sabato 30 gennaio 2010
Paolo Granzotto colpito nel vivo
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Ugo Bardi
Devo aver colpito davvero nel segno con i miei commenti (uno e due) ai recenti articoli di Paolo Granzotto sul riscaldamento globale. Non solo Granzotto si è sentito in dovere di rispondermi sulla sua colonna, ma anche, oggi, di dedicarmi un'altra paginata.
Granzotto ha accusato il colpo di essere stato paragonato agli oppositori di Galileo Galilei; quelli che si rifiutavano di mettere l'occhio al telescopio per verificare che Giove aveva dei satelliti e la Luna dei crateri. A questo punto, a non gli restano altro che gli insulti: l'ultima risposta di chi non ha più argomenti.
Fra le altre cose, nella sua risposta, Granzotto non menziona minimamente l'immagine dei ghiacciai svizzeri dimezzati che avevo pubblicato nel mio post a a conferma dell'esistenza del riscaldamento globale. Allora, secondo lui, sono dati taroccati dall'IPCC anche quelli?
E' non è solo un problema dei ghiacciai svizzeri - i ghiacciai in tutto il mondo si stanno ritirando con tendenze molto simili. Non è un fenomeno locale come potete vedere da questi dati per i ghiacciai dell'Himalaya:
Eh si, proprio l'Himalaya, di cui si è fatta tanta polemica strumentale in questi giorni. Forse l'IPCC ha esagerato quando ha detto che i ghiacci si scioglierano completamente nel 2035, ma non c'è dubbio che i ghiacci si stanno sciogliendo. Non avete bisogno di dati sulle temperature: lo vedete con i vostri occhi nella foto. E se il ritiro dei ghiacci non è causato dal riscaldamento globale, da cosa? Con buona pace dei negazionisti, la terra si sta scaldando per davvero.
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Da Il Giornale del 30 Gennaio 2010
Caro Paolo, ti avverto che Bardi è tornato alla carica e sul suo bloghetto ti manda a dire: «Ahimé, nella sua risposta, il povero Granzotto non riesce a far di meglio che aggrapparsi alla leggenda del giorno. Secondo lui, gli “unici dati” sono “quelli del famigerato IPCC” (curiosamente scritto “Ipcc”). Eh, no: queste sono proprio panzane. L’IPCC - famigerato o no che sia - non ha dati propri. Si limita a riportare i dati raccolti da migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che non sono, certamente “al suo servizio”. L’IPCC (scritto in maiuscolo) non ha la possibilità di influire sul lavoro di queste migliaia di ricercatori; non più di quanto il “tal Ugo Bardi” abbia la possibilità di influire su quello che si pubblica, per esempio, su Il Giornale». Secondo te ci è o ci fa?
Che sagoma quel Bardi (Ugo Bardi, presidente, niente meno, che dell’«Associazione per lo studio del picco del petrolio»). Con piagnucolosa scontrosità mi rimprovera anche la grafia degli acrostici. Dice che Ipcc - Intergovernmental Panel on Climate Change - debba scriversi in tutte maiuscole, IPCC. Ma lui, Fiat, Eni - acrostici di Fabbrica Italiana Automobili Torino e Ente Nazionale Idrocarburi - come li scrive? Boh. In ogni modo, i lettori che si fossero persi la puntata precedente sappiano che Bardi è di quelli che intignano, che non vogliono rinunciare all’idea di veder la Terra arrosto. Alla bella notizia che i dati «scientifici» portati a conferma (ovviamente «scientifica») del surriscaldamento globale erano tutti taroccati - l’ormai noto «climagate» - risponde che fa niente perché ci sarebbero da qualche parte altri dati «veri», «seri», che documenterebbero in modo inequivocabile il vertiginoso aumento delle temperature (come d’altronde ciascuno può constatare da sé in questi giorni di canicola invernale).
Poi, però, il Bardi scrive che l’Icpp, deputato dall’Onu, non dal Circolo dei climatologi della domenica, a far luce sui cambiamenti climatici «riporta i dati raccolti da migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che non sono certamente al suo servizio». Vero, verissimo. Sta però di fatto che elaborando quella montagna di dati sull’andamento medio delle temperature, i mammasantissima dell’Ipcc, (Michael Mann, per fare un nome a caso) si resero conto con raccapriccio che dal 1998 esso risultava stazionario con un lieve accenno alla diminuzione. In pratica, l’annunciato riscaldamento globale non era confermato dalle scrupolose misurazioni effettuate da migliaia, dicesi migliaia di tecnici, esperti, accademici, luminari, ricercatori, cultori della materia e scienziati d’ogni nazionalità (meno quei tre o quattro amici del Bardi). E allora che cosa fecero, i mammasantissima dell’Icpp (uno per tutti: il professor Michael Mann)? Con un trucchetto - il «trucchetto di Mann», appunto - diedero una sistematina ai grafici così che risultasse che il pianeta si stava riscaldando vieppiù e che dunque era fatale che presto sarebbe andato arrosto. Non è dunque l’Icpp, come sostiene il Bardi in versione Pangloss, a influire «sul lavoro di queste migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca». Sveglia, Bardi! Erano le migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che influivano sull’Iccp fino a quando l’Iccp medesima, visto che il lavoro di migliaia eccetera eccetera non si conformava ai suoi desiderata, decise di truccare le carte. Le quali, se non truccate, avrebbero rivelato che la temperatura media non si sta alzando, che i ghiacciai dell’Himalaya non si stanno squagliando e qui dove sono, in Italia, mica in Siberia, nevica che Dio la manda.
mercoledì 27 gennaio 2010
Il giorno della memoria: Shoah e Porrajmos
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Ugo Bardi
Kevin e Rusat del campo Rom di Sesto Fiorentino, impegnati al computer. Stanno imparando a navigare in Internet.
Nel giorno della memoria, ricordiamo la Shoah e tutte le altre stragi di popoli del passato. Ricordiamo anche il "Porrajmos" ("il divorare") detto anche "Kali Tras" ("il terrore nero"); la strage dei popoli Rom e Sinti nei campi di concentramento in Europa al tempo del Nazismo. Le stime vanno dai 200.000 al milione e mezzo di persone sterminate nei campi di concentramento.
Oggi, i Rom e i Sinti non hanno trovato ancora una loro collocazione nella società Europea e, purtroppo, certe cose che abbiamo sentito di recente ci ricordano il tempo del Porrajmos. Ma i tempi stanno cambiando. Come vedete nella foto; i giovani Rom non sono più nomadi, ma ragazzi che vanno a scuola e usano il computer. Si può sperare che le cose cambino per il meglio.
martedì 26 gennaio 2010
Cosa succede al collasso?
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Ugo Bardi
Interessarsi di collasso economico può avere un aspetto morboso ma, d'altra parte, ci sono delle cose che non si possono ignorare. I collassi economici ci sono e negli ultimi decenni ce ne sono stati tanti; anche di paesi che sembravano politicamente ed economicamente ben solidi.
Vi passo un pezzetto del "Washington Post" del 2002 (traduzione mia) che ci da un'idea di quello che può succedere. Questo è il caso dell'Argentina - un collasso di qualche anno fa ma che sarebbe bene non dimenticare.
Tuesday, August 6, 2002; Page A01
ROSARIO, Argentina -- La notizia si è diffusa rapidamente attraverso i grandi slum urbani che circondano Rosario. C'è cibo sull'autostrada - ancora vivo.
Un camion di bestiame si era rovesciato vicino alla città rugginosa, lasciando cadere 22 capi di vacche di razza Angus sull'autostrada spazzata dal vento. Alcune erano morte. La maggioranza ferite. Alcune stavano bene.
Una folla si è mossa da Las Flores, una città di baracche di metallo e cumuli di immmondizia che trasuda di rifugiati dal collasso finanziario di quella che era una volta la nazione più ricca di tutta l'America Latina. In pochi minuti, 600 persone affamate sono arrivate sulla scena con machete e coltelli. Improvvisamente, secondo quanto raccontano i presenti in quel giorno di Marzo, si è udito un grido.
"Ammazzate le vacche!" ha urlato qualcuno. "Prendete quello che potete!"
Si sono tirati indietrogli impiegati della ditta del trasporto bestiame che cercavano di recuperare il salvabile. E il macello ha avuto inizio. L'odore del sengue, di morte e di carne fresca ha riempito l'autostrada. Le vacche si lamentavano mentre venivano fatte a pezzi senza criterio da gruppi di uomini, donne e bambini. C'erano lotte per pezzi di carne sanguinanti.
"Mi sono guardato in giro e ho visto gente che si portava via zampe di mucca, teste e organi. Non potevo credere ai miei occhi," dice Alberto Banrel, 43 anni, che ha lavorato nell'edilizia fino al Gennaio scorso, quando si è scoperchiata la voragine economica dopo che l'Argentina ha sofferto la peggiore crisi di debito estero nella storia del mondo e una pesante svalutazione della moneta.
"Eppure ero li', col mio coltello insanguinato e un pezzo di carne,", dice Banrel. "Mi sono sentito come se fossimo diventati un branco di animali selvaggi..... come i pirana che si vedono su Discovery Channel. La nostra situazione ci ha fatto diventare così."
Vi passo un pezzetto del "Washington Post" del 2002 (traduzione mia) che ci da un'idea di quello che può succedere. Questo è il caso dell'Argentina - un collasso di qualche anno fa ma che sarebbe bene non dimenticare.
Disperazione in Argentina, una volta un paese orgoglioso
Dopo il collasso economico, la profonda povertà rende la dignità una vittima.
By Anthony Faiola
Washington Post Foreign ServiceTuesday, August 6, 2002; Page A01
Si sono tirati indietro
"Mi sono guardato in giro e ho visto gente che si portava via zampe di mucca, teste e organi. Non potevo credere ai miei occhi," dice Alberto Banrel, 43 anni, che ha lavorato nell'edilizia fino al Gennaio scorso, quando si è scoperchiata la voragine economica dopo che l'Argentina ha sofferto la peggiore crisi di debito estero nella storia del mondo e una pesante svalutazione della moneta
domenica 24 gennaio 2010
Paolo Granzotto continua a rifiutarsi di mettere l'occhio al telescopio
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Ugo Bardi
In un post precedente, avevo criticato Paolo Granzotto paragonando il suo atteggiamento riguardo al riscaldamento globale a quello degli oppositori di Galileo Galilei. Ai quei tempi, c'era chi si rifiutava di guardare dentro il telescopio e negava le scoperte di Galileo soltanto sulla base dei loro arzigogoli filosofici. Allo stesso modo, Granzotto si rifiuta di prendere in considerazione i dati e nega il cambiamento climatico sulla base dei propri arzigogoli mentali.
Ahimé, nella sua risposta, il povero Granzotto non riesce a far di meglio che aggrapparsi alla leggenda del giorno. Secondo lui, gli "unici dati" sono "quelli del famigerato IPCC" (curiosamente scritto "Ipcc"). Eh, no: queste sono proprio panzane. L'IPCC - famigerato o no che sia - non ha dati propri. Si limita a riportare i dati raccolti da migliaia di ricercatori indipendenti e centri di ricerca che non sono, certamente "al suo servizio". L'IPCC (scritto in maiuscolo) non ha la possibilità di influire sul lavoro di queste migliaia di ricercatori; non più di quanto il "tal Ugo Bardi" abbia la possibilità di influire su quello che si pubblica, per esempio, su "Il Giornale."
Insomma, Granzotto continua a basarsi sull'ideologia, rifiutandosi di guardare dentro il telescopio climatico. Ma, alla fine, la scienza di Galileo l'ha avuta vinta e lo stesso succederà per la scienza del clima.
