenza di un numero maggiore di persone impiegate nella creazione con più mezzi).
Ho quindi pensato di analizzare con un po’ di numeri questa tesi, a partire dalla Top 500 Songs del Rolling Stone Magazine, che dovrebbe essere una lista delle migliori canzoni. Dal punto di vista metodologico ho considerato tre indici (lungo i lustri e i decenni), col seguente significato:

1.    Canzoni: numero secco di canzoni presenti in lista nel periodo. È un indice quantitativo della produzione nel periodo, in qualche modo proporzionale alla vastità del serbatoio e delle tecnologie di cattura (numero di persone, mezzi a disposizione)

2.    Valore: somma del valore delle canzoni nel periodo. Il valore è inteso come il complemento a 500 della posizione della canzone nella lista. La prima canzone ha valore 500, l’ultima ha valore 0. Si può considerare come una sorta di momentum della produzione nel periodo considerato.
3.    Valore specifico: Divisione del valore per le canzoni nel periodo. Si può intendere come una misura della qualità della produzione

Analisi su 5 anni

Con il periodo considerato a 5 anni si notano le seguenti cose:
1.    Esiste indubitabilmente un picco della produzione delle canzoni, centrato intorno al 1965
2.    La produzione scende molto ripidamente negli anni 70 e si azzera praticamente dagli anni 80 in poi.
3.    La tendenza è esaltata se consideriamo l’indice relativo al valore complessivo che pesa anche la qualità della canzone
4.    Esiste una costante diminuzione della qualità delle canzoni (valore specifico): sembra essere un trend costante e praticamente indiscutibile

Analisi su 10 anni

Vedere le cose sui decenni esalta le tendenze rendendole immediatamente visibili. Esiste un picco della produzione intorno agli anni 60, i decennio d’oro di questo tipo di musica. Esiste un preoccupante, costante decadimento della qualità musicale negli anni.

Riflessione finale
Una considerazione: da decenni i giovani interpretano il senso della propria vita e della propria generazione grazie alla musica che ascoltano. Se quest’ultima si ripiega, per forzata mancanza di originalità, nei rifacimenti delle cover o in generi derivati… non si può condannare una generazione per mancanza di ideali. I giovani respirano quelle vibrazioni che furono felici negli anni 50, mature negli anni 70, collassate dagli anni 80 in poi.

PS l'immagine sulla composizione delle tendenze è presa da wikipedia, le altre immagini sono di originale composizione dell'autore


Pierluigi Germano