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domenica 27 marzo 2011

Il clima non è una bicicletta.


La bicicletta è un classico esempio di sistema di quelli che si chiamano "lineari": più pigi sui pedali, più forte vai. Ma non tutti i sistemi che si studiano nella scienza sono lineari: anzi, quelli lineari sono una piccola minoranza. Il clima terrestre, per esempio, è un sistema completamente diverso e considerarlo come lineare può portare a fare degli enormi errori. 



Probabilmente conoscete la vecchia storiella "Se mia nonna avesse le ruote, sarebbe una bicicletta" (e forse anche il suo corollario, "se Chuck Norris avesse le ruote, sarebbe la batmobile"). Certo, confondere la nonna con una bicicletta è piuttosto raro, ma sembrerebbe non troppo infrequente applicare ragionamenti validi per le biciclette a cose che biciclette non sono, il clima terrestre, per esempio.

Vi faccio un esempio: Si sa che il CO2 è uno dei principali responsabili del riscaldamento globale. Questo si vede, fra le altre cose, dalla correlazione fra concentrazione e temperature globali.


A una prima occhiata, l'impressione è che l'accordo sia qualitativamente buono. Ma bisogna stare molto attenti a queste cose. Il fatto che si veda un accordo di un parametro con un altro non vuol dire necessariamente che ci sia un rapporto di causa e effetto fra le due cose. Se non avessimo buoni modelli fisici che ci dicono che il CO2 causa un riscaldamento dell'atmosfera, questo diagramma non significherebbe gran che. Dato però che questi modelli li abbiamo, allora lo possiamo prendere come una conferma qualitativa di quello che i modelli ci dicono.

Da tenere conto anche che la relazione fra riscaldamento e concentrazione di CO2 non è lineare, ma comunque ci aspettiamo una proporzionalità fra le due cose. La figura che segue è presa dal quarto rapporto dell'IPCC (Capitolo 10.8). La linea nera è il valore più probabile, sono mostrate anche le incertezze entro il 95% di confidenza.


Vedete però che, entro i limiti dell'incremento di concentrazione dell'ultimo secolo, da circa 300 ppm a circa 400, l'incremento si può prendere come lineare con buona approssimazione. Perciò ci aspettiamo una proporzionalità diretta fra concentrazione di CO2 e incremento di temperatura, ed è in effetti quello che vediamo.

Però, se esaminiamo bene la figura che mostra gli incrementi di temperatura e la concentrazione, vediamo che l'accordo non è perfetto. Notate come, dal 1940 al 1975, circa, non c'è stato nessun riscaldamento - anzi, un leggero raffreddamento. Ma la curva del CO2 ha continuato ad aumentare. C'è chi da quesa osservazione (per esempio, qui) arriva a sostenere che è sufficiente evidenza per negare la correlazione fra concentrazione di CO2 e temperatura. In molti casi, si continua a sostenere che "le temperature non aumentano più da 10 anni"; interpretando male una frase infelice di Phil Jones, il direttore del Climate Research Unit dell'Università di East Anglia. Non è vero ma non è questo il punto. Il punto è che ci fa questa critica ritiene - evidentemente - che debba esistere una correlazione precisa e immediata fra la concentrazione di CO2 e la temperatura; così come ce n'è una in una bicicletta fra il movimento dei pedali e quello delle ruote.

Questo atteggiamento lo possiamo chiamare "riduzionista"; un termine usato spesso in senso dispregiativo nei confronti della scienza da parte di gente che di scienza sa poco o nulla. Il riduzionismo è pensare che tutto possa essere ridotto a una concatenazione di cause ed effetti. Dai pedali alla corona, dalla corona alla catena, dalla catena al cambio, dal cambio alla ruota. E' così che funziona una bicicletta dei riduzionisti.

Ma questa è una visione parziale - addirittura brutale - della scienza. Gli scienziati non sono meccanici di biciclette; sono persone che si rendono perfettamente conto che la maggior parte dei sistemi fisici sono molto più complicati di così e non possono essere trattati come se fossero delle biciclette da riparare.