Devo dire però anche qualcosa a favore di Granzotto che, perlomeno, non rifiuta il confronto. In questo tipo di dibattiti, la strategia fondamentale è quella di far sparire l'avversario nell'invisibilità mediatica; ignorandolo. Questo, Granzotto poteva farlo facilmente sfruttando il potere mediatico del "Giornale" che è infinitamente superiore a quello del blog del "tal Ugo Bardi". Granzotto, se non brilla per competenza, peraltro dimostra un certo coraggio. Onore al merito!
Non c'è dubbio, in effetti, che ci vuole un gran coraggio a sostenere che il mondo non si scalda di fronte all'evidenza. Per esempio, questo francobollo che illustra il ritiro dei ghiacciai; emesso dalle poste svizzere (e non dall' "Ipcc"!)
(Ringrazio Leonardo Libero per la segnalazione dell'articolo di Granzotto e per l'immagine del francobollo delle poste svizzere)
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Ecco l'articolo di Granzotto pubblicato su Il Giornale di sabato 23 gennaio 2010
Il global warming sta cuocendo nuove «bufale»
di Paolo Granzotto
Caro Granzotto, un amico mi ha riportato questa battuta: «tranquilli, del riscaldamento globale si tornerà a parlare in luglio». Ma è poi una battuta?
e-mail
Da come si stanno mettendo le cose è probabile che sì, resterà una buona battuta di spirito. Non credo infatti che al disgelo gli sciamani del global warming rialzeranno la cresta e, approfittando del solleone, la rimenino col surriscaldamento climatico. Essi temono d’esser presi a pernacchie, come capita già da adesso (gli Usa sono sempre all’avanguardia) al loro idolo Al Gore, incessantemente sbertucciato da stampa e tivvù di un’America sepolta sotto una coltre di neve, attanagliata da temperature polari. La verità è, caro Mascielli, che «è sempre più sottile il ghiaccio su cui camminano i climatologi», come scriveva la brava Elena Dusi sulla Repubblica (quotidiano che ha sposato, ma forse converrebbe dire che sposò, la visione apocalittica del pianeta che sta finendo arrosto). Ghiaccio che finirà presto per cedere, sprofondando negli abissi del ridicolo il global warming, i suoi sostenitori e i fanatici adepti della religione ambientalista, degli adoratori di Gea, la Terra Madre. Prima lo scandalo del climagate, la più grande truffa scientifica dai tempi di Cagliostro, con le famose e-mail che i climatologi si scambiavano per concordare aggiustamenti, ritocchi e tarocchi ai rilevamenti delle temperature medie, alzandole di qualche grado per conformarle alla favola del riscaldamento globale. Poi la storia dei ghiacciai dell’Himalaya che secondo il Rapporto dell’Ipcc, il comitato dell’Onu che si occupa dei cambiamenti climatici, si sarebbero sciolti del tutto entro il 2030. Una balla grande come una casa che tuttavia fruttò all’Ipcc il Nobel e fece piangere di dolore e di rabbia Al Gore, smentita dallo stesso capo del comitato, il miliardario indiano Rajendra Pachauri.
Da come si stanno mettendo le cose è probabile che sì, resterà una buona battuta di spirito. Non credo infatti che al disgelo gli sciamani del global warming rialzeranno la cresta e, approfittando del solleone, la rimenino col surriscaldamento climatico. Essi temono d’esser presi a pernacchie, come capita già da adesso (gli Usa sono sempre all’avanguardia) al loro idolo Al Gore, incessantemente sbertucciato da stampa e tivvù di un’America sepolta sotto una coltre di neve, attanagliata da temperature polari. La verità è, caro Mascielli, che «è sempre più sottile il ghiaccio su cui camminano i climatologi», come scriveva la brava Elena Dusi sulla Repubblica (quotidiano che ha sposato, ma forse converrebbe dire che sposò, la visione apocalittica del pianeta che sta finendo arrosto). Ghiaccio che finirà presto per cedere, sprofondando negli abissi del ridicolo il global warming, i suoi sostenitori e i fanatici adepti della religione ambientalista, degli adoratori di Gea, la Terra Madre. Prima lo scandalo del climagate, la più grande truffa scientifica dai tempi di Cagliostro, con le famose e-mail che i climatologi si scambiavano per concordare aggiustamenti, ritocchi e tarocchi ai rilevamenti delle temperature medie, alzandole di qualche grado per conformarle alla favola del riscaldamento globale. Poi la storia dei ghiacciai dell’Himalaya che secondo il Rapporto dell’Ipcc, il comitato dell’Onu che si occupa dei cambiamenti climatici, si sarebbero sciolti del tutto entro il 2030. Una balla grande come una casa che tuttavia fruttò all’Ipcc il Nobel e fece piangere di dolore e di rabbia Al Gore, smentita dallo stesso capo del comitato, il miliardario indiano Rajendra Pachauri.
Eppure, le tremende mazzate alla credibilità della sala comando del riscaldamento globale sembra non turbino le coscienze dei più cocciuti fra coloro che quella bufala abbracciarono con fideistico entusiasmo. Essi seguitano a ripetere la stessa litania e cioè che stando ai dati raccolti «il riscaldamento del clima è inequivocabile e sta avvenendo a ritmi molto sostenuti» (il virgolettato è di Giampiero Maracchi, professore di climatologia all’Università di Firenze). Chi, rabbrividendo dal freddo, rifiuta di crederci viene poi liquidato come «negazionista», cioè individuo indegno, colpevole di mortale peccato civile. Come fa, a esempio e chiamandomi in causa, un tal Ugo Bardi, presidente, niente meno, che della «Associazione per lo studio del picco del petrolio». Anche il Bardi è di quelli che insistono nell’affermare che «i dati veri, documentabili, pubblicati su riviste internazionali» parlano chiaro confermando che fa caldo, sempre più caldo. Ma quali sarebbero questi dati «veri»? Gli unici a far testo, gli unici a far aggio sono quelli del famigerato Icpp che ha al suo servizio migliaia - dicesi migliaia - di scienziati e di «esperti» i quali si dedicano solo ed esclusivamente a controllare l’andamento climatico. Ed è sulla base dei dati e dei rapporti dell’Ipcc, non di altri, che fu lanciato l’allarme, decretata l’emergenza per il surriscaldamento del pianeta, formulato il Protocollo di Kyoto e concordata la road map della recente conferenza di Copenaghen. Bene, quei dati sono risultati falsi. Quei rapporti (dove si leggeva che in base a rilevamenti scien-ti-fi-ci i ghiacciai dell’Himalaya avevano gli anni contati) sono risultati inattendibili se non proprio fraudolenti. E chi sostiene il contrario è un negazionista, ecco che cos’è.
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venerdì 22 gennaio 2010
A John Tomlinson il premio spazzatura per il peggior articolo sul clima del 2009
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Ugo Bardi
Il premio spazzatura (Christopher Brook Award) è stato assegnato quest'anno da Georger Monbiot a John Tomlinson per il suo articolo che contiene la maggior densità di falsità mai concentrate in un articolo scritto da mano umana.
Siamo a un livello di 38 falsità o distorsioni su un articolo di poco più di 800 parole. Ovvero, una falsità ogni 21 parole. Non ve le sto a elencare tutte, vi ci potete divertire da voi. Solo per curiosità, ne cito alcune delle più clamorose. Per esempio, "La Terra è stata molto più calda di oggi nei passati 10.000 anni", "Secondo la NASA gli anni 1930 sono stati i più caldi del secolo e ancora oggi siamo sotto quella temperatura", "Come capo del GISS Hansen determina personalmente i valori delle temperature pubblicate", "I dati dell'università dell'Alabama non supportano assolutamente la teoria del riscaldamento globale", eccetera, eccetera, eccetera
Un record che probabilmente nemmeno i nostri negazionisti più sfegatati riescono a raggiungere. Va detto, però, i vincitori del premio "a qualcuno piace caldo", Gaspari e Cascioli, hanno fatto niente male anche loro in termini di falsità e bugie climatiche.
Nel seguito vi passo il testo dell'articolo di Tomlinson del 29 Marzo 2009. E' veramente notevole e se qualcuno avesse voglia di tradurlo in Italiano e di commentarlo forse ne varrebbe la pena per il puro gusto dell'orrore.
Rimane però la domanda fondamentale: Cosa deve avere nella testa una persona per scrivere una cosa del genere? Ci crede davvero? Sghignazza dentro di se per come prende in giro la gente? Si frega le mani per i soldi che gli danno? Mah?
Ma la cosa che fa impressione e che nel "dibattito" a gente così viene dato lo stesso spazio - e forse di più - che agli esperti di clima. Come diavolo facciamo a prendere delle decisioni serie in questo modo? C'è qualcosa di profondamente sbagliato nell'universo.....
Siamo a un livello di 38 falsità o distorsioni su un articolo di poco più di 800 parole. Ovvero, una falsità ogni 21 parole. Non ve le sto a elencare tutte, vi ci potete divertire da voi. Solo per curiosità, ne cito alcune delle più clamorose. Per esempio, "La Terra è stata molto più calda di oggi nei passati 10.000 anni", "Secondo la NASA gli anni 1930 sono stati i più caldi del secolo e ancora oggi siamo sotto quella temperatura", "Come capo del GISS Hansen determina personalmente i valori delle temperature pubblicate", "I dati dell'università dell'Alabama non supportano assolutamente la teoria del riscaldamento globale", eccetera, eccetera, eccetera
Un record che probabilmente nemmeno i nostri negazionisti più sfegatati riescono a raggiungere. Va detto, però, i vincitori del premio "a qualcuno piace caldo", Gaspari e Cascioli, hanno fatto niente male anche loro in termini di falsità e bugie climatiche.
Nel seguito vi passo il testo dell'articolo di Tomlinson del 29 Marzo 2009. E' veramente notevole e se qualcuno avesse voglia di tradurlo in Italiano e di commentarlo forse ne varrebbe la pena per il puro gusto dell'orrore.
Rimane però la domanda fondamentale: Cosa deve avere nella testa una persona per scrivere una cosa del genere? Ci crede davvero? Sghignazza dentro di se per come prende in giro la gente? Si frega le mani per i soldi che gli danno? Mah?
Ma la cosa che fa impressione e che nel "dibattito" a gente così viene dato lo stesso spazio - e forse di più - che agli esperti di clima. Come diavolo facciamo a prendere delle decisioni serie in questo modo? C'è qualcosa di profondamente sbagliato nell'universo.....
