sabato 10 settembre 2016

Ricchezza e povertà: consumi pro-capite



Un post di Alessandro Pulvirenti

Cresce la popolazione mondiale e crescono anche i consumi di combustibili fossili.

Ci domandiamo:

a livello pro-capite, si sta diventando sempre più ricchi (aumento dei consumi pro-capite), oppure no?

Se poniamo gli indici a 100 (nel 2002) di: PIL, consumi energetici e popolazione; possiamo vedere se c’è una relazione tra queste grandezze.


Dal grafico possiamo trarre alcune considerazioni:
1. La popolazione mondiale cresce sempre (anche se nel mondo ci sono delle guerre);
2. I consumi crescono più della popolazione, questo dovrebbe farci pensare che consumiamo di più pro-capite;
3. Il PIL sembra avere lo stesso andamento crescente dei consumi, ma con variazioni molto più accentuate sia in positivo che in negativo.


Analizzando solo le variazioni annuali di PIL e consumi energetici, vediamo che, come già intuito, il PIL amplifica le variazioni dei consumi, sia in positivo che in negativo.

Questo vuol dire che: per esserci un aumento del PIL, ci deve essere un aumento dei consumi energetici.

Adesso andiamo a guardare come sono andati i consumi pro-capite:


Dal grafico si vede che:

• I consumi di petrolio hanno raggiunto il picco nel 1978 a 5,19 bep/y e poi sono scesi mantenendosi intorno i 4,3 bep/y;

• i consumi di tutti i combustibili fossili, non hanno raggiunto ancora un picco (la piccola discesa del 2015 è dovuta al fatto che il mondo nel 2015 è stato in recessione (vedi PIL)).

• I consumi energetici totali, anche loro non hanno raggiunto il picco.

Il fatto che il petrolio abbia raggiunto il picco pro-capite, lo possiamo spiegare tramite il seguente grafico:


Nel 1978 il petrolio copriva il 51,5% dei consumi di combustibili fossili; da allora, vista l’eccessiva dipendenza da tale fonte e i problemi dovuti all’eccessivo prezzo, ha fatto si, che si utilizzassero sempre più le altre due fonti fossili (gas e carbone), facendo si che, nel 2015 la quota coperta dal petrolio scendesse al 38,5%.
Il totale pro-capite è aumentato, mentre la quota fornita dal petrolio è diminuita facendo si, che scendesse sotto il picco del 1978.


Il minore uso di petrolio (a livello pro-capite), ha fatto si che: le riserve di petrolio pro-capite salissero a 32 bep, mentre le riserve totali di combustibili fossili, si sono ridotti da 127 a 110 bep.

Questo vuol dire che le riserve pro-capite stanno diminuendo, cioè la popolazione cresce e consuma più velocemente delle scoperte di nuovi giacimenti di combustibili fossili.


CONFRONTO TRA: CONSUMI, POPOLAZIONE E PIL (PPA)

Calcolando la media mondiale dei consumi di energia primaria totale, otteniamo 1,80 tep/y pro-capite (cioé 1,8 tonnellate di petrolio equivalente ogni anno per ogni persona).

Se prendiamo questo valore e lo raddoppiamo o lo dimezziamo 4 volte, otteniamo 4 fasce di consumi superiori alla media (dalla media in su), e 4 fasce di consumi inferiori.


ANALISI DELLE FASCE

Analizzando le fasce, si può vedere:

• La fascia 4, è composta dal resto dei Paesi sviluppati europei (compresa l'Italia) e da un grandissimo Paese come la Cina; incide per il 31,2% della popolazione e per il 42% dei consumi mondiali; quindi popolazione e consumi sono quasi allineati;

• La fascia 3, dove c’è un grande Paese sviluppato come gli USA, e i più ricchi Paesi d’occidente, incidono per circa il 10% della popolazione e del 31,5% dei consumi;

• Le prime due fasce sono occupate dai ricchi Paesi Arabi o da piccole isole. La loro incidenza complessiva è del 7,85% dei consumi e meno dell’1,5% della popolazione mondiale.

Come si vede nella tabella riassuntiva, la popolazione mondiale che vive sotto la media pro-capite è di 4,2 Miliardi di persone, il 57,37% della popolazione.

Se volessimo sconfiggere la povertà nel mondo, alzando i consumi della popolazione che sta sotto la media mondiale, dovremmo aumentare i consumi del:

+122 %: per portarli al livello Italiano (2,5 tep);
+69 %: per portarli al livello Cinese (2,2 tep);
+29 %: per portarli al livello Iracheno (1,1 tep);
+6 %: per portarli a livello Indiano (0,5 tep).

Se anche i Paesi ricchi cedessero la parte eccedente della media dei consumi mondiali, ai Paesi più poveri, potrebbero cedere solo il 33% delle risorse energetiche. Portando i Paesi poveri a un livello intermedio tra Iraq e Cina, non sufficiente a far raggiungere la media mondiale.

Una più equa distribuzione della ricchezza NON è sufficiente a portare i Paesi poveri del mondo, a livelli medi mondiali.

EQUA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE?

Sfatiamo uno dei miti che sostiene che:

"il 20% della popolazione mondiale, la più ricca, sta consumando l'80% delle risorse del mondo"; cioé che 1/5 della popolazione mondiale consuma per 4 volte di più, non è vero.

La Cina unendosi ai Paesi sviluppati (ha il PPA: PIL corretto in base al potere d'acquisto, più alto del mondo), cambia i rapporti nei consumi mondiali, portando al 42% la popolazione mondiale che consuma l'81% delle risorse mondiali; quindi il rapporto scende dal quadruplo ipotizzato a meno del doppio.

Se vogliamo vedere anche cosa è successo nel passato abbiamo:

Si vede una tendenza a una più equa distribuzione delle risorse.

Addirittura, nel prossimo grafico vediamo che i Paesi sviluppati dell'OECD hanno pure perso il primato nei consumi.
Questo vuol dire che i Paesi che prima non erano sviluppati (Non OECD), stanno già consumando più risorse dei Paesi sviluppati (OECD) di una volta.


PIL e Consumi

Considerazioni sul PIL e Consumi sono difficili da fare, in quanto, buona parte del PIL dei ricchi va in beni importati, i quali aumentano i consumi nei Paesi di produzione e non in quelli di fruizione dei beni. La globalizzazione rende tutti interdipendenti.


CRESCITA DEMOGRAFICA E CONSUMI

Quale sarebbe l’andamento dei consumi pro-capite negli anni a venire, in base all’aumento di popolazione prevista e in base alle scoperte e ai consumi di combustibili fossili?

L’andamento, della curva demografica, dovrebbe essere il seguente (in base ai parametri più comuni usati):

(Gli studiosi hanno capito che: la crescita demografica ci sarà fiché ci saranno risorse a disposizione; e difatti la curva demografica inizia a scendere quando le risorse iniziano a diminuire).

Ripropongo il grafico con le previsioni più ottimistiche, quelle riguardanti tutti i combustibili fossili con:
investimenti massimi (investimenti = 5) e Scoperte = 20%.

Legenda:
- Passato lordo: Energia lorda estratta
- Futuro lordo: Energia lorda da estrarre
- Futuro netto: Energia netta utilizzabile (Lorda - costi)
- Futuro costi: Costi energetici di estrazione

Come si può vedere, i costi energetici di estrazione tendono a salire quanto più ci avviciniamo all'esaurimento del combustibili fossili (ritorni decrescenti).

La situazione pro-capite sarà la seguente:

Da questo grafico si evince che, nella migliore delle ipotesi ci sarà ancora qualche piccola frazione percentuale di crescita dagli 11,3 bep/y attuali ai 11,7 bep/y nel 2050, mentre la curva netta dell’energia, vediamo che sta già iniziando a scendere.

