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mercoledì 19 agosto 2015

Il Ritorno Energetico dell'Energia Investita.


Il concetto di "Ritorno Energetico" (EROI o EROEI), proposto per la prima volta da Charles Hall nel 1986, ha avuto un notevole successo. Oggi, forma la base di una visione del mondo che considera la disponibilità di risorse naturali, e minerali in particolare, come il fattore critico della nostra esistenza. Non tutti hanno capito il concetto che la graduale diminuzione del ritorno energetico ottenuto dai combustibili fossili è quello che sta creando tutto il disastro che ci vediamo intorno, anche se, va detto, il sistema finanziario e l'idiozia dei nostri politici ci stanno mettendo del loro per peggiorare. 

In questo post, Dario Beruto, ingegnere chimico e ex docente all'Università di Genova, riassume i punti centrali del concetto di "EROEI". Questo articolo è stato pubblicato in Luglio dalla rivista genovese "Il Gallo" ed è riprodotto qui con il permesso dell'autore







Guest post di Dario Beruto


IL RITORNO ENERGETICO DELLA ENERGIA INVESTITA

Voci fuori dal coro.


Enzo Tiezzi ( 1938-2010) fu docente di Chimica Fisica presso l’Università di Siena, e con il suo libro “ Tempi Storici, Tempi Biologici” ( ed. Garzanti 1984), ha illustrato , in modo molto convincente, in cosa consiste “ il gap dei tempi”. Mentre i ritmi dell’evoluzione naturale sono molto lenti, quelli della tecnologia e/o delle tecnologie che utilizziamo per trasformare e riciclare materiali, energia e informazione avvengono a una velocità tale da turbare lo stato di equilibrio metastabile che il nostro Pianeta ha conseguito attraverso processi evolutivi iniziati 14.000 milioni di anni fa.

La situazione di disagio che si è generata ai nostri giorni è stigmatizzata dalle variazioni globali e regionali che il clima del pianeta presenta , dall’avanzare della desertificazione, dal depauperamento delle risorse , dalla deforestazione dei polmoni della terra e da un lungo elenco di altri guai tutti riconducibili alle attività umane. Il nostro Pianeta è dotato di sistemi di recupero notevoli . Quando in passato ha subito catastrofi ha sempre avuto il tempo di risollevarsi, ma oggi l’aggressione o l’ “impronta” che gli uomini lasciano è tale che la Terra non ha il tempo di recuperare

Per coloro che sono interessati a qualche cifra , la rivista “Science” , nel giugno del 2014, ha pubblicato un allarmante paragone tra l’impronta attuale e quella massima sostenibile dal Pianeta. Immettiamo circa il 120% in più di gas serra, la desertificazione avanza con ritmi che sono del 50% superiori di quelli consentiti, consumiamo il 40% in più delle risorse che ci sono consentite, e le scorte di acqua sono minacciate. Certamente questi non sono dati sperimentali, risentono delle ipotesi che si sono fatte per risolvere i sistemi di equazioni su cui i modelli si basano, i rilievi statistici possono indurre in errore, ma , anche tenendo conto di tutto ciò, illustrano le linee di tendenza che ci dovrebbero indurre a qualche riflessione..

Dove è andato a finire l’ammonimento di Tiezzi che non si è mai stancato di segnalare come non possa esistere una crescita infinita su un pianeta finito?

Cosa è il ritorno energetico della energia investita?