John Tomlinson |
Global warming (GW) alarmists love to rant. But one question always shuts them up: What is the correct temperature for Earth? For most of the last 10,000 years, Earth was much warmer than today. Was the earth wrong? Even a 1,000 years ago it was much warmer. Was the Earth wrong to be so warm? About 1300 A.D., Earth entered the "Little Ice Age." Temperatures plunged until 1850, then rose, peaking in 1934. According to NASA, the 1930s was our warmest decade in the 20th century. We're still below that temperature. Next, a sharp cooling trend began, bottoming in 1979. This produced the now infamous "ice age" scare. GW alarmists always start their numbers from this bottom because temps rose until 1998, before dropping once again. Now, 11 years later, that bounce is almost gone. How do we know? The whole GW argument hinges on which temperature source you quote. Many climatologists believe the University of Alabama-Huntsville is the world's foremost temperature monitoring source because it uses satellite scanning, as opposed to ground stations. Its data absolutely do not support GW theory -- which it openly admits. It's the other global temperature monitoring source, the Goddard Institute of Space Studies (GISS), that started the scare. In 1988, testifying before Congress, Dr. James Hansen, head of GISS and an expert in computer modeling, said CO2 production was destroying Earth. Hansen used his position over the next 10 years to scare everybody. Enlisting Al Gore and his Hollywood minions, they brought fear to the hearts and minds of women and children everywhere. Here's how: As head of GISS, Hansen personally determines the temperature numbers they publish. Incredibly, he refuses to say how he got them. Nevertheless, two Canadians, Stephen McIntyre, a mathematician, and environmental economist Ross McKitrick, decided to check. They first achieved fame in 2004 by completely discrediting Michael E. Mann, famous for creating the "hockey stick"-shaped temperature graph Gore used to scare the bejesus out of people. Mann also refused to reveal his methodology. So McIntyre and McKitrick retro-engineered it from raw data. According to MIT's Technology Review, Mann crunched his numbers using Principal Component Analysis and improperly normalized the data. From there, they discovered that his approach can't make anything but hockey sticks! Did you know Gore's key GW "fact" was completely destroyed five years ago? No, because to this day, the mainstream media won't mention it. Fortunately, Canadians know their hockey sticks! Riding that success, McIntyre and McKitrick took on Hansen's data to see if maybe he made any mistakes. Sure enough, he did. On Aug. 8, 2007, NASA announced these guys had found a gaping flaw in Hansen's numbers. The error was huge: .8 degrees Celsius annually. To put this error into context, the entire GW scare is over a net rise of .6 degrees Celsius in the 20th century. Once NASA re-did Hansen's numbers, 1934 became our hottest year and 1998 only a secondary peak. But Hansen's embarrassment hasn't ended. McKitrick, assistant professor at Guelph University, published a study on GISS data collection in the Journal of Geophysical Research-Atmospheres in 2007. He found GISS, which relies on surface measures, overstated warming by "about half" due to a laundry list of collection errors. Interestingly, GISS lost about 50 percent of its stations after the U.S.S.R. fell in the early 1990's. As those stations were replaced with computer simulations, Hansen's "new" numbers began to show a huge acceleration in global warming. Today, the vast majority of GISS sites are in the U.S. Computer guestimates cover outlying areas, particularly across continents such as Africa and South America, where data collection is almost nonexistent. GISS' biggest problem however, is this: Water covers 70 percent of Earth's surface. Because GISS relies on surface stations, its ocean coverage is abysmal. NASA oceanographer John Willis found that ocean temperatures have been falling since at least 2003. GISS had no idea. Now, it turns out, even GISS can't find any GW whatsoever in the Southern Hemisphere. Imagine, 70 percent of Earth's surface temperature dropping sharply, and the global warming geniuses didn't have a clue. That's why so many scientists, meteorologists and climatologists fight GW dogma. Nobody even knows if the earth's temperature is wrong. Maybe earth is readjusting, moving back up to its average for the last 10,000 years. GW is all about confiscating wealth and power. While Gore makes millions of dollars selling carbon credits and Hansen gets monster grant money, we lose our freedom, e.g., Congress passed a law making it illegal (in five years) to use incandescent lightbulbs because they cause GW. That's how we're slowly losing our freedom: chancing prison for using politically incorrect light bulbs. Will people risk jail time putting up Christmas lights inside and out? If not, that tradition is gone. Truly, the world isn't getting warmer, but it's definitely getting darker |
giovedì 21 gennaio 2010
Obama nega di essere un rettile alieno. Rifiuta di sfilarsi il suo strato facciale per provarlo
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Ugo Bardi
Da "Aragoste arboree" (cliccare sulla figura per ingrandire)
- Tutto quello che chiediamo è che il concetto dell'origine intelligente dei fulmini sia insegnato a scuola insieme alla "teoria della scarica elettrica"
- Ora, non stiamo dicendo che sia il Dio Thor di per se. Potrebbe essere qualsiasi forma di intelligenza con una barba rossa e un grosso martello.
LOX news: Obama nega di essere un rettile alieno. Rifiuta di sfilare il suo strato facciale per provarlo
- OK - guarda. Tuoni e fulmini sono causati da processi naturali ben noti. L'evidenza che lo supporta è schiacciante. Non ci sono scienziati credibili che lo negano.
- Abbiamo una lista di 400 PhD che non sono daccordo con te su questo punto.
- Ho visto la lista. Nessuno di questi 400 ha un dottorato in campi di alcuna rilevanza. La metà di loro ha preso il dottorato all'università del Valhallismo, che tu stesso paghi.
LOX news. Sondaggio. L'85% delle ragazze che hanno gravidanze minorili ha visto il film di Harry Potter.
- Campi rilevanti? E' così che imbrogliano il pubblico! Censurando le teorie che si oppongono e insegnando soltanto la loro versione della verità
- Tu non hai una teoria. Hai soltanto una vecchia storiella che hai ritirato fuori e rispolverato.
- Vedi? Vedi come mi stanno censurando?
LOX News. Il Canada ha petrolio. Sostiene di non ospitare terroristi.
- Guarda, Lox News, non è necessario dare spazi uguali a tutti gli strampalati che non sono daccordo con la realtà. Sapete, non tutti i punti di vista sono uqualmente meritevoli. Fare finta che sia così soltanto per aumentare gli indici vi mette in cattiva luce e fa un cattivo servizio al pubblico
- Censura!
- Ma stai zitto!
- Vedi?
Lox News: L'imbroglio del riscaldamento globale: trovato ghiaccio al polo sud.
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Nota: c'è in questa striscia un gioco di parole intraducibile fra "Fox News" e "Lox News" dove "Lox" in Inglese vuol dire "salmone affumicato"
martedì 19 gennaio 2010
Le tre leggi dell'incompetenza
Posted by
Ugo Bardi
Questo post ha avuto origine l'anno scorso, quando ho notato un comunicato del presidente dell'autorità per la concorrenza pieno di errori elementari, fino addirittura a sbagliare il numero di litri che stanno in un barile di petrolio (qui il mio commento). Come è possibile, mi sono chiesto, che il presidente di un ente di una certa importanza non si preoccupi di verificare - o di far verificare - i dati di un comunicato che spedisce in tutta Italia? Da qui, è nata una riflessione generale sul problema dell'incompetenza, che - mi sto rendendo conto - è uno dei più gravi che ci troviamo di fronte oggi
Si deve a Laurence J. Peter quello che è stato forse il primo studio approfondito sull'incompetenza. Questo lo portò a enunciare il "principio di Peter" che si può esprimere come "ogni impiegato viene promosso fino a raggiungere il proprio livello di incompetenza". In altre parole, Peter sostiene che una persona competente a un certo livello finisce per salire i gradini aziendali fino a raggiungere un livello in cui non è più competente. Lì rimane e nessuno lo promuove ulteriormente. Secondo Peter, questo spiega la diffusa incompetenza che tutti riscontriamo a tutti i livelli delle organizzazioni: aziendali, statali, militari, sportivi, ecc.
Ci sono degli elementi di verità nel principio di Peter che, tuttavia, parte da assunzioni difficilmente sostenibili. La prima è che più o meno tutti siano competenti in qualcosa, la seconda è che le organizzazioni siano in grado di riconoscere e premiare la competenza. Questo può essere vero in certi casi, ma l'esperienza comune mostra che non lo è in termini generali. L'incompetenza è molto più diffusa e "sistemica" di quanto il principio di Peter possa far supporre.
Mi proverò allora a esprimere dei principi di incompetenza più generalizzati e - credo - più aderenti alla realtà. Dopo molto ragionamento, sono arrivato a condensarli in tre principi piuttosto lapidari, ove il lettore potrà o non potrà riconoscere la sua quotidiana esperienza. Io ci riconosco la mia.
I principi li riassumo qui all'inizio per poi descriverli in dettaglio. Uso il termine "vero incompetente" per indicare i casi cronici e tragici, da distinguersi da condizioni transitorie di qualcuno che si trova nella fase di apprendimento di qualcosa di nuovo.
- Il vero incompetente non si rende conto di esserlo (legge dell'idiota giulivo)
- Il vero incompetente è incompetente in quasi tutto quello che fa (legge delle braccia rubate all'agricoltura)
- Il vero incompetente fa dei danni enormi (legge di Chernobyl)
Prima legge: Il vero incompetente non si rende conto di esserlo. (legge detta "dell'idiota giulivo")
Questa di non rendersi conto della propria condizione è una delle caratteristiche fondamentali dell'incompetente, ovvero quella di essere un idiota giulivo. La legge non richiede veramente dimostrazione: è auto-evidente. Se l'incompetente si rendesse conto di esserlo, farebbe qualcosa per migliorarsi oppure abbandonerebbe il tentativo di fare quello che fa. Invece, il vero incompetente continua allegramente nella sua azione distruttiva per se stesso e per chi gli sta intorno essendo del tutto incapace di diagnosticare la propria incompetenza. Se vogliamo, possiamo dire che l'incompetente è affetto dalla sindrome di Dunning-Kruger; due ricercatori che hanno verificato sperimentalmente il fatto che i meno abili in qualche specifico test erano quelli che consistentemente si reputavano i più abili.
Ci possiamo domandare come si sviluppi questa condizione di incompetenza non percepita. Su questo, vedremo nelle due leggi che seguono alcuni corollari che danno all'idiota giulivo alcuni vantaggi adattativi che ne hanno consentito la persistenza nel pool genetico umano. In particolare, l'incompetente spesso maschera bene la propria insufficiente competenza non solo a se se stesso ma anche a chi lo circonda. Spesso, in effetti, l'incompetente è molto aggressivo nelle sue manifestazioni e questo viene a volte scambiato per sicurezza e - quindi - competenza. Ci vuole un certo tempo per determinare il grado di incompetenza di una persona e questo - spesso - lo possono fare soltanto persone veramente competenti; che purtroppo scarseggiano. Questo permette al vero incompetente di sopravvivere e prosperare, perlomeno per un certo tempo.
Ci sono tantissimi casi che possono servire da esempio per questa legge. Quello che ho citato nell'introduzione ne è uno lampante; ovvero come il presidente dell'autorità della concorrenza abbia emesso e firmato un comunicato contenente errori elementari, fra i quali financo quello del numero di litri di petrolio che stanno in un barile. Evidentemente, non ha ritenuto necessario verificare o far verificare i dati - il marchio classico dell'incompetente è proprio questo: la sicurezza di se.
Da questa legge, segue un corollario interessante e anche utile: "il vero incompetente si può riconoscere dal fatto che non ha dubbi sulla propria competenza," o anche "il vero incompetente lo è in modo aggressivo". Questo stesso corollario si può esprimere forme complementari come "la persona competente ha dei dubbi" e "la persona competente è disposta anche ad ascoltare le ragioni degli incompetenti". Combinate insieme, questi corollari producono la ben nota massima "non metterti a discutere con un imbecille, chi ti sta intorno potrebbe non capire la differenza"
Seconda legge: il vero incompetente è incompetente in tutto quello che fa (legge detta "delle braccia rubate all'agricoltura")
Questa seconda legge fondamentale deriva dalla prima. Se l'incompetente non è in grado di determinare la propria incompetenza in un certo campo, è poco probabile che lo possa fare in altri campi. Ne consegue che la sua incompetenza è a vasto raggio e omnicomprensiva.
Non che l'incompetente non possa essere ragionevolmente competente in qualche specifico compito; posto però che questo sia semplice, ripetitivo e non richieda di adattarsi a condizioni variabili - appunto come il mestiere del contadino. In questo caso, l'incompetente può perseverare per tempi molto lunghi a fare cose anche moderatamente utili (per esempio, rivoltare la dura zolla nei campi). Oppure, può operare in cose pochissimo utili ma non dannose (per esempio timbrare i francobolli in qualche ufficio postale). Infine, può operare causando danni perlomeno circoscrivibili ad ambienti limitati (per esempio, il pusher di droga).
