domenica 13 settembre 2015

La crisi del picco del petrolio: un buco da 4 trilioni di dollari

Da “Post Carbon Institute”. Traduzione di MR (via (Maurizio Tron)


La scorsa settimana i giornalisti del Wall Street Journal si sono messi giù ed hanno fatto un po' di conti. Hanno guardato a quando veniva venduto il petrolio nella primavera del 2014 (oltre 100 dollari al barile), a quanto viene venduto oggi (sotto i 50 dollari) ed hanno concluso che se i prezzi rimangono bassi nei prossimi tre anni, all'industria globale del petrolio e i paesi che finanzia mancheranno 4,4 trilioni di dollari in introiti. Man mano che queste società petrolifere, nazionalizzate e scambiate pubblicamente, produrranno circa la stessa quantità di petrolio nei prossimi anni, i 4 trilioni di dollari dovranno provenire principalmente da profitti e spese di capitale. Ed è qui che viene il problema per il futuro dell'offerta di petrolio. Le grandi società petrolifere, specialmente quelle che esportano gran parte della loro produzione, se la sono passata piuttosto bene negli anni scorsi. Le società petrolifere nazionali hanno realizzato grandi profitti per i loro padroni politici. Quelle scambiate pubblicamente hanno sviluppato una tradizione di pagare i buoni dividendi che detestano tagliare. Ciò fa si che siano principalmente le spese di capitale sull'esplorazione per la produzione di più petrolio nei prossimi anni a fare un tuffo come parte del colpo dei 4 trilioni introiti. Anche se i prezzi del petrolio di 50 dollari al barile o meno non continuassero per i prossimi tre anni, ciò comporta comunque um crollo degli introiti di 1,5 trilioni di dollari all'anno o circa tre volte le spese di capitale previste di circa 500 società petrolifere recentemente esaminate.

sabato 12 settembre 2015

Dodici modi per comunicare il cambiamento climatico in modo più efficace

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Cristiano Bottone)

Sii coerente, parla dei rischi piuttosto che delle incertezze, usa delle immagini, racconta storie di esseri umani e dai il messaggio principale prima degli avvertimenti



Un nuovo manuale suggerisce che coloro che comunicano il cambiamento climatico usino storie ed immagini per rendere più accattivanti i rapporti scientifici complessi. Foto: Ryan McGinnis/Alamy

Di Adam Corner

L'incertezza è una caratteristica inevitabile del dibattito sul cambiamento climatico – proprio come di ogni altro problema complesso scientifico o sociale. Ma gli scettici hanno usato (ed in alcuni casi abusato) della presenza di incertezza nelle proiezioni climatiche per sostenere che la scienza non è sufficientemente definita da giustificare politiche di taglio del carbonio. In risposta, gli scienziati – che tendono per natura alle sfumature, alla cautela e all'andare per tentativi nel loro stile di comunicazione – si sono spesso sentiti spesso costretti a mettere in primo piano le incertezze e gli avvertimenti nel proprio lavoro al posto di concentrarsi sui molti aspetti della scienza del clima sui quali c'è un forte consenso. Purtroppo, le norme che governano il dialogo fra scienziati sono spesso in conflitto diretto coi canoni della comunicazione efficace. Messaggi semplici e concisi sono difficili da estrapolare da dati complessi e caotici.

venerdì 11 settembre 2015

Una recensione di Extracted di Ugo Bardi

Da “OneManTalk.com”. Traduzione di MR (via Club of Rome)

Di Stephen Northey



Mio voto: 7 /10

Titolo: Extracted, come la ricerca della ricchezza minerale ha saccheggiato il pianeta (Link amazon)

Autore: Ugo Bardi



Extracted potrebbe essere descritto come la storia delle risorse della società. Da dove sono venute e dove vanno. Le risorse hanno permesso alla società di sviluppare le moderne tecnologie che stanno alla base del nostro attuale stile di vita. Insieme a questo viene però un livello di dipendenza dalle risorse minerali. Un livello che sarà difficile da sostituire se le risorse dovessero finire.

giovedì 10 settembre 2015

No, il sole non ci salverà dal riscaldamento globale

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Dante Lucco)

Un minimo solare compenserebbe non più di un decennio di riscaldamento globale antropogenico


Anche il più grande minimo solare avrebbe un impatto minore sulle temperature globali in confronto al rapido riscaldamento derivante dall'inquinamento di carbonio umano. Foto: Solar Dynamics Observatory/Nasa

Di Dana Nuccitelli

Alcuni miti-zombie non vogliono proprio morire. Infatti, questo l'ho smentito due anni fa proprio qui sul Guardian. Per riassumere, diversi studi scientifici si sono posti questa domanda, “se il Sole dovesse entrare in un'altra fase quieta prolungata (un grande minimo solare), questo in che modo impatterebbe sulla temperatura globale di superficie”? Tutti gli studi concordano, non causerebbe un raffreddamento maggiore di 0,3°C, che sarebbe sufficiente solo a compensare temporaneamente un decennio di riscaldamento globale antropogenico.