Se invece gli investimenti si riducono:
- perché si vuole che gli Stati non finanzino la loro estrazione;
- perché i privati non investono in settori in cui ci sono scarse prospettive di guadagno (leggi che disincentivino l'uso dei combustibili fossili);

allora, pur considerando lo stesso degli investimenti (medio/bassi) (investimenti=2) e di conseguenza si avranno minori scoperte di giacimenti (scoperte=5%), la situazione che avremo è la seguente:


Dal quale si evince che: immediatamente le risorse disponibili pro-capite diminuiscono; con conseguente crisi energetica e l'impossibilità di finanziare eventuali fonti alternative.


CONCLUSIONI

Con le dovute approssimazioni che una simulazione può fare, quello che si evince è che:

1) crescita, dell’energia netta disponibile, non ce ne sarà più! Tutta la crescita netta dell’energia disponibile, verrà assorbita dalla crescita della popolazione;

2) il PIL Mondiale potrà anche crescere, ma il PIL pro-capite non crescerà più o non lo farà a livello apprezzabile.

Il sintomo della decadenza si potrà incominciare a percepire, quando non ci saranno abbastanza risorse per la manutenzione (edifici, strade, ponti, ...).

Le nuove generazioni avranno un tenore di vita medio, uguale o inferiore a quello dei loro genitori; nel lungo periodo sicuramente più basso.

3) ci saranno molti disordini sociali (con ulteriore distruzione di beni immobili), che non faranno altro che aggravare la situazione di crisi, specialmente nelle città.


4) possibili guerre tra i Paesi che hanno ancora abbastanza risorse per loro e quelli che, o li stanno esaurendo, o ne sono totalmente dipendenti.

5) Quello che accadrà in futuro, dipende principalmente dalle scelte politiche che si prendono; e quest'ultime sono meno intuitive di quello che sembra. Scelte basate su buone intenzioni, non è detto che migliorino la situazione.

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Note:
l'elenco completo delle fonti di dati non lo ricordo, perché integro i dati trovati dalle varie fonti, nella mia banca dati.
Eseguendo le analisi con la mia banca dati, poi non ricordo da dove essi siano stati presi.

Fonti che ricordo:
- Fonte dati energetici: bp
(http://www.bp.com/en/global/corporate/energy-economics/statistical-review-of-world-energy.html)

- Fonte PIL (PPP o PPA): World Bank - in Wikipedia
https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_GDP_(PPP)


By Alessandro Pulvirenti

giovedì 8 settembre 2016

Scala Mercalli e il collasso del dibattito




Se mi capita (di rado, per fortuna) di mettere gli occhi sullo schermo della TV quando c'è un notiziario, mi sembra di vedere la cronaca di un altro pianeta; non quello sul quale vivo io. Vedo soltanto persone farneticanti, continuamente arrabbiate per qualcuno o per qualcosa: l'euro, la Merkel, Putin, Hillary, Trump, Erdogan, olimpiadi, calcio, la Raggi, Salvini, Alfano, cosa ha detto Renzi, cosa non ha detto Renzi e questo e quello. 

Ma è questo un dibattito? E i problemi veri, il fatto che le risorse diminuiscono sempre di più, la temperatura del pianeta aumenta, gli ecosistemi vanno a quel paese, quando se ne parla e chi ne parla? L'unico che ne parlava era Luca Mercalli nel suo programma "Scala Mercalli", l'unica trasmissione dove si parlava di problemi reali. Ed era anche fatta parecchio bene. Ovviamente, hanno finito per chiuderla.

Insomma, non siamo messi bene. Qui di seguito, un post di Alessandro Corradini ("il Panda") sull'argomento. Da leggere anche il post in proposito di oggi su "Climalteranti". Se poi avete un attimo per firmare una delle varie petizioni per reintrodurre la trasmissione, magari non serve a niente, ma non si sa mai!

UB
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Riapriamo Scala Mercalli!
Il vostro affezionato Panda non ha mai fatto mistero di essere un grande fan di SCALA MERCALLI, il programma di Rai3 condotto da Luca Mercalli.

Aver saputo della soppressione del programma è stato un dolore che va al di là dei personali gusti da telespettatore. 

Difendere SCALA MERCALLI è un dovere per l'importante messaggio culturale e civico che il programma incorpora. Inoltre difendere programmi come SCALA MERCALLI è un modo per rivendicare il diritto ad una TV pubblica di qualità.

Per questi ed altri motivi ancora il Panda invita tutti a sottoscrivere la petizione di Manuel Castelletti e Domenico Finiguerra. Tale petizione chiede a Daria Bignardi (attuale Direttore di Rai3) di ridarci indietro la splendida trasmissione SCALA MERCALLI.

Per chi fosse interessato a sottoscriverla:

https://www.change.org/p/direttore-rai-3-riapriamo-scala-mercalli

Buon futuro a tutti dal vostro affezionatissimo Panda


domenica 4 settembre 2016

Sostenibilità - Insostenibilità


Ecco la cosa: se le pietre sono o no senzienti, se le sequoie sono più intelligenti o più stupide degli esseri umani (o se, come credo sia il punto, la loro intelligenza è così vastamente diversa da non essere confrontabile, e le misurazioni interspecifiche di intelligenza sono impossibili e nella migliore delle ipotesi senza senso (e nel peggiore dei casi dannose, come si vede, quando le usiamo per sostenere suprematismi preesistenti)), se i fiumi sono semplicemente recipienti per l'acqua o esseri a sé stanti, queste non sono le domande principali da porre.

Pensateci : i Tolowa (indiani del nord-ovest americano, ndt) hanno vissuto dove vivo ora per almeno 12.500 anni, se si crede ai miti della scienza; e hanno vissuto qui fin dall'inizio del tempo, se si crede ai miti dei Tolowa. E non distrussero il posto. Quando gli Europei arrivarono qui il posto era un paradiso. Non sto dicendo che i Tolowa erano perfetti, non più di quanto chiunque altro è perfetto. Sto dicendo che vivevano qui in modo sostenibile.

La cultura dominante ha rovinato questo luogo, come essa rovina ogni luogo.

La più grande differenza tra le visioni del mondo degli Occidentali e quelle degli Indigeni è che gli esseri umani Indigeni in genere percepiscono il mondo come composto da altri esseri con i quali possono e dovrebbero entrare in relazioni rispettose, e gli Occidentali in genere percepiscono il mondo come consistente di risorse da sfruttare.

La visione del mondo civilizzato occidentale è insostenibile. Una credenza nella superiorità umana - e le credenze che i non-umani non sono pienamente senzienti, che i fiumi non sono esseri, e così via - non è sostenibile. Il fatto che è insostenibile significa che è insanabilmente disadatta. Il fatto che sia insanabilmente disadatta significa che è un vicolo cieco evolutivo. Il fatto che sia insostenibile mi rende chiaro che è anche inesatta : una percezione esatta del proprio posto nel mondo e le azioni basate su questa percezione mi sembrano essere più propense a portare alla sostenibilità; mentre una percezione inesatta del proprio posto nel mondo, e le azioni sulla base di questa percezione, mi sembrerebbero essere più propense a portare alla insostenibilità. Come si vede.

Non conosco il motivo per cui sempre più persone non capiscono questo. Credo sia perché le credenze indiscusse sono le vere autorità di ogni cultura. 

E credo sia perché alla maggior parte dei membri di questa cultura è stato inculcato di non aver cura della vita su questo pianeta. Quest'ultima frase da sola è sufficiente ad affossare una credenza nella supremazia umana.


giovedì 1 settembre 2016

L'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso, e se vi punge una medusa ora sapete il perché

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR

di Ugo Bardi



La mia collaboratrice, Ilaria Perissi (sulla destra nella foto), mentre spiega i risultati del nostro lavoro sull'esaurimento del pesce alla 34ma conferenza della società di dinamica dei sistemi a Delft, in Olanda. Abbiamo scoperto che gli stessi modelli che descrivono l'esaurimento del petrolio possono essere applicati all'esaurimento del pesce e che l'eccesso di sfruttamento è il meccanismo principale che porta al declino della pesca mondiale. Se desiderate una copia dell'articolo, scrivetemi a ugo.bardi(arneseaspirale)unifi.it.