Allora, non si può pretendere di capire come funziona il clima terrestre se si pretende che ci sia un rapporto semplice e diretto di causa ed effetto fra concentrazione di CO2 e temperature. Il CO2 è uno degli elementi che influenzano il clima - certamente uno dei più importanti, ma non il solo. Il clima terrestre è determinato da una serie di effetti, positivi e negativi: polveri atmosferiche, variazioni della nuvolosità, oscillazioni delle correnti tropicali ("El Nino"), cambiamenti di albedo dovuti allo scioglimento dei ghiacci e tante altre cose.

Quindi, non c'è da stupirsi se i cambiamenti climatici sono più una tendenza che una progressione lineare di causa ed effetto. Col tempo, la media delle temperature tende ad aumentare, ma ci sono stati e ci saranno probabilmente sempre dei periodi che i propagandisti dell'anti-scienza potranno citare come "ma in questo periodo la temperatura non è aumentata". Alla fine dei conti, tutto il loro ragionamento si riduce al discorso becero e scontato "ma oggi fa freddo e allora dov'è il riscaldamento globale?"

mercoledì 9 marzo 2011

E continua a salire....


Dal NOAA, gli ultimi dati sulla concentrazione di CO2 nell'atmosfera, aggiornati a Gennaio 2011. Vediamo che quando è inverno nell'emisfero Nord, la concentrazione sale. Questo è perché le terre emerse dell'emisfero nord occupano un area maggiore, e quindi la scarsa attività delle piante genera una crescita del CO2. E' un'asimmetria planetaria che ha un effetto importante sul clima; è anche la ragione per la quale i cicli orbitali di Milankovih causano l'alternanza di ere glaciali e interglaciali.

Le piante riprenderanno con la fotosintesi a primavera, e vedremo calare di nuovo la concentrazione di CO2. Ma solo fino all'inverno successivo. A questo ritmo, ci vorrà ancora qualche anno prima di toccare le 400 parti per milione; ma speriamo che il ritmo di crescita non aumenti. E comunque è già troppo quello che abbiamo ora.

lunedì 21 febbraio 2011

Effetto serra e CO2: come NON volevasi dimostrare


Ultimamente, è venuto di moda "dimostrare" che l'effetto serra non esiste. Di solito, i diversamente esperti di scienza lo fanno con elucubrazioni insensate ma, occasionalmente, qualcuno di loro prova a fare degli esperimenti. La foto che vedete qui sopra si trova in fondo a un articolo totalmente delirante di W.R Pratt, che, non vedendo alcun effetto del CO2 sulla temperatura delle bottiglie,  conclude che le sue pseudo-teorie sono corrette. Ma esperimenti mal congegnati daranno sempre risultati sbagliati. Non si può dimostrare gran che a proposito del riscaldamento globale planetario con due bottiglie di plastica - si riesce soltanto a dimostrare la tendenza umana a credere a quello che fa piacere credere. Questo vale soprattutto per i contraristi climatici ma anche, a volte, per persone che si qualificano come scienziati seri e che dovrebbero mettere più attenzione in certe cose.


Sul web potrete trovare diversi esperimenti casalinghi che hanno la pretesa di dimostrare l'esistenza (o la non esistenza) dell'effetto serra planetario. E' un campo dove anche i diversamente esperti di scienza, occasionalmente, si sporcano le mani.

Così, potete trovare almeno due esperimenti sul web dove si "dimostra" l'inesistenza del concetto stesso di effetto serra. Uno è quello di W.R Pratt (che vedete nella figura all'inizio). Un altro esperimento simile lo trovate su youtube fatto con due sacchi di plastica. In entrambi, non si vede nessun aumento di temperatura nel recipiente che contiene il CO2 una volta esposto al sole.

Viceversa, ci sono diversi esperimenti dove si vede un aumento di temperatura molto netto della bottiglia con il CO2 una volta che i due recipienti sono esposti alla luce; anche in condizioni molto simili a quelle dei due esperimenti di cui sopra (Uno lo trovate in questo film con una signora che usa termometri digitali e un data logger - vedi più in basso.)

Come mai certe volte si vede un effetto e certe volte no? Bene, mi ci sono grattato sopra un po' la testa e alla fine ho deciso di provare anch'io. Vedete in queste immagini il set-up sperimentale che ho messo insieme nelle foto qui accanto, molto simile a quello dei test che si vedono su internet. Due recipienti di PET, il CO2 generato con il bicarbonato, due lampade da 40 watt e misure fatte con un paio di termocoppie. Ho fatto diverse prove e sono arrivato ad alcune conclusioni interessanti.

