sabato 25 luglio 2015

Antropocene: non si tratta solo di noi

DaPost Carbon Institute”. Traduzione di MR

Di Richard Heinberg



E' il momento di celabrare! Yoohoo! E' ufficiale: noi umani abbiamo dato inizio ad una nuova epoca geologica – l'Antropocene. Chi avrebbe mai pensato che solo una specie fra milioni di altre sarebbe stata capace di una tale realizzazione? Aspettiamo però a fare scorta di bomboniere. Dopotutto, l'Antropocene potrebbe essere piuttosto desolante. La ragione per cui la nostra epoca ha acquisito un nuovo nome è che i geologi del futuro saranno in grado di rilevare una discontinuità rilevante negli strati rocciosi che documentano la nostra piccola fetta di tempo nella ricostruzione di miliardi di anni della Terra.

Questa discontinuità sarà riconducibile alla presenza umana. Pensate al cambiamento climatico, all'acidificazione dell'oceano e all'estinzione di massa. Benvenuti nell'Antropocene: un mondo che potrebbe presentare poco in termini di vita multicellulare oceanica oltre alle meduse e un mondo i cui continenti potrebbero essere dominati da poche specie generiche in grado di occupare rapidamente nuove nicchie temporanee man mano che gli habitat si degradano (vengono in mente ratti, corvi e scarafaggi). Noi umani abbiamo dato inizio all'Antropocene e lo abbiamo orgogliosamente battezzato da soli, eppure ironicamente potremmo non esserci per goderci la gran parte di esso. La catena di impatti che abbiamo iniziato potrebbe potenzialmente durare milioni di anni, ma sapere se ci sopravviveranno geologi umani per ricostruirla e commentarla è un tirare a sorte. Per essere sicuri, ci sono persone che celebrano l'Antropocene che credono che siamo solo all'inizio e che gli umani possono e daranno deliberatamente, intelligentemente e durevolmente forma a questa nuova epoca.
Mark Lynas, autore di La Specie di Dio, asserisce che l'Antropocene richiederà a tutti noi di pensare ed agire in modo diverso, ma che popolazione, consumo ed economia possono continuare a crescere nonostante i cambiamenti del sistema terrestre. Stewart Brand dice che potremmo non avere più una scelta in quanto al rifare completamente il mondo naturale; per lui “Abbiamo solo la scelta di fare un buon terraforming. E' questo il progetto verde di questo secolo”. Nel loro libro Ama il tuo mostro: post-ambientalismo e Antropocene, Michael Schellenberger e Ted Nordhaus del Breakthrough Institute dicono che possiamo creare un mondo in cui 10 miliardi di umani raggiungono un standard di vita che permette loro di perseguire i propri sogni, anche se questo sarà possibile soltanto se abbracciamo crescita, modernizzazione e innovazione tecnologica. Analogamente, Emma Marris (che ammette di non aver mai trascorso del tempo nella natura), sostiene in Giardino turbolento: salvare la natura in un mondo post selvaggio che la natura selvaggia è persa per sempre, che ci dovremmo tutti abituare all'idea dell'ambiente come costruito dall'uomo e che questo è potenzialmente una cosa buona.

venerdì 24 luglio 2015

Mini Era Glaciale nel 2030: il nuovo meme anti scienza?

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Nell'ultimo decennio abbiamo assistito  parecchi trucchi usatidai media  contro la scienza del clima. Quello più riuscito è stato il cosiddetto scandalo “Climategate” del 2009. Ne potete vedere gli effetti nel sondaggio di Gallup sopra.

Il Climategate è stato un “meme” di grande successo, un termine creato da Richard Dawkins in analogia con “gene” - un meme è un'unità riproduttiva nello spazio mediatico. Funziona come un virus e, come un virus, tende a perdere potenza quando il sistema sviluppa le modalità per combatterlo. Per cui, il meme del climategate ha perso potenza a pochi anni dalla sua introduzione e la curva di Gallup ha ricominciato a salire.

giovedì 23 luglio 2015

La geopolitica dei gasdotti: South Stream contro Nabucco


di Tatiana Yugay
Il secondo post del prof. Yugay sulla Geopolitica dei Gasdotti.





Il gemello meridionale del gasdotto "Nord Stream," il "South Stream," ha avuto una vita molto difficile e, alla fine, è stato deciso di non costruirlo.


Nel concetto della sicurezza energetica dell'UE il ruolo principale lo svolge la diversificazione delle forniture  di gas. In quest'ottica il progettato Corridoio meridionale del gas è considerato una priorità della politica energetica dell’Unione. Il Corridoio meridionale del gas (SGC) è l’espressione coniata dalla Commissione Europea per individuare i progetti infrastrutturali destinati a incrementare la diversificazione delle fonti e la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, grazie al trasporto di nuovo gas, proveniente dall’Azerbaijan, nell'Europa.