Persino in mestieri giudicati necessari di una certa competenza - per esempio il chirurgo - l'incompetente può sopravvivere senza fare grossi danni finchè si limita a operazioni ripetitive e che non divergono da quello che è comunemente accettato come quello che si dovrebbe fare - tipo rimuovere un'appendice. Se, peraltro, un oncologo incompetente fa danni limitati finché si limita a prescrivere cure comunemente accettate per i tumori; ne fa di immensi al momento in cui esce dal seminato e si convince - per esempio - che il cancro si cura col bicarbonato di sodio.
Nella storia umana, il vero incompetente è sopravvissuto a lungo in mestieri come quello di bracciante agricolo, dove essere intelligente e farsi delle domande sulla propria competenza è una dote sicuramente inutile, molto probabilmente negativa. In un certo senso, la competenza del contadino si esplicità proprio sull'incompetenza a fare cose che non siano ripetitive e molto semplici. Certo, non tutti i contadini erano così; ma i contadini intelligenti non erano favoriti in nessun modo. Le rivolte dei contadini di una volta erano probabilmente iniziate da persone che si facevano domande. Ma quasi sempre queste rivolte finivano male e i promotori venivano impiccati. Questo portava probabilmente a una pressione selettiva per eliminare quei contadini che si ponevano domande. Nel mondo complesso di oggi, tuttavia, le qualità che facevano un buon bracciante agricolo fanno un pessimo manager.
Da questa legge seguono alcuni corollari, uno dei quali è "il vero incompetente si può riconoscere in cucina" ovvero, presumendo che sia incompetente in tutto, farà in casa propria gli stessi danni che fa in ufficio - a meno che non si limiti a compiti, anche qui, estremamente limitati e ripetitivi. L'incompetente può anche riuscire a cucinare una decente pasta al pomodoro, ma non chiedetegli di fare lo chef.
Il corollario si può esprimere anche come "La persona competente si riconosce dai suoi hobby" Spesso, infatti, le persone competenti raggiungono dei livelli di eccellenza anche al di fuori del loro lavoro ufficiale.
Terza legge: l'incompetente è la persona più pericolosa che esista (detta "la legge di Chernobyl")
Questo effetto micidiale dell'incompetenza deriva da una combinazione delle leggi precedenti. Il fatto che l'incompetente riesca spesso a mascherare bene la propria incompetenza (prima legge) fa si che venga promosso a livelli anche molto alti nelle amministrazioni pubbliche, come pure in quelle private. A questo livello, sono necessarie capacità adattative che il vero incompetente non possiede (seconda legge) e che cominciano a rivelarsi anche pubblicamente. Ne segue la terza legge che fa si che l'incompetente sia in grado di fare danni immensi.
La legge deriva dall'esperienza di Chernobyl, dove un incompetente o un gruppo degli stessi si è messo (o si sono messi) a fare "esperimenti" con una centrale nucleare. Cosa che non è bene fare in generale, ma soprattutto non è bene che sia fatta da degli incompetenti. D'altra parte, l'esperienza di Chernobyl ci dimostra anche un ulteriore corollario delle tre leggi dell'incompetenza; ovvero che "gli incompetenti sono presenti ovunque" che, alla fine dei conti, è un caso particolare della legge di base di Murphy, ovvero "Se qualcosa può andar male, andrà male sicuramente". Applicate al caso di Chernobyl, queste leggi spiegano molte cose - incluso il fatto che non esisterà mai una centrale nucleare "incompetent-proof".
Dove l'incompetenza si manifesta in modo tale da far rifulgere il valore della terza legge è nel caso del cambiamento climatico o riscaldamento globale.
Qui vediamo dei casi da manuale di incompetenza aggressiva, dove persone che sono passabili veterinari o discreti archeologi si improvvisano climatologi - ovviamente incompetenti - che tuttavia pretendono aggressivamente di negare il ruolo umano nel cambiamento, o addirittura di negare lo stesso cambiamento. Ne seguono squallidi dibattiti dove vediamo l'effetto della seconda legge, ovvero vediamo persone competenti in campo climatico che si mettono a dibattere con persone del tutto incompetenti, ma molto aggressive.
Il risultato di questi dibattiti non è solamente squallido ma obbedisce alla terza legge; ovvero rischia di creare danni immensi. Un incompetente nella centrale di controllo di un impianto nucleare non può fare danni molto superiori a quello di rendere inabitabile un area di qualche decina di migliaia di chilometri quadrati. Ma gli incompetenti climatici rischiano di fare ben di peggio; ovvero scassare mezzo pianeta o un pianeta intero con danni immensi a tutta l'umanità. Qui, vediamo come in effetti le leggi dell'incompetenza siano consistenti con le "leggi della stupidità espresse dal compianto M. Cipolla che in questo caso si leggono: "l'incompetente climatico è la persona più pericolosa che esista"
sabato 16 gennaio 2010
La pseudoscienza è un tumore virtuale
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Ugo Bardi
Tullio Simoncini, ex-oncologo, proclama dal 1999 di essere in grado di curare il cancro con il bicarbonato di sodio e la tintura di iodio. Espulso dall'ordine dei medici nel 2003 è stato anche condannato per truffa e omicidio colposo. Ciononostante, continua a propagandare il suo trattamento e a metterlo in pratica sulle persone.
In questi giorni mi è capitato di esaminare il caso di Tullio Simoncini, quello che cura il cancro con il bicarbonato di sodio. Vedete un suo filmato qui sopra. Sono 22 minuti - un tempo lunghissimo per chi naviga su internet. Però, se riuscite a spenderci sopra questi venti minuti, lo troverete una cosa estremamente interessante in termini di comunicazione, percezione, credulità e pseudo-scienza.
Fate caso alle vostre sensazioni mentre guardate il film. Se, come me, siete una persona che non ha grandi conoscenze in oncologia, non vi fa l'impressione che Simoncini abbia ragione? Non potrebbe essere davvero che la medicina "ufficiale" abbia preso un abbaglio clamoroso? Che i medici abbiano scambiato la causa con l'effetto, che il fungo chiamato candida non sia un'infezione opportunistica ma sia la causa del cancro - anzi - esso stesso il cancro? Che tutta l'immenso ambaradan di cliniche, ospedali, chemioterapia, radioterapia, eccetera sia soltanto una manovra per fare incassare cifre immense ai medici e alle case farmaceutiche?
Il caso Simoncini è interessante perchè pone il problema di come reagire di fronte a una comunicazione a prima vista sensata ma che si trova in un campo nel quale uno non ha competenze specifiche. Proviamo a considerare il film di Simoncini come un esercizio di percezione e di comunicazione. C'è sempre un fattore emotivo in queste cose. Tutti noi vorremmo che il cancro si potesse curare facilmente. Di fronte a uno che ti dice con tanta sicurezza che questo è possibile, non possiamo evitare di sentirci trascinati. Non sarebbe bello se fosse vero?
Scrollarsi di dosso questa impressione richiede un momento di riflessione. Bisogna forzarsi a ripensare alle cose come stanno - pensare che non tutto è vero quello che ci piacerebbe fosse vero. E, nel caso di Simoncini, un esame appena un po' approfondito della faccenda ti fa capire molte cose anche se non sei un oncologo.
Ricapitoliamo: Simoncini sostiene di aver trovato la cura miracolosa per il cancro: una spennellata di tintura di iodio oppure un'infusione di bicarbonato di sodio. Su cosa basa questa sua affermazione? In pratica, su una sua teoria che vuole che il cancro sia un fungo e su una processione di testimonianze di persone che affermano che sono guariti per mezzo del suo trattamento. Il tutto condito con varie accuse di complotti contro la scienza "ufficiale", i medici e le case farmaceutiche.
Qui c'è qualcosa che, decisamente, non torna. Pensateci sopra un attimo: se bastasse spennellare della tintura di iodio sui tumori cutanei per farli sparire, vi sembra possibile che nessun medico se ne sia accorto in qualche secolo di storia della medicina? E lo stesso per un'infusione di bicarbonato. Possibile che si sia dovuto aspettare Tullio Simoncini per un simile lampo di genio?
Della medicina cosiddetta "ufficiale" si possono dire tante cose negative, ma su una cosa ci sono pochi dubbi: i medici sono dei grandi empirici e usano quello che funziona. Fanno degli sbagli, certo; alle volte sono poco informati, certe volte sono dei profittatori delle sofferenze altrui - si, tutto vero, però i farmaci sono selezionati attraverso dei protocolli di test che lasciano poco spazio ai voli di fantasia. Non basta che qualcuno ogni tanto dichiari di essere guarito per dire che una cura funziona - altrimenti cosa ce ne faremmo degli ospedali? Basterebbe la piscina di Lourdes.
Com'è arrivato Simoncini alla sua idea? Che test ha fatto per determinare che un tumore è, in realtà, una massa di funghi? Che dati ha di supporto alla sua teoria? Che esperimenti ha fatto per determinare la validità della sua terapia? Soprattutto su chi li ha fatti? Qui, la cosa si fa, francamente, agghiacciante.
Ho fatto una ricerca su vari database per vedere se Simoncini ha pubblicato qualcosa sulla sua teoria su qualche rivista scientifica. Assolutamente zero. Ho cercato altre pubblicazioni sull'argomento e ce ne sono parecchie che esaminano l'effetto dell'alcalinità o acidità sui tumori. La faccenda è complessa: l'effetto di una sostanza alcalina come il bicarbonato di sodio viene descritto come favorire o inibire la crescita dei tumori a seconda delle condizioni (vedi, per esempio questa pubblicazione.)
Ma il punto è che l'idea di Simoncini non è originale e non è vero che c'è un complotto per non sperimentare il bicarbonato. I test sono stati fatti e non c'è nessuna evidenza che ci sia un effetto terapeutico del bicarbonato di sodio (o altre sostanze alcaline) sui tumori.
E allora cosa resta della cura di Simoncini? Solo tanti "casi" di gente che sostiene di essere guarita solo e soltanto mediante la sua terapia. Persone vere, senza dubbio. E anche perfettamente convinti di quello che dicono. Ma è un po' come i miracoli di Lourdes. C'è gente che ci va e torna guarita. Ma quanti? E se ci fosse gente a cui Lourdes fa peggio, metterebbero un ex-voto anche loro? E se, dopo la "guarigione", hanno una ricaduta, che fanno, ritornano a Lourdes a togliere l'ex-voto?
Un certo numero di persone che dichiarano di essere guarite non è una prova di niente se non hai qualche dato su quanti siano quelli che guariscono fra quelli trattati. E - anche su queste persone - manca ogni traccia di una storia clinica dopo le loro dichiarazioni. Come stanno, oggi? Non lo possiamo sapere perché Simoncini non si preoccupa di raccontarcelo.
Una volta che avete capito come stanno le cose, basta poca fatica per girare su internet e capire con chi abbiamo a che fare.
A proposito di Simoncini troviamo tutta la classica casistica della pseudoscienza che imperversa su Internet; dal caso degli sciachimisti a quello dei negazionisti climatici. E' sempre la stessa struttura basata su un leader carismatico la cui auto-esaltazione è a malapena mascherata da uno straterello di falsa modestia. Ci ritroviamo tutti gli stessi trucchi retorici: il disprezzo per la scienza "ufficiale" ("sono solo teorie"), l'inversione della logica ("dove sono le prove che la nostra idea è sbagliata?"), il complottismo spinto all'estremo ("è tutto per far guadagnare le industrie farmaceutiche"), la demonizzazione sistematica degli avversari ("disinformatori"), la mentalità di setta ("sono tutti contro di noi") eccetera.