Solo qualche giorno fa, una mia amica mi ha mostrato tre strisce rossastre che aveva sul braccio. Era il risultato di uno sfortunato incontro con una medusa mentre nuotava nel Mar Mediterraneo. Oggi, questo tipo di incontri è diventato un evento normale; sembra normale che, quando si snuota in mare si deve avere un atteggiamento quasi paranoico e continuare a guardare in tutte le direzioni per evitare una dolorosa strisciata con una di queste creature. Ti fa invidiare gli australiani che, dopo tutto, hanno solo gli squali di cui preoccuparsi quando nuotano. (In realtà hanno anche meduse estremamente velenose, ma gli squali sono più spettacolari, come si può evincere da alcuni recenti film hollywoodiani).

Eppure, questa invasione di meduse aliene non era normale solo pochi decenni fa. E, di sicuro, non era normale un secolo fa, quando la costa del Mediterraneo era la casa di molti pescatori locali che si guadagnavano da vivere con quello che pescavano. Ma oggi cosa si porterebbero a casa? Al massimo, un carico di meduse, ma le loro proprietà nutritive non sono il massimo. Così, c'è stato un cambiamento, un grande cambiamento nella popolazione di pesce nel mare. E questo cambiamento ha una causa: si tratta dello sfruttamento eccessivo che ha esaurito la pesca. Il mare è stato quasi svuotato dal pesce e questo ha generato un boom della popolazione di meduse e di altri invertebrati, come i granchi e le aragoste., il cui numero, una volta, veniva tenuto sotto controllo dai pesci.

Così avrei potuto dire alla mia amica che le strisce rosse dolorose sul suo braccio erano il risultato della tendenza umana a sfruttare eccessivamente le risorse naturali: petrolio, pesce o quello che sia. La nostra tendenza a massimizzare il nostro profitto immediato porta a distruggere le risorse che ci permettono di vivere. Tuttavia, ovunque le persone riescano ancora a guadagnarsi da vivere con qualcosa, menzionare l'esaurimento di quel qualcosa di solito è un tabù. Quella parola semplicemente non la dici in una conversazione civile. Ma è una lunga storia che è cominciata quando i cacciatori di balene giurarono che il fatto di non poter prendere più tante balene era perché le balene “erano diventate timide” (come potete leggere su “Storia della pesca americana alle balene” del 1876 di William Starbuck). In tempi moderni, menzionare l'esaurimento e lo sfruttamento eccessivo spesso incontra disprezzo, specialmente da parte degli economisti che rimangono convinti che il meccanismo del mercato possa ottimizzare tutte le attività economiche. Per esempio, Daniel Pauly ed altri hanno già pubblicato nel 1998 un articolo intitolato “Pescare in profondità nella catena alimentare marina”, descrivendo esattamente il fenomeno che porta il mare ad essere vuoto di pesce e pieno di invertebrati. Ma, come ci si potrebbe aspettare, questo è stato definito come un mito. Ti verrebbe da dire a questa gente di farsi una bella nuotata nel Mar Mediterraneo e vedere da soli l'abbondanza che c'è lì di invertebrati.

Alla fine, di tutto si può dibattere, discutere, sostenere o negare. Ma penso che io e i miei collaboratori abbiamo dato un contributo non trascurabile alla comprensione dell'eccessivo sfruttamento della pesca marina. Abbiamo potuto farlo applicando alla pesca gli stessi modelli di dinamica dei sistemi che vengono usati per il picco del petrolio. Ed abbiamo scoperto che i modelli funzionano. Il ciclo di crescita e declino di molti tipi di pesca può essere descritto come un semplice modello che ipotizza che il fattore principale che condiziona la produttività è l'abbondanza della riserva di pesce. E il modello mostra che la riserva di pesce declina. Il pesce viene rimosso dagli oceani più rapidamente di quanto la riserva possa rigenerarsi con la riproduzione. Ecco i dati sulla pesca giapponese che abbiamo presentato a Delft.


Quindi, l'esaurimento è reale, l'esaurimento è adesso e se vi punge una medusa ora sapete il perché.


Se volete avere una copia dell'articolo presentato alla conferenza di Delft, scrivetemi a ugo.bardi(cosabriosa)unifi.it. L'articolo completo è attualmente in revisione. Devo anche ringraziare i mie collaboratori Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Toufic El Asmar. 

sabato 27 agosto 2016

Donella Meadows: una definizione di sostenibilità

Da “Donella Meadows Institute”. Traduzione di MR

Di Donella Meadows Febbraio 1995

Da alcuni mesi devo una risposta ad uno di voi che ha chiesto una definizione della parola che probabilmente qui uso più spesso di ogni altra: sostenibilità. E' diventato una parola del gergo internazionale, con quasi tanti significati quante sono el persone che la usano. Coloro fra noi che hanno parlato di sostenibilità per molto tempo hanno smesso di definirla. A volte diciamo che è come il jazz, o la qualità, o la democrazia – non la si conosce definendola, la si conosce sperimentandola, entrandoci dentro, vivendola – o forse piangendo la sua assenza. Ma qualsiasi cosa si dica a parole non è Sostenibilità, sono solo Parole. Quelli che Sanno non parlano, quelli che parlano non Sanno.

Questo naturalmente è un modo per non prendersi la responsabilità, ovviamente. C'è una definizione ufficiale perfettamente buona, che proviene dal rapporto del 1987 della Commissione Internazionale per l'Ambiente e lo Sviluppo:

La specie umana ha la capacità di raggiungere uno sviluppo sostenibile – soddisfare le necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le loro.

Questa definizione ha due parti – soddisfare i bisogni e farlo in un modo che preservi le risorse naturali, umane e sociali con le quali vengono soddisfatti i bisogni. E' importante ricordare questo, perché la discussione troppo spesso si divide fra coloro che voglio soddisfare i bisogni e coloro che vogliono proteggere l'ambiente, come se far l'uno sia incompatibile col fare l'altro. La differenza fra gli ambientalisti tradizionali e “quelli della sostenibilità” è la capacità di mantenere il la concentrazione sul benessere sia degli esseri umani sia dell'ambiente allo stesso tempo e di insistere sue entrambi.

Nella mia mente io integro quella definizione ufficiale di sostenibilità con la spiegazione chiara ed innegabile di Herman Daly di cosa significa in termini fisici:


1. Le risorse rinnovabili non devono essere usate più rapidamente di quanto si possano rigenerare.

2. Inquinamento e rifiuti non devono essere immessi nell'ambiente più rapidamente di quanto l'ambiente possa riciclarli e renderli innocui.

3. Le risorse non rinnovabili non devono essere usate più rapidamente di quanto i sostituti rinnovabili (usati sostenibilmente) possano essere sviluppati.

In quelle condizioni non c'è una nazione, una società, una città, una fattoria, o una famiglia sulla Terra che sia sostenibile. Virtualmente, tutta la grande pesca del mondo viola la condizione 1. L'economia mondiale nel suo complesso viola la condizione 2 emettendo biossido di carbonio il 60-80% più rapidamente di quanto l'atmosfera possa riciclarlo. Ma a peggiorare le cose, aggiungerei  altre due condizioni di sostenibilità che credo siano ovvie.

4. La popolazione umana e l'impianto di capitale fisico devono essere mantenuti a livelli sufficientemente bassi da permettere alle prime 3 condizioni di essere soddisfatte.

5. Le precedenti 4 condizioni devono essere soddisfatte tramite processi che siano sufficientemente democratici ed equi di modo che le persone si attivino per favorirli.