All'inizio del XXI secolo, l'Europa ha dovuto affrontare una scelta dificile fra I progetti di gasdotti alternativi, che erano stati proposti per portare il gas dalla Russia, l'Asia centrale, il Caucaso e il Medio Oriente. I principali contendenti erano i gasdotti Nabucco, South Stream e  Trans Adriatic Pipeline (TAP).  Il problema era stato che il Nabucco e il South Stream dovevano percorrrere quasi la stessa rotta, mentre la domanda esistente giustificava un solo gasdotto.

Parliamo prima di tutto del Nabucco. Il nome stesso di Nabucco provoca le varie associazioni, dal re biblico di Babilonia Nabucodonosor alla famosissima opera di Giuseppe Verdi che era stata un simbolo popolare del Risorgimento.  Il messaggio era abbastanza chiaro. Gli ideatori del questo progetto ambizioso intendevano di liberare l'Europa dalla dipendenza dal gas russo. Non è difficile immaginare che per Nabucco si intendesse l'Europa e per la Russia era stato preparato il ruolo dell'idolo infranto. Ironia della sorte, l'idolo infranto non'è stato primo il South Stream, ma lo stesso Nabucco.

Il Nabucco doveva portare il gas naturale del mar Caspio attraverso il Caucaso e la Turchia fino all’Austria da Azerbaijan, Turkmenistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Iran, Iraq, Egitto e cosi via. All’inizio era sostenuto dalla Commissione UE, perché il progetto era europeo e assicurava una buona diversificazione delle fonti. Piaceva anche a Washington, come alternativa al South Stream, perché escludeva le fonti russe.

L'altro progetto preferito dall'Ue è Trans-Adriatic Pipeline (TAP),  il gasdotto di 870 km con l'unica fonte  il gas naturale dall’Azerbaijan.  Questo progetto era patronato dall'inizio dal bellicista senatore americano John McCain.

South Stream o il Gasdotto Ortodosso

Il terzo progetto era il South Stream. Ma il governo Bulgaro lo voleva e non lo voleva, oscillava, non risultava affidabile. La Commissione UE lo ostacolava. Non si farà più.

Mosca aveva progettato il Southstream: la conduttura dalla portata di 63 miliardi di metri cubi di gas, compartecipata dal monopolista russo Gazprom, dal colosso italiano ENI, dalle compagnie tedesche e francesi Wintershall ed EDF, dalla greca DEPA e dagli enti energetici nazionali di Montenegro, Slovenia, Serbia e Macedonia.

Il primo accordo per il South Stream fu benedetto da Romano Prodi nel 2007. Silvio Berlusconi ha riconfermato la validità del progetto e ha presenziato a sorpresa, il 6 agosto 2009, alla cerimonia della firma di 20 protocolli d’intesa fra Putin e il premier Tayyp Erdogan per il transito di South Stream in territorio turco. Il South Stream  dovrebbe essere una infrastruttura più avanzata, più sicura dal punta di vista tecnologico e non passerà dal territorio dell’Ucraina, che ha creato in passato diverse instabilità alle forniture dalla Russia.

Il gasdotto ortodosso (com’è altrimenti noto il Southstream) era concepito per rifornire di oro blu russo l’Europa Sud-Occidentale e Balcanica direttamente dalle coste della Russia sul Mar Nero. Il Southstream potrebbe isolare i paesi politicamente osteggiati dal Cremlino, come Romania, Polonia, Moldova ed Ucraina, attraverso i quali oggi Mosca esporta in Europa Occidentale il suo gas.
Trans-Adriatic Pipeline

Mentre due rivali giganteschi si combattevano tra loro, vinceva la Trans-Adriatic Pipeline. La Tap era molto meno ambiziosa  e doveva portare il gas del Caspio direttamente in Puglia, passando per Turchia, Grecia e Albania. La Tap era stata accolta dall’Ue con un tappeto rosso, ottenendo tutte le esenzioni dalle regole europee sulle reti di trasmissione che aveva richiesto. L'abbandono del Nabucco a favore della TAP era stato visto come una grande vittoria per la Russia. Ma l'anno scorso anche il  South stream era finito senza iniziarsi.