E' sempre la stessa storia e c'è sempre chi ci casca. E' incredibile quanta gente operi secondo la semplice logica che chiunque si lamenti di un complotto della scienza "ufficiale" ai suoi danni abbia ragione. E' incredibile quanta gente su internet inneggi a Simoncini come un grande maestro incompreso. Incredibile quanta gente non si renda conto della leggerezza e dell'irresponsabilità con cui sta parlando di cose serie. Finchè uno straparla di scie chimiche e allunaggi inesistenti, beh, la faccenda può anche essere divertente se non si esagera. Ma qui parliamo di una malattia mortale; parliamo di gente che soffre, di gente che cerca disperatamente di salvarsi, di gente che muore.
A proposito della mentalità di chi crede in queste bufale, vi invito ad andare al minuto 14.05 del film, quando viene presentata la testimonianza della signora Patricia Gordon. Notate un dettaglio abbastanza agghiacciante in quello che dice; perché si è fidata di Simoncini? Beh, perchè, lei dice, Simoncini "non ebbe alcuna esitazione" e "fu molto professionale, molto positivo". E' un classico: il vero imbroglione si riconosce anche dalla sua estrema sicurezza e fiducia in se stesso.
A proposito della signora Gordon non possiamo fare a meno di notare che abbiamo di fronte una persona evidentemente sofferente. Lei dichiara un miglioramento, ma non la guarigione. La sua intervista è dell'agosto del 2008, cosa le è successo dopo? Non lo possiamo sapere - Simoncini non ce lo dice. Possiamo soltanto augurarle di essere stata bene, ma le sue condizioni non erano certamente buone.
E questo è il grosso problema: Che succede se uno rifiuta le cure tradizionali per fare la cura del bicarbonato? Che succede se uno trascura un tumore curabile? Aleks Falcone definisce Simoncini un "assassino a piede libero". Il meglio che si possa dire di Simoncini è che ammazza soltanto una persona per volta (vedi questo caso tragico). Gli imbecilli che ti raccontano che è soltanto il sole a causare il riscaldamento globale, invece, rischiano di ammazzarne milioni.
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Esaminando il caso Simocini, mi è tornata in mente la definizione di "meme" di Richard Dawkins. Un meme è un idea, un'entità virtuale che si comporta come un organismo reale in un sistema biologico: cresce, si riproduce e si diffonde.
In termini memetici, la pseudoscienza si può definire come un tumore virtuale che si spande in un organismo sano - che invade e soffoca la scienza vera. Ne vediamo tutte le caratteristiche di crescita incontrollata, di espansione disordinata, di metabolismo rapido. Nel caso di Simoncini queste caratteristiche le vediamo in modo particolarmente chiaro. Abbiamo un tumore virtuale nato da una cellula sana (Simoncini era originariamente un oncologo regolare). La crescita disordinata dell'attività di Simoncini ha costretto l'ordine dei medici a rimuoverlo con un vero è proprio intervento chirurgico virtuale (l'espulsione dall'ordine dei medici). Simoncini, tuttavia, si è poi comportato come una vera e propria metastasi virtuale, andando a riprodursi in altre zone del mondo, creando nuovi centri di crescita tumorale, virtuale.
Tutto questo non avviene soltanto con Simoncini, le stesse caratteristiche pseudo-tumorali le vediamo in tanti altri casi, in modo particolare nel caso della pseudo-scienza associata alla negazione dell'effetto umano sul riscaldamento globale. Avremo anticorpi virtuali a sufficienza per fermare la crescita di queste teorie pseudo-scientifiche? Speriamo di si; ma al momento siamo in grosse difficoltà a fermare la metastasi.
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Nota: dopo aver pubblicato questa nota, ho scoperto un'intervista veramente devastante fatta a Tullio Simoncini da "Striscia la Notizia"
http://www.youtube.com/watch?v=ochExQA2psY
Devastante per Tullio Simoncini, ma devastante anche per tutti noi vedere i commenti pro-simoncini al video.
giovedì 14 gennaio 2010
La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni
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Ugo Bardi
Com'è che le persone intelligenti prendono la strada sbagliata
Da "Science based Medicine", di Harriett Hall
(traduzione di Ugo Bardi)
Dalla chiropratica alla desinsibilizzazione e riprocessamento del movimento oculare (EMDR), innumerevoli praticanti che non si basano sul metodo scientifico hanno percorso la stessa discesa scivolosa. Qui vediamo la tipica progressione dall'auto-illusione iniziale allo stadio di "genio solitario" maestro delle illusioni:
Nota: questa lista di Harriett Hall si riferisce a un tale Dr. Fereydoon Batmanghelidj che curava tutte le malattie con acqua pura (proprio così!) e i cui seguaci insistono tuttora a praticare il suo metodo. Ma si applica benissimo a tante cose anche fuori dalla medicina; da quelli che hanno scoperto che il riscaldamento globale è colpa soltanto del sole a quelli che sono convinti che la CIA stia cercando di controllare i nostri cervelli per mezzo di onde elettromagnetiche. E tantissimi altri esempi....
Aggiungo al punto 13 della lista che questi qui non si limitano a scrivere libri e vendere cose. In certi casi, fanno delle vere e proprie sottoscrizioni dove invitano i gonzi a finanziare la "causa" per esempio facendosi comprare strumenti per le loro ricerche - oppure semplicemente per sostentare il grande maestro.
Da "Science based Medicine", di Harriett Hall
(traduzione di Ugo Bardi)
Dalla chiropratica alla desinsibilizzazione e riprocessamento del movimento oculare (EMDR), innumerevoli praticanti che non si basano sul metodo scientifico hanno percorso la stessa discesa scivolosa. Qui vediamo la tipica progressione dall'auto-illusione iniziale allo stadio di "genio solitario" maestro delle illusioni:
- Osserva un miglioramento inaspettato dopo un trattamento.
- Assume che sia stato il trattamento a causare il miglioramento.
- Non fa dei test di questa assunzione e non cerca di valutare altre possibili spiegazioni.
- Si dedica a trattare molti altri pazienti nello stesso modo, con apparente successo; da qui il suo errore di percezione lo porta alla conferma delle sue convinzioni.
- Il suo ego viene gratificato da pazienti riconoscenti e dalla convinzione che lui ha delle conoscenze speciali.
- Estende il trattamento a pazienti con altre diagnosi.
- Fa esercizio di immaginazione e specula a proposito di possibili meccanismi fisiologici che potrebbero essere la causa del funzionamento del trattamento.
- Generalizza, spesso proclamando di aver trovato "la singola causa di tutte le malattie".
- Cerca di convincere gli scienziati descrivendo le sue esperienze aneddotiche.
- Gli scienziati rifiutano di accettare le sue spiegazioni insostenibili e di pubblicare i suoi articoli scientificamente inaccettabili.
- Accusa l ' "establishment" scientifico di persecuzione e di soppressione di conoscienza che scalzerebbe lo status quo e aiuterebbe molti pazienti.
- Gioca la carta del genio solitario, paragonandosi spesso a Galileo o a Semmelweis.
- Scrive libri e vende cose.
Nota: questa lista di Harriett Hall si riferisce a un tale Dr. Fereydoon Batmanghelidj che curava tutte le malattie con acqua pura (proprio così!) e i cui seguaci insistono tuttora a praticare il suo metodo. Ma si applica benissimo a tante cose anche fuori dalla medicina; da quelli che hanno scoperto che il riscaldamento globale è colpa soltanto del sole a quelli che sono convinti che la CIA stia cercando di controllare i nostri cervelli per mezzo di onde elettromagnetiche. E tantissimi altri esempi....
Aggiungo al punto 13 della lista che questi qui non si limitano a scrivere libri e vendere cose. In certi casi, fanno delle vere e proprie sottoscrizioni dove invitano i gonzi a finanziare la "causa" per esempio facendosi comprare strumenti per le loro ricerche - oppure semplicemente per sostentare il grande maestro.
martedì 12 gennaio 2010
Galileo Galilei contro i negazionisti
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Ugo Bardi
Una delle scene più interessanti del "Galileo" di Bertolt Brecht è quando Galileo cerca di convincere i suoi oppositori a guardare con i loro occhi dentro il telescopio. Ma questi si rifiutano di mettere l'occhio all'oculare, preferendo credere ai loro arzigogoli filosofici. Questa scena di Brecht è una drammatizzazione di un fatto vero: ovvero che, al tempo di Galileo, molti negarono i suoi risultati su basi puramente filosofiche, senza degnarsi di esaminare i dati.
Sembra che il tempo di Galileo sia passato da un pezzo eppure, come sempre, la storia si ripete. Oggi vediamo il rifiuto di esaminare i dati sperimentali in una polemica apparsa su "Il giornale" del 12 Gennaio 2010 fra Vittorio Barale, ricercatore al Centro di Ricerca Europeo di Ispra, e Paolo Granzotto, giornalista.
Barale mette di fronte a Granzotto i dati sulle temperature del Mediterraneo: dati veri, documentabili, pubblicati su riviste internazionali. E, esattamente come aveva fatto Galileo ai suoi tempi, invita Granzotto a fargli visita; a toccare con mano gli strumenti che usa, a verificare e a documentarsi.
E Granzotto che fa? Reagisce esattamente come gli oppositori di Galileo. Si rifiuta di verificare; si rifiuta di toccare con mano. Si rifugia nelle battute di dubbio gusto ("Calma e gesso, caro Barale"); nell'argomentare su dettagli del tutto marginali ("venti o trenta, Barale?"), nell'arrampicarsi sugli specchi citando i dati che ha ripescato in un vecchio articolo su La Stampa ("Circa. Facciamo 19.6?") nel tirar fuori il complottismo più classico: le email del "climategate" che nulla hanno a che vedere con le temperature del Mediterraneo. Fra le altre cose, citando il preteso imbroglio dei ricercatori del Climate Research Unit, Granzotto da dell'imbroglione anche a Barale - che nulla ha a che fare con il climategate. In effetti, l'insulto gratuito è il rifugio di tutti gli incompetenti.
Per finire, non avendo altri argomenti a disposizione, Granzotto si rifugia nella negazione pura e semplice: "qui non si scalda un bel niente" Sembra di sentire gli oppositori di Galileo che proclamano solennemente "Le lune di Giove non esistono"
Non resta, a questo punto, che qualche equivalente moderno della Santa Inquisizione costringa i climatologi a pentirsi e negare i loro errori, pena essere messi al rogo. Vista la situazione, non sembra che ci siamo neanche tanto lontani - allora l'analogia con il caso di Galileo sarebbe veramente completa.
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Ringrazio Franco Miglietta per la segnalazione dell'articolo sul "Giornale"
domenica 10 gennaio 2010
Perché i Rom hanno tanti figli?
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Ugo Bardi
Un bel gruppetto di piccoli Rom fotografati mentre guardano la televisione nel campo di Sesto Fiorentino il giorno del Natale ortodosso, il 7 Gennaio 2010. Questi bambini sono allegri, intelligenti e in buona salute. Vanno tutti a scuola con risultati discreti.
Più conosci il mondo dei Rom, più ti sembra di fare un viaggio indietro nel tempo; di ritornare all'epoca dei nostri nonni e bisnonni. Se poi penso che una delle mie nonne ha avuto quattro figli e l'altra sei, non mi stupisce troppo che le famiglie Rom che conosco abbiano tutte almeno quattro figli; alcune cinque, e alcune anche sei (mi dicono che ce ne sono anche che ne hanno di più). Il campo Rom, fuori dall'orario scolastico, è pieno di bambini allegri e rumorosi che scorrazzano dappertutto. E' una visione alla quale non siamo abituati in una società come la nostra dove i bambini sono diventati rari.