mercoledì 9 settembre 2015

L'epidemia di obesità: un altro problema che non sappiamo come risolvere

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR


Di Ugo Bardi


Un mercato di periferia vicino a Firenze, pochi giorni fa. Questo mercato è frequentato solo da residenti e fornisce una buona prova del fatto che gli italiani, in media, non sono tanto grassi. La maggior parte delle persone che vedete camminare nella foto sono ragionevolmente in forma ed ho cercato con fatica di trovare qualcuno che fosse realmente obeso, ma non ne ho visto nemmeno uno. Risulta infatti che l'Italia è meno colpita dall'epidemia di obesità della maggior parte (anche se non di tutti) dei paesi del mondo occidentale. Ma le cose stanno cambiando rapidamente. Nonostante la dieta mediterranea, anche gli italiani stanno via via guadagnando peso e diventando obesi. L'epidemia di obesità  sembra essere uno di quei problemi che continuano a peggiorare e che semplicemente non sappiamo come risolvere. 


Sappiamo tutti che il mondo soffre di un'epidemia di obesità, che colpisce in particolare i paesi ricchi dell'occidente. Ma cosa rende grasse le persone, esattamente? Si potrebbe dire perché mangiano troppo e fanno pochissimo esercizio e questo sarebbe, ovviamente, vero. Ma i grassi devono essere demonizzati perché non riescono a controllare il loro appetito? Essere sovrappeso e, in particolare, essere obesi, comporta ogni tipo di problema di salute, se ai grassi dicono anche che è colpa loro questo aggiunge ulteriore miseria ad una condizione già triste (*). Eppure questo è un atteggiamento comune (vedete DeShazo et. al.). Ma considerate che è stato sviluppato un intero campo scientifico con lo scopo specifico di creare cibo così gustoso che non si riesce a smettere di mangiarlo. E viene fuori che abbiamo un'intera industria, quella alimentare, dedita a far mangiare di più le persone e un'altra, l'industria farmaceutica, che cerca di farle mangiare meno. Una situazione senza via di uscita.

martedì 8 settembre 2015

Il crollo della popolazione di fitoplancton

Da “Scientific American”. Traduzione di MR (via Antonio Turiel)

I ricercatori scoprono problemi nel fitoplancton, la base della catena alimentare, che hanno implicazioni sulla rete alimentare marina e sul ciclo mondiale del carbonio.

Di Lauren Morello

Le piante microscopiche che formano la base della rete alimentare marina stanno declinando, come dice uno studio pubblicato il 29 luglio su Nature. I piccoli organismi, conosciuti come fitoplancton, fagocitano anche il biossido di carbonio per produrre la metà dell'ossigeno del mondo – eguagliando quella degli alberi e delle piante sulla terraferma. Ma il loro numero è diminuito dall'alba del XX secolo, con conseguenze sconosciute per gli ecosistemi oceanici e per il ciclo del carbonio del pianeta.

I ricercatori dell'Università Dalhousie del Canada dicono che la popolazione globale di fitoplancton è crollata di circa il 40% dal 1950. Ciò si traduce in una diminuzione annuale di circa l'1% della popolazione media di plancton fra il 1899 e il 2008. Gli scienziati credono che l'aumento delle temperature di superficie del mare ne siano le responsabili. “E' molto inquietante pensare alle implicazioni potenziali di un declino di un secolo della base della catena alimentare”, ha detto l'autore principale Daniel Boyce, un ecologo marino. Queste comprendono l'interruzione della rete alimentare marina ed effetti sul ciclo del carbonio mondiale. In aggiunta al consumo di CO2, il fitoplancton può influenzare la quantità di calore che viene assorbito dagli oceani del mondo ed alcune specie emettono molecole di solfato che promuovono la formazione di nuvole.

La scomparsa del ghiaccio marino artico spesso

Da “Arctic News”. Traduzione di MR

Di Sam Carana


[ Vedi l'immagine completa su facebook]

Il ghiaccio marino artico è in uno stato pietoso. Il 16 agosto 2015, l'estensione del ghiaccio marino artico era di 5.786 milioni di kmq, l'estensione minore ma registrata in questo periodo dell'anno eccetto per il 2007, 2011 e 2012, come illustrato nell'immagine a destra.

La situazione di oggi è anche peggiore di quanto si possa concludere quando si guarda alla sola estensione del ghiaccio marino. Il ghiaccio spesso è virtualmente assente in confronto alla situazione del 2012 più o meno in questo periodo dell'anno, come illustrato dall'immagine sotto che confronta lo spessore del ghiaccio marino il 16 agosto 2012 (sinistra) e il 16 agosto 2015 (destra).