Nella Enciclopedia libera Wikipedia alla voce ritorno energetico dell’energia investita si può leggere : “ un coefficiente che esprime il rapporto tra l’ energia che si ricava da una fonte di energia da sfruttare e l’energia che si investe per ottenerla”.
.L’acronimo inglese di tale concetto è EROEI, se è minore dell’unità significa che c’è stata una perdita, se è maggiore di uno c’è stato un guadagno. Un parametro che è molto semplice da capire, ma che può rivelare aspetti ignoti ai più quando si procede al suo calcolo. Ugo Bardi, chimico fisico all’Università di Firenze e membro della sezione italiana della associazione internazionale per lo studio del picco del petrolio e del gas (ASPO), ha discusso, da competente , il concetto di EROEI nella sua nota la “ La banca dell’Energia” , apparsa in rete dal 2005 e utile anche per coloro che non sono addetti ai lavori. Ho conosciuto Ugo Bardi negli Stati Uniti presso l’Università della California di Berkeley, quando tutti e due, ricercatori per la disciplina Scienza dei Materiali, si lavorava rispettivamente sulla Chimica Fisica delle Superfici e sulle Reazioni Gas-Solido alle Elevate Temperature. In questi settori si condivide il linguaggio della Termodinamica. Con piacere ho visto che su questo retroterra il Bardi affronta oggi le problematiche delle Risorse, della Economia e dell’Ambiente , in ciò seguendo la via indicata da Tiezzi.
Bardi coglie il segno quando definisce EROEI un coefficiente tecnologico-economico. Infatti per valutare l’energia investita per sfruttare una certa fonte di energia non si incontrano solo problemi scientifici e tecnologici , ma anche esigenze , economiche, finanziarie, politiche e sociali, che premono in un senso o nell’altro. Di questa “ giungla dell’economia reale, delle distorsioni del mercato dovute ad interventi finanziari non trasparenti”, dice il Bardi , bisogna tenere conto per valutare criticamente i valori finali di EROEI , ma , allo stesso tempo, egli sottolinea come “ la misura dell’EROEI sia la vera pietra di paragone per confrontare le diverse tecnologie energetiche. Infatti questo coefficiente è strettamente legato al principio di conservazione della energia.
Condivido questo richiamo alla termodinamica e, proprio per questo, desidero riflettere sul valore di EROEI quando , al di fuori della “ giungla ” degli interessi umani , si considerano i fenomeni di sopravvivenza in natura. Ciò mi ha spinto a rivisitare e a rileggere un caso molto noto , studiato da grandi esperti di biologia evolutiva.

I Passeri di Darwin.
Jonathan Weiner nel suo affascinate libro , “The beak of the Finch” ( Il becco dei Passeri, Vintage books, 1994) ,descrive , da par suo , l’esperienza di due scienziati Peter e Rosemary Grant,che hanno passato venti anni della loro attività collezionando dati sulle caratteristiche morfologiche e sul metabolismo di colonie di passeri che vivevano, in isolamento, sulla poco ospitale isola di Daphne dell’arcipelago delle Galapogos. I dati raccolti venivano catalogati e poi spediti alla Università di Pricenton dove erano elaborati. Non è esagerato dire che dopo vent’anni i ricercatori conoscevano ogni singolo passero della colonia , i suoi periodi riproduttivi e le loro attività per procurarsi il cibo. Questa precisa e metodologica osservazione ha consentito di misurare tutte le minime variazioni che avvenivano nella loro morfologia e nel loro metabolismo. Misuravano il loro becco, le ali, la coda, il peso, il loro sangue e su queste basi ottenevano dati per capire gli elementi chiave della forza più stupefacente che opera in natura : la selezione naturale. Le scoperte dei Grant e collaboratori sono, ancora oggi, una pietra di paragone per capire la biologia evolutiva di questi uccelli. In particolare i Grant hanno illustrato la stretta correlazione che esiste tra la variabilità dei passeri e quella delle piante e del territorio da essi visitato.

Tra i risultati che più mi hanno colpito vi sono i dati collezionati quando il clima si faceva più ostile, mancava l’acqua e la competizione per la sopravvivenza diventava una questione di vita o di morte. In queste estreme condizioni i Grants hanno visto che la sopravvivenza dipendeva dalla efficienza con cui i passeri riuscivano a procurasi il cibo. Hanno così verificato il bilancio tra l’energia che i passeri investivano per la ricerca del cibo e l’energia che ottenevano da questo.