Sostenibilità significa tutto questo per me, significa una visione completa del mondo per cui voglio lavorare e vivere. Contiene componenti di spiritualità, di comunità, di decentralizzazione, di un completo ripensamento dei modi in cui usiamo il nostro tempo, definiamo i nostri lavori e conferiamo potere a governi e multinazionali. “Sostenibilità” è una parola terribilmente inadeguata per ciò che
intendo. Qualsiasi parola di sei sillabe è troppo lunga per organizzarci intorno un movimento popolare ed allo stesso tempo troppo corta per comprendere una visione completa. E troppe persone la percepiscono come “sostenere” il mondo che abbiamo ora, mentre io in realtà la intendo come fomentare una rivoluzione.

venerdì 26 agosto 2016

Il "meme terremoto": una vita media di circa 15 giorni



I risultati di una ricerca del termine "Terremoto" su Google trends si leggono un po' come un sismogramma. Vediamo i picchi principali per il terremoto del 2009 a L'Aquila e quello del 2012 in Emilia Romagna. Poi, a ogni picco più piccolo corrisponde qualche terremoto di cui non ci ricordiamo più, per esempio nel Dicembre 2004 c'erano stati dei terremoti con epicentro su Cosenza e su Firenze. Fra breve, vedremo  un nuovo picco in corrispondenza con il terremoto di qualche giorno fa.

Il problema è che l'attenzione si risveglia quando succede qualche disastro, per poi riaddormentarsi immediatamente dopo. Guardate questi dati di google trends relativi al terremoto dell'Aquila del Marzo 2009



La fase acuta di attenzione per il terremoto è durata circa 15 Giorni. Dopo tre settimane era caduta praticamente a zero. Così, possiamo dire con buona certezza che l'interesse per il terremoto di questi giorni sarà completamente scomparso per metà Settembre.

Entro certi limiti, questo comportamento è inevitabile: è il "meme terremoto" che si comporta come deve, come l'equivalente virtuale del gene portato da un virus. E' un fenomeno epidemico, un po' come l'influenza che arriva tutti gli anni.

Tuttavia, il fatto che il terremoto sia un meme non vuol dire che debba avere una vita così breve. Dopo le immagini impressionanti che vediamo in TV, sembrerebbe che uno se ne dovrebbe ricordare per un pezzo. E invece no; sparisce completamente dopo qualche settimana, lasciando quasi zero tracce. Anche senza Google trends, ce ne accorgiamo quando, alla catastrofe seguente, ci si accorge che nessuno ha preso provvedimenti per evitarla.

Questo succede per tutti gli eventi catastrofici. Hanno un' "esplosione mediatica" che dura un tempo molto breve, ma non lasciano tracce. Questo fa si che la necessità di prendere precauzioni non appaia quasi mai nel dibattito politico. I politici prendono voti parlando di grandi opere e di far ripartire la crescita, ma è difficile che si azzardino a menzionare la necessità di spendere molti soldi per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio obsoleto e insicuro che abbiamo in Italia. Lo stesso succede per il cambiamento climatico, il pericolo di alluvioni, e tutti i vari rischi "sistemici" di cui poche cassandre si azzardano ogni tanto a parlare.

E allora? Beh, c'è poco da fare. E' il mondo in cui viviamo. Cassandra era già stata ignorata al tempo della guerra di Troia e non c'è da stupirsi che lo siano ancora oggi.



 


martedì 23 agosto 2016

Prevedere il futuro

di Jacopo Simonetta


Prevedere il futuro è sempre stato il sogno degli uomini, ma non ci siamo ancora riusciti e non ci riusciremo, se non con molta, moltissima approssimazione.
In tempi remoti ci abbiamo provato scrutando le viscere degli animali sacrificati, la posizione degli astri e molto altro ancora. Cose che ora consideriamo ridicole, malgrado siano state praticate da molte delle persone più intelligenti della storia.   Attualmente ci proviamo costruendo macchine calcolatrici pazzescamente complesse, su cui girano programmi incredibili, ma il risultato è spesso deludente.   Ci cono delle buone ragioni perché sia e rimanga così.

Sistemi a sorpresa.
Il maggiore aiuto agli "auguri" odierni viene da una branca della scienza particolarmente nuova e seducente: la Dinamica dei Sistemi.   Uno dei principali ricercatori e divulgatori di questa branca scientifica fu la compianta Donella Meadows che, fra le tante altre cose, ci ha insegnato che  i sistemi complessi facilmente sorprendono coloro che li studiano.   Anche quando sono molto bravi.
Facciamo subito due esempi, per capire il problema.
La bomba demografica:   50 anni fa, molti si aspettavano che negli anni ’70 ci sarebbero state grandi carestie che, viceversa,  non si sono viste.   Allora la bomba non esiste?   Certo che esiste ed è anche esplosa facendo un botto che sta facendo tremare l’intero assetto geopolitico mondiale.   Fra l’altro, sta trasformando il mondo arabo in un'inferno, rischia di mandare in frantumi l’Unione Europea e forse contribuirà a portare uno come Trump alla presidenza degli Stati Uniti.   Vi pare poco? Solo che l’esplosione è avvenuta 40 anni dopo il previsto ed in modi per ora molto diversi da quello che si pensava negli anni ’70.

Cinquanta anni addietro si considerava buono un raccolto di grano di 40 q/ha e le gente era strettamente vincolata al paese d’origine.   I trasporti ed il mercato internazionali erano limitati.   Prevedere che la crescita demografica avrebbe provocato carestie ancora peggiori di quelle avvenute negli anni ’60 era quindi logico.    Ma anche se l’analisi era corretta, era comunque parziale ed il sistema ha reagito in modo imprevisto.    Innanzitutto la “petrolizzazione” dell’agricoltura ha permesso di accrescere per parecchi decenni le rese agricole in maniera spettacolare.
In secondo luogo, la fine della guerra fredda e la globalizzazione hanno permesso a milioni di persone di spostarsi da uno stato all’altro senza che gli sparassero addosso.   Un fatto impensabile 40 anni addietro.
In terzo luogo, lo sviluppo dei commerci internazionali e dei trasporti consentono di far affluire derrate in qualunque parte del mondo, salvo impedimenti specifici.   Così lo scoppio della bomba demografica non c’è stato come previsto a quota  5 miliardi di persone, bensì una volta raggiunti i 7.    Ma soprattutto non ha preso la forma di grandi carestie, bensì di grandi migrazioni.   Per il momento.
E’ chiaro che negli anni a venire le cose cambieranno, ma sarebbe molto azzardato dire come poiché cambiamenti importanti avverranno contemporaneamente in diverse parti del sistema, cambiandone il comportamento in modo probabilmente sorprendente.
Il picco del petrolio.   Previsto da molto tempo per la prima decade del XXI secolo, il picco del petrolio convenzionale è puntualmente avvenuto a cavallo del 2005, ma anziché scatenare corsa dei prezzi e carenza cronica, per ora ha portato ad un relativo crollo dei prezzi ed una sovrabbondanza di petrolio tale da mettere in crisi l’industria del carbone.
Anche in questo caso, i modelli derivati da Hubbert non erano sbagliati, ma erano parziali.   Nella fattispecie, non si era tenuto sufficientemente conto di due fattori che, a posteriori, si sono dimostrati fondamentali: il rapidissimo ed enorme sviluppo dei petroli “non convenzionali” e la gravità della crisi economica globale.   Quest’ultima, a sua volta, in parte legata alla scarsa efficienza energetica di molti fra i giacimenti messi precipitosamente in produzione nei 10 anni scorsi.   Il risultato è stato un’erosione dei margini di guadagno dell’industria petrolifera, a fronte di un prezzo al consumo dei prodotti finali che rimane comunque alto.   In pratica, non è il petrolio che manca, bensì l’energia netta per l’industria, il che concorre a produrre una crisi economica apparentemente senza uscita che, a sua volta, deprime i consumi e strangola l’industria.
Anche in questo caso, l’unica previsione che non teme smentite è che questa situazione cambierà drasticamente e rapidamente, ma prevedere in quale direzione sarebbe molto azzardato.   Il numero di variabili coinvolte e la loro parziale interdipendenza rendono il sistema intrattabile nella sua totalità.

Conclusione.