La prima è che i contraristi stile Pratt hanno riferito risultati veri - a loro onore! Vale a dire, nelle loro condizioni sperimentali non si può vedere nessun effetto riscaldante dovuto alla CO2 e infatti non lo hanno visto. Questo non vuol dire che l'effetto non c'è, ma che per vederlo l'esperimento va fatto con alcune precauzioni.

Ho trovato che la cosa importante per vedere l'effetto è che ci sia un assorbitore di radiazione che riemette nell'infrarosso. Infatti, se vi ricordate bene, il riscaldamento globale avviene per effetto della riemissione di infrarosso dalla superficie terrestre - ed è questa radiazione che viene trattenuta dal CO2; scaldando l'atmosfera.

Nel mio caso, ho messo un feltro nero in fondo alla bottiglia a fare da riemettitore. Senza feltro, non si riesce a vedere nessun effetto significativo (a conferma dei risultati dei contraristi). Invece, con il feltro si vede abbastanza bene un riscaldamento di almeno un grado nel recipiente dove arriva il CO2. E' un effetto debole, ma abbastanza netto.

A conferma dei risultati che ho visto io, c'è un esperimento pratico che trovate a C. F. Keating, “A simple experiment to demonstrate the effects of greenhouse gases,” Phys. Teach. 45, 376–378, ͑2007͒ (un link qui) dove si usa Coca Cola per generare il CO2 direttamente all'interno della bottiglia. Non ho provato a rifare questo esperimento, ma dovrebbe funzionare. Ma qui è la Coca Cola stessa che fa da assorbitore - infatti è di colore scuro.

Ma, allora, come sta che c'è gente che ha visto un effetto del CO2 senza un'assorbitore? (come qui - vedi anche in fondo) Beh, non posso che concludere che sono degli imbrogli - in certi casi bene intenzionati, ma sembre degli imbrogli. Dalle prove che ho fatto, vedere un effetto significativo in quelle condizioni è impossibile. L'effetto è dovuto, molto probabilmente, al fatto che le due lampade sono mal posizionate. Metterle alla stessa distanza dai recipienti è cosa estremamente critica e anche molto difficile. Pochi millimetri possono falsare tutto l'esperimento - provateci anche voi e ve ne accorgerete. Infatti, se guardate bene il film della signora sembra proprio che una delle due lampade è più vicina al recipiente dell'altra. Non so cosa ne pensate voi, ma mi sembra un trucchetto squallido.

Tutto spiegato, allora? Sembrerebbe che abbiamo dimostrato che, se facciamo le cose bene, l'effetto del CO2 sulla temperatura si vede e quindi abbiamo "dimostrato" che l'effetto serra radiativo esiste.

Ahimé, no. Le cose non sono così semplici. Wagoner e altri sono andati a fare le pulci a questo esperimento e hanno dimostrato che l'effetto che si vede in questi test è dovuto più a una variazione delle proprietà convettive del gas che alle proprietà radiative. Ovvero, siccome il CO2 è più pesante dell'aria, la convezione è ridotta per cui è questo l'effetto riscaldante principale. Questa conclusione è valida nelle loro condizioni sperimentali (riscaldamento a meno di 30 gradi C e recipiente aperto). Non è detto che lo sia nelle condizioni che ho usato io; ovvero riscaldamento a circa 60 gradi C e recipiente chiuso). Ma, insomma, è chiaro che l'effetto che vediamo è molto più complesso di quanto non sembri e che le due bottiglie hanno ben poca relazione con l'atmosfera terrestre. Non bastano certo a dimostrare che il riscaldamento globale è causato dall'attività umana di emissioni di CO2. La questione del riscaldamento dell'atmosfera è enormemente complessa e non la si può riprodurre in una bottiglia o comunque in un recipiente che sta in un laboratorio.

Alla fine dei conti, più che altro queste "dimostrazioni" dimostrano la tendenza umana a credere alle cose a cui fa piacere credere. Questo vale soprattutto per i contraristi; che di regola credono soltanto agli esperimenti (sbagliati) che danno ragione alle loro tesi. Ma è possibile imbrogliare anche dalla parte opposta, cercando di dimostrare qualcosa non dimostrabile con la tecnica usata.