Il 1 ° dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la Russia non era disposta a proseguire con l'attuazione del progetto South Stream alla luce della posizione "non costruttiva" della Commissione europea.  «Se l'Europa non vuole realizzarlo, non verrà realizzato», ha dichiarato il presidente russo da Istanbul, in conferenza stampa col presidente turco Tayyip Erdogan. Per maggiore chiarezza ci si è messo anche Alexej Miller, il ceo di Gazprom: «Il progetto è finito». Putin dal canto suo ha detto che ormai la Russia preferisce «ridirigere le sue risorse energetiche verso altre regioni del mondo».

Il  primo gas avrebbe dovuto essere fornito  tramite il "South Stream" alla fine del 2015. Il gasdotto avrebbe dovuto raggiungere la piena capacità nel 2018. Era stato previsto che nel 2015, il "South Stream" avrebbe fornito gas verso l'Europa riducendo la quantità di gas pompato attraverso l'Ucraina nella quantità di fino a 30 miliardi di metri cubi. Allo stesso tempo, erano stati firmati gli accordi intergovernativi con la maggioranza dei paesi interessati. Ma il ministro russo dell'Energia Alexander Novak ha detto che "la Commissione europea ha deciso di non dare il permesso per la realizzazione del "South Stream". Soprattutto l'opposizione attiva del gasdotto era iniziata nell'estate del 2014, sullo sfondo di un deterioramento delle relazioni tra la Russia e l'Occidente, mentre le autorità europee hanno tradizionalmente insistito sulla necessità di rispettare il Terzo Pacchetto d'Energia dell'UE.

Come l'Europa ha vinto la lotta contro  il  South stream e contro se stessa!

L'arma più affilata di cui dispone la Ue è il Terzo pacchetto energetico. Il cosiddetto Terzo pacchetto energetico (Tpe) dell’Unione Europea è stato pubblicato nel 2009 con l’obiettivo di aumentare il livello di integrazione del mercato energetico europeo e di migliorarne il funzionamento. Il Tpe prevede la liberalizzazione del mercato del gas e dell’elettricità e la separazione tra chi produce l’energia e chi la trasporta. Il Terzo Pacchetto d'Energia suggerisce che le società coinvolte nella produzione di gas non possono essere allo stesso tempo i proprietari di un gasdotto che attraversa il territorio dell'Unione. Allo stesso tempo, un fornitore non dovrebbe usare più del 50% della capacità del gasdotto, e la carica residua può essere allocata solo tramite l'asta. Per questo le aziende energetiche - come la russa Gazprom - non potranno più gestire produzione, distribuzione e vendita, perché agirebbero in condizioni di monopolio. Debbono cedere la rete di distribuzione e di vendita ad altre aziende.

Esattamente l’opposto di quello che vorrebbe la Russia, che al centro della sua strategia ha il controllo dei centri di trasmissione, ucraini in primis. Il problema principale è che questo pacchetto è riservato ai soli Stati membri e non è teoricamente applicabile al di fuori dell’Ue: in realtà, il Trattato della comunità dell’energia estende il Terzo pacchetto anche ad alcuni Stati al di fuori dell’Unione, dove la legge europea diventa applicabile. https://youtu.be/6-yu_FGUFWk

Che Gazprom sia un produttore di gas naturale non è un mistero per nessuno. Però  non tutto il South Stream apparterebbe a Gazprom: la parte offshore è un consorzio composto da Gazprom (per una quota pari al 50%), Eni (20%), Edf e Wintershall (15% a testa), mentre le parti onshore sono praticamente tutte delle joint-venture paritetiche (al massimo 51%/49%) tra Gazprom e le aziende di Stato dell'energia dei paesi di transito.

La Commissione Ue ha avviato gli accertamenti sul progetto South Stream nell’autunno dell’anno scorso. Secondo essa, la sua realizzazione era in contrasto con le norme del Terzo pacchetto.  La Russia ha insistito sul fatto che la costruzione del gasdotto non contraddiceva i regolamenti. La Commissione Ue ha ignorato il fatto che gli accordi intergovernativi sul South Stream con l’Austria, la Bulgaria, la Grecia e con altri paesi erano stati conclusi già nel 2008. Ossia un anno prima dell’entrata in vigore del Terzo pacchetto a cui Bruxelles, ad onta della prassi giuridica mondiale, ha conferito il principio della retroattività alla legge.

Un'altra arma dell'Unione europea era la pressione diretta ai paesi che volevano partecipare al progetto. I paesi europei occidentali erano minacciati da sanzioni. Le minacce arrivavano non dalla Russia ma dalla Commissione Europea. Il Commissario Europeo per l’energia Günther Oettinger ha promesso delle gravi conseguenze ai paesi dell’Ue che volevano sostenere il progetto russo South Stream.

