In un post precedente ho esaminato il problema di come sia difficile per noi gestire sistemi complessi e basati su feedback come sono il pianeta e i nostri corpi. In entrambi i casi, non ci riusciamo proprio, anzi, stiamo combinando dei veri disastri. Questo lo si vede - fra gli altri esempi - sia per l'epidemia di obesità come per il riscaldamento globale incontrollato. In questo post, esamino la cosa sulla base di un recente libro di Michael Pollan "In difesa del cibo".
Anni fa, quando abitavo in Giappone, mi capitò di incrociare in un parco di Tokyo delle ragazze occidentali che vendevano aranciata ai passanti. Mi fermai a chiaccherare con loro e venne fuori che erano figlie di impiegati dell'ambasciata americana, che era lì vicino. Erano tutte molto orgogliose di quello che stavano facendo; dal loro punto di vista era un'espressione di iniziativa individuale e di spirito imprenditoriale.
Non mi sembra gli passasse per la testa che per i giapponesi la cosa era disdicevole; altrettanto di come sarebbe per noi mandare i nostri figli a chiedere l'elemosina al semaforo. Gli unici passanti che si fermavano erano dei giovanotti evidentemente più interessati alle ragazze che all'aranciata; tutti gli altri giapponesi erano inorriditi dallo spettacolo.
Chiaccherando con le ragazze, non mi sentii di criticarle per il loro passo falso culturale - in ogni caso non ne sarebbe venuto fuori un incidente diplomatico. Mi provai invece a far notare che - forse - la robaccia che vendevano sotto il nome di aranciata non era il massimo dal punto di vista della qualità. Non poteva esattamente far bene alla salute una roba ottenuta mischiando con acqua una polverina giallastra; sicuramente una miscela di zucchero e coloranti e aromi artificiali. Ma una di loro mi fece vedere orgogliosamente la lista degli ingredienti dicendomi, "Ma no! E' buona; non vedi che è arricchita con vitamina C?"
Questa storia mi è tornata in mente leggendo il libro di Michael Pollan "In difesa del cibo" ("In defense of food").
Il libro è ricco di spunti interessanti non solo sul cibo, ma in generale sul problema di gestirsi sistemi complessi. Per esempio, leggendo Pollan si capisce subito che il caso dell'aranciata sintetica venduta nel parco di Tokyo non è per niente un caso isolato. Sta nella categoria che lui chiama il "riduzionismo alimentare".
Di solito non mi piace la parola "riduzionismo", ma qui mi sembra appropriata. Pollan la riferisce all'abitudine dell'industria di creare cibi spogliati di tutte le loro caratteristiche migliori, per poi "rinforzarli" o "migliorarli" con l'aggiunta di qualcosa che si suppone faccia bene. Nel caso della miscela di acqua, zucchero e coloranti che passava per aranciata in quel parco di Tokyo, il fatto di aggiungere vitamina C all'orribile mistura la nobilitava in qualche modo, rendendola buona e salutare. La faccenda di "fortificare" gli alimenti con vitamine e altre cose è addirittura patologica negli Stati Uniti, ma esiste anche qui da noi. Basti pensare al pane bianco e ai supplementi di fibra alimentare che si vendono entrambi al supermercato.
Questo tipo di fissazione su un singolo elemento non è solo una pratica industriale: è un atteggiamento che gli esseri umani hanno spesso. Di fronte a un sistema complesso, tendiamo a semplificare drasticamente; il che ci porta spesso ad atteggiamenti "riduzionisti," ovvero a ridurre tutto a un solo parametro.