Ricordiamoci anche che la fisica dell'atmosfera è basata su prove sperimentali e modelli teorici ben assodati - non certo su test fatti con bottiglie di plastica. E' la stessa cosa per la fisica del sistema solare che non è certo basata su osservazioni fatte su una mela che cade. Per vedere un esperimento ben fatto sulle proprietà radiative del CO2, potete andare a vedere questo film di Ian Stewart.




E, per finire, ecco l'esperimento della signora con il datalogger che, a mio parere, è un imbroglio.

http://www.youtube.com/watch?v=Ge0jhYDcazY&feature=player_embedded

sabato 27 novembre 2010

James Hansen in Italia


Da "Climalteranti" un articolo di Stefano Caserini che annuncia la visita in Italia di James Hansen, il climatologo americano ben noto per il suo grandissimo impegno nel diffondere l'idea della necessità di ridurre le emissioni di CO2. Secondo Hansen, è vitale rientrare sotto le 350 parti per milione di CO2 altrimenti rischiamo di mandare tutto il sistema climatico fuori equilibrio causando danni incalcolabili.

Inizialmente, era stato annunciato anche l'intervento di Ugo Bardi per Milano il 2 Dicembre - purtroppo però ho dovuto dare forfait per altri impegni. Peccato, mi sarebbe piaciuto conoscere Hansen, ma sarà per un altra volta. Se voi avete modo di andarci, però, ne vale sicuramente la pena e se qualcuno ha voglia di fare un riassunto di qualcuno di questi incontri, lo pubblico volentieri su "Cassandra.



James Hansen in Italia

Il grande climatologo James Hansen sarà in Italia dall’1 al 4 dicembre, per presentare il suo libro “Tempeste, Il futuro del clima del pianeta e l’urgenza di agire”, di cui abbiamo già pubblicato qui una recensione.
In seguito sono elencati gli appuntamenti previsti.
Ho letto e curato, con Luca Mercalli, Tempeste, l’edizione italiana di “Storm of my grand children”, perché lo ritengo un libro importante, come ho scritto nell’introduzione che è riportata in seguito.
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Mercoledì 1 dicembre, dalle ore 20 alle 21, Radio Popolare Milano. Hansen intervistato da Sylvie Coyaud.
La trasmissione va in onda in diretta anche sulle altre radio del network, quindi si potrà tele-intervenire (numero telefonico 02 33.001.001, email diretta@popolarenetwork.it, SMS 331 62 14 013)
Giovedi’ 2 dicembre, ore 10.30, Politecnico di Milano. Conferenza “Il futuro del clima del pianeta e l’urgenza di agire”. Interverranno Marino Gatto e Telmo Pievani. Ci sarà un ampio spazio per il dibattito.
La locandina dell’iniziativa è disponibile qui.
Giovedi’ 2 dicembre, ore 18,30, Milano, Rotonda della Besana.
Incontro nell’ambito della mostra “2050: Il pianeta ha bisogno di te, con Telmo Pievani e Frank Raes.
Venerdi’ 3 dicembre, ore 21, Torino, Circolo dei lettori.
Conferenza: “Clima, l’urgenza di agire. La natura e le leggi della fisica non scendono a compromessi
Introduce Luca Mercalli. Intervengono Mario Salomone, Antonello Provenzale, Giovanni Paesano, Erik Balzaretti.
La locandina dell’iniziativa è disponibile qui.
Sabato 4 dicembre, Roma, ore 19, Palazzo dei Congressi, EUR.
Presentazione di “Tempeste” alla Fiera dell’editoria “Più libri più liberi“. Modera Sylvie Coyaud.

giovedì 25 novembre 2010

Un millimetro all'anno


Alcuni dati molto recenti dalle misure satellitarie segnalato da Psyorg e anche dal blog "Crisis". Misurare il livello dei mari non è cosa semplice, ma lo si fa con metodi indiretti basati sulla "trazione" gravitazionale che agisce sui satelliti, che è proporzionale alla massa che sorvolata. 


I dati sono chiari: il livello dei mari si sta alzando. Questo è causato sia dallo scioglimento dei ghiacci continentali, sia dall'aumento di temperatura dell'acqua che ne causa l'espansione. In entrambe i casi, è un effetto del riscaldamento globale.