Per non sbagliare, dovremmo considerare il sistema Terra nel suo insieme con tutte le sue variabili, ma ciò è semplicemente impossibile.   Molte delle variabili non sono neanche conosciute e, comunque, sarebbe troppo complicato.   Dunque dobbiamo necessariamente considerare dei sotto-sistemi che dobbiamo in qualche modo isolare dal resto, ma si tratta sempre di un esercizio di approssimazione i cui risultati sono da valutare a posteriori, caso per caso.

In questa scelta possiamo optare per sotto-sistemi grandi, ma allora possiamo considerare solo poche variabili molto aggregate, come fu fatto con Word3, e necessariamente si perdono i dettagli.   Oppure possiamo considerare sistemi molto parziali, ad esempio il prezzo del petrolio, ma in questo caso si perdono le connessioni con altri fattori determinanti del contesto n cui evolve ciò che si studia.
L’abilità del ricercatore, in definitiva, consiste in gran parte nello scegliere i limiti del sotto -sistema da studiare.   Limiti spaziali, temporali e funzionali.   Quindi bisogna capire quali sono le variabili principali nel particolare contesto che si è scelto.   La qualità del risultato dipende in gran parte da questo.   Insomma, l’intuito è una facoltà determinante per chi vuole studiare il futuro.
Il pensiero sistemico è uno strumento estremamente potente e versatile per analizzare la realtà.   Alcuni grandi maestri di questa branca scientifica sono stati in grado di capire molto tempo fa cose che stanno succedendo adesso, ma formulare previsioni dettagliate rimane e rimarrà impossibile.   Ad esempio, si può scommettere sul fatto che la popolazione umana mondiale si ridurrà in modo consistente nel corso di questo secolo.   Ma nessuno è in grado di dire come e quando questo avverrà nei diversi paesi.
Parimenti, sappiamo per certo che la quantità di energia netta disponibile diminuirà, ma non possiamo assolutamente dire con quali conseguenze per i differenti paesi e per le diverse classi sociali.
L’unica previsione che non teme smentite è che la realtà troverà sempre il modo di sorprendere chi la studia.


venerdì 19 agosto 2016

I combustibili fossili e il dirupo di Seneca

Analisi quantitativa del picco del petrolio e dei combustibili fossili 

di Alessandro Pulvirenti




Si sente spesso parlare del Picco del petrolio (o di tutti i combustibili fossili), ma poche volte si vedono analisi quantitative che permettano di conoscere la situazione anno per anno. Cosciente che con le parole si può dire tutto e il contrario di tutto, ho realizzato un sito (che attualmente è offline per mancanza di fondi) che permette un'analisi in tempo reale e interattiva. Basta cambiare gli opportuni parametri e si ottengono immediatamente le relative curve e tabelle.

Già in passato questo tipo di analisi l’avevo presentata nel mio sito, ma adesso si arricchisce di ulteriori parametri non considerati in passato.

1. Investimenti: è possibile indicare il livello degli investimenti previsti (da 0 a 5 max);
2. Scoperte: è possibile includere una percentuale di riserve che si suppone possano essere scoperte.

Questo permette: sia di spiegare come mai il picco del petrolio sembra stia ritardando, e sia includere le possibili scoperte che ci potrebbero essere. Ci si accorgerà che maggiori sono gli investimenti e più la curva sinusoidale diventa un Dirupo di Seneca.

Iniziamo subito presentando i parametri iniziali:


(Gtep = Miliardi di Tonnellate di Petrolio Equivalenti di energia)

Come si vede, partiamo dal caso in cui gli investimenti siano al livello minimo (zero) e non si prevedono scoperte. La situazione quantitativa iniziale è la seguente:


Da questi dati e parametri, otteniamo i seguenti risultati per il petrolio:


Come si vede, il picco del petrolio dovrebbe essere già quest’anno, ma non lo sarà, in quanto gli investimenti in realtà ci sono e si chiamano: petroli non convenzionali (sabbie bituminose, petrolio di scisto, ...).


Tutti i combustibili fossili dovrebbero raggiungere il picco dell’energia netta disponibile nel 2025 (tra 9 anni).
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Adesso, cambiamo il parametro degli investimenti e mettiamo il livello massimo (potremmo fare più casi, ma per non dilungarci, andiamo subito al massimo).


Così facendo, il picco netto del petrolio si sposta al 2026 (tra 10 anni).


Il picco netto di tutti i combustibili fossili si sposta al 2036 (tra 20 anni).
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Dopo queste analisi, spesso, la prima obiezione che si solleva è quella di dire che: ancora combustibili fossili ce ne sono da scoprire; e noi le aggiungiamo.


Aggiungiamo un 20% di scoperte possibili di combustibili fossili (160 Gtep); se vi sembra poco, sappiate che l’Arabia Saudita ha risorse petrolifere per soli 36 Gtep, quindi, abbiamo aggiunto circa 4,5 volte tanto (però noi li aggiungiamo come combustibili fossili, non solo come risorse petrolifere).


Il picco del petrolio si sposta al 2032, tra 16 anni.



Il picco di tutti i fossili si sposta al 2043 (tra 27 anni).

Quest’ultimo grafico mostra in modo evidente il “Dirupo di Seneca”.

Quindi, nella migliore delle ipotesi: in cui ci siano grandi investimenti e grandi giacimenti da scoprire; si avranno ancora solo 16 anni di petrolio e 27 anni se consideriamo anche gas e carbone.

Cosa avverrà quando si raggiungerà il picco?

Semplice, la nostra società entrerà prima in stagnazione e poi in recessione irreversibile.

Bastano 16 anni per trovare e applicare una soluzione al problema energetico?

Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che: "tra 16 anni il flusso di petrolio diminuirà, ma ce ne sarà ancora per andare avanti…"

E voi pensate che: in una società in recessione si possono trovare le risorse per continuare a fare Ricerca e investimenti per molti anni?

Non penso proprio!

(P.S: per chi pensa che la Fusione nucleare ci salverà, spero prossimamente di poter fare un post anche su questo argomento e vedere la vera realtà dietro alle varie illusioni raccontate).

By Alessandro Pulvirenti


martedì 16 agosto 2016

Riscaldamento globale: nuovi provvedimenti del governo!


Secondo  i dati diffusi dalla NASA Lunedì, Luglio 2016 è stato il mese più caldo mai misurato. Il 2016 si avvia a diventare l'anno più caldo della storia delle misure di temperatura globale, polverizzando tutti i record precedenti.


Per fortuna, il governo sta prendendo provvedimenti: per cominciare, ha eliminato dal palinsesto di RAI-3 il programma Scala Mercalli che era l'unico rimasto a discutere di questi argomenti.

Non siete contenti di avere un governo che si preoccupa così tanto del vostro benessere mentale?

Se però pensate che il governo dovrebbe anche preoccuparsi un po' del vostro benessere fisico, potete firmare una petizione per riaprire il programma di Luca Mercalli


sabato 13 agosto 2016

La bella scienziata russa che rivoluziona la scienza del clima


Scusate per questo post un po' "leggero," deve essere l'atmosfera rilassata di ferragosto. Ma questa storia era troppo gustosa per non commentarla.


"New Ice Age" è un blog gestito da un gruppo di dilettanti che continuano da anni a sostenere più o meno quello che hanno scelto come titolo del blog: il prossimo avvento di una nuova era glaciale (non è uno scherzo, ci credono davvero!).

Se per caso vi venisse l'idea di prenderli sul serio, l'ultimo post apparso sul loro blog, pomposamente intitolato "falsi allarmismi sul riscaldamento globale," dovrebbe dirvi qualcosa a proposito del loro livello di competenza e di serietà. Come vedete qui sopra, il post mostra la foto di una persona definita prima "la bella russa" e poi "la giovane, bella donna" che dovrebbe essere la professoressa Valentina Zarkhova dell'università di Northumbria.