Brillante è stato il modo con cui hanno fatto tale calcolo. Conoscendo passeri e territorio nei minimi particolari , hanno contato il numero di semi mangiati dai passeri in un anno ; poi hanno calcolato l’energia necessaria per rompere questi semi in base alla loro durezza, grandezza e posizioni sul terreno e infine hanno misurato l’energia che si estraeva da tali semi. In questo modo hanno verificato che i passeri che superavano la stagione erano quelli dotati di caratteristiche morfologiche tali che se mangiavano ad esempio 20 semi, spendevano l’ energia corrispondente a 19.
Vita e morte si giocavano la partita nell’intervallo di un seme in più o un seme in meno!! Per conseguire questo traguardo un ruolo cruciale lo avevano quelle minime diversità misurate. Se un passero aveva il becco di 11 mm era facilitato nel recupero dei semi, se lo aveva di 10.5 mm, era svantaggiato. Risultato il primo passava il turno, il secondo no. .
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Leggendo questo esperimento con gli occhiali della termodinamica è facile rendersi conto che il valore critico di EROEI , in queste condizioni estreme e isolate , è quello unitario. Ogni insieme , formato da un certo numero di semi con una certa durezza, grandezza e localizzazione sul terreno, è una fonte di energia . Ci sono diverse fonti di energia, come ci sono diverse caratteristiche morfologiche per i passeri. I valori di EROEI marginalmente superiori alla unità indicano il gruppo di passeri che sopravvivono , quelli inferiori a uno indicano il gruppo che sparisce. La selezione naturale dunque opera in conformità al principio di conservazione della energia , e , in questo caso, l’indice di EROEI ruota intorno a 1.


L’ indice EROEI per le fonti di energia non rinnovabili e rinnovabili
Sulla base dei dati forniti da Bardi si possono confrontare i valori dell’indice di EROEI per le tecnologie relative alle fonti rinnovabili ( FR) con le tecnologie relative a quelle non rinnovabili (FNR) .Per le FR i dati sono compresi tra 50-250 per l’energia idroelettrica , tra 5-80 per quella eolica , tra 25 e 80 per il Fotovoltaico a film sottile e tra 4 e 9 il Fotovoltaico convenzionale che utilizza silicio 4-9. Per le FNR l’indice varia tra 50 e 100 per il petrolio negli anni sino al 1970, tra 5 e 10 per il petrolio ai nostri giorni, tra 5 e 100 per il nucleare , tra il 2 e 17 per il carbone , tra il 5 e il 6 per il gas naturale. Una valutazione tra il 5 e il 27 viene poi fatta per le biomasse
E’ interessare notare che questi EROEI sono tutti ampiamente superiori al valore unitario. Come l’esempio dei passeri ha illustrato il valore unitario è stato ottenuto per un sistema chiuso ove si realizzavano condizioni di vita estreme. Quando il sistema diventa aperto , cioè i flussi netti di energia, materia e informazioni che lo attraversano non sono nulli, il calcolo del rapporto tra energia ricavata e energia investita diventa più complicato. Infatti le variabili in gioco aumentano e le possibilità di retroazioni positive o negative possono avere effetti non prevedibili.
In questo quadro , per semplici uditori interessati a informazioni che aiutino ad avere più consapevolezza su ciò che ci circonda , mi sembra importante rilevare l’ampiezza della forbice in cui tali dati sono compresi. Infatti la forbice fornisce una prima valutazione del grado di incertezza che oggi circonda questi temi.
Adottando questo criterio, le tecnologie relative alle fonti di energia rinnovabile hanno una forbice di gran lunga più elevata di quella delle tecnologie delle fonti tradizionali . Pertanto una strategia ragionevole potrebbe essere quella di ridurre il grado di incertezza che oggi esiste per le fonti rinnovabili.