Per ora è una cosa piccola. Le misure satellitarie (sensibili alla variazioni della massa degli oceani) ci fanno vedere un aumento di circa 1 millimetro all'anno nel periodo considerato, ovvero di circa 5 anni. Dato che lo scioglimento dei ghiacci è cosa che avviene ormai da qualche decennio, siamo a parlare di qualche centimetro di crescita negli ultimi 50 anni. Più o meno è nel range previsto dai modelli, come si vede in questa figura; presa dal rapporto 2007 dell'IPCC.




Dice Debora Billi su Crisis che "forse non è ancora ora di trasformare la nostra casa in montagna in una villetta al mare, ma il cambiamento c'è." E, infatti, è proprio questo il punto. Tutti i grandi cambiamenti cominciano piccoli - bisogna intervenire prima che diventino grandi. E ignorarne l'esistenza è ancora peggio.

giovedì 30 settembre 2010

Il clima e i nostri corpi II: "in difesa del cibo" di Michael Pollan


In un post precedente ho esaminato il problema di come sia difficile per noi gestire sistemi complessi e basati su feedback come sono il pianeta e i nostri corpi. In entrambi i casi, non ci riusciamo proprio, anzi, stiamo combinando dei veri disastri. Questo lo si vede - fra gli altri esempi - sia per l'epidemia di obesità come per il riscaldamento globale incontrollato. In questo post, esamino la cosa sulla base di un recente libro di Michael Pollan "In difesa del cibo". 


Anni fa, quando abitavo in Giappone, mi capitò di incrociare in un parco di Tokyo delle ragazze occidentali che vendevano aranciata ai passanti. Mi fermai a chiaccherare con loro e venne fuori che erano figlie di impiegati dell'ambasciata americana, che era lì vicino. Erano tutte molto orgogliose di quello che stavano facendo; dal loro punto di vista era un'espressione di iniziativa individuale e di spirito imprenditoriale.

Non mi sembra gli passasse per la testa che per i giapponesi la cosa era disdicevole; altrettanto di come sarebbe per noi mandare i nostri figli a chiedere l'elemosina al semaforo. Gli unici passanti che si fermavano erano dei giovanotti evidentemente più interessati alle ragazze che all'aranciata; tutti gli altri giapponesi erano inorriditi dallo spettacolo.

Chiaccherando con le ragazze, non mi sentii di criticarle per il loro passo falso culturale - in ogni caso non ne sarebbe venuto fuori un incidente diplomatico. Mi provai invece a far notare che - forse - la robaccia che vendevano sotto il nome di aranciata non era il massimo dal punto di vista della qualità. Non poteva esattamente far bene alla salute una roba ottenuta mischiando con acqua una polverina giallastra; sicuramente una miscela di zucchero e coloranti e aromi artificiali. Ma una di loro mi fece vedere orgogliosamente la lista degli ingredienti dicendomi, "Ma no! E' buona; non vedi che è arricchita con vitamina C?"

Questa storia mi è tornata in mente leggendo il libro di Michael Pollan "In difesa del cibo" ("In defense of food").


Il libro è ricco di spunti interessanti non solo sul cibo, ma in generale sul problema di gestirsi sistemi complessi. Per esempio, leggendo Pollan si capisce subito che il caso dell'aranciata sintetica venduta nel parco di Tokyo non è per niente un caso isolato. Sta nella categoria che lui chiama il "riduzionismo alimentare".

Di solito non mi piace la parola "riduzionismo", ma qui mi sembra appropriata. Pollan la riferisce all'abitudine dell'industria di creare cibi spogliati di tutte le loro caratteristiche migliori, per poi "rinforzarli" o "migliorarli" con l'aggiunta di qualcosa che si suppone faccia bene. Nel caso della miscela di acqua, zucchero e coloranti che passava per aranciata in quel parco di Tokyo, il fatto di aggiungere vitamina C all'orribile mistura la nobilitava in qualche modo, rendendola buona e salutare. La faccenda di "fortificare" gli alimenti con vitamine e altre cose è addirittura patologica negli Stati Uniti, ma esiste anche qui da noi. Basti pensare al pane bianco e ai supplementi di fibra alimentare che si vendono entrambi al supermercato.

Questo tipo di fissazione su un singolo elemento non è solo una pratica industriale: è un atteggiamento che gli esseri umani hanno spesso. Di fronte a un sistema complesso, tendiamo a semplificare drasticamente; il che ci porta spesso ad atteggiamenti "riduzionisti," ovvero a ridurre tutto a un solo parametro.