Le autorità della UE  avevano messo particolarmente forte pressione sulla Serbia, Ungheria e Bulgaria. I politici ungheresi avevano accennato alla possibilità di abbandonare l'Unione europea in caso di persistente pressione. La decisione di fare queste pressioni sembra causata principalmente dalla volontà di Washington. Gli Stati Uniti e l'Unione europea hanno qui i loro obiettivi geostrategici. Purtroppo, il danno collaterale lo hanno ricevuto l'Ungheria e la Serbia. Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha lottato per il "South Stream" come un leone. Per questo un alto funzionario degli Stati Uniti ha chiamato Victor Orban un neo-fascista dittatore d'Europa.

Gli esperti non dubitano che i problemi con il gasdotto South Stream sono direttamente legati alla pressione degli USA sui paesi dell’Ue per promuovere le società americane nel mercato del gas europeo.

Eric Draitser, un analista geopolitico indipendente, scrive nell'articolo “Waging war against Russia, one pipeline at a time”, “al di là di Ucraina, ci sono stati una serie di tentativi da parte degli Stati Uniti e i suoi partner di deragliare lo sviluppo dei gasdotti russi, come corollario, di continuare a promuovere i progetti che minano la posizione della Russia nel mercato energetico dell'Europa”.

Un rinomato analista politico ed energetico bulgaro, e professore di Relazioni Internazionali, Nina Dyulgerova ha spiegato in una recente intervista: «l'Europa è sottoposta ad una crescente confronto russo-americano nel campo dell'energia. La crisi nell' Ucraina, per esempio, era un oggetto geostrategico di impatto da parte degli Stati Uniti che ha portato a un aumentato partecipazione degli Stati Uniti nell'elemento più importante degli interessi di Washington in materia di energia, vale a dire - il sistema di trasporto del gas ucraino. Il figlio del vicepresidente americano Joe Biden, è un membro del consiglio di amministrazione di società del gas ucraina [Burisma]. Il processo di acquisto i parti del sistema energetico dell'Ucraina dalle  imprese americane e quelle europee, aumenta la pressione sulla costruzione di South Stream perché sarebbe ridurre o porre fine a questo gioco complicato».

In sostanza quindi, il South Stream è diventato uno dei campi di battaglia principali nella guerra economica che l'Occidente sta conducendo contro la Russia. Le sanzioni sono solo una facciata di fronte al tentativo molto più sinistro di soffocare lo sviluppo economico indipendente di tutti i paesi che cercano di fare affari con la Russia e aumentare la loro prosperità.

L'abbandono del gasdotto South Stream ha scatenato la frustrazione in diverse nazioni del Sud Europa, perche hanno perso i soldi in entrambi i potenziali benefici, o i loro investimenti effettivi nella costruzione del tubo.

Il sondaggio del britannico ICM Research ha rivelato che il 66% degli intervistati in Bulgaria e il 52% in Serbia credono che i loro paesi avrebbero dovuto avere l'ultima parola sul gasdotto South Stream. In Austria, il 42% ha detto che la decisione avrebbe dovuto essere lasciata a loro, mentre il 46% ha detto che era giustamente lasciata alla Commissione europea, organo esecutivo dell'Unione europea. Il sondaggio è stato condotto tra 3.000 residenti in Austria, Serbia e Bulgaria tra il 12 gennaio e il 30, il 2015.

Il primo ministro serbo Aleksandar Vucic ha detto che la decisione della Russia di abbandonare il progetto del gasdotto South Stream è una brutta notizia per il suo paese. In precedenza, era stato progettato di costruire la sezione principale del gasdotto in Serbia, per 422 chilometri di lunghezza. "La Serbia non ha fatto nulla per contribuire a questa decisione. Per quasi sette anni la Serbia ha investito nel progetto. Penso che il progetto ero buono per la Serbia, non abbiamo ceduto da ancora anche sotto la forte pressione, ma ora dobbiamo pagare per il conflitto tra le grandi potenze", ha detto Vucic al Belgrado News Agency Tanjug.

La Serbia aspettava un grande afflusso degli investimenti. Per il Paese, il tubo sarebbe stato il più grande investimento in 15 anni, con il costo totale del progetto di gasdotto ambizioso tra 16,5 miliardi e 50 miliardi di euro, scrive l'East European Gas Analysis. Secondo le stime del ministro serbo delle infrastrutture Zorana Mihajlovic, le aziende serbe hanno perso l'opportunità di guadagnare fino a 300 mln di euro. Se il gasdotto South Stream era stato costruito, il PIL della Serbia sarebbe aumentato di almeno il 2%. Inoltre, c'è stata l'occasione persa di ottenere gas più conveniente, la quantità totale di mancato guadagno per la Serbia puo raggiungere 700 milioni di euro.