Verso una rete delle eco-energie per ridurre il loro grado di incertezza?
Questa domanda se la pongono molte persone che sono consapevoli dei rischi che le tecnologie basate sulla combustione del petrolio, del carbone e di gas come il metano e quelle sull’impiego del nucleare ,hanno causato al clima e all’ambiente del Pianeta. Produrre energia elettrica con fonti non rinnovabili appare un passo giusto verso quello che non pochi esperti definiscono come un futuro energetico “verde” . Un futuro che dovrebbe evitare o limitare l’innalzamento della temperatura del Pianeta e i conseguenti apocalittici scenari.
Ma per fare questo passo, la riduzione del grado di incertezza che oggi accompagna l’utilizzo delle eco-energie è uno stadio decisivo. Uno dei motivi che causa questa incertezza è la fragilità delle eco-energie nei confronti della variabilità del clima nelle varie regioni del Pianeta. Per quanto riguarda il nostro continente, si osserva che quando il clima è avverso in un posto, potrebbe essere favorevole in un altro. Pertanto l’incertezza sul funzionamento di un produttore locale a causa della variabilità del clima , potrebbe essere ovviato se questo produttore fosse connesso con una rete elettrica unica , che attraversa tutta l’Europa e che è alimentata da tutte le sue eco-energie. In questo modo se una sorgente locale entrasse in crisi , la fornitura di energia elettrica a quel paese potrebbe essere garantita dalla energia elettrica , prodotta in un altro paese e circolante sulla rete unica a cui tutti possono dare e ricevere. Così facendo ogni paese può avere una quota di eco-energia stabile per tutto l’anno indipendentemente dalla variabilità climatica. Un progetto attraente, che nel 2010 ha mosso un primo passo, è stato concordato tra i paesi della Europa del Nord. Ad esso ne dovrebbe seguire un altro da parte del Sud e le due reti fornirebbero all’Europa una buona fetta di eco-energia con vantaggi tali da compensare i costi per la costruzione di queste reti. . .
Se l’iniziativa procedesse essa sarebbe certamente un passo nella direzione giusta , se si vogliono limitare i danni , che la combustione delle fonti di energia tradizionale causa , come non trascurabile effetto collaterale per la sua attuale produzione di energia elettrica , al clima del Pianeta. In ogni caso il fatto che le strutture della Unione Europea siano coinvolte direttamente è segno di una sensibilità a lavorare insieme superando, almeno su questo tema , egoismi e reciproche diffidenze.
Nel 1932, mio padre , un tecnico frigorista, era imbarcato sull’incrociatore Garibaldi , per svolgere il suo servizio militare nelle acque del Mar Rosso. Una volta ,durante una sosta in porto, parlò con un pescatore che ogni giorno si recava alla spiaggia vicina per pescare la sua razione quotidiana di pesce, Mio padre provò a dirgli che se avesse avuto a disposizione una ghiacciaia o un frigorifero avrebbe potuto fare una scorta maggiore di cibo per lui, per la famiglia e per il villaggio. Il pescatore sorrise, lo guardò e disse: “ ..no buono perché nel mare ci sono sempre pesci ed io posso pescarli quando voglio..”.
Quello che mi colpisce oggi, di questa testimonianza raccolta da mio padre, non è tanto il rifiuto della tecnologia, ma la serenità di quel pescatore che aveva fede nel mare. Una risorsa che conteneva sempre tanti pesci , che il pescatore coglieva con il suo lavoro , per mettere in tavola, ogni giorno e senza ansie, il cibo quotidiano . Sarà questo il valore aggiunto che si potrà avere dal credere possibile una rete unica di tutte le eco-energie ?


( dario beruto)












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venerdì 23 gennaio 2015

.....oppure torniamo tutti a guardare il TG1?





"Effetto Risorse" sta avendo un notevole successo; con una crescita nel numero dei contatti a dir poco impressionante. Siamo oggi consistentemente a oltre 50.000 contatti al mese - e cresciamo ancora. Nelle varie classifiche dei blog, per quanto possano valere, siamo costantemente entro i primi 10-20 fra i blog scientifici italiani. Da notare anche che "Effetto Risorse" fa quasi il doppio dei contatti della sua versione in inglese (resource crisis), nonostante che il potenziale di un blog in inglese sia enormemente superiore.