Il primo problema è che la "bella russa" mostrata nella foto NON è Valentina Zharkova; la cui foto potete trovare sul sito dell'università di Northumbria, ma un'altra persona. Quelli di New Ice Age hanno fatto copia e incolla da un post di tal "Fernando Arno" apparso su Facebook, senza minimamente preoccuparsi di verificare che riportasse dati corretti - come del resto non ha fatto il sig. Arno. (incidentalmente, ho scoperto poi che la Sig.ra Zharkova non è nemmeno Russa, è Ukraina. Altra bella castroneria del sito)

A parte la cialtronaggine di cui sopra, direi che è ben peggiore il fatto che questi qui insistano sulla bellezza fisica di una ricercatrice come se questo fosse rilevante per il suo valore scientifico. E' una cosa che la dice lunga sull'atteggiamento che hanno nei riguardi non solo della scienza ma anche delle donne. E non capiscono come possa essere fastidioso per una donna essere trattata in questo modo. Pensateci sopra un momento: come dovreste sentirvi se foste la prof. Zharkova e se vi capitasse di leggere il post di New Ice Age? Io, perlomeno, mi posso immaginare come mi sentirei se mi trovassi davanti un post in cui Ugo Bardi viene definito come "il bell'italiano," illustrato con una foto di Leonardo di Caprio.

Allora, se questi qua vogliono essere presi sul serio, non sarebbe il caso, perlomeno ogni tanto, di mostrare un minimo di serietà e di buone maniere?


Credo (e spero) che correggeranno quanto prima il post. Comunque, per il record, ecco un'immagine della pagina come appariva il 13 Agosto - in una cattura dello schermo include l'intestazione del blog





venerdì 12 agosto 2016

Hiroshima e i 71.000 morti in un secondo



Hiroshima: 71 mila morti in un secondo

Di Silvano Molfese




In occasione del 71-esimo anniversario del bombardamento nucleare di Hiroshima, il 6 Agosto 1945, questa foto ritrae di 38 pagine, ciascuna della quale contiene un numero di cerchietti per un totale di 71.000, tanti quante le persone morte al momento dell’esplosione. (*)


La costruzione della bomba atomica fu “la più grande e veloce impresa industriale mono-prodotto della storia dell’uomo, a tutt’oggi. Le persone implicate nel progetto Manhattan erano zero all’inizio del 1942 e furono valutate in seicentomila nell’agosto del 1945. Con Hiroshima e Nagasaki è stato battuto il record delle persone incenerite al secondo, settantunomila. Naturalmente i morti per effetti secondari furono tre o quattro volte tanto.” (Sertorio, "Storia dell'Incertezza", 2013, pag. 6)

Leggendo il libro Storia dell’incertezza, scritto dal fisico Luigi Sertorio da cui ho tratto queste righe, ho pensato di rendere con un colpo d’occhio il numero delle persone che ad Hiroshima perirono all’istante.

Dopo aver impiegato tempo ed energie per visualizzare la potenza distruttiva dell’arma nucleare sono rimasto deluso dalla foto che ho fatto delle trentotto pagine. Al di là delle mediocri abilità fotografiche ed informatiche del sottoscritto, credo che ci sia una grande difficoltà a rendere l’idea dei mortali effetti sull’uomo della bomba atomica con una sola immagine.

Riporto la domanda introduttiva al testo citato di Luigi Sertorio relativa ai comportamenti dell’uomo: “sa quello che fa?”




(*) Ho usatola lettera maiuscola O, carattere Calibri, dimensione 10, grassetto. Ogni pagina contiene 1908 lettere tranne l’ultima che è composta da 404 cerchietti.


giovedì 4 agosto 2016

Alcune riflessioni sul crepuscolo dell'era del petrolio – parte prima

Da “Cassandra's Legacy”. Traduzione di MR




Guest post di Louis Arnoux

Questo post in tre parti è stato ispirato dal recente post di Ugo riguardo a “Un mondo 100% rinnovabile è possibile?” e dalla recente discussione nel gruppo di discussione di Ugo su come mai gli “Economisti ancora non capiscono?” Il post integra anche numerose discussioni e scambi che ho avuto con colleghi e partner d'affari negli ultimi tre anni.

Introduzione
Almeno dalla fine del 2014 c'è stata una confusione crescente su prezzi del petrolio, se il cosiddetto “picco del petrolio” si fosse già verificato o se si verificherà in futuro e quando, per questioni di valori di EROI (o EROEI) delle attuali fonti energetiche e delle alternative, cambiamento climatico e fantasmatico limite di riscaldamento di 2°C e riguardo alla fattibilità del passare rapidamente a fonti di energia rinnovabili o sostenibili. In generale, conta molto se un orizzonte temporale ragionevole per agire è, diciamo, di 50 anni, nel complesso i guai che stiamo contemplando si verificano ben oltre il 2050, o se siamo già in guai seri e il quadro temporale per cercare di tirarci fuori è di circa 10 anni. Rispondere a questo tipo di domanda richiede di fare molta attenzione alle definizioni di limite di sistema ed esaminare tutte le cose date per scontate.

Ci sono voluti oltre 50 anni perché i climatologi venissero ascoltati e che i politici raggiungessero l'Accordo di Parigi sul cambiamento climatico (CC) e la chiusura della COP21 l'anno scorso. Come senza dubbio potere cogliere dal titolo, io sono dell'idea che non abbiamo 50 anni per disperarci per il petrolio. Nelle tre sezioni di questo post per prima cosa esaminerò accuratamente dove ci troviamo in senso petrolifero; poi considererò in che modo questa situazione ci richieda di fare del nostro meglio per districarci dall'attuale confusione prevalente e pensare direttamente al nostro dilemma e nella terza parte offrirò alcune considerazioni a proposito del breve termine, i prossimi 10 anni – come affrontarlo, cosa non funzionerà e cosa potrebbe e l'urgenza di agire, senza ritardi.


Prima parte – Alice guarda il fondo del barile
Nel suo recente post, Ugo ha contrastato il punto di vista dei lettori di Doomstead Diner con quella degli esperti di energia a proposito della fattibilità della sostituzione dei combustibili fossili in un quadro temporale ragionevole. Dal mio punto di vista, gli ospiti di Doomstead avevano una percezione della situazione molto migliore di quella degli “esperti” del sondaggio di Ugo. Ad essere franchi, lungo le attuali linee prevalenti non ce la faremo. Qui non mi riferisco solo ai partiti del BAU (Business As Usual) che sostengono la bella vita basata su combustibili fossili e nucleare. Includo anche tutti gli attuali sforzi per implementare le alternative e combattere i CC. Ecco il perché.

Il costo della sostituzione di sistema
Ciò che un gran numero di specialisti di tecnologie energetiche non colgono sono le sfide della sostituzione di un intero sistema – passare da un basato sui combustibili fossili ad un 100% sostenibile in un dato periodo di tempo. Naturalmente, la prima domanda riguarda la necessità o meno di una sostituzione dell'intero sistema. Per coloro di noi che hanno già concluso che questa è una necessità urgente, se solo dovuta al CC, non c'è bisogno di discuterne qui. Per coloro che non hanno ancora chiarezza su questo punto, spero che la cosa diventerà molto più chiara fra qualche paragrafo.

Quindi tornando per ora alla sostituzione dell'intero sistema, la prima sfida ai quali molti rimangono ciechi è l'enorme costo energetico della sostituzione dell'intero sistema in termini di 1° Principio della Termodinamica (cioè quanta energia netta serve per sviluppare ed dispiegare un intero sistema alternativo, mentre quello vecchio deve essere mantenuto in funzione e progressivamente sostituito) e che riguarda anche il 2° Principio della Termodinamica (cioè, il calore di scarto implicato nel processo di sostituzione dell'intero sistema). I problemi implicati sono per prima cosa capire quanta energia primaria fossile richiede un tale passaggio, in aggiunta a quella richiesta dal BAU in corso e fino al momento in cui una qualsiasi alternativa sostenibile sia riuscita a diventare auto sostenuta, poi accertarsi da dove potrebbe provenire quest'energia addizionale.