Le autorità bulgare hanno detto che hanno perso 3,5-4 miliardi di euro di investimenti e 600 mln di dollari all'anno in tasse di transito. In Ungheria, gli esperti dicono che il paese ha perso 400-600 milioni di dollari nel capitale di investimento. Le società del gas slovene hanno speso 150.000 euro del proprio denaro. Lubiana ha intenzione di chiedere compensazioni da Gazprom.

L'ex ministro dell'Energia bulgaro Rumen Ovcharov ha detto, "La Bulgaria ha la possibilità di riconquistare la propria indipendenza energetica mediante l'attuazione di tre giganteschi progetti: Burgas-Alexandroupoli, South Stream e Belene. Purtroppo, abbiamo perso questa opportunità. E non c'è alternativa ad essa. La leadership del paese ha agito in maniera inadeguata e stupida. E, purtroppo, la Bulgaria è emerso come un perdente". Secondo  Ovcharov, Bulgaria perderà una cifra annuale di 600 milioni di tasse di transito.

Anche il Saipem del gruppo ENI, che doveva progettare un troncone del South Stream e ha perso un primo contratto da oltre due miliardi di euro.

Jelena Jurisic, un esperto di politica con l'Università di Zagabria in Croazia, ha detto, "L'Europa è il più grande perdente, Russia molto meno. … La  maggior parte delle forniture di gas che sono stati stanziati per l'Europa nei prossimi anni, sarà consegnato alla Cina ... La Russia non perderà il mercato a qualunque prezzi [di gas], mentre l'Europa perderà la sua sicurezza energetica".

La reazione dell'Ue

"La decisione della Russia di rottamare il progetto del gasdotto South Stream significa la necessità di rafforzare la sicurezza energetica dell'Unione europea e richiede ulteriori analisi da parte degli Stati membri dell'UE", ha detto Federica Mogherini, responsabile della politica estera dell'Ue. Secondo Mogherini, vi è la necessità di diversificare non solo i canali ma anche le fonti da cui l'Ue ottiene la sua energia.

Il Parlamento europeo nella sua risoluzione ha salutato la cancellazione del gasdotto South Stream della Russia. "Il Parlamento europeo ha sottolineato che la priorità deve essere data ai progetti di gasdotti che diversificarebbe l'approvvigionamento energetico per l'UE, si compiace quindi l'arresto del progetto South Stream".

Ma la storia non'e' ancora finita!


E qualche allocco ancora dice che le ondate di calore sono "solo normali fluttuazioni"





Questa immagine della NASA riporta le "anomalie", ovvero gli aumenti di temperatura , per varie località dell'emisfero nord rispetto alla distribuzione com'era negli anni 1950. Credo che non richieda commenti. L'articolo originale lo trovate qui. Qui sotto, il video completo che mostra il graduale spostamento verso il caldo della curva delle temperature con gli anni.





martedì 21 luglio 2015

Ondata di Calore: non si può risolvere un problema se non ci si rende conto che esiste


L'immagine qui sopra mostra il grado di siccità previsto nei prossimi decenni come conseguenza del cambiamento climatico (fonte). Come vedete, l'Italia si trova in una zona particolarmente disgraziata e l'ondata di calore di questo mese ci da un assaggio di quello che potrebbe essere il futuro. 



In un post precedente, ho paragonato la reazione del paese all'ondata di calore che ci stà affliggendo a quella di un pugile suonato che barcolla sotto una serie di colpi, senza neanche rendersi conto di chi lo sta colpendo.

Non è possibile continuare così, parlando di "bel tempo" in televisione, come se fosse tutto nella norma; come se questa ondata di calore fosse soltanto una fluttuazione. Non lo è. E' parte di una tendenza generale di aumento della frequenza, della durata, e dell'intensità delle ondate di calore che ci colpiscono e che ci colpiranno sempre di più nel futuro (ce lo dice, fra i tanti, il NOAA), .

Non sono cose che ci possiamo permettere di ignorare: quest'anno abbiamo già avuto delle vittime e purtroppo ne avremo molte di più se l'ondata continua, come sembra destinata a continuare. E' un'emergenza sanitaria della quale, però, quasi nessuno parla. Per non parlare del disastro che ci aspetta in termini di incendi, se - ancora - continua così. Ma quasi nessuno ne parla.

Allora, ci sono dei modi per reagire? Certamente, ma dobbiamo renderci conto di alcuni punti fondamentali.