Perché i Rom fanno tanti figli? Un motivo è una legislazione del tutto assurda che fa si che l'immigrato senza figli sia penalizzato rispetto a uno che ne ha. Ma il motivo più importante è un altro ed è che effettivamente la società Rom somiglia molto di più alla società contadina di una volta che alla nostra società industriale e, ormai, post-industriale. Un tempo, i Rom avevano trovato una loro nicchia economica in cui fornivano certi servizi ai contadini; metallurgia, cavalli e intrattenimento, che evidentemente si gestivano meglio in termini itineranti (o nomadici, se volete) che stanziali. Sparita la società contadina, i Rom non sono riusciti più ad adattarsi se non con espedienti; bloccati da barriere linguistiche, legali e culturali. La loro società è rimasta cristallizzata com'era al tempo dei contadini; un vero fossile (sociale) vivente.
Per noi, la vita ruota intorno a certe cose: il nostro lavoro, la nostra casa, i nostri risparmi, la nostra pensione. Sono cose che diamo per scontate anche se, forse, non lo sono poi così tanto. Per i Rom, la vita è molto più incerta: il lavoro è saltuario, se c'è; la casa è una baracca di legno; i risparmi sono quel poco che tengono sotto il materasso e la pensione... quale pensione? I queste condizioni, per un uomo e una donna, la famiglia è un isola in un mare in tempesta. Un posto dove trovare rifugio, risorse, e sostegno. Non è la famiglia dei caroselli: è una famiglia estesa come usava, appunto, nella società contadina. E, se non hai speranza di una pensione dallo stato, la tua sola possibilità di una vecchiaia tranquilla sta nei tuoi figli.
E' un modo di vedere le cose che è stato molto comune nel passato e lo è tuttora in molti paesi. Ma la tendenza delle società industriali e di passare quella che si chiama la "transizione demografica" che ci porta all'attuale situazione. In Italia siamo oggi a circa 1,4 figli per donna. Per i Rom, non ci sono statistiche attendibili, ma certamente è un numero molto più alto. Non che i tanti bambini dei Rom cambino qualcosa alle tendenze della popolazione italiana: i Rom sono soltanto 150.000, circa, in tutta Italia. Ma, certamente, è per il loro stesso bene che i Rom devono cercare di stabilizzare la loro popolazione in un paese già abbastanza sovrappopolato. In sostanza, devono passare anche loro attraverso la transizione demografica e, per fortuna, ci sono sintomi evidenti che è proprio quello che sta avvenendo.
Tutto cambia, e anche la società dei Rom sta cambiando. Molte ragazze Rom dicono chiaramente che non hanno nessuna intenzione di passare la loro vita a fare figli e a ramazzare la casa. C'è poi una cosa che favorisce la transizione: la scolarizzazione dei ragazzi e - soprattutto - delle ragazze. In tutto il mondo, si sa che il modo migliore per ridurre la pressione demografica sta nel dare un'istruzione alle donne. Questo è quello che sta succedendo: i giovani e le giovani Rom stanno ricevendo un'istruzione che i loro padri e i loro nonni non hanno mai avuto.
Abbiamo fatto la cosa giusta, perlomeno in Toscana, mandando i bambini Rom a scuola; alle volte anche forzandoli nonostante delle situazioni familiari che lo rendevano difficile; soprattutto per via della secolare tradizione che voleva che le ragazze non andassero a scuola. Nella media, i bambini Rom stanno facendo benino a scuola. Se continuiamo con questa politica, i Rom passeranno rapidamente la loro transizione demografica e daremo a questi ragazzi, da adulti la possibilità di dare un contributo utile alla società e a loro stessi.
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Quando si parla di bambini Rom, vengono sempre fuori le solite leggende. Quella dei Rom che "rapiscono in bambini" è una sulla quale credo non vale la pena nemmeno di soffermarci: ne hanno già tanti, cosa se ne farebbero di altri ancora? Più antipatica è la leggenda che i Rom addestrino i loro figli a diventare piccoli ladri. Ora, non è che fra i Rom manchino situazioni umane e sociali disperate; povertà estrema, alcolismo, droga, eccetera. In queste condizioni è chiaro che i bambini ne risentono; possono diventare (e diventano) dei piccoli criminali. Questo non vuol dire che la cultura dei Rom incoraggi il furto e il crimine. Assolutamente no; come in tutte le culture contadine, fra i Rom si enfatizzano virtù come l'onestà, l'integrità, il lavoro e l'amicizia. Questo è quello che si insegna ai bambini nelle famiglie Rom e nessuno al mondo vorrebbe educare il proprio figlio a diventare un ladro o un criminale.
sabato 9 gennaio 2010
Cantando dietro i paraventi
Posted by
Ugo Bardi
Esce oggi sul blog di ASPO-Italia un mio commento sul film "Cantando dietro i paraventi" di Ermanno Olmi (2003). Qui, ne riproduco una scena ("i sotterfugi di una falsa legalità") che credo valga la pena vedere e ascoltare.
Versione originale su youtube (da Subsumo channel)
Versione originale su youtube (da Subsumo channel)
giovedì 7 gennaio 2010
Gli imperi muoiono di burocrazia (II)
Posted by
Ugo Bardi
Mi ha raccontato un mio amico immigrato di quando è andato in questura a ritirare il permesso di soggiorno di sua moglie. Allo sportello, l'impiegato gli ha detto, "non è pronto, torna(*) fra venti giorni".
Uscito dall'ufficio, il mio amico ha telefonato al suo avvocato che, a sua volta, ha telefonato in questura. Ha poi richiamato il mio amico, dicendogli di ripresentarsi allo stesso posto. Allo sportello, lo stesso impiegato di prima ha stampato il permesso seduta stante e glie l'ha dato.
I danni che la società si auto-infligge con questo tipo di cose sono immensi. A titolo di esempio vi racconto un'altra cosetta che mi è successa il mese scorso.
Allora: devo portare a demolire la mia vecchia macchina. Telefono al demolitore il quale mi dice, "si, la porti pure da noi, ma - attenzione - c'è una nuova legge che dice che deve portare una visura del pubblico registro automobilistico che costa 5,45 Euro"
Chiedo se non la possono fare loro: mi dicono che, no, la devo fare io andando a uno sportello dell'ACI. Chiedo se si può fare via internet e mi dicono che non lo sanno di sicuro, ma forse si può fare. Allora mi collego al sito dell'ACI. Trovo la pagina del caso. Ti dicono che si può fare sia via internet che allo sportello e che, in entrambe i casi, costa 5.45 Euro. Inserisco i dati della mia macchina, pago i 5,45 Euro con la carta di credito, dopo di che premo "invio" e aspetto. Non succede niente.
Aspetto un po' e continua a non succedere niente. Guardo la mia posta, e non c'è niente. Telefono al numero verde dell'ACI. Trovo che si può soltanto avere informazioni sul traffico o su come farsi socio ACI. Provo a chiamare la sede centrale dell'ACI di Firenze. Sono molto gentili, ma mi dicono che di visure non ne sanno niente.
Spedisco vari messaggi all'ACI chiedendo dov'è finita la visura e aspetto qualche giorno per vedere se mi arriva una risposta. Zero totale. Dopo di che comincio a essere piuttosto innervosito. Telefono alla mia compagnia di carta di credito e gli dico di bloccare il pagamento. Almeno quei 5.45 Euro riesco a non regalarglieli; ma il tempo perso e le telefonate non me le rende nessuno.
A questo punto, non mi resta che andare fisicamente alla sede ACI più vicina per farmi fare questa benedetta visura. Lì, dopo tre quarti d'ora di coda (e mi è andata bene) e un euro di parchimetro, un'impiegata mi stampa un foglino da quattro soldi dove non c'è scritto praticamente niente. Me lo timbra e mi chiede 15 euro. "Ma su internet dice che costa 5,45 Euro" dico. Lei mi risponde "Si, se lo fa su internet, ma qui da noi ci vogliono 15 euro". Senza fiatare, le do i 15 euro e quella mi da il foglino, senza neanche darmi una ricevuta di quanto ho pagato. La sensazione nettissima è quella di aver visitato una sede della Camorra o della 'Ndrangheta o qualcosa del genere.
Come beffa finale, dopo 20 giorni (!!) dal mio tentativo di pagare la visura via internet, mi arriva dall'ACI un messaggio con la risposta alle mie proteste. Mi dicono che la visura era stata spedita al mio indirizzo email via qualcosa tipo "posta certificata". Probabilmente, il mio filtro anti-spam l'aveva immediatamente cestinata.
Incredibilmente, è proprio così che funziona il loro programma di pagamento. L'utente si deve immaginare che la transazione è andata a buon fine, perché non gli viene detto niente e nemmeno dove e come riceverà il documento richiesto. Quello che ha fatto quel programma ha un'idea molto particolare di quello che si chiama "customer satisfaction".
Tutto questo è avvenuto nel Novembre 2009; può darsi che ora abbiano migliorato quel programma (e anche - spero - appeso per i pollici quello che ha fatto la prima versione). Ma non è questo il punto. Magari ci sarà una ragione per chiedere al cittadino una visura al PRA, ma questi 5 euro (o 15 euro) sono proprio un balzello odioso e inutile; un vero furto dalle tasche della gente. E se per ognuno di noi 5 euro (o 15 euro) non sono gran cosa, per chi incassa la somma non è per niente trascurabile. Ha calcolato Leonardo Libero che il decreto sui contributi alle rottamazioni potrebbe portare a rottamare 13 milioni di vecchie macchine. Fatti un po' di conti, sono circa 50 milioni di Euro (o forse 150 se ti prendono 15 euro a visura) che entrano nelle casse del PRA o dell'ACI o non so di chi.
E non è neanche questo il punto, che tanto si sa che la legge fondamentale della burocrazia è "comunque devi pagare". Ma diceva il compianto Carlo Cipolla nel suo indimenticabile "trattato sulla stupidità umana" che il bandito peggiore è quello che ti causa un danno sproporzionato al vantaggio che ne ricava. Faceva l'esempio di uno che ti rompe un vetro e ti demolisce il cruscotto per portarti via l'autoradio: lui ci guadagna 50 euro; a te fa 2000 euro di danni; per non parlare del tempo perso. Lo stesso succede per portarti via questi 5 euro (o 15 euro). Ti fanno perdere ore e ore di tempo per fare la coda all'ACI, per fare telefonate, e anche per scrivere (o leggere) un post come questo che - se al mondo ci fosse un minimo di sanità mentale - non sarebbe necessario scrivere (o leggere)
Questa storia è forse un po' banale, ma credo che abbia molto a che vedere con la pretesa "efficienza" delle nostre istituzioni e si riallaccia con un mio post precedente pubblicato su ASPO-Italia intitolato "le civiltà muoiono di burocrazia"
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* Quello di dare del "tu" immediatamente alle persone di pelle un po' più scura della media è una forma di maleducazione molto diffusa e non soltanto in Italia. Mi raccontava un collega di origine turca, professore all'università di Zurigo, che per via del suo aspetto fisico gli capita non di rado di essere apostrofato con forme verbali confidenziali in tedesco. Forme che, non c'è bisogno di dire, nessuno mai si sognerebbe di usare con un professore di aspetto svizzero autoctono.
mercoledì 6 gennaio 2010
Internet: non siamo ancora al picco
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Ugo Bardi
Immagine dal sito "netcraft"
Continua ad aumentare la popolazione di internet. Misurati in termini di "host names" siamo a circa 240 milioni. Di questi, quelli "attivi", circa 70 milioni. Il numero di siti è solo uno degli indicatori dell'espansione di internet. Secondo alcuni dati, nel 2008 c'erano oltre mille miliardi di pagine sul web (un trilione di pagine).