La fine dell'era del petrolio è adesso
Se avessimo un intero secolo di fronte a noi per fare la transizione, sarebbe relativamente facile. Sfortunatamente, non abbiamo più quell'agio visto che la seconda sfida chiave è il quadro temporale rimanente per la sostituzione completa del sistema. Ciò che sfugge a molti è che la fine rapida dell'era del petrolio è iniziata nel 2012 e sarà finita entro 10 anni. Al meglio della mia conoscenza, il materiale più avanzato su questo argomento è l'analisi termodinamica dell'industria petrolifera (IP) come sistema complessivo intrapresa da The Hill's Group (THG) più o meno negli ultimi due anni (http://www.thehillsgroup.org). Il THG sono degli ingegneri petroliferi statunitensi con grande esperienza condotti da B.W. Hill. Trovo la sua analisi elegante e dura. Per esempio, una delle sue uscite riguarda i prezzi del petrolio. In un periodo di 56 anni, il suo fattore di correlazione coi dati storici è di 0,995. Di conseguenza, hanno cominciato ad avvertire circa il crollo del prezzo del petrolio che è iniziato nel 2014 già nel 2013 (vedete: http://www.thehillsgroup.org/depletion2_022.htm). In ciò che segue mi baso sul rapporto del THG e sul mio lavoro.

Tre figure che riassumono la situazione in cui ci troviamo piuttosto bene, dal mio punto di vista.



Figura 1 – Fine del gioco

Per ragioni puramente termodinamiche, l'energia netta consegnata al mondo industriale globalizzato (MIG) per barile dall'industria petrolifera (IP) sta rapidamente tendendo a zero. Per energia netta intendiamo qui ciò che la IP consegna al MIG, essenzialmente sotto forma di carburanti per il trasporto, dopo che è stata sottratta l'energia usata dall'IP per esplorazione, produzione, trasporto, raffinazione e consegna dei prodotti finali. Tuttavia, le cose precipitano ben prima di raggiungere “ground zero”, cioè, entro 10 anni l'IP come la conosciamo si sarà disintegrata. In realtà, diversi analisti di enti come Deloitte Chatham House, che fanno vaticini finanziari, stanno progressivamente raggiungendo lo stesso tipo di conclusione. [1] L'era del petroliosta finendo adesso, non in una lenta, dolce e lunga discesa dal “Picco del petrolio”, ma un in rapido esaurimento dell'energia netta. Questo ora si combina con cose come il cambiamento climatico e i problemi di debito pubblico per generare quella che chiamo un “tempesta perfetta”, grande abbastanza da mettere in ginocchio il MIG.


In un mondo come quello di Alice

Al momento, sotto il paradigma prevalente, non esiste alcun modo conosciuto per uscire dalla tempesta perfetta entro i limiti di tempo emergenti (il tempo disponibile si è contratto di un ordine di grandezza, da 100 a 10 anni). E' qui che penso che il lettori di Doomstead Diner prevedono bene. Molti lettori hanno senza dubbio famigliarità col cosiddetto effetto “Regina rossa”, illustrato nella figura 2 – dover correre forte per rimanere nello stesso punto ed ancora più forte per riuscire ad andare avanti. L'IP è pienamente alle prese con questo effetto.






Figura 2 – Bloccati su un binario che va verso il nulla


La parte alta della Figura 2 evidenzia che, a causa del declino dell'energia netta per barile, l'IP deve continuare a correre sempre più veloce (vedi pompare petrolio) per continuare ad alimentare il MIG con l'energia netta di cui necessita. Ciò che a molti sfugge è che a causa dello stesso rapido declino dell'energia netta per barile verso lo zero, l'IP non può continuare a “correre” per più di qualche anno – per esempio B.W. Hill considera che entro 10 anni il numero di pompe di benzina negli Stati Uniti si sarà ridotto del 75%...

Ciò che a sua volta molti trascurano, raffigurato nella parte bassa della Figura 2, è ciò che chiamo l'effetto regina rossa inverso (1/RR). Costruire un intero sistema alternativo richiede energia, che inizialmente deve provenire in larga parte dall'attuale sistema alimentato a combustibili fossili. Se il passaggio avviene troppo rapidamente, il drenaggio di energia netta uccide letteralmente il sistema BAU esistente. [2] Più il tempo della transizione è breve, più duro è l'effetto 1/RR.

Stimo che il tasso di crescita limite di tutto il sistema alternativo sia del 7% di crescita all'anno. In altre parole, gli attuali tassi di crescita del solare e dell'eolico, ben al di sopra del 20% e in alcuni casi oltre il 60, non sono praticabili globalmente. Tuttavia, il tipo di tassi di crescita necessari per una transizione molto breve nel quadro temporale della tempesta perfetta, nell'ordine del 35%, sono ancora meno praticabili – se ci atteniamo al paradigma prevalente, cioè. Come suggerisce la parte finale della Figura 2, c'è una via d'uscita concentrandosi sull'attuale enorme spreco di energia, ma attualmente questa strada non viene presa.

Sulla strada per Olduvai
Dal mio punto di vista, dato che quasi tutto all'interno del MIG richiede trasporto e che detto trasporto dipende ancora per circa il 94% da carburanti derivati dal petrolio, il rapido esaurimento dell'energia netta del petrolio deve essere considerata come l'evento che definisce il XXI secolo – governa la funzionalità di tutte le altre fonti di energia, così come quella dell'intero MIG. A questo proposito, il parametro cruciale da considerare non è la quantità assoluta di petrolio estratto (come fanno persino i “picchisti”), come i milioni di barili prodotti all'anno, ma l'energia netta proveniente dal petrolio pro capite della popolazione globale, visto che quando questa si avvicina troppo allo zero ci dobbiamo attendere un collasso sociale completo, globalmente.

Il quadro complessivo, come descritto nella Figura 3, è quello della “Madre di tutte le curve di Seneca” (per usare l'espressione di Ugo). Presenta l'energia netta pro capite della popolazione globale. [3] La Gola di Olduvai come sfondo è un ammiccamento allo scenario del dottor Richard Duncan (egli ha usato i barili di petrolio equivalenti, che è stato un errore) e utile a sottolineare le terribili conseguenze nel caso raggiungessimo “il fondo della gola” - una specie di destino da “cacciatori-raccoglitori postmoderni”.

Il petrolio è stato usato per migliaia di anni, in modo limitato nelle aree in cui questo sgorgava naturalmente o dove potevano essere scavati piccoli pozzi. Si è iniziato ad estrarre sabbie bituminose in maniera industriale nel 1745 a Merkwiller-Pechelbronn, nel nordest della Francia (il luogo di nascita di Schlumberger). Da tali inizi molto modesti ad un picco all'inizio degli anni 70, l'ascesa ha impiegato oltre 220 anni. La ricaduta verso lo zero impiegherà circa 50 anni. L'incredibile crescita economica nei tre decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale è stata di fatto alimentata da una crescita del 321% dell'energia netta pro capite. Il picco di 18 GJ a testa circa nel 1973 è stato in realtà di circa 40 GJ a testa per coloro che avevano accesso al petrolio in quel momento, cioè la parte industrializzata della popolazione globale.






Figura 3 – La “Madre di tutte le curve di Seneca”


Nel 2012 l'IP ha cominciato ad usare più energia per barile nei suoi processi (dall'esplorazione petrolifera al trasporto dei carburanti alle pompe di benzina) del netto che consegna al MIG. Ora ci troviamo al di sotto dei 4 GJ di energia a testa e diminuisce rapidamente.


In realtà è questo ora che governa i prezzi: dal 2014, tramite milioni di transazioni commerciali (che fungono da “mano invisibile” dei mercati), sta progressivamente filtrando la realtà secondo cui il MIG si può permettere solo prezzi del petrolio in proporzione alla quantità di crescita del PIL che può essere generato da un'energia netta consegnata per barile in rapida contrazione, che non è più molta. Presto sarà zero. Quindi i prezzi del petrolio sono in realtà in una tendenza al ribasso verso lo zero.