1. Per affrontare  un problema, per prima cosa bisogna rendersi conto che esiste. Ovvero bisogna dire pubblicamente, e dirlo chiaramente, che siamo di fronte a una tendenza al riscaldamento che andrà sempre di più a peggiorare nel futuro, via via che il cambiamento climatico fa il suo corso ormai inevitabile.

2. Lavorando su un problema, bisogna fare attenzione a non peggiorarlo.  Questa è una massima ben nota in medicina: la cura non deve aggravare la malattia. In questo caso, le possibili soluzioni al problema delle ondate di calore non devono coinvolgere aumenti nei consumi di combustibili fossili, che ne sono la causa.

3. Non tutti i problemi hanno soluzioni, ma tutti i problemi possono essere perlomeno mitigati. Il cambiamento climatico è il risultato di errori che abbiamo fatto nel passato, e che stiamo continuando a fare. Stiamo cominciando adesso a pagarne il costo e lo dovremo pagare con anche se riusciremo a ridurre sostanzialmente le emissioni nel futuro. Questo vuol dire che non possiamo aspettarci miracoli, ma che possiamo agire concretamente per aiutare chi viene messo in difficoltà dalle ondate di calore.


Inquadrato così il problema, possiamo pensare a molti modi per adattarci al meglio possibile alla situazione in cui siamo stati catapultati; sempre facendo attenzione a non peggiorarla. Qui, ne elenco alcuni, sicuramente ce ne sono degli altri.

1. Più energia rinnovabile. Questa è la strategia fondamentale contro le ondate di calore: colpisce in due direzioni. In primo luogo riduce l'uso dei combustibili fossili, in secondo luogo ci permette di usare i condizionatori d'aria senza necessariamente aumentare le emissioni di gas serra. In effetti, il fatto che l'Italia ha già una buona base di energia rinnovabile ci permette di affrontare i picchi di consumo dovuti all'uso dei condizionatori in estate, principalmente con il fotovoltaico, senza mandare la rete in black-out. Ma non basta, bisogna continuare così e fare di più.

2. Incoraggiare l'uso del condizionamento d'aria usando energia rinnovabile. Una certa visione "ambientalista" vedeva, e tuttora vede, sfavorevolmente l'aria condizionata, intesa come uno spreco di energia e ulteriore generazione di gas serra. Questa visione poteva essere accettabile fino a qualche anno fa, ma oggi, con l'abbassamento dei costi dell'energia rinnovabile, e del fotovoltaico in particolare, non ha più ragione di essere. Accoppiando il condizionamento d'aria con l'energia fotovoltaica, si genera un circolo virtuoso che abbassa ulteriormente i costi di entrambe le cose.

3. Incoraggiare l'adattamento delle abitazioni alle ondate di calore.  Al momento, stiamo incoraggiando con vari sussidi l'isolamento termico delle abitazioni in vista principalmente dei risparmi energetici sul riscaldamento. Molti degli accorgimenti contro il freddo sono utili anche contro il caldo, ma il semplice isolamento termico non è molto efficace contro il caldo se non è accoppiato con la refrigerazione interna. Provvedimenti specifici per raffreddare le abitazioni (per esempio "ombreggiatura" dei vetri potrebbero e dovrebbero essere sostenuti con incentivi, come pure l'autoconsumo per il condizionamento da parte di piccoli impianti fotovoltaici locali.

4. Pensare agli anziani. Gli anziani sono parte della fascia economicamente più debole della popolazione, spesso non in grado di permettersi aria condizionata. Possiamo pensare a dei centri di accoglienza refrigerati per i momenti più duri di calore. Oppure possiamo pensare a dei sussidi per gli anziani che acquistano condizionatori, o cose del genere; come pure a degli sconti sull'energia elettrica da usare per i condizionatori.

5. Incoraggiare la raccolta di acqua piovana contro la siccità. Al momento, tutta l'acqua che cade sui tetti finisce nelle fogne, ma è perfettamente possibile raccoglierla e riutilizzarla in contenitori o piccoli bacini privati, combattendo la siccità. Anche questo, al momento, non viene incentivato.

6. Prevenzione degli incendi. Purtroppo, si fa molto poco in termini di prevenzione degli incendi boschivi, spesso il risultato non tanto di dolo premeditato, ma di semplice incuria da parte di persone che non si rendono conto del rischio. E' una questione di educazione e anche di sorveglianza capillare sul territorio.

7. Investire nella protezione dei boschi. Nel 2013, un provvedimento scellerato ha dimezzato la flotta degli aerei anti-incendio Canadair italiana. Nel 2014, ci è andata bene; ma quest'anno e negli anni che verranno, potrebbe andare molto peggio. Non è soltanto questione di avere un gran numero di aerei (che, incidentalmente, consumano combustibili fossili), si tratta di avere un sistema di monitoraggio efficiente che scopra i focolai di incendio non appena si formano - così non ci sarà bisogno di aerei. Questo è possibile, oggi, con le varie tecnologie dei droni elettrici da sorveglianza. Ma bisogna investirci sopra.