Sono risultati quasi incredibili per un blog che non ha nessuna promozione professionale, nessun SEO, niente del genere. La cosa più importante, direi e che con il blog stiamo coprendo dei soggetti che quasi nessun altro blog copre; quindi credo che a parte i numeri, la qualità di quelli che ci seguono sia il vero valore dello sforzo che stiamo facendo.

D'altra parte, va anche detto che rimaniamo qualcosa di estemamente marginale nel panorama dell'informazione in Italia. Quindi, ci dovremmo domandare che cosa vogliamo fare di questi numeri e di questi risultati.

Dobbiamo espanderci in un progetto editoriale più articolato e più professionale? E se si, come? (e, soprattutto, con quali risorse finanziarie?)

Oppure, torniamo tutti a guardare il TG1?

Che ne pensate?













lunedì 24 febbraio 2014

Cassandra cambia nome: "Effetto Risorse"



Cari amici,

avrete notato il cambiamento al nome del blog, come pure all'immagine di background. Dopo averci ragionato sopra parecchio ed essermi consigliato con colleghi, collaboratori e amici, ci è parso il caso di passare da "Effetto Cassandra" a "Effetto Risorse."

Io ero il primo ad essere affezionato al vecchio nome e quindi mi è costato un certo sforzo abbandonarlo. Ma è abbastanza chiaro che era un nome che non rendeva bene nel dibattito. La prima reazione al nome "Cassandra" di molte persone non addentro alla tematica era di scrollare le spalle (o toccarsi in certe parti del corpo che non starò a nominare) e a cliccare altrove immediatamente.

Il nuovo nome dovrebbe essere più efficace del vecchio e in questo momento è vitale essere efficaci. Siamo a un punto di svolta: le previsioni dei "Limiti dello Sviluppo" si stanno avverando a macchia di leopardo nel mondo, con i paesi più deboli che uno dopo l'altro soccombono agli alti costi delle materie prime. Fra questi, ci siamo noi con il sistema economico italiano sta mostrando segnali preoccupanti di collasso.

I modelli dinamici del sistema economico ci dicono che il declino che osserviamo è il risultato del peso crescente sull'economia dell'aumento dei costi delle risorse minerali generato dal loro graduale esaurimento. A questo si aggiungono i costi crescenti dell'inquinamento, anche questo esacerbato dall'esaurimento delle risorse. Questo peso sull'economia ha poi generato una cascata di effetti che si sono auto-amplificati: Euro, spread, credito, debito pubblico, eccetera. L'opinione pubblica e i politici percepiscono principalmente questi effetti secondari, ma non li si possono risolvere se non andiamo alla radice: ovvero a combattere il problema dell'esaurimento sviluppando un'economia più efficiente che "chiuda il ciclo" delle risorse, riutilizzando quello che consuma.

Costruire un economia a ciclo chiuso richiede investimenti e questo vuol dire, necessariamente, fare sacrifici oggi per un futuro a lungo termine. Purtroppo, invece, ci siamo infilati in una visione della crisi che crede che la si possa risolvere con misure puramente cosmetiche a breve termine, ovvero tagli a tutto quello che si può tagliare; dagli stipendi dei politici ai servizi sociali e sanitari. Ma questo non risolve il problema, anzi lo aggrava.

Tuttavia, esiste ancora la possibilità di salvare qualcosa se ci impegniamo a creare un movimento di opinione che faccia presente la necessità di investire risorse sostanziali su un nuovo sistema produttivo che sia basato su risorse rinnovabili. Può darsi che questa opinione sia vista ancora per molto tempo come quella di un gruppo di Cassandre ma ricordiamoci che Cassandra, ai suoi tempi, aveva sempre avuto ragione!