Per farvi fronte, l'IP ha cannibalizzato sé stessa dal 2012. Questa tendenza sta accelerando ma non può continuare molto a lungo. Persino gli analisti mainstream hanno cominciato a riconoscere che l'IP non sta più rifondendo le proprie riserve. Siamo entrati in tempi di svendita, come mostrato dai recenti annunci dell'Arabia Saudita (il cui giacimento principale, Ghawar, è probabilmente esaurito per oltre il 90%) per vendere parte della Aramco e fare un rapido passaggio da una dipendenza del 100% dal petrolio verso il “solare”.

Dato ciò che descrivono le Figure da 1 a 3, dovrebbe essere ovvio che riprendere la crescita lungo le linee del BAU non è più fattibile e che affrontare il CC come previsto alla COP21 di Parigi è a sua volta non fattibile e che esporsi ad ancora più debito che non potrà mai essere rimborsato non è più una soluzione, nemmeno sul breve termine.

E' tempo di “quagliare” e ciò richiede un cambiamento di paradigma in grado di evitare entrambi i limiti di gli effetti RR e 1/RR. Dopo quasi 45 anni di ricerca, i miei colleghi ed io pensiamo che questo sia ancora fattibile. A meno di questo, no, non ce la faremo, in termini di sostituzione delle risorse fossili con quelle rinnovabili all'interno del quadro temporale rimanente o in termini di sopravvivenza del MIG.


A seguire:


Parte seconda – Indagare l'appropriatezza della domanda

Parte terza - Trovarsi leggermente oltre il bordo del dirupo


[1] Vedete per esempio, Stevens, Paul, 2016, Società petrolifere internazionali: la morte del vecchio modello di business, Energia, saggio di ricerca, Energia, Ambiente e Risorse, Chatham House; England, John W., 2016, A corto di capitale? Il rischio di mancanza di investimento in petrolio e gas è amplificato dalle priorità di cassa in competizione, Deloitte Center for Energy Solutions, Deloitte LLP. La Banca di Inghilterra ha recentemente commentato: “L'industria del petrolio greggio e del gas naturale assediate hanno tagliato le spese di capitale fino ad un punto al di sotto dei livelli minimi necessari per sostituire le riserve – la sostituzione di riserve provate nel passato ha costituito circa l'80% della spesa dell'industria. Tuttavia, l'industria ha tagliato le sue spese di capitale di un totale del 50% nel 2015 e nel 2016. Secondo il nuovo studio di Deloitte [di cui si è parlato sopra], questa mancanza di investimento esaurirà rapidamente la disponibilità futura di riserve e di produzione”.

[2] Questo effetto viene anche definito “cannibalizzazione”. Vedete per esempio, J. M. Pearce, 2009, Strategie di mitigazione dei gas serra per sopprimere il cannibalismo energetico, Seconda conferenza sulla tecnologia del cambiamento climatico, 12-15, Hamilton, Ontario, Canada. Tuttavia, nell'industria petrolifere e più in generale nell'industria estrattiva, il cannibalismo di solito si riferisce a ciò che fanno le società quando stanno raggiungendo la fine delle riserve estraibili e tagliano sulla manutenzione, svendono beni o ne acquisiscono alcuni da società fallite per cercare di sopravvivere un po' più a lungo. Attualmente sono in corso molte cessioni di beni per rattoppare il petrolio e il gas di scisto, stessa cosa fra le major, Lukoil, BP, Shell, Chevron, etc… Fra i tagli di spesa e le cessioni di beni le quantità coinvolte sono nell'ordine di 1-2 trilioni di dollari.

[3] Questo grafico è basato sui dati di energia netta di THG, sui dati di produzione della BP e sui dati demografici dell'ONU.

lunedì 1 agosto 2016

Quanto effetto serra genera un bambino in più?



Da“OSU”.Traduzione di MR (via Bodhi Paul Chefurka)
31/07/2009


CORVALLIS, Oregon. – Alcune persone che sono serie riguardo al voler ridurre la propria “impronta di carbonio” sulla Terra hanno a disposizione una scelta che potrebbe fruttare un beneficio a lungo termine – avere un figlio di meno.

Uno studio degli statistici dell'Università di Stato dell'Oregon (USO) ha concluso che negli Stati Uniti, l'impatto e l'eredità di carbonio e gas serra di un figlio in più è quasi 20 volte più importante di alcune delle altre pratiche ambientali sensibili che le persone potrebbero impiegare per tutta la loro vita – cose come guidare una macchina che consuma poco, riciclare, o usare elettrodomestici energeticamente efficienti e lampadine a basso consumo.
La ricerca chiarisce anche che gli impatti potenziali del carbonio variano drammaticamente di paese in paese. L'impatto a lungo termine del carbonio di un bambino nato negli Stati uniti – insieme a tutti i suoi discendenti – è più di 160 colte l'impatto di un bambino nato in Bangladesh.
Nelle discussioni sul cambiamento climatico tendiamo a concentrarci sulle emissioni di carbonio individuali durante il suo ciclo di vita”, ha detto Paul Murtaugh, un professore di statistica della USO. “Quelli sono problemi importanti ed è essenziale che debbano essere considerate. Ma una sfida aggiuntiva di fronte a noi è la continua crescita della popolazione e l'aumento del consumo globale di risorse”.
In questo dibattito è stata prestata pochissima attenzione all'enorme importanza della scelta riproduttiva, ha detto Murtaugh said. Quando un individuo mette al mondo un bambino – e quel bambino potenzialmente metterà al mondo altri discendenti in futuro – l'effetto sull'ambiente può essere di molte volte l'impatto prodotto da una persona durante il proprio ciclo di vita.
Nelle condizioni attuali degli Stati uniti, per esempio, ogni bambino alla fine aggiunge 9.441 tonnellate di biossido di carbonio all'eredità di carbonio di un genitore medio – circa 5,7 volte le emissioni di un ciclo di vita di cui è responsabile, in media, una persona.

Ed anche se alcune nazioni in via di sviluppo hanno popolazioni molto maggiori e i tassi di crescita della popolazione maggiori di quelli degli Stati Uniti, il loro impatto complessivo sull'equazione globale viene spesso ridotto da aspettative di vita minori e da minore consumo. L'impatto a lungo termine di un bambino nato in una famiglia in Cina è meno di un quinto dell'impatto di un bambino nato negli Stati Uniti, ha scoperto lo studio.
Man mano che il mondo in via di sviluppo aumenta la sua popolazione e i suoi livelli di consumo, questo potrebbe cambiare.
La Cina e l'India ora stanno aumentando costantemente le loro emissioni di carbonio e lo sviluppo industriale ed altre nazioni in via di sviluppo potrebbero a loro volta continuare ad aumentare alla ricerca di standard di vita più alti”, ha detto Murtaugh.
Lo studio ha esaminato diversi scenari di cambiamento dei tassi di emissione, il più aggressivo dei quali è stato di una riduzione del 85% delle emissioni globali di carbonio da adesso al 2100. Ma le emissioni in Africa, che comprendono 34 dei 50 paesi meno sviluppati del mondo, stanno già più del doppio di quel livello.

I ricercatori chiariscono che non stanno sostenendo controlli governativi o l'intervento sui problemi della popolazione, ma dicono che vogliono semplicemente rendere le persone consapevoli delle conseguenze ambientali delle loro scelte riproduttive.
Molte persone sono inconsapevoli del potere della crescita esponenziale della popolazione”, ha detto Murtaugh. “La crescita futura amplifica le conseguenze delle scelte riproduttive dei oggi delle persone, allo stesso modo in cui l'interesse composto amplifica un saldo bancario”.
Murtaugh ha osservato che i loro calcoli sono rilevanti per altri impatti ambientali oltre alle emissioni di carbonio – per esempio, il consumo di acqua potabile, che molti credono stia già scarseggiando.