Ci sono tante altre cose che possiamo pensare per adattarci a un futuro caldo e siccitoso. Per esempio, in molti paesi arabi, le pensiline di attesa alle fermate degli autobus sono chiuse e dotate di aria condizionata: può darsi che anche da noi arriveremo a qualcosa del genere. Oppure, per combattere la siccità, possiamo pensare a estrarre direttamente acqua dall'umidità atmosferica. Insomma, c'è molto da lavorarci sopra - ma ricordiamoci sempre del punto fondamentale: non si può risolvere un problema (e nemmeno mitigarlo) se non ci si rende conto che esiste!





lunedì 20 luglio 2015

L'ondata di calore: siamo tutti pugili suonati


L'ondata di calore in corso: 5-7 gradi in più rispetto alla media e in certe zone anche 8-9 gradi (immagine dal NOAA)


Non so cosa ne pensate voi, ma di fronte a questa ondata di calore, sembra che siamo tutti come pugili suonati. Camminiamo barcollando, sudati e boccheggianti, ma non riusciamo a capire chi è che ci sta riempiendo di botte, e neppure perché.

Eppure, il NOAA lo dice molto chiaramente: a causa del cambiamento climatico, le ondate di calore saranno sempre più frequenti e dureranno più a lungo. Ma, sui media, nessuno parla di cambiamento climatico e nessuno ci riferisce della raccomandazione del NOAA di "essere preparati per ondate di calore come questa che si verificheranno con sempre maggiore frequenza nel secolo che viene". Forse, a furia di prenderci cazzotti in faccia, abbiamo anche perso la capacità di leggere.

"Regardless of the mechanism, however, the latest report from the Intergovernmental Panel on Climate Change declared that due to climate change, not only is it likely that heat waves have increased across large parts of Europe, but in the future, it is very likely that heat waves will last longer and occur more often. Meaning communities should be prepared for heat waves like this to occur with an increasing frequency in the century to come."

"Indipendentemente dal meccanismo, tuttavia, l'ultimo rapporto dal pannello intergovernativo sul cambiamento climatico ha dichiarato che non solo è probabile che le ondate di calore aumentino su gran parte dell'Europa, ma nel futuro, è molto probabile che le ondate di calore dureranno più a lungo e si verificheranno più di frequente. Questo vuol dire che le comunità dovrebbero prepararsi per ondate di calore come questa che si verificheranno sempre più frequentemente nel secolo che viene.

http://www.climate.gov/news-features/event-tracker/summer-heat-wave-arrives-europe



(nota: questo post ha ricevuto una serie di commenti poco comprensibili o semplicemente sciocchi. Di conseguenza, ho fatto un po' di pulizia; scusate se vi ho cancellato qualcosa, ma se avete qualcosa di serio da dire, rimandate pure)

domenica 19 luglio 2015

Gli esseri umani superano un altro limite pericoloso per il pianeta

Da “Scientific American”. Traduzione di MR

Di Mark Fischetti

Cinque anni fa, un imponente gruppo internazionale di scienziati ha svelato nove "limiti" biologici ed ambientali che l'umanità non deve superare perché la Terra rimanga un luogo vivibile. A suo rischio e pericolo, il mondo ha già superato tre di quei limiti: troppo biossido di carbonio nell'atmosfera, un tasso di perdita della biodiversità troppo rapido e troppo sversamento di azoto nei fiumi e negli oceani – principalmente sotto forma di dilavamento di fertilizzanti.

Ora siamo riusciti a superare un quarto limite: la quantità di foreste che vengono spianate o bruciate fino a scomparire (vedete la mappa sotto). Sempre meno foreste significa ridotta capacità del pianeta di assorbire parte di quel biossido di carbonio e di produrre vapore acqueo, fondamentale per la vita delle piante. E la perdita in corso altera la quantità di energia solare assorbita o riflessa su vaste regioni, che di per sé può modificare il clima.

I dettagli sul quarto superamento, e gli aggiornamenti su come se la passa il pianeta su tutti e nove i limiti, sono stati pubblicati oggi online su Science. Un'altra squadra internazionale, con alcuni degli stessi membri del gruppo originale, ha deciso di riesaminare i limiti alla luce di cinque nuovi dati e pensano di continuare a farlo in futuro. “La scienza va avanti”, dice l'autore principale del saggio, Will Steffen, un professore dell'Università nazionale Australiana e dello Stockholm Resilience Center dell'Università di Stoccolma. “E vanno avanti anche i modi migliori di formularla ed applicarla alla politica”.


