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domenica 13 marzo 2016

Tutti quanti al lavoro per distruggere i sistemi che ci fanno vivere

Da “The conversation”. Traduzione di MR (via Bodhi Paul Chefurka)

di Tara Martin e James Watson

Quando pensiamo all'adattamento dell'umanità alle sfide del cambiamento climatico, la tentazione è quella di puntare a soluzioni tecnologiche. Parliamo di fertilizzare gli oceani e le nuvole con composti progettati per innescare la pioggia o aumentare l'assorbimento di carbonio. Parliamo di costruire grandi strutture per proteggere le nostre coste dall'aumento dei livelli del mare e dalle mareggiate. Tuttavia, come discutiamo su Nature Climate Change, la nostra concentrazione su queste soluzioni high-tech e pesantemente ingegnerizzate ci sta rendendo ciechi nei confronti di una soluzione più facile, più economica, più semplice e migliore per l'adattamento: prendiamoci cura degli ecosistemi del pianeta e loro si prenderanno cura di noi.

martedì 21 luglio 2015

Ondata di Calore: non si può risolvere un problema se non ci si rende conto che esiste


L'immagine qui sopra mostra il grado di siccità previsto nei prossimi decenni come conseguenza del cambiamento climatico (fonte). Come vedete, l'Italia si trova in una zona particolarmente disgraziata e l'ondata di calore di questo mese ci da un assaggio di quello che potrebbe essere il futuro. 



In un post precedente, ho paragonato la reazione del paese all'ondata di calore che ci stà affliggendo a quella di un pugile suonato che barcolla sotto una serie di colpi, senza neanche rendersi conto di chi lo sta colpendo.

Non è possibile continuare così, parlando di "bel tempo" in televisione, come se fosse tutto nella norma; come se questa ondata di calore fosse soltanto una fluttuazione. Non lo è. E' parte di una tendenza generale di aumento della frequenza, della durata, e dell'intensità delle ondate di calore che ci colpiscono e che ci colpiranno sempre di più nel futuro (ce lo dice, fra i tanti, il NOAA), .

Non sono cose che ci possiamo permettere di ignorare: quest'anno abbiamo già avuto delle vittime e purtroppo ne avremo molte di più se l'ondata continua, come sembra destinata a continuare. E' un'emergenza sanitaria della quale, però, quasi nessuno parla. Per non parlare del disastro che ci aspetta in termini di incendi, se - ancora - continua così. Ma quasi nessuno ne parla.

Allora, ci sono dei modi per reagire? Certamente, ma dobbiamo renderci conto di alcuni punti fondamentali.


1. Per affrontare  un problema, per prima cosa bisogna rendersi conto che esiste. Ovvero bisogna dire pubblicamente, e dirlo chiaramente, che siamo di fronte a una tendenza al riscaldamento che andrà sempre di più a peggiorare nel futuro, via via che il cambiamento climatico fa il suo corso ormai inevitabile.

2. Lavorando su un problema, bisogna fare attenzione a non peggiorarlo.  Questa è una massima ben nota in medicina: la cura non deve aggravare la malattia. In questo caso, le possibili soluzioni al problema delle ondate di calore non devono coinvolgere aumenti nei consumi di combustibili fossili, che ne sono la causa.

3. Non tutti i problemi hanno soluzioni, ma tutti i problemi possono essere perlomeno mitigati. Il cambiamento climatico è il risultato di errori che abbiamo fatto nel passato, e che stiamo continuando a fare. Stiamo cominciando adesso a pagarne il costo e lo dovremo pagare con anche se riusciremo a ridurre sostanzialmente le emissioni nel futuro. Questo vuol dire che non possiamo aspettarci miracoli, ma che possiamo agire concretamente per aiutare chi viene messo in difficoltà dalle ondate di calore.


Inquadrato così il problema, possiamo pensare a molti modi per adattarci al meglio possibile alla situazione in cui siamo stati catapultati; sempre facendo attenzione a non peggiorarla. Qui, ne elenco alcuni, sicuramente ce ne sono degli altri.

1. Più energia rinnovabile. Questa è la strategia fondamentale contro le ondate di calore: colpisce in due direzioni. In primo luogo riduce l'uso dei combustibili fossili, in secondo luogo ci permette di usare i condizionatori d'aria senza necessariamente aumentare le emissioni di gas serra. In effetti, il fatto che l'Italia ha già una buona base di energia rinnovabile ci permette di affrontare i picchi di consumo dovuti all'uso dei condizionatori in estate, principalmente con il fotovoltaico, senza mandare la rete in black-out. Ma non basta, bisogna continuare così e fare di più.