Non ho trovato statistiche sull'incremento storico del numero di pagine sul web, ma se prendiamo come un indicatore dell'espansione di internet il numero di host names, è comunque interessante notare come il numero degli hosti attivi, e probabilmente anche quello totale, stiano rallentando la loro crescita. Per gli host attivi, potremmo divertirci a estrapolare la curva di crescita con una logistica e non andremmo oltre gli 80 milioni. Se misurassimo la crescita in termini di numero di host names aggiunti ogni anno vedremmo un "picco di Hubbert" verso il 2007.
Non ho trovato statistiche sull'incremento storico del numero di pagine sul web, ma se prendiamo come un indicatore dell'espansione di internet il numero di host names, è comunque interessante notare come il numero degli hosti attivi, e probabilmente anche quello totale, stiano rallentando la loro crescita. Per gli host attivi, potremmo divertirci a estrapolare la curva di crescita con una logistica e non andremmo oltre gli 80 milioni. Se misurassimo la crescita in termini di numero di host names aggiunti ogni anno vedremmo un "picco di Hubbert" verso il 2007.
Sarà questo il "picco di internet"? Può anche darsi. I server che lo gesticono richiedono molta energia e molte risorse e entrambe le cose esistono in quantità limitate. L'internet, come tutte le cose umane, non può essere infinito. Almeno fintanto che rimane una cosa umana.....
domenica 3 gennaio 2010
2010 - un anno di respiro per l'economia mondiale?
Posted by
Ugo Bardi
Negli ultimi anni mi sono provato a fare delle previsioni sull'economia. Mi sono venute talmente bene che quasi mi faccio paura da solo (vedi questo post. riguardo al 2008 e questo riguardo al 2009). Ci sono due possibilità: o mi è andata bene per caso, oppure veramente ho dei modelli che funzionano. Supponendo che la seconda ipotesi sia quella vera, mi provo adesso a farvi qualche previsione per il 2010. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma credo che, con un po' di attenzione, qualcosa sul futuro si possa dire.
Il 2009 è stato un anno molto particolare: non è successo quasi niente. Dopo una decade brutale e turbolenta, come è stato fino ad ora il ventunesimo secolo, è sorprendente vedere un'annata dove non è cominciata nessuna nuova guerra. Certo, c'è stato il bombardamento di Gaza, che però era cominciato nel 2008. Non si è visto nessun rivolgimento politico importante; ovviamente Obama è stato il grande cambiamento ma, anche lui, è stato eletto nel 2008. Sembra che la notizia politica principale da ricordare del 2009 sia la statuetta del duomo di Milano tirata in faccia a Berlusconi. Il che è tutto dire.
Nel 2009, l'economia si è abbastanza stabilizzata dopo la crisi del 2008; anche qui non abbiamo visto grandi crolli e neppure grandi impennate. I prezzi del petrolio si sono stabilizzati a un livello intermedio fra il picco del Luglio 2008 e il crollo di fine 2008. Persino in termini di catastrofi naturali è stato un anno tranquillo, a parte il terremoto dell'Aquila e i soliti allagamenti che in Italia arrivano appena piove un po' di più per via della cementificazione del territorio. Per quanto gravi, tuttavia, nessuna di queste cose si classifica come un disastro di portata planetaria. Ci sono stati soltanto tre uragani sull'Atlantico, dei quali nessuno ha toccato la terraferma degli Stati Uniti.
Insomma, sembra quasi incredibile che abbiamo passato un anno così calmo. Ma per tutto quello che accade ci sono delle ragioni. Non so che cosa abbia calmato i vulcani e gli uragani. Però, sembrerebbe che il picco del petrolio - avvenuto probabilmente nel 2008 - ci abbia lasciati letteralmente senza fiato. Anche per fare guerre e rivoluzioni ci vuole petrolio e sembra che senza petrolio non ci siano le risorse per farle. In un certo senso, questo è bene. In un futuro con meno petrolio, avremo un sacco di problemi ma - forse - meno guerre.
D'altra parte, tutto quello che accade ha una ragione di accadere e quindi nel 2009 abbiamo visto le conseguenze di alcuni fenomeni che si stavano sviluppando ormai da decenni. Di fronte a un costo di produzione sempre più elevato dell'energia fossile, il sistema economico si adatta. Inizialmente, aveva reagito in modo aggressivo con una serie di guerre costose e inutili. Adesso, sta reagendo contraendosi e riducendo i consumi. Allo stesso tempo, si sta cercando di investire nello sviluppo di nuove risorse - nuovi giacimenti e nuove tecnologie di estrazione. Soprattutto con il gas naturale, lo sviluppo della tecnologia dello "shale gas" associato al drilling orizzontale ha ridato fiato alla produzione negli Stati Uniti, che era in grossa difficoltà.
Quindi, che cosa ci possiamo aspettare per il 2010? Beh, l'arte della previsione è l'estrapolazione intelligente. Nessuno può fare previsioni precise, come pretendono di fare i maghi con gli oroscopi. Le previsioni non possono mai essere precise e se lo sono, sono sbagliate. Le previsioni veramente utili sono degli "scenari"; delle interpretazioni delle tendenze del sistema che possono accadere con buona probabilità.
Allora, cominciamo con il sistema economico. Durerà la ripresa che abbiamo visto a partire dal Marzo del 2009? Qui, bisogna vedere come si adatterà il sistema alla crisi di disponibilità di energia e di materie prime. Per questo, ci sono due possibilità: una è contrarre i consumi; l'altra è cercare di mantenere i livelli di produzione allocando più risorse verso l'esplorazione e l'estrazione. Questa seconda strategia si esprime con l'aumento dei prezzi delle materie prime ed è quello che il sistema ha fatto nella prima metà de 2008. A questa fase, è seguita una contrazione economica dato che il sistema non ce la faceva ad allocare risorse sufficienti per aumentare la produzione. In sostanza, il sistema ha oscillato fra le due strategie; è quello che in Inglese si chiama "boom and bust".
Ora, la crisi economica ha fatto abbassare i prezzi e questo, a sua volta, ha permesso all'economia di ripartire. A questo punto, ci sono tutti i presupposti per un nuovo ciclo di boom and bust. Ovvero, se l'economia continua a crescere, la domanda di petrolio e di materie prime salirà di nuovo e questo farà ripartire i prezzi. Questo potrebbe portare a una nuova impennata di prezzi, seguita da una nuova crisi.
D'altra parte, è anche vero che, a partire dalla seconda metà del 2009, il sistema sembra essersi stabilizzato su un livello di prezzi del petrolio che corrisponde - approssimativamente - al valore "giusto", ovvero vicino ai costi di esplorazione/estrazione. Il sistema non è completamente privo di memoria e quindi può imparare dal passato. Quindi non è detto che sia condannato a un altro ciclo di boom and bust; potrebbe stabilizzarsi. Il controllo dei prezzi petroliferi è ritornato - per ora - nelle mani dei paesi produttori, OPEC soprattutto. Questi non hanno nessun interesse in un nuovo ciclo di boom and bust e potrebbero riuscire a controllare l'offerta in modo da evitarlo.
Fra queste due ipotesi: nuovo ciclo di boom and bust oppure stabilizzazione, è impossibile al momento fare una scelta. Vedremo che cosa succederà via via che il 2010 avanza. In ogni caso, possiamo dire con certezza che nel 2010 non vedremo (ancora) l'inzio del declino terminale dell'economia che gli scenari dei "Limiti dello Sviluppo" prevedono per la decade 2010-2020. Per quello, dovremo aspettare qualche anno ancora.
In alcuni campi dell'economia, i fenomeni iniziati nel 2009 continueranno e si intensificheranno nel 2010. In particolare, il 2009 è stato l'anno dell'inversione di tendenza nel rapporto fra produzione alimentare e popolazione. Fino al 2009, la produzione tendeva ad aumentare più della popolazione, ma nel 2009 ci siamo accorti che il numero di persone affamate nel mondo ha avuto un brusco aumento. Era inevitabile: il sistema agricolo sta raggiungendo i limiti possibili di produzione, pur gonfiati artificialmente a furia di fertilizzanti di origine fossile. La produzione di cibo non sta diminuendo, almeno per ora, ma rimane approssimativamente costante. La popolazione, invece, continua ad aumentare sia pure a ritmi sempre più ridotti. Al problema dell'aumento di popolazione si aggiunge l'aumento dei costi di trasporto che rende difficile distribuire il cibo prodotto. Questo ha generato il fenomeno apparentemente contraddittorio del crollo dei prezzi delle derrate agricole. In sostanza, abbiamo una doppia crisi: una crisi alimentare nei paesi importatori che non possono comprare cibo a sufficienza e una crisi agricola nei paesi produttori che non trovano mercato per la loro produzione.
Nei prossimi anni, la crisi alimentare si farà sempre più grave e, a lungo andare, porterà a un'inversione di tendenza demografica, ovvero a un picco della popolazione umana sul pianeta. Questo, però, non lo vedremo ancora nel 2010. Vedremo la crisi alimentare colpire molto duramente nei paesi del cosidetto "terzo mondo". Colpirà anche duramente le minoranze (per ora) economicamente svantaggiate dei paesi "ricchi". In paesi come l'Italia non vedremo rivolte alimentari di gente affamata, ma un peggioramento della dieta delle fasce sociali più deboli, questo si.
Sarà anche un anno in cui la crisi dell'edilizia si farà sempre più evidente anche se si continuerà a cercare di ignorarla. In paesi dove l'economia è particolarmente legata all'edilizia, per esempio l'Italia, il crollo potrebbe diventare così grave che non sarebbe più possibile negarlo. Questo potrebbe portare a dei contraccolpi economici molto forti. I gruppi industriali legati al cemento andrebbero al collasso e quelli che avevano investito nel cosiddetto "mattone" vedrebbero i loro risparmi evaporare e scomparire. La botta economica conseguente, a sua volta potrebbe essere accompagnata da rivolgimenti politici importanti; considerando che l'attuale classe politica è fortemente legata alla lobby del cemento.
Il 2010 vedrà anche l'intensificarsi della crisi climatica. Se il 2009 è stato un anno senza fenomeni meteorologici drammatici; questo non vuol dire che la crisi non ci sia e non sia gravissima. Se il 2008 aveva visto un leggero calo della temperatura rispetto agli anni precedenti, il 2009 è ritornato in linea con la tendenza all'aumento globale. Il 2010 potrebbe vedere un ulteriore salto in avanti. Questo potrebbe avere dei forti contraccolpi sull'agricoltura e - di conseguenza - sull'economia, accellerando le tendenze attuali. Il 2010 potrebbe essere l'anno in cui si arriva finalmente ad accettare l'inevitabile realtà dell'effetto umano sul clima: troppo tardi, ma meglio tardi che mai.
Tutto quello che avviene, avviene per una ragione e quello che stiamo vedendo ha le sue radici in un fenomeno molto semplice: il progressivo esaurimento delle risorse a buon mercato che sta lentamente strangolando l'economia mondiale. Queste risorse includono la capacità dell'atmosfera di assorbire la CO2 emessa dalla combustione di idrocarburi fossili senza generare gravi danni da surriscaldamento. Anno dopo anno, quello che succede si spiega tenendo conto di questa tendenza. Il 2010 potrebbe non essere drammatico in questo senso, ma non ci possiamo aspettare che cambi qualcosa finchè, in un futuro per ora non vicinissimo, non riusciremo a invertire la tendenza con le energie rinnovabili.
sabato 2 gennaio 2010
Galatea dei blog
Posted by
Ugo Bardi
Galatea, dal blog Il nuovo mondo di Galatea, ha scritto una riflessione veramente interessante sui blog e sul nuovo modo di fare informazione che rappresentano. Se pensate che solo pochi anni fa i blog non si sapeva nemmeno cosa fossero, la cosa è veramente impressionante. Mi ha fatto ricordare di un tempo, ormai remoto, in cui leggevo caratteri stampati su fogli di carta di cattiva qualità e guardavo lo schermo di un curioso oggetto luminoso che stava in soggiorno.