Nel caso dell'alimentazione, abbiamo varie teorie strampalate su cosa mangiare e cosa non mangiare. Un esempio piuttosto datato è quello di "mangiare in bianco." Ma ce ne sono di tanti assai piu moderni; a partire da quella dei santoni indiani che si nutrono di luce e di aria (e c'è chi ci crede!), la dieta della carota viola, quella del pompelmo, quella delle fave di fuca, delle rape, eccetera. (c'è veramente una dieta della carota viola, dette il "supercibo del futuro"!). Questi sono casi un po' estremi, ma evidentemente c'è qualcosa di profondamente sbagliato nella dieta occidentale, come mostra l'epidemia di obesità che c'è in occidente. Pollan sostiene che questo è dovuto, perlomeno in parte, proprio all'atteggiamento riduzionista prevalente. Uno dei problemi è che l'aggiunta di "nutrienti" più o meno artificiali nobilità alimenti che fanno malissimo alla salute; come appunto la miscela di zucchero e aromi artificiali che passava per aranciata a Tokyo.
Nel suo libro, "In difesa del Cibo", Michael Pollan sostiene un approccio "integrato" oppure "sistemico" al cibo. Dice "eat food"; "mangiate cibo". Ovvero, mangiate cose che i nostri antenati avrebbero riconosciuto come tali (detta in altre parole: non mangiate niente che vostra nonna non avrebbe riconosciuto come roba che si può mangiare). La raccomandazione di Pollan è leggermente più articolata: "mangiate cibo, non troppo, più che altro verdura." Fra le altre cose, Pollan non è vegetariano e sostiene che siamo geneticamente programmati per mangiare carne; almeno in piccole quantità - cosa che mi trova personalmente d'accordo.
Ma, a parte il fatto di essere vegetariani o no, se ci pensate un attimo lo spirito di questa raccomandazione è in pieno accordo con quella che si chiama la "dinamica dei sistemi". Se vogliamo capire come funziona un sistema, dobbiamo prenderlo tutto intero; non spezzettarlo e pretendere poi di rimetterlo insieme, come se volessimo la rana ancora viva dopo averla vivisezionata. Ovvero, c'è questa profonda verità che il "cibo" è qualcosa di più della somma dei "nutrienti" che lo compongono. Questa è la ragione per la quale non ci nutriamo di pillole, come si leggeva che avremmo fatto nella fantascienza degli anni '50.
Queste considerazioni si applicano bene anche ad altri sistemi complessi. Ci sarebbe molto da dire su come ci stiamo gestendo male il problema climatico per via del nostro atteggiamento riduzionista. L'equivalente, qui, delle varie teorie strampalate è quello di ridurre il problema (appunto, il riduzionismo) a singoli dettagli; da Eric il Rosso al vino in Inghilterra del Medio Evo, fino a considerare che l'elemento fondamentale di tutta la storia sono certi messaggi che alcuni ricercatori si scambiavano 10 anni fa. Da qui, si passa ad attribuire il cambiamento climatico a qualche fattore specifico, per esempio i vulcani, oppure alle macchie solari, o ai raggi cosmici o che altro. (*)
E, invece, il sistema climatico è un sistema complesso che va studiato in modo scientifico, altrimenti non si capisce niente di come funziona e si fanno degli errori clamorosi - questi errori ci stanno portando al surriscaldamento planetario così come quelli dietetici portano la gente all'obesità. Il nostro pianeta, proprio come i nostri corpi, ha bisogno di un po' di rispetto e di attenzione. Va curato per quello che è, un sistema complesso e delicato che non si presta ad essere maltrattato pensando che si ripari da se. E' una di quelle cose - come il cibo - che vale di più della somma dei singoli elementi che lo compongono.
Il libro di Pollan è pieno di altri spunti interessanti. Vedrò di tornarci sopra in altri post. E' pubblicato da Adelphi in Italiano.
* Curiosamente, la mentalità riduzionista di certa gente è talmente radicata che non riescono nemmeno a capire che può esistere un atteggiamento diverso e più articolato. Ne fa fede l'accusa comunissima agli scienziati di sostenere che "soltanto il CO2" ha effetto sul clima. Non è così, basta leggersi l'ultimo rapporto dell'IPCC per capirlo.