2. Incoraggiare l'uso del condizionamento d'aria usando energia rinnovabile. Una certa visione "ambientalista" vedeva, e tuttora vede, sfavorevolmente l'aria condizionata, intesa come uno spreco di energia e ulteriore generazione di gas serra. Questa visione poteva essere accettabile fino a qualche anno fa, ma oggi, con l'abbassamento dei costi dell'energia rinnovabile, e del fotovoltaico in particolare, non ha più ragione di essere. Accoppiando il condizionamento d'aria con l'energia fotovoltaica, si genera un circolo virtuoso che abbassa ulteriormente i costi di entrambe le cose.

3. Incoraggiare l'adattamento delle abitazioni alle ondate di calore.  Al momento, stiamo incoraggiando con vari sussidi l'isolamento termico delle abitazioni in vista principalmente dei risparmi energetici sul riscaldamento. Molti degli accorgimenti contro il freddo sono utili anche contro il caldo, ma il semplice isolamento termico non è molto efficace contro il caldo se non è accoppiato con la refrigerazione interna. Provvedimenti specifici per raffreddare le abitazioni (per esempio "ombreggiatura" dei vetri potrebbero e dovrebbero essere sostenuti con incentivi, come pure l'autoconsumo per il condizionamento da parte di piccoli impianti fotovoltaici locali.

4. Pensare agli anziani. Gli anziani sono parte della fascia economicamente più debole della popolazione, spesso non in grado di permettersi aria condizionata. Possiamo pensare a dei centri di accoglienza refrigerati per i momenti più duri di calore. Oppure possiamo pensare a dei sussidi per gli anziani che acquistano condizionatori, o cose del genere; come pure a degli sconti sull'energia elettrica da usare per i condizionatori.

5. Incoraggiare la raccolta di acqua piovana contro la siccità. Al momento, tutta l'acqua che cade sui tetti finisce nelle fogne, ma è perfettamente possibile raccoglierla e riutilizzarla in contenitori o piccoli bacini privati, combattendo la siccità. Anche questo, al momento, non viene incentivato.

6. Prevenzione degli incendi. Purtroppo, si fa molto poco in termini di prevenzione degli incendi boschivi, spesso il risultato non tanto di dolo premeditato, ma di semplice incuria da parte di persone che non si rendono conto del rischio. E' una questione di educazione e anche di sorveglianza capillare sul territorio.

7. Investire nella protezione dei boschi. Nel 2013, un provvedimento scellerato ha dimezzato la flotta degli aerei anti-incendio Canadair italiana. Nel 2014, ci è andata bene; ma quest'anno e negli anni che verranno, potrebbe andare molto peggio. Non è soltanto questione di avere un gran numero di aerei (che, incidentalmente, consumano combustibili fossili), si tratta di avere un sistema di monitoraggio efficiente che scopra i focolai di incendio non appena si formano - così non ci sarà bisogno di aerei. Questo è possibile, oggi, con le varie tecnologie dei droni elettrici da sorveglianza. Ma bisogna investirci sopra.


Ci sono tante altre cose che possiamo pensare per adattarci a un futuro caldo e siccitoso. Per esempio, in molti paesi arabi, le pensiline di attesa alle fermate degli autobus sono chiuse e dotate di aria condizionata: può darsi che anche da noi arriveremo a qualcosa del genere. Oppure, per combattere la siccità, possiamo pensare a estrarre direttamente acqua dall'umidità atmosferica. Insomma, c'è molto da lavorarci sopra - ma ricordiamoci sempre del punto fondamentale: non si può risolvere un problema (e nemmeno mitigarlo) se non ci si rende conto che esiste!





domenica 6 luglio 2014

Clima, dollari e buon senso – prevenire il riscaldamento globale è l'opzione più economica.

Da “The Guardian”. Traduzione di MR

Le argomentazioni secondo le quali l'adattamento climatico sia più economico sono come la macedonia – limoni, banane e confrontare mele e arance. 



Prevenire il riscaldamento globale è l'opzione più economica. Foto: Christopher Furlong/Getty Images

L'IPCC ha appena pubblicato tutti e tre i rapporti inclusi nella sua Quinta Valutazione della scienza del clima. Il primo rapporto ha affrontato i cambiamenti fisici nel clima globale, il secondo ha affrontato gli impatti climatici e l'adattamento e il terzo ha riguardato la mitigazione del cambiamento climatico. Ironicamente, dopo che è stato pubblicato il secondo rapporto, molti mezzi di comunicazione hanno sostenuto che l'IPCC stava spostando la sua attenzione, apparentemente inconsapevoli che il suo rapporto sulla mitigazione era programmato per la pubblicazione solo poche settimane dopo. Altri mezzi di comunicazione hanno scorrettamente sostenuto che i rapporti del IPCC concludono che sia più economico adattarsi che evitare il cambiamento climatico. Questo errore scaturisce dal fatto che il secondo rapporto dice, circa i costi dei danni climatici,

“le stime incomplete delle perdite annuali globali per una temperatura aggiuntiva di ~2°C si collocano fra lo 0,2 e il 2% del reddito... E' molto più probabile che le perdite siano maggiori, piuttosto che minori di questa forbice... Le perdite accelerano con un maggior riscaldamento, ma sono state completate poche stime quantitative per un riscaldamento aggiuntivo di 3°C o oltre”.

Il terzo rapporto poi ha detto riguardo ai costi per evitare il riscaldamento globale,

“gli scenari di mitigazione che raggiungono concentrazioni atmosferiche di circa 450 ppm di CO2eq per il 2100 comportano perdite del consumo globale – non includendo i benefici del cambiamento climatico ridotto così come i benefici associati e gli effetti collaterali avversi della mitigazione... [che] corrispondono ad una riduzione annua di crescita del consumo da 0,04 a 0,14 (in media: 0,06) di punti percentuali sul secolo relativo alla crescita del consumo annua sul riferimento che si trova fra 1,6 e 3% all'anno”.

La sfida è che questi due numeri non sono direttamente confrontabili. Uno ha a che fare con le perdite economiche annuali globali, mentre l'altra è espressa come una crescita del consumo globale leggermente rallentata.

Riordinare i numeri con Chris Hope

Per riordinare questi numeri, ho parlato con l'economista climatico di Cambridge Chris Hope, che mi ha detto che se l'obbiettivo è immaginare la quantità economicamente ottimale di mitigazione del riscaldamento globale, l'IPCC riporta “non ci porterà lontano su questa strada”. Per fare questo confronto in modo appropriato, i benefici della riduzione dei danni del cambiamento climatico e i costi della riduzione delle emissioni di gas serra devono essere confrontati in termini di “valore attuale netto”. E' questo il tipo di stima che i Modelli di Valutazione Integrata come il PAGE di Hope erano stati approntati a fare. Secondo il modello di Hope, il picco economicamente ottimale di concentrazione di biossido di carbonio è intorno alle 500 ppm, con un picco globale di riscaldamento della superficie di circa 3°C al di sopra delle temperature preindustriali (circa 2°C più caldo di adesso).

Nel suo libro Il Casinò del Clima, l'economista di Yale William Nordhaus osserva di essere arrivato ad una conclusione simile nel suo modello di ricerca. Per limitare il riscaldamento globale a quel livello servirebbero grandi sforzi per ridurre le emissioni di gas serra, ma come ha osservato il rapporto del IPCC, ciò rallenterebbe soltanto il tasso di crescita economica globale da circa il 2,3% all'anno al 2,24% all'anno. Secondo questi modelli economici, questo tasso di crescita economica rallentato sarebbe più che compensato dai risparmi derivati dall'evitare i danni climatici al di sopra dei 3°C di riscaldamento. Anche se l'IPCC non ha fatto questo confronto, questi modelli economici risultano essere coerenti coi suoi rapporti. Come mostrato nella citazione sopra, il secondo rapporto è stato solo in grado di stimare i costi dei danni climatici per un riscaldamento globale di 2°C ed ha osservato che oltre quel punto i costi accelerano fino al punto in cui diventano molto difficili da stimare. Nordhaus ha osservato in modo analogo,

“In realtà, le stime delle funzioni di danno sono virtualmente inesistenti per aumenti di temperatore al di sopra dei 3°C”.

Insalata di frutta australiana e turca

L'autore ed analista Bjorn Lomborg del Copenhagen Consensus Center è stato la voce più importante nel dichiarare in modo non corretto che l'IPCC ha concluso che l'adattamento climatico sarebbe più economico della mitigazione. Per esempio, è stato intervistato sull'Australian di Rupert Murdoch ed è stato autore di un pezzo sul turco Today's Zaman. Entrambi i pezzi sono erronei per le stesse ragioni. Lomborg ha sostenuto,

“Se non facciamo niente, i danni causati dal cambiamento climatico costeranno meno del 2% del PIL del 2070 circa. Eppure il costo di fare qualcosa sarà probabilmente maggiore del 6% del PIL, secondo il rapporto del IPCC”. 

Ciò è paragonabile alle cifre delle perdite economiche globali annuali del secondo rapporto con le cifre del rallentamento della crescita del consumo globale nel terzo – mele e arance. Senza gli strumenti di modellazione usati da economisti come Hope e Nordhaus, queste cifre non possono essere messe in un confronto 'mela a mela' in modo appropriato. Ho discusso questo punto con Lomborg e lui era d'accordo,

“Sono d'accordo sul fatto che il modo giusto per guardare il problema climatico sia quello di operare modelli integrati e trovare dove i costi e i benefici sono uguali (così non investiamo in difetto sul clima ma neanche ci investiamo in eccesso)... Tuttavia, il Gruppo sul Clima del IPCC ha deciso attivamente nel 1998 di non fare il rapporto costi benefici del clima”.

Quindi Lomborg e Hope sono d'accordo sul fatto che l'IPCC non permette un semplice confronto fra i costi della prevenzione del riscaldamento globale  e l'adattamento. Lomborg ha usato le immagini discusse sopra per fare l'unico confronto, incoerente coi risultati provenienti dai modelli economici. Lomborg ha anche preso arbitrariamente il 2070 per fare il suo confronto economico fa i costi dell'adattamento e quelli della mitigazione. Perché il 2070? A quel punto, in uno scenario business-as-usual il pianeta non si sarà probabilmente scaldato di più di 2°C rispetto alle temperature attuali. Il problema con questo scelta arbitraria è che il mondo non finirà nel 2070, infatti, gran parte dei bambini di oggi saranno ancora vivi nel 2070. Se continuiamo su questa strada come di consueto, il riscaldamento globale continuerà ad accelerare dopo il 2070, oltre il punto in cui gli economisti non possono nemmeno stimare accuratamente i sui costi in aumento. Queste sono banane.



Cambiamenti della temperatura della superficie previsti dal AR5 del IPCC in uno scenario BAU (RCP8.5; rosso) e dallo scenario a basse emissioni (RCP2.6; blu).

Un altro problema in questa disputa è che come mostrato nella seconda citazione sopra, le stime del costo della riduzione delle emissioni di gas serra del IPCC “non includono i benefici della riduzione del cambiamento climatico così come i benefici aggiuntivi ed i diversi effetti collaterali della mitigazione”. Per esempio, l'aria e l'acqua più pulite e benefici alla salute associati che provengono dall'allontanarsi da fonti di energia ad alta intensità di carbonio e sporche risparmia dei soldi che l'IPCC non mette nel conto. Quindi i costi per evitare il riscaldamento globale è probabile che siano in realtà anche inferiori dello 0,06% stimato all'anno di rallentamento nel tasso al quale l'economia globale continua a crescere. Nel frattempo, l'IPCC ha osservato che i costi dei danni climatici per soli altri 2°C di riscaldamento “è più probabile che siano maggiori, piuttosto che minori”, delle sue stesse stime. E se non intraprendiamo passi importanti per ridurre le emissioni di gas serra, supereremo i 2°C di riscaldamento entrando in un territorio inesplorato di danno economico.

Evitare il riscaldamento globale è più economico di adattarvisi

La linea di fondo è che gli economisti non riescono nemmeno a stimare con precisione quanti danni climatici ci costerà se non riusciamo a intraprendere passi importanti per rallentare il riscaldamento globale. Dall'altra parte, intraprendere quei passi può avere un impatto trascurabile sulla crescita economica globale. Il rapporto del IPCC sostiene anche che più aspettiamo per ridurre le nostre emissioni, più diventerà costoso. Nel determinare che mitigare il riscaldamento globale è conveniente, l'IPCC ha usato gli scenari seguenti.

“Scenari in cui tutti i paesi del mondo cominciano la mitigazione immediatamente, c'è un unico prezzo globale del carbonio e tutte le tecnologie chiave sono disponibili, sono state usate come riferimento di costo-efficacia per stimare i costi macroeconomici della mitigazione”

E' importante capire che le nostre scelte non sono o di ridurre le emissioni di carbonio o di non fare niente. Le nostre opzioni sono o di ridurre le emissioni di carbonio o di continuare con le emissioni solite che causeranno un'accelerazione del cambiamento climatico e dei costi del danno oltre alla nostra possibilità di stimarli con precisioni. Da un punto di vista economico e da una prospettiva di gestione del rischio, questo dovrebbe essere un gioco da ragazzi. Come lo espone l'economista Paul Krugman,

“La minaccia climatica è quindi risolta? Be', dovrebbe. La scienza è solida; la tecnologia c'è; l'economia sembra di gran lunga più favorevole di quanto ci si aspettasse. Tutto ciò che sta in mezzo al salvataggio del pianeta è una combinazione di ignoranza, pregiudizio e interessi personali. Cosa potrebbe andare storto?”