Vi passo il testo di Galatea senza ulteriori commenti; merita di essere letto.
Vi passo il testo di Galatea senza ulteriori commenti; merita di essere letto.
La stanchezza del blog. Dal blog al social network: perché tutti vogliono censurare Fb oggi?
Di Galatea
29 Dicembre 2009
Se ne è accorto persino Gasparri, e questo dovrebbe farci riflettere. Dovendo scegliere un obbiettivo contro cui scagliarsi nelle sue crociate contro internet, invocando la censura, il nemico principale è stato identificato nei Social Network (anzi, nel Social Network: Gasparri ed il resto dei politici pare conoscano solo Fb, forse in parlamento FriendFeed è sconosciuto e Twitter poco “usabile” perché fino a pochi giorni fa solo in inglese, e si sa che ila maggior parte dei nostri politici ha seri problemi persino con l’italiano). I blog, che fino a qualche mese fa erano l’orrore che avanza, sono passati, fra le emergenze di questo paese, in secondo piano: si invoca, certo, una legge censoria “spalmabile” anche su di loro, ma, se si leggono le dichiarazioni, vengono ora trattati come una postilla, per quanto fastidiosa. E l’impressione è che poi, mentre fino a qualche tempo fa tutti i blog ed i blogger erano considerati ugualmente “pericolosi”, ora ciò che preme alla politica, o meglio ai politici, sia mettere semmai il bagaglio, o almeno qualche bel bastone fra le ruote, giusto ad un paio di siti noti alle masse, tenuti per lo più da personaggi pubblici, come Gilioli o Grillo o lo stesso di Pietro. Personaggi che certo sono blogger e anche famosi, ma, in fin dei conti, vengono attaccati e iscritti nel registro dei “cattivi” per la loro attività politica/informativa in senso lato, di cui il web è solo un aspetto, anche se non secondario.
Che i politici di internet e di tutto ciò che ci frulla dentro capiscano un beneamato nel 90% dei casi è palese a chiunque navighi anche solo poche ore al giorno; ma i politici hanno però, e questo va riconosciuto loro, una antenna sensibilissima per sintonizzarsi sugli stati d’animo della massa e sulle nuove tendenze. Per cui se passano dagli alti lai contro i blogger ed i blog a quelli contro i social network si può sorridere per la loro manifesta impreparazione su cosa siano questi ultimi, ma è meglio interrogarsi sui motivi che determinano il cambio di bersaglio.
Il blog, in effetti, pare essere arrivato negli ultimi tempi ad un punto di svolta; forse, semplicemente, ad un necessario momento di ridefinizione. In Italia c’è stata la fase pionieristica, in cui ad aprire un blog e mantenerlo aggiornato erano pochi nerd che si parlavano essenzialmente fra loro; superata quella, c’è stato il periodo della curiosità creativa, in cui molti, sia professionisti dell’informazione sia persone comuni, si sono buttati sul nuovo strumento, alle volte mettendo in piedi, in maniera più o meno consapevole – o anche più o meno inconsapevole – laboratori di sperimentazione comunicativa; è seguita la fase del vero e proprio “impatto di massa”; quella in cui, per dire, tutti coloro che avevano una connessione adsl e un minimo interesse per la rete hanno aperto un blog (magari per lasciarlo morire d’inedia dopo un post e mezzo). Un periodo di sbornia, insomma, e di simpatici dilettanti allo sbaraglio, di cui ho fatto parte e faccio parte anche io.
Solo che il blog richiede, per sua stessa natura, non solo una minima abilità comunicativa da parte dello scrivente – che deve scrivere un contenuto almeno in parte originale, per invogliare i passanti a leggere il suo blog – ma anche una dose di dedizione, di costanza e di “mestiere” per fideizzare il giro di lettori. Doti che in Italia sono rarissime, ad ogni livello, a causa di una impostazione culturale che ha sempre ritenuto il saper scrivere ed il saper comunicare in senso lato una sorta di abilità innata dell’individuo, che uno ha o non ha a prescindere: qualcosa di simile alla fiammella dello Spirito Santo scesa sugli apostoli, non il risultato dell’apprendimento di specifiche tecniche che sono alla portata di tutti. Siamo un paese in cui, a scuola, ancora si sentono insegnanti spiegare ai genitori che il figlio non raggiunge la sufficienza nel tema perché non è “portato per la scrittura”, mentre la sufficienza in un tema non è questione di predisposizione, ma solo di tecnica; per avere un voto superiore al sei, uno deve scrivere qualcosa di buono; per arrivare alla sufficienza basta che sappia comporre un testo ordinato, corretto e chiaro: cose alla portata di chiunque, se gli hanno insegnato le regole per farlo.
Ecco, in Italia questa capacità di scrittura-comunicazione elementare non è diffusa, nemmeno fra coloro che poi hanno un buon livello di scolarizzazione: ci sono medici ed avvocati che sanno dare pareri tecnici professionali perfetti, ma non sono capaci di scrivere un biglietto di auguri originale; direi di più: la capacità di essere comunicativamente diretti ed efficaci latita persino fra gli intellettuali “alti”. I quali, nel Bel paese dove il sì suona, ma è sempre accompagnato da una pletora di parole ridondanti attorno, sono famosi per considerare il “farsi capire” una forma di degrado del sapere, uno svilimento della cultura.
Per tutti costoro il blog era ed è uno strumento faticoso da gestire e da comprendere, mentre il social network è un ambiente più familiare, se vogliamo meno sperimentale. Il sn è una forma chiusa in sé, e non solo per il numero di caratteri prefissato per il twit o lo status; è proprio pensato e nato come un contenitore più preciso, con a disposizione un certo numero di funzioni, per quanto poi espandibili. Non richiede per sua natura una particolare dose di originalità o una specifica abilità comunicativa: non la esclude, alle volte la stimola (alcuni twit o status sono geniali), ma nemmeno la pretende. Facebook è pieno di gente che si limita a postare: “Quanto mi rompo in ufficio!” ogni santa mattina in cui sono alla scrivania.
L’adesione di massa (a livello mondiale, e italiano) a questo tipo di contenitore è pertanto fenomeno comprensibile. Rispetto al blog il social network consente un soddisfacente livello di interazione anche a persone che hanno abilità comunicative abbastanza limitate e mette loro in mano la possibilità di divulgare automaticamente il loro prodotto comunicativo (lo status o il twit) presso un pubblico vasto senza doversi confrontare con il problema pratico della diffusione. Chi ha un blog ha dovuto fare esperienza di aggregatori, trackback, feed, link eccetera, chi entra in un social network no, ha degli strumenti già preimpostati e si limita a sfruttarli senza spesso avere neppure una coscienza precisa di come funzionino. La differenza fra chi arriva al social network dopo l’esperienza del blog e chi ci arriva direttamente è spesso visibile ad occhio nudo dalle pagine del social network: i blogger usano il social network per “spammare” i post dei loro blog e solo in seconda battuta creano dei contenuti originali per la pagina del social network; gli altri, pure se hanno magari un blog aperto per curiosità, usano il social come strumento di creazione di status o twit originali; i blogger “vecchia maniera” (chiamiamoli così) tendono a portare la discussione dell’argomento nei commenti del loro blog; gli altri commentano e discutono quasi esclusivamente sul social anche il post comparso sul blog: in sostanza, i blogger di vecchia generazione (e la definizione fa ridere, perché le “generazioni” si sono formate nel corso di nemmeno due anni) vivono il social come appendice del blog; gli altri vivono il blog come appendice del social. Sono due tribù che bazzicano lo stesso territorio, ma hanno approcci diversi.
L’abbandono da parte della grande massa della forma-blog, perché il social dà loro più soddisfazione, ha però creato contraccolpi anche nella blogosfera. Che, si nota, si sta professionalizzando. I blogger di un qualche successo, anche quando non sono nati come professionisti della comunicazione (giornalisti, opinionisti, etc.) – o, quelli che magari, essendo già professionisti della comunicazione, avevano però originariamente aperto il blog come “privati”- ora si trovano a dover rendere il loro sito più professionale: se vogliono limitarsi a “cazzeggiare”, si trasferiscono anche loro sul social network, come tutti.
La blogosfera in senso stretto sta diventando un luogo di comunicazione “seria”, dove il dilettante allo sbaraglio si trova come un pesce fuor d’acqua. Il giro dei blog che contano è formato da gente che comunica per professione, anche quando ha imparato il mestiere della comunicazione facendosi le ossa con il blog. I blogger di successo diventano opinionisti delle testate giornalistiche, oppure scrittori, o conduttori televisivi o politici; in un certo senso si stanno trasformando e si comportano come una aristocrazia del web. Come tutte le aristocrazie, stanno diventando una casta chiusa: mentre fino ad un paio di anni fa anche per lo sconosciuto di turno entrare nel giro dei “grandi” blogger era relativamente facile (e l’ascesa del Nuovo Mondo di Galatea è un esempio pratico di tutto ciò), ora i blogger che contano si linkano quasi esclusivamente fra loro, si rispondono fra loro, spesso addirittura non rispondono ai commenti dei lettori, hanno la blogroll blindata, e sono diventati più autoreferenziali, sia sul blog che nei social. La massa – che in Italia non è ancora la “grande massa”: quella resta a guardare la tv – legge, quando legge i blog, ma non ha in realtà grandi occasioni di interagire con i “signori del web”, non più di quanta ne abbia di interagire con l’opinionista del grande quotidiano cartaceo. Al massimo, sul social posta status inerenti la propria vita privata, commenta post altrui, aderisce a gruppi più o meno sciocchi (dal “Viva Tartaglia” al “Voglio trovare 10mila persone che amano i bignè”) o si iscrive ad iniziative come il NoBDay che però sono pubblicizzate tramite il social, ma non nascono, o nascono solo in parte, da esso.
Pur non capendo granché di internet, i nostri politici, con il fiuto che gli è proprio, hanno capito l’aria che tira: si preoccupano oggi di censurare Facebook ben più dei blog: il blog, che non è mai stato un vero e proprio fenomeno di massa, si sta però ulteriormente trasformando in qualcosa che è decisamente per l’élite. Il numero di utenti che leggerà i signori della blogosfera direttamente è lo stesso che, nei tempi passati, leggeva gli editoriali del grande quotidiano e il post del blog è comunque uno spazio di possibile riflessione più approfondita rispetto allo spot di uno status o di un twit:la massa è su Facebook, su Facebook, eventualmente, si troveranno pillole dei blog o delle comunicazioni create per il social network, che parcellizzate e diffuse, possono avere una diffusione capillare e ridondante, virale. Ridotte a slogan o a puro moto di pancia, deprivate di un contesto più ampio che rinvii ad un ragionamento più approfondito, possono acquistare semmai incisività e forza persuasiva, martellante.
Nel frattempo, i blog ed i blogger diventeranno qualcosa d’altro, se vorranno sopravvivere: rubriche ed opinionisti, di vario genere e di nuova natura, più settoriali, meno amatoriali, se vorranno attirare il pubblico dei lettori via dal mainstream del social network, o crearsi una propria platea, per quanto piccola, di appassionati. Non più brutti o più belli di quello che erano prima: ma diversi sì.
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