Nel caso dell'alimentazione, abbiamo varie teorie strampalate su cosa mangiare e cosa non mangiare. Un esempio piuttosto datato è quello di "mangiare in bianco." Ma ce ne sono di tanti assai piu moderni; a partire da quella dei santoni indiani che si nutrono di luce e di aria (e c'è chi ci crede!), la dieta della carota viola, quella del pompelmo, quella delle fave di fuca, delle rape, eccetera. (c'è veramente una dieta della carota viola, dette il "supercibo del futuro"!). Questi sono casi un po' estremi, ma evidentemente c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella dieta occidentale, come mostra l'epidemia di obesità che c'è in occidente. Pollan sostiene che questo è dovuto, perlomeno in parte, proprio all'atteggiamento riduzionista prevalente. Uno dei problemi è che l'aggiunta di "nutrienti" più o meno artificiali nobilità alimenti che fanno malissimo alla salute; come appunto la miscela di zucchero e aromi artificiali che passava per aranciata a Tokyo.

Nel suo libro, "In difesa del Cibo", Michael Pollan sostiene un approccio "integrato" oppure "sistemico" al cibo. Dice "eat food"; "mangiate cibo". Ovvero, mangiate cose che i nostri antenati avrebbero riconosciuto come tali (detta in altre parole: non mangiate niente che vostra nonna non avrebbe riconosciuto come roba che si può mangiare). La raccomandazione di Pollan è leggermente più articolata: "mangiate cibo, non troppo, più che altro verdura."  Fra le altre cose, Pollan non è vegetariano e sostiene che siamo geneticamente programmati per mangiare carne; almeno in piccole quantità - cosa che mi trova personalmente d'accordo.

Ma, a parte il fatto di essere vegetariani o no, se ci pensate un attimo lo spirito di questa raccomandazione è in pieno accordo con quella che si chiama la "dinamica dei sistemi". Se vogliamo capire come funziona un sistema, dobbiamo prenderlo tutto intero; non spezzettarlo e pretendere poi di rimetterlo insieme, come se volessimo la rana ancora viva dopo averla vivisezionata. Ovvero, c'è questa profonda verità che il "cibo" è qualcosa di più della somma dei "nutrienti" che lo compongono. Questa è la ragione per la quale non ci nutriamo di pillole, come si leggeva che avremmo fatto nella fantascienza degli anni '50.

Queste considerazioni si applicano bene anche ad altri sistemi complessi. Ci sarebbe molto da dire su come ci stiamo gestendo male il problema climatico per via del nostro atteggiamento riduzionista. L'equivalente, qui, delle varie teorie strampalate è quello di ridurre il problema (appunto, il riduzionismo) a singoli dettagli; da Eric il Rosso al vino in Inghilterra del Medio Evo, fino a considerare che l'elemento fondamentale di tutta la storia sono certi messaggi che alcuni ricercatori si scambiavano 10 anni fa. Da qui, si passa ad attribuire il cambiamento climatico a qualche fattore specifico, per esempio i vulcani, oppure alle macchie solari, o ai raggi cosmici o che altro.  (*)

E, invece, il sistema climatico è un sistema complesso che va studiato in modo scientifico, altrimenti non si capisce niente di come funziona e si fanno degli errori clamorosi - questi errori ci stanno portando al surriscaldamento planetario così come quelli dietetici portano la gente all'obesità. Il nostro pianeta, proprio come i nostri corpi, ha bisogno di un po' di rispetto e di attenzione. Va curato per quello che è, un sistema complesso e delicato che non si presta ad essere maltrattato pensando che si ripari da se. E' una di quelle cose - come il cibo - che vale di più della somma dei singoli elementi che lo compongono.

Il libro di Pollan è pieno di altri spunti interessanti. Vedrò di tornarci sopra in altri post. E' pubblicato da Adelphi in Italiano.




* Curiosamente, la mentalità riduzionista di certa gente è talmente radicata che non riescono nemmeno a capire che può esistere un atteggiamento diverso e più articolato. Ne fa fede l'accusa comunissima agli scienziati di sostenere che "soltanto il CO2" ha effetto sul clima. Non è così, basta leggersi l'ultimo rapporto dell'IPCC per capirlo.