Foreste che scompaiono: le verdi sono sostenibili, le gialle e le rosse hanno superato il limite di sicurezza.

Infatti, il gruppo ha scelto due “limiti chiave”, ognuno dei quali “porta il sistema terrestre in un nuovo stato” se vengono persistentemente superati. Naturalmente il sotteso è che un “nuovo” stato non è uno stato in cui ci vogliamo trovare. I due limiti chiave sono il “cambiamento climatico” - principalmente la quantità di CO2 in atmosfera – e “l'integrità della biosfera”, cioè quanto stiamo uccidendo le specie e distruggendo l'habitat naturale. “Riesaminando la storia geologica, vediamo che il cambiamento climatico e le estinzioni di massa sono avvenute quando hanno avuto luogo grandi cambiamenti sulla Terra”, dice Steffen. Troppo CO2 semplicemente cuocerà il pianeta e troppa distruzione degli ecosistemi distruggerà le risorse naturali (pensate al cibo) dalle quali le persone dipendono.

La designazione dei due limiti chiave potrebbe essere in parte una risposta alla frustrazione dovuta ai politici quando i nove limiti sono stati rivelati. Erano semplicemente troppo per i legislatori e i capi politici. Steffen spera che concentrarsi sui limiti chiave guiderà il completamento degli Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'ONU, che si terranno quest'anno, che sono pensati per guidare le nazioni nel plasmare politiche che aiutino a sostenere il pianeta per il futuro. I ricercatori hanno messo un'enfasi visuale sorprendente su quali nazioni hanno le responsabilità maggiori del cambiamento allegando mappe dettagliate, come la mappa delle foreste sopra, che mostrano quali regioni stanno superando di più i limiti. Una serie di mappe, per esempio, mostra quali regioni agricole stanno sversando più azoto e fosforo nei corsi d'acqua e negli oceani. Quando gli viene chiesto se il gruppo può essere criticato perché punta il dito, Steffen dice: “questa è la realtà di quello che accade. Siamo arrivati al punto in cui non possiamo più evitare il problema dell'equità”, intendendo che è il momento di farsi avanti ed indicare quali paesi stanno danneggiando di più il pianeta.

La realizzazione che è il momento di parlare chiaro proviene da un secondo nuovo saggio apparso oggi online sulla Anthropocene Review, a sua volta diretta da Steffen. Il saggio aggiorna un impressionante serie di 24 grafici (sotto) che mostrano che quasi tutti i danni alla Terra da parte degli esseri umani si sono verificati dal 1950, di pari passo con la rapida crescita economica in tutto il mondo. Questa “Grande Accelerazione” dei motori sociali, economici ed ambientali dice fondamentalmente che anche se l'aumento della popolazione aggiunge stress ai sistemi terrestri, il maggior consumo grazie all'aumento degli standard di vita è responsabile per una parte maggiore del fardello.


La “Grande Accelerazione” dei motori sociali, economici ed ambientali.

La reazione impulsiva – secondo cui i paesi poveri e in via di sviluppo non possono raggiungere i redditi e la qualità di vita di cui si gode nelle nazioni pienamente sviluppate senza danneggiare il pianeta – è tuttavia sbagliata, dice Steffen. Per esempio, Steffen osserva: “Non stiamo negando cibo alle persone dicendo che il mondo deve vivere entro certi limiti di azoto e fosforo. Gli agronomi dicono che nuove pratiche, come l'agricoltura di precisione, possono permetterci di coltivare cibo per 9 miliardi di persone e di rimanere entro i limiti di sicurezza. Possiamo essere intelligenti. Abbiamo gli strumenti. Dobbiamo solo metterci d'accordo come società globale che dobbiamo fare le cose in modo più intelligente”.

Parte del ruolo degli scienziati in un futuro più intelligente sarà di determinare in che modo i nove limiti funzionano congiuntamente. Fino ad ora i limiti sono stati valutati isolatamente. Steffen dice che il prossimo passo, forse un nuovo rapporto fra altri cinque anni, è quello di svelare “le interazioni fra i limiti. Non sono indipendenti l'uno dall'altro”. Nel frattempo, aggiunge, “dobbiamo lavorare con le politiche di comunità a partire da adesso”.

Fonte della mappa: Limiti planetari: guidare lo sviluppo umano in un pianeta che cambia. Will Steffen et al. su Science, 15 gennaio 2015. Grafico dell'accelerazione: International Geosphere-Biosphere Programme