sabato 24 gennaio 2015

Il ruolo dei collassi sociali nei cicli storici (I)

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR


Di Antonio Turiel

Cari lettori,

qualche settimana fa Luis González Reyes ha offerto di pubblicare un estratto del libro “Nella spirale dell'energia”, opera congiunta di Luis e dello scomparso Ramón Fernández Durán. Dato l'interesse di questa opera (che potete acquistare, per esempio, nel sito di Ecologistas en Acción – potete anche leggerne il testo completo qui), mi è sembrata un'idea stupenda. In questo post e nel seguente pubblicheremo estratti di un tema che è sempre più pertinente: il collasso sociale (corrispondono al paragrafo 9.1 del libro. Sono sicuro che sarà di vostro interesse.

Saluti.
AMT

Il ruolo dei collassi sociali nei cicli storici 

[...]

Il ruolo dei collassi nei sistemi complessi

Un sistema complesso potrebbe definirsi come un sistema che ha parti molteplici interconnesse ed organizzate fra loro. Più sono e più diverse sono le connessioni, maggiore è la complessità. Così, le società con più persone interconnesse attraverso reti di comunicazione, di istituzioni e del sistema economico sono più complesse: lo sono anche quelle che hanno gradi più elevati di specializzazione sociale e diversità culturale. I sistemi complessi, la auto-organizzazione, nascono spontaneamente (Johnson, 2003). Si producono “strutture dissipative” che captano energia, e la maggior parte delle volte anche materia, per sostenerne l'ordine. Senza questa captazione continua di energia e materia, non sono in grado di mantenersi (Prigogine, 1993). I sistemi complessi sono a loro volta composti da sistemi complessi multipli in un'organizzazione di tipo frattale. E' ciò che Holling (2001) ha denominato Panarchia. L'essere umano è un sistema complesso che ha altri sottosistemi complessi, come quello digestivo che, a sua volta, è composto da organi e questi da cellule, che sono a loro volta sistemi complessi. A livello superiore, l'essere umano è parte della società, che a sua volta si inscrive nel macro sistema della Terra. In questo modo, ci sono sistemi “superiori” ed “inferiori”. Ognuno dei livelli compie due funzioni. Da una parte dare stabilità al sistema. Per esempio, se un bosco brucia, il clima della regione fornisce le condizioni per la sua rigenerazione e il suolo fornisce i nutrienti. In questo lavoro di stabilizzazione il ruolo dei livelli macro è più importante. La seconda funzione è quella di generare innovazioni per l'adattamento ai continui cambiamenti. Qui sono i livelli inferiori che sono più attivi. In questo modo, i sistemi complessi sono anche sistemi con capacità di adattamento ai cambiamenti.


venerdì 23 gennaio 2015

Ancora Seneca: il collasso dell'industria ittica del Regno Unito

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi



Immagine da un articolo di Thurstan, Brockington e Roberts. Descrive il ciclo dell'industria ittica del Regno Unito, che è collassata a causa della pesca eccessiva alla fine degli anni 70.


I due grafici sopra (da un articolo di Thurstan et al. Del 2010) parlano da soli. Abbiamo qui un esempio dalla vita reale dell'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali, cioè, della tendenza delle persone a distruggere le proprie fonti di ricchezza. Altri esempi classici si possono trovare nell'industria delle balene del 19° secolo e nella pesca al merluzzo canadese.

L'eccessivo sfruttamento delle risorse genera tipicamente la “curva di Hubbert”, il nome dato al ciclo di produzione a forma di campana molto famoso per il caso del petrolio, ma che riguarda tutte le risorse che possono essere sfruttate più velocemente di quanto si possano riformare attraverso processi naturali. Il comportamento può essere spiegato mediante modelli matematici ma, qualitativamente, è il risultato della diminuzione dei profitti causati dalle riserve di risorse decrescenti. Sul lungo periodo, i profitti più bassi scoraggiano gli investimenti e il risultato è un declino generale della produzione. Un caso particolare di questo meccanismo è quando l'industria inizialmente reagisce ai ritorni decrescenti aumentando aggressivamente la quantità di capitale investito. In questo caso, le riserve di risorsa vengono esaurite molto rapidamente e il risultato è un collasso del tasso di produzione. Abbiamo ancora una curva a campana, ma inclinata in avanti. Il rapido declino che avviene dopo il picco è ciò che ho chiamato “Dirupo di Seneca”.

Ci sono diversi esempi storici del dirupo di Seneca. Nel caso della pesca, è particolarmente evidente nel caso della pesca al merluzzo canadese e in quella dello storione del Mar Caspio, ma è evidente anche nel caso dell'industria ittica del Regno Unito. Osservate, nella figura sopra, il declino ripido delle catture dei tardi anni 70, è significativamente più inclinato della crescita della parte sinistra della curva. E' questa l'essenza del meccanismo di Seneca. E possiamo vedere molto bene cosa lo causa: l'inizio del declino della produzione corrisponde ad una rapida crescita degli investimenti. Il risultato è l'aumento di ciò che gli autori del saggio chiamano “potere di pesca” - una stima dell'efficienza e della dimensione della flotta di pescherecci.

I risultati sono stati disastrosi, un esempio da manuale di come “tirare le leve nella direzione sbagliata”, cioè di un caso in cui il tentativo di risolvere un problema lo peggiora considerevolmente. In questo caso, più efficiente era la flotta di pescherecci, più rapidamente la riserva di pesce veniva distrutta. E' il meccanismo classico per cadere dal dirupo di Seneca: più si è efficienti nello sfruttare risorse non rinnovabili (o lentamente rinnovabili), più velocemente le si esaurisce. E più rapidamente si finisce nei guai. 

Questo caso, come gli altri, è un disastro talmente sconcertante che ci si chiede come sia stato possibile. Come è potuto accadere che nessuno all'interno dell'industria ittica o nel governo si sia reso conto di cosa stesse accadendo? Nel loro articolo su questo tema, Thurstan e i suoi colleghi non commentano su questo punto, ma possiamo citare un articolo di Hamilton et al sulla pesca del merluzzo dell'atlantico canadese dove dicono “Alcuni dicono di avere visto il guaio in arrivo, ma si sono sentiti impotenti nel fermarlo”. Questa frase sembra descrivere non solo l'industria ittica, ma la nostra civiltà intera.

.....oppure torniamo tutti a guardare il TG1?





"Effetto Risorse" sta avendo un notevole successo; con una crescita nel numero dei contatti a dir poco impressionante. Siamo oggi consistentemente a oltre 50.000 contatti al mese - e cresciamo ancora. Nelle varie classifiche dei blog, per quanto possano valere, siamo costantemente entro i primi 10-20 fra i blog scientifici italiani. Da notare anche che "Effetto Risorse" fa quasi il doppio dei contatti della sua versione in inglese (resource crisis), nonostante che il potenziale di un blog in inglese sia enormemente superiore.

Sono risultati quasi incredibili per un blog che non ha nessuna promozione professionale, nessun SEO, niente del genere. La cosa più importante, direi e che con il blog stiamo coprendo dei soggetti che quasi nessun altro blog copre; quindi credo che a parte i numeri, la qualità di quelli che ci seguono sia il vero valore dello sforzo che stiamo facendo.

D'altra parte, va anche detto che rimaniamo qualcosa di estemamente marginale nel panorama dell'informazione in Italia. Quindi, ci dovremmo domandare che cosa vogliamo fare di questi numeri e di questi risultati.

Dobbiamo espanderci in un progetto editoriale più articolato e più professionale? E se si, come? (e, soprattutto, con quali risorse finanziarie?)

Oppure, torniamo tutti a guardare il TG1?

Che ne pensate?













giovedì 22 gennaio 2015

‘E' redditizio lasciare che il mondo vada all'inferno'

DaThe Guardian”. Traduzione di MR

Mentre i politici e i capi d'impresa si incontrano a Davos, l'esperto di clima Jørgen Randers sostiene che la democrazia continuerà ad ostacolare l'azione climatica





Aurora boreale ad Uttakleiv, Norvegia. Ad un piano per risolvere il problema climatico non è stato dato il via libera - ogni norvegese dovrebbe pagare 250€ di tasse in più all'anno per la prossima generazione, più o meno. Foto: David Clapp/Getty Images 

Quanto sareste depressi se aveste passato più di 40 anni ad avvertire di un'imminente catastrofe globale solo per essere continuamente ignorati anche se vedete il disastro dispiegarsi? Pensate quindi un attimo a Jørgen Randers, che nel lontano 1972 è stato coautore del lavoro seminale “I Limiti dello Sviluppo” (pdf), che ha sottolineato gli impatti devastanti della crescita esponenziale dell'economia e della popolazione su un pianeta dalle risorse finite. Mentre i politici e i capi d'impresa si incontrano a Davos per cercare di infondere nuova vita alla battaglia globale per affrontare il cambiamento climatico, farebbero bene ad ascoltare la preoccupante prospettiva di Randers. Il professore di strategia climatica alla Norwegian Business School è stato molto vicino a mollare i suoi sforzi per svegliarci rispetto ai nostri modi insostenibili e nel 2004 ha pubblicato un aggiornamento pessimistico del suo rapporto del 1972 mostrando che le previsioni fatte allora risultano essere molto precise. Ciò che non può sopportare è che i politici di tutte le convinzioni non abbiano agito anche mentre le prove del cambiamento climatico si stanno accumulando e di conseguenza ha perso fiducia nel fatto che il processo democratico possa gestire problemi complessi. In un saggio appena pubblicato nella rivista svedese Extrakt, scrive:

E' conveniente posticipare l'azione climatica globale. E' redditizio lasciare che il mondo vada all'inferno. Credo che la tirannia del breve termine prevarrà nei prossimi decenni. Di conseguenza, diversi problemi a lungo termine non saranno risolti, anche se potrebbero essere risolti, anche se causano difficoltà gradualmente in aumento a tutti gli elettori.

Barile a 50 dollari: rischio di recessione per il settore petrolifero

L'articolo che segue è di solo due settimane fa. Ora, i prezzi sono scesi addirittura intorno ai 45 dollari al barile. (UB)
 


DaOil Man”. Traduzione di MR

Di Matthieu Auzanneau

Esistono le gare di fondo. Questa è una gara verso il fondo. I prezzi del petrolio cadono a 50 dollari questa settimana, come mai visto dai giorni successivi alla crisi del 2008. Tanto vertiginosa quanto inaspettata, la caduta del prezzo dell'oro nero ha ormai raggiunto il 55% dall'inizio di giugno.

E' la prova di un ritorno duraturo dell'abbondanza petrolifera? Non corriamo troppo.

Conseguenza del boom del petrolio “di scisto” negli Stati Uniti e della fragilità della crescita economica mondiale, questo contro-shock petrolifero sta per mettere a nudo i re del petrolio. Da Ovest a Est, da Nord a Sud, tutti i produttori petroliferi del mondo, grandi e piccoli, oggigiorno pompano il greggio a rotta di collo al fine di salvaguardare un po' il loro giro d'affari, con la speranza che la concorrenza crepi prima. Di fronte a difficoltà economiche molto gravi, la Russia di Putin, oggi prima produttrice mondiale di oro nero davanti all'Arabia Saudita, ha ampiamente contribuito a rilanciare il giro infernale in questo inizio d'anno, annunciando una produzione record per il mese di dicembre (anche se Mosca l'estate scorsa lasciava intendere che le estrazioni russe dovrebbero diminuire nel 2015, mancanza di investimenti sufficienti...). I prezzi non sono in procinto di tornare a crescere nei prossimi mesi, come prevede la maggior parte degli analisti: la crescita economica rimane debole (eccetto per gli Stati Uniti, dopati fin qui dal gas e dal petrolio “di scisto”) e dei barili in più arrivano sul mercato provenienti dall'Iraq, ma anche dall'Africa Occidentale, dal Brasile, dal Canada e dagli Stati Uniti.

mercoledì 21 gennaio 2015

Un dirupo di Seneca in divenire: gli elefanti africani sull'orlo dell'estinzione

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi





Il grafico sopra è riferito agli effetti della caccia di frodo agli elefanti africani. Proviene da un saggio recente di Wittemyer et al.  

Una volta che si è dato un nome ad un fenomeno e comprese le sue cause, lo si può usare come guida alla comprensione di molte altre cose. Così, il concetto di “dirupo di Seneca” ci racconta che l'eccessivo sfruttamento di risorse naturali porta spesso ad un declino improvviso che, spesso, prende le persone di sorpresa. Nel caso delle risorse biologiche, come la pesca, il declino potrebbe essere così rapido ed incontrollabile da portare all'estinzione o alla quasi estinzione delle specie sfruttate. E' successo, per esempio, con le balene nel XIX secolo e con il merluzzo dell'Atlantico.

Se si tengono in mente questi esempi storici, si possono esaminare altri casi e identificare possibili dirupi di Seneca in corso. Un caso del genere è il commercio d'avorio dalla caccia agli elefanti africani. Se si guardano i grafici sopra (da un articolo recente), si vede che la massa d'avorio sequestrata ha mostrato un aumento considerevole a partire circa dal 2008. Ha raggiunto il picco nel 2011, poi ha declinato. Probabilmente possiamo prendere questi numeri come “proxy” del numero di elefanti africani uccisi – che è visibile anche come linea rossa nel box superiore.

Ciò è molto preoccupante, perché se le uccisioni declinano potrebbe essere proprio perché ci sono meno elefanti ancora da uccidere – proprio come le catture dell'industria ittica tendono a declinare quando le riserve di pesce sono esaurite. Considerando quanto improvvisamente accadano le cose (“Effetto Seneca”), allora potremmo assistere ad una tendenza analoga per gli elefanti africani: cioè, il preludio di un collasso improvviso del loro numero. Considerando che gli elefanti sono grossi e si riproducono lentamente, questo potrebbe davvero portare alla loro estinzione.

Su questo tema, gli autori dell'articolo sembrano a loro volta essere molto preoccupati. Il titolo, di per sé, dice tutto: “La caccia illegale per l'avorio porta un declino globale degli elefanti africani”. Nel testo possiamo leggere, fra le altre cose, che:

La popolazione [di elefanti africani] è stata soggetta a tassi insostenibili di uccisioni illegali fra il 2009 e il 2012, salendo da una media dello 0,6%; (SF = 0.4%) fra il 1998 e il 2008 ad un massimo del 8% nel 2011 (Fig. 1). Le uccisioni illegali annuali di elefanti fra la popolazione Sambury (1988-2008) con una stima aggregata del 20,8% degli elefanti conosciuti uccisi illegalmente durante un periodo di 4 anni...  tassi di uccisioni illegali  sono state fortemente correlate ai prezzi dell'avorio al mercato nero nell'ecosistema di Sambury... In conseguenza di queste uccisioni illegali, la popolazione soffre attualmente della presenza di pochi maschi in giovane età, rrapporti sessuali fortemente diminuiti  e distruzione sociale sotto forma di alcune famiglie collassate e di aumento del numero di orfani (elefanti immaturi senza un genitore).

Perderemo per sempre gli elefanti? Ora non possiamo dirlo con certezza, ma quando sarà chiaro che sta avvenendo, probabilmente sarà troppo tardi per farci qualcosa. Non suona familiare?

Dove sono finiti tutti i nostri sogni? La morte della letteratura occidentale

DaResource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi




Il romanzo di Vladimir Dudintsev "Non di solo pane” è stato pubblicato nel 1956 (*). E' stato un grande successo nell'Unione Sovietica con la sua critica dei modi sovietici stagnati ed inefficienti. Insieme ad altri autori russi, come Vasily Grossman e Aleksandr Solzhenitsyn, Dudintsev è stato parte di un'ondata di scrittori che hanno cercato di usare la letteratura per cambiare la società. Quel tipo di approccio sembra essere sfiorito, sia nei paesi dell'ex Unione Sovietica, sia in occidente. 


Ad un certo punto, fra il secondo e il terzo secolo D.C., la letteratura Latina dell'Impero Romano è morta. Non che le persone abbiano smesso di scrivere, al contrario, il tardo Impero Romano d'Occidente ha visto una piccola rinascita della Letteratura Latina, soltanto che non sembra che avessero più niente di interessante da dire. 


Se consideriamo i tempi d'oro dell'Impero, intorno al primo secolo A.C., è probabile che molti di noi siano in grado pensare ad almeno qualche nome di letterati di quel tempo: poeti come Virgilio ed Orazio, filosofi come Seneca, storici come Tacito. Ma se ci spostiamo agli ultimi secoli dell'Impero d'Occidente, è probabile di non essere in grado di pensare a nessun nome, a meno che non si legga Gibbon e ci si ricordi che cita il poeta del IV secolo Ausonio per evidenziare il cattivo gusto del tempo. Sembra che l'Impero Romano avesse perso la sua anima molto prima di scomparire come organizzazione politica. Spesso, ho l'impressione che stiamo seguendo la stessa strada verso il collasso seguita dall'Impero Romano, ma